Allegato I: Il Commercio dei prodotti agricoli

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Allegato I: Il Commercio dei prodotti agricoli
Accesso al mercato? No grazie!
Allegato I: Il Commercio dei prodotti agricoli
La produzione agricola resta per più del 90% all’interno dei mercati locali e regionali. Non
varca cioè le frontiere.
Come descritto dagli ultimi dati diffusi dal WTO1, il commercio internazionale di prodotti
agricoli vale 674 miliardi di dollari (nel 2003), negli ultimi due anni è in significativo
aumento dopo un periodo di rallentamento, rimane comunque pari al 9,2% del
commercio mondiale delle merci (in valore).
Tabelle del commercio mondiale di prodotti agricoli 2003 e dei maggiori flussi delle esportazioni:
Come mostra la tabella dei flussi delle esportazioni la stragrande maggioranza del
commercio di prodotti agroalimentari avviene all’interno dei paesi dell’Unione europea e
all’interno del mercato nordamericano.
1
International Trade Statistics 2004, http://www.wto.org/english/res_e/statis_e/its2004_e/its04_toc_e.htm
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La UE, è il primo importatore mondiale di prodotti agroalimentari, per un valore che è
quasi 5 volte più importante di quello degli USA e rappresenta almeno il 45% del totale
delle importazioni agroalimentari.
Dopo l’Europa vi sono gli USA, il Canada, il Brasile e la Cina, ecco perché questi ultimi
due paesi in seno al WTO sono particolarmente interessati all’eliminazione dei vincoli alle
esportazioni e alle politiche di apertura dei mercati.
Grafico dei maggiori esportatori mondiali:
Grafico con le percentuali delle singole aree geografiche sul totale del commercio agroalimentare
mondiale (2003 - WTO):
Si capisce bene allora che l’AoA è il negoziato
principale di questo Doha Round non in relazione
al commercio reale ma perché è uno strumento
utile alle industrie alimentari per definire al
ribasso i prezzi di quelle che per loro sono materie
prime da trasformare.
Perché vincolare la produzione agricola dentro a
sistemi orientati all’esportazione rende i paesi
poveri schiavi del sistema finanziario
internazionale poiché le esportazioni garantiscono
una certa continuità nel pagamento del debito.
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Allegato II: Il Commercio con l’estero dell’agroalimentare
italiano2
Anche il 2004, come i precedenti, non è stato particolarmente brillante: il deficit è
aumentato passando da -7.800 a – 8.300 milioni di euro.
Le importazioni crescono dunque (+4,7) di più delle esportazioni (+3,9). L’Italia
commercia soprattutto con i paesi dell’Unione Europea3: il 65% delle esportazioni
riguarda l’UE-15, il 4% i paesi entrati nell’Unione nel maggio 2004.
Per le importazioni le percentuali sono pari, rispettivamente, al 68% e al 3%.
Rispetto
all’anno
precedente
aumentano
notevolmente
le
importazioni
dai
nuovi
paesi
membri UE (+36%) e dai paesi terzi
mediterranei (+30%).
Il saldo peggiore dell’Italia è con i
paesi del Centro e Sud America
soprattutto a causa dell’import di
prodotti tropicali e frutta esotica
che giungono in Italia in condizioni
di
contro-stagione
e
sono
difficilmente
sostituibili
da
produzioni interne o acquisti in
altre aree del mondo.
Relativamente ai comparti, l’export
italiano è dominato dai prodotti
dell’industria di trasformazione (il
78%), non siamo cioè esportatori di
materie prime agricole.
La tabella riportata nella pagina che
segue mostra che le bevande pesano
per il 20% dell’export (rilevante
soprattutto il vino e pure le acque
minerali), seguono i derivati da
cereali (fra cui spicca la pasta)
mentre per i prodotti agricoli non
lavorati prevale la frutta fresca.
2
Questa sezione è ricavata dai primi risultati dell'analisi degli scambi agroalimentari dell'Italia nel 2004, anticipazione
del Rapporto sul Commercio con l'Estero dei Prodotti Agroalimentari preparato dall’INEA e pubblicati sul relativo sito
(www.inea.it), consultato il 24 luglio 2005.
3
Il 50% delle nostre esportazioni finisce in cinque nazioni: Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti.
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Sul fronte import ai primi tre posti figurano carni, latte e formaggi e pesce.
A livello di categorie merceologiche il primo prodotto esportato è il vino (rossi e rosati), le
conserve di pomodori e tutti i prodotti del made in Italy (pasta, olio d’oliva, biscotteria e
pasticceria).
A seguito dell’ingresso della Cina nel WTO gli scambi fra questo paese e il resto del
mondo sono sempre più rilevanti, anche in agricoltura. Nel 2004, l’Italia ha esportato in
Cina lo 0,1% del suo export totale agricolo, importando una quota dell’1,3%. Le
esportazioni sono piuttosto indifferenziate ma stanno aumentando vini rossi e rosati. Dal
lato importazioni predominano prodotti grezzi della zootecnia e prodotti della filiera degli
ortaggi, in particolare conserve di pomodori e pelati.
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Allegato IV: raggruppamenti dei paesi all’interno del WTO
G10:
E’ il raggruppamento con posizioni più difensive nel negoziato agricolo. E’ composto da
paesi che non sono esportatori e sussidiano molto l’agricoltura interna. Sul piano strategico
collegano il negoziato agricolo a quello dei servizi e dei prodotti industriali.
Sono: Bulgaria, Taiwan, Corea, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Mauritius, Norvegia e
Svizzera.
G20:
a partire dalla sua nascita il numero dei paesi membri è variato più volte, attualmente
comprende 19 paesi.
E’ uno dei più autorevoli gruppi nell’ambito degli attuali negoziati, ma la sua unità è limitata
all’agricoltura.
E’ composto da: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, China, Cuba, Egitto, India, Indonesia, Mexico,
Nigeria, Pakistan, Paraguay, Filippine, Sud Africa, Tanzania, Tailandia, Venezuela e Zimbabwe.
G33: conosciuto anche come "friends of special products" (gruppo degli amici dei prodotti
speciali), comprende 42 paesi. Relativamente alla riduzione dei dazi è contrario a formule
armonizzatrici e difende le strutture dei PVS.
Il suo principale obiettivo è la definizione dei prodotti speciali, che dovrebbero essere determinati
da ciascun paese, e del nuovo sistema di salvaguardia ad uso esclusivo dei Pvs.
E’ composto da: Antigua e Barbuda, Barbados, Belize, Benin, Botswana, China, Congo, Costa
d’Avorio, Cuba, Repubblica Dominicana, Grenada, Guyana, Haiti, Honduras, India, Indonesia,
Giamaica, Kenya, Corea, Madagascar, Mauritius, Mongolia, Mozambico, Nicaragua, Nigeria,
Pakistan, Panama, Perù, Filippine, Saint Kits e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and the
Grenadines, Senegal, Sri Lanka, Suriname, Tanzania, Trinidad e Tobago, Turchia, Uganda,
Venezuela, Zambia e Zimbabwe.
