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N°3 gennaio 2012 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda – Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) – Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org biblioteca news EDITORIALE L’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda compie quest’anno quarantacinque anni. Ad apertura del celebre Congresso internazionale su Metodologia della ricerca. Orientamenti attuali. In onore di Eugenio Battisti, nel 1991, la prof.ssa Maria Luisa Gatti Perer ricordava che la sua prima ipotesi scaturì dalla relazione tenuta da Eugenio Battisti al Convegno internazionale Premesse per un repertorio sistematico delle opere e degli artisti sulla Valle Intelvi, a Villa Monastero di Varenna, 1-4 sett. 1966. La decisione maturò definitivamente “in una indimenticabile riunione che durò tutta la notte”; l’Istituto “venne di fatto fondato il 9 aprile 1967”. Battisti aveva ricordato la genialità connaturata e di lunga storia delle maestranze lombarde, la loro precoce e costante apertura dapprima europea e poi al mondo intero. Aveva parlato dell’internazionalità degli ‘stili visivi’, dell’esigenza di tener vivi gli studi locali, di promuovere cultura ad ampio raggio e buona informazione che fosse stimolo di dinamismo sociale. L’entusiasmo di quella notte ha lasciato una traccia profonda in più generazioni di studiosi di arte, di architettura, di tutela dei beni culturali, di conservazione e restauro. ISAL vive ancora oggi della stessa appassionata attenzione per quelle realtà che i suoi fondatori identificarono come responsabilità di studiosi, lombardi e non: vuole essere tuttora un punto di riferimento ancorato al territorio, ma insieme aperto ad ogni interrogativo che interpelli il saper fare con arte, il saper fare arte, il saper inseguire ed esprimere il mistero del bello e la sua connessione con il bene, e il bene comune delle comunità umane, oggi. In connessione con università e altre istituzioni culturali, pubbliche o private che siano. Per questo ISAL si è dotato di propria voce, “La rivista dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda”, con la quale intesse rapporti nuovi e tiene vivi gli antichi. Le difficoltà ci sono e sono evidenti. Ma c’è anche una speranza che non viene meno, nonostante tutto. E che chiede condivisione. Il Santuario di Santa Maria dei Miracoli di Milano Denominato anche chiesa di Santa Maria presso San Celso il Santuario di Santa Maria dei Miracoli rappresenta uno dei luoghi più antichi del cristianesimo milanese. Nei pressi di questa chiesa, infatti, intorno al 395 Sant’Ambrogio rinvenne i corpi dei Santi Nazaro e Celso. In quel luogo fece edificare un piccolo sacello dove custodire le spoglie del martire Celso e fece eseguire un’immagine della Vergine con Gesù Bambino benedicente. Ben presto il luogo divenne meta di pellegrinaggi e di sepoltura per i cristiani. Accanto al sacello originario fu costruita una seconda chiesa (San Nazaro in Campo) ed intorno al 996 Landolfo II da Carcano fece aggiungere una nuova chiesa, dove poter riporre anche le reliquie dei Santi Basilide, Cirino e Nabore. Accanto a questo complesso in epoca medievale sorse anche un monastero benedettino che venne abbattuto negli anni Trenta. Nel 1430 Filippo Maria Visconti eresse una piccola chiesa attorno all’antica immagine mariana che ben presto divenne insufficiente ad ospitare tutti i fedeli ed i pellegrini che vi si recavano. Durante una funzione sacra del 1485 l’immagine della Vergine benedisse gli astati contribuendo a diffondere maggiormente il culto mariano nella città. Verso la fine del XV secolo si decise di erigere una nuova chiesa, il cui progetto venne affidato tradizionalmente a Gian Giacomo Dolcebuono. A questo architetto si affiancò anche Maria Antonietta Crippa l’Amadeo e, a partire dal 1498, Direttore scientifico Antonio da Lonate. Intorno al 1500 Martino Bassi edificò l’altare della Madonna, mentre nuovi lavori vennero eseguiti dal Cesariano e da Cristoforo Lombardo. Attualmente alla chiesa sia accede attraverso un atrio (terminato dal Seregni nel 1556) che immette alla maestosa facciata progettata dall’Alessi, la cui decorazione è da ascrivere ad Annibale Fontana e Stolto Lorenzi. L’interno della chiesa rinascimentale è ricco di opere d’arte eseguite dal Bergognone, dal Cerano, dai Fiammenghini, a Procaccini, a Mangone, da Carlo Urbini da Crema, da Gaudenzio Ferrari e da Paris Bordone. Nel transetto di sinistra è collocato il sarcofago paleocristiano di San Celso, mentre nella seconda cappella di destra è esposto ai fedeli il crocifisso contenente la reliquia del Santo Chiodo che San Carlo Borromeo scalzo portò in processione per le vie cittadine per invocare la cessazione della peste del 1576. Nella seconda cappella di sinistra è conservato l’affresco Trecentesco raffigurante la Vergine tra San Nazaro e San Celso che nel luglio del 1620 lacrimò miracolosamente. In rispetto a un’antica tradizione in questo santuario ancora oggi numerose giovani coppie di sposi milanesi portano fiori al cospetto della statua dell’altare della Vergine (opera cinquecentesca di Martino Bassi) per invocare protezione sulla nuova famiglia. Ferdinando Zanzottera Tra le novità acquisite dalla Biblioteca ISAL in questo ultimo mese segnaliamo: - AA.VV., Storia dell’Arte a Varese e nel suo territorio, Insubria University Press, Varese, 2011, Vol. I-II; - M. Biscione, N. Ossanna Cavadini, Dario Fo. La pittura di un narratore, catalogo della mostra, Mazzotta, Milano, 2011; - AA.VV., Svizzeri a Torino nella storia, nell’arte, nella cultura, nell’economia dal Quattrocento ad oggi, Ticino