Notiziario e bibliografia centrale dove erano stati scavati i
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Notiziario e bibliografia centrale dove erano stati scavati i
250 Notiziario e bibliografia centrale dove erano stati scavati i quattro livelli del cos1 detto tempio in antis (per quanto una definizione di tal genere possa risultate ostica agli orecchi dei classicisti): si è liberato il quinto livello, il quale ha mostrato una sostanziale se non addirittura una stretta analogia con la struttura del quarto livello, soprastante di poco meno di un metro (i primi tre livelli presentano, come si sa, il vero tempietto in antis nelle varie successioni, per altro omogenee), con differenze che riguardano unicamente la disposizione interna. Per quanto attiene ai materiali, si deve purtroppo notare che sono stati rinvenuti solo pochi frammenti di ceramica, ben poco rispetto ai l'icchi trovamenti della cella del IV livello. Assai interessante, comunque, è l'indagine del quartiere che circonda il tempietto, delimitato o intersecato, a oriente e ad occidente, da due stradicciuole con andamento Nord-Sud. L'area della corte del LV livello presenta invece, nel V, tre vani ("'5, 46 e 49) (e la zona nord-occidentale è ancora da scavare o meglio da riscavare per quanto riguarda il .IV livello) di cui uno era apparentemente adibito ad opera:doni di libazione. Da qui proviene un interessante vaso a tre piedi cavi, collegabile con altr>i esemplari dell'area dell'Eufrate (Til Barsip, Karkemi~, Hamman, Amarna, Kara Kuzak, Harran, oltre Mari). Lo scavo dei vani ad occidente della strada occidentale presenta dei problemi per quello che riguarda i vari livelli, e l'opera iniziata nel 1964 è stata portata innanzi in modo da chiarire quanto più possibile le relazioni reciproche; del vano 22' si può dire che non è impossibile che si tratti della cella di un altro sacello, inglobato tra altri vani, di cui il n. 47 ha restituito un tesoretto metallico tra cui due straordinari uccelli, forse aquile, di lamina di bronzo o di rame, di cui uno dall'apertura alare di un metro e venti. Il fatto che le due lamine fossero arrotolate, oltre alla presenza di altri oggetti, tra cui asce, interi o frammentarii, parlerebbe a favore di materiale destinato ad essere fuso e nuovamente rimodellato. È comunque opinione degli A. che, se il vano 47 ha da essere in relazione al santuario, deve appartenere al IV livello. Gli altri vani a mezzogiorno, tra cui il n. 15, un opificio o una cucina, sono stati completamente recati alla luce: i vani 37 e }8, forse anch'essi degli opifici, dovrebbero appartenere invece al V livello. È comunque possibile che esista un'altra area occidentale che non era in relazione funzionale con quella del piccolo tempio. Altri cantieri hanno ripreso l'attività: è stata liberata completamente la scalinata dello Steinbau Hl mentre si è accertato che non esisteva una nello Steinbau IV. Quanto alla Steinbau V, si tratterebbe del primo edificio profano d'aspetto fuori dell'ordinario in questo sito: un palazzo o la sede di un qualche organo amministrativo. Da qui proviene un bel sigillo con un triplice fregio di figure interconnesse che gli A. ascrivono al momento di passaggio tra l'epoca di Mesilim e quella della prima dinastia di Ur. Questo edificio sarebbe quindi la struttura più tarda scavata fino ad ora nel sito, mentre la datazione della struttura templare viene ascritta all'inizio dell'epoca di Mesilim, come testimoniano per altro i confronti disponibili per le asce del gruppo di bronzi del vano n. 47. Chiara, esauriente, agile e riccamente illustrata con fotografie e piante, anche questa sesta relazione preliminare di questo scavo si pone a modello nel modo archeologico. Si arricchiscono le testimonianze della penetrazione mesopotamica verso l'altopiano anatolico la quale, sia detto per inciso, sta trovando eccellenti, diremmo straordinarie, testimonianze nel cuore dell'alto corso dell'Eufrate, a Malatya, ad opera di una missione italiana (si veda A. PALMIERI, Scavi nell'area sud-occidentale di Arslantepe, in « Origini» VB, 1973, pp. 55 sgg.). PAOLO EMILIO PECORELLA DR. O. A. TApiiREK, Adana Bolge Miizesindeki Urartu Kemerleri. Tbe Urartian Belts in tbe Adana Regional Museum (Adana Eski Eserleri Sevenler Dernegi Yayinlart 1), Ankara 1975, pp. 34, figg. 28 e 67 illustrazioni f.t. Circa cinque