educazione alla cittadinanza

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MODULO DI EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA
A cura di Feyza Aygen Pasqua
PROGRAMMA
-LA CITTADINANZA ATTIVA / DIRITTI E DOVERI
-ESSERE CITTADINO
-CONVIVENZA CIVILE
-DIRITTO AL SERVIZIO SOCIALE
-DIRITTO ALL’ASSISTENZA SANITARIA
-DIRITTO AL LAVORO
-DIRITTO ALLA MATERNITA’ E PATERNITA’
-DIRITTO DI FAMIGLIA
-DIRITTO ALL'ISTRUIZIONE
-LA CITTADINANZA ITALIANA
-DIRITTO PARITA DI TRATTAMENTI
CHE COSA EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA
L’educazione alla cittadinanza, sempre collegata profondamente alle altre educazioni comprese nella
Convivenza civile, si occupa dei principi che stanno alla base del nostro Stato repubblicano e delle
forme di organizzazione ed amministrazione del territorio nazionale. Punto di partenza sono le regole,
principio-base
di
ogni
forma
di
convivenza.
CHE VUOL DIRE “CITTADINANZA”
“Fare i cittadini è il modo migliore di esserlo.”
Si può comunque considerare che la nozione di cittadinanza e in particolar modo di cittadinanza
responsabile, copra le tematiche legate alle conoscenze dei propri diritti e dei propri doveri e che
sia strettamente legata a valori civici come la democrazia e i diritti umani, l’uguaglianza e la
partecipazione, la coesione sociale, la solidarietà, la tolleranza di fronte alla diversità e alla giustizia
sociale.
COME POSSIAMO ESSERE I CITTADINI ATTIVI?
Con la conoscenza di:
-La funzione della regola e della legge nei diversi ambienti di vita quotidiana.
-I concetti di diritto/dovere, libertà responsabile, identità, pace, sviluppo umano, cooperazione,
sussidiarietà.
-I servizi offerti dal territorio alla persona.
- Le forme e il funzionamento delle amministrazioni locali.
ESSERE CITTADINO
Essendo i diritti sociali (di benessere, salute, istruzione, sicurezza urbana) deboli e comunque legati ai
diritti politici, chi non gode di diritti politici, difficilmente si vede assicurare dei diritti sociali. Il
problema diventa perciò quello di pensare (configgere e riflettere) su se e – soprattutto – come
garantire benessere a chi non è cittadino.
L’idea di istituire dei diritti fondamentali della persona, non attaccati alla cittadinanza ma
all’appartenenza alla comune umanità. Anziché sollecitare l’allargamento e la ri-definizione del
concetto di cittadinanza, si pone invece l’accento sulla differenza e sull’esclusione tra chi è italiano (e
quindi cittadino) e chi non lo è (non cittadino), dimenticando che la cittadinanza, non è uno status
ascritto e conferito dallo Stato, ma ha a che fare con il senso di appartenenza alla comunità in cui la
persona vive. Quando si parla di cittadinanza sarebbe bene ricordare che non ci si riferisce
semplicemente ai diritti relativi all’esercizio del potere politico (poter voto), ma anche a quelli legati
alla libertà individuale e, non ultimi, i diritti ad accedere a certi standard sociali (salute, istruzione,
lavoro…).
Educazione alla cittadinanza intesa come formazione del cittadino individuo e soggetto attivo
nell’ambito della vita collettiva (politica, sociale,economica) a un’idea di educazione alla convivenza
civile in cui si dà più importanza alla sfera individuale e alle relazioni interpersonale.
Diventare i cittadini attivi di questa società ci porta vivere un armonico processo di integrazione con la
consapevolezza dei nostri diritti e i doveri e ci permette il miglior utilizzo dei servizi presenti nel
territorio.
DIRITTO AI SERVIZI SOCIALI
Chi può richiedere l’assistenza sociale?
Tutti i cittadini stranieri in una situazione di regolarità possono richiedere l’assistenza sociale.
(Agli stranieri privi del permesso di soggiorno e agli apolidi sono garantite le misure di prima
assistenza e di emergenza.)
Quali sono i servizi sociali offerti?
• informazioni di carattere generale tramite il segretariato sociale;
• interventi di assistenza economica in base ai regolamenti interni adottati
dall’Ente gestore;
• servizi di assistenza domiciliare al fine di favorire la permanenza presso il
nucleo o, comunque, a domicilio, di persone parzialmente o totalmente non
autosufficienti;
• servizi di educativa domiciliare a favore di persone, in particolare minori, a
rischio di emarginazione sociale;
• servizi relativi alla tutela dei minori in rapporto con l’Autorità Giudiziaria (casi
di affidamenti familiari, adozioni);
• interventi a tutela dei minori stranieri non accompagnati dai familiari;
• interventi di assistenza a favore delle persone disabili;
• assistenza alle persone anziane (assistenza domiciliare, inserimento in centro
diurno o in casa di riposo);
• mediazione culturale, mediazione familiare, corsi di formazione professionale, ecc.
Come si fa a sapere quali sono esattamente i servizi offerti?
Attraverso la “Carta dei Servizi” che elenca tutti i tipi di interventi che L’Ente Gestore competente per
il territorio può erogare, e quali sono le caratteristiche richieste per poterne usufruire. La Carta dei
servizi può essere richiesta direttamente ai Servizi Sociali o al Comune della tua città.
DIRITTO ALL’ASSISTENZA SANITARIA
Il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) è un insieme di strutture e servizi che tutelano la salute ed
assicurano l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, italiani e stranieri regolari, senza differenza di
trattamento.
A chi spetta?
L’assistenza sanitaria spetta, oltre che agli iscritti, ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.
Per usufruire del diritto all’assistenza sanitaria bisogna innanzitutto iscriversi al Servizio Sanitario
Nazionale.
E’ obbligatoria?
L’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale è obbligatoria:
• per chi risiede e lavora regolarmente in Italia;
• per chi risiede regolarmente ed è iscritto alle liste di collocamento;
• per chi ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro dipendente o autonomo, motivi
familiari, asilo politico, attesa di adozione o affidamento e per domanda di acquisto di
cittadinanza italiana.
L’iscrizione
al
Servizio
Sanitario
Nazionale
è
facoltativa
(pagando un contributo annuale):
• per il titolare di un permesso di soggiorno per studio;
• per chi è regolarmente soggiornante alla pari.
L’iscrizione può essere effettuata direttamente presso le Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.) del
luogo in cui si vive.
A cosa serve la tessera sanitaria?
La tessera sanitaria è un documento che prova l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale.
Vi sono indicati il nome dell’assistito e quello del medico di famiglia (vedi più avanti). È necessario
presentare la tessera per beneficiare delle prestazioni sanitarie, e per accedere ai servizi.
A cosa dà diritto l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale?
L’iscrizione dà diritto:
• alla scelta di un medico di medicina generale “medico di famiglia”, o di un pediatra;
• alle cure specialistiche e agli esami di laboratorio;
• ai Servizi d’Emergenza;
• al ricovero ospedaliero gratuito negli ospedali pubblici e convenzionati;
• all’assistenza farmaceutica.
Quanto costa l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale?
L’iscrizione è gratuita per:
• i disoccupati con permesso di soggiorno ed inseriti nella Banca Dati presso i Centri per l’Impiego;
• i rifugiati con regolare certificato attestante lo status di rifugiato e richiedente asilo;
• il cittadino coniugato e a carico di un cittadino italiano;
• il minore con genitore residente in Italia o con genitore appartenente ad una delle categorie sopra
elencate.
L’iscrizione viene pagata:
• con i contributi versati dal datore di lavoro per i lavoratori dipendenti con
regolare permesso di soggiorno;
• con il versamento di una quota fissa annuale per i liberi professionisti, i lavoratori
autonomi, o gli studenti con regolare permesso di soggiorno.
Chi ha diritto al medico di famiglia e al pediatra e quali prestazioni possono fornire?
Tutti i cittadini iscritti al Servizio Sanitario Nazionale hanno diritto all’assistenza prestata da un medico
di medicina generale.
Per i bambini da 0 a 14 anni è prevista l’assistenza da parte di un pediatra, nei Comuni dove il pediatra
è presente.
Dall’età di 6 anni i genitori, se lo desiderano, possono optare per la scelta di un medico di medicina
generale per l’assistenza del proprio figlio.
La scelta del medico e del pediatra si compie quando ci si reca all’ufficio che rilascia la tessera
sanitaria, consultando l’elenco dei medici disponibili.
