2° Storia del Computer FEB

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2° Storia del Computer FEB
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Storia del Computer
(seconda parte)
Febbraio 2002
I diritti di riproduzione, di memorizzazione elettronica e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo, compresi i
microfilm e le copie fotostatiche sono riservati.
La Gep Informatica potrà concedere, su richiesta, l’autorizzazione a riprodurre porzioni del presente documento, secondo
accordi, di volta in volta, da stabilirsi.
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Sommario
LO SVILUPPO DEGLI ELABORATORI ELETTRONICI .................................................................................. 2
Seconda generazione...................................................................................................................2
Terza generazione..........................................................................................................................7
Quarta generazione ....................................................................................................................11
1
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Lo sviluppo degli elaboratori elettronici
Seconda generazione
Una delle caratteristiche più stupefacenti dei primi calcolatori elettronici era la loro
mostruosa grandezza (vedi, le dimensioni dell’ENIAC!): eppure i moderni computer non
sarebbero molto più piccoli se non fosse stato inventato, alla fine del 1947, il transistor.
La grande invenzione si deve a tre ricercatori
americani
dei
Bell
Laboratories
telefonica
statunitense),
William
(la
compagnia
Shockley,
John
Bardeen e Walter H. Brattain, poi insigniti del premio
Nobel.
Il termine transistor rappresenta la contrazione di
"TRANsfer reSISTOR", in quanto è in grado di far variare
la resistenza tra due morsetti agendo dall'esterno.
Il transistor, formato da una microscopica piastrina di silicio, ha la capacità di funzionare
come amplificatore di segnale (nelle radio) o come un rapidissimo interruttore elettronico,
e come tale può sostituire egregiamente le valvole, che erano state a loro volta
introdotte nei computer per soppiantare gli ancora più lenti relé elettromeccanici.
I punti a suo favore erano diversi:
§
praticamente indistruttibile grazie a una durata di 90 mila ore,
§
più piccolo, qualche millimetro contro i diversi centimetri delle valvole
"miniaturizzate",
§
meno "affamato" di elettricità e con la possibilità di funzionare subito senza
attendere
il
suo
riscaldamento,
2
a
differenza
delle
stesse
valvole.
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La corsa agli armamenti fu un fattore importante per il progresso tecnologico
dell'Informatica: i laboratori dell'Atomic Energy Commission di Los Alamos e i Lawrence
Livermore Laboratories in California, impegnati in ricerche nucleari e nella realizzazione
della prima bomba ad idrogeno, divennero i clienti più importanti dell'industria e della
ricerca informatica, poiché essi avevano i problemi più difficili da risolvere.
La corsa allo spazio, iniziata verso la fine degli anni cinquanta, spinse ulteriormente verso
lo sviluppo di macchine con prestazioni ancora più elevate che, a loro volta, hanno
favorito lo sviluppo di quelle per il mondo aziendale.
Molte grandi aziende, soprattutto nel settore assicurativo e bancario, avevano difficoltà a
tenere il passo con la grande crescita dei volumi di transazioni degli anni Cinquanta e
furono le prime a valutare le economie di scala consentite dall'Informatica: l'unico
gradino rimanevano i prezzi proibitivi dei calcolatori a valvole, una diminuzione del prezzo
dei sistemi di elaborazione avrebbe automaticamente creato un vastissimo numero di
utenti potenziali.
Nel 1952 nasce l'ORDVAC (Ordnance Variable Automatic Computer), sviluppato presso il
Digital Computer Laboratory e destinato allo studio di problemi balistici e armamentari.
E' uno dei primi calcolatori nei quali
viene introdotto l'uso dei transistor,
con 1.000 di questi è sviluppata l'unità
aritmetica:
per
il
resto
vengono
utilizzate ancora le valvole.
Fu
installato
al
Laboratory,
Ballistic
Research
Aberdeen
Proving
Ground, ed entrò in funzione nel
marzo del 1952.
