Oltre il Confine

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Oltre il Confine
Oltre il Confine
le nuove frontiere della riabilitazione
Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione
ONLUS
Anno XXI
Numero Speciale
Febbraio 2016
Oltre il Confine
le nuove frontiere della riabilitazione
Anno XXI - n. 1 - 2016
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Sommario
Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione
ONLUS
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RICERCA E LAVORO
L'IRIFOR prosegue il suo impegno per offrire ai disabili
visivi nuove opportunità di lavoro
Luciano Paschetta
Manager del terzo settore:
un corso per ciechi, ipovedenti e vedenti
Ambra Notari
Il Master in Educatore Tiflology Assistant
Stefano Iannaccone
Borse di studio Francesco Gatto: i vincitori
Carmen Morrone
Il perito fonico forense: dalla formazione al Manuale
Stefano Iannaccone (da Il Corriere dei Ciechi)
La professione di mediatore civile e commerciale
Emiliano Angelelli (da Il Corriere dei Ciechi)
Oltre il Confine
Le nuove frontiere della riabilitazione
Trimestrale dell’IRIFOR
Istituto per la Ricerca, la Formazione
e la riablitazione ONLUS
Iscritto al n. 101/1997 del Registro della Stampa
del Tribunale Civile di Roma
Anno XXI
Numero Speciale - Febbraio 2016
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e la Riabilitazione ONLUS
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L'IRIFOR prosegue il suo impegno
per offrire ai disabili visivi
nuove opportunità di lavoro
Luciano Paschetta
La sicurezza di trovare il posto di lavoro che
per anni è stata garantita ai giovani disabili visivi
dalle leggi sul collocamento obbligatorio, ha prodotto sulle nuove generazioni un effetto particolarmente negativo: la rinuncia a “mettersi in
gioco”.
Molto spesso ragazzi laureati, nonostante la
“dematerializzazione” conseguente all’applicazione delle nuove tecnologie ai sistemi gestionali
e nei processi operativi apra loro nuove ed interessanti prospettive di lavoro, anziché “mettersi
in gioco” e dimostrare a sé stessi ed agli altri
quali siano le possibilità di lavoro di un disabile
visivo cercando un impiego innovativo, magari
difficile da ottenere ma sicuramente più gratifi-
cante, restano mesi o anni nell’inattività, magari
ripiegando poi sul centralinismo.
Un simile atteggiamento rinunciatario è
assai grave: non solo perché ha “appiattito” i
non vedenti verso la professione di centralinista,
oggi tra l’altro diventata obsoleta, ma perché rischia di sviluppare nell’opinione pubblica, ma
anche tra gli stessi disabili visivi, la convinzione
che i non vedenti non possano affrontare attivamente l’inserimento lavorativo in situazioni diverse.
Per poterlo fare è necessario prima di tutto
che essi prendano consapevolezza dei profondi
cambiamenti avvenuti in questi ultimi vent’anni
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le nuove frontiere della riabilitazione
nell’organizzazione del mercato del lavoro, della
sua attuale dinamicità (oggi le modalità di lavoro
cambiano velocemente) e della nuova normativa
per le assunzioni obbligatorie. E’ questo
“nuovo” che, rendendo sempre meno accessibili
le professioni tipiche - centralinista, fisioterapista
ed insegnante per le quali sono previste forme
di collocamento protette (ma anch’esse profondamente mutate nella pratica quotidiana) -, a spaventare oggi i nostri giovani, a disorientarli, a
farli sentire inadeguati.
Per aiutarli ad uscire da questa situazione di
disagio, le indicazioni ci sono venute dalla storia
dell’inserimento al lavoro dei ciechi: i primi insegnanti, così come i primi centralinisti ed i primi
massoterapisti, si inserirono al lavoro non grazie
a leggi protettive, ma aiutati dall’Unione, grazie
alla loro capacità di accettare la sfida del mercato
del lavoro del tempo. E’ per merito di questi uomini che l’immagine del cieco è passata da quella
del “mendicante sui sagrati delle chiese” fino a
quella del “docente universitario”.
L’IRIFOR, in questi ultimi cinque anni,
preso atto dei cambiamenti, ha cercato di preparare i giovani a nuove opportunità di lavoro: lo
ha fatto formando i primi “tecnici dell’analisi e
della trascrizione di segnali fonici e di gestione
della perizia di trascrizione in ambito forense”,
preparando i primi disabili visivi alla professione
di “mediatore civile e commerciale”, e lo sta facendo con il Corso di Alta Formazione in “Responsabile di strutture del terzo settore” rivolto
ad un gruppo di giovani laureati con problemi
di vista.
Per questo ha sostenuto il lavoro degli amici
della Commissione OSI (Osservatorio Siti Internet) che, coordinati da una sviluppatrice esperta
della Suite applicativa ITSM Remedy di BMC,
ne ha verificato la reale accessibilità per renderla
fruibile ai disabili visivi. La Suite ITSM Remedy
è una piattaforma applicativa leader a livello
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mondiale nell’ambito dell’assistenza, implementa
le best practices ITIL versione 3 e si compone
di diversi moduli per gestire, tra gli altri, il processo di Service Desk per la Gestione delle segnalazioni di malfunzionamento e analisi dei
problemi.
In Italia è utilizzata da oltre quattrocento
aziende per potenziali mille posti di lavoro come
operatore di help desk o Contact Centre: un
operatore che offre assistenza ed ha il compito
di gestire le segnalazioni degli utenti interni o
esterni.