La costituzione e lo svolgimento del rapporto tra medico e cittadino sono fondati sul rapporto di
fiducia.
Il medico può essere cambiato con un altro della stessa ASL in qualsiasi momento.
Il medico di famiglia e il pediatra garantiscono:
• visite in ambulatorio o a domicilio;
• prescrizione di farmaci;
• richieste di visite specialistiche ed esami;
• rilascio di certificati di malattia per i lavoratori dipendenti, per i bambini che
devono essere riammessi a scuola dopo una malattia, o che devono accedere
agli asili nido, nelle scuole materne, elementari, medie, secondarie.
Ci si può rivolgere al medico di famiglia anche per avere consigli e suggerimenti
per salvaguardare la propria salute, prevenendo l’insorgere di malattie.
Il medico e il pediatra svolgono la propria attività in orari e giorni che sono tenuti
ad esporre all’ingresso dei loro ambulatori.
Tutte le prestazioni del medico di famiglia e del pediatra sono gratuite.
A chi si rivolge per le cure specifiche e gli esami di laboratorio?
Ci si deve rivolgere all’ufficio prenotazioni dell’A.S.L. Occorre presentare la propria tessera
d’iscrizione al S.S.N. e la richiesta del medico di famiglia o del pediatra.
La richiesta non è necessaria solo per le visite:
• odontoiatriche,
• ginecologiche,
• oculistiche.
La prenotazione è quasi sempre necessaria.
All’Ufficio Prenotazioni delle A.S.L. viene indicato il luogo, la data e l’ora dove sarà effettuata la
prestazione.
Le cure specialistiche e gli esami di laboratorio si effettuano presso ambulatori pubblici e privati
convenzionati.
Per le visite specialistiche o gli esami di laboratorio è previsto il pagamento di una quota della spesa a
carico dei cittadini, detto “ticket”.
Alcune categorie di assistiti (cittadini con basso reddito, invalidi civili, donne in gravidanza, ecc.)
possono ottenere l’esenzione dal ticket.
Per informazioni al riguardo occorre rivolgersi agli Uffici Relazioni con il Pubblico delle A.S.L., uffici
presso cui è possibile fare reclami o richiedere informazioni per tutto ciò che riguarda la tutela
dell’utente.
A chi bisogna rivolgersi in caso d’emergenza?
Nei casi di grave urgenza (incidenti, infortuni ed in qualsiasi situazione di pericolo di vita) è possibile
recarsi al:
Pronto Soccorso dell’ospedale o richiedere l’intervento
medico telefonando al numero gratuito 118 in funzione 24 ore su 24.
Che cose sono i “Consultori Famigliari”?
Sono dei centri per la tutela della salute fisica e psichica della donna, del bambino, della coppia e della
famiglia, presenti in ogni A.S.L.
Che servizi offrono?
• Assistenza alla donna in gravidanza (visite ostetrico-ginecologiche, corsi di
preparazione al parto, alla nascita e alla genitorialità);
• assistenza alle donne che intendono interrompere volontariamente la gravidanza
(aborto);
• assistenza ginecologica di base per malattie legate alla sessualità, sterilità ed
infertilità;
• assistenza alle donne con problemi di menopausa;
• consulenza contraccettiva, per impedire gravidanze indesiderate;
• prevenzione e diagnosi dei tumori dell’apparato genitale femminile;
• assistenza e consulenza per i problemi psicologici e sociali riguardanti il rapporto
di coppia, il rapporto genitori-figli, la gravidanza,il parto, la sessualità;
• problematiche riguardanti separazioni, maltrattamenti e violenze in famiglia;
• informazioni sulle adozioni e gli affidamenti familiari;
• salute del bambino prima della nascita, del neonato e del bambino nella prima
infanzia.
Tutte le prestazioni dei consultori sono gratuite.
Non è necessaria alcuna autorizzazione e alcuna richiesta del medico di famiglia, ma è sufficiente
prendere appuntamento (anche telefonicamente).
I servizi sono destinati anche alle donne prive del permesso di soggiorno.
Interruzione volontaria della gravidanza (aborto) è legale in Italia?
In Italia esiste una legge (Legge 194/1974) che disciplina e ammette l’interruzione volontaria della
gravidanza nei primi 90 giorni.
È possibile interrompere la gravidanza dopo i primi 90 giorni dal concepimento solo in alcuni casi:
• quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
• quando il bambino che deve nascere presenta malformazioni che mettono in grave pericolo la salute
fisica o psichica della madre.
A chi ci si rivolge per abortire?
Bisogna rivolgersi ad un consultorio pubblico, o ad una struttura socio-sanitaria, o a un medico di
fiducia.
Il consultorio, la struttura socio-sanitaria, o il medico hanno il compito di:
• garantire i necessari accertamenti medici;
• valutare, nel rispetto della libertà e della dignità della donna, insieme a lei, e al padre del concepito
(ove la donna lo consenta), le circostanze che la portano a chiedere l’interruzione della gravidanza;
• metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre;
• promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia
durante la gravidanza sia dopo il parto.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di
fiducia riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento,
rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza.
Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate
a praticare l’interruzione della gravidanza.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico del
consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla
richiesta della donna di interrompere la gravidanza, le rilascia copia di un documento, firmato anche
dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta
richiesta, e la invita ad attendere 7 giorni per pensarci.
Trascorsi i 7 giorni la donna può presentarsi presso le sedi autorizzate a praticare
l’interruzione della gravidanza, presentando il documento rilasciatole.
Chi può fare la richiesta d’interruzione della gravidanza?
La richiesta deve essere fatta personalmente dalla donna.
Se la donna è d’età inferiore ai 18 anni è richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà
o la tutela.
Tuttavia, nei primi 90 giorni, quando:
• vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone
esercenti la potestà o la tutela;
• oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra
loro difformi; il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, rinviano entro 7 giorni
dalla richiesta una relazione, contenente anche il loro parere, al giudice tutelare del luogo in cui essi
operano.
Il giudice tutelare, entro 5 giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà,
può autorizzarla a decidere l’interruzione della gravidanza.
Nel caso in cui il medico accerti l’urgenza dell’intervento, a causa di un grave pericolo per la salute
della minore di diciotto anni, può certificare l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione
della gravidanza, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela, e senza rivolgersi
al giudice tutelare.
Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e,se necessario, il
ricovero.
di non riconoscere un figlio alladi non riconoscere
Non riconoscere il figlio alla nascita
In Italia la donna ha il diritto di scegliere di partorire senza riconoscere il figlio e senza che il suo nome
compaia sull’atto di nascita (senza, quindi, che il bambino abbia il suo cognome).
In questo caso la donna ha il diritto a che il suo nome venga mantenuto segreto, ed è rigorosamente
vietato a coloro che, per motivi d’ufficio, sono venuti a conoscenza del nome della madre, di rivelare
tale conoscenza.
Se lo fanno commettono reato.
Il tribunale, qualora il minore non sia riconosciuto dalla madre, non può fare ricerche sulla paternità
del bambino.
Dove si rivolge assistenza sanitaria dei bambini?
L’assistenza ai minori stranieri è assicurata:
• attraverso i pediatri di libera scelta presenti in ogni A.S.L. (cui si può accedere
anche se irregolari);
• attraverso i consultori pediatrici e i centri vaccinali.
Vaccinazioni obbligatorie
3° MESE PoliomieliteDifterieTetanoPertosseEpatiteB
5° MESE PoliomieliteDifterieTetanoPertosseEpatiteB
11° MESE PoliomieliteDifterieTetanoPertosseEpatiteB
3° ANNO Poliomielite
5°/6°ANNO DifterieTetanoPertosse
12° ANNO Epatite(3dosi)
I genitori hanno obbligo di osservare le vacinazioni obbligatorie che si sono somministrate.
Dove bisognia rivolgere per somministrazione delle vaccinazioni obbligatorie?
Per effettuare le vaccinazioni obbligatorie ci si può rivolgere al CentroVaccinale, al Consultorio
Pediatrico o al Servizio di Igiene Pubblica delle A.S.L. Il servizio è gratuito.
Un certificato di vaccinazione è richiesto all’ingresso nella scuola elementare,scuola materna, nido
d’infanzia, per essere ammessi ai soggiorni estivi, per svolgere attività sportiva agonistica.
Le vaccinazioni infantili sono un modo sicuro ed efficace per ottenere la protezione individuale e della
popolazione da alcune gravi malattie.
