rapporto del Surgeon General
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CENTERS FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION MMWR MORBIDITY AND MORTALITY WEEKLY REPORT Raccomandazioni e rapporti 30 agosto / Vol. 51 / N° RR-12 Il fumo e le donne: rapporto del Surgeon General* * Massima autorità in tema di salute pubblica, il Surgeon General è organo consultivo del Ministro della Salute e dei Servizi Sociali e viene nominato direttamente dal Presidente degli Stati Uniti INDICE • Messaggio di Tommy G. Thompson, Secretary of Health and Human Services • Prefazione • Discorso preliminare del Surgeon General, U.S. Department of Health and Human Services • Capitolo 1 Conclusioni principali • Capitolo 2 Schemi di consumo del tabacco tra donne adulte e ragazze • Capitolo 3 Conseguenze dell’uso del tabacco per la salute delle donne • Capitolo 4 Fattori che influiscono sul consumo di tabacco tra le donne • Capitolo 5 Interventi atti a ridurre il consumo di tabacco tra le donne • Uno sguardo al futuro. Che cosa bisogna fare per ridurre il fumo tra le donne • Riferimenti bibliografici Questo numero del Mortality and Morbidity Weekly Report (MMWR) è una ristampa del sommario ufficiale del Rapporto del Surgeon General dal titolo “Il fumo e le donne”, pubblicato nel marzo del 2001. Il rapporto è facilmente consultabile ed è compreso nella serie di pubblicazioni del MMWR. MESSAGGIO DI TOMMY G. THOMPSON, SECRETARY OF HEALTH AND HUMAN SERVICES Già all’epoca del primo rapporto sul fumo del Surgeon General, pubblicato nel 1984, il concetto che il fumo fosse nocivo per la salute e, spesso, letale era ormai entrato a far parte del bagaglio di conoscenze acquisite dalla popolazione americana. Era assolutamente fuori di dubbio, infatti, che il fumo di sigarette e l’uso di altri prodotti del tabacco fossero causa di neoplasie, patologie debilitanti e, in molti casi, di morte. Per questa ragione nel nostro Paese si è fatto e si sta facendo tutto il possibile affinché l’opinione pubblica fosse maggiormente consapevole dei danni causati dal fumo, in modo da scoraggiare questa abitudine, peraltro decisamente costosa, soprattutto tra i più giovani. Per troppi anni il fumo è stato considerato un problema prevalentemente maschile, ma è ormai evidente che esso costituisce una minaccia anche per la salute della popolazione femminile e, infatti, l’impatto che sta avendo su donne adulte e ragazze è tale da generare grande preoccupazione e allarme. E’ per questo motivo che il rapporto stilato dal Surgeon General, Dr. David Satcher e dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) non poteva essere pubblicato in un momento migliore. E’ da tempo che aspettavamo che fosse pubblicato l’aggiornamento e l’ampliamento del primo rapporto del 1980, che si intitolava “The health consequences of smoking for women”. Siamo profondamente grati per l’impegno e la dedizione professionale manifestati dal Surgeon General e da tutti coloro che hanno fornito il loro prezioso contributo alla stesura di questo documento: l’Office of Women’s Health, i CDC, i National Institutes of Health e tutti i ricercatori e studiosi in varie parti del mondo. Nel presente rapporto viene chiaramente evidenziato l’impatto devastante del fumo sulle donne e, al tempo stesso, si evince la necessità di restare uniti nella lotta contro questa abitudine. Basta, infatti, analizzare alcuni dati statistici riportati nel rapporto per comprendere la gravità del problema: § § § § stando alle stime effettuate, nel 2000 più di 27.000 donne sono morte per tumore ai polmoni più che per tumore al seno; dal 1980 ad oggi, i decessi prematuri imputabili al fumo nella popolazione femminile sono stati circa 3 milioni, con una perdita media di 14 anni di vita; nel 1998, il 22% delle donne fumava sigarette; secondo dati recenti, il 30% delle studentesse di scuola media superiore ha dichiarato di aver fumato nell’ultimo mese. Ma il rapporto, oltre a riportare questi dati statistici che certamente mostrano quale sia l’impatto del fumo sulle donne, evidenzia quelli che sono i danni maggiori per la loro salute. E’ stato dimostrato, infatti, che le fumatrici possono presentare una minore densità ossea, un precoce declino della funzionalità polmonare, un aumento del rischio di infertilità secondaria e di ritardi e difficoltà nel concepimento. In particolare, per le fumatrici in stato di gravidanza aumenta il rischio di mortalità perinatale (sia decessi neonatali che nascita di bambini già morti), di morti infantili improvvise dopo il parto e di neonati sottopeso. Oltre a queste citate, è indubbio che il fumo rappresenti un fattore di rischio anche per altre patologie, diffuse egualmente tra uomini e donne, quali neoplasie, enfisemi polmonari, cardiopatie e infarti. La relazione causale tra esposizione al fumo passivo e patologie tumorali e cardiache è chiaramente supportata da molti studi diversi. Se vogliamo veramente conseguire l’obiettivo della riduzione del numero di fumatrici, dobbiamo in primo luogo prevenire l’adozione di questa abitudine sia tra le donne adulte che tra le adolescenti. Ed è proprio per conseguire questo obiettivo che tutte le iniziative contro il tabagismo che il Department of Health and Human Services americano vorrà intraprendere dovranno avere quale target primario la disassuefazione dal fumo o dall’inizio del consumo di tabacco tra le adolescenti e le studentesse liceali e universitarie. Queste giovani donne, infatti subiscono fortemente l’influenza dei propri coetanei e delle immagini accattivanti che vengono sempre più spesso associate al fumo in riviste, film e programmi televisivi. Dobbiamo essere estremamente risoluti e riuscire a convincerle che il fumo fa male, provoca dipendenza e può essere letale; devono, infatti, essere pienamente consapevoli che, una volta che iniziano, difficilmente riusciranno a smettere di fumare e che i rischi per la propria salute sono assolutamente reali e si pagano a caro prezzo. Se vogliamo sconfiggere il tabagismo e riuscire a ridurre il numero dei fumatori in generale, l’intera Nazione dovrà impegnarsi in questa sfida; occorrerà potenziare i nostri sforzi e impegnarsi al massimo in termini di tempo e risorse – sia pubbliche che private – in modo da prevenire l’inizio del consumo di tabacco. Dobbiamo far sì che genitori, insegnanti e figure di primo piano nell’ambito della società dispongano degli strumenti idonei e delle informazioni necessarie che consentano loro di trasmettere il concetto di distruzione e devastazione legato al fumo di sigarette. E occorre altresì che i mass media si uniscano a noi in questo tentativo di far fronte ad un problema che investe e devasta tutta la società . La nostra migliore difesa contro i danni provocati dal fumo è un approccio globale alla prevenzione dell’uso del tabacco, che prevede in primo luogo un facile e diffuso accesso alle informazioni. Dobbiamo, inoltre, prevedere l’applicazioni di restrizioni dirette a prevenire il fumo tra i più giovani, quali il divieto di vendita del tabacco ai minori e di pubblicizzare questi prodotti tra gli adolescenti. Occorre dare il massimo supporto alle operazioni delle forze dell’ordine e adottare strategie di provata efficacia, volte a limitare l’accesso dei prodotti del tabacco per i minori. Occorre ricordare,poi, che nel nostro Paese il fumo comporta costi eccessivamente alti, provocando una notevole perdita di denaro e di risorse per il sistema sanitario nazionale, stimati addirittura a 73 miliardi di dollari all’anno. Ma, fatto ancora più importante, sono troppe le mamme e le sorelle morte prematuramente a causa del fumo. Non possiamo assolutamente accettare che altre donne perdano la vita in questo modo. Il rapporto del Surgeon General offre all’America l’opportunità di soffermarsi a pensare ai gravi danni causati dal fumo per il benessere delle nostre donne e ragazze. Dobbiamo approfittare di questa occasione per tentare di prevenire il tabagismo, riuscendo in questo modo a conseguire un notevole miglioramento dello stato di salute delle donne americane. E dobbiamo combattere tutti insieme, perché solo una Nazione veramente unita potrà riuscire a sconfiggere il tabagismo. PREFAZIONE Oggi negli Stati Uniti si assiste ad una vera e propria epidemia di malattie legate al fumo tra donne adulte e ragazze. Nel corso degli anni, il divario prima esistente tra uomini e donne per quanto riguardava il fumo e i danni per la salute si è notevolmente ristretto. Nella prima metà del secolo era abbastanza raro trovare donne che fumassero sigarette ma, a partire dagli anni ’60 si è registrato un netto aumento del numero di fumatrici che, verso la metà degli anni ’70, è nuovamente diminuito. Negli ultimi dieci anni, comunque, la riduzione della prevalenza del fumo tra le donne è stata abbastanza irrilevante e, peraltro, il consumo di tabacco tra gli adolescenti ha registrato un forte incremento. Verso la fine degli anni’90, più di una donna su cinque era una fumatrice abituale e circa il 30% delle studentesse di scuola media superiore aveva fumato negli ultimi trenta giorni. Allo stato attuale, molte delle patologie correlate al fumo sono il risultato delle conseguenze del consumo di tabacco accumulatesi nel corso dei decenni e, se non riusciremo a limitare questa abitudine, le conseguenze per la salute di donne adulte e ragazze continueranno ad essere devastanti anche per il prossimo futuro. Nel presente rapporto valutiamo attentamente quale sia il livello di conoscenza sulle malattie correlate al fumo tra le donne e dimostriamo come il fumo richieda un sacrificio troppo grande e provochi effetti sconcertanti a danno della salute delle donne. Come gli uomini, anche le donne rischiano maggiormente di ammalarsi di tumore, di malattie cardiovascolari e polmonari; ma, diversamente dai primi, sono anche a rischio per quanto riguarda la loro funzione riproduttiva e il ciclo mestruale. A fronte dei notevoli progressi conseguiti nel XX° secolo nel miglioramento dello stato di salute delle donne e, in particolare, dell’evidente diminuzione della mortalità materna, delle cardiopatie e dei tumori al collo dell’utero – tanto per citare alcune delle patologie – è tragico constatare che un fattore assolutamente prevenibile quale il fumo continui a distruggere la vita di molte donne. Attraverso un attento esame degli schemi di consumo del tabacco in relazione alle caratteristiche demografiche e non solo, da questo rapporto si evince e conferma la tendenza attuale che spesso siano le donne adulte delle classi sociali più svantaggiate e le ragazze che non hanno un buon curriculum scolastico a farsi prendere dall’abitudine del fumo. Nel 1998, ad esempio, la prevalenza del fumo tra le donne con un livello di istruzione medio-basso (9-11 anni di scolarità ) era triplicata