L’IRIFOR ha pronti i moduli formativi e di
aggiornamento sia per avviare a questa nuova
professione giovani esperti di informatica, sia
per riqualificare centralinisti in servizio.
Professionalità Avanzata, Ricerca e Integrazione), coordinato dalla prof.ssa Anna Capietto
e finalizzato in particolare a curare il passaggio
tra l’Università e il mondo del lavoro, nonché dei
risultati della ricerca IRIFOR/UNITO sull’accessibilità dei testi scolastici.
I giovani si “avvicineranno” al lavoro con
un mini-percorso di venti ore di potenziamento
operativo, nel corso del quale le diciassette persone coinvolte, con la guida dei ricercatori e di
alcuni tutor con disabilità visiva, prenderanno dimestichezza con i problemi di accessibilità e con
le modalità utili al loro possibile superamento.
Successivamente, verranno individuati otto corsisti che saranno inseriti con una “borsa lavoro”
in altrettante aziende, per uno “stage tutorizzato” di sei mesi, al termine del quale auspichiamo che almeno qualcuno di loro possa
essere assunto dall’impresa dove avrà svolto il tirocinio.
Attraverso questo nuovo progetto, l’IRIFOR – proseguendo nel proprio impegno alla
ricerca di nuove possibilità di lavoro per i giovani
con problemi di vista – vuole riuscire a definire
un “processo virtuoso” da standardizzare e diffondere, un modello che serva come strumento
per cercare idonee situazioni di lavoro sul proprio territorio; per definire le modalità di analisi
del software utilizzato e il suo possibile adattamento per renderlo accessibile; per individuare
quale sia la migliore formazione specifica necessaria a una persona con disabilità visiva che aspiri
al posto di lavoro; per rendere disponibile una
valida procedura di approccio con le aziende per
individuare le “situazioni di lavoro”, ai fini del
tirocinio, della gestione e del suo monitoraggio.
In buona sostanza, la messa a punto di un
processo capace di superare l’attuale “sperimentalismo a macchia di leopardo”, spesso improvvisato e improduttivo, in modo tale da
permettere l’avvio di una “sperimentazione
strutturata” sull’intero territorio nazionale, per
l’inserimento dei giovani con disabilità visiva in
nuove situazioni di lavoro.
L’attuale organizzazione del mercato del lavoro però, più che la ricerca di nuove professioni
cui poter avviare tante persone con disabilità visiva, richiede di individuare, all’interno delle varie
aziende e servizi, possibili “situazioni di lavoro”
in cui collocare la “persona giusta al posto giusto”, mentre la nuova modalità prevista dalla
Legge 183/14 (il cosiddetto Jobs Act), prevede
per il collocamento dei disabili la chiamata individuale generalizzata dei lavoratori.
Inoltre, se l’uso delle nuove tecnologie nei
diversi processi aziendali consente potenzialmente ai disabili visivi di svolgere con produttività e soddisfazione personale mansioni che in
passato erano loro precluse, è altresì vero che la
scarsa “cultura dell’accessibilità informatica”
rende di fatto inaccessibili i database e gli archivi
utilizzati, impedendone il collocamento.
Queste considerazioni hanno portato l’IRIFOR ad aprire un nuovo fronte di ricerca per
potenziare l’occupabilità dei disabili visivi ed ad
avviare una sperimentazione con diciassette giovani laureati con disabilità visiva individuati assieme all’Università di Torino e al Centro per
l’Impiego. La nuova sperimentazione si servirà
dell’esperienza che il Dipartimento di Matematica dell’Ateneo ha tratto dal progetto denominato DAPARI (Disabilità in Azienda,
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le nuove frontiere della riabilitazione
Manager del terzo settore:
un corso per ciechi, ipovedenti e vedenti
Legislazione, modelli dei welfare, gestione delle risorse umane,
fundraising, comunicazione e marketing sociale, contabilità,
210 ore in aula e 250 di stage per imparare a dirigere le strutture
del terzo settore. È il corso di alta formazione in “Responsabile
di strutture del terzo settore”.
Ambra Notari
gestione delle loro strutture, con lo scopo di far
crescere le strutture stesse”, spiega Roberta Paltrinieri, direttrice del Corso.
Requisiti per l’ammissione al corso, essere laureati, saper utilizzare i sistemi informatici, conoscere l’inglese, sapere comunicare ed essere
sufficientemente autonomi. Le domande pervenute sono state 48, 21 quelle accettate. Ragazze e
ragazzi ciechi, ipovedenti e vedenti tra i 24 e i 35
anni arrivati da tutta Italia. A ognuno di essi l’IRIFOR ha assegnato una borsa di studio che copre
per intero i costi relativi all’organizzazione dello
stesso da parte dell’Università, mentre l’Istituto dei
ciechi Francesco Cavazza, sede delle lezioni, ha
messo a disposizione borse di studio per gli studenti che, per seguire il corso, si sono dovuti trasferire. Tutti gli ammessi sono iscritti all’Unione
Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, alcuni già lavorano nelle strutture, altri hanno parenti ciechi.
“Obiettivo è offrire anche ai ragazzi ciechi o ipovedenti la possibilità di entrare nel mercato del lavoro ai più alti livelli dirigenziali – spiega Paltrinieri.
E noi, come Università di Bologna, siamo entusiasti di ospitare questa iniziativa. Il nostro Dipartimento di Sociologia è quello dove insegnò Achille
Ardigò: che altro aggiungere?”.