G90: Si tratta del gruppo composto dai Paesi Africani, da quelli ACP e dal blocco dei paesi meno
sviluppati. Non è composto da 90 membri come farebbe supporre la sigla ma da 64; non ha una
posizione unica su tutti i temi, è accomunato dalla preoccupazione per l’erosione delle preferenze
commerciali.
E’ composto da: Angola, Antigua e Barbuda, Bangladesh, Barbados, Belize, Benin, Botswana,
Burkina Faso, Burundi, Cambogia. Camerun, Repubblica Centro Africana, Ciad, Congo, Costa
d'Avorio, Cuba, Repubblica Democratica del Congo, Djibouti, Dominica, Repubblica Dominicana,
Egitto, Fiji, Gabon, Gambia, Ghana, Grenada, Guinea (Conakry), Guinea Bissau, Guyana, Haiti,
Giamaica, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Maldives, Mali, Mauritania, Mauritius, Marocco,
Mozambico, Myanmar, Namibia, Nepal, Niger, Nigeria, Papua Nuova Guinea, Ruanda, Saint Kitts
e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and the Grenadines, Senegal, Sierra Leone, Isole Salomone,
Sud Africa, Suriname, Swaziland, Tanzania, Togo, Trinidad e Tobago, Tunisia, Uganda, Zambia,
Zimbabwe
Il Cairns Group è un gruppo di paesi grandi esportatori di prodotti agricoli che si
contrappongono al protezionismo della Pac (Politica Agricola Comune) e della Farm Bill degli USA.
Prende il nome da una città australiana dove si riunì per la prima volta nel 1986.
E’ su posizione offensive riguardo alla riduzione delle tariffe e a quella dei sussidi. E’ molto
prudente sui prodotti sensibili, meno sicura la posizione su prodotti speciali e nuovo sistema di
salvaguardia.
E’ composto da: Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica,
Guatemala, Indonesia, Malesia, Nuova Zelanda, Paraguay, Filippine, Sud Africa, Tailandia
Uruguay.
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Allegato III: La spesa agricola euro-americana
La spesa agricola UE
La Politica Agricola Comune (la Pac), è lo strumento adottato dalla Comunità Europea a
partire dalla sua nascita per raggiungere l’autosufficienza alimentare. Rimane l’unica
politica comune degli attuali 25 paesi membri dell’Unione Europea e costituisce la
principale voce di spesa del bilancio comunitario, il bilancio 2005 prevede 49 miliardi di
euro1, il 46,2% del budget totale dell’Unione.
Evoluzione della spesa della CAP dal 1980 al 2002:
Recentemente, con l’inizio del semestre di presidenza inglese (1 luglio/31 dicembre
2005), Tony Blair ha tuonato che “non è pensabile che il 40% del bilancio Ue sia
assorbito dalla politica agricola che sostiene l’1,6% del Pil2”.
Certamente l’affermazione può suonare sensata e può colpire il fatto che quasi metà del
bilancio dell’Unione sia destinato all’agricoltura, ma non appena si realizza che la politica
agricola è l’unica politica comune europea, si comprende il perché ha un ruolo così
rilevante nella spesa comunitaria.
Vi sono poi altre considerazioni da fare, l’affermazione di Blair considera eccessive le
risorse spese per questo settore produttivo soprattutto perché fa riferimento a una
agricoltura di tipo “industriale” votata solo a produrre cibo in grande quantità e a basso
costo.
Ma l’agricoltura non si limita a produrre cibo, svolge molte altre funzioni quando viene
esercitata rispettando la cultura e i saperi di quel luogo, proteggendo la qualità dei cibi,
garantendo l’occupazione, difendendo il territorio rurale, mantenendo un equilibrio
sociale, difendendo l’ambiente, l’acqua, la terra e la biodiversità.
Se si crede e si vuole una agricoltura di questo tipo, investirvi il 40% delle finanze
comunitarie ha perfettamente senso, considerando che il 57% della popolazione europea
vive in aree rurali. La spesa agricola dunque non riguarda la piccola percentuale di
occupati nel settore primario ma il 57% degli europei che vivono fuori città e l’intera
popolazione che vuole alimenti sani e campagne non abbandonate.
1
2
Fonte il Sole-24 Ore del 15 giugno 2005, pagina 5.
Ibidem
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La PAC nel corso degli anni ha subito diverse modifiche, l’ultima riforma è quella
concordata nell’estate del 2003, proprio in vista della conferenza ministeriale WTO di
Cancun.
Il 2005 è il primo anno di attuazione della nuova Pac per dieci paesi membri, poi
gradatamente seguiranno tutti gli altri in modo che entro il 2009 sia applicata da tutti.
Calendario di applicazione della nuova PAC
2005
Austria, Belgio, Danimarca, germania, irlanda, Italia, Lussemburgo,
Portogallo, Svezia, Gran Bretagna
2006
Finlandia, Francia, Grecia, Olanda, Spagna
2007
Malta e Slovenia
Entro il 2009
Cipro, Rep. Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia,
Slovacchia
L’elemento cardine della riforma è costituito dai pagamenti disaccoppiati; da quest’anno
gli agricoltori italiani percepiranno un contributo fisso, calcolato sulla media degli aiuti
percepiti dall'azienda stessa negli anni 2000, 2001 e 2002. La cifra così ottenuta si
trasformerà in un diritto aziendale, cioè in una quota fissa di contributo che verrà
erogato all'azienda fino al 2013
Il termine disaccoppiato significa che non è più legato a ciò che si coltiva, l’agricoltore
potrà coltivare quello che vuole così come lasciare le terre incolte.
In questo modo la commissione ritiene che saranno eliminate le distorsioni delle
precedenti forme di aiuto poiché gli agricoltori dovrebbero d’ora in avanti scegliere in
base al mercato cosa coltivare, avendo come unico obiettivo quello di “produrre per vendere”.
La nuova Pac prevede anche il potenziamento delle misure a favore dello sviluppo rurale,
chiamato comunemente secondo pilastro. Si tratta a onor del vero di un pilastro ancora
molto debole rispetto al primo (vale il 10% delle risorse), ma si ispira a quanto dichiarato
nel 1996 nella conferenza di Cork: dare priorità a una nuova politica europea di sviluppo
rurale attraverso una politica multidisciplinare, intersettoriale e con un forte taglio
territoriale.
Perché lo sviluppo rurale è importante e perché la Pac dovrebbe sostenerlo molto di più?
Semplicemente perché l’agricoltura europea è caratterizzata dalla piccola dimensione,
dalle famiglie contadine che vivono in campagna. Il Vertice europeo dei capi di stato e di
governo del 1997, in Lussemburgo riconobbe questa caratteristica determinante
dell’agricoltura europea. Va anche considerato, cosa che viene sistematicamente
ignorata, che oltre la metà della popolazione europea vive in aree rurali e che pertanto
l’agricoltura ha un ruolo decisivo nel mantenere “vive” queste aree.
L’attuale Pac invece, allineata alla filosofia dell’AoA, rimane uno strumento che prevede
un modello di agricoltura che nega questa realtà e che favorisce la fine delle aziende
familiari.