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Esso si affiancò all'ENIAC, qui presente, nella soluzione di problemi balistici quali
preparazioni di tabelle di tiro, volo guidato, missili teleguidati; studio dei propellenti per
missili, vibrazioni delle armi e impatto dei proiettili su superfici variabili; studio delle
conseguenze dello scoppio di ordigni sul terreno e sulla popolazione; simulazioni di guerre,
programmazione logistica degli armamenti.
Queste le caratteristiche fisiche della macchina: 3.430 valvole, 2.091 transistor, 915 diodi,
costo di produzione circa 600.000 dollari dell'epoca.
Personale richiesto (3 turni di 8 ore): 6 supervisori, 3 analisti, 14 programmatori e
codificatori, 1 impiegato, 1 ingegnere, 6 tecnici.
La macchina era in grado di lavorare senza errore mediamente per 6 ore, circa 2 ore la
settimana erano dedicate alla manutenzione preventiva e 10 ore per eseguire i test di
efficienza.
Da un punto di vista costruttivo, nei calcolatori della seconda generazione, oltre
all'introduzione dei transistor, vede la luce il circuito stampato.
Il circuito stampato, è costituito da una piastra di
materiale non conduttivo con piste di rame
stampate
sulle
componenti
quali
elettronici:
vengono
grazie
stagnati
a
i
questa
tecnologia viene ridotta l'enorme quantità di fili
presenti nei calcolatori e l'assemblaggio dei vari
componenti
diventa
modulare.
Questo
consente veloci riparazioni in quanto viene
sostituita
l'intera
scheda
contenente
il
componente guasto, che poi potrà essere con
calma riparata in laboratorio.
Per quanto riguarda le unità di memorizzazione, i nastri magnetici diventano i principali
dispositivi di memorizzazione dei dati e dei risultati, grazie alla loro velocità, capacità e
ingombro molto contenuto. I nastri erano composti da fettucce di plastica, ricoperte di
ossido metallico, sulle quali le informazioni venivano memorizzate in forma di punti
magnetizzati, per rappresentare i simboli 1 e 0 del linguaggio binario.
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I dati venivano registrati e letti da una testina magnetica; il nastro scorreva a una velocità
di due metri al secondo, equivalenti a 15 mila caratteri, quasi 50 volte superiore alle
schede perforate.
Le prime bobine erano grandi come torte e potevano registrare alcuni milioni di caratteri.
Compaiono le prime unità a disco magnetico (disco IBM Ramac 305, 1956), molto più
veloci rispetto agli altri dispositivi in quanto non basate sul principio della sequenzialità e
dotate di testine mobili.
Nel complesso la pila di dischi misurava circa
mezzo metro di altezza. A differenza dei dischi
più recenti, una sola testina di lettura/scrittura
agiva sull'intera colonna di 50 piatti: a seconda
della richiesta d'accesso, il braccetto della
testina si muoveva lungo una colonna parallela
alla pila di dischi e, giunto all'altezza del disco
desiderato,
posizionava
la
testina
in
corrispondenza della traccia desiderata.
Prima unità a disco rigido l'IBM RAMAC 305 Ovviamente, in questo modo i tempi d'accesso
(Random
Access
Memory
Accounting non erano certo brillanti, ma a quei tempi erano
Machine), costituito da 50 dischi sovrapposti considerati eccezionali. Questo antenato delle
montati su un unico asse di rotazione verticale. I attuali memorie vantava comunque la
dischi avevano un diametro di 24 pollici, uno considerevole capacità totale di 4,4
spessore di 2,5 millimetri ed erano distanziati di l'equivalente di 50.000 schede perforate.
Mb,
circa 7,5 millimetri.
Le schede perforate e le telescriventi rimangono il supporto base per l'input dei dati,
anche se iniziano a diffondersi i primi videoterminali.
Si verifica una netta separazione fra macchine scientifiche, che richiedono alte velocità
di elaborazione e grandissima flessibilità nel variare algoritmi e procedure, e macchine
gestionali, in grado di operare su grandi masse di dati con elaborazioni semplici e
ripetitive, separazione dettata dal grado di maturazione tecnologica.