Formare manager, figure professionali di profilo dirigenziale per la gestione di strutture del terzo
settore, con particolare riferimento alle organizzazioni operanti nell’area della disabilità. Persone che
acquisiranno competenze organizzative e comunicative tarate sulle caratteristiche delle organizzazioni del terzo settore in generale e delle strutture
afferenti all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti in particolare. È questo l’obiettivo del
corso di alta formazione in “Responsabile di strutture del terzo settore” organizzato dal Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia,
Scuola di Scienze Politiche dell’Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna e dall’IRIFOR,
in collaborazione con l’Unione Italiana dei Ciechi
e degli Ipovedenti.
Tra gli alunni, anche Carmelo Gurrieri,
31enne ragusano laureato in giurisprudenza. Carmelo è cieco, e considera il corso di alta formazione in “Responsabile di strutture del terzo
settore” un’opportunità. “Sono felice che l’IRIFOR e l’Unione propongano nuove strade lavorative per i non vedenti: di solito dobbiamo
“Tutto nasce dall’esigenza dell’Unione di trovare figure idonee alle loro necessità, vale a dire alla
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accettare di fare i centralinisti o poco altro. In realtà,
possiamo dare e fare molto di più, qualcosa di
molto più qualificato”. Carmelo promuove le
prime settimane di lezione, “che permettono molti
collegamenti interdisciplinari e offrono numerosi
spunti di riflessione. Merito soprattutto dei docenti,
preparati e coinvolgenti, ma anche del gruppo di
lavoro. Se abbiamo, di base, caratteristiche comuni,
siamo molto eterogenei. Ma il punto di forza del
corso è anche questo: perché gli stimoli e gli input
arrivano non solo dal piano professionale, ma
anche da quello umano. Cosa chiedo al corso? Una
preparazione all’altezza del ruolo che spero un
giorno potrò ricoprire. E poi, vorrei ampliare le
mie conoscenze, e anche le mie amicizie”.
viaggiare, così ho ripreso a farlo: e ora eccomi qui”.
Come Carmelo, anche Salvatore alloggia all’Istituto
Cavazza: “È vero, abbiamo tutti formazioni diverse, ma questo è un pregio. Alcuni di noi hanno
nozioni che ad altri mancano, e la curiosità colma
questo gap”. Salvatore spiega che, attraverso il
corso, vorrebbe applicare a livello pratico la sua
formazione umanistica: “Sono qui per migliorare
le mie conoscenze, e se poi arriverà anche una possibilità di lavoro, meglio. Per adesso, desidero solo
trasformare e potenziare le competenze acquisite”.
In tutto, il corso propone 210 ore in aula, suddivise in 5 macro-aree. Legislazione, che indagherà
la normativa relativa al terzo settore e il suo ruolo
nel sistema di welfare; modelli di welfare, che approfondirà i diversi modelli e le possibili connessioni pubblico-privato; gestione delle risorse
umane, con un focus particolare al ruolo dei volontari all’interno dell’organizzazione; fundraising,
per approfondire le tecniche di raccolta fondi e le
modalità di applicazione ai bandi europei; comunicazione e marketing sociale, al cui interno saranno trattati i temi della comunicazione e del
marketing digitale, del marketing per il no profit e
il ruolo della comunicazione sociale;
contabilità/amministrazione, per imparare a leggere e predisporre un bilancio delle strutture di
terzo settore, redigere i registri contabili, redigere
un verbale.
In tutto, 7 settimane di lavoro, 5 giorni a settimana per 6 ore al giorno. Come anticipato, l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza ospiterà le
lezioni: “Palazzo Ercolani, sede del Dipartimento
di Sociologia, pur essendo accessibile alle persone
con disabilità motorie, non è accessibile a ciechi e
ipovedenti. Credo sia necessario interrogarsi su
questo punto”, ammette la direttrice. Una volta
concluso il corso – all’inizio di marzo – è previsto
un tirocinio di 250 ore preferibilmente presso una
struttura dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (nelle sedi di appartenenza). Poi, a ottobre,
una settimana di lavori per tracciare un bilancio
conclusivo e per presentare un elaborato finale
sull’esperienza dello stage.
L’obiettivo del corso è offrire una formazione
a 360 gradi sul terzo settore, con particolare attenzione al mondo della disabilità. “Partiremo dal capire cos’è esattamente l’Unione Italiana dei Ciechi
e degli Ipovedenti, qual è il suo statuto, quali le sue
forme giuridiche. I nostri ragazzi studieranno il
terzo settore, la legislazione che lo interessa, e conosceranno gli interlocutori sul territorio. Impareranno a leggere una busta paga, a fare un contratto
e a rapportarsi con i sindacati”, spiega Paltrinieri.
Vi saranno lezioni di politiche sociali, per capire
appieno il sistema entro cui si opera. “Si studieranno le diverse forme di welfare, i principi e i processi di sussidiarietà: i nostri docenti sono di
altissimo livello”, continua Paltrinieri.
“È esattamente quello che chiedo al corso –
spiega Salvatore Ferragina, 33enne di Catanzaro
laureato in Lettere. Da anni faccio attività associativa a livello culturale, ma vorrei conoscere meglio
questo mondo, in tutte le sue sfumature. Credo che
Bologna sia perfetta per questo. Purtroppo io
vengo da una zona in cui non ci sono le condizioni
per una formazione adeguata”. Salvatore è ipovedente, con un residuo visivo pari a 1/20: “Di
giorno ho una discreta visione, posso muovermi
da solo salvo situazioni particolari. Di notte, la mia
disabilità è invalidante. Ma dopo un periodo in cui
ho rinunciato a tanto, ho capito che io per primo
avrei dovuto ridurre molte barriere culturali. Amo
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Il Master in Educatore Tiflology Assistant
Stefano Iannaccone
zione sociale e l’integrazione in ogni ambito
della vita sociale e culturale”, come chiarisce la
premessa di presentazione del percorso di studi.