Management, Lugano, 2011. ARCHIVIOn e w s In ISAL fotografie di Ugo Mulas Tra i nuovi materiali confluiti in ISAL in comodato d’uso sono giunti alcuni scatti del grande fotografo italiano Ugo Mulas (Pozzolengo, 1928 - Milano, 1973). Il materiale deve essere ancora ricondizionato e studiato ma, con molta probabilità si tratta di 17 stampe ai Sali d’argento realizzate da Ugo Mulas alle sculture di Arnaldo Pomodoro, fratello di Gio Pomodoro, e considerato uno dei maggiori scultori italiani contemporanei. ISAL necessita Una delle principali urgenze di ISAL è di aumentare la diffusione della rivista. A tutti i soci, gli amici e i simpatizzanti chiediamo una collaborazione attiva per il rinnovo e la sottoscrizione di nuovi abbonamenti anche presso biblioteche ed enti culturali. pg.1 L e v isi t e g u i d at e d i f e b b r a i o e l e p r o p o s t e d i p r im av e r a Giovedi 16 febbraio Triennale Design Museum, Milano, ore 18.00: Le fabbriche dei sogni. Uomini, idee, imprese e paradossi delle fabbriche del design italiano. Triennale Design Museum dedica la sua quarta edizione agli uomini, alle aziende e ai progetti che hanno contribuito a creare il sistema del design italiano dal dopoguerra a oggi e a decretare il successo del Salone del Mobile nel mondo. In occasione del cinquantesimo anniversario del Salone del Mobile si potranno ammirare in mostra gli oggetti peculiari realizzati dalle “Fabbriche del Design Italiano”, sinonimo di eccellenza made in Italy. Sabato 25 febbraio a Cremona il prof. Mario Marubbi, conservatore della Pinacoteca Ala Ponzone, accompagnerà i soci ISAL in una visita esclusiva alla scoperta dei numerosi capolavori conservati nel cinquecentesco palazzo Affaitati. Il museo, costituitosi a partire dal Cinquecento con le raccolte della famiglia Ponzone, incremen- COME RICEVERE ISAL Magazine ISAL Magazine è il nuovo strumento di comunicazione digitale ISAL inviato gratuitamente a chiunque lo desideri. Se non lo ricevi ancora puoi richiederlo inviarlo una semplice e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected] o telefonando alla segreteria ISAL (Tel. 0362.528118). tato con le opere provenienti da alcune chiese cremonesi soppresse, conserva oggi una raccolta di dipinti e sculture composta da più di duemila opere, solo in parte esposte. Nel corso della giornata visiteremo inoltre alcuni dei monumenti più significativi di questa città d’arte dal ricco e variegato patri- regione lombardia presenta l’isal ai cittadini monio culturale e monumentale. Particolare attenzione sarà dedicata al complesso medievale costituito dal Torrazzo, dal Duomo, dal Battistero, dal Palazzo del Comune e dalla Loggia dei Militi. Sabato 31 marzo: Alla scoperta della bassa bergamasca: Palazzo Visconti a Brignano Gera d’Adda, il santuario della Beata Vergine delle Lacrime e la collegiata di S. Martino a Treviglio, il Santuario e la chiesa dei SS. Fermo e Rustico a Caravaggio, a cura della dott.ssa Beatrice Bolandrini IN PREPARAZIONE: Sabato 21 aprile: le chiese di Torino, a cura della dott.ssa Laura Facchin Beatrice Bolandrini MOSTRE IN PILLOLE M AL d ’ AFR I CA Alessandro Passarè la costruzione di una collezione Castello Sforzesco di Milano – Dal 27/10/2011 al 30/09/2012 Nella suggestiva cornice del Castello Sforzesco di Milano la mostra Mal d’Africa offre la possibilità di poter ammirare parte della Collezione Alessandro Passaré, offerta in comodato d’uso alle Raccolte Extraeuropee del Castello Sforzesco in previPresso la nuova sede regionale, mento e la diffusione della sione dell’apertura della sezione (Palazzo Lombardia, Piazza Città conoscenza della storia dell’arte dedicata alle culture extraeuropee di Lombardia 1, Sala 5, Ingresso lombarda in tutte le sue forme, dell’area dell’ex Ansaldo di Porta N 4) Regione Lombardia e ISAL con apertura a prospettive nuove, Genova. In mostra, dunque, si presenteranno alle autorità e a stretto rapporto con le realtà terri- possono ammirare parte degli tutti i cittadini la Rivista dell’Itoriali e ricadute nell’ambito della oggetti raccolti dal medico e stituto per la Storia dell’Arte formazione culturale e professio- collezionista milanese Alessandro Lombarda. L’incontro è proposto per nale. All’incontro interverranno Passaré, che durante i suoi viaggi far conoscere l’attività di studi e ri- numerose autorità e persone del ha collezionato oltre 400 pezzi cerche, oltre che editoriale, di ISAL, mondo della cultura, nel prossimo di arte africana, precolombiana e che ha per propria mission dal 1967, ISAL Magazine daremo ampio oceanica. anno della sua fondazione, l’increspazio. Per ulteriori informazioni: www.milanocastello.it/ita/mostre. html Raccolte Artistiche - Raccolte Extraeuropee Castello Sforzesco - 20121 Milano Conservatore: Carolina Orsini Tel. 0288463744 e-mail: [email protected] pg.2 P e r u n a n u o va t u t e l a d e i b e n i c u l t u r a l i Tra i numerosi documenti conservati in ISAL una cartella contiene alcuni estratti, fotocopie e articoli di riviste scientifiche dedicate ai Beni Culturali selezionati nel tempo dalla prof. Maria Luisa Gatti Perer, fondatrice dell’Istituto. In verità non si tratta di una raccolta completa dei principali testi sul tema, ma di una “collezione” occasionale, ma organizzata, di piccoli estratti e di numeri specifici di magazine o riviste che contengono articoli dedicati a questo tema. Tra la dozzina di documenti che costituiscono la cartella vi sono, ad esempio, due numeri del “Notiziario”, noto bollettino informativo curato dall’Ufficio studi del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali creato nel 1981, e un estratto del discorso pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta del 30 marzo 1966 da Vittorio Marangone a favore di “una nuova tutela dei beni culturali”, estratto pubblicato dagli Stabilimenti tipografici Carlo Colombo di Roma nella seconda metà degli anni Sessanta. Su questo numero di ISAL Magazine se ne ripropongono alcuni stralci di estrema attualità, che mostrano il lungo processo che la società attuale deve ancora compiere in ambito culturale, poiché alcune affermazioni del discorso parlamentare risultano ancora di estrema attualità e alcuni degli atteggiamenti auspicati costituiscono ancora oggi una meta da raggiungere. Ferdinando Zanzottera “Vorrei anche che ella, signor ministro, avesse a disposizione un servizio televisivo e qui avanzo un’esplicita richiesta affinché la televisione promuova un’inchiesta sui problemi della tutela del patrimonio artistico e archeologico nazionale, in modo da poter ascoltare molte voci, da quelle degli appassionati ancora educato al rispetto e all’amore per le cose d’arte. Lo strumento televisivo non si può ridurre a registrare i fatti che accadono o a promuovere dibattiti o incontri, ma deve operare per creare anche negli strati più umili della nostra popolazione la consapevolezza di un problema che noi tutti vogliamo sarà presto risolto […] La Commissione ha avuto una serie di incontri con le varie categorie interessate a questi problemi. Abbiamo invitato a Montecitorio i rappresentanti della stampa, anche quelli che ci hanno criticato (e che non sono venuti); abbiamo incontrato i dirigenti del turismo nazionale e i rappresentanti dei vari settori della pubblica amministrazione che si occupano di questi problemi, abbiamo ascoltato nella nostra sede al Ministero della pubblica istruzione tutte le autorità e gli artisti e gli studiosi interessati alla tutela del nostro patrimonio artistico. L’onorevole ministro ci ha seguito dal suo studio con pazienza, comprensione, entusiasmo, anche nei giorni bui, quando i contrasti si facevano più gravi e apparivano insuperabili, quando pochi erano rimasti ad insistere perché si trovasse una soluzione unanime che consentisse alla Commissione di presentarsi con un volto unitario dinanzi al Parlamento che le aveva conferito il mandato […] Naturalmente non posso qui riassumere tutto il volume di risoluzioni che abbiamo consegnato al ministro, come era nostro dovere. Voglio sottolineare gli aspetti che hanno cucito questo nostro mosaico, le prese di coscienza di noi tutti. Il nostro punto di partenza è stata questa dichiarazione che vorremmo diffusa in lapidi di tutte le scuole italiane: «La Commissione dichiara di voler riconoscere al patrimonio storico e artistico un preminente valore di civiltà, assoluto, universale e non transeunte, tale da caratterizzarlo come patrimonio dell’umanità di cui ogni possessore, Stato o ente o cittadino, deve considerarsi depositario e responsabile di fronte al mondo civile e alle future generazioni» […] Non potevamo con questo punto di partenza ridurci a revisionare qualche norma di legge, a rattoppare gli organici delle sovrintendenze, a trovare qualche mezzo finanziario di secondaria importanza; ma dovevamo arrivare a conclusioni molto più importanti. Quel grido di dolore di cui vi parlavo prima e del quale si è fatto eco l’onorevole Servello, anche la Commissione lo ha riconosciuto estremamente valido, non con parole di carattere polemico e demagogico ma con acute osservazioni. «Nel campo archeologico » – scrive nella sua relazione il professor Pallottino a nome della Commissione – si constatano «devastazioni su vasta scala di siti antichi, di necropoli e santuari specialmente greci ed etruschi da parte di scavatori clandestini operanti al fine di recuperare oggetti di pregio venale destinati a traffici ed esportazioni illegali». Il centro, onorevole ministro, si trova in Svizzera; i sovrintendenti della Sicilia ci hanno detto che conoscono anche la targa del camion che trasportò questi materiali. La stessa relazione continua : «Distruzione precoce ed irreparabile di terreni ricchi di resti antichi». Miliardi di valore economico sono stati così trafugati in questi anni, sono stati venduti sul mercato internazionale, smistati oltre confine nella Svizzera, per essere distribuiti in tutto il mondo dai mercanti di cose antiche. Si lamenta inoltre: «Nel campo dei beni artistici e storici mobili, deperimenti per mancanza di restauri tempestivi ed efficienti; la scomparsa costante e sempre più accelerata di cose interessanti la storia della cultura dei secoli passati: la suppellettile, il costume, le tradizioni popolari, la storia della vita musicale, della scienza, della tecnica», ecc. Per quanto riguarda il campo dei monumenti e dell’ambiente urbanistico e naturale, la Commissione constata «il dram- matico processo di abbandono e di distruzione del patrimonio monumentale, le manomissioni speculative, l’indebito impiego, il falso restauro, purtroppo anche ufficiale, la degradazione, la radicale alterazione, la più o meno completa distruzione di nuclei e quartieri tradizionali urbani e insediamenti minori; il deturpamento e l’assenza di preoccupazioni culturali nel nuovo sviluppo urbanistico» […] Per quanto riguarda il campo degli archivi e delle biblioteche, è a tutti noto quali ricchezze librarie, quali antichi documenti restino abbandonati alle muffe, agli insetti e ai topi. Perciò, non sto a dilungarmi. Ecco che da questa analisi valutativa, così brevemente riassunta, che ha costituito la prima parte degli studi della Commissione, è uscito un principio informatore sull’attività della tutela. La Commissione ha ritenuto doversi decisamente abbandonare il tradizionale principio