rispetto alle donne con un livello di istruzione superiore (più di > 16 anni di scolarità ). Se un tempo il fumo era considerato un segno di raffinatezza per donne appartenenti a ceti sociali elevati, col tempo esso è andato sempre più configurandosi come stato di dipendenza anche tra le donne dei ceti più bassi. In questo rapporto, inoltre, ripercorriamo la ormai lunga storia del marketing del tabacco specificatamente rivolto alle donne. Le immagini positive associate alle sigarette e ricorrenti nelle pubblicità contrastano nettamente con i gravi effetti per la salute ad esse attribuibili. Nel rapporto, invece, non viene adeguatamente sottolineata l’importanza della valutazione delle iniziative intraprese sia per prevenire l’inizio del consumo di tabacco tra le ragazze, sia per promuoverne la cessazione tra le fumatrici nelle varie classi di età . Siamo assolutamente consapevoli che, per riuscire in questa impresa, è necessario ricorrere ad un approccio polivalente che comprenda campagne di massa contro il tabagismo con l’utilizzo dei mezzi di informazione, l’aumento del prezzo del tabacco, la promozione del rispetto degli altri e dell’astensione dal fumo nei luoghi pubblici, l’applicazione di restrizioni ai messaggi promozionali e alla pubblicità sul tabacco, l’applicazione di leggi atte a ridurre l’accesso dei giovani ai prodotti del tabacco, la programmazione e realizzazione di programmi efficaci di trattamento del tabagismo. Nel gruppo delle donne che fumano rientrano i diversi sottogruppi della popolazione femminile con le proprie problematiche e necessità specifiche. Un sottogruppo maggiore è quello formato dalle donne in stato di gravidanza, tra le quali negli ultimi anni è stato registrata una lieve riduzione della prevalenza del fumo, anche se le percentuali restano ancora abbastanza significative. Gli interventi mirati alla disassuefazione dal fumo da parte di queste donne (e dei loro partner) non possono che avere un impatto positivo sul loro stato di salute e su quello dei loro figli, anche nella fase di gestazione. Dobbiamo impegnarci al massimo per ottener nel minor tempo possibile un decremento del consumo di tabacco tra ragazze e donne adulte. I nuovi programmi per il controllo del tabacco attualmente in atto dimostrano che il raggiungimento di questo obiettivo è alla nostra portata. Ad esempio, in Florida il programma pilota sul tabacco è stato avviato nel 1998 e, tra le ragazze di scuola media inferiore, è stata registrata una diminuzione della prevalenza del fumo abituale dal 18,1% nel 1998 al 10,9% nel 2000 – in solo due anni, quindi, si è avuta una riduzione del 40%. La sfida che la Nazione intera e i singoli stati si trovano ad affrontare è la pianificazione e realizzazione di programmi incisivi ed efficaci di controllo del tabacco. Chiunque legga questo rapporto non può far altro che ammettere che la lotta contro il tabagismo e contro tutte quelle forze che lo promuovono rappresenta una priorità di cruciale importanza per la tutela della salute delle donne. Jeffrey P. Koplan, M.D., M.P.H. Director Centers for Disease Control and Prevention e Administrator Agency for Toxic Substances and Disease Registry (1998-2002) DISCORSO PRELIMINARE DEL SURGEON GENERAL U.S. DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES Sono trascorsi circa 20 anni dalla pubblicazione del primo rapporto sul fumo e le donne (1980), in cui venivano peraltro individuati i primi segnali di una vera epidemia tra le donne delle malattie correlate al fumo, epidemia che si è ormai palesata in tutta la sua devastazione. Negli Stati Uniti, il fumo di sigarette è senza dubbio la causa principale di mortalità prevenibile e la percentuale di donne affette da patologie fumo-correlate è drammaticamente aumentata nella seconda metà del secolo, come ben testimonia l’aumento del 600% delle percentuali di decessi femminili per cancro ai polmoni a partire dal 1950 – neoplasia, questa, attribuibile principalmente al fumo. Nel 1950, infatti, al tumore ai polmoni era attribuibile solo il 3% di tutti i decessi femminili dovuti a neoplasia, mentre nel 2000 la percentuale è salita al 25%, al punto che già nel 1987 aveva soppiantato il tumore al seno quale causa principale di decesso tra le donne americane e nel 2000 al numero di donne già morte per tumore ai polmoni se ne erano aggiunte altre 27.000 – in totale, quindi, 67.600 rispetto alle 40.800 donne morte per tumore al seno. Secondo stime effettuate, nel 2000 ci sarebbe stato un aumento del numero di decessi femminili per tumore ai polmoni, maggiore rispetto al tumore al seno, alle ovaie e all’utero. E’ evidente che il tumore ai polmoni è soltanto una delle molte patologie cui i fumatori sono maggiormente esposti rispetto ai non-fumatori. Nonostante la drammacità dei dati citati, nel 1998 le donne adulte che fumavano ammontavano al 22% della popolazione femminile. Inoltre, tra il 1992 e il 1997, la percentuale di studentesse di scuola media superiore che aveva dichiarato di aver fumato negli ultimi 30 giorni era aumentata dal 26,1% al 35,2%, per poi diminuire di nuovo al 29,7% nel 2000. Dopo il 1980, anno in cui fu appunto pubblicato il primo rapporto del Surgeon General, il proliferare di innumerevoli studi ha contribuito ad ampliare le nostre conoscenze sui danni del fumo per la salute delle donne, nonché sulla miriade di fattori che inducono all’inizio, al mantenimento e alla cessazione del consumo di tabacco. Si è sentita ben presto la necessità di poter disporre di un compendio aggiornato e approfondito sul fumo e le donne e questo rapporto arriva certamente al momento giusto. Nonostante sia evidente che il fumo provochi effetti nocivi per la salute dell’uomo, il marketing del tabacco utilizza sempre più immagini positive e cerca di richiamare l’attenzione delle donne proponendo tematiche e problematiche tipicamente femminili. Una nota marca di sigarette è stato per lungo tempo pubblicizzata con lo slogan “Ne hai fatta di strada, piccola” e, recentemente, ha lanciato una campagna pubblicitaria incentrata sul tema “Esprimi te stessa”. La pubblicità sul tabacco richiama il concetto di emancipazione femminile, mostra immagini di donne sessualmente attraenti, esili ed atletiche, amanti del divertimento; in realtà , le donne che fumano sono perlopiù nicotino-dipendenti, non in buona salute, depresse e in non buone condizioni socio-economiche Le aziende produttrici di tabacco, per sedurre la popolazione femminile, hanno anche pensato di dare il proprio contributo ad alcune delle cause per le quali le donne combattono, sponsorizzando squadre e manifestazioni sportive, organizzazioni professionali femminili, programmi contro la violenza in ambito domestico e tante altre iniziative che riguardano specificatamente le donne. Per non parlare, poi, delle ingenti somme stanziate per pubblicizzare i propri prodotti sulle riviste femminili. Tutto ciò ha forse contribuito a far sì che si parlasse più del tumore al seno che di quello ai polmoni, anche perché il primo ha visto nascere una comunità abbastanza numerosa di donne che ne sono state colpite e guarite. Sebbene sarà difficile poter conseguire l’obiettivo fissato nel piano sanitario “Healthy People 2000” di ridurre al 15% la prevalenza dei fumatori abituali tra i cittadini americani adulti di entrambi i sessi è sicuramente ambizioso e difficilmente raggiungibile, ma occorre sottolineare che quasi l’80% delle donne adulte ha scelto di non fumare. E’ questa, infatti, la tendenza di gran lunga più diffusa. Se le raccomandazioni esposte in questo e nei precedenti rapporti fossero veramente rispettate, nel nostro Paese si potrebbe ottenere una riduzione del 50% della percentuale di consumo del tabacco tra ragazze e donne adulte. Allo stato attuale si rilevano segnali positivi e promettenti che indicano che l’epidemia dei tumori ai polmoni tra le donne americane abbia ormai raggiunto il suo picco massimo. Mentre questo documento era ancora in corso di stampa, un rapporto stilato dai Centers for Disease Control and Prevention, sulla base dei dati provenienti dalla California e dal National Cancer Institute, ha diffuso dati e notizie senza dubbio incoraggianti. La California negli ultimi anni è sempre stata in prima linea per quanto riguarda le attività di controllo del tabacco; la prevalenza del fumo ha registrato una diminuzione più rapida rispetto al resto del Paese e i tassi di incidenza di tumore ai polmoni nelle donne sono notevolmente diminuiti. Secondo un altro rapporto, in California tra il 1989 e il 1997 sono stati registrati 33.300 decessi in meno per cardiopatia in entrambi i sessi, un numero inferiore rispetto alle stime previste nel caso in cui la tendenza della mortalità per cardiopatia in tutto il Paese fosse rimasta invariata. La California è stato il primo stato americano ad attuare un vasto programma di controllo su tutto il territorio, finanziato con le risorse provenienti da una sovrattassa sul tabacco applicata a partire dal 1989. Altri stati usufruiscono di ingenti risorse che provengono dalle azioni legali contro le multinazionali del tabacco e che servono a coprire i costi delle malattie connesse al fumo. Sfortunatamente sono ancora pochi gli stati che hanno potuto o pensato di utilizzare queste risorse per ulteriori investimenti in strategie di provata efficacia per il controllo del tabacco, che potrebbero portare ad una diminuzione delle malattie e delle percentuali dei decessi attribuibili al fumo. Rispetto a trenta anni fa, le probabilità che le donne che vivono negli Stati Uniti e in diversi altri paesi industrializzati divengano delle fumatrici sono assai ridotte. In molte altre parti del mondo, invece, si teme che possa accadere esattamente il contrario, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove la prevalenza del fumo tra le donne è sempre stata piuttosto bassa. Ma su questi paesi le aziende produttrici del tabacco hanno concentrato il loro interesse e vi hanno individuato un enorme potenziale di mercato, in particolare per quanto riguarda la popolazione femminile. Se riusciremo a contenere l’aumento del consumo di tabacco da parte delle donne, saremo riusciti a tutelare la salute pubblica. David Satcher, M.D., Ph. D. Surgeon General (1997-2002) LE DONNE E IL FUMO: RAPPORTO DEL SURGEON GENERAL - COMPENDIO UFFICIALE E’ questo il secondo rapporto del Surgeon General dedicato al tema del fumo e delle donne. Il primo è stato pubblicato nel 1980 (U.S. Department of Health and Human Services – USDHHS, 1980), 16 anni dopo il rapporto sul fumo e sulla salute stilato dall’Advisory Committee del Surgeon General nel 1964 (U.S. Department of Health, Education and Welfare – USDHEW, 1964). Le evidenze riportate in quest’ultimo rapporto, che peraltro riguardavano prevalentemente individui di sesso