Titolo La Favola di Poldina Autore Unione Italiana
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Titolo La Favola di Poldina Autore Unione Italiana
LA FAVOLA DI POLDINA Titolo La Favola di Poldina Autore Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM) Sezione di Bergamo Promotore Unione Lotta alla Distrofia Muscolare sezione di Modena e Comitato Regionale Emilia Romagna In collaborazione Centro di Servizio per il Volontariato di Modena Breve Storia La fiaba di Poldina è nata negli anni ’80 dalla Uildm di Bergamo sotto la supervisione prima del Dott. Traini psicologo dell’Associazione e poi della Dott.ssa Gabriella Rossi psicologa presso il centro clinico Nemo (NeuroMuscolar Omnicentre) dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. La fiaba è stata promossa dalle sezioni della Uildm a livello nazionale e ha permesso di parlare del tema della disabilità a decine di migliaia di bambini. A Modena l’iniziativa è stata proposta a partire dagli anni ’90 in collaborazione con la sezione della Uildm cittadina e della Consulta del Volontariato. Dall’anno scolastico 2002/03 l’iniziativa è presentata dal Centro di Servizio per il Volontariato sempre in collaborazione con la Uildm e dall’a.s. 2005/06 anche con l’Usach di Carpi. Dal 2002 al 2009 sono stati incontrati bambini di 236 classi che hanno prodotto materiale vario per la conclusione della fiaba: disegni, temi, uno spettacolo teatrale di fine anno scolastico, un libro. Nel settembre 2003 l’iniziativa è stata presentata a “Documentaria – salone di idee, servizi e progetti per la scuola”. Dall’anno scolastico 2003/04 l’iniziativa rientra nel progetto dell’Assessorato all’Istruzione del Comune di Modena “Itinerari Scuola Città”. Nell’anno scolastico 2008/2009 l’iniziativa è stata presentata anche nei distretti di Pavullo, Castelfranco Emilia e Vignola in collaborazione con le associazioni A.M.A. ed Edera Onlus di Castelfranco Emilia, Associazione da Noi a Te Onlus, A.P.R.E., Associazione Le Luci di Comete, Associazione Insieme a Noi Tutti di Vignola. Destinatari Bambini di scuola primaria Area tematica Educazione all’immagine, Lingua Italiana, Religione, Studi Sociali. Contenuto tematico Drammatizzazione della fiaba di Poldina per riflettere in particolare sul tema della disabilità e più in generale sul tema della diversità Finalità Far riflettere i bambini sul tema della disabilità e delle barriere architettoniche; sensibilizzare al tema della solidarietà. Personale coinvolto Un’operatrice del Centro di Servizio per il Volontariato, volontari di associazioni che si occupano di disabilità, insegnanti. Descrizione del percorso L’operatrice del Centro di Servizio per il Volontariato racconta in classe la favola di Poldina facendola rappresentare ai bambini, fornendo i costumi e le tavole della fiaba. Poldina è una bambina disabile che non può camminare ma che vorrebbe tanto percorrere i sentieri di un bosco o correre in riva al mare. Insieme a lei ci sono alcuni amici tristi per varie ragioni: gli uccellini Cip e Ciop non hanno le piume colorate, la capretta Priscilla non ha gli zoccoli per arrampicarsi, il leone Casimiro non ha la criniera e non si sente più il re della foresta. Convinti di poter risolvere i loro problemi, prendono una decisione: andranno insieme dal Mago senza naso che però abita su un fungo in cima a una lunga scalinata. Gli amici di Poldina non hanno difficoltà a raggiungere il Mago, ma la bambina come farà? La conclusione della fiaba è lasciata alla fantasia dei bambini ma anche alle riflessioni fornite durante il racconto e insieme agli insegnanti. L’intervento con i bambini più piccoli si basa quasi esclusivamente sulla rappresentazione della fiaba e su qualche piccola considerazione sui temi della disabilità e della solidarietà, coi bambini più grandi le riflessioni proposte sono più articolate e complesse. Riflessioni proposte ai bambini di III, IV e V primaria. Insieme ai bambini riflettiamo e discutiamo sul significato della parola disabilità. La definizione del vocabolario è ”mancanza di abilità”. Questo termine sottolinea un aspetto negativo della persona definita “disabile”: ciò che le manca e non ciò che ha di positivo. Questa parola perciò non è corretta perché viene usata spesso per definire la persona (non come aggettivo e cioè: “quella è una persona disabile” ma direttamente come sostantivo: “quello è un disabile”). Riflettiamo poi, con degli esempi, sulle diverse capacità