È necessario sottoporsi a delle vaccinazioni quando si ritorna nel paese d’origine, quindi è
consigliabile ed importante la prevenzione delle malattie infettive per coloro che si recano nel paese
d’origine (malaria, febbre gialla, epatite virale A).
Per questa profilassi gli stranieri possono rivolgersi al proprio medico curante, ai centri di medicina dei
viaggiatori e, se non posseggono il permesso di soggiorno, ai centri I.S.I. (Centri di Informazione
Sanitaria) che li indirizzeranno alla struttura più idonea.
Tutti gli stranieri presenti in Italia hanno diritto all’assistenza sanitaria essenziale.
Lo straniero regolarmente soggiornante, ma non iscritto al Servizio Sanitario Nazionale?
Nelle strutture sanitarie accreditate dello stesso Servizio Sanitario Nazionale gli vengono assicurate:
• le prestazioni ospedaliere urgenti (in via ambulatoriale, in regime di ricovero
o di day hospital), per le quali devono essere corrisposte le relative tariffe
al momento della dimissione;
• le prestazioni sanitarie non urgenti, che possono venire programmate e per
cui non si passa dal pronto soccorso, sia ambulatoriali che i ricoveri in ospedale,
(per esempio la tonsillectomia), previo pagamento delle relative tariffe.
L’erogazione di prestazioni sanitarie agli assicurati da istituzioni estere è, invece, disciplinata dalle
norme previste dagli accordi internazionali.
Cosa sono i Centri ISI?
Sono dei Centri di Informazione Sanitaria per gli Stranieri non iscritti al
Servizio Sanitario Nazionale, che la Regione Piemonte ha costituito in via sperimentale.
Gli “Stranieri Temporaneamente Presenti” (S.T.P.) trovano presso i Centri ISI un accesso facilitato al
Servizio Sanitario sia per gli aspetti terapeutici che per quelli preventivi e spesso anche burocratici
grazie alla presenza dei mediatori culturali.
L’utilizzo da parte dello straniero senza permesso di soggiorno di tutti i servizi sanitari non
comporta nessuna segnalazione da parte degli operatori sanitari alla Polizia giudiziaria.
DIRITTO AL LAVORO
Quando parliamo di “Diritto al lavoro” dobbiamo cominciare della Costituzione Italiana, in particolare
Art.1 e Art.4
Art.1-L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art.4-La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o
una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Come si vede, il lavoro/lavorare viene indicato oltre di essere un diritto ma sopratutto un dovere.
Quindi lo stato deve promuovere gli strumenti/ i servizi che possono agevolare l’inserimenti lavorativi.
Oltre sempre nella Costituzione Italiana in titolo 3°, Art.35 e Art. 36 parla sempre di diritto di lavoro:
Art.35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i
diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e
tutela il lavoro italiano all’estero.”
Art.36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e
in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata
massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può
rinunziarvi.”
Quali servizi offrono i Centri per l’Impiego?
I Centri per l’Impiego:
• mettono in contatto lavoratori e datori di lavoro;
• offrono informazioni: sul mercato del lavoro, sulle opportunità d’impiego, sulle offerte formative,
sulla normativa vigente;
• offrono la possibilità di effettuare tirocini formativi (ovvero periodi di formazione
in ambito lavorativo) sulla base di convenzioni stipulate con i datori di lavoro (i tirocini promossi dai
Centri per l’Impiego prevedono una durata di un minimo di 3 mesi e un massimo di 6 mesi; non
possono configurarsi quale rapporto di lavoro e non prevedono retribuzione).
A chi è rivolto il servizio?
• ai disoccupati ed inoccupati di lunga durata;
• alle donne in reinserimento lavorativo;
• ai disoccupati beneficiari di trattamenti previdenziali;
• alle persone disabili;
• ai giovani disoccupati e apprendisti.
Quali sono i documenti necessari per usufruire dei servizi dei Centri per l’Impiego?
• documento d’identità;
• codice fiscale;
•permesso di soggiorno con motivo valido per: lavoro (subordinato, autonomo,
stagionale);famiglia;asilo politico;studio (questo permesso di soggiorno permette di lavorare massimo
20 ore alla settimana); famiglia, minore età o affidamento per i minori stranieri soggetti all’obbligo
formativo.
PREVIDENZA SOCIALE
Il sistema della previdenza sociale prevede che il lavoratore venga tutelato in occasione di determinati
eventi, quali:
• la malattia,
• la maternità,
• la vecchiaia,
• l’infermità fisica e mentale,
• il licenziamento e quindi la disoccupazione,
• gli infortuni e le malattie professionali.
Prevede, inoltre, una serie di strumenti volti alla tutela della famiglia del lavoratore.
Per poter usufruire e ottenere le diverse prestazioni previdenziali, occorre però che siano stati versati i
contributi previdenziali.
Chi
ha
l’obbligo
di
versare
i
contributi
previdenziali?
Per i lavoratori subordinati è il datore di lavoro che ha l’obbligo, oltre che di corrispondere
la retribuzione contrattuale, di versare la corrispondente contribuzione previdenziale.
I lavoratori autonomi, come ad esempio i commercianti, devono invece versare direttamente i
contributi previdenziali.
E’ importante che anche il lavoratore extracomunitario versi i contributi previdenziali
Perché il lavoratore extracomunitario che svolge in Italia un’attività lavorativa regolare, per la quale
vengono accreditati periodi di contribuzione, ha gli stessi diritti riconosciuti alla generalità dei
lavoratori. Può conseguire, in presenza dei requisiti richiesti, il diritto alle prestazioni previste dalla
legislazione italiana.
Quali
sono
i
principali
Enti
che
erogano
le
prestazioni
previdenziali?
L’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica), che si
occupa della tutela previdenziale dei dipendenti pubblici.
L’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro) che tutela i lavoratori dipendenti che
subiscono un infortunio sul lavoro o contraggono una malattia professionale, garantendogli le
prestazioni economiche e sanitarie
necessarie.
L’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) che è il principale ente che assicura i lavoratori
privati, sia dipendenti che autonomi, e li tutela quando si verificano eventi quali la vecchiaia, la
disoccupazione, la maternità, la malattia, garantendo delle indennità sostitutive della retribuzione.
A
chi
si
presenta
la
domanda
per
ottenere
le
varie
indennità
INPS?
All’agenzia INPS competente territorialmente in base alla residenza/domicilio dell’interessato, nel
caso di prestazioni pagate direttamente dall’INPS.
Nel caso, invece, di prestazioni che devono essere pagate dal proprio datore di lavoro per conto
dell’INPS, le domande devono essere presentate al proprio datore di lavoro e in alcuni casi ad
entrambi.
Le domande possono essere presentate anche per posta o per il tramite dei Patronati autorizzati che,
per legge, offrono assistenza gratuita ai lavoratori nello svolgimento delle proprie pratiche
previdenziali.
Nel caso in cui il lavoratore extracomunitario ritorni nel paese d’origine cosa succede dei
contributi versati all’INPS?
I contributi versati durante il periodo di lavoro in Italia vengono conservati atempo indefinito negli
archivi dell’INPS e costituiscono la posizione assicurativa di ciascun lavoratore. Tale posizione è
pronta ad essere riattivata in caso di nuova occupazione in Italia, o ad essere utilizzata per la
liquidazione di una pensione.
Cosa succede se un lavoratore si ammala?
a succede nel caso in cui il Nel caso in cui il lavoratore si ammali è prevista l’indennità di malattia. E’
un’indennità economica che permette al lavoratore di ricevere una parte della retribuzione anche in
caso d’assenza dal lavoro per malattia. I primi 3 giorni di malattia sono pagati dal datore di lavoro. A
partire dal 4° giorno di malattia, per un periodo massimo di 180 giorni all’anno è a carico dell’INPS.
A chi spetta l’indennità di malattia?
• Ai lavoratori dipendenti con qualifica di operai o impiegati nel settore privato;
• ai disoccupati e sospesi dal lavoro (appartenenti alle categorie sopraindicate),
purché il rapporto di lavoro sia cessato o sospeso da non più di 60 giorni
prima dell’inizio della malattia.
Per i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato, il diritto all’indennità
di malattia cessa con la cessazione del rapporto di lavoro.
Come
si
ottiene
l’indennità
di
malattia?
-Il lavoratore deve farsi rilasciare dal medico curante il certificato di malattia
redatto in due copie.