anni fa, a sud-est della città di Van, nei pressi del villaggio di Giyimli, venne alla luce un cospicuo numero di lamine bronzee urartee, decorate; si dice fossero circa duemila. In conseguenza di questa scopertura fortuita e clandestina, A. Erzen, quale direttore del Centro per le ricerche storiche ed archeologiche dell'area di Van dell'Università di iIstanbul, 251 Notiziario e bibliografia intraprese nel 197,2 uno scavo sul Serbar Tepesi, recando in luce strutture e materiali; purtroppo la spinta del commercio antiquario aveva arrecato danni irreparabili e non fu possibile, quindi, a chi di dovere, poter dare un importantissimo contributo alle conoscenze urartologiche. Numerosi musei in Turchia ed all'estero si sono assicurati parte di questo splendido materiale e per buona sorte numerosi furono i pezzi acquisiti al Museo Regionale di Mana dal suo dinamico direttore, il Dr. Orhan Aytug Ta~yiirek il quale si è assunto il carico di rendere di pubblico dominio la collezione di cinture da lui composta, integrando l'esposizione con materiali dei Musei di Istanbul e di Gaziantep; naturalmente non è sempre stato possibile accertare la provenienza dei singoli pezzi mentre per esempio di una cintura si sa che fu trovata nella necropoli di Dedeli presso Patnos; in un altro caso (il n. 14) si assicura la provenienza da Giyimli stessa, L'A. ha tenuto, con cura, presente ogni particolare (e si veda quanto dice a proposito del n. 20) ma ha annotato con interesse che due frammenti di un medesimo oggetto furono offerti in vendita al Museo (ed acquistati) da due diverse persone, il che fa sorgere il sospetto di una frammentazione intenzionale del materiale allo scopo di elevare il prezzo di vendita. È augurabile che anche l'altro materiale, come il gruppo del Museo di Van, composto di circa /100 pezzi, venga pubblicato quanto prima e messo a disposizione per ulteriori studi che potranno recare, come questo di Ta~yiirek, un eccellente contributo alla conoscenza sulla produzione artistica dell'Urartu. Ad Adana sono conservate 29 cinture, per lo più frammentarie, che costituiscono un ecellente esempio dell'attività degli artigiani urartei intorno alla fine del VilI secolo a. C. L'A. confortato tra l'altro dalle parole di Ekrem Akurgal, che ha redatto la prefazione, ascrive questo gruppo al cosi detto «stile cubico» che è, appunto, caratteristico del volger di tempo tra la fine del VII e l'inizio del VI secolo. Tipica è la stilizzazione del muso dei leoni alati e degli uomini a testa felina, avendo a mente il punto fisso cronologico degli scudi del periodo di Rusa III (605-590 circa). Una coppia di pezzi (n.ri 8 e 9) sono invece più antichi, del 700 a. C. circa, mentre il n. 14 è ascritto alla metà dell'Vil11 secolo circa. Sei sono le cinture intere o ricomponibili quanto al disegno. Di particolare interesse sono la rappresentazione di un banchetto (n. 4), un castello (n. 5), un cavaliere, definito come divino (n. 8), la scena di guerra (n. 14) e quella di caccia (n. 16); naturalmente numerose sono le figure mostruose e viva è l'influenza assira. Il n. J.O presenta un motivo di spirali connesse tra di loro, motivo che ha trovato ampia fortuna in culture più ad occidente e in un periodo più antico; sarebbe interessante ricostruirne la filiazione o precisarne la sua nuova «invenzione ». A parte l'eccellente varietà di motivi (ma è prematuro parlare di pezzi unici prima di sapere cosa si trova nelle altre collezioni e duole il pensare ch~ forse non si saprà mai con esattezza cosa fu trovato) pur durante l'ultima e non certo più brillante fase della cultura urartea, occorre notare con l'A. la presenza di prodotti di serie (o di bottega?) che si differenziano per minime varianti (n.ri 23 e 24). È doveroso e piacevole ringraziare l'A. per la speditezza della pubblicazione che si avvantaggia di ottimi disegni e di ancor migliori fotografie. Numerosi i riferimenti e precisa la bibliografia: le datazioni sono desunte da confronti accurati ed esaurienti. Non ultimo vantaggio per il lettore il testo turco ed inglese che corrono paralleli. Ci auguriamo che Ta~yiirek possa darci in breve tempo anche l'edizione delle lamine di offerta di Giyi.mli con le rappresentazioni del dio Haldi. Sarà, senza dubbio, un'altra, eccellente opera. PAOLO EMILIO PECORELLA
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