di una attività pubblica di tutela volta alla mera conservazione del bene culturale. In sua vece, la Commissione indica una visione di tutela di natura scientifica tale che sottolinei del bene culturale il valore autentico di testimonianza storica, che consenta l’accrescimento delle umane conoscenze. Cioè non già il bene in sé diviso, scoperto e ritenuto come un documento a sé stante, ma tutto ciò che può concorrere alla conoscenza di antiche civiltà, ad accrescere la cultura della presente e delle future generazioni è bene culturale […] Siamo persuasi tutti ormai (lo abbiamo letto in tutte le pubblicazioni) dell’importanza del turismo. Infatti, nell’ultima stagione turistica sono entrati nelle casse dello Stato 600 miliardi di valuta pregiata, ovverosia 800 miliardi di lire italiane, se non vado errato. Si dice anche che questa è la più colossale delle industrie moderne, il perno della nostra economia, ciò che determina veramente un notevole giro di affari di stagione in stagione contro i ristagni e che lascia respirare lungo l’arco dell’estate; ebbene, ma veramente noi siamo convinti che le provvidenze pg.3 varie, la ricettività alberghiera ed i bruttissimi bar della costa facciano il turismo? Ma questo, onorevoli colleghi, può essere un turismo di stagione che dura il tempo che dura. Se vogliamo veramente favorire l’afflusso degli stranieri nel nostro paese, con un turismo che non ammetta concorrenza, con un turismo perenne che si accresca con il diffondersi della cultura nel mondo moderno; se vogliamo che l’Italia diventi sempre più meta di pellegrinaggio di tutti i cittadini del mondo col diffondersi della cultura e con l’accrescersi dei nostri contatti commerciali anche con paesi dell’Europa dell’est, dobbiamo tutelare, valorizzare e diffondere questo patrimonio artistico, che è materia di perenne conoscenza e di gioia spirituale per qualsiasi uomo che voglia conoscere quello che la civiltà dei nostri padri ci ha tramandato. Quindi le fortune del turismo non sono dovute alle autostrade, ai mezzi di comunicazione, all’aumento ed al miglioramento della ricettività alberghiera, alla pastasciutta o ai nostri bronzei maschi in libertà sulle spiagge, ma in massima parte, se non proprio in tutto, all’enorme patrimonio artistico e culturale che siamo in grado di mostrare agli stranieri. Ed è questo un turismo di relazioni spirituali e non un turismo deteriore, onorevoli colleghi. T e ss u t i d e g l i a n n i T r e n ta n e l F o n d o a r c h i v is t i c o D ’ A n c o n a Tra i fondi archivistici ISAL degno di nota è il Fondo D’Ancona, che è ancora sprovvisto di un indice e di un regesto documentario. Di piccola entità, solo 8 cartelle perché molto materiale fu nei decenni passati fatto confluire nella costituenda Fototeca dell’Istituto, il fondo comprende manoscritti, disegni, ritagli di giornali, albumine e corrispondenza. Di particolare interesse è il materiale di studio connesso ai temi di ricerca di Paolo D’Ancona (Pisa 1878 – Milano 1964) e lo scambio epistolare con i principali storici e studiosi dell’arte dell’epoca. Pervenuto all’ISAL nel corso degli anni Sessanta il Fondo contiene anche documenti personali, alcuni dei quali ricchi di fascino e di una forte connotazione di curiosità. Tra le lettere private contenute nella cartella n. 2 è conservato un foglio dattiloscritto su carta intestata della comasca Fabbrica Stoffe di seta F. Bertarelli datato 8 marzo 1930 con la quale si inviavano alla “Gentilissima Signorina Elena Benaim D’Ancona” alcuni campioni di stoffa. Il documento, che qui si trascrive integralmente, offre uno spaccato interessante sui diversificati interessi della famiglia Pacchioni e sul linguaggio formale del mondo industriale serico lombardo, oltre che fornire alcune indicazioni sul valore dei tessuti. Considerando il rapporto tra euro e lira e il potere di acquisto espresso dall’ISAT per il secolo scorso, si può infatti calcolare che il valore di un metro di stoffa Crèpe Lazio offerto alla signorina D’Ancona corrisponderebbe oggi a circa 40 euro. Ferdinando Zanzottera Gentilissima Signorina Elena Benaim D’Ancona Viale Regina Vittoria 25 Firenze La gentilissima signorina Fernanda Wittgens di Milano, che abbiamo avuto l’onore di conoscere, ci comunica la Sua richiesta per alcuni tipi di n/ fabbricazione che ci premuriamo unire alla presente, mettendoci a di Lei disposizioni per qualsiasi quantitativo Le interessasse. Non sapendo bene quale dovrebbe essere il vero tipo che Ella richiede ne abbiamo campionati diversi, sui quali potrà fare la scelta. Abbiamo pure in un campione di Velloutine, speciale per biancheria in tutta seta pura, della quale abbiamo sempre in stock i colori principali di lingerie e cioè l’avorio, il bianco, rosa, oro, champagne, paglierino, celeste ecc. Le diamo in calce i prezzi di ogni singolo articolo, nella lusinga che abbia a trovare quanto Le occorre. In attesa, con la massima stima La riveriamo Velloutine cm. 80 L. 19,80 al metro Gibraltar “ “ “ 20,00 “ “ Crèpe Lyon “ 90 “ 28,00 “ “ Crèpe Lazio “ 94 “ 45,00 “ “ Crèpe Londra “ “ “ 37,00 “ “ pg.4 monumenti da scoprire Il Monumento Funebre di Arturo e Michele Scotti nel Cimitero di Monza Capolavoro sconosciuto della scultura novecentesca Tra le raccolte d’arte e i monumenti poco conosciuti e valorizzati presenti sul territorio lombardo degno di nota è certamente il Cimitero di Monza che, sebbene non possa competere in prestigio e importanza con il Cimitero Monumentale di Milano, costituisce uno scrigno di sculture e di architetture novecentesche di indiscusso valore. Il Cimitero, infatti, rappresenta un museo a cielo aperto ed il luogo in cui sono