-Entro 2 giorni dalla compilazione da parte del medico, deve inviare la prima
copia alla propria sede dell’INPS (quella di residenza abituale) e la seconda copia
al datore di lavoro.
I certificati sono a lettura ottica, per cui è molto importante, per la compilazione, attenersi alle
istruzioni riportate sul certificato stesso.
-Il lavoratore ammalato deve rimanere a casa a disposizione per eventuali controlli
effettuati dai medici dell’INPS o delle A.S.L., nelle seguenti fasce orarie:
dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19.
In caso d’assenza ingiustificata è prevista la perdita dell’indennità.
Se, durante il periodo in cui si percepisce l’indennità di malattia, ci si deve trasferire ad un indirizzo
diverso da quello indicato sul certificato di malattia, bisogna darne comunicazione preventiva all’INPS
e al proprio datore di lavoro. Se durante la malattia, il lavoratore extracomunitario, vuole andare
all’estero o al paese d’origine per avere migliori cure e/o assistenza, deve chiedere preventivamente
l’autorizzazione all’INPS.
DIRITTO ALLA MATERNITA'
Nella Costituzione Italiana in titolo 3°, Art.37 parla della donnealavoratrice e diritto di
maternità.
Art.37 “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano
al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. ..
Il nostro sistema previdenziale prevede diverse modalità per tutelare la madre e
il padre lavoratori:
• l’indennità di maternità;
• i riposi giornalieri orari per assistere i figli;
• il congedo per malattia del bambino;
• l’assegno di maternità;
• l’assegno di maternità concesso dai Comuni.
La legge italiana prevede, inoltre, il divieto di licenziamento della donna dall’inizio della gravidanza
fino al compimento di un anno del bambino, ad eccezione del caso in cui il rapporto di lavoro cessi per
scadenza del contratto.
Che cose l’indennità di maternità È un’indennità sostitutiva della retribuzione che viene pagata alle
lavoratrici assenti dal lavoro per gravidanza e puerperio.
A chi spetta l’indennità di maternità?
• Alle madri lavoratrici dipendenti;
• alle lavoratrici domestiche che abbiano versato almeno un anno di contributi nei due anni precedenti
il periodo d’assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, o almeno sei mesi di contributi nell’anno
precedente all’assenza;
• alle lavoratrici agricole che abbiano effettuato un minimo di 51 giornate di lavoro nell’anno
precedente il periodo di assenza obbligatoria;
• alle lavoratrici autonome che risultino iscritte negli elenchi degli artigiani o dei commercianti, o dei
coltivatori diretti, mezzadri e coloni, prima del periodo d’assenza per maternità, e che risultino aver
pagato i contributi relativi.
Per
quanto
tempo
spetta
l’indennità
di
maternità?
-L’indennità di maternità per astensione obbligatoria spetta per un periodo massimo
di 5 mesi; per astensione facoltativa, per un periodo non superiore a 11 mesi da usufruire nei primi
otto anni di vita del bambino.
La
in
legge
prevede
dei periodi
gravidanza
durante
i
quali è vietato
(astensione
far
lavorare
la donna
obbligatoria):
• durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
• per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto, se il parto avviene oltre la
data presunta;
• durante i tre mesi dopo il parto;
• per i giorni non goduti prima del parto, se il parto avviene in data anticipata rispetto alla data presunta.
La lavoratrice può scegliere di continuare a lavorare fino al mese precedente la data presunta del parto,
e usufruire così dell’astensione obbligatoria fino al 4°mese dopo il parto.
Ciò a condizione che lo specialista ginecologo del Servizio Sanitario Nazionale, o con esso
convenzionato, e il medico responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro, nel caso in cui la
lavoratrice dipenda da un’azienda soggetta a controlli sanitari (per esempio: azienda industriale),
attestino che tale situazione non arreca pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro.
Le lavoratrici che svolgono lavori faticosi, pericolosi e che non possono essere adibite ad altre
mansioni, possono anticipare “per rischio” il periodo d’astensione obbligatoria precedente al parto su
autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro.
Il periodo d’astensione obbligatoria può essere prorogato (con provvedimento dell’Ispettorato del
Lavoro) fino al 7° mese successivo al parto.
DIRITTO ALLA PATERNITA’
• in caso di morte o di grave malattia della madre;
• nel caso in cui la madre, anche non lavoratrice, abbandoni il bambino;
• in caso di non riconoscimento del figlio da parte della madre.
In tali casi è vietato licenziare il padre per tutta la durata del congedo e fino al compimento di un anno
d’età del bambino.
La lavoratrice ha diritto all’indennità per astensione obbligatoria per i tre mesi successivi alla data
effettiva del parto anche nei casi in cui:
• il bambino sia nato morto;
• il bambino sia deceduto successivamente al parto;
• ci sia stata un’interruzione di gravidanza dopo il 180° giorno di gestazione (che è considerata parto).
A chi si presenta la domanda d’astensione obbligatoria?
All’INPS e al datore di lavoro.
Che cosa l’assegno maternità?
È una prestazione economica che spetta per i figli nati o adottati dopo il 1° luglio 2000:he cosa è
l’assegno di maternità?
• alle lavoratrici che hanno almeno 3 mesi di contribuzione compresi tra i 9 e i 18 mesi precedenti la
nascita o l’ingresso in famiglia del bambino;
• alle ex lavoratrici (disoccupate), purché tra la data della perdita del diritto a prestazioni previdenziali e
la data di nascita o di ingresso del minore nella famiglia non siano trascorsi più di 9 mesi;
• alle lavoratrici che hanno interrotto il rapporto di lavoro per dimissioni durante il periodo di
gravidanza, ed hanno almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 9 mesi ai 18 mesi
precedenti la nascita del bambino.
Le madri extracomunitarie per ottenere l’assegno di maternità devono essere in possesso della carta di
soggiorno.
A chi si presenta la domanda per l’assegno di maternità?
All’INPS entro 6 mesi dalla nascita, o dall’adozione del bambino (in caso di ritardo
si perde il diritto all’assegno di maternità).
Prestazioni per tutelare la vecchiaia
• La pensione di vecchiaia;
• la pensione di anzianità;
• l’assegno sociale;
• la pensione ai superstiti.
Quando si ottiene la pensione di vecchiaia?
Si consegue quando si raggiungono i requisiti d’età, che attualmente sono di 65 anni per gli uomini e
60 per le donne, e si sono versati i contributi per almeno 20 anni. I lavori dipendenti devono aver
cessato l’attività dipendente. La pensione d’anzianità, si può ottenere prima di aver compiuto l’età
pensionabile.
Per i lavoratori dipendenti i requisiti attualmente richiesti per ottenere questa
prestazione sono 35 anni di contributi e 57 anni d’età. Se non hanno ancora raggiunto i 57 anni d’età,
possono comunque ottenere la pensione di anzianità se possono far valere 37 anni di contributi.
È necessario che abbiano cessato l’attività lavorativa dipendente.
Per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri) i requisiti
attualmente richiesti sono 35 anni di contributi e 58 anni d’età.
Se non hanno raggiunto i 58 anni d’età, possono comunque ottenere la pensione di anzianità se hanno
40 anni di contributi.
I lavoratori autonomi possono continuare a svolgere l’attività lavorativa non subordinata.
Cos’è l’Assegno sociale?
È una prestazione economica riservata a coloro che abbiano compiuto i 65 anni d’età, che risiedono
stabilmente in Italia, quando non percepiscono alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore
all’importo corrente dell’assegno sociale.
I cittadini extracomunitari per ottenere l’assegno sociale devono essere in possessodella carta di
soggiorno.
La residenza abituale in Italia è un requisito fondamentale.
Chi trasferisce all’estero la propria residenza ne perde il diritto.
Cos’è l’Assegno sociale?
È una prestazione economica riservata a coloro che abbiano compiuto i 65 anni d’età, che risiedono
stabilmente in Italia, quando non percepiscono alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore
all’importo corrente dell’assegno sociale.
I cittadini extracomunitari per ottenere l’assegno sociale devono essere in possesso della carta di
soggiorno.
La residenza abituale in Italia è un requisito fondamentale.
Chi trasferisce all’estero la propria residenza ne perde il diritto.
Quali diritti ha il lavoratore extracomunitario che rientri definitivamente
nel suo paese d’origine?
I cittadini extracomunitari che rientrano definitivamente nei paesi d’origine, conservano i diritti
previdenziali maturati. Al compimento dei 65 anni d’età possono chiedere la liquidazione della
prestazione maturata anche se il periodo di lavoro svolto in Italia non fosse sufficiente per ottenere una
normale pensione. Come tutte le prestazioni vengono liquidate a richiesta.