che ognuno di noi ha. Proponiamo un nuovo modo per indicare chi ha delle difficoltà senza, al contempo, porre l’accento su queste difficoltà quindi non più disabile ma persona con abilità differenti o con abilità diverse: possiamo pertanto indicare i disabili non più con questo termine ma con “diversabili”. La persona sordomuta ad esempio non può esprimersi con la voce ma può comunicare tutti i concetti, le idee, ciò che vuole dire, con il linguaggio dei segni: questa persona ha quindi un’abilità differente in quanto si esprime utilizzando un linguaggio che non tutti conoscono e sanno usare. Le persone non vedenti possono leggere libri scritti in braille; chi non ha l’uso delle gambe può spostarsi non camminando, ma con una sedia a rotelle…. Il diversabile poi ha sovente bisogno di qualcuno che lo aiuti ad esempio nel vestire, nel mangiare ecc.: molto spesso ha cioè bisogno degli altri. Ma se ci pensiamo bene anche in questo non siamo diversi, in quanto anche noi abbiamo bisogno degli altri più di quanto ci sembri. Se vogliamo vestirci c’è bisogno di qualcuno che ci cucia gli abiti, se vogliamo mangiare c’è bisogno di qualcuno che coltivi, che raccolga, che comperi, che cucini ecc.. Anche se in diversa misura, ognuno di noi ha bisogno degli altri. Analizziamo poi due parole che sono usate impropriamente: handicap e deficit. Secondo il vocabolario il deficit è una mancanza: ad esempio “non ho la parola”, “non ho la vista”, “non ho la possibilità di camminare”: questi sono dati di fatto, è la realtà. L’handicap è invece uno svantaggio. Possiamo avere un deficit cioè una mancanza ma possiamo non essere “handicappati” se la situazione e la realtà attorno a noi non è “handicappante”. Coi bambini facciamo alcuni esempi: se la scuola fosse sul cocuzzolo di una montagna e per arrivarci occorresse scalarla ma non avessimo a disposizione l’attrezzatura adatta, scarponi, ramponi, piccozza ecc. saremmo “handicappati” avremmo cioè uno svantaggio e la situazione sarebbe per noi handicappante. Per Poldina, l’impresa di andare nella casa del “Mago senza Naso” è impossibile in quanto si trova in cima ad una lunga scalinata. I diversabili che devono girare per la città, ma anche le mamme coi bambini piccoli in carrozzina o passeggino, sono handicappati quando trovano degli ostacoli che non permettono loro di muoversi. Si può quindi dire che a seconda del contesto, cioè della realtà che ci circonda e con la quale e nella quale dobbiamo interagire, siamo tutti handicappati. Partendo dall’esempio della fiaba, parliamo delle barriere architettoniche. Chi è in sedia a rotelle e incontra un gradino si dovrà fermare, non potrà più proseguire. Gli ostacoli che si incontrano nella città, in casa, nella scuola sono barriere architettoniche, barriere legate cioè all’architettura degli ambienti, a come concretamente sono fatti. Ma vi sono altre barriere nei confronti delle persone diversabili che sono le cosiddette barriere mentali. La diffidenza, la paura, il pregiudizio non permettono di andare verso gli altri, di essere disponibili ed accoglienti nei loro confronti. Capita sovente che questi ostacoli vi siano anche nella relazione con le persone diversabili. Questo non aiuta a far sì che si instaurino buoni rapporti affinché la persona si inserisca in un gruppo e nella società, affinché si senta accettata. Terminiamo la riflessione parlando di solidarietà, dell’essere disponibili nei confronti dell’altro in qualsiasi condizione esso si trovi. Nel rapporto coi diversabili spesso si parte da una voglia di aiutare chi vediamo e sentiamo diverso da noi ma per arrivare a capire e a sentire che sempre si instaura un rapporto interpersonale di reciproco dare e ricevere, in cui nascono amicizie ed in cui la diversabilità non conta e non si vede più. A seguito delle elaborazioni fatte dai bambini organizziamo un incontro con una persona diversabile che porta la sua esperienza. Tipologia e contenuti delle azioni realizzate L’operatrice del CSV incontra le insegnanti delle classi aderenti per illustrare il percorso: un incontro di due ore per rappresentare la fiaba e riflettere insieme, un incontro di ca. un’ora con la persona diversabile a distanza di 15 giorni per “toccare con mano” chi vive un problema in più. Ad ogni classe è lasciata copia della fiaba per approntare gli elaborati. Materiali e strumenti Costumi per la drammatizzazione; fiaba in 20 cartelle plastificate con disegni e testi formato A3