maschile, dimostravano ampiamente l’esistenza di una relazione causale tra il fumo, le patologie neoplastiche e diverse altre patologie. Ad esempio, le conclusioni del rapporto erano le seguenti: “Il fumo di sigaretta è causa di tumore al polmone negli uomini… Per quanto riguarda le donne, i dati in nostro possesso, benché scarsi, puntano in questa stessa direzione” (USDHEW, 1964, pag.37). Nel 1980, anno in cui fu pubblicato il primo rapporto del Surgeon General, gli effetti devastanti del fumo per la salute delle donne erano ormai ampiamente dimostrati e “i primi segnali di un’epidemia di patologie fumocorrelate tra le donne si erano ormai palesati in tutta la loro gravità ” (USDHHS, 1980, pag. V) Purtroppo questa previsione si è ben presto avverata e il consumo di tabacco è diventato un’abitudine diffusa tra le donne, anche se con un ritardo di almeno 25 anni rispetto agli uomini. Nonostante ciò, nella prefazione al rapporto del 1980, si ritenne necessario includere una sezione dal titolo “The Fallacy of Women’s Immunity”. Nel ventennio successivo, numerosi studi hanno contribuito ad ampliare ed approfondire le nostre conoscenze sugli effetti nocivi del fumo per la salute delle donne, sugli schemi passati e attuali del fumo nei diversi sottogruppi demografici della popolazione femminile, sui fattori che influiscono sull’inizio e il mantenimento di questa abitudine (ivi compresi la pubblicità e il marketing dei prodotti del tabacco), nonché sugli interventi più idonei per convincere le donne a smettere di fumare. In questo secondo rapporto vengono riportate le ormai innumerevoli testimonianze raccolte sul fumo e le donne – testimonianze che, globalmente considerate, costringono la nostra Nazione a considerare la riduzione e la prevenzione del fumo una delle priorità più importanti per il nostro secolo di tutelare la salute delle donne. Ci sarebbe bisogno di focalizzare gli interventi su questo settore. Ormai non si tratta più di prendere atto dei primi segnali di un’epidemia di malattie correlate al fumo tra le donne, come era successo nel 1980, al momento della pubblicazione del primo rapporto. Da quel momento, come abbiamo già detto, il nostro livello di conoscenza al riguardo è sicuramente migliorato, grazie anche al proliferare di innumerevoli studi su questa tematica. Tali conoscenza vengono appunto riportate e riassunte nel presente rapporto. La Nazione oggi si trova nel bel mezzo di una epidemia conclamata. Il tumore ai polmoni, una volta raro, ha superato il tumore al seno quale causa principale di morte per cancro tra le donne e, al momento, si può attribuire a questa neoplasia il 25% di tutti i decessi per cancro. Alcune indagini hanno dimostrato che molte donne non sono a conoscenza di ciò. E, d’altronde, il tumore ai polmoni non è altro che una delle moltissime malattie gravi cui le donne che fumano sono maggiormente esposte. Sebbene i fumatori, di entrambi i sessi, siano ad elevato rischio di malattie quali neoplasie, cardiopatie ed enfisema, per le donne, in particolare, esistono rischi specificatamente legati alla gravidanza, all’uso di contraccettivi orali, al ciclo mestruale e al tumore della cervice dell’utero. Tutti questi rischi, sia quelle specificatamente femminili che non, devono essere assolutamente tenuti nella dovuta considerazione. Peraltro, gran parte delle nostre conoscenze sugli effetti dell’esposizione al fumo passivo per la salute dei nonfumatori sono desunte da studi effettuati sulle donne, poiché dal punto di vista storico gli uomini avevano maggiori probabilità di diventare fumatori rispetto alle donne e poiché molte donne che non fumano sono comunque sposate con dei fumatori. Nel 1965, il 51,9% di uomini e il 33,9% di donne erano fumatori; nel 1979, la percentuale delle donne era scesa al 19,9%, mentre la diminuzione al 37,5% registrata tra gli uomini fu certamente molto meno rilevante. A partire dal 1980, anno di pubblicazione del primo rapporto, il divario nella prevalenza del fumo tra adulti di entrambi i sessi si era ridotto ma, dalla metà degli anni ’80, la differenza si è perlopiù stabilizzata su 5 punti di percentuale. Nel 1998 la prevalenza del fumo era pari al 22% tra le donne e al 26,4% tra gli uomini. Il divario nella prevalenza del fumo tra gli adolescenti di entrambi i sessi era minore rispetto a quello tra gli adulti; negli anni ’90 la prevalenza era aumentata della prevalenza in entrambi i sessi, e nel 2000 il numero di studentesse e di studenti di scuola media superiore che avevano ammesso di aver fumato negli ultimi trenta giorni era pari rispettivamente al 29,7% e 32,8% (University of Michigan, 2000). Negli ultimi anni, alcune ricerche hanno dimostrato che l’impatto del fumo sul rischio di tumore ai polmoni potrebbe essere maggiore nelle donne rispetto agli uomini, che l’esposizione al fumo passivo potrebbe essere associato ad un maggiore rischio di tumore al seno e, infine, che le donne potrebbero essere più soggette degli uomini ad aumentare di peso dopo aver smesso di fumare. Secondo un’altra ricerca, inoltre, soggetti che denotano determinati polimorfismi genetici possono essere particolarmente vulnerabili agli effetti legati al consumo di tabacco e all’esposizione al fumo passivo. Tutti questi settori continuano ad essere oggetto di studio e ulteriori analisi e, al momento, non si possono trarre conclusioni attendibili. Tuttavia, si amplia ed approfondisce la nostra conoscenza sull’ampia gamma di effetti del fumo sulla salute ed è altresì fondamentale comprendere l’importanza dell’analisi degli effetti sesso-specifici. Il fumo è uno dei comportamenti umani più studiati e, infatti, sono centinaia gli studi che hanno dimostrato gli effetti nocivi per la salute; restano, tuttavia, alcune questioni irrisolte e la necessità di acquisire ulteriori informazioni e dati sul fumo e le donne. Ad esempio, occorrerebbe comprendere meglio perché, nonostante esistano dati inconfutabili sugli effetti nocivi del fumo, negli anni ‘90’ la prevalenza del consumo di tabacco sia aumentata tra adolescenti e giovani donne. Occorrerebbe altresì identificare quali siano gli interventi e le politiche più idonee a prevenire l’epidemia del fumo soprattutto tra le donne che, al momento, registrano una prevalenza bassa, tra le americane appartenenti a determinati gruppi socio-culturali e le donne che vivono in molti paesi in via di sviluppo; analizzare la relazione esistente tra fumo attivo e malattie (ad esempio, irregolarità del ciclo mestruale, problemi alla cistifellea, lupus eritematoso sistemico), per le quali peraltro disponiamo solo di dati indicativi e comunque non attendibili; disporre di maggiori dati sugli effetti del fumo passivo su malattie tipicamente femminili; avviare ulteriori ricerche per verificare l’eventuale diversità tra i due sessi nella suscettibilità alla dipendenza da nicotina ovvero di una diversa rilevanza degli effetti del fumo in determinati esiti di una malattia; e, infine, determinare se esistano differenze sesso-specifiche per quanto per quanto attiene agli effetti che modificano i polimorfismi genetici nel rischio di malattie associate al fumo. In molti studi sono stati esaminati campioni misti di uomini e donne, ma non sono stati rilevati risultati distinti per sesso. Fatto questo che in futuro dovrebbe incoraggiare i ricercatori a ricercare risultati e dati sesso-specifici. Recentemente il Surgeon General ha stilato altri rapporti sul fumo, riguardanti più in particolare i giovani (USDHHS, 1994), le minoranze etniche e razziali (USDHHS, 1998) e gli interventi più efficaci a ridurre il consumo di tabacco fumo (USDHHS, 2000). Il lettore dovrebbe consultare anche questi rapporti per poter avere un quadro più generale della questione. Nel presente rapporto, infatti, ci si sofferma soprattutto sui dati specifici relativi a donne e ragazze e sul raffronto dei risultati sesso-specifici. CAPITOLO 1 – CONCLUSIONI PRINCIPALI 1. Nonostante la popolazione fosse ormai a conoscenza delle conseguenze devastanti del fumo sulla salute, nel 1998 il fumo di sigarette riguardava il 22% delle donne. Come già detto, negli Stati Uniti il fumo di sigarette tra le donne si è diffuso più tardi rispetto agli uomini e, infatti, le percentuali di prevalenza del fumo nelle donne sono sempre state notevolmente più basse. Nondimeno, il divario una volta decisamente ampio esistente tra i due sessi si è gradualmente ridotto fino alla metà degli anni ’80 e, da allora, è rimasto pressoché invariato. Oggigiorno la prevalenza del fumo è quasi triplicata tra le donne con un livello di istruzione medio-basso [9-11 anni di scolarità (32,9%)] rispetto a quelle con un livello di istruzione superiore [più di > 16 anni di scolarità (11,2%)]. 2. Nel 2000, il 29,7% di studentesse di scuola media superiore ha ammesso di aver fumato negli ultimi 30 giorni. La prevalenza del fumo tra le ragazze di razza bianca era diminuita dalla metà degli anni ’70 ai primi anni ’80 e nel decennio successivo si sono registrate variazioni irrilevanti. All’inizio degli anni ’90, invece, si ebbe un notevole aumento della prevalenza, che sul finire del decennio tornò quindi a diminuire, seppure in modo abbastanza irrilevante. Non disponiamo di sufficienti dati sulla tendenza a lungo termine della prevalenza del fumo tra gli studenti dell’ultimo anno di scuola media superiore appartenenti ad altri gruppi etnici o razze. 3. A partire dal 1980 circa 3 milioni di donne americane sono morte prematuramente a causa di neoplasie, cardiopatie, malattie respiratorie e pediatriche attribuibili al fumo, nonché a causa di ustioni provocate dal fumo di sigarette. Negli anni ’90, le donne americane ogni anno hanno perso in media 2,1 milioni di anni di vita a causa di decessi prematuri attribuibili al fumo. Ma le fumatrici sono esposte anche ad altre malattie specificatamente femminili quali, ad esempio, quelle che interessano il sistema riproduttivo. 4. Attualmente, il tumore ai polmoni è la causa primaria di morte per cancro tra le donne americane, avendo superato il cancro al seno già nel 1997. Circa il 90% di tutti i decessi per tumore ai polmoni tra donne che continuano a fumare è attribuibile al fumo. 5. L’esposizione al fumo passivo è una delle cause di tumore ai polmoni e di patologie coronariche tra donne che hanno sempre fumato. I bambini nati da madri che sono state esposte al fumo passivo durante la gravidanza, alla nascita registrano un peso corporeo inferiore alla media e, rispetto a bambini nati da madri non esposte, sono maggiormente a rischio di ritardi di crescita intrauterina. 