Ma quali sono i punti qualificanti? “Prima di
tutto l’Educatore Tiflology Assistant non è un
insegnante di sostegno bensì un educatore, un
formatore con competenze tiflologiche che si
integrano e si valorizzano con altre conoscenze”, mette in evidenza Marco Condidorio,
direttore dell’IRIFOR Molise e vera e propria
anima del Master. Dal punto di vista pratico c’è
un’evoluzione del ruolo dell’operatore tiflologico così come conosciuto fino a oggi. Entrando più nello specifico, l’Educatore
Tiflology Assistant è una figura che “coordina
le diverse attività rivolte al sostegno, alla formazione e all’aggiornamento, laddove necessario,
dei singoli componenti della famiglia: lo psicomotricista, il logopedista, l’assistente sociale, gli
insegnanti curriculari e per il sostegno, i professionisti dei diversi settori del sociale impiegati
nei servizi rivolti al terzo settore e alla società
civile tutta (gli OSA, gli OSS, gli Operatori turistici), a completamento di quel team tiflopsicopedagogico auspicato nelle più diverse
sedi deputate alla formazione universitaria e
professionale”, evidenziano i promotori del
Master. Una funzione di raccordo e allo stesso
tempo di propulsione.
Una nuova figura professionale, duttile e
trasversale, per offrire opportunità di lavoro in
grado di coprire alcuni vuoti nella formazione.
E non solo: perché l’intento principale è quello
di creare un professionista a 360 gradi capace
di interagire con uffici pubblici e aziende private. Il Master universitario in “Educatore Tiflology Assistant”, promosso dall’IRIFOR e
ospitato dall’Università degli Studi del Molise
(Unimol), diventa un punto di riferimento per
lo sviluppo dei diritti umani e sociali delle persone con disabilità visiva. Quando si parla di diritto sociale, infatti, bisogna tener conto del
vero e proprio dramma vissuto in determinati
casi. E questo problema può essere combattuto
solo con specifiche armi: la conoscenza e l’abilità in tanti ambiti che vanno oltre la tiflologia,
inclusi informatica e legge che pure sembrerebbero lontani.
Le competenze sono, per forza di cose,
molteplici: si va dalla giurisprudenza alla comunicazione, passando per l’orientamento e l’autonomia, fondamentale per l’inserimento
scolastico degli alunni disabili visivi. Grande
impiego di energie e di attenzione nel percorso
formativo viene posto sull’approccio con l’ambiente familiare e le figure genitoriali. “Abbiamo
pensato a un ruolo dinamico”, sottolinea Condidorio. “L’Educatore Tiflology Assistant - aggiunge nella sua spiegazione - deve possedere
varie abilità, dosate di volta in volta. Per come
lo immaginiamo, non è né un informatico o un
L’Unimol ha accolto l’iniziativa con grande
interesse, diventando l’apripista di un progetto
vasto, che così punta a realizzare “l’equipara-
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istruttore né un docente, ma deve poter unire
tutte queste competenze. Perché è soprattutto
qualcosa che nasce sul campo, dalle esperienze
dirette, non solo da ciò che viene appreso”.
Così, l’attività pratica di “impegno sul campo”
è fondamentale nel programma del Master. E
ne occupa la gran parte. “Il tirocinio, nelle sue
diverse configurazioni concrete, acquisisce un
ruolo determinante in quanto è lo spazio operativo principale per aumentare le competenze”, si legge nel documento di
presentazione. Questo consente di mettere in
contatto le sedi formative e quelle operative,
creando una reale forma di collaborazione e
una triangolazione di informazioni preziosa alla
luce della necessità di rispondere alle esigenze
reali delle persone.
Le sedi che hanno stipulato l’accordo per
accogliere i partecipanti al Master sono: l’Istituto “Martuscelli” di Napoli; il Centro regionale
S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi di
Roma; la Riserva naturale di Montedimezzo e
il Museo degli animali di Montedimezzo (IS); il
Museo Statale Tattile Omero di Ancona; il
Museo Anteros di Bologna, il Museo Braille
dell’Istituto dei Ciechi di Milano; l’Istituto
scientifico David Chiossone di Genova; le
scuole del territorio ove siano presenti uno o
più studenti in situazione di disabilità visiva. In
un quadro del genere a trarne benefici è la preparazione dello studente, che va ben oltre la
semplice acquisizione di nozioni. Emerge in
maniera abbastanza netta che la capacità di
adattamento e la versatilità siano due elementi
fondanti. Alla base c’è un ragionamento approfondito. “Dobbiamo tenere conto che l’Italia è
una realtà abbastanza complicata, non è nemmeno uniforme nelle economie”, ricorda Condidorio. In una realtà così sfaccettata, con
differenze forti da Regione a Regione, e talvolta
da Comune a Comune, non può esserci un modello unico calato dall’alto. “Sarebbe sbagliato
far propria una storia di successo e applicarla
altrove. È necessario adattarsi alle realtà territoriali, che hanno delle proprie specificità. Per
questo motivo credo che il tliflology assistant
possa essere una carta vincente”, insiste il Direttore dell’IRIFOR Molise. “Ma qualsiasi evoluzione non può prescindere dalla conoscenza
del Braille, adeguata a ogni singolo caso”.