La domanda può essere presentata ai Consolati Italiani, oltre che inviata per posta all’INPS in Italia. La
riscossione potrà avvenire nel Paese di residenza.
Con alcuni paesi l’Italia ha stipulato accordi bilaterali in materia di sicurezza sociale. In questi casi
possono vigere regole particolari.
Principali prestazioni previdenziali per tutelare l’infermità fisiche e mentali del lavoratore
• L’Assegno ordinario d’invalidità;
• la pensione d’inabilità;
• la pensione agli invalidi civili.
Cos’è l’Assegno ordinario d’invalidità?
È un assegno che spetta ai lavoratori dipendenti e autonomi, affetti da un’infermità fisica o mentale,
accertata dai medici dell’INPS, che abbiano 5 anni di contributi (260 contributi settimanali), dei quali
almeno 3 anni (156 settimane) versati nei 5 anni precedenti la domanda di assegno ordinario di
invalidità.
Cos’è la pensione d’inabilità?
È una pensione che spetta ai lavoratori dipendenti e autonomi affetti da un’infermità fisica o mentale,
accertata dai medici dell’INPS, tale da provocare un’assoluta e permanente impossibilità a svolgere
qualsiasi lavoro, che abbiano 5 anni
di contributi (260 contributi settimanali), dei quali almeno 3 anni (156 settimane) versati nei 5 anni
precedenti la domanda di pensione d’inabilità.
Chi fa domanda di pensione d’inabilità non può:
• svolgere un’attività dipendente;
• essere iscritto ad un albo professionale;
• essere iscritto negli elenchi degli operai agricoli o dei lavoratori autonomi
(artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni).
Cos’è la pensione agli invalidi civili?
È una prestazione economica di natura assistenziale che l’INPS eroga agli invalidi civili, ai ciechi e ai
sordomuti, che non hanno redditi personali o, se ne hanno, sono di modesto importo.
Quali prestazioni può godere un lavoratore licenziato, si trova quindi disoccupato:
Le principali assicurazioni per la disoccupazione previste dal nostro sistema previdenziale sono:
• l’indennità ordinaria di disoccupazione;
• l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti;
• l’indennità ordinaria per gli operai agricoli;
• i trattamenti speciali di disoccupazione per gli operai agricoli;
• il trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia.
L’indennità ordinaria di disoccupazione
È un’indennità che spetta ai lavoratori licenziati che:
• abbiano almeno 2 anni di assicurazione per la disoccupazione involontaria;
• abbiano almeno 52 contributi settimanali nei 2 anni che precedono la data di cessazione del rapporto
di lavoro;
• risultino disoccupati;
• abbiano dichiarato la loro immediata disponibilità al lavoro al Centro per l’Impiego competente
territorialmente in base al loro domicilio.
L’INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE
L’indennità ordinaria di disoccupazione
-Non spetta ai lavoratori che si dimettono dal lavoro volontariamente, tranne nei casi di dimissioni per
giusta causa (mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali e modifica delle mansioni) o di
lavoratrici in maternità.
-Non spetta ai lavoratori extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno stagionale.
Quando e per quanto tempo viene corrisposta l’indennità di disoccupazione ordinaria?
L’indennità di disoccupazione viene corrisposta mensilmente dall’INPS e spetta per un massimo di 8
mesi. Spetta fino ad un massimo di 12 mesi se alla data di cessazione del rapporto di lavoro, il
lavoratore aveva un’età pari o superiore a 50 anni.
Il pagamento cessa quando il lavoratore:
• ha percepito tutte le giornate di indennità;
• ha iniziato una nuova attività lavorativa;
• diventa titolare di un trattamento di pensione diretta (pensione di vecchiaia, di anzianità, di inabilità,
di invalidità).
Dove e quando ci si rivolge per ottenere l’indennità di disoccupazione ordinaria?
Ci si deve recare, subito dopo il licenziamento, al Centro per l’Impiego a dichiarare il proprio stato di
disoccupazione e la propria immediata disponibilità al lavoro.
La domanda di disoccupazione ordinaria deve essere presentata all’INPS (anche per posta o tramite i
Patronati autorizzati che, per legge, offrono assistenza gratuita) nel più breve tempo possibile,
comunque non oltre i 68 giorni dalla data del licenziamento.
Alla domanda deve essere allegata un’autocertificazione che accerti lo stato di disoccupato e dalla
quale risulti la dichiarazione di disponibilità presentata ai Centri per l’Impiego.
L’indennità ordinaria di disoccupazione con i requisiti ridotti
È un’indennità che spetta al lavoratore dipendente che non ha i requisiti per ottenere l’indennità di
disoccupazione ordinaria, ma che:5
• ha lavorato per almeno 78 giornate nell’anno solare precedente;
• e risulta avere almeno un contributo settimanale di assicurazione per la disoccupazione involontaria
prima del biennio solare da considerare (il biennio è calcolato a ritroso a partire dall’ultimo giorno
dell’anno solare per il quale si richiede l’indennità).
Non spetta al lavoratore extracomunitario in possesso del solo permesso di soggiorno stagionale.
Si presenta la domanda d’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, all’Agenzia INPS
competente in base alla residenza, dal 1° gennaio ed entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello cui
si riferisce l’indennità.
L’assegno per il nucleo familiare:
È una prestazione economica che aiuta le famiglie dei:
• lavoratori dipendenti, lavoratori in cassaintegrazione, disoccupati che percepiscono
l’indennità di disoccupazione o di mobilità;
• lavoratori socialmente utili;
• pensionati da lavoro dipendente;
i cui nuclei familiari siano composti da più persone e i cui redditi siano al di sotto delle fasce reddituali
stabilite di anno in anno dalla legge.
Nel nucleo familiare del lavoratore extracomunitario sono considerati solo i familiari residenti in Italia.
Vengono, invece, considerati anche i familiari del lavoratore extracomunitario residenti all’estero a
condizione che il lavoratore sia cittadino di uno Stato con il quale siano stabiliti particolari accordi o
convenzioni.
Non spetta al lavoratore extracomunitario in possesso del solo permesso di soggiorno stagionale.
Dove si fa la domanda d’assegno per il nucleo familiare?
• Chi svolge attività lavorativa dipendente non agricola deve presentare
domanda al proprio datore di lavoro;
• in tutti gli altri casi (compreso quello degli addetti ai servizi domestici e familiari) all’INPS.
Nel nucleo familiare del lavoratore extracomunitario sono considerati solo i familiari residenti in Italia.
Vengono, invece, considerati anche i familiari del lavoratore extracomunitario residenti all’estero a
condizione che il lavoratore sia cittadino di uno Stato con il quale siano stabiliti particolari accordi o
convenzioni.
Non spetta al lavoratore extracomunitario in possesso del solo permesso di soggiorno stagionale.
Che cose l’assegno familiare?
È una prestazione economica che spetta:
• al lavoratore autonomo dell’agricoltura (coltivatore diretto, mezzadro e colono, piccolo coltivatore
diretto);
• al pensionato delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi (artigiano, commerciante, coltivatore
diretto, colono, mezzadro);
se i familiari per i quali vengono richiesti gli assegni vivono a carico, e se il nucleo familiare non
supera determinati limiti di reddito stabiliti annualmente.
La legge prevede quali sono le persone per le quali si possono richiedere gli assegni familiari. La
domanda si presenta all’INPS.
Cosa succede in caso d’infortunio e malattia professionale?
La Costituzione Italiana garantisce a tutti i cittadini il diritto alla salute sul luogo di lavoro e il diritto a
mezzi adeguati alle esigenze di vita nel caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale.
La legge stabilisce l’obbligo dell’assicurazione contro i danni fisici ed economici che il lavoratore
subisce a seguito d’infortuni e malattie causati dall’attività lavorativa.
L’INAIL - Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul lavoro e le Malattie
Professionali - gestisce quest’assicurazione obbligatoria, ed eroga prestazioni ai lavoratori assicurati
che subiscono un infortunio o contraggono una malattia a causa dell’attività lavorativa.
Nel caso in cui il lavoratore s’infortuni o contragga malattia professionale il datore di lavoro deve
pagare:
• per intero la giornata in cui è avvenuto l’infortunio o si è manifestata la malattia professionale, se
quest’ultima ha causato assenza dal posto di lavoro;
• il 60% della retribuzione, salvo migliore trattamento previsto dal contratto di lavoro, per i successivi
tre giorni di astensione dal lavoro.