Cos’è la politica di sviluppo rurale
E’ una politica a favore del mondo rurale. In Europa l’agricoltura non è più la spina
dorsale economica di queste aree ma rimane fondamentale nella gestione del territorio e
delle risorse naturali.
Favorire una agricoltura che protegge l’ambiente e produce alimenti sani e di qualità
significa evitare lo spopolamento di queste aree e l’aumento della concentrazione urbana;
significa contribuire a migliorare la qualità della vita e a preservare l’ambiente per le
future generazioni.
Pertanto le politiche di sviluppo rurale sostengono l’agricoltura considerando il suo
carattere “multifunzionale” e incoraggiando forme alternative di reddito non direttamente
legate alla produzione.
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La nuova PAC in pillole
La riforma Fischler è stata approvata dal Consiglio dei ministri europei dell’agricoltura il 26 giugno 2003.
Tra ottobre 2003 ed aprile 2004 sono usciti i vari regolamenti3.
Sono 4 i punti fondamentali della nuova PAC:
1. Disaccoppiamento
2. Modulazione
3. Condizionalità
4. Nuove misure di sviluppo rurale
L’elemento cardine: il disaccoppiamento
La maggioranza degli aiuti diretti della “vecchia” Pac sono sostituiti da un Pagamento unico (PU) per
azienda, disaccoppiato stabilito in base alla media la media degli aiuti ricevuti nel triennio 2000-02) e alla
media delle superfici investite nel triennio 2000-02 a seminativi o a pascolo,
Poiché l’aiuto è disaccoppiato, e definito una volta per tutte, l’agricoltore non sarà più vincolato alle
colture a cui l’aiuto era legato in passato e potrà coltivare ciò che vuole, (salvo colture permanenti e
ortofrutta)
La modulazione
La Modulazione è una riduzione lineare degli aiuti della Pac il cui gettito, tuttavia, rimane al settore
agricolo, perché finanzia nuove misure di sviluppo rurale destinate ad agricoltori e allevatori, rafforzando
il cosiddetto II pilastro.
Le principali misure di mercato
Cereali: prezzo d’intervento inalterato
Grano duro: riduzione graduale e disaccoppiamento del premio speciale, da 344 a 285 euro per ha, ed
introduzione di un premio (accoppiato) alla qualità di 40 euro per ha
Riso: riduzione prezzo d’intervento a 150 euro/t; con aiuti compensativi in parte disaccoppiati e in parte
accoppiati;
Latte: riduzione graduale dei prezzi d’intervento di burro e latte in polvere, con pagamenti compensativi
dal 2004 (disaccoppiati a partire dal 2007, salvo anticipo deciso a livello nazionale); tetti decrescenti nel
tempo agli acquisti di burro delle agenzie d’intervento
Carni: nessuna modifica, ma tutti gli aiuti alla zootecnia rientrano nel regime di aiuto unico disaccoppiato
Foraggi essiccati: aiuto ripartito tra produttori e trasformatori. Ai primi va un pagamento disaccoppiato su
base storica, ai secondi un aiuto accoppiato (33 euro/t)
Frutta in guscio: aiuto accoppiato di 120,75 euro/ha con possibilità di raddoppiarlo su fondi nazionali
Colture energetiche: aiuto accoppiato di 45 euro/ha, subordinato ad un contratto con l’industria
Colture proteiche: aiuto accoppiato di 55,57 euro/ha
La condizionalità
La condizionalità è il principio in base al quale il diritto all’aiuto è condizionato al rispetto di parametri
ambientali
Sviluppo rurale
Finalmente, si mette in pratica la vecchia idea (conferenza di Cork 1996) di potenziare il II pilastro della
PAC
– Nuove misure per qualità, adeguamento a nuovi standard, benessere degli animali, consulenza
aziendale (audit)
– e più risorse finanziarie: 1,2 miliardi di euro all’anno a livello UE, prelevate dal I pilastro con la
modulazione
La riforma delle OCM mediterranee
Il 22 Aprile 2004 è stata approvata la riforma delle OCM mediterranee
Sia per olio d’oliva che per tabacco si è applicato il principio del disaccoppiamento parziale senza
applicare alcun taglio di bilancio alle attuali dotazioni finanziarie.
Dotazione finanziaria
Fino al 2013 Fischler ha ottenuto che la spesa per la PAC rimanga immutata.
Fonte: Fabrizio De Filippis (Università degli studi Roma Tre), Seminario della Regione Piemonte su L’Attuazione della
riforma della PAC Torino – 13-14 Gennaio 2005
3
– Il cosiddetto Regolamento orizzontale (1782/2003), con le successive integrazioni (2237/03, 795/04 e 796/04)
– Un Regolamento sullo sviluppo rurale (1783/03) e vari Regolamenti riguardanti le OCM riformate.
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L’agricoltura in Italia
L’agricoltura italiana impiega circa il 4,9% degli
occupati
(vedi
tabella)
ed
è
svolta
principalmente da piccole aziende. L’ultimo
censimento nazionale del 2000 rileva che:
“…La distribuzione delle aziende e delle relative superfici per
classi di estensione mostra come nel settore agricolo risulti
ancora massiccia la presenza di micro-aziende o di aziende
nelle quali la SAU ricopre una parte esigua della superficie
totale aziendale…. Se si considerano le aziende con SAU fino a
5 ettari, le quota relative crescono all’80% circa delle aziende,
ma soltanto al 19% circa della superficie e della SAU. In
numero contenuto sono, invece, le aziende con almeno 20 ettari
che tuttavia, pur rappresentando solo il 4,6% del totale,
coprono il 55,3% della superficie totale e il 54,8% della
SAU…”
(5°
CENSIMENTO
GENERALE
DELL’AGRICOLTURA, 2000 - ISTAT)
Cioè, più dell’80% delle aziende agricole italiane
hanno una superficie agricola di meno di 5
ettari ma coltivano meno del 20% del totale
delle terre coltivate in Italia.
Le aziende che dispongono di oltre 20 ettari
sono meno del 5% ma controllano quasi il 60%
della superficie agricola
Nelle zone del “..Nord-ovest la superficie
agricola utilizzata delle aziende con almeno 20
ettari è ormai pari al 69,5% del totale”(ISTAT,
idem), a significare un ampliamento della
dimensione aziendale pur restando l’assoluta predominanza di una struttura produttiva
di dimensioni aziendali limitate.
“…Continuano a prevalere ampiamente, nel 2000, le aziende a conduzione diretta del coltivatore
e, tra queste, quelle condotte con manodopera esclusivamente familiare. Nel complesso, si tratta di
2.457.960 aziende, pari al 94,7% del totale, di cui 2.108.005 che utilizzano solo manodopera
familiare (81,3% del totale)..” (ISTAT, idem)
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Nel 2003, per il quarto anno consecutivo, l’agricoltura italiana ha fatto registrare un
pesante calo sia della produzione (-4,7%) sia del valore aggiunto (-5,7%)4.