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Si diffondono i minicomputer (dove mini sta per minimi, non miniaturizzati!), creati per
essere di natura semplice, economici da costruire e non costosi per l'acquirente: essi
andarono ad occupare molte nicchie nel mondo dell'elaborazione dati, aprendo le porte
dell'informatica anche a coloro che fino ad allora, a causa dei costi e delle notevoli
complessità, ne erano rimasti esclusi.
La prima ad inaugurare questa tendenza fu un "minielaboratore" prodotto dalla Digital
Equipment Corporation nel 1957, il PDP-1, del costo di 120 mila dollari, il quale diede lo
spunto per il modello successivo, il PDP-8, grande poco più di un frigorifero e con una
memoria di appena 4 Kbyte, messo in vendita alla cifra di 18 mila dollari. Di questo tipo
vennero venduti 50 mila esemplari.
Fu il primo vero fenomeno di massa per quello che riguarda il mondo dei "computer", ma
che non spingerà i vertici dell'azienda a proseguire oltre.
Uno dei progettisti di questa macchina, l'ingegnere Kenneth Olsen, non
pensò mai che i "computer" avrebbero dato una svolta alla nostra vita
quotidiana.
Ancora nel 1977, dichiarò risolutamente: "Non vedo proprio perché una
persona dovrebbe tenersi in casa un computer". Parole per così dire
"profetiche", visto che nel frattempo le invenzioni tecnologiche stavano
spianando la strada alla continua evoluzione dei "computer".
Nel 1958 nei Bell Labs viene costruito
il
primo
modem
demodulatore),
in
(modulatoregrado
trasmettere dati via telefono.
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Terza generazione
Nel 1958, l'ingegnere americano Jack St. Clair Kilby, della Texas Instruments di Dallas,
rimase a lavorare in estate, mentre i colleghi erano in ferie. Lui era stato appena assunto e
non aveva dunque diritto alle vacanze.
Fu una fortuna per lui dato che in quelle
settimane
Kilby
schiuse
l'era
della
miniaturizzazione dei circuiti elettrici, con
l'invenzione del cosiddetto "circuito integrato",
familiarmente conosciuto con il termine di
"chip".
Per la prima volta, l'ingegnere statunitense
riuscì a combinare le funzioni di bobine,
Questo è il primo circuito integrato costruito da Jack
transistor, diodi, condensatori e resistori in
Kilby della Texas Instruments nel 1958
un’unità, completa dei relativi collegamenti,
realizzata
su
una
semiconduttore,
il
piastrina
silicio
di
materiale
cristallino,
di
proporzioni minime.
Il circuito integrato prima viene disegnato in formato
grande, poi viene ridotto a pochi millimetri con un
procedimento fotografico.
Proprio l'invenzione del "chip" diede modo di ideare e costruire schede con centinaia di
"circuiti integrali", capaci di svolgere, nello spazio di poche decine di centimetri, le stesse
operazioni che, fino a poco tempo prima, erano effettuate da macchinari di diversi metri
e tonnellate, con una notevole velocità.
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Sempre nel 1958, in America erano in funzione 2.500 elaboratori elettronici, mentre in Italia
erano quaranta.
Proprio nello stesso anno, il Banco di Roma (la futura Banca di Roma) fu il primo istituto di
credito in Europa ad installare un elaboratore IBM di grande potenza, per lo svolgimento
di tutte le operazioni contabili, statistiche e di controllo degli oltre suoi 200 sportelli.
L'anno dopo a Milano, in occasione della Fiera, la Olivetti presentò il primo calcolatore
elettronico a transistor di progettazione interamente italiana: l'"Elea 9003".
Questa
macchina,
ancora
di
dimensioni,
mila
grosse
aveva
transistor
disponeva
di
10
e
una
stampante capace di
scrivere
600
righe
al
minuto.