6. Il rischio di morte prematura è notevolmente ridotto per le donne che smettono di fumare e, a prescindere dalla loro età, la loro salute ne trae senza dubbio beneficio. Sebbene secondo alcuni studi clinici per le donne potrebbe risultare più difficile smettere di fumare, i dati di un’indagine condotta a livello nazionale dimostrano che la percentuale di donne che smettono di fumare è sovrapponibile, se non addirittura più alta, rispetto alla percentuale degli uomini. Gli interventi mirati alla prevenzione e alla cessazione del fumo si rivelano in genere egualmente efficaci a prescindere dal sesso del target individuato e, a tutt’oggi, sono minime le differenze sesso-specifiche per quanto riguarda i fattori connessi all’inizio e alla cessazione del consumo di tabacco. 7. Il fumo durante la gravidanza continua a rappresentare un grave problema di sanità pubblica, nonostante siano ormai ampiamente riconosciuti gli effetti nocivi del fumo in questa fase di vita delle donne. Sebbene negli ultimi anni la prevalenza del fumo durante la gravidanza sia costantemente diminuita, sono ancora molte le donne che continuano a fumare e solo circa 1/3 di quelle che decidono di smettere non riprendono a fumare entro il primo anno successivo al parto. 8. La politica di marketing adottata dalle aziende produttrici di tabacco, sia negli Stati Uniti che oltreoceano, influisce senz’altro sulla vulnerabilità e sulla scelta delle ragazze di iniziare a fumare. Gli innumerevoli esempi di pubblicità e messaggi promozionali sul tabacco destinati alle donne testimoniano come il marketing si affidi prevalentemente ad immagini e tematiche legate al concetto di indipendenza ed emancipazione femminile. Infatti, le immagini riportano perlopiù modelli femminili fisicamente attraenti ed atletici che tuttavia, in quanto tali, contrastano nettamente con l’aspetto reale delle fumatrici, costrette ogni giorno a far fronte ai gravi danni che il fumo comporta per la loro salute. Conclusioni Riassumiamo qui di seguito le conclusioni dei capitoli 2-5, mentre per il primo capitolo non vengono riportate conclusioni in quanto non si tratta altro che di un riassunto dell’intero rapporto. Il capitolo 6, riguardante le prospettive future, è riportato integralmente subito dopo le conclusioni dei capitoli 2-5. CAPITOLO 2 – SCHEMI DI CONSUMO DEL TABACCO TRA DONNE ADULTE E RAGAZZE 1. La prevalenza del fumo di sigarette nelle donne ha raggiunto percentuali significative più tardi rispetto agli uomini, benché tali percentuali siano sempre state più basse rispetto a quelle maschili. Ma tra il 1965 e il 1985, il divario tra i due sessi si è notevolmente ridotto e, a partire proprio dal 1985, la diminuzione delle percentuali di prevalenza tra uomini e donne è stata perlopiù simile. 2. La prevalenza del fumo abituale tra le donne è salita dal 6% circa nel 1924 al 34% nel 1965, per poi scendere di nuovo al 22-23% sul finire degli anni ’90. Nel biennio 1997-1998, i tassi di prevalenza più alti sono stati riscontrati tra le indiane d’America e le native dell’Alaska (34,5%), seguite dalle americane di razza bianca (23,5%) e di colore (21,9%); al contrario, i tassi più bassi riguardavano le ispaniche (13,8%), le asiatiche e le americane originarie dell’isole del Pacifico (11,2%). Se prendiamo come parametro il livello di istruzione conseguito, i tassi di prevalenza risultavano triplicati tra le donne con un livello di istruzione medio-basso [9-11 anni di scolarità (30,9%)] rispetto a quelle con un livello di istruzione superiore [>16 anni di scolarità (10,6%)]. 3. La diminuzione della prevalenza del fumo tra le ragazze conseguita negli anni ’70 e ’80 è stata in qualche modo annullata dal netto aumento registrato negli anni ’90: il fumo abituale tra le studentesse di scuola media superiore è rimasto pressoché invariato negli anni 1998 e 2000. Sebbene negli anni ’70-’80 la prevalenza del fumo fosse più alta tra le studentesse di scuola media superiore più che tra gli studenti, a partire dalla metà degli anni ’80 tali percentuali si sono attestate su valori assolutamente simili. 4. Dalla metà degli anni ’70 ai primi anni ’90 la prevalenza del fumo era sostanzialmente diminuita tra le ragazze di colore, rimanendo invece pressoché invariata tra le ragazze di razza bianca. Passando dall’adolescenza all’età adulta, gli schemi di consumo del tabacco hanno evidenziato delle diversità legate alla razza e all’etnia delle giovani donne. Non disponiamo di dati attendibili sulla tendenza a lungo termine della prevalenza del fumo tra le studentesse di scuola media superiore appartenenti ad altri gruppi etnici e razze. 5. Dal 1989 al 1998, la prevalenza del fumo durante la gravidanza era diminuita; nondimeno, benché si fosse ormai assolutamente consapevoli degli effetti nocivi del fumo in questa fase della vita di una donna, le stime riguardanti le donne che continuavano a fumare in gravidanza variavano dal 12%, secondo quanto riportato nei certificati di nascita, al 22% sulla base dei dati riportati in questa indagine. 6. Da un punto di vista storico e cronologico, le donne hanno iniziato a fumare più tardi rispetto agli uomini ma, a partire dal 1960, l’età media al momento dell’inizio del consumo di tabacco non presentava più differenze significative legate al sesso. 7. Il grado della dipendenza da nicotina è proporzionale al numero di sigarette fumate al giorno. Non si rilevano differenze significative tra ragazze e donne adulte quando i risultati sono stratificati per numero di sigarette fumate al giorno. Poche le differenze sesso-specifiche riscontrate per quanto riguarda gli indicatori della dipendenza da nicotina tra adolescenti, giovani adulti e adulti in genere. 8. La percentuale di donne che non hanno mai fumato e che hanno smesso di fumare è leggermente più bassa (46,2%) rispetto a quella degli uomini (50,1%). Ciò è probabilmente dovuto al fatto che gli uomini, proprio perché avevano iniziato prima, hanno anche cominciato a smettere di fumare prima delle donne, già all’inizio del XX° secolo; questi dati, peraltro, non tengono affatto conto delle maggiori probabilità esistenti per un uomo che abbia smesso di fumare le sigarette, di continuare a fumare altri prodotti del tabacco. Dalla fine degli anni ’70 – inizio anni ’80, non si registrano differenze tra i due sessi per quanto riguarda la probabilità che, una volta che si decida di smettere di fumare, si riesca effettivamente a farlo. 9. La prevalenza dell’uso di sigari, pipe e tabacco non da fumo tra le donne è generalmente bassa, ma secondo dati recenti il consumo di sigari è in netto aumento. 10. La prevalenza del fumo tra le donne varia notevolmente da nazione a nazione; le percentuali variano infatti dal 7% nei paesi in via di sviluppo al 24% nei paesi industrializzati. Riuscire a limitare, se non addirittura a evitare un ulteriore aumento del consumo di tabacco tra le donne rappresenta un obiettivo di primaria importanza che l’umanità non può assolutamente fallire se si vuole veramente prevenire il diffondersi delle malattie. CAPITOLO 3 – CONSEGUENZE DELL’USO DEL TABACCO PER LA SALUTE DELLE DONNE Mortalità generale 1. Il fumo di sigarette ha un ruolo primario nella mortalità delle donne americane. 2. La potenzialità del rischio di morte per le cause più diverse per i fumatori abituali rispetto ai non-fumatori è proporzionale al numero di anni in cui si è fumato e al numero di sigarette fumate al giorno. 3. Negli ultimi decenni, la percentuale di decessi femminili attribuibili al fumo è aumentata, soprattutto a causa del maggior numero di sigarette fumate e della maggiore durata di tale abitudine. 4. I dati provenienti da alcuni studi di coorte effettuati negli anni ’80 dimostrano che il rischio annuale di decessi attribuibili alle cause più diverse è maggiore dell’80-90% per le donne che non hanno mai fumato. Il rischio annuale di decessi, rispetto alle donne che non hanno mai fumato, è pressoché duplicato per le fumatrici abituali per ciascuna fascia di età compresa tra 45 e 74 anni. 5. Nel 1997 circa 165.000 donne americane sono morte prematuramente per una patologia correlata al fumo; dal 1980 ad oggi le morti premature sono state circa 3 milioni. 6. Negli anni ’90, le donne americane ogni anno hanno perso circa 2,1 milioni di anni di vita per decessi attribuibili a neoplasie, patologie cardiovascolari, respiratorie e pediatriche correlate al fumo, nonché per ustioni dovute al fumo di sigarette. In media, per ogni decesso attribuibile al fumo, sono andati persi 14 anni di vita. 7. Il rischio di morte prematura è decisamente minore per le donne che smettono di fumare. I benefici che derivano dalla scelta di smettere di fumare sono senza dubbio maggiori se la donna è ancora in età giovanile; nondimeno i benefici per la salute prescindono dall’età della persona. Tumore ai polmoni 8. Il fumo di sigarette è la causa primaria di tumore ai polmoni tra le donne. In America, infatti, i decessi femminili per cancro ai polmoni attribuibili al fumo ammontano a circa il 90% del totale dei decessi. 9. L’aumento del rischio di tumore ai polmoni è proporzionale alla quantità , alla durata e all’intensità del consumo di tabacco. Il rischio di morire per questo tipo di tumore è 20 volte superiore per le donne che fumano circa 1-2 pacchetti di sigarette al giorno rispetto alle donne che non fumano affatto. 10. I tassi di mortalità per tumore ai polmoni tra le donne americane sono aumentati di circa il 600% a partire dal 1950. Nel 1987, in particolare, questa neoplasia ha superato il tumore al seno ed è divenuta la causa primaria di morte per cancro. I tassi generali di incidenza del tumore ai polmoni per classe di età hanno raggiunto i loro valori più alti verso la metà degli anni ’90. 11. In passato, il rischio di neoplasie polmonari sembrava essere maggiore per i fumatori rispetto alle donne che fumavano sembravano maggiormente a rischio di neoplasie fumatrici, ma dati recenti hanno dimostrato che il divario prima evidente tra i due sessi si è notevolmente colmato. Risultati ancora più recenti riflettono ampiamente le differenze sesso-specifiche riscontrate in passato per quanto riguarda la durata di tale abitudine e la quantità di sigarette fumate al giorno. 12. Gli ex-fumatori sono a minor rischio rispetto ai fumatori abituali e il rischio di tumore ai polmoni diminuisce in relazione al numero di anni trascorsi dal momento in cui si è smesso di fumare. Le tendenze riguardanti il tumore ai polmoni nel contesto internazionale 13. Le percentuali di decessi femminili per tumore ai polmoni variano enormemente e ciò riflette le differenze storiche riscontrate nei diversi paesi per quanto concerne l’inizio del consumo di sigarette. Nel 1990, il 10% dei decessi causati da patologie neoplastiche in tutto il mondo era attribuibile al tumore ai polmoni, mentre nei paesi industrializzati tale percentuale saliva al 20%. Tumori femminili 14. La relazione causale tra fumo e rischio di tumore al seno non è comprovata dalle evidenze scientifiche rilevate. 