La storia del Master è quella di un successo
che nasce grazie a una grande forza di volontà:
Condidorio ha promosso l’idea, ottenendo la
possibilità di visitare molti laboratori, da Bologna, a Osimo, passando per Roma. Poi il contatto con il Professor Luca Refrigeri, docente
di Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche Sociali e della
Formazione dell’Università degli studi del Molise, ha cambiato lo scenario. Il progetto è stato
infatti sottoposto al Senato accademico, ottenendone l’approvazione. “In quel momento mi
sono detto ‘Ce l’abbiamo fatta’, pur nella consapevolezza che eravamo solo all’inizio. Bisognava ampliare il discorso e far capire le nostre
intenzioni. Che partono da un principio: la tiflologia non è una branca della sanità”, evidenzia Condidorio.
Il Master in “Educatore Tiflology Assistant” si sviluppa in una durata annuale con 60
Cfu complessivi e un impegno di 1.500 ore, di
cui 150 dedicate alle lezioni frontali, 200 ai laboratori di tiflologia applicata, 50 ai seminari,
200 ai tirocini e 900 allo studio con la preparazione di project work. I moduli previsti sono cinque, alla fine dei quali c’è l’esame finale. Grazie
al sostegno dell’IRIFOR sono state messe a disposizione 25 borse di studio che hanno abbattuto la retta di un terzo (per quasi tutti): da
1.500 a 500 euro. Il totale di partecipanti è di
30 iscritti per consentire a tutti di avere un rapporto umano con i docenti, nell’ottica anche
della praticità che caratterizza il programma. Insomma, un cammino impegnativo. Che però
conduce a una svolta con un doppio binario: il
miglioramento nell’offerta dell’assistenza e la
creazione di figure professionali. Spendibili su
tutto il territorio nazionale, e con competenze
trasversali.
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Borse di studio Francesco Gatto: i vincitori
Carmen Morrone
dio: tre mila euro.
Melissa ha 26 anni, è di Lecce, dove vive.
Sta svolgendo il servizio civile in un’associazione impegnata nell’assistenza e nella tutela
delle persone con disabilità. Si è laureata in
scienze pedagogiche nel 2014 all’Università del
Salento.
«La mia tesi ha affrontato il tema della tecnologie per l’integrazione e la comunicazione,
le così dette TIC. In particolare la mia tesi si intitola “TIC e sviluppo del linguaggio nel bambino non vedente”. Si tratta di un lavoro di
ricerca con cui si dimostra quanto le TIC possano migliorare lo sviluppo del linguaggio dei
bambini con disabilità visiva. I bambini non vedenti, ad esempio, non possono leggere il labiale e quindi imitare a loro volta la pronuncia
della parola. Nella mia tesi ho cercato di tratteggiare il panorama delle TIC nelle strutture
formative italiane e in particolare nella formazione scolastica di base».
Quali sono i punti che hanno fatto scegliere
la sua tesi per il premio più importante?
«Per svolgere il lavoro di tesi ho attinto
molto alla letteratura del mondo anglosassone,
dove le TIC hanno una consolidata applicazione. Personalmente ho potuto svolgere un
periodo di tirocinio durante la laurea magistrale
all’Istituto dei ciechi “Anna Antonacci” di
Lecce dove ho conosciuto i diversi ausili tecnici
e tecnologici legati all’insegnamento del linguaggio. Per via di questa mia esperienza è nata
la mia tesi».
Come utilizzerà la borsa di studio di tre
mila euro?
«Sto valutando insieme ad alcuni colleghi la
possibilità di costituire una nuova realtà, come
ad esempio una cooperativa, per fornire servizi
al mondo della disabilità. Nel frattempo mi piacerebbe collaborare con l’IRIFOR».
Melissa Tondi, Antonella Semeraro, Lucio
Santamaria sono i vincitori delle tre borse di
studio in memoria di Francesco Gatto, docente
di pedagogia speciale e collaboratore dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
Il concorso, promosso dall’IRIFOR, ha lo
scopo di favorire l’approfondimento della pedagogia inclusiva. I tre giovani, infatti, sono laureati con una tesi di laurea magistrale in
Pedagogia speciale con particolare riferimento
all’inclusione scolastica dei disabili visivi. I tre
giovani sono stati premiati rispettivamente con
una borsa di studio di 3.000, 2.000 e 1.000 euro
che utilizzeranno per la loro formazione professionale, come raccontano nelle tre interviste
che seguono. La scelta dei vincitori è stata
svolta da una Commissione esaminatrice costituita dal Presidente nazionale dell’IRIFOR, da
due componenti nominati dal Consiglio di amministrazione dell’IRIFOR Centrale, scelti uno
tra i docenti ordinari di pedagogia speciale in
un ateneo italiano e l’altro fra gli esperti in
scienze tiflologiche.
Melissa Tondi. Ecco il suo punteggio:
voto di laurea: 10 (110 e Lode), livello di congruità: 10, livello di innovatività: 8. Totale:
28/30. Melissa ha vinto la prima borsa di stu-
Antonella Semerano. Ecco il suo punteggio: voto di laurea: 10 (110 e Lode), livello
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Lucio Santamaria. Ecco i suoi punteggi:
voto di laurea: 9 (108/110), livello di congruità: 8, livello di innovatività: 9. Totale:
26/30. Ha vinto la terza borsa di studio: mille
euro.
Lucio ha 31 anni, è di San Giovanni Rotondo, Foggia. Da oltre dieci anni vive a Padova dove ha svolto gli studi universitari.
