02/12/2015 Dal Congresso CES di Parigi Introduzione F.Prodi

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02/12/2015 Dal Congresso CES di Parigi Introduzione F.Prodi
SEMINARIO REGIONALE
DAL CONGRESSO CES DI PARIGI:
PROSPETTIVE DELL’INIZIATIVA SINDACALE EUROPEA, IMPEGNI DELLA CGIL
BOLOGNA, 2 DICEMBRE 2015
E’ comune l’affermazione C’E’ BISOGNO DI PIU’ EUROPA , eppure l’Europa o meglio
l’Unione Europea e le sue Istituzioni, mai come ora, è sotto l'attacco di chi esprime
visioni euro scettiche e euro critiche o, quando va bene, vede l’Unione come una
somma di tecnocrati e banchieri.
In Italia solo il 27% dei cittadini è sinceramente europeo mentre il 30% pensa che si
dovrebbe uscire dall’euro, ci sono forze euro scettiche e nazionalistiche, vedi Lega
Nord e ci sono forze euro critiche (che si professano europeiste) ed hanno avuto
esiti elettorali favorevoli, vedi Movimento 5 stelle .
E’ in atto un processo di fiducia declinante che produce calo di affluenza alle urne.
Nel 2014 alle elezioni europee ha votato il 42% dei cittadini europei e il 57% dei
cittadini italiani, nel 1979 anno della prima elezione a suffragio universale in Europa,
ha votato il 62% dei cittadini europei e in Italia votò l’85%.
Da notare che nel 1979 il Parlamento europeo non votava su questioni oggi
dirimenti quali energia, tabacco, commercio, concorrenza...
Come va interpretato il calo di affluenza alle urne? E’ un tema anche nostro che
attiene alla crisi della politica e della rappresentanza.
Possiamo quasi dire che l’UE esercita oggi più fascino al di fuori dei propri confini
che al proprio interno, ci sono infatti paesi che spingono per entrare vedi Ucraina,
Turchia, Albania, Macedonia, Montenegro, Kossovo.
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Quindi il C’E’ BISOGNO DI PIU’ EUROPA invocato da tutti non attiene ad un nuovo
perimetro geografico ma alla necessità di alimentare gli obiettivi originari
dell’Unione Europea per superare la lentezza dei processi di integrazione, per
contrastare quei fenomeni di razzismo e xenofobia che trovano crescente popolarità
in quasi tutti i paesi europei, per costruire reti di protezione sociale che riducano le
disuguaglianze.
Anche noi, la CGIL, sosteniamo la necessità di più Europa, anche e soprattutto in
relazione a misure comuni ed efficaci per contrastare :
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la crisi economica ancora in corso
-
il drammatico calo dell' occupazione giovanile
-
il livello di indebitamento degli Stati in difficoltà
e certamente anche in relazione alla necessità di “più sindacato europeo”.
Ecco, che sindacato serve per rispondere alle sfide che ci attendono a livello
europeo e globale?
La CES, la Confederazione Europea dei Sindacati ha tenuto il suo 13° Congresso a
Parigi dal 29 settembre al 2 ottobre scorso.
Come tutti sanno è stato eletto a Segretario Luca Visentini (già Segretario
Confederale del sindacato europeo).
La CES, che raccoglie 90 confederazioni di 36 paesi (perimetro superiore ai confini
dell’Unione), ha svolto il Congresso in un contesto economico e sociale complicato
ed inedito sia per gli effetti della crisi sulla vita delle persone, sia per l’emergenza
dovuta alle guerre che si stanno consumando attorno ai nostri confini, di cui “la crisi
dei rifugiati” è il risultato più evidente.
Il Congresso di Parigi ha lavorato su un programma di azioni CES per il quadriennio
2015 – 2019, imperniando i lavori su tre pilastri:
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• Un’economia forte al servizio delle persone
• Rafforzare i sindacati, il dialogo sociale, la contrattazione collettiva e la
democrazia nei luoghi di lavoro
• Una base ambiziosa di standard sociali minimi.
Assieme a Fausto Durante e a Vincenzo Colla entrambi partecipanti al Congresso di
Parigi vogliamo dar luogo a un confronto a più voci sulle prospettiva dell’iniziativa
sindacale europea e sugli impegni della CGIL, in primo luogo per socializzare nel
nostro gruppo dirigente la discussione in campo e, inoltre, per fare emergere e
verificare le coerenze degli impegni politici assunti al Congresso con le iniziative
sindacali che come CGIL stiamo assumendo nel nostro paese in tema di:
- Universalità e riconquista dei diritti del lavoro
- Democrazia e rappresentanza
- Previdenza
- Rivendicazione di politiche economiche fatte anche di investimenti pubblici a
sostegno della ripresa e della creazione di lavoro buono, per il superamento
delle disuguaglianze e dare coronamento attraverso percorsi occupazionali al
processo di piena cittadinanza.