15. Molti studi dimostrano che l’esposizione al fumo passivo è associato ad un rischio maggiore di carcinoma mammario. Nonostante ciò, comunque, non esistono dati certi che avvalorino questa ipotesi. 16. Il rischiosi tumore dell’endometrio è minore per le fumatrici abituali, in particolare nella fase post-menopausa. Per le ex-fumatrici, il rischio di tumore all’endometrio sembrerebbe assimilabile a quello delle donne che non hanno mai fumato. 17. Il fumo non sembra essere associato al rischio di tumore alle ovaie. 18. In genere, al fumo è stato associato un rischio maggiore di tumore alla cervice. Tale associazione non è scientificamente provata e si dubita che essa sia indipendente dall’infezione da papillomavirus umano. 19. Il fumo può essere associato al rischio maggiore di carcinoma vulvare, ma non è chiaro fino a che punto tale associazione sia indipendente dall’infezione da papillomavirus umano. Altre forme tumorali 20. Il fumo è una delle cause primarie dei tumori orofaringei e dei tumori alla vescica. L’evidenza dimostra, inoltre, che per le fumatrici aumenta il rischio di tumore al pancreas ed ai reni. Per quanto concerne il tumore della laringe e quello dell’esofago, benché i dati disponibili siano abbastanza scarsi, è tuttavia ipotizzabile che il rischio sia maggiore per le donne che fumano. 21. Le fumatrici sono maggiormente a rischio di tumore al fegato e di tumore colorettale. 22. I dati di cui disponiamo non provano la relazione causale tra fumo e tumore allo stomaco. 23. Il fumo può essere associato ad un rischio maggiore di leucemia mieloide acuta, mentre non sembra essere associato ad altri tumori del sangue o del sistema linfatico. 24. Per le donne che fumano aumenta il rischio di tumore della tiroide. 25. Le donne che fanno uso di tabacco non da fumo sono maggiormente a rischio di tumore alla bocca. Malattie cardiovascolari 26. Il fumo è per le donne una delle cause primarie di cardiopatia coronarica. Per le donne con meno di 50 anni, queste malattie sono perlopiù attribuibili al fumo. Il rischio è proporzionale al numero di sigarette fumate e alla durata di questa abitudine. 27. Il rischio di cardiopatie coronariche si riduce notevolmente trascorsi 1-2 anni dalla cessazione del consumo di tabacco. Rispetto ai non-fumatori, al beneficio immediato per la salute segue una costante ma più graduale riduzione del rischio, trascorsi 10-15 anni o anche più dalla cessazione del consumo di tabacco. 28. Le fumatrici che fanno uso di contraccettivi sono a rischio elevato di cardiopatie coronariche. Al momento non esistono dati attendibili che attestino l’esistenza di sostanziali diversità di rischio tra fumatori e nonfumatori a seguito di somministrazione di terapia sostitutiva con ormoni. 29. Il rischio di ischemia e di emorragia subaracnoidea è maggiore per le donne che fumano. Non è scientificamente provata la correlazione causale tra fumo ed emorragia intracerebrale primaria. 30. Nella maggior parte degli studi condotti sulle donne è dimostrato che il rischio elevato di infarto causato dal fumo può essere in qualche modo annullato ovvero ridotto se si smette di fumare; dopo un periodo di astinenza di 5-15 anni, il rischio è paragonabile a quello delle donne che non hanno mai fumato. 31. Non esistono dati attendibili sull’entità del rischio di infarto per le fumatrici che fanno uso dei contraccettivi oggi comunemente prescritti negli Stati Uniti ovvero che sono state sottoposte a terapia sostitutiva con ormoni. 32. Il fumo è sicuramente un fattore predittivo della progressione e della gravità dell’arteriosclerosi della carotide. La cessazione del consumo di tabacco sembra rallentare la progressione di tale patologia. 33. Per le fumatrici abituali è maggiore il rischio di arteriosclerosi vascolare periferica. La cessazione del consumo di tabacco è associata ad un miglioramento della sintomatologia, della prognosi e ad un aumento della sopravvivenza. 34. Per le fumatrici è grande il rischio di morire per rottura di aneurisma aortico addominale. Sindrome polmonare ostruttiva cronica (COPD – Chronic Obstructive Pulmonary Disease) e funzionalità polmonare. 35. Il fumo di sigarette è tra le cause primarie della sindrome polmonare ostruttiva cronica (COPD) e il rischio per le donne aumenta in relazione al numero di sigarette fumate e alla durata dell’abitudine al fumo. Negli Stati Uniti, il 90% circa dei decessi femminili dovuti a tale sindrome è attribuibile al fumo di sigarette. 36. Il feto che, all’interno dell’utero, è esposto al fumo materno può presentare una ridotta funzionalità polmonare; anche l’esposizione di bambine e adolescenti al fumo passivo può comportare un’alterazione della funzionalità polmonare. 37. Le adolescenti che fumano rischiano di avere uno sviluppo polmonare ridotto, mentre nelle fumatrici adulte si rileva un declino prematuro della funzionalità polmonare. 38. La funzionalità polmonare ha certamente un declino più lento nelle exfumatrici che smettono di fumare rispetto alle donne che continuano a fumare. 39. I tassi di mortalità femminile per malattia polmonare cronica da ostruzione sono aumentati negli ultimi 20-30 anni. 40. Sebbene i dati riguardanti la popolazione femminile siano decisamente insufficienti, per le ex-fumatrici il rischio di morire per questa malattia è certamente minore rispetto alle fumatrici abituali. Ormoni sessuali, malattia della tiroide e diabete mellito 41. Per le fumatrici è maggiore il rischio di disordini da deficienza di estrogeni e, al contrario, è minore il rischio di disordini estrogeno-dipendenti; nondimeno, i livelli di circolazione dei principali estrogeni endogeni non risultano alterati. 42. Sebbene non siano stati riscontrati esiti rilevanti del fumo sui livelli ormonali della tiroide, le donne che fumano sigarette sono maggiormente a rischio di oftalmopatia o malattia di Graves, malattia che interessa specificatamente la tiroide. 43. Il fumo sembra influire sulla regolazione del glucosio e sui processi metabolici correlati, ma i dati disponibili non comprovano l’esistenza di una relazione causale tra il fumo e lo sviluppo del diabete mellito di tipo 2 e del diabete gravidico. Ciclo mestruale, menopausa e neoplasie benigne 44. Secondo alcuni studi, il fumo di sigarette può alterare il ciclo mestruale aumentando i rischi di dismenorrea (mestruazioni dolorose), amenorrea secondaria (mancanza di ciclo mestruale in donne che hanno sempre avuto un ciclo regolare) e irregolarità mestruale. 45. Il fumo tende ad anticipare la menopausa e, quindi, le fumatrici possono maggiormente risentire della sintomatologia legata alla menopausa in un’età più giovane rispetto alla norma. 46. Per le donne che fumano il rischio di fibroma dell’utero è minore. Esiti per l’apparato riproduttivo 47. Per le fumatrici è maggiore il rischio di ritardi nel concepimento e di infertilità primaria e secondaria. 48. Per le fumatrici il rischio di gravidanze ectopiche e di aborti spontanei potrebbe essere maggiore. 49. Il fumo durante la gravidanza è associato ad un rilevante aumento del rischio di rottura prematura delle membrane, vale a dire prima del termine del tempo di gestazione, di distacco placentare e di placenta previa; esso è altresì associato ad un modesto aumento del rischio di parto prematuro. 50. Il rischio di preeclampsia è minore per le donne che fumano in gravidanza. 51. Il rischio di mortalità perinatale - sia decessi neonatali che bambini nati già morti - e il rischio di sindrome di morte improvvisa del neonato (SIDS – Sudden Infant Death Sindrome) sono maggiori per i bambini nati da donne che hanno fumato durante la gravidanza. 52. I bambini nati da donne che hanno fumato durante la gravidanza, rispetto ai bambini nati da donne che non hanno mai fumato, presentano alla nascita un peso inferiore rispetto alla media e maggiori sono le probabilità che siano più piccoli rispetto all’età gestazionale. 53. Il fumo non sembra in genere essere associato al rischio di malformazioni congenite. 54. Rispetto alle non-fumatrici, è meno probabile che le donne che fumano allattino al seno i propri bambini. 55. Per le donne che smettono di fumare prima o durante al gravidanza si riduce il rischio di esiti negativi per l’apparato riproduttivo, ivi compresi ritardi nel concepimento, infertilità , rottura prematura delle membrane, parti prematuri e minore peso alla nascita. Peso corporeo e distribuzione del grasso 56. L’inizio del consumo di tabacco non sembra essere associato alla perdita di peso, anche se è provato che con l’andare del tempo il fumo riduce l’aumento di peso. 57. Il peso medio delle fumatrici abituali è lievemente inferiore a quello delle donne che non hanno mai fumato ovvero che hanno smesso di fumare già da molto tempo. 58. Nelle donne la cessazione del consumo di tabacco è tipicamente associato ad un aumento di peso dai 2 ai 4 chilogrammi, circa un anno dopo aver smesso di fumare. 59. Le fumatrici presentano una distribuzione del grasso molto simile a quella degli uomini (ad esempio, una percentuale maggiore di grasso tra la vita e i fianchi). Densità ossea e rischio di fratture 60. Nella fase post-menopausa, le fumatrici abituali presentano una densità ossea minore rispetto alle donne che non fumano. 61. Le fumatrici abituali sono maggiormente a rischio di fratture alle anche. 62. La relazione causale tra fumo e rischio di fratture in diverse parti del corpo non è stata scientificamente provata. Malattie gastrointestinali 63. Secondo diversi studi, il rischio di soffrire di disturbi alla cistifellea (calcoli biliari e colecisti) è certamente maggiore per le fumatrici, anche se disponiamo di dati attendibili che comprovino questa ipotesi. 64. Per le fumatrici è maggiore il rischio di ulcera peptica. 65. Il rischio di colite ulcerosa è minore per le fumatrici abituali, mentre il rischio aumenta per le ex-fumatrici, molto probabilmente perché il fumo inibisce i sintomi della malattia. 66. Le fumatrici sembrano maggiormente a rischio di contrarre il morbo di Chron e la prognosi per loro è sicuramente più sfavorevole rispetto alle donne che non fumano. Artrite 67. Soltanto in alcuni studi viene avanzata l’ipotesi di un rischio maggiore di artrite remautoide per le donne che fumano. 68. Le fumatrici rischiano di meno di soffrire di osteoartrosi del ginocchio; per quanto concerne l’osteoartrosi dell’anca, i dati disponibili sono contraddittori. 69. Anche i dati disponibili sul rischio di lupus eritematoso sistemico tra le donne sono contraddittori. Disturbi oculari 70. Il rischio di cataratta è maggiore per le fumatrici. 71. Il rischio di degenerazione maculare dovuta all’età è invece leggermente inferiore. 