A livello di singoli settori produttivi, le flessioni più rilevanti hanno interessato, tra gli
altri, i comparti delle colture industriali e dei seminativi.
In particolare, i risultati fortemente negativi registrati per alcune produzioni, come il
frumento tenero e la soia nelle Regioni settentrionali (–25% per entrambe le colture) ed il
girasole nelle tradizionali aree produttive del centro Italia (-35%), inducono una qualche
riflessione, nella prospettiva della recente riforma della Pac.
La Pac sta infatti vivendo la fase finale della sua parabola storica, andando, di fatto, a
trasformarsi in qualcosa di molto simile a ciò che, in origine, ne rappresentava l’antitesi.
E’ utile ricordare che, nel 1955, una delle motivazioni usata dal Regno Unito, quale
pretesto per abbandonare i lavori della Conferenza di Messina5 fu quella che i sei futuri
membri della CEE intendevano istituire una politica agricola comune opposta al proprio
sistema che era basato sulla concessione di un aiuto al reddito degli agricoltori
(deficiency payments), senza alcun intervento a sostegno dei prezzi. Oggi, attraverso il
disaccoppiamento, la nuova Pac si allinea alle richieste inglesi di cinquant’anni fa.
La nuova Pac non si limita a modificare singoli regimi di aiuto (cereali, zucchero
eccetera), ma muta il quadro di riferimento rispetto al quale l’agricoltura si troverà ad
operare nei prossimi anni.
Con l’adozione del disaccoppiamento totale, le coltivazioni di frumento e di oleaginose
potranno avere contrazioni produttive che, a seconda dei casi, sono stimate fino al 3035% per il frumento tenero e duro e, fino al 75-80% per la soia ed il girasole perché la
filosofia di fondo della nuova Pac è che, per i settori interessati dalla riforma, conviene di
più acquistare sul mercato internazionale che coltivare.
Tale filosofia, di certo coerente con gli interessi dei grandi Paesi esportatori, lo è un pò
meno con quelli di coloro che non hanno grandi possibilità di competere sul piano dei
costi di produzione e che la nuova Pac, tenderebbe, non tanto ad orientare al mercato,
quanto a spingere fuori mercato.
Quali saranno le conseguenze per l’agricoltura italiana di una forte contrazione delle
produzioni dei seminativi sulle economie locali, sull’ambiente, sul paesaggio e sulla
delocalizzazione delle attività derivate?
Quali saranno le conseguenze sul fronte della distribuzione delle terre coltivabili? Già vi è
la tendenza marcata di creare posizioni di rendita legate al possesso del bene terra.
Dall’applicazione del disaccoppiamento totale, si registreranno nuovi significativi aumenti
del valore della terra stimabili, in media, nell’ordine del 15-20%, di conseguenza il
mercato fondiario sarà ancora più rigido e sarà ancora più difficile avere accesso a terre
da coltivare per i giovani che volessero dedicarsi all’agricoltura.
E’ questo uno dei motivi di contestazione della nuova Pac anche se il futuro
dell’agricoltura italiana dipende anche dal tipo di politiche nazionali e regionali future.
BOX: sostegno agricolo
Attualmente il sostegno pubblico complessivo all’agricoltura è di assoluto rilievo ed ammonta a
circa 18 miliardi di euro, pari al 58,5% del valore aggiunto del settore. Tale sostegno è
costituito per il 65,1% da trasferimenti diretti e per la restante parte (34,9%) da agevolazioni
fiscali, contributive e tariffarie. Tra i trasferimenti, la quota più rilevante è costituita dai
pagamenti di AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, si tratta dei sostegni della PAC)
(32,6%) e dagli interventi regionali (24,8%); assai ridotto l’apporto recato attraverso le
erogazioni del Ministero delle politiche agricole e forestali (3,5%). Tra le agevolazioni pesano,
soprattutto, quelle previdenziali e contributive (16,1%) e quelle sui carburanti (8,7%).
4
Questa sezione è ricavata dal “Rapporto sullo stato dell’agricoltura italiana”, edito nel settembre 2004 dall’Istituto
Nazionale di Economia Agraria (INEA).
5
La conferenza a Messina si svolse nel giugno 1955, vi parteciparono i ministri degli Esteri dei sei paesi fondatori e
decisero di estendere l'integrazione europea a tutta l'economia.
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La composizione del sostegno agricoltura italiana (media 1998-2002)
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GLI AIUTI DELLA PAC All’Italia6
Solo il 55% delle aziende agricole italiane, in media, ricevono gli aiuti diretti, di queste
l’1,1 % riceve il 28% del totale degli aiuti PAC distribuiti in Italia, mentre il 71,7%
delle aziende riceve solo l’11,7% degli aiuti comunitari. (dati 2000). Il 10% delle aziende
riceve quasi 66% degli aiuti diretti. Per le aziende che ricevono più di 75.000€ di
sostegno, questo rappresenta oltre il 60% del reddito aziendale, per quelle che ricevono
meno di 2.500 € all’anno, il sostegno rappresenta meno del 4% del reddito aziendale. Ed
è ingiusta anche la ripartizione regionale di tale aiuti.
14,7
Puglia
8,9
Veneto
7,4
Lombardia
9,6
13,4
7,4
Campania
8,6
6,8
6,9
Sicilia
12,6
8,5
6,8
Calabria
8,3
4
6,5
3,2
7,7
Toscana
5,9
4,5
4,3
Emilia Romagna
5,8
3,9
Umbria
1,8
11,9
4,2
2,8
Marche
4,1
3,5
2,7
4
Lazio
5,4
Sardegna
3,2
3,3
3,2
Basilicata
1,6
Friuli Venezia Giulia
1,7
0,8
0,2
Liguria
0,1
Trentino Alto Adige
0
0,4
1
3,7
2
2,5
1,6
Molise
6,4
3,8
2,5
2
Abruzzo
Valle d'Aosta
10,2
3,1
Piemonte
18,8
10,6
2
4,9
Quota sostegno percepito
Aziende beneficiarie
1,7
2,3
0,1
0,2
Contributo su prod. agr. nazionale
(Fonte : INEA su dati AGEA - 2000 )
Al Sud dove si concentra oltre il 62% delle aziende che ricevono sostegni dalla PAC va
solo il 46,4% dei soldi, al Nord dove sono collocate solo il 20,7% delle aziende che
ricevono premi PAC va il 35,4 % di tutti i soldi distribuiti dalla PAC, appunto.
Si dirà che il Nord contribuisce per il 49,3% alla produzione agricola nazionale ed il Sud
solo 36,4% di questa e quindi ha “diritto” a ricevere più soldi. Ma anche questo
ragionamento è errato poiché è proprio nel nord che si concentra l’agricoltura intensiva,
industrialista, specializzata che, scaricando tutti i costi ambientali sulla società intera,
ottiene una più alta produzione agricola (basta pensare che la metà dei maiali italiani
sono allevati in Lombardia, che quasi il 16 % di tutte le vacche da latte sono allevate in
Veneto, etc) e più soldi; soldi che però non hanno impedito che proprio in queste regioni
si registrasse la più alta sparizione di aziende, in particolare nel settore zootecnico dove
tra il 1990 ed il 2000 sono sparite quasi la metà delle aziende.