L’INAIL, invece, paga: dal quarto giorno successivo a quello in cui è avvenuto l’infortunio o si è
manifestata la malattia professionale fino alla guarigione clinica.
Cosa deve fare il lavoratore in caso d’infortunio sul lavoro?
• Informare immediatamente il datore di lavoro;
• presentare subito al datore di lavoro il primo certificato medico e, se le cure dovessero proseguire, il
certificato compilato dal medico curante.
Il datore di lavoro invierà all’INAIL i certificati originali.
In caso di ricovero, l’ospedale invierà copia dei certificati all’INAIL ed al datore di lavoro.
Cosa deve fare il lavoratore in caso di malattia professionale?
Se il lavoratore svolge attività lavorativa deve:
• denunciare la malattia al datore di lavoro entro 15 giorni dal suo manifestarsi;
• presentare al datore di lavoro il primo certificato medico e, in caso di prosecuzione delle cure, il
certificato compilato dal medico curante.
Il datore di lavoro invierà all’INAIL i certificati originali.
In caso di ricovero, l’ospedale invierà copia dei certificati all’INAIL ed al datore di lavoro.
Se il lavoratore non svolge attività lavorativa:
• può presentare direttamente all’INAIL domanda di riconoscimento della malattia professionale.
Lo Statuto dei Lavoratori vieta le discriminazioni dei lavoratori in base al sesso, alla razza, alla
religione, alle opinioni politiche.
Il lavoratore può rivolgersi ai Sindacati per la difesa dei suoi diritti.
Data la complessità del sistema previdenziale, si consiglia ai lavoratori di rivolgersi ai Patronati per
ottenere le prestazioni.
La legge affida, infatti, a questi ultimi il compito di tutelare ed assistere i lavoratori, in maniera del
tutto gratuita, nel conseguimento delle prestazioni previdenziali ed assistenziali nei confronti degli Enti
erogatori.
DIRITTO DI FAMIGLIA
Quando parliamo della diritto di famiglia, prima di tutto dobbiamo sapere che cosa dice La
Costituzione Italiano. Il titolo 2°, Art.29 dice che: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia
come società naturale fondata sul
matrimonio”.
“Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla
legge a garanzia dell’unità familiare.” Come si vede La Carta Costituzionale riconosce i diritti di
famiglia se è fondata sul matrimonio. Invece quando vediamo Art.29:
“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.”
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i
diritti dei membri della famiglia legittima”.
Cioè; se ance non c’è il matrimonio, i bambini nati fuori del matrimonio si sono tutelati, e i genitori
hanno dovere di mantenere,istruire ed educare i figli.
Quali sono i requisiti per potersi sposare in Italia?
Può contrarre matrimonio il cittadino (italiano o straniero):
• che ha compiuto i 18 anni (in Italia rappresenta la maggiore età); si può sposare
chi ha compiuto 16 anni, solo con l’autorizzazione del Tribunale per i Minorenni;
• libero dal vincolo di matrimonio.
La legge italiana vieta il matrimonio tra persone già coniugate (reato di bigamia).
Sempre il titolo 2°, Art.31 parla formazione della famiglia e protezione della maternità.
“La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la
maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”
A chi ci si rivolge quando ci si vuole sposare?
All’ufficio di Stato Civile del Comune di residenza di uno dei due futuri sposi, che provvederà alle
pubblicazioni di matrimonio.
Queste rendono pubblica la volontà di due persone di volersi sposare e sono prescritte dalla legge
italiana.
Se uno dei due sposi non conosce la lingua italiana, l’Ufficiale di Stato Civile addetto alla celebrazione
può celebrare il matrimonio con la collaborazione di un interprete.
Quali sono i documenti necessari?
• Passaporto in corso di validità o carta d’identità italiana.
• Non è necessario esibire il permesso di soggiorno, che tuttavia è obbligatoriamente richiesto in
assenza d’altri documenti identificativi.
• Dichiarazione rilasciata dall’Autorità consolare del Paese di origine del cittadino/ a straniero/a dalla
quale risulti che in base alle leggi locali nulla si oppone al matrimonio (dichiarazione di Nulla Osta).
Se l’Autorità diplomatica consolare non risponde o trasmette una
dichiarazione di rifiuto motivato, l’Ufficiale di Stato Civile deve rifiutare le pubblicazioni.
Il ricorso al Tribunale Civile è ammesso se il rifiuto al nulla osta deriva da disposizioni della legge
straniera contrarie ai principi dell’ordinamento pubblico italiano.
Nel caso di cittadini stranieri con lo status di rifugiati politici, in sostituzione del Nulla Osta occorre
presentare una dichiarazione rilasciata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati con
sede a Roma.
Il matrimonio celebrato in Italia può essere riconosciuto all’estero?
Un cittadino straniero che si sposa con il rito civile in Italia, deve sempre verificare che la legge del suo
Paese d’origine riconosca tale matrimonio, e di conseguenza conoscere quali procedure avviare per
trascrivere (ovvero riconoscere all’estero) l’atto di matrimonio.
I matrimoni celebrati fra cittadini stranieri davanti ad autorità diplomatica o consolare straniera
possono essere trascritti in Italia solo a condizione che ciò sia previsto da Convenzioni vigenti in
materia con tali Paesi.
È possibile trascrivere il matrimonio celebrato secondo il rito islamico tra un cittadino italiano e un
cittadino di religione islamica.
Per la trascrizione dell’atto occorre presentare anche la traduzione in lingua italiana e la legalizzazione.
La trascrizione è ammessa purché il contenuto dell’atto non sia in contrasto con l’ordine pubblico
italiano.
Dove si denuncia la nascita di un bambino?
I bambini che nascono in Italia devono essere denunciati:
• all’Ufficio di Stato civile del Comune nel quale è avvenuta la nascita;
• alla Direzione sanitaria dell’ospedale o Casa di Cura.
Questa provvede, poi, a trasmettere la denuncia all’Ufficio di Stato Civile del Comune nel quale è
avvenuta la nascita.
Chi può denunciare la nascita di un bambino?
Uno dei due genitori, un procuratore speciale, un medico, un’ostetrica o da qualsiasi altra persona che
abbia assistito al parto.
Quali documenti sono necessari per la registrazione?
• Documento d’identità di un genitore (o di entrambi se non sono sposati);
• attestato di nascita rilasciato dall’Ospedale (in caso di registrazione direttamente all’Ufficio di Stato
civile).
Se i genitori sono in possesso del permesso di soggiorno e sono residenti in Italia,
l’atto di nascita sarà successivamente inoltrato per la trascrizione, al Comune di residenza della
famiglia.
Entro quanto tempo si registra la nascita di un bambino?
• entro 10 giorni dalla nascita presso l’ufficiale di Stato civile del Comune nel quale è avvenuta la
nascita (da uno dei due genitori);
• entro 3 giorni dalla nascita presso la Direzione sanitaria dell’ospedale o Casa di Cura.
È possibile anche riconoscere un figlio prima della sua nascita.
In questo caso è necessario presentare all’ufficio di Stato civile il certificato medico rilasciato dal
medico curante o dall’Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) attestante la gravidanza e la data presunta del
parto.
Quali nomi si possono dare al bambino?
È vietato imporre al bambino/a lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella e nomi e
cognomi ridicoli, vergognosi e contrari all’ordine pubblico.
La denuncia di figli naturali (nati fuori del matrimonio) avviene con le stesse modalità previste per i
figli legittimi (nati da un’unione matrimoniale).
È possibile trascrivere gli atti di nascita esteri?
Sì, possono essere trascritti, su richiesta dei genitori residenti in Italia.
Gli atti devono essere tradotti in lingua italiana e legalizzati dalla competenteautorità straniera.
Bisogna rivolgersi all’Ufficio atti di nascita del Comune di residenza.
Dove si possono portare i bambini tra 0-3 anni di età?
Le possibilità sono molte e differenziate:
• asili nido comunali o privati: bambini da 3 mesi a 36 mesi, presenza del servizio mensa, permanenza
del bambino per l’intera giornata in funzione degli orari dell’asilo;
• baby parking: bambini da 13 mesi a 6 anni (in alcuni centri possono essere ospitati lattanti), assenza
del servizio mensa, permanenza del bambino per un massimo di 5 ore consecutive al giorno;
• servizi educativi integrativi al nido: Offrono spazi e possibilità di gioco e incontro per bambini
accompagnati da un adulto. Per avere informazioni più dettagliate sui servizi, si consiglia di rivolgersi
al proprio Comune di residenza.