I temi che propongo alla discussione parte di quelli enucleati nei documenti
congressuali CES e lì trovano anche proposte di azione.
Parto dal citare le misure di austerità applicate dai governi nazionali e dalle ricadute
che hanno prodotto su cittadini e lavoratori in termini di restrizioni dei diritti
fondamentali quali il diritto alla salute, all’accesso all’istruzione, al diritto di un
alloggio e alla sicurezza sociale.
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Ci interessa poi capire, nella discussione che si è aperta su immigrazione e rifugiati,
cosa sta fuori dal patto di stabilità (vincoli di bilancio e flessibilizzazione del deficit).
Cosa dice la CES? Quali azioni e iniziative, anche dopo la manifestazione sindacale
europea del 4 aprile 2014 a Bruxelles, si vogliono/possono mettere in campo per
rivendicare l’adozione di un nuovo piano per gli investimenti fondato su una politica
industriale e sostenibile e creatrice di posti di lavoro di qualità (ricordo che in Italia
solo la CGIL fece sciopero).
Propongo inoltre un focus sul tema occupazione giovanile.
La Garanzia Giovani è uno strumento adeguato o serve andare oltre?
All’interno dell’Unione Europea, secondo un’indagine annuale (Social Justice Index)
svolta da una Fondazione di Bruxelles, ci sono 26 milioni di ragazzi e giovani a rischio
povertà o esclusione sociale, il 27,9% di questi sono minorenni.
Quindi una prima debolezza dei giovani è fatta di esclusione dal lavoro che rimarca
una profonda ingiustizia sociale amplificatasi con la crisi.
Non si tratta solo di mancanza di risorse economiche ma anche di mancanza di una
prospettiva per il futuro che porta molti ragazzi alla rassegnazione, 5,4 milioni che
non lavorano ne' si stanno formando ne' stanno studiando, li chiamiamo
Generazione NEET “Not in Education Employment or Training”.
In Italia sono il 26% degli under 30, all’inizio della crisi, nel 2008, erano il 19,15%
quasi sette punti percentuali in meno.
Tra i NEET italiani il 40% ha abbandonato la scuola prima del diploma superiore il
49,8% si è fermato dopo il diploma, il 10,13% ha un titolo universitario.
I NEET sono più tra le femmine che tra i maschi, peggio di noi solo la Spagna.
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Altro tema che vorrei segnalare alla discussione è la difesa della legislazione sociale
e lotta per migliori condizioni di lavoro.
In tutta Europa infatti aumenta la presenza di lavoro con contratto atipico,
diminuisce il lavoro legale, diminuiscono le protezioni sociali.
Sosteniamo, e a ragione, che la precarietà non è la soluzione per il mercato del
lavoro futuro.
Ci dovremo battere perché tutte le forme di lavoro siano ricomprese nelle tutele
della legislazione, vedi pertinenza della campagna CGIL per Nuovo Statuto dei
lavoratori.
Costruire sistemi di protezione sociale forti.
Nei diversi Stati abbiamo assistito a tagli di bilancio sulle protezioni sociali come
conseguenza, spesso, di politiche europee.
I tagli ai servizi pubblici stanno producendo uno spostamento verso il mercato
causando un aumento di diseguaglianze all’accesso per assenza di pari opportunità
tra le persone. E’ aumentata la povertà di diversi soggetti a diverso titolo.
Sulle pensioni: si è allungata la vita lavorativa e occorrerebbe uno sguardo più
attento sulle condizioni di lavoro, che dovrebbero essere migliori, non invece
sull’automatismo tra aspettativa di vita ed età pensionabile obbligatoria.
Occorre più flessibilità, su questo terreno la parola anche per noi avrebbe accezione
positiva.
Tema di confronto del contesto odierno vuole essere anche la mobilità libera ed
equa delle persone.
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Parliamo di lavoratori migranti e della necessità di norme e di comportamenti delle
imprese che evitino il dumping contrattuale e sociale.
Infine, quale gestione e conseguenze per i fenomeni migratori più generali e sui
rifugiati?
Terrorismo: dai fatti di Parigi …………………………
Infine, come dare nuovo impulso all’uguaglianza di genere?
E’ tradizione CGIL.
La crisi ha aumentato le diseguaglianze anche in questo campo, c’è una quota
maggiore di giovani donne che non lavorano, non proseguono gli studi ne seguono
una formazione e quindi sono a maggior rischio di povertà così come lo stesso
rischio lo corrono donne in qualità di genitori soli e anziane.
Occorre proseguire nella lotta alle discriminazioni su base etnica, religiosa, di
orientamento sessuale, della salute.
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