state raccolti alcuni importanti monumenti civici ottocenteschi. Tra le numerose opere che si conservano al suo interno significativo appare il monumento funebre di Michele e Arturo Scotti (campo 4, posto distinto 1 – 2), che commemora il dolore familiare e celebra il sacrificio di Arturo, morto il 24 agosto del 1917 durante la Prima Guerra Mondiale. La composizione del monumento, si basa sul rapporto tra due elementi distinti, posti in costante relazione tra loro: da un lato, lungo il viale secondario, vi è la scultura eseguita da Ernesto Baroni raffigurante Arturo Scotti adagiato su una barella, mentre nell’angolo interno dello “spazio tombale” si erge un cippo composito con un’urna contenente le ceneri del padre Michele Scotti. Cippo composto da un basamento marmoreo quadrangolare sormontato da un tronco piramidale, sul quale è collocata la capsella con quattro mascheroni angolari. I due elementi sono posti sul medesimo piano rialzato costituito da una lastra marmorea. Verso la fronte del viale principale la famiglia volle che fosse inciso il seguente epitaffio: “Ardente amore di patria trasse il figlio a gloriosissima morte. Più che l’orgoglio sacro poté sul padre il sovrumano dolore”. L’intera composizione scenografica si basa sull’intimo rapporto amoroso tra padre e figlio drammaticamente interrotto dalla morte ed il legame tra i due è sottolineato dal capo del giovane soldato rivolto verso il cippo sepolcrale paterno. La decorazione scultorea, una delle più belle nel cimitero di Monza, fu eseguita da Eugenio Bajoni, autore, probabilmente, anche dei disegni acquerellati contenuti nella richiesta di permesso per l’edificazione del monumento, presentata da Erminia Brusa–Scotti ed approvata della Commissione Igienico Edilizia del Comune di Monza il 28 maggio 1920. Si tratta di tre figure policrome eseguite in scala 1:20 e 1:10 raffiguranti la pianta e due prospetti del monumento. La qualità dei tre disegni assume anche un valore documentario rilevante poiché mostra come nel progetto originario il complesso funerario dovesse essere circondato da una bassa siepe, che non doveva superare l’altezza del primo basamento marmoreo. Tale elemento fu certamente realizzato poiché il 16 ottobre del 1925 Erminia Brusa–Scotti chiese all’Amministrazione Comunale di poter realizzare una piccola cancellata metallica per evitare che il “pubblico” calpestasse l’area destinata a verde e definita dalla proprietaria come “tappeto erboso”. Si trattava di due piccole cancellate trapezoidali poste lungo i prospetti delle strade cimiteriali. Quella rivolta verso l’ingresso del camposanto era lunga 2,25 metri ed aveva un’altezza compresa tra i 25 ed i 6 centimetri. Quella rivolta verso il viale interno, invece, era lunga 2,18 metri e raggiungeva un’altezza massima di 50 centimetri, degradando regolarmente fino a raccordarsi con l’altro lato della cancellata. L’aggiunta di questi due elementi metallici, decorati da semplici elementi vegetali, fu approvata quattro giorni dopo la richiesta dalla stessa Commissione IgieneEdilizia del Comune di Monza. Benché oggi non permangano elementi di chiusura della tomba e nessun elemento architettonico o naturale costituisca un definito sfondo prospettico della composizione, l’attenzione dell’osservatore ricade immediatamente sul corpo esanime del giovane, con il braccio destro abbandonato a terra ed il braccio sinistro, raccolto lungo il fianco, coperto dalla bandiera italiana. Estraneo al turbinio retorico della scultura celebrativa dei martiri della patria, quest’opera realizzata dalla Ditta Fratelli Mariani costituisce un’eccellente testimonianza della cultura artistica connessa all’intimità del dolore di fronte alla morte. L’opera di Eugenio Bajoni, infatti, si discosta dal gusto celebrativo eroico della fine dell’Ottocento, in favore di istanze più moderne, senza per questo rinnegare una vena di lirismo veristico. Sebbene non esistano riferimenti diretti, sono infatti evidenti i richiami alla drammatica potenza espressiva del corpo morente presenti in opere come il “Soldato ferito. La morte di Emilio Morosini” di Ettore Ferrari (1883) e “Le vittime del lavoro” di Vincenzo Vela (1882). Ben conservato nei suoi elementi essenziali il monumento oggi attende una sua piena valorizzazione, affinché possa accrescere il valore della memoria civica condivisa sul sacrificio che la Prima Guerra Mondiale impose a tutte le famiglie e aumenti la consapevolezza che anche Monza contribuì con forme differenti di mecenatismo, pubblico e privato, all’evoluzione e diffusione dell’arte e della scultura novecentesca. Ferdinando Zanzottera pg.5 i g ioielli della lom b ardia P a l a z z o T r o t t i a Vim e r c a t e Nel centro storico di Vimercate spicca per importanza e valore storico Palazzo Trotti, edificato sul fronte dell’attuale Piazza Unità d’Italia. L’edificio presenta una semplice facciata che segue l’andamento dell’antica maglia urbana. Le travagliate vicissitudini storiografiche della famiglia Seccoborella, le numerose trasformazioni susseguitesi nel tempo e la crisi economica tardo ottocentesca dei Trotti sono gli elementi salienti di un lungo processo generativo percepibile dall’architettura del palazzo che, tuttavia, ad una visione distratta non riesce a far presagire pienamente la preziosità delle decorazioni rococò racchiuse al suo interno. La facciata curvilinea è caratterizzata dalla presenza di un’imponente torre quadrangolare tronca, nella quale si staglia il portale mistilineo di ingresso che dà accesso al cortile interno. La sequenza ritmica delle aperture, che oggi appaiono solamente come semplici tagli rettangolari nella muratura, è