72. Alcuni studi non evidenziano una relazione causale comprovata tra fumo e glaucoma ad angolo aperto. Infezione da Virus dell’Immunodeficienza Immunodeficiency Virus) Umana (HIV – Human 73. Sono scarsi i dati che dimostrano un rischio maggiore di infezione da HIV1 per le donne che fumano. Segni di invecchiamento precoce sul viso 74. Esistono dati attendibili, se pur scarsi, che dimostrano che il viso delle donne che fumano presenta più rughe rispetto a quello delle donne che non fumano. Depressione e altri disturbi psichiatrici 75. La depressione colpisce più le fumatrici che le non-fumatrici – constatazione, questa, che potrebbe rispecchiare l’effetto del fumo sul rischio di depressione, l’utilizzo del fumo per l’automedicazione ovvero l’influenza dei comuni fattori genetici o di fattori di altro tipo sia sul fumo che sulla depressione. La correlazione fumo-depressione assume particolare rilievo per le donne, in quanto queste sono maggiormente soggette a depressione. 76. La prevalenza del fumo è generalmente più alta nei pazienti affetti da attacchi di ansia, bulimia, apropessia e alcoolismo, rispetto a soggetti che non presentano una tale sintomatologia. A tutt’oggi, i meccanismi che sottostanno a questa correlazione tra fumo e disturbi psichiatrici non sono ancora stati individuati. 77. La prevalenza del fumo è decisamente alta tra i pazienti schizofrenici, ma quali siano meccanismi che associano il fumo a tale patologia non è stato ancora scientificamente provato. 78. Il fumo viene utilizzato da molti soggetti per reprimere una sintomatologia di natura psichiatrica; per questi soggetti, smettere di fumare significherebbe far insorgere uno stato di depressione ovvero altri stati d’animo disforici. Disturbi neurologici 79. Le donne che fumano sono meno esposte al rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. 80. I dati esistenti sulla relazione causale tra fumo e morbo di Alzheimer non sono attendibili. Farmacologia e dipendenza dalla nicotina 81. La farmacologia della nicotina ed i processi comportamentali che ne determinano la dipendenza non sembrano evidenziare differenze sessospecifiche. Se standardizzata per numero di sigarette fumate, la concentrazione di cotinina (il principale metabolita della nicotina) nel sangue è simile negli uomini e nelle donne. 82. La regolazione dell’assunzione di nicotina nelle donne può risultare esatta. Fattori diversi dalla nicotina possono avere un ruolo decisamente rilevante nel determinare il comportamento delle donne nei riguardi del fumo. Fumo passivo (ETS – Environmental Tobacco Smoke) e tumore ai polmoni 83. L’esposizione al fumo passivo è una delle cause di tumore ai polmoni tra donne che non hanno mai fumato. Fumo passivo e cardiopatie coronariche 84. I dati, sia epidemiologici che di altra natura, dimostrano il nesso causale esistente tra esposizione del coniuge al fumo passivo e mortalità per cardiopatia coronaria tra donne che non fumano. Fumo passivo e conseguenze per l’apparato riproduttivo 85. I figli di donne che, durante la gravidanza, sono state esposte al fumo passivo, possono evidenziare alla nascita un lieve calo di peso e un rischio maggiore di ritardato sviluppo intrauterino rispetto ai figli di donne che non sono state esposte. Entrambi gli effetti suindicati si mostrano abbastanza variabili nei diversi studi effettuati. 86. Non sono molti gli studi che valutano il nesso causale tra esposizione al fumo passivo e rischio di ritardi nel concepimento, di aborti spontanei e di mortalità perinatale. I risultati finora raggiunti sembrano poco attendibili. CAPITOLO 4 – FATTORI CHE INFLUISCONO SUL CONSUMO DI TABACCO TRA LE DONNE 1. E’ molto probabile che le ragazze che iniziano a fumare abbiano genitori o amici che fumano e che abbiano un forte legame affettivo con coetanei ed amici e, al contrario, abbiano un legame meno stretto con i propri genitori e familiari. Esse ritengono che la prevalenza del fumo sia più alta di quanto effettivamente denunciato; sono propense ad assumersene i rischi ed a mettere in atto gesti di ribellione; il loro impegno scolastico e religioso è appena sufficiente; non sono pienamente consapevoli degli effetti nocivi del fumo e del fatto che la nicotina genera dipendenza; pensano che il fumo possa influire sul controllo del peso e degli stati umorali negativi; hanno un immagine positiva dei fumatori. Sebbene il grado della relazione causale per sesso di appartenenza vari da studio a studio, gran parte di questi fattori sono associati ad un maggior rischio di consumo di tabacco tra ragazze e ragazzi. 2. Rispetto ai loro coetanei, le ragazze sembrano essere più vulnerabili al vizio del fumo quale strumento per controllare il proprio peso e il cattivo umore; inoltre, rispetto ai ragazzi, subiscono maggiormente il fascino del fumo quale strumento di ribellione ovvero di rifiuto dei valori convenzionali. 3. Le donne che, pur avendo tentato, non sono riuscite a smettere di fumare appartengono perlopiù ad un livello di istruzione e di occupazione mediobasso rispetto alle donne che hanno smesso di fumare. Inoltre, evidenziano una condizione di maggiore dipendenza dal fumo di sigarette, così come attesta il numero maggiore di sigarette fumate al giorno; sono razionalmente meno propense a smettere di fumare ed a chiedere un aiuto per poterlo fare; hanno meno fiducia nella propria capacità di resistere alla tentazione del fumo. 4. Molto spesso il target privilegiato del marketing del tabacco sono proprio le donne, al punto che alcune aziende produttrici di tabacco, sia negli Stati Uniti che oltreoceano, hanno ideato e lanciato sul mercato prodotti specificatamente femminili. La miriade di pubblicità e di messaggi promozionali destinati alle donne dimostrano come nel marketing prevalgano tematiche che attraggono maggiormente le donne e che sottolineino l’aspetto dell’emancipazione femminile, utilizzando immagini che ritraggono modelli di donne esili, attraenti ed atletiche. Tra il 1995 e il 1998, la spesa nazionale per la pubblicità e la promozione delle sigarette è aumentata del 37,3%, passando da 4,90 a 6,73 miliardi di dollari. 5. Il marketing dell’industria del tabacco, che comprende anche il design del prodotto, la pubblicità e le attività promozionali, influisce senza dubbio sulla vulnerabilità e predisposizione delle donne al fumo. 6. Il fatto che i mass media beneficino delle entrate derivanti dalle pubblicità sul tabacco destinate alle donne e che le multinazionali sponsorizzino eventi artistici, sportivi e politici femminili, nonché manifestazioni di moda ha in qualche modo fatto sì che i mezzi di comunicazione stessi non dessero il giusto risalto ai danni causati dal fumo sulla salute delle donne, né tanto meno alle critiche avanzate da alcuni personaggi femminili pubblici. CAPITOLO 5 – INTERVENTI ATTI A RIDURRE IL CONSUMO DI TABACCO TRA LE DONNE 1. Tenendo conto di quanto dimostrato dagli studi effettuati, che si differenziano in quanto a tipologia, caratteristiche del campione e intensità degli interventi studiati, i ricercatori non hanno a tutt’oggi rilevato differenze sesso-specifiche rilevanti per quanto riguarda l’efficacia dei programmi di intervento contro il consumo di tabacco. Soltanto in alcuni studi clinici sono state evidenziate percentuali più basse di donne che smettono di fumare rispetto agli uomini; molti studi, invece, non hanno mostrato risultati sesso-specifici relativi alla cessazione del consumo di tabacco. 2. Nelle donne, i fattori biologici e psicosociali quali la gravidanza, il timore di ingrassare, la depressione e il bisogno di essere supportate dalla società sembrano essere associati alla scelta di continuare, di smettere ovvero di ricominciare a fumare. 3. La percentuale di donne che, durante la gravidanza, decide di smettere di fumare, di propria iniziativa ovvero spintavi da altri, è più alta rispetto alle altre fasi della vita. Attuando interventi mirati in questo periodo, si può quindi riuscire ad aumentare la percentuale di ex-fumatrici, fatto questo che comporta benefici enormi per la salute sia del neonato che della donna, peraltro con un rapporto costi-benefici decisamente ottimale. Soltanto 1/3 delle donne che durante la gravidanza aveva smesso di fumare non ha ripreso a farlo trascorso un anno dal momento del parto. 4. Rispetto agli uomini, le donne hanno più paura di ingrassare a seguito della cessazione del consumo di tabacco. Tuttavia, sono ben pochi gli studi che sono riusciti a provare l’esistenza, in entrambi i sessi, di una relazione causale tra paura di ingrassare e cessazione del fumo. Inoltre, l’effettivo aumento di peso riscontrato quando si smette di fumare non lascia necessariamente prevedere una ricaduta nel vizio del fumo. 5. Le adolescenti, rispetto ai loro coetanei, sembrano rispondere meglio ai programmi finalizzati alla cessazione del fumo, che prevedono altresì un supporto da parte della famiglia e dei propri pari. 6. Tra i fumatori accaniti, sono soprattutto le donne a mostrare una maggiore dipendenza dalle sigarette e ad avere minori aspettative per quanto concerne la cessazione di tale abitudine; non è affatto chiaro, comunque, se queste donne abbiano minori probabilità di smettere. 7. Al momento attuale, nessuno studio è stato in grado di valutare se uno stesso metodo per smettere di fumare fosse egualmente efficace per le donne appartenenti a minoranze etniche e le donne di razza bianca. C’è da dire, comunque, che sono ben poche le ricerche effettuate sulla cessazione del fumo tra donne appartenenti a gran parte delle razze e delle minoranze etniche. 8. Sono soprattutto le donne ad far registrare una diminuzione del fumo sul posto di lavoro, in quanto costrette a rispettare la politica adottata dal datore di lavoro. Al tempo stesso, è assai probabile che siano proprio le donne ad attribuire il fatto di aver fumato molto meno proprio alla scelta di questa politica. Sono soprattutto le donne più che gli uomini a sostenere le politiche finalizzate alla prevenzione dell’inizio del consumo di tabacco negli adolescenti ed a limitare l’accesso dei giovani ai prodotti del tabacco, nonché a mostrarsi favorevoli alle limitazioni imposte alla pubblicità e alla promozione del tabacco. 