Fu un grosso successo
commerciale, visto che
ne
furono
consegnati
oltre 12 mila esemplari in
tutto il mondo.
Ma se in Italia si era ancora alle prese con macchinari di grandi dimensioni, in America,
all'inizio degli anni Sessanta, si lavorava sempre più al concetto di riduzione della
macchina e del suo aumento di potenza.
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Il 1963 è un anno da ricordare perché in
quella
guidato
data
da
un
gruppo
Douglas
di
ricercatori,
Englebart,
dello
Stanford Research Institute, sviluppò per la
prima volta il famoso "mouse", il dispositivo di
puntamento
rapido
del
cursore
sullo
schermo, ma bisognerà attendere ancora
vent'anni prima di vederlo in produzione.
Il 7 aprile 1964 la IBM lanciò
sul
mercato
un
elaboratore
Sistema/360"
nuovo
"IBM
a
circuiti
integrati con una memoria
fino a quattro milioni di
caratteri .
La novità stava nel fatto che questo tipo di macchina poteva essere potenziata,
aumentando la capacità della stessa memoria, o addirittura ingrandito con altri elementi.
Il progettista fu Gene Amdahl, il primo a fare funzionare una macchina alla velocità di
"nanosecondi" (miliardesimi di secondo).
Il "Sistema/360" fu per anni il computer più venduto al mondo (nel 1966 le vendite
arrivarono a mille esemplari al mese).
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Ma nel 1965 fu sempre la Olivetti di Ivrea a fregiarsi di un primato assoluto: a New York
presentò il famoso "Programma 101", il primo personal computer del mondo prodotto in
serie, destando sensazione per le sue prestazioni elevate, le dimensioni ridotte e l'elegante
"design" di Mario Bellini. I
In pochi anni furono venduti quasi 45
mila
esemplari
grazie
alla
sua
semplicità di uso. Il "P101" fu la prima
macchina dotata di un programma
registrato in memoria, di un supporto
magnetico per l'introduzione e l'uscita
dei dati (dal quale avrà poi origine il
"floppy disc") e di un semplice sistema
di programmazione, con un linguaggio
che poteva essere appreso in poche
ore anche da non specialisti.
Il suo costo, sempre altissimo, era di due
milioni di lire.
La supremazia americana, però, tornò a farsi sentire nel 1968, quando Robert N. Noyce,
Gordon E. Moore e Andrew Grove si unirono per dare vita alla Intel Inc. (così denominata
da INTegrated ELectronics) per la produzione di "chip" di memoria.
Nel suo primo anno, ebbe dodici dipendenti e un fatturato di 2.600 dollari.
Proprio l'Intel, nel 1970, produsse la prima RAM ("Random Access Memory"), la memoria a
semiconduttori da 1 Kbyte, che fu adottata immediatamente nella costruzione di nuovi
computer, al posto delle vecchie memorie a nuclei magnetici di ferrite.
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Quarta generazione
Il 1971 fu un altro anno importantissimo per la storia dei computer, quando gli ingegneri
elettronici della Intel, l'italiano Federico Faggin e gli americani Marcian Edward Hoff jr. e
Stanley Mazer, diedero vita al "motore" dei futuri "Pc", il microprocessore.
I tre riuscirono a concentrare su una
piastrina di quattro millimetri per tre un
"supercircuito
integrato"
contenente
ben 2.250 transistor, la futura CPU
("Central
costituivano
Processing
tutti
i
Unit")
componenti
che
di
un'unità centrale di elaborazione: in
breve, il "cervello" e la "memoria" di
entrata e uscita.
Mancava solo un altro componente per assicurare la completa autonomia ai nuovi
modelli di "computer", che continuavano ad essere ideati e progettati: la "memoria" dove
conservare i dati e le informazioni anche con l'apparecchio spento.