Lucio è laureato in Scienze umane e pedagogiche all’università di Padova, la sua tesi riguarda “La qualità della vita universitaria delle
persone con disabilità”. Un lavoro che possiede il valore aggiunto dell’esperienza diretta,
avendo Lucio una disabilità motoria.
«La mia tesi ha voluto indagare la qualità
dell’accessibilità del sistema universitario che
si trova a Padova. Ho svolto questo lavoro realizzando delle interviste ad alcuni studenti che
hanno potuto verificare personalmente, nel
corso di questi ultimi anni, l’efficienza di alcuni servizi dell’ateneo, l’accessibilità delle
strutture, l’accoglienza nei collegi». «Ho chiesto inoltre quanto, in base alla loro esperienza,
i principali dettati normativi nazionali e internazionali come la Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità, siano applicati
nella vita di tutti i giorni».
E cosa hanno risposto?
«Che c’è ancora molto da fare. Molti passi
avanti sono stati fatti. Ma la cultura della inclusività è ancora lontana. Forse perché la diversità richiede un impegno mentale, ci si deve
interrogare e mettersi in gioco. Ci si deve sforzare a mettersi nei panni di altri. Confesso che
io stesso sino a qualche tempo fa non sapevo
come rapportarmi con le persone non vedenti.
Io che ho una disabilità vivevo con disagio
un’altra disabilità. Questo per dire che non ci
sono persone disabili e poi tutte le altre. Siamo
tutte persone. Disabili e non».
Cosa farai con la borsa di studio?
«La investirò nella mia formazione professionale. Sto cercando un lavoro e questo
tempo lo utilizzo per approfondire gli studi».
di congruità: 8, livello di innovatività: 9. Totale: 27/30. Antonella ha vinto la seconda
borsa di studio: due mila euro.
Antonella, 26, di Ostuni, per studio prima
e ora per lavoro, vive a Milano. Si è laureata in
Consulenza pedagogica per la disabilità all’Università Cattolica di Milano con la tesi “Integrazione universitaria degli studenti con
disabilità”. La tesi di Antonella raccoglie la sua
esperienza di collaboratrice dell’ufficio dell’Università Cattolica di Milano che si occupa
dell’accoglienza degli studenti con disabilità.
«Ho contribuito a creare il progetto “Mettiti nei miei panni”, dove studenti e professori
possono provare a vivere come una persona
non vedente oppure una persona che si muove
in carrozzina. Nel primo caso le persone
hanno gli occhi bendati e sono accompagnate
da una persona non vedente, nel secondo caso
sono fatte accomodare su di una carrozzina e
con questa si devono muovere. L’esperienza
consiste in una passeggiata nei chiostri dell’ateneo e nel consumare un caffè o un aperitivo al bar d’ateneo. L’iniziativa intende
avvicinare le persone cosi dette normodotate
a chi ha una disabilità attraverso la concreta
esperienza di piccoli gesti quotidiani. I riscontri dei partecipanti sono sempre stati molto
buoni. E ci motivano ad andare avanti».
Tutto questo è raccontato nella tua tesi?
«La tesi ha voluto raccogliere le buone
pratiche svolte negli atenei italiani e in maniera
approfondita si illustrano i progetti portati
avanti dall’Università Cattolica. La mia tesi
spero possa essere utile per migliorare i servizi
e per dare spunto all’ideazione di nuove iniziative per l’integrazione piena e concreta di
quanti vogliano seguire un corso o un percorso di studi all’Università Cattolica di Milano».
Come utilizzerà la borsa di studio?
«Per il momento la somma è congelata.
Vorrei, infatti, scegliere, un corso per migliorare le miei competenze. Ma sino a questo momento non l’ho ancora trovato».
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le nuove frontiere della riabilitazione
Il perito fonico forense:
dalla formazione al Manuale
Il "Manuale di Linguistica Forense", a cura del professor Romito,
raccoglie una lunga esperienza con persone non vedenti
e ipovedenti. E diventa uno strumento utile per cercare un lavoro.
Stefano Iannaccone (da Il Corriere dei Ciechi)
La parola intercettazione è entrata nel lessico comune associata alla polemica politica.
L'uso di questo metodo di investigazione, infatti, è finito sotto un diluvio di parole che però
ha finito per oscurare un aspetto importante: la
preparazione tecnica che occorre per farlo. Così
nasce l'idea del "Manuale di Linguistica Forense", edito da Bolzoni e curato dal professor
Luciano Romito. In 370 pagine sono stati condensati saperi ed esperienze di diverse estrazioni. Per fare le intercettazioni occorrono delle
competenze molto varie: non è affatto un semplice lavoro di registrazione e trascrizione,
come potrebbe inizialmente sembrare. Bisogna
prima di tutto conoscere bene la linguistica e la
psicologia, gli elementi chiave di una conversazione telefonica.
Ma bisogna anche essere preparati sugli
aspetti giuridici, dai principi costituzionali a
quelli del processo penale. Infine, è fondamentale la preparazione tecnica sulle intercettazioni,
come la riduzione del disturbo del suono, l'applicazione dei filtri e altro ancora. Il settore è
pertanto diventato così di grande interesse per
l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti,
che ha individuato possibili sbocchi lavorativi.
spettro di offerte lavorative ai non vedenti.
Luciano Paschetta, direttore centrale dell'IRIFOR: "La prima considerazione è importante: la linguistica forense, e quindi la
specializzazione relativa all'interpretazione delle
intercettazioni telefoniche e ambientali, è affidata a gente di buona volontà. Ma sinora c'è
stata poca specializzazione. Il sistema funziona
così: le intercettazioni, fatte dalla Polizia Giudiziaria e dai Carabinieri, vengono effettuate da
agenti preparati ad hoc. E sin qui tutto bene.