Dove vanno a scuola i bambini tra 3-5 anni di età?
Nella Scuola dell’Infanzia più vicina al luogo d’abitazione. Qui i genitori possonoavere le
informazioni riguardo l’iscrizione a scuola e gli orari d’apertura. Le scuole dell’infanzia possono
essere statali, municipali, paritarie, private.
Quando bisogna fare l’iscrizione?
Le domande di frequenza si presentano nel mese di gennaio per l’anno scolastico successivo.
Quali documenti servono per l’iscrizione?
Per la frequenza alla scuola dell’infanzia non sono richiesti documenti.
Le informazioni sul bambino sono rilasciate dal genitore sotto la propria responsabilità.
Di nuovo ritorniamo alla Costituzione Italiana per vedere che cosa dice riguarda diritto all’istruzione .
Titolo 2°,Art.34 dice che:
“La scuola è aperta a tutti.”
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Quindi almeno 8 anni di studio è obbligatoria
in Italia.
Dove vanno a scuola i bambini tra 6-10 anni di età?
Nella Scuola Primaria (scuola elementare) più vicina al luogo d’abitazione.
Qui si possono avere le informazioni riguardo l’iscrizione a scuola e gli orari d’apertura. Le scuole
primarie possono essere statali, paritarie, private.
Quando bisogna fare l’iscrizione?
Ogni anno viene stabilito la scadenza per l’iscrizione alla prima classe.
Per lo più le iscrizioni si effettuano nel mese di gennaio per l’anno scolastico successivo.
All’arrivo in Italia si deve effettuare l’iscrizione alla scuola primaria in qualsiasi momento dell’anno.
DIRITTO ALL'ISTRUIZIONE
Quali documenti servono per l’iscrizione?
I documenti richiesti per la frequenza alla scuola primaria sono:
• il certificato delle vaccinazioni obbligatorie;
• il certificato di nascita;
• le valutazioni scolastiche, per i bambini che hanno già frequentato la scuola del Paese di origine.
Spesso le scuole non richiedono ai genitori il certificato delle vaccinazioni obbligatorie e il certificato
di nascita poiché si rivolgono direttamente agli uffici che li rilasciano.
Quali libri e materiali vengono utilizzati a scuola?
Ogni scuola richiede il materiale specifico, che consiste, ad esempio, in una piccoladotazione di
quaderni, penne, matite, colori. L’occorrente viene procurato dalla famiglia. In caso di gravi difficoltà
economiche può essere richiesto un aiuto alle scuole.
I libri di testo sono gratuiti e si ritirano in libreria consegnando le cedole librarie fornite dalla scuola
all’inizio dell’anno scolastico.
Dove vanno a scuola i bambini tra 11-13 anni di età?
I genitori possono rivolgersi alla Scuola Media più vicina al luogo d’abitazione. Qui si possono avere
le informazioni riguardo l’iscrizione a scuola e gli orari di apertura. Le scuole medie possono essere
statali, paritarie, private.
Quando bisogna fare l’iscrizione?
Ogni anno viene stabilito la scadenza per l’iscrizione alla prima classe.
Per lo più le iscrizioni si effettuano nel mese di gennaio per l’anno scolastico successivo.
All’arrivo in Italia si deve effettuare l’iscrizione alla scuola media in qualsiasi momento dell’anno.
Quali documenti servono per l’iscrizione?
I documenti richiesti per la frequenza della scuola media sono:
• il certificato delle vaccinazioni obbligatorie;
• il certificato di nascita;
• le valutazioni scolastiche, per i ragazzi che hanno già frequentato la scuola del Paese d’origine.
Quali libri e materiali vengono utilizzati a scuola?
Per la frequenza sono richiesti libri per ogni disciplina insegnata.
La spesa massima prevista per l’acquisto dei libri di testo per la prima media ammonta a circa 250
Euro.
Le famiglie degli alunni con un reddito familiare, netto annuale, inferiore o equivalente a 15.000 Euro,
possono richiedere un contributo individuale per l’acquisto di tali libri rivolgendosi alle segreterie delle
scuole entro il mese di aprile dell’anno precedente.
È possibile pranzare a scuola?
Nelle scuole primarie funzionanti a tempo pieno, mattina e pomeriggio, con il pranzo a scuola, è
necessario, pagare la quota della mensa, stabilita in base al reddito della famiglia.
Per questo bisogna avere il codice fiscale e presentare i documenti sui redditi della famiglia.
Alla mensa scolastica si possono richiedere menù differenziati per motivi di salute (presentando
dichiarazione medica) e per motivi religiosi.
Dove vanno a scuola i ragazzi dopo 14 anni di età?
Alla Scuola Secondaria che è costituita da Licei, Istituti Tecnici e Istituti Professionali, con discipline
di insegnamento ed orari diversi.
Per la frequenza della scuola secondaria bisogna individuare il tipo di scuola preferita e rivolgersi
direttamente ad essa per l’iscrizione e tutte le informazioni.
Quanto dura la scuola secondaria?
La scuola secondaria ha la durata di 5 anni e si conclude con un esame di stato. Negli Istituti
professionali si possono frequentare corsi di 3 anni che si concludonocon un esame di qualifica
professionale o di 5 anni che si concludono con un esame di stato.
L’obbligo formativo
I giovani fino al seidicesimo anno d’età hanno l’obbligo di seguire percorsi d’istruzione e
formazione che permettano di conseguire un diploma di scuola media inferiore e una qualifica
professionale.
Come può essere assolto l’obbligo formativo?
I ragazzi che:
• abbiano compiuto i 16 anni di età,
• abbiano frequentato per almeno 9 anni la scuola.
Possono assolvere obbligo formativo con tre percorsi:
• nel sistema di istruzione scolastica, con il conseguimento di un diploma di scuola secondaria
superiore;
• nel sistema della formazione professionale con il conseguimento di una qualifica professionale;
• nel rapporto di apprendistato.
Le competenze certificate in esito a qualsiasi segmento della formazione scolastica, professionale e
dell’apprendistato costituiscono crediti formativi per il passaggio da un sistema ad un altro.
A chi si possono richiedere informazioni relative all’obbligo formativo?
In tutti i Centri per l’Impiego è attivo uno sportello dedicato all’obbligo formativo, nel quale è possibile
trovare tutte le informazioni sulla normativa correntee sulle attività in materia di apprendistato e
formazione professionale.
Quali documenti sono necessari per usufruire del servizio offerto dal centro per l’Impiego?
• Carta d’identità;
• codice fiscale;
• permesso di soggiorno con motivo di Famiglia, Minore Età o Affidamento, per i minori stranieri,
soggetti all’obbligo formativo;
• documentazione a conferma dell’assolvimento dell’obbligo scolastico (es. licenza media).
Gli adulti:
Gli adulti che desiderano frequentare la scuola possono iscriversi ai Centri Territoriali Permanenti
(CTP) , che si occupano dell’istruzione di cittadini stranieri.
Che cosa s’impara ai C.T.P.?
Agli utenti vengono proposti principalmente corsi di Lingua Italiana, articolati su differenti livelli, e
percorsi di formazione pre-professionale.
In tutti i C.T.P. sono presenti percorsi scolastici finalizzati all’acquisizione della Licenza Elementare e
della Licenza Media, così come nella quasi totalità dei Centri si attivano corsi d’avvicinamento
all’informatica, corsi di italiano per stranieri, corsi di lingua straniera, percorsi d’orientamento al
lavoro, anche con stage aziendali, corsi d’assistenza alla persona, ecc.
In molte situazioni si realizzano attività d’approfondimento culturale (dal cinema alla psicologia, alle
attività manuali, ecc...), e percorsi per i giovani che vogliono proseguire gli studi nella Scuola
Superiore.
Esistono corsi che si svolgono al mattino, al pomeriggio e alla sera. L’età minima per iscriversi ai CTP
è 15 anni compiuti.
LA CITTADINANZA ITALIANA
Cosa comporta l’acquisto della cittadinanza italiana?
L’acquisizione di tutti i diritti e doveri previsti per i cittadini italiani.
Come si ottiene la cittadinanza italiana?
La cittadinanza italiana si può acquisire:
• Automaticamente,
• per naturalizzazione,
• per matrimonio.
Chi può prendere la cittadinanza italiana automaticamente?