Questo ostacolo venne superato definitivamente con l'uscita dell'"IBM 3340" che adottava
la tecnologia di memoria su "hard disk" (disco rigido); quattro dischi in alluminio
magnetizzati su entrambe le facce, sistemati uno sull'altro in un contenitore sigillato,
venivano letti e registrati da una serie di testine velocissime che si insinuavano tra i dischi,
sfiorandone le superfici a una distanza di appena 0,5 millimetri.
Il primo "hard disk", denominato "Winchester", aveva una capacità di 12 Mbyte, mentre
oggi i modelli più evoluti e dotati di una velocità di lettura di pochissimi millesimi di
secondi, possono raggiungere una "memoria" di 30 Gbyte.
Nello stesso anno nasce in California l’era dei Videogiochi, con il "Pong": una pallina che rimbalza sullo
schermo e viene rilanciata da due sbarrette che si muovono con due potenziometri. Ma con Space Invaders
(1978) e Pacman (1980) i progressi diventano strabilianti.
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Ormai siamo arrivati alla fatidica data del 1975. E' l'anno, infatti, in cui due studenti
universitari, William "Bill" Gates e Paul Allen, diedero vita a una piccolissima azienda che
elaborava linguaggi per "computer": la Microsoft. La sede, inizialmente, fu a Albuquerque,
nel New Mexico, ma nel 1980 si trasferì a Richmond, nello stato di Washington.
La fortuna di entrambi può essere fatta risalire al linguaggio "Basic" che Gates e Allen
programmarono nel 1974 per un "computer" da assemblare in casa, l'"Altair 8800" della
Mits e che li mise in luce negli ambienti del "software" .
Quasi in concomitanza, esattamente nel luglio 1976, a
Palo Alto, in California, due giovani dal passato " hippie",
Stephen Jobs e Stephen Wozniak, costruirono nel salotto
dei genitori adottivi di Jobs l'"Apple I", dando vita
all'omonima
azienda,
battezzata
come
la
casa
discografica creata quasi dieci anni prima dai Beatles.
Sarà proprio la Apple la grande rivale della Microsoft, soprattutto per il fatto che
entrambe hanno usato fin dall'inizio un linguaggio di programmazione completamente
diverso.
Nel 1977, Jobs e Wozniak costruirono l'"Apple II", un "computer" dotato
di un contenitore con tastiera, alimentatore e prese per il
collegamento delle "periferiche" presenti sul mercato.
La memoria era appena di 4 Kbyte e come monitor venne utilizzato
un televisore domestico e per la memorizzazione dei dati un
registratore a cassette, anche se l'anno successivo i modelli vennero
equipaggiati con un drive per "floppy disc" .
Questo "computer" fu il primo in grado di generare una grafica a
colori.
Non bisogna dimenticare anche una macchina costruita nel 1980
dall'inglese Clive Sinclair, la
"ZX-80", certamente la piccola ed
economica, che divenne famosissima tra i più giovani dell'epoca. La
memoria era di appena 1.024 caratteri (sic!) e per farla funzionare si
doveva collegarla a un registratore a cassetta che utilizzava il linguaggio
"Basic" e a un televisore per visualizzare le lettere e le immagini.
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Ma la svolta definitiva, quella che separa il passato dal nostro presente nella storia dei
computer è rappresentata da ciò che avvenne il 1981.
Nell'agosto 1980 i vertici della società dell’IBM diedero incarico al direttore dei laboratori,
William Lowe , di creare un prodotto nuovo che entrasse nel settore e lo sbaragliasse. I
tempi erano strettissimi, perché la corsa all’informatica era frenetica: a Lowe fu dato un
anno, non un giorno di più. Il manager riunì i 12 migliori cervelli della società e li rinchiuse
per mesi nei laboratori di Boca Raton, in Florida, per un'impresa che doveva restare
segreta. Nome in codice: «Project Chess» (le iniziali del Pc).