6
Tratta da “Sostegno europeo all’agricoltura: troppi soldi per chi?”, Antonio Onorati, presidente di CROCEVIA,
(23.06.05).
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Accesso al mercato? No grazie!
Valori percentuali
20,7
35,4
N o rd
49,3
Contributo alla prod. agr.
nazionale
Quota sostegno percepito
17,2
18,3
C e nt ro
Aziende beneficiarie
14,3
62,1
46,4
S ud
36,4
Italia
Aziende
Distribuzione percentuale aziende e aiuti percepiti
Aiuti
71,7
22,8
11,7
16,4
19,2
21
11,2
5,1
Fino a 1.291 euro
12,2
4,6
3
'1.291 - 5.165 euro
0,7
'5.165 - 10.329 euro
Aiuti
0,2
'10.329 - 25.823 euro
0,2
'25.823 - 51.646 euro
Aziende
'51.646 - 77.469 euro
Oltre 77.469 euro
Ci sono regioni in cui si concentrano i ricchi premi: in Umbria, grazie al tabacco, oltre il
50% delle aziende riceve un supporto annuo di oltre 51.000€, in Veneto il 30% , in
Toscana oltre il 26%, contro il modesto 13 della Puglia che pure è una grande regione
agricola.
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Accesso al mercato? No grazie!
L’agricoltura americana
Anche gli agricoltori americani sono in difficoltà. La crisi agricola attuale non è casuale
ma il risultato diretto di politiche di espansione della capacità produttiva che hanno fatto
finta di non capire che solo regolando questa capacità produttiva si possono risolvere i
problemi degli agricoltori.
Nel corso degli anni, in particolare dalla Farm Bill del 1996 in poi, gli amministratori
pubblici USA hanno cancellato i meccanismi posti a sostenere i prezzi e a regolare
l’offerta di mercato.
Il risultato è stato disastroso, la liberalizzazione ha fatto cadere i prezzi e per compensare
il reddito degli agricoltori la legge agricola del 2002 ha dovuto aumentare massicciamente
i pagamenti diretti.
Il numero degli agricoltori USA
raggiunse il suo picco negli anni
’20 toccando la cifra di circa 6
milioni e mezzo. Oggi sono scesi
sotto
i
due
milioni.
Anche
l’estensione coltivata è diminuita,
passando dagli 1,16 miliardi di
acri degli anni ’50 ai 932 milioni.
La dimensione media di una
fattoria è invece aumentata da 148
a 487 acri per azienda.
Il 90% degli agricoltori americani
sono piccoli agricoltori e coltivano
due terzi della terra producendo il
33% dell’output agricolo.
Gli altri due terzi sono forniti dai
grossi produttori col 32% della
terra coltivata.
Le grandi fattorie, cioè il 10% degli agricoltori, ricevono il 47% dei sussidi.
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Accesso al mercato? No grazie!
Il 74% della terra coltivata è dedicata a otto colture: mais, soia, frumento, sorgo, orzo,
avena, cotone e riso e su questi prodotti si riversa il 70/80% dei pagamenti governativi
USA.
Relativamente al fenomeno della concentrazione dei sussidi americani, dal 1995 al 2003
il 72% dei pagamenti del ministero dell’agricoltura americano si sono concentrati su dieci
imprese.
La Farm Bill 2002
La Farm Bill 2002 venne approvata l’anno
seguente al lancio del Doha Round e costituì
un segnale delle reali intenzioni degli USA.
Precedentemente infatti gli USA avevano
presentato una proposta negoziale in linea con
le richieste del gruppo di Cairns, con l’obiettivo
dichiarato
di
ridurre
significativamente
l’intervento governativo in agricoltura.
La legge invece ha una struttura decisamente
“interventista” ed aumenta in maniera rilevante
la spesa governativa.
96
Accesso al mercato? No grazie!
Come valvola di sicurezza, per mantenere compatibilità con le regole AoA, venne
concessa l’autorizzazione al Segretario all’agricoltura ad apportare aggiustamenti
straordinari alla spesa, previa relazione al Congresso, in caso di conflitto con i limiti
fissati in sede WTO.
Il sostegno alla produzione agricola USA è attuato mediante tre tipologie di intervento:
- i meccanismi di garanzia di prezzo (Marketing Assistance Loans o Marketing Loan
Deficiency Payments): gli agricoltori possono beneficiare di un prestito sulla
produzione e possono cedere la produzione stessa allo stoccaggio pubblico ad un
controvalore che rappresenta, di fatto, un prezzo minimo garantito.
Se, al momento di (eventualmente) rimborsare la somma allo Stato, il prezzo di
mercato del prodotto è cresciuto al di sopra del prezzo minimo garantito (maggiorato
con il tasso di interesse), l’agricoltore avrà ogni convenienza a restituire il prestito
vendendo sul mercato il prodotto stoccato e guadagnando la differenza. Se, viceversa,
in quel momento il prezzo di mercato del prodotto fosse inferiore, l’agricoltore potrà
optare per la restituzione dell’aiuto ricevuto a un tasso addirittura negativo, (calcolato
giornalmente dal Dipartimento; per alcuni prodotti il calcolo è settimanale), ottenendo
comunque un guadagno.7
- i “pagamenti diretti fissi” ( DP ): gli agricoltori ricevono aiuti compensativi diretti
senza l’obbligo di realizzare alcuna produzione né di adottare misure di set-aside
(ovvero il riposo forzato terreni) . I DP sostituiscono i PFC della farm bill del 1996, ne
mantengono la flessibilità nella scelta delle produzioni ma consentono ai produttori di
aggiornare al triennio 1998-2001 la superficie di base da utilizzare nel calcolo dei
pagamenti;
La legislazione nordamericana contempla, poi, degli aiuti sostanzialmente
disaccoppiati, i pagamenti diretti (basati su estensioni storiche) e altre forme di aiuto
giudicate disaccoppiate, perché basate su estensioni e rese storiche, e svincolate dalla
produzione corrente.
- “pagamenti integrativi anticiclici” ( counter-cyclical payments ): gli agricoltori ricevono
aiuti compensativi diretti in funzione delle superfici coltivate e delle rese produttive
delle annate precedenti che colmano le differenze fra un valore A (il più alto fra il
prezzo minimo garantito e il prezzo medio stagionale, integrato con l’aiuto diretto), e
un valore B (il target price, o prezzo-obiettivo) fissato dal legislatore.
Gli agricoltori ricevono tali pagamenti anticiclici anche se non coltivano più tali
prodotti. Tali pagamenti, pur essendo disaccoppiati dalla produzione, sono accoppiati
alle fluttuazioni dei prezzi e riducono la variabilità dei redditi agricoli
In linea di principio, però, è difficile sostenere che si tratti di misure disaccoppiate,
poiché – quand’anche il prezzo-obiettivo fosse fissato sulla base di un dato storico – è
il meccanismo in sé che è destinato a funzionare quando il prezzo medio stagionale
non è remunerativo: dunque, un collegamento al prezzo esiste.