talvolta interrotta da lacerti in cotto di murature più antiche, che richiamano un fasto cinque-seicentesco non più pienamente intuibile. Elementi eterogenei appaiono disorganicamente nella facciata. Tra questi le volute decorative sommitali della torre quadrangolare e il disegno geometrico che inquadra l’ingresso principale. Planimetricamente il complesso architettonico si compone di più edifici con il corpo centrale affacciato su una corte quadrangolare chiusa. I volumi nobili si stagliano nel corpo interno parallelo all’attuale piazza Italia e sono caratterizzati all’assenza di una facciata finita che prospetta la Corte d’Onore. La fronte verso il parco, invece, presenta il classico schema delle ville di delizie lombarde o dei palazzi extraurbani, con un corpo a U con ali laterali poco aggettanti. Sul fianco occidentale, parallelamente all’attuale via Bonsaglio, si estendeva la parte rustica, con alcuni volumi e una corte di servizio. Malgrado le dimensioni del complesso architettonico, il valore indiscusso del palazzo è costituito dai cicli pittorici mitologici delle sale interne, appartenenti a tre distinte fasi decorative settecentesche. Principalmente collocate nei volumi architettonici centrali dell’edificio le sale dipinte sembrano rifarsi alla tradizione decorativa lombarda dei secoli precedenti, rinnovata da nuove intuizioni formali nel Seicento. La collocazione delle pitture presenti nella villa, distribuite a maniera di fregio con quattro scene principali incluse in quadrature pittoriche talvolta intervallate da scene monocrome angolari, attestano la persistenza di un modello superato negli edifici dei grandi centri urbani, ma ancora in uso nei palazzi di campagna o negli edifici delle famiglie meno “alla moda”. Al primo periodo decorativo di Palazzo Trotti appartengono le pitture della sala principale del piano terra, con ingressi diretti rivolti verso la Corte e il giardino. Queste rappresentano le storie di Cleopatra, alle quali fanno seguito le scene dipinte nelle sale di Ercole e di Semiramide, al piano terra, e nella Sala di Minerva, al piano superiore. Le pitture ivi presenti sono da ascrivere ad un’unica mano e alla sua bottega, che presenta una chiara vocazione “figurista” e disomogenei livelli qualitativi. Differenti capacità esecutive sono infatti riscontrabili anche nella Sala di Cleopatra, nella quale i risultati migliori sono espressi dalle figure allegoriche parietali. L’artista che lavorò in queste quattro sale, caratterizzate da un’impostazione figurativa unitaria, concluse i lavori tra il 1705 ed il 1706. Egli fu certamente coadiuvato da numerosi aiutanti che lasciarono pitture giudicate dalla Bossaglia a volte “affrettate” e “involgarite”. Al piano superiore, sul fianco della sala centrale priva di decorazioni, si trova la Sala di Bacco, che presenta affreschi qualitativamente assai superiori. Secondo l’impostazione consueta delle pitture della villa, alle pareti si stagliano le scene connesse alla divinità romana del vino e della vendemmia, in cui la dolcezza espressiva, la padronanza degli effetti chiaroscurali e alcune scelte figurative, sembrano compiute da un maestro lombardo che precorre i tempi. Maestro identificato da molti storici con pg.6 Carlo Donelli detto il Vimercati, che avrebbe dipinto queste scene tra il 1710 ed il 1715. Alla committenza della famiglia Trotti e a un periodo non molto discosto dal 1750 apparterrebbero le scene presenti nelle sale delle ali minori del piano terra (sale dell’Olimpo, di Atalanta e di Diana) e del primo piano (sale Angelica e Medoro, di Piramo e Tisbe e di Andromeda). Esse raffigurano scene mitologiche di grande impatto lirico, per le quali si è avanzata l’attribuzione al pittore ticinese Giuseppe Antonio Orelli, considerato come una delle personalità più acute della pittura lombarda di metà Settecento. Oltre alle pitture la Villa custodisce interessanti tele, soffitti lignei decorati con la diffusa tecnica del “passa-sotto” e alcuni arredi, quali i camini di gusto tipicamente settecentesco. La più antica testimonianza storica delle vestigia di questo edificio, completamente rinnovato tra la fine nel XVII e XVIII secolo, risale probabilmente al 1559, anno in cui Bartolomeo Taeggio pubblicò il volume intitolato “La villa”, nel quale due personaggi (Vitauro e Partenio) disquisiscono sui modi e i benefici di abitare in città e in campagna. In questo scritto Taeggio asserisce che Lodovico Seccoborella “è si vago della villa, et studio delle belle lettere cotanto amiche del silentio delle campagne, che spesso fiate abbandona Melano per la sua amenissima villa di Vimercato”. Sebbene il testo non contenga alcuna descrizione del complesso architettonico è probabile che a quel tempo fosse un piccolo palazzo urbano afferente al patrimonio immobiliare della famiglia Seccoborella acquisito tra il 1450 ed il 1775, anno in cui G. Antonio ricevette l’investitura feudale da parte di Galeazzo Sforza. Non tutti gli storici concordano nel’individuare nell’attuale palazzo Trotti l’edificio citato dal Taeggio e avanzano l’ipotesi che si tratti della casa da nobile del complesso della Cascina Borella di Ornago, che, tuttavia, recenti studi hanno individuato divenire proprietà della famiglia Seccoborella solamente nel 1653. Secondo A. Merati un’ulteriore sommaria testimonianza iconografica dell’antica struttura vimercatese è contenuta nell’ano- nimo dipinto ad olio raffigurante la Gloria di San Carlo, conservato nell’oratorio di Sant’Antonio Abate, certamente eseguito tra il terzo ed il quarto decennio del XVII secolo. In esso vi è raffigurato il borgo di Vimercate con inserito, sul fianco del campanile