• al figlio di padre o madre italiani.
I discendenti di cittadini italiani emigrati all’estero, che abbiano acquisito un’altra cittadinanza,
possono richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana se dimostrano che nessuno dei propri
avi ha rinunciato alla cittadinanza italiana. I titolari di un permesso di soggiorno in corso di validità
(qualunque ne sia la durata) possono chiedere l’iscrizione nei registri anagrafici del Comune e poi
presentare all’Ufficiale di Stato Civile la documentazione per il riconoscimento della cittadinanza. In
seguito possono ottenere un permesso di soggiorno per attesa cittadinanza.
La cittadinanza italiana / automaticamente
• Al figlio nato in Italia da genitori entrambi ignoti o apolidi (cioè “senza patria”).
• Al figlio nato in Italia da genitori stranieri, ma solo se di uno Stato in cui la legge prevede che i figli
non seguano la cittadinanza dei genitori (non acquista la cittadinanza chi è nato in Italia da genitori
stranieri di uno Stato che prevede che i figli nati all’estero seguano la cittadinanza dei genitori, anche
se attraverso dichiarazioni di volontà o formalità amministrative).
• Al figlio di ignoti trovato in Italia, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.
• Ai figli minori conviventi di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, salva la possibilità di
rinunciarvi una volta divenuti maggiorenni se in possesso anche di altra cittadinanza.
• Ai minori che vengano riconosciuti da cittadini italiani, o di cui venga dichiarata la filiazione, da
cittadini italiani, dopo la nascita.
• Ai minori adottati da cittadino italiano.
• Allo straniero nato in Italia, che vi abbia mantenuto ininterrottamente la residenza fino al
compimento dei 18 anni, e che dichiari di eleggere la cittadinanza italiana dinanzi all’ufficiale di stato
civile del comune di residenza, entro un anno dal compimento della maggiore età.
• Allo straniero maggiorenne che venga riconosciuto o dichiarato come figlio di un cittadino italiano, e
che dichiari di eleggere la cittadinanza italiana dinanzi all’ufficiale di stato civile del comune di
residenza ovvero presso la rappresentanza consolare italiana, se residente all’estero, entro un anno dal
riconoscimento o dalla dichiarazione.
Chi può ottenere la cittadinanza italiana per matrimonio?
La cittadinanza, ai sensi dell’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 e successive modifiche e
integrazioni, può essere concessa per matrimonio, in presenza dei seguenti requisiti:
al coniuge di un cittadino italiano a condizione che:
• il matrimonio sia valido;
• Il richiedente, straniero o apolide, deve essere coniugato con cittadino italiano e risiedere legalmente
in Italia da almeno 2 anni dalla celebrazione del matrimonio oppure, se i coniugi risiedono all'estero, la
domanda può essere presentata dopo tre anni dalla data di matrimonio (se non vi sia stato
scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e non sia in corso la separazione legale)
Tali termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.
• se non ha riportato condanne penali nei casi indicati dalla legge, o, se le ha riportate, ha ottenuto la
riabilitazione;
• se non sussistono impedimenti connessi alla sicurezza nazionale.
Non è richiesto lo “svincolo”, la rinuncia, cioè, alla cittadinanza d’origine. La richiesta va presentata
presso la Prefettura della provincia di residenza.
Chi può ottenere la cittadinanza per naturalizzazione?
• agli stranieri extracomunitari residenti in Italia da 10 anni;
• agli stranieri extracomunitari affiliati maggiorenni di cittadini italiani e residenti in Italia da 7 anni;
• ai rifugiati, e agli apolidi residenti in Italia da 5 anni;
• agli adottati maggiorenni da cittadini italiani residenti in Italia da 5 anni;
• ai cittadini di uno degli stati membri dell’Unione Europea residenti in Italia da 4 anni;
• ai cittadini stranieri (comunitari ed extracomunitari) residenti in Italia da 3 anni e il cui genitore o uno
dei nonni sia stato cittadino italiano.
La richiesta va presentata presso la Prefettura (Ufficio Territoriale del Governo - U.T.G.) della
provincia di residenza.
Nel caso si siano subite condanne penali in Italia è consigliabile richiedere al Tribunale di
Sorveglianza5 la riabilitazione, prima di avviare la procedura.
DIRITTO ALL’ASSISTENZA LEGALE
Assistenza legale è garantito al cittadino non abbiente (mezzi insufficienti);
Un’adeguata assistenza legale può essere assicurata al cittadino non abbiente, grazie all’istituto del
“patrocinio a spese dello Stato”, in virtù del quale i costi dell’assistenza legale (i costi, cioè,
dell’avvocato e dei suoi consulenti) gravano sullo Stato italiano.
Nel caso in cui sia concessa l’ammissione al gratuito patrocinio, il difensore e il consulente tecnico di
parte non possono chiedere e percepire dal proprio assistito, alcun compenso o rimborso, diversi da
quelli previsti dalla legge sul gratuito patrocinio (ogni patto contrario è nullo e la violazione del divieto
costituisce grave illecito disciplinare professionale). L’ammissione al gratuito patrocinio è valida per
ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali,
comunque connesse.
Quali sono i requisiti richiesti per l’ammissione al patrocinio?
Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito annuale imponibile ai fini dell’imposta
personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a 9.296,22 Euro.
Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei
redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso chi fa la
richiesta di gratuito patrocinio, ma il limite di reddito è elevato di euro 1.032,91 per ognuno dei
familiari conviventi. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi
che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a
ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta
sostitutiva. Si tiene conto del solo reddito personale (e non di quello dei familiari), quando sono oggetto
della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in
conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.
DIRITTO PARITA DI TRATTAMENTI
Che cosa “parità di trattamenti?”
Per “parità di trattamento” s’intende l’assenza di qualsiasi discriminazione.
Cosa s’intende per discriminazione?
Costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente,( Si verifica una
discriminazione diretta quando, per la razza o l’origine etnica, una persona è trattata meno
favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in situazione analoga. Si verifica una
discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un
comportamento apparentemente neutri, possono mettere le persone di una determinata razza od origine
etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.) comporti una distinzione,
esclusione, restrizione o preferenza basata su: razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o
etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di
compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita
pubblica.
Compie un atto di discriminazione:
• il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di
pubblica necessità, che nell’esercizio delle sue funzioni, compia od ometta atti nei riguardi di un
cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una
determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discrimini ingiustamente;
• chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico,
ad uno straniero, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata
razza, religione, etnia o nazionalità;
• chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso
all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo
straniero regolarmente soggiornantein Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di
appartenente
ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
Compie un atto di discriminazione:
•chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l’esercizio di un attività economica legittimamente
intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione
di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;
• il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un
effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente3, i lavoratori, in ragione della loro
appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una
cittadinanza. Sono considerate discriminazioni, anche le molestie o quei comportamenti indesiderati,
posti in essere per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di
una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo. L’ordine di
discriminare persone a causa della razza o dell’origine etnica è considerato una discriminazione.
Come si tutela a livello giurisdizionale il pirincipio della parità di trattamenti?
Ci si può avvalere dell’Azione civile contro la discriminazione nei casi in cui il principio di parità di
trattamento sia violato in questi ambiti:
• accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le
condizioni di assunzione;
• occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le
condizioni del licenziamento;
• accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e
riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;
• affiliazione e attività nell’ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre
organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;
• protezione sociale, inclusa la sicurezza sociale;
• assistenza sanitaria;
• prestazioni sociali;
• istruzione;
• accesso a beni e servizi, incluso l’alloggio.
Come si propone la domanda d’azione civile contro la discriminazione?
La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del
tribunale in composizione monocratica del luogo di domicilio
del richiedente.
Il Tribunale in composizione monocratica provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della
domanda.
Chi è legittimato ad agire contro l’atto discriminatorio?
Può agire, ed intraprendere così l’azione civile contro la discriminazione:
• Il soggetto che ha subito la discriminazione;
- Le associazioni e gli enti che operano a favore degli immigrati; o che svolgono attività nel campo
della lotta alle discriminazioni e della promozione della parità di trattamento, iscritte in un apposito
registro. In questo caso è necessario che la persona vittima della discriminazione rilasci a queste
associazioni e a questi enti una delega per atto pubblico o scrittura privata autenticata.
-Le associazioni e gli enti suddetti sono anche legittimati ad agire nei casi di discriminazione collettiva,
qualora non siano individuabili direttamente le persone lese dalla discriminazione.