9. Alcuni degli interventi messi in atto per prevenire il consumo di tabacco tra i giovani si sono rivelati efficaci, ma finora non ci si è impegnati in maniera sistematica alla programmazione, realizzazione e valutazione degli interventi preventivi specificatamente mirati alle ragazze. UNO SGUARDO AL FUTURO: CHE COSA OCCORRE FARE PER RIDURRE IL FUMO TRA LE DONNE Il presente rapporto riassume l’insieme delle conoscenze acquisite sul fumo e le donne, ivi compresi gli schemi e le tendenze nella prevalenza del fumo; i fattori associati all’inizio del consumo di tabacco e al mantenimento di tale abitudine acquisita; le conseguenze del fumo per la salute delle donne; gli interventi mirati ala cessazione del consumo di tabacco e alla prevenzione del tabagismo. Il rapporto inoltre offre un panorama storico e attuale del marketing del tabacco specificatamente destinato al pubblico femminile. Gli effetti nocivi del fumo per la salute degli individui, visibili in primo luogo sugli uomini in quanto questi hanno iniziato a fumare molto prima delle donne, sono ormai drammaticamente evidenti anche tra queste ultime e, nonostante questa tragica constatazione, le aziende produttrici del tabacco continuano a privilegiare quale target dei propri messaggi pubblicitari e promozionali proprio le donne, tentando di coinvolgere anche quelle donne che vivono in aree del mondo in cui la prevalenza del fumo è sempre stata decisamente bassa. Il tema che prevalentemente emerge da questo rapporto è che il fumo è un problema femminile. Che cosa occorre fare per contenere l’epidemia del fumo e delle malattie ad esso correlate tra le donne americane e nel resto del mondo? AUMENTARE LA CONSAPEVOLEZZA DELL’IMPATTO DEL FUMO SULLA SALUTE DELLE DONNE E, AL TEMPO STESSO, COMBATTERE CONTRO LE AZIENDE PRODUTTRICI DI TABACCO CHE SI RIVOLGONO SPECIFICATAMENTE ALLE DONNE Aumentare la consapevolezza dell’impatto devastante del fumo sulla salute delle donne. Come abbiamo già detto, a partire dal 1980, anno in cui fu pubblicato il primo rapporto del Surgeon General sulle gravi conseguenze del fumo per le donne, il numero di donne affette da malattie correlate al fumo è drammaticamente aumentato. Attualmente il fumo è la principale causa conosciuta di decessi prevenibili e di malattie tra le donne. Durante gli anni ’90, i decessi femminili attribuibili al fumo sono stati 140.000 all’anno; a partire dal 1987, in particolare, il tumore ai polmoni è diventato la principale causa di morte delle donne per cancro e nel 2000 sono state registrati 27.000 decessi femminili in più per tumore ai polmoni (67.600) più che per tumore al seno (40.800). Ma al fumo sono attribuibili anche i decessi, in entrambi i sessi, causati da neoplasie di altro tipo, da malattie cardiovascolari, polmonari, ecc....Inoltre, si rilevano conseguenze specificatamente legate alla natura femminile, ad esempio quelle correlate allo stato di gravidanza. Nel 1997, le morti premature tra le donne americane attribuibili al fumo sono state circa 165.000. DARE IL MASIMO SUPPORTO ALLE DONNE NELLA LOTTA CONTRO IL TABAGISMO E PUBBLICIZZARE IL FATTO CHE LA MAGGIOR PARTE DELLE DONNE NON FUMA • Incoraggiare un dibattito aperto sulle problematiche riguardanti il fumo e le donne. Prendendo spunto dall’esperienza positiva delle azioni intraprese contro il cancro mammario, occorre programmare interventi che richiamino l’attenzione della popolazione sul fatto che il tumore ai polmoni e le altre patologie fumo-correlate hanno un effetto devastante sulla salute delle donne. Occorre altresì richiamare alle proprie responsabilità le aziende produttrici del tabacco. Le donne affette da patologie fumo-correlate, i loro familiari ed amici possono entrare a far parte di organizzazioni femminili, abbonarsi a riviste femminili ovvero affiancarsi a donne famose – e questo non solo nel tentativo di aumentare la consapevolezza sulla gravità delle malattie fumo-correlate e sul fatto che esse rappresentano un problema femminile, ma anche per esigere politiche e programmi contro il tabagismo, privandolo il fumo del fascino che da sempre lo circonda. In questo campo sono già stati attuati diversi interventi di provata efficacia, anche se soltanto su scala ridotta; considerata la gravità del problema, comunque, occorre che questi interventi siano programmati su scala nazionale. • Ammettere che la scelta dell’astensione dal fumo è assai diffusa tra le donne. Sebbene negli ultimi anni la prevalenza del fumo non sia diminuita come ci si sarebbe augurati, i 4/5 delle donne americane non fumano. In alcuni sottogruppi della popolazione femminile il fumo è relativamente raro (ad esempio, sono solo l’11,2% le donne adulte laureate che fumano abitualmente e solo il 5,4% le studentesse di colore di scuola media superiore che fumano occasionalmente). Nonostante le pubblicità sul tabacco riportino immagini femminili estremamente positive e accattivanti, è interessante notare come le donne adulte che hanno maggiori potenzialità di successo, anche grazie al loro livello di istruzione superiore, sono quelle che molto probabilmente si asterranno dal fumare. Inoltre, la stragrande maggioranza di donne che fumano dichiarano che vorrebbero tanto smettere. Ed è proprio questo aspetto che andrebbe pubblicizzato: il fatto che quasi tutte le donne o di propria iniziativa decidono di non voler cominciare a fumare oppure, pur fumando, desidererebbero tanto smettere. CONTINUARE A RICERCARE LE EVIDENZE SCIENTIFICHE DEI RISULTATI SESSO-SPECIFICI E LA GIUSTA MODALITA’ PER RIDURRE LE DISPARITA’ ESISTENTI TRA LE DONNE • Effettuare ulteriori studi sulla relazione causale tra il fumo e determinate conseguenze per la salute delle donne. Ad esempio, l’esposizione al fumo passivo aumenta il rischio di tumore al seno? Secondo alcuni studi casocontrollo questa possibilità era reale, ma la questione è tuttora controversa soprattutto perché i dati disponibili comprovanti tale correlazione sono assolutamente scarsi e inattendibili. Qualunque siano le conseguenze derivanti dall’esposizione al fumo passivo, esse nondimeno assumono un ruolo importante nei paesi in via di sviluppo, dove la maggior parte delle donne non fuma ma la prevalenza del fumo tra gli uomini è alta. I prodotti del tabacco, in particolare le marche di sigarette maggiormente diffuse tra le donne, possono variare significativamente a livello di agenti cancerogeni noti. Tuttavia non disponiamo di dati sufficienti che attestino la diversa tossicità delle varie marche di sigarette e se queste variazioni possano essere in qualche modo ricondotte ai cambiamenti occorsi negli ultimi decenni nell’istologia del tumore ai polmoni. Occorre effettuare ulteriori ricerche per valutare se la varietà dei prodotti del tabacco e l’aumento dell’esposizione alle nitrosamine specifiche del tabacco possano essere correlate all’aumento dei tassi di incidenza dell’adenocarcinoma del polmone. Occorre inoltre disporre di maggior dati sulle conseguenze per la salute delle donne impiegate nella produzione del tabacco e, più in particolare, sui possibili danni per il loro sistema riproduttivo durante la gravidanza. Quanto sopra menzionato non viene assolutamente discusso in questo secondo rapporto del Surgeon General, perché le informazioni disponibili sono assolutamente insufficienti. Occorrerebbero, infatti, dati più attendibili sulle conseguenze del fumo per la salute delle donne nei paesi in via di sviluppo, anche se si ipotizza che siano simili a quelle attualmente riportate nella letteratura, basata principalmente su studi condotti sulle donne nei paesi industrializzati, e si differenziano per stili di vita e per fattori ambientali specifici quali la dieta alimentare, l’esposizione ai diversi virus ovvero le altre fonti di inquinamento dell’ambiente domestico? • Incoraggiare la ricerca di risultati sesso-specifici negli studi sui fattori che influiscono sul comportamento legato al fumo, sugli interventi di prevenzione e di lotta contro il tabagismo, nonché sulle conseguenze per la salute, ivi compreso l’utilizzo di nuovi prodotti del tabacco. Le attuali evidenze scientifiche suggeriscono che, per quanto concerne i fattori che influenzano l’inizio del consumo di tabacco, sono più le somiglianze che diversità . Se prendiamo in considerazione le differenze storiche, le conseguenze del fumo per la salute generalmente molto simili, anche se ciò non è comprovato dall’esistenza di risultati sesso-specifici. In ogni caso, alcuni studi hanno effettivamente rilevato delle differenze per quanto attiene alla cessazione del consumo di tabacco e agli effetti che questo provocherebbe sulla salute. E’ quindi evidente che, in tema di differenze tra i due sessi, non è possibile trarre delle conclusioni definitive. Ad esempio, è ancora dubbio se le fumatrici siano maggiormente soggette al tumore ai polmoni rispetto ai fumatori ovvero se le donne abbiano maggiori probabilità di aumentare di peso dopo aver smesso di fumare. I ricercatori sono fortemente incentivati ad utilizzare i dati a loro disposizione per valutare i risultati sesso-specifici e a continuare a farlo anche in futuro. Laddove ulteriori analisi evidenzino importanti differenze sessospecifiche, occorrerà effettuare altre ricerche focalizzandosi sulla programmazione di interventi mirati alle specifiche necessità di ragazze e donne adulte. Dal momento che in futuro saranno immessi sul mercato dei nuovi prodotti del tabacco “a rischio ridotto”, sarà altresì importante comprendere se esistano differenze sesso-specifiche per quanto concerne l’attrattiva del fumo e il consumo dei prodotti del tabacco, quali siano i danni inevitabili per la salute. • Individuare gli interventi più idonei per ridurre le attuali disparità nella prevalenza del fumo tra donne appartenenti a gruppi diversi, in base alle condizioni socio-economiche, alla razza, all’etnia ed alle tendenze sessuali. Per le donne con un livello di istruzione medio basso (9-11 anni di scolarità ), le probabilità che diventino delle fumatrici sono triplicate rispetto alle donne con una istruzione universitaria. E’ più probabile che a fumare siano le indiane d’America o le native dell’Alaska piuttosto che le ispaniche, le asiatiche o le donne originarie delle isole del Pacifico. I dati disponibili, peraltro piuttosto scarsi, suggeriscono che le donne lesbiche hanno maggiori probabilità di fumare rispetto a quelle eterosessuali. Tra le ragazze adolescenti, in particolare, le fumatrici sono di razza bianca più di colore. Che cosa si può fare per cercare di ridurre le percentuali di fumo tra le donne che hanno un livello di istruzione medio-basso? Perché tra le indiane d’America si registrano percentuali di fumo così alte? Quale fattore contribuisce a far sì che tra le ispaniche, le asiatiche o le donne originarie delle isole del Pacifico le percentuali di fumo continuino ad essere relativamente basse? E che cosa possiamo fare per evitare che in futuro questa percentuali possano aumentare? Quali influenze positive hanno fatto sì che, negli anni ’90, la maggior parte delle adolescenti di colore non si sono fatte sedurre dalla tentazione del fumo, in netto contrasto con le ragazze di razza bianca per le quali la prevalenza di fumo è abbastanza alta? L’obiettivo è di far scendere il fumo ai livelli più bassi possibili all’interno dei diversi gruppi demografici. Le risposte a tutte queste domande forniranno elementi utili per la pianificazione degli interventi futuri. • Comprendere per quale motivo, nel corso degli anni ’90, la prevalenza del fumo tra le donne adulte sia diminuita