Si aggiungano alla lista i sussidi governativi federali al pagamento delle polizze che
proteggono contro le rese inferiori alla media, già previsti dal Farm Bill 1995, e
incrementati notevolmente (con lo stanziamento di 8,2 miliardi di dollari)
dall’Agricultural Risk Protection Act of 2000 (ARPA), fino all’annata agraria 2005-2006.
7
Tratto da: IL REGOLAMENTO 1782/2003 E LE NORME DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL
COMMERCIO (OMC/WTO), Paolo Borghi - Straordinario di Diritto agrario, Università di Ferrara.
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Accesso al mercato? No grazie!
Glossario
Accesso al mercato: si tratta di uno dei tre pilastri dell’accordo agricolo ed esprime il grado
di apertura di un paese alle importazioni estere. Dipende dalle tariffe doganali applicate e
dalle misure non tariffarie (quote, regolamenti eccetera).
Accordi di Partenariato Economico Regionale (Economic Partnership Agreements EPAs):
Accordi di libero scambio che i 25 Paesi dell’Unione Europea stanno negoziando con i Paesi
dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. La decisione di trasformare le preferenze commerciali
che legavano questi paesi all’Unione Europea in accordi di libero scambio è stata presa nella
seconda decade degli anni ’90, allo scadere della IV Convenzione di Lomé. Le trattative sono
iniziate il 27 settembre 2002 e la prima fase, che ha coinvolto tutti i paesi ACP e l’Unione
Europea, si è conclusa in occasione dell’incontro ministeriale del 2 ottobre 2003 con una
dichiarazione congiunta e un rapporto contenente riferimenti e linee guida per la fase
successiva dei negoziati, quella a livello regionale.
Sono stati infatti definiti sei tavoli regionali, uno per ognuno dei seguenti gruppi di Paesi:
Africa Centrale; Africa Occidentale; Africa Sudorientale; Comunità di Sviluppo Sud Africana
– SADC; Caraibi; Pacifico.
In totale il processo coinvolge ben 75 Paesi a cui si aggiunge il Sud Africa come osservatore.
Accordo Sanitario e Fitosanitario (Agreement on Sanitary and Phitosanitary Measures
SPS): accordo correlato a quello agricolo che regola le norme sulla salubrità dei cibi che
mangiamo e sulla salute di animali e piante.
Acp (African, Caribbean and Pacific Group of States): acronimo che indica un gruppo di
70 paesi di Africa, Caraibi e Pacifico, in gran parte ex colonie, che godono di relazioni
commerciali preferenziali con l’Unione Europea.
Aspetti non commerciali (Non-trade concerns): termine citato nell’articolo 20 dell’Accordo
sull’agricoltura del 1994, dove si afferma esplicitamente che il proseguimento del processo
di liberalizzazione degli scambi dovrà tenere conto anche di aspetti non prettamente
commerciali, quali la sicurezza alimentare, la protezione dell’ambiente, lo sviluppo rurale e
la riduzione della povertà.
Barriere non tariffarie: insieme di tutte le misure di protezione alla frontiera, diverse dalle
tariffe. Lo sono ad esempio le restrizioni quantitative o in regole che limitano la quantità di
rpodotto importabile, i sistemi di licenza all’import, prerequisiti, sistemi di etichettatura,
procedure di valutazione della conformità del prodotto, standard sui metodi di produzione.
Clausola del trattamento nazionale: è uno dei principi fondanti il sistema del commerciale
multilaterale. Afferma che i prodotti importati e quelli locali devono ricevere lo stesso
trattamento.
E’ presente in tutti gli accordi WTO.
Clausola della nazione più favorita: è l’altro principio di base del WTO. Questa clausola
garantisce che “tutti i vantaggi, benefici, privilegi o immunità accordati da una parte
contraente ad un prodotto originario o destinato a qualsiasi altro paese saranno,
immediatamente e senza condizioni, estesi a tutti i prodotti similari o destinati al territorio
di tutte le altre parti contraenti” (art. I, Gatt). In altre parole stabilisce che tutti i fornitori
esteri siano trattati allo stesso modo.
Clausola de minimis: clausola definita nell’articolo 6.4 dell’AoA che esenta dal calcolo della
scatola gialla (ovvero dal MAS o AMS) una certa quantità di sussidi.
E’ una deroga al principio di riduzione del sostegno interno previsto dall’Accordo
sull’agricoltura. Permette che un importo erogato in sussidi non sia conteggiato nella Mas se
non supera in valore il 5% del valore della produzione agricola di quel prodotto; oppure, nel
caso in cui il sostegno non sia riferito ad alcun specifico prodotto, se il suo valore è inferiore
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al 5% del valore della produzione agricola totale di un paese. Per i Pvs la percentuale è
doppia, pari al 10%.
Clausola di pace: si riferisce all’articolo 13 dell’Accordo sull’agricoltura che stabilisce che a
partire dal 1° gennaio 1995, per nove anni non sia possibile sostenere dispute relative alla
materia agricola anche se non conformi alle regole generali Wto.
Dumping: operazione commerciale con cui un’impresa vende all’estero i propri prodotti ad
un prezzo inferiore a quello praticato sul mercato nazionale. Tale pratica è resa possibile
dalla compensazione attuata dai sussidi erogati dal governo di appartenenza.
Eba (Everything But Arms): iniziativa unilaterale dell’Unione Europea che ha eliminato
tasse doganali e limiti quantitativi sulle importazioni provenienti dai paesi più poveri del
pianeta (i 49 paesi meno sviluppati PMS). Tutte, eccetto le armi, il riso, lo zucchero e le
banane; per questi ultimi tre prodotti occorrerà attendere il 2006/2009 essendo prodotti
“sensibili” per noi europei.
Fast Track Authority (attualmente chiamata Trade Promotion Authority): Delega
approvata dal Congresso degli Stati Uniti al presidente federale per negoziare e sottoscrivere
accordi commerciali internazionali.
La successiva ratifica da parte del Parlamento non potrà prevedere emendamenti, pertanto il
Congresso dovrà limitarsi ad approvare interamente o rifiutare in toto l’accordo.
Risulta molto importante poiché senza di essa l’autorevolezza negoziale degli Stati Uniti
risulta indebolita in sede WTO e difficilmente qualsiasi accordo sarebbe approvato senza
modifiche dal Congresso senza Fast Track.
Formula svizzera: formula di riduzione tariffaria che si propone oltre che di abbassarne il
livello, di ridurne la variabilità armonizzando la struttura tariffaria. Il suo effetto è ri ridurre
maggiormente le tariffe elevate rispetto a quelle di valore inferiore.
Gats (General Agreement on Trade in Services): acronimo inglese dell’Accordo generale
sul commercio dei servizi siglato nel corso dell’Uruguay round. Il Gats è il primo accordo
multilaterale in questa tipologia di commercio.
Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade): acronimo inglese dell’Accordo generale
sulle tariffe e sul commercio, firmato a Ginevra nel 1947 ed aggiornato durante l’Uruguay
round; La versione del ’47 è rimasta in vigore fino al 1994 ed ha avuto come principale
obiettivo la costante e progressiva riduzione dei dazi doganali sulle merci.
Il termine oltre che all’accordo indica l’organizzazione che lo ha gestito sino al 1 gennaio
1995, data di nascita dell’Organizzazione mondiale del commercio.
Imprese commerciali di stato (State Trading Enterprises, Ste): imprese commerciali di
stato autorizzate a commercializzare alcune tipologie di prodotti. La maggior parte di quelle
esistenti riguardano prodotti agricoli: grano, cereali, prodotti lattiero-caseari, alcolici, carne,
zucchero, tabacco, patate, lana, frutta, uova. Alcune costituiscono per le derrate di
riferimento delle forme di monopolio.
Le imprese commerciali di stato (Ste) hanno un ruolo di rilievo nelle esportazioni mondiali di
alcuni prodotti agricoli: le Ste di Canada (Canadian Wheat Board) e Australia (Australian
Wheat Board) gestiscono, nel complesso, il 27% delle esportazioni mondiali di grano e hanno
diritti esclusivi di vendita sui mercati esteri; detengono, cioè, il monopolio delle esportazioni
dal proprio paese. Nel settore lattiero-caseario, l’impresa di stato della Nuova Zelanda (New
Zealand Dairy Board) detiene il 7% delle esportazioni mondiali e, per lo zucchero,
un’impresa di stato dell’Australia (Queensland Sugar Corp) controlla l’8% delle esportazioni
mondiali (Young, Abbott e Leetma 2001). In molti casi, alle Ste è affidato anche il compito di
gestire le vendite sul mercato interno, ovvero di applicare le politiche agrarie nazionali,
conferendo loro, in questo modo, ciò che nella letteratura anglosassone viene chiamato lo
status di single-desk nella gestione sia del mercato interno che delle esportazioni.
LDCs (o Pma): acronimo inglese per indicare i 50 Least developed countries o Paesi meno
avanzati (Pma) che fanno parte di una lista delle Nazioni Unite.
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Accesso al mercato? No grazie!
Tale
lista
è
consultabile
a
questo
indirizzo:
http://www.un.org/specialrep/ohrlls/ldc/list.htm
Mas (Misura aggregata di sostegno o Aggregated Measurement of Support AMS):
indicatore che misura il sostegno complessivo concesso da un determinato paese al settore
agricolo, attraverso le politiche previste dalla scatola gialla.
Multifunzionalità: termine che fa riferimento alle numerose funzioni che svolge
l’agricoltura, oltre alla produzione di alimenti e fibre, quali la salvaguardia dell’ambiente, il
sostegno all’occupazione, il mantenimento di attività economiche nelle zone a basso
insediamento, lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare.
E’ particolarmente sostenuto dall’Europa e dal gruppo G10.
Ocse (o Ocde o Oecd): Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, fondata
nel 1961 al fine di promuovere la crescita economica e l’occupazione, migliorare lo standard
di vita e la stabilità finanziaria, assistere la crescita economica dei paesi membri e dei Pvs
non membri, espandere il commercio mondiale. I paesi membri sono: Australia, Austria,
Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Lussemburgo, Messico, Olanda, Nuova
Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito e
Stati Uniti.
Organo per la risoluzione delle dispute (Dispute Settlement Body, Dsb): Una
caratteristica fondamentale distingue gli accordi WTO da tutti gli altri accordi internazionali,
soprattutto da quelli firmati nelle sedi dell’ONU: si tratta di accordi che prevedono un
meccanismo di difesa dalle violazioni.
l’Organo deputato a dirimere le controversie tra paesi è il Consiglio generale Wto che nomina
un collegio giudicante (panel) ad hoc per ogni controversia. Inoltre esiste un Organo di
appello permanente (Appellate Body, Ab), al quale ciascun paese può ricorrere se non
condivide il rapporto predisposto dal panel.
Panel: collegio giudicante composto da tre esperti indipendenti, che viene nominato
dall’Organo per la risoluzione delle dispute al fine di esaminare la controversia ed emettere
un “verdetto”.
Picchi tariffari: dazi “proibitivi”, o comunque estremamente alti (generalmente la
definizione contempla quelli superiori al 100%) applicati su prodotti particolarmente
“sensibili”. Nei paesi sviluppati le tariffe sono normalmente considerate elevate al di sopra
del 15%.
Pvs: acronimo per indicare i Paesi in via di sviluppo.
Per alcuni stati, tra cui l'Italia, e per alcune organizzazioni internazionali i PVS sono quelli
elencati dalla lista formulata dal DAC (Development Assistance Committee), Commissione
dell'OCSE rivolta allo studio delle tematiche e problematiche relative allo sviluppo.
Altre organizzazioni hanno la loro definizione: la Banca Mondiale, ad esempio, utilizza
questo termine per riferirsi agli stati a basso e medio reddito pro capite, includendo in
questo modo anche i paesi dell'Europa orientale che nella lista DAC sono contenuti nella
seconda sezione.
In ambito WTO i i Pvs sono tali per autoselezione: si tratta, in genere, dei paesi dell’Africa,
Asia (escluso il Giappone), America Latina, Caraibi, Melanesia, Micronesia e Polinesia.
Politiche accoppiate: misure di sostegno i cui benefici sono legati, direttamente o
indirettamente, alla quantità prodotta o consumata di un determinato prodotto. Essendo
considerate distorsive degli scambi commerciali la loro applicazione è soggetta a vincoli.
Politiche disaccoppiate: misure che determinano un sostegno dei redditi dei produttori
agricoli non legato a quanto essi producono. Sono considerate legittime dal punto di vista
Wto e classificate all’interno della “scatola verde”.
Prodotti Speciali (Special Products): nuova categoria di prodotti definita nell’accordo di
luglio. IN base all’accordo nel corso degli attuali negoziati i PVS potranno definire un elenco
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Accesso al mercato? No grazie!
di prodotti che godranno di una certa flessibilità rispetto agli impegni di riduzione tariffaria.
Al momento non sono ancora stati concordati i termini di questa flessibilità.
Quote di importazione a tariffa ridotta (Qtr): sono state introdotte con l’Accordo
sull’agricoltura del 1994, per quei prodotti le cui importazioni costituivano (prima
dell’applicazione dell’AoA) meno del 3% del consumo interno del paese in modo da favorire le
importazioni.
Round negoziali: Sono i cicli di negoziati multilaterali realizzati sotto l’auspicio del Gatt e
poi della Wto, il cui proposito è di ridurre le tariffe e le altre barriere al commercio. I round
negoziali del Gatt sono stati quelli di Ginevra (1947), Annecy (1949), Torquay (1951),
Ginevra (1955-56), seguitidal dal Dillon round (1961-62), dal Kennedy round (1963-67), dal
Tokyo round (1973-79) e dall’Uruguay round (1986-1994). Dal 2001 è in corso il “Doha
round” del Wto.