della chiesa di San Francesco, una massiccia torre con copertura a piramide tronca, elemento ancora oggi caratteristico di Palazzo Trotti. La visione idealizzata della cittadina e del palazzo, sebbene abbastanza precisa e corrispondente alla realtà del tempo, non consente di ricostruire nemmeno sommariamente l’aspetto architettonico dell’edificio della famiglia Seccoborella, che tuttavia costituisce fondamentale testimonianza iconografica compiuta di Palazzo Trotti. Se accettata la ricostruzione di Merati, infatti, quest’opera pittorica mostrerebbe il palazzo nella sua conformazione degli inizi del Seicento, ancor prima degli interventi di ampliamento e sistemazione voluti dai proprietari nel tardo XVII secolo. Sul finire del Seicento la famiglia Seccoborella decise un articolato intervento di lavori, protrattisi sino alla seconda metà del XVIII secolo. Questi dovevano figurativamente dimostrare il potere politico ed economico raggiunto dalla famiglia, che trasformò la “casa da nobile” delle origini in un suntuoso “palazzo nobiliare” e in una splendida “villa di delizia e villeggiatura”. Si tratta di interventi che seguirono il funesto periodo della peste di manzoniana memoria, che fece numerose vittime anche a Vimercate. I lavori furono intrapresi da Giovanni Battista Seccoborella quasi contemporaneamente alla sistemazione del palazzo urbano che la famiglia possedeva a Milano in via Borgonovo. La riqualificazione architettonica e decorativa dell’edificio vimercatese fu dunque iniziata da Giovanni Battista entro il 1685 e proseguì nei decenni successivi dal figlio Francesco sino al 1701, anno della sua morte. Tra la fine del Seicento e l’inizio del settecento è probabile che si definì l’impianto architettonico generale del nuovo palazzo, che nei decenni successivi fu nuovamente investito da un rinnovato fulgore di trasformazione. A questo periodo risale, ad esempio, il desiderio di rinnovare la facciata principale del palazzo prospiciente la corte signorile, lavori presto interrotti per cause incerte ancora adeguatamente da indagare. Il ritrovamento recente di documenti legati alla famiglia Seccoborella consentono di attribuire a questa fase anche il progetto di rifacimento generale degli ambienti di servizio e delle due ali laterali, sino a non molti anni fa attribuiti alla famiglia Trotti. La comparazione tra l’inventario dei beni appartenuti a Giovan Battista Seccoborella, datato 13 settembre 1735, e “l’Inventario della sostanza lasciata dal fu Co. Luigi Trotti fatta dal Cittadino Giuseppe Trotti in qualità di curatore del di lui pronipote minore altro Giuseppe Trotti” (26 maggio 1796), consente di ipotizzare che furono proprio i primi proprietari a voler sistemare i volumi architettonici presenti nell’ala occidentale del Cortile principale assegnati al fattore e a far edificare le ali minori del palazzo, successivamente decorate dalla famiglia Trotti. Il primo grande intervento decorativo fu commissionato da Giovan Battista Seccoborella dopo il 1701, anno in cui ereditò la proprietà dallo zio. Egli incominciò i lavori con rinnovato impegno, commissionando le pitture interne e parte dei cicli pittorici che ancora oggi si possono ammirare nelle sale del palazzo. Il primo intervento interessò solamente le sale centrali del piano terra e del piano nobile, trovando conclusione tra il 1705 (Sala di Cleopatra) e il 1706 (Sala di Semiramide). A questa prima fase pittorica ne seguì una seconda compresa tra il 1710 ed il 1715, corrispondente all’esecuzione della Sala di Bacco. Essa è attribuita al periodo più maturo della produzione artistica di Carlo Donelli detto il Vimercati, deceduto pg.7 nel 1715. Alcune difficoltà economi- che della famiglia, l’assenza di un erede maschio nella casata dei Seccoborella e il conseguente “acquisto” della concessione di ereditarietà dei diritti feudali per linea femminile da parte di Giovan Battista a favore della figlia Giulia, furono le probabili cause dell’interruzione dei lavori alla villa-palazzo. Essi ripresero dopo la morte di Giovan Battista Seccoborella (1733) e l’acquisizione del bene da parte di Giovan Battista Trotti, che aveva sposato Giulia Seccoborella nel 1718. A questa nuova fase appartiene il terzo momento decorativo del palazzo che Rossana Bossaglia ha attribuito fin dagli anni Sessanta a Giuseppe Antonio Orelli e alla sua bottega. Si tratta di significative rappresentazioni pittoricomitologiche eseguite intorno alla metà del XVIII secolo, tra le quali spiccano per importanza le sale dell’Olimpo, di Atalanta e Diana, di Angelica e Medoro, di Piramo e Tisbe e di Andromeda. Con quest’ultimo intervento si esaurì lo spirito di rinnovamento che investì la residenza vimercatese, completando quel lungo processo di trasformazione che per molti anni aveva caratterizzato il luogo in cui, fino alla fine del Settecento, si esercitò il potere feudale. A seguito delle riforme amministrative della Lombardia e dell’abrogazione dei diritti feudali Palazzo Trotti divenne, sino al 1861, la casa di villeggiatura privilegiata di una delle famiglie più importanti di Milano, che non disdegnava un controllo diretto sulle attività agricole svolte nelle proprietà circonvicine. Intorno alla metà del XIX secolo iniziò per Palazzo Trotti un periodo di disinteresse, motivato dalla crisi economica che investì la famiglia proprietaria. Il palazzo e il giardino annesso furono venduti all’amministrazione pubblica, che dal 1862 la trasformò in sede municipale. Numerosi adattamenti furono attuati in questa occasione e nella successiva decisione di far occupare parte dei volumi architettonici occidentali dalle scuole elementari. Malgrado