La vera rivoluzione fu quella di procedere con il sistema dell' «architettura aperta» , che
permettesse di realizzare il computer assemblando pezzi prodotti da aziende diverse, con
la possibilità per i produttori di creare aggiornamenti e nuove parti che avrebbero fatto
crescere il progetto. E questa fu la chiave del successo: il mondo ben presto fu invaso da
un'ondata di computer e accessori Ibm compatibili e il Pc Ibm diventò il punto di
riferimento nell'informatizzazione degli uffici.
Il 12 agosto 1981, a New York, l'Ibm annunciò di aver
creato il personal computer. Era una macchina a 16bit, con un processore Intel 8088 e con un disco rigido
dalla sorprendente capacità di 10 Megabytes.
IBM 5150
Il previsto sviluppo di produttori terzi, per il personal, fu abbondante e molto articolato.
Nacquero apparecchiature periferiche di vario tipo, ma anche macchine di base, veri e
propri cloni dell'originale PC, che venivano venduti a macchia d'olio in tutto il mondo.
La stessa logica intrapresa da IBM di acquistare i componenti dell'elaboratore, invece di
progettarli e costruirli, l'aveva orientata nella scelta del sistema operativo, il software per
la gestione della macchina. Lo sviluppo di un nuovo sistema operativo, avrebbe richiesto
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un consumo di risorse eccessivo: non sarebbero bastati un paio d'anni di lavoro di decine
e decine di specialisti.
Per evitare un'operazione così pericolosa, IBM cercò un possibile fornitore di sistemi
operativi, adatti al PC e nel 1980 la scelta cadde sulla Microsoft.
Il nome del sistema operativo era costituito con le iniziali delle parole che ne descrivevano
le funzionalità: DOS, da Disk Operating System.
La licenza stipulata tra Microsoft e IBM prevedeva che su ogni PC sarebbe stata installata
una copia del DOS, del nome di PC-DOS. La Microsoft si era riservata di concedere la
licenza d'uso dello stesso prodotto ad altri costruttori di macchine personal, con un nome
diverso: MS-DOS. Di fatto però, a parte la differenza del nome, i due programmi erano e
sono rimasti nei quindici anni successivi, sostanzialmente identici.
L'introduzione del PC comportò una vera e propria rivoluzione nel modo di lavorare:
l'informatica personale era sconosciuta nel mondo delle piccole e medie aziende.
Da allora sono trascorsi appena 20 anni, ma nel mondo dei "computer" è come se fosse
passato più di un secolo. Ciò che è stato fatto in questo lasso di tempo, infatti, ha
dell'incredibile.
Ormai la potenza, la stabilità, la versatilità dei vari componenti permettono all'uomo di
impiegare i personal computer in ogni circostanza, al punto da considerare la loro
presenza e supporto a dir poco indispensabile.
Nel giro di pochi anni si è avverato quanto ha profetizzato Bill Gates a metà degli anni
Settanta – ‘ in ogni casa ci sarà un computer con il quale lavorare, imparare e divertirsi’.
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42015 Correggio (RE) ITALY
Cod.Fisc. e Part.IVA: 01302410350
Reg.Imp.: RE 17042 – REA c/o CC.I.AA.: RE 175335
Tel. 0522/642733 r.a. – Fax 0522/631072
www.gepinformatica.it e-mail: [email protected]
Riferimenti Bibliografici
‘La grande storia del computer’ di Massimo Bozzo,
‘Il grande libro dell’informatica’ di Mariagiovanna Sami,
‘La macchina superintelligente’ di Adrian Berry,
‘Cronologia del computer’ di Andrea Bedetti.
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Speriamo di averVi fatto cosa gradita con questo nostro documento e restiamo a
disposizione per ogni eventuale Vostro chiarimento o approfondimento in merito.
Seguirà il prossimo mese un altro argomento specialistico che Vi invieremo.
Distinti saluti.
Gep Informatica s.r.l.
Ufficio Marketing
e Relazioni Esterne
(Boschi Sabrina)
Gestire ed orchestrare tutti i processi delle varie aree aziendali, oggi è
possibile grazie all’esperienza, alle tecnologie e alle soluzioni
sviluppate dal gruppo della Gep Informatica.
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