Salvaguardia (Clausola speciale in materia agricola): clausola prevista dall’Accordo
sull’agricoltura che consente a un paese importatore di imporre dazi aggiuntivi nel caso in
cui si verifichi una riduzione dei prezzi all’importazione o un aumento delle quantità
importate al di là di soglie prefissate. Non si può applicare a tutti i prodotti ma solo a quelli
le cui restrizioni commerciali sono state convertite in tariffe sulla base dell’accordo del 1994.
Scatola blu (blue box): è il frutto di un compromesso euro-americano: contiene infatti
politiche che, sebbene determinino un sostegno in larga parte “accoppiato” alla produzione,
sono state esentate da impegni di riduzione.
Ha costituito il principale risultato dell’Accordo di Blair House del novembre 1992 tra Usa e
Ue, e coincide, in larga misura, con i pagamenti diretti alle imprese, introdotti dalla Ue nel
1992 con la riforma Mac Sharry, e con i pagamenti alle imprese sotto forma di integrazioni
di prezzo, esistenti in quegli anni negli Usa. L’introduzione della scatola blu ha
sostanzialmente consentito di porre al riparo da obblighi di riduzione una parte consistente
del sostegno concesso ai produttori agricoli di Usa e Ue.
Dal punto di vista tecnico, la blu box è definita dall’articolo 6.5 dell’accordo agricolo.
Scatola gialla (amber box): questa scatola contiene le misure di sostegno interno distorsive
degli scambi, il cui uso dovrebbe essere proibito in base alle regole generali del Wto ma che
si concordò di mantenere assoggettandole ad un obbligo di progressiva riduzione della
relativa spesa. Ricadono nella scatola gialla tutte le misure di sostegno interno di tipo
“accoppiato”, che determinano cioè un aumento della produzione e quindi, a seconda della
posizione commerciale netta del paese, una riduzione delle sue importazioni o un aumento
delle sue esportazioni.
Scatola rossa (red box): sulla base dell’analogia con il funzionamento di un semaforo, la
scatola rossa contiene le politiche il cui uso è proibito.
Scatola verde (green box): contiene le politiche esenti dagli impegni di riduzione del
sostegno, dal momento che si ritiene che esse non abbiano effetti distorsivi o abbiano effetti
distorsivi minimi sul commercio internazionale. Vi sono comprese le politiche di sostegno ai
redditi dei produttori agricoli non legati a quanto producono, cioè “disaccoppiato” dalla
quantità prodotta, modalità che, secondo i redattori dell’AoA, non induce alcun effetto sulle
esportazioni o sulle importazioni del paese.
Le politiche collocate in questa scatola sono pertanto considerate legittime e non esiste
alcun limite di spesa.
Single undertaking: si tratta del meccanismo che prevede che tutti gli accordi relativi ai
diversi temi dell’agenda negoziale siano sottoscritti nell’ambito di un unico maxi-accordo,
senza la possibilità, per i paesi membri Wto, di accettare solo alcuni di essi.
Sussidi alle esportazioni: Sussidi che mirano a coprire la differenza tra i prezzi interni e i
prezzi mondiali in modo da incoraggiare le esportazioni. Sono utilizzati prevalentemente
dall’Ue.
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Accesso al mercato? No grazie!
Esistono altre forme indirette di esportazione, utilizzate prevalentemente dagli Usa, come i
crediti agevolati alle esportazioni e alcune pratiche di aiuto alimentare.
Tariffa (dazio): tassa applicata da un paese sulle importazioni di un determinato
prodotto. Può essere espressa come un ammontare monetario per quantità
importata (dazio specifico) oppure come una percentuale del prezzo all’importazione
(dazio ad valorem).
Tariffe consolidate (bound rate): valori massimi delle tariffe concordati nel corso dei
negoziati e incorporati nei prospetti dei paesi firmatari degli accordi commerciali. Il
consolidamento sta ad indicare che tali tariffe non potranno essere innalzate se non dopo
aver ottenuto il consenso di tutti i paesi membri del Wto.
Tariff escalation: indica la maggiore protezione che i paesi industrializzati garantiscono ai
prodotti trasformati, attraverso l’imposizione di dazi meno elevati sulle materie prime,
rispetto a quelli che gravano sui prodotti trasformati.
Tarifficazione (tariffication): La tarifficazione è consistita nella sostituzione delle barriere
non tariffarie con “tariffe di base equivalenti”, cioè con tariffe di livello tale da generare, in
teoria, un volume di importazioni equivalente a quello del periodo base (anni ’86-’88). Per
barriere non tariffarie si intendono restrizioni quantitative sulle importazioni, prezzi minimi
all’importazione, limitazioni delle importazioni, anche attraverso sistemi di licenze,
regolazioni da parte di agenzie pubbliche e restrizioni volontarie delle importazioni.
Trattamento speciale e differenziato: il termine indica un orientamento di particolare
attenzione verso i paesi meno sviluppati di cui tutti gli accordi WTO dovrebbero tenere
conto.
All’interno dei vari accordi è referenziato in 124 articoli distinti che definiscono 160
prescrizioni su questo tema. Generalmente si tratta di concessione di tempi più lunghi per
l’applicazione delle clausole e di dichiarazioni di intenti non vincolanti.
Uruguay round: è stato il più grande round di negoziati commerciali multilaterali che si sia
mai svolto.
Le basi di questo ciclo di negoziati vennero definite nella Conferenza ministeriale di Ginevra,
nel 1982. Fu subito chiaro, però, che quello dell’ottavo ciclo di negoziati GATT non sarebbe
stato un percorso facile: l’agricoltura rappresentò il primo terreno di scontro e sarebbe
anche stato l’ultimo a essere risolto.
Il nome deriva dalla nazione che, il 20 settembre 1986, ospitò la Conferenza di avvio dei
lavori: Punta del Este in Uruguay.
La maratona delle trattative durò sette anni e mezzo, alternando momenti di euforia a
periodi di stasi, e coprì tutti i settori, dagli spazzolini da denti alle barche, dalla medicina al
settore bancario: sicuramente il più grande negoziato della storia. L’agenda prevedeva
praticamente ogni politica commerciale rimasta in sospeso, incluso il tema della proprietà
intellettuale.
L’Uruguay round ha determinato la nascita del Wto e degli accordi ad esso affidati.
Wto (World Trade Organization): ufficialmente nata il 1 gennaio 1995, l’Organizzazione
Mondiale del Commercio, qui indicata con la sigla originale WTO (World Trade
Organization), è il risultato del lungo ciclo di negoziati internazionali noti con il nome di
Uruguay Round.
Ad essa è affidata la responsabilità di gestire il sistema multilaterale di regole commerciali,
frutto di cinquant’anni di negoziati nell’ambito del GATT, l’Accordo Generale sulle Tariffe
doganali e il Commercio. Essa, inoltre, costituisce il forum votato a portare avanti il
processo dei negoziati per la liberalizzazione del commercio di merci e servizi, attraverso la
rimozione delle barriere istituite nel passato dai governi, e a sviluppare nuove regole per la
disciplina di tutti gli aspetti legati al commercio.
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