Ma, quando la cosa arriva al Tribunale e le intercettazioni devono essere utilizzate come
prove, il perito viene nominato dal giudice a sua
discrezione. In quel caso bisognerebbe affidarsi
a una persona esperta e fortemente qualificata.
Peccato, però, che le competenze non siano mai
state codificate nel nostro Paese. Per questo
motivo - prosegue il direttore centrale dell'IRIFOR - si sentiva il bisogno di fare una cosa del
genere".
Anche Paschetta concorda sulla particolare
attitudine dei non vedenti a svolgere questa
mansione: "Come dice il professor Romito la
parola nella comunicazione verbale vale il 9 per
cento. Tutto il resto del significato viene dato
da fattori che non sono semplicemente legati
alla pronuncia della parole. Ci sono elementi
come le pause e l'intonazione che conferiscono
senso al discorso. Insomma, esiste una serie di
linguaggi da conoscere e saper comprendere in
fase di intercettazione. Inoltre, c'è una parte riguardante l'analisi del suono e del segnale e, per
esempio, come si pulisce un suono per estrapolare il segnale principale".
Il lavoro ha tutte le caratteristiche per essere svolto da chi ha una particolare capacità di
riconoscere i suoni. Il primo passo delle intercettazioni è il riconoscimento delle identità
delle voci, pur tenendo presente un umano
margine di approssimazione. Appare necessario
avere una concentrazione massima. Siccome
esiste la possibilità di ascolto, così come esiste
la possibilità di trascrizione da parte della persona non vedente, il settore può ampliare lo
Il manuale è diventato il naturale prosegui-
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le nuove frontiere della riabilitazione
mento del lavoro avviato in un apposito corso,
descritto da Paschetta che lo ha visto nascere
direttamente: "L'occasione del corso pilota, rivolto a dieci disabili visivi, è stata sfruttata per
sviluppare questo settore. Il corso di formazione è stato organizzato insieme al Dipartimento di Linguistica dell'Università della
Calabria, sotto la guida del professor Romito,
che è anche presidente del gruppo di Fonetica
Forense Italiana. In questo caso abbiamo affrontato ogni problema relativo alle intercettazioni telefoniche. Il corso è durato 700 ore di
cui 400 in aula e il resto come tirocinio».
Paschetta evidenzia il vuoto che c'era in
precedenza in questo campo. Per tale motivo la
voragine andava subito tappata, vista la grande
fame di occupazione che esiste per i non vedenti e gli ipovedenti. "In passato il prof. Romito aveva promosso dei seminari sulla
questione, ma mancava un percorso completo.
Sulla base di queste lezioni e del materiale acquisito - racconta il direttore dell'IRIFOR - è
venuta l'idea di scrivere il Manuale che contiene
principi giuridici e alcuni aspetti della procedura
penale, oltre che un voluminoso capitolo sulla
linguistica. Un lavoro che è durato circa un
anno".
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le nuove frontiere della riabilitazione
La professione di mediatore civile e commerciale
Emiliano Angelelli (da Il Corriere dei Ciechi)
vile e commerciale solo per disabili visivi. Nel
febbraio 2013, infatti, tredici disabili visivi
hanno frequentato un ciclo di lezioni organizzato a Roma, svolgendo e superando con successo le due prove di esame (scritta e orale) e
presentando così la domanda d'iscrizione all'albo nazionale dei "mediatori civili e commerciali" istituito presso il Ministero della Giustizia.
"La professione di mediatore civile e commerciale è diventata obbligatoria in Italia con il
decreto n. 28 del 4 marzo 2010" spiega il professor Luciano Paschetta, direttore centrale dell'IRIFOR. "Eravamo convinti che si trattasse di
una professione adatta per i non vedenti e
quello che abbiamo voluto fare è stato di studiarla a fondo per capire quali erano i problemi
per un disabile visivo e in quale modo potessero
essere superati. Faccio un esempio: il mediatore
deve rompere le difese della persona che ha davanti perché trattandosi di un contenzioso solitamente i soggetti coinvolti tendono a
chiudersi; e per fare questo bisogna essere capaci di leggere i linguaggi non verbali. Ora è
evidente che ciò per un cieco può rappresentare
un problema serio, ma abbiamo verificato che
con piccoli accorgimenti, come ad esempio ponendo attenzione al tono della voce e al modo
in cui si stringe la mano, o accogliendo il cliente
in piedi e accompagnandolo alla sedia, il non
vedente può svolgere egregiamente questo lavoro".
L’Italia è storicamente la culla del diritto ma
è unanimemente anche il paese delle lungaggini
burocratiche. Lo conferma un recente rapporto
della Commissione europea, dal quale emerge
che nel nostro paese ci vogliono in media 500
giorni per risolvere i processi civili e commerciali. Peggio di noi in Europa stanno solo Cipro
e Malta. Inoltre siamo anche il paese europeo
con il maggior numero di cause civili pendenti
per ogni 100 abitanti, ovvero 7. Tanti processi
lunghi e costosi che gravano sulle spese dello
Stato. In realtà un'alternativa ai processi esiste,
ma è assai poco conosciuta: si chiama mediazione civile e commerciale e consente di risparmiare tempo e denaro.