in modo così impercettibile e, viceversa, sia aumentata in maniera evidente tra le adolescenti. La mancanza di un pur lieve miglioramento della situazione rappresenta senza dubbio un grave problema, anche perché in questo modo l’epidemia delle malattie fumo-correlate può continuare a mietere vittime. Quali elementi hanno contribuito a mantenere la prevalenza del fumo nelle donne su valori pressoché invariati e, viceversa, hanno influito sul rapido aumento della prevalenza nelle adolescenti? Le politiche per il controllo del consumo di tabacco si sono dimostrate efficaci ed hanno portato ad una diminuzione della prevalenza soprattutto laddove tali politiche si sono rivelate più incisive. Nondimeno, le azioni mirate alla riduzione del consumo di tabacco non operano in un contesto a sé stante e i diversi elementi che invogliano fortemente al fumo di tabacco (dalle pubblicità alle immagini cinematografiche) hanno favorito l’accettazione sociale del fumo e, quindi, hanno attenuato gli effetti dei programmi di controllo del tabacco messi in atto. Inoltre, il monitoraggio attualmente in corso sull’industria del tabacco tenta di focalizzarsi prevalentemente sulle donne nel nostro Paese e nel resto del mondo; tale attività è di fondamentale importanza sia per una comprensione globale dei fattori che influenzano e incoraggiano le donne a fumare, sia per la programmazione e realizzazione di campagne efficaci contro il marketing del tabacco. Se, infatti, vedere nei film attrici famose che fumano incentiva il consumo di tabacco, scoraggiare tali pratiche e, al tempo stesso, coinvolgere direttamente queste attrici famose convincendole a farsi portavoce dei problemi femminili e del fumo dovrebbero costituire delle priorità assolute. • Stabilire un programma ben definito di ricerche ed analisi riguardanti il fumo e le donne. Come abbiamo già detto, la portata dell’impatto del fumo e dell’esposizione al fumo passivo sul rischio di conseguenze derivanti da alcune malattie per le donne non è stato sufficientemente analizzato. E’ fondamentale poter determinare se gli interventi specificatamente mirati ai due sessi aumentino l’efficacia dei diversi metodi di prevenzione e di cessazione del consumo di tabacco; così come è importante documentare le eventuali differenze riscontrate nell’efficacia dei trattamenti farmacologici per la cessazione del fumo. Occorrerebbe, inoltre, determinare quali interventi per la prevenzione e la cessazione del fumo siano più efficaci per gli specifici sottogruppi di ragazze e donne adulte maggiormente a rischio [ad esempio, donne con un livello di istruzione medio basso (9-11 anni di scolarità ), indiane d’America o native dell’Alaska, donne in uno stato di depressione]. Gli scarsi dati disponibili sul fumo e le donne lesbiche suggeriscono che la prevalenza supera di molto le percentuali relative alla totalità delle donne americane, anche se è evidente che occorrerebbe poter disporre di maggiori dati. La ricerca finalizzata alla riduzione delle disparità riscontrate nella prevalenza del fumo tra i diversi sottogruppi della popolazione femminile merita una priorità assoluta, perché così facendo sarà possibile eliminare le possibili future disparità per quanto attiene alle malattie correlate al fumo. Le componenti di programmi e politiche mirate sia alle singole donne che a gruppi più ampi per i quali si registra una più alta percentuale di riduzione del fumo, devono ancora essere identificate. Il progresso in queste e in altre problematiche sarà facilitato dallo sviluppo di un programma ben definito di ricerca ed analisi delle priorità in tema di fumo e donne. E’IL MOMENTO SUFFICIENTE DI AGIRE: QUELLO CHE SAPPIAMO E’ PIU’ CHE • Dare il proprio sostegno agli interventi, sia a livello individuale che comunitario, che mirano a ridurre il fumo e l’esposizione al fumo passivo tra le donne. Per smettere di fumare ogni fumatore, sia esso uomo che donna, può ricorrere a metodi già sperimentati e di provata efficacia, che comprendono sia approcci comportamentali che farmacologici. I trattamenti contro il fumo rientrano tra gli interventi di prevenzione della salute con un miglior rapporto costi-benefici e, per questo motivo, dovrebbero essere inclusi in tutti i programmi di tutela della salute femminile e il loro costo dovrebbe essere interamente coperto dai piani assicurativi sanitari. Occorre dare la massima priorità agli interventi finalizzati alla cessazione del consumo di tabacco nelle donne ed alla prevenzione delle eventuali ricadute prima, durante e dopo il parto, perché nel periodo della gravidanza le donne hanno maggiori motivazioni per smettere di fumare e perché hanno davanti a loro ancora molti anni felici da vivere. Per quanto riguarda la prevenzione, la consapevolezza che le ragazze che sono più portate per lo studio e fisicamente più attive hanno minori probabilità di iniziare a fumare suggerisce che favorire uno sfogo positivo al loro sviluppo mentale e fisico vuol dire contribuire a contenere anche l’epidemia del tabacco. Dal momento che, in genere, si comincia a fumare le sigarette in età adolescenziale, bisognerebbe attuare programmi efficaci di prevenzione e di cessazione del fumo destinati proprio alle giovani donne e alle adolescenti. Gli interventi realizzati a livello comunitario per ridurre il consumo di tabacco e l’esposizione al fumo passivo prevedono messaggi pubblicitari sui principali mezzi di comunicazione contro il marketing del tabacco, l’aumento della tassazione sul tabacco, leggi appropriate atte a ostacolare l’accesso dei giovani ai prodotti del tabacco, il divieto di fumare nei luoghi pubblici. • Attuare programmi nazionali di controllo del tabacco che, peraltro, si sono dimostrati efficaci. Esistono strategie comprovate che riducono l’impatto delle malattie correlate al fumo, ma investire in queste strategie rappresenta ancora una sfida. I risultati provenienti da stati quali l’Arizona, la California, la Florida, il Maine, il Massachusetts e l’Oregon hanno evidenziato che le percentuali del consumo di tabacco tra adolescenti e donne adulte potrebbero essere notevolmente ridotte. La California è il primo stato ad aver realizzato, nel 1990, un programma nazionale di controllo del tabacco e, allo stato attuale, sta cominciando a raccoglierne i frutti: tra il 1988 e il 1997, infatti, in California il tasso di incidenza del tumore ai polmoni nelle donne è sceso al 4,8%, mentre negli altri stati americani è aumentato al 13,2% (Centers for Disease Control and Prevention [CDC] 2000). Secondo un altro studio recente, a seguito del programma attuato in California tra il 1989 e il 1997, si sarebbero registrati 33.300 decessi di uomini e donne a causa di problemi cardiaci rispetto alle stime effettuate sulla base delle tendenze evidenziate nel resto della nazione (Fichtenberg & Glantz, 2000). Le ingenti somme di denaro provenienti dalle azioni legali avviate da Medicaid contro le aziende produttrici di tabacco hanno rappresentato le risorse necessarie per pianificare e realizzare nuovi programmi nazionali di controllo del tabacco. Nonostante ciò, un recente rapporto ha sottolineato come soltanto sei stati americani abbiano effettivamente messo in pratica le raccomandazioni fornite dal “Best Practices for Comprehensive Tobacco Control Programs” dei Centers for Disease Control and Prevention [CDC] (Campagna per i bambini liberi dal fumo 2001). FERMARE L’EPIDEMIA MONDIALE DEL FUMO E DELLE MALATTIE AD ESSO CORRELATE TRA LE DONNE • Fare tutto il possibile per contrastare l’emergente epidemia del fumo tra le donne nei paesi in via di sviluppo. Bisognerebbe favorire l’attuazione di politiche multinazionali che scoraggino il diffondersi dell’epidemia del fumo e delle malattie ad esso correlate tra le donne in quei paesi in cui la prevalenza del fumo è sempre stata bassa. E’, quindi, estremamente importante fare in modo che il fumo non venga più associato al concetto di emancipazione femminile e di conquista della parità tra i due sessi (Magardie, 2000. Dal momento che in molti paesi in via di sviluppo la prevalenza del fumo tra gli uomini è alta, le conseguenze ricadono anche sulle donne che non fumano in quanto esposte al fumo passivo e, inoltre, perché restano sole dopo aver perso i loro compagni a causa di una delle malattie correlate al fumo. Occorre che le conoscenze già acquisite per quanto riguarda gli strumenti più efficaci di controllo del tabacco a livello comunitario siano quanto prima diffuse anche al resto del mondo. Un’altra misura importante che la sanità pubblica dovrebbe adottare per poter avere la meglio nella guerra mondiale contro il tabacco è mantenere invariata la prevalenza del fumo agli attuali livelli sufficientemente bassi registrati tra le donne nei paesi in via di sviluppo e, al tempo stesso, riuscire a invertire la tendenza attuale che rivela segnali preoccupanti di un aumento del consumo di tabacco. Nel novembre 1999, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sponsorizzato una conferenza internazionale sul fumo, le donne e i giovani tenutasi a Kobe, in Giappone. Da questa conferenza è scaturita le Dichiarazione di Kobe, in cui si afferma che “ l’epidemia del tabacco è un evento devastante per la salute pubblica e non risparmia nessuna società . Sono già più di 2 milioni le donne che fumano e le aziende produttrici di tabacco hanno lanciato delle campagne pubblicitarie particolarmente incisive ed efficaci per reclutare donne e ragazze in tutto il mondo. E’ quanto mai urgente trovare soluzioni efficaci contro il pericoloso aumento del consumo di tabacco e, in primo luogo, far fronte all’epidemia che si sta rapidamente diffondendo tra donne adulte e ragazze” (World Health Organization, 1999b). • Tutti i governi nazionali dovrebbero rispettare al massimo la Convenzione Quadro per il controllo del tabacco dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (FCTC - Framework Convention Tobacco Control). Questa Convenzione rappresenta uno strumento legale internazionale che si pone come obiettivo di contenere la diffusione mondiale del consumo di tabacco tramite specifici protocolli, al momento ancora in via di definizione, che riguardano il prezzo del tabacco, il contrabbando, la pubblicità , la sponsorizzazione e molte altre attività (World Health Organization, 1999a). Secondo quanto affermato dal Dr. Gro Harlem Brundtland, Direttore Generale dell’OMS, “se non agiamo in maniera risoluta, tra 100 anni i nostri nipoti e i loro figli, guardandosi indietro, si chiederanno come mai persone che si sono tenacemente impegnate per la tutela della salute pubblica e per la giustizia sociale abbiano potute permettere che l’epidemia del tabacco si diffondesse incontrollata” (Asma et al., in corso di stampa)
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