alcune modifiche e trasformazioni complessivamente il palazzo si è mantenuto integro, divenendo anche oggetto, in specifici momenti storici, di particolari tentativi di valorizzazione. Tra questi significativo, per il suo valore iconografico, è quello compiuto nei primi anni Trenta di cui si conservano numerose tracce negli archivi comunali. Nel secondo dopoguerra la tutela del Palazzo è stata oggetto di accesi dibattiti, svoltisi anche in relazione al concetto di conservazione dei centri storici. Negli anni Settanta, inoltre, l’amministrazione ha provveduto a far eseguire un nuovo dettagliato rilievo del palazzo, fondamentale momento per successivi interventi di manutenzione, restauro e valorizzazione. Il presente testo costituisce la prima versione della Scheda di Valorizzazione di Palazzo Trotti redatta dall’autore per conto di Regione Lombardia e pubblicata, per ragioni connesse ai limiti dimensionali dei campi del sistema di catalogazione SIRBeC, in maniera ridotta sul ortale dei Beni Culturali regionali (www. lombardiabeniculturali.it). Per la lettura della scheda base (redatta nel 1993 da Silvia Gibelli e aggiornata nel 2010 da Roberto Bresil e Emanuele Vicini) e della Scheda di Valorizzazione (redatta nel 2010 da Ferdinando Zanzottera) si rimanda a: http://www. lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-09337/ Per saperne di più: - Isabella Micari, Il Palazzo Trotti di Vimercate da dimora feudale a casa di villeggiatura (1475-1862), Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, rel. Fiorella Frisoni, correl. Eugenio Riccomini, tesi di laurea, dattiloscritto, a.a. 1997-1998. - Rossana Bossaglia, Vimercate – Palazzo Trotti, in: Maria Luisa Gatti Perer (a cura di), Studi e ricerche nel territorio della provincia lombarda, Edizioni La Rete, Milano, 1967, pp. 224228. - Giovanna Virgilio, Vimercate. Visita alla città e al suo territorio, Istituto per la Storia dell’Ar- te Lombarda, Milano, 2003, pp. 11-13. - Senza autore, Vimercate, in: AA.VV., La Lombardia paese per paese, Casa Editrice Bonechi, 1987, vol. VII, pp.491-500. - Angelo Marchesi, Vimercate. Chiese romaniche, affreschi gotici e “Ville di delizia”, Bellavite, Missaglia (Lecco), 2001, pp. 13-26. Ferdinando Zanzottera ISAL r i c o r d a Lunedì 6 febbraio 2012 alle ore 17,30 nella chiesa milanese di Santa Maria Incoronata (Corso Garibaldi, 116) sarà celebrata una S. Messa in suffragio della Prof. Maria Luisa Gatti Perer, fondatrice dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda, in occasione del terzo anniversario della morte. pg.8 MISSION DI ISAL E ABBONAMENTO ALLA RIVISTA ISTITUZIONALE DELL’ISTITUTO L’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Onlus (ISAL) è una libera associazione di cultura senza scopo di lucro: sin dalla sua nascita nel 1967 promuove, incentiva e sostiene la ricerca sulla produzione figurativa ed architettonica lombarda, divulgandone i risultati con entusiasmo e tenacia. Nella ferma convinzione che la cultura per vivere debba circolare, l’Istituto s’impegna da sempre in un’intensa attività didattica e divulgativa articolata in conferenze, corsi, convegni, itinerari di studio e visite guidate, con l’obiettivo di coinvolgere e sensibilizzare tutti coloro che intendono ritrovare nelle tracce del passato le origini e l’anima stessa del tessuto sociale in cui vivono. A questo scopo l'ISAL ha mantenuto negli anni la forma originaria di libera associazione, aperta a tutti coloro che sono ugualmente interessati al progresso degli studi, al godimento e alla conservazione dell'arte lombarda: i Soci aiutano l’Istituto, fanno in modo che esso acquisisca sempre nuovi stimoli e competenze e, nello stesso tempo, contribuiscono alla diffusione di una coscienza civica che viva il monumento come parte integrante della propria identità. L’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Onlus (ISAL) edita una propria rivista dedicata all’arte lombarda diretta dalla prof. Maria Antonietta Crippa, dotata di un proprio Comitato Scientifico e di numerosi Corrispondenti dall’estero. Quote dell’abbonamento alla rivista ISAL Italia: Estero: Quote sociali (con e senza abbonamento alla rivista) Socio Ordinario (comprese Scuole, Biblioteche, Associazioni): Socio Ordinario estero: Socio Studente Ordinario: Socio Studente Ordinario estero: Socio Studente Sostenitore (associazione + rivista): Socio Familiare: Socio Sostenitore (associazione + rivista): Socio Benemerito(associazione + rivista): Capoluoghi di Provincia, Province e Comunità Montane (associazione + rivista): Comuni con più di 10.000 abitanti (associazione + rivista): Comuni con meno di 10.000 abitanti (associazione + rivista): € € € € € € € € € € € € € 110,00 160,00 50,00 90,00 26,00 66,00 82,00 16,00 140,00 540,00 520,00 310,00 200,00 Si ricorda che i soci ISAL: - ricevono periodicamente comunicazioni informative sull’attività sociale dell’Istituto; - possono frequentare gratuitamente i Sabati dell'ISAL, i Convegni e i Seminari; - possono partecipare a tariffe agevolate alle visite di studio organizzate dall’ISAL; - accedono gratuitamente (previo appuntamento) alla Biblioteca, agli Archivi e alla Fototeca dell’ISAL; - accedono gratuitamente alla Biblioteca dell’Università Cattolica di Milano; - possono assistere ai corsi di Storia dell’arte della Facoltà di lettere e della Scuola di Specializzazione dell’Università Cattolica di Milano; - possono acquistare i volumi disponibili presso la sede ISAL usufruendo di offerte speciali; - ricevono la Rivista dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda (solo i soci che ne hanno diritto). 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