La mediazione ha lo scopo di condurre le
parti a una conciliazione, attraverso l'intervento
di un mediatore, un soggetto professionale che
aiuti a trovare una soluzione, possibilmente
amichevole, alla controversia. Per capire di cosa
stiamo parlando, basta pensare che una mediazione si risolve in media in 6 mesi per una spesa
media di 70-100 euro. Ma non solo, la figura del
mediatore è anche una figura professionale relativamente nuova che l'IRIFOR ha individuato
come una fra le nuove professioni accessibili a
ciechi e ipovedenti. L'Istituto si occupa da anni
dell'accertamento di nuovi impieghi per non vedenti e, grazie a una convenzione con Bridge
Mediation Italia, ha permesso che si realizzasse
il primo corso di formazione per mediatore ci-
L’IRIFOR ha realizzato, con la società Deconflit (già Bridge Mediation Italia), il primo
corso per «mediatore civile e commerciale» per
persone con disabilità visiva; purtroppo però,
contemporaneamente allo svolgimento del
corso, una sentenza di anticostituzionalità, che
annullava l'obbligatorietà della mediazione, ne
aveva reso ancor più difficile il suo affermarsi
nel contesto socioculturale italiano, smorzando
così anche gli entusiasmi di quel gruppo di gio-
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le nuove frontiere della riabilitazione
vani che aveva visto in questa professione una
nuova occasione di inclusione sociale.
Dopo il ripristino dell'obbligatorietà avvenuta nell’autunno del 2013, stiamo ora assistendo ad un vero boom della mediazione.
«Il Sole 24 Ore» del 10 marzo 2014, scriveva che le 26.000 domande di mediazione depositate nell'ultimo trimestre del 2013,
rappresentano il 66% in più rispetto al resto
dell'anno, grazie alla nuova disciplina introdotta
dal Dl 69-2013 («Decreto del Fare», che va a
modificare il Dlgs 28-2010 che aveva introdotto
in prima battuta la disciplina della mediazione
obbligatoria).
Una nuova normativa che prevede un'obbligatorietà mitigata, ovvero limitata al primo
incontro informativo gratuito, e l'assistenza obbligatoria dei legali durante tutto il procedimento, ma tuttavia sufficiente a far crescere il
numero di coloro che, comprendendone l'efficacia, scelgono la mediazione in alternativa alla
causa.
Questo forse anche in forza del fatto che
la nuova disciplina, tra l'altro, prevede l'automatica esecutività dell'accordo di mediazione sottoscritto anche dai legali delle parti, senza
l'obbligo di ulteriore vaglio del Presidente del
Tribunale, semplificando la procedura e con un
ulteriore risparmio di alcune decine di euro e di
tempo per le parti.
L'articolo evidenzia poi come, nelle procedure ove si registra l'adesione della parte invitata in mediazione, e quindi si svolge
materialmente la procedura, il tasso di raggiungimento di un accordo è molto elevato, e si attesta sul 42,4%.
Tutto questo è motivo di nuova speranza
per il gruppo di giovani laureati ciechi che ha
accettato di mettersi in gioco per dimostrare
che quella del mediatore è una nuova, importante occasione di lavoro per i disabili visivi.
quasi per gioco, ma poi ho trovato il corso
molto utile. Secondo me la mediazione è molto
poco conosciuta in Italia ed è un peccato che
non sia più obbligatoria. Per noi l'accesso al
mondo del lavoro è difficile perché la nostra disabilità è poco conosciuta e molte aziende si
spaventano di fronte alla possibilità di assumere
un cieco. Ma dopo aver studiato tanto non ho
nessuna intenzione di starmene a casa ad aspettare. Nel frattempo sto pensando di iscrivermi
a un master e di prendere anche la tessera da
pubblicista".
"L'esperienza del corso è stata veramente
interessante, sotto tutti i punti di vista" dice
Claudio La Corte, 56 anni, ex sindaco di un piccolo paese in provincia di Como. "Eravamo un
gruppo molto eterogeneo, composto da gente
proveniente da diverse parti d'Italia e di diverse
età, dai 25 ai 50 anni. Io sono diventato cieco
nel 2003 a causa di un incidente e mi rendo
conto che alla mia età sono difficilmente collocabile, ma sto comunque cercando un lavoro
part-time e sto pensando alla possibilità di fare
il tirocinio di BMI a Milano, che mi permetterà
di capire come funziona realmente la professione di mediatore".
"Inoltre stiamo lavorando per individuare
altre nuove figure professionali per i ciechi" ci
racconta Luciano Paschetta, direttore centrale
dell'IRIFOR. Nuove professioni presentate
anche in questo numero di Oltre il Confine che,
insieme a quella del mediatore, potrebbero riportare l'Italia in quello stato di avanguardia vissuto fino agli anni '90 quando grazie all'impiego
di centralinista telefonico si era raggiunta la
piena occupazione dei disabili visivi, contro il
40-50% dei paesi come la Francia e la Germania. Un percorso che l'Unione aveva già individuato nel 2000 con la pubblicazione del
Decreto Salvi, che introduceva tre nuove professioni adatte ai tempi (operatore di call center,
addetto alle relazioni con il pubblico e gestore
di banche dati), ma che purtroppo è rimasto ancora oggi inattuato.
Marta Ghelli e Claudio La Corte, sono due
dei tredici non vedenti che hanno partecipato
al corso. La prima, ventottenne neolaureata ci
racconta: "Per me questa esperienza è nata
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“I primi insegnanti, così come i primi centralinisti
ed i primi massoterapisti, si inserirono al lavoro
non grazie a leggi protettive ma, aiutati dall’Unione,
grazie alla loro capacità di accettare la sfida
del mercato del lavoro”.
Luciano Paschetta
Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione
ONLUS