Strategie di impresa e politiche “possibili”.
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Strategie di impresa e politiche “possibili”.
Strategie di impresa e politiche “possibili”. Anna Maria Zaccaria Dipartimento di Scienze sociali, Università di Napoli Federico II [email protected] Work in progress. Please do not mention Premessa Questo contributo presenta alcuni risultati di una ricerca condotta sul Sistema locale del lavoro di Nola (Na), con l’obiettivo di indagare i caratteri della vitalità economica registrata dal Sistema e le principali strategie di impresa che la sostengono1. In questa sede, in particolare, ci soffermeremo sul rapporto tra le strategie economiche e organizzative degli imprenditori e le politiche di sviluppo locale che hanno drenato risorse finanziarie per il Meridione dagli anni Sessanta del secolo scorso alla prima decade del Duemila. I 31 comuni compresi nel Sistema Locale del Lavoro di Nola coprono una superficie complessiva di 337 kmq tra la provincia di Napoli e quella di Avellino; contano complessivamente 311.415 residenti al 2010, con un incremento di popolazione residente pari al 3,8% rispetto al dato del 2004. Il Sistema locale nolano non ha specializzazione e non comprende Distretti produttivi. A caratterizzarlo in termini di vitalità economica sono il Distretto logistico CIS-Interporto-Vulcano Buono di Nola e il settore agroalimentare, specificatamente nel sottosettore merceologico della lavorazione, conservazione e commercializzazione di prodotti alimentari. I dati generali riferiti all’andamento occupazionale registrano, nel periodo 2004-2010, variazioni percentuali in negativo. In generale, calano gli occupati (-3,9%) e si riduce anche la forza lavoro disponibile (-9,9%); ma soprattutto diminuiscono del 37,3% le unità in cerca di occupazione: dato in buona misura spiegabile in termini di “effetto scoraggiamento”, ma che contiene anche, presumibilmente, una quota di soggetti usciti dal mercato ufficiale per vari motivi (prepensionamenti, licenziamenti per cessate attività, ecc.) ed entrati in quello del lavoro sommerso 2. In maniera speculare si riducono tassi di attività (-7%), di occupazione (-3,6%) e di disoccupazione (-5,5%)3. Di senso contrario l’andamento dei dati relativi alle esportazioni dei prodotti. La tab. 1 sintetizza un dato parziale, riferito al solo triennio 2009-2011, che risulta comunque interessante in quanto mostra, pur a ridosso della crisi economica, il generale aumento delle esportazioni (+3,8%) in direzione dei paesi UE e, soprattutto, dei paesi extra-europei (32%); quest’ultimo dato è comprensivo della lieve flessione registrata tra il 2010 e il 2011 (-3,8%). “Frutta e ortaggi lavorati e conservati” rappresentano il primo prodotto esportato; a seguire, i prodotti del settore aereospaziale e dell’abbigliamento. In ambito europeo, i primi due mercati di destinazione sono il Regno Unito e la Francia; in ambito extra-europeo è il mercato statunitense a rappresentare il principale destinatario4. Dunque, da un lato abbiamo uno scenario in regressione che restituisce una immagine poco confortante dell’area nolana, dall’altro uno positivo e in evoluzione che consente di considerare la stessa una “area vitale” nel quadro economico regionale e nazionale. Fin qui i dati inducono ad una macrolettura delle dinamiche economiche locali che non evidenzia il ruolo giocato dai singoli settori produttivi e spinge alla ricerca di ulteriori elementi utili a spiegare apparenti contraddizioni di tendenze. Prendiamo in considerazione le cifre riferite ai settori produttivi presenti nel Sistema locale nolano. 1 La ricerca è stata promossa e finanziata dal Ministero dello Sviluppo Economico- Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, diretta da Carlo Trigilia e condotta nell’autunno 2012. 2 Fonte: Istat – Occupati nei sistemi locali del lavoro. Anni 2004-2010 3 Ibidem. 4 Fonte: Istat – Le esportazioni dei prodotti dei Sistemi locali del lavoro. Anni 2009-2011 Tab. 1 – Dati Export SSL Nola. Anni 2009-2011. Val. assoluti e variazioni % 2009 2010 2011 Var. % 2009-2011 538.970.395 659.386.960 667.278.517 23,8 Export Var. % 2010-2011 1,2 304.449.955 337.501.330 357.768.616 17,5 6,0 Export extra-UE 234.520.441 321.885.630 309.509.901 32,0 -3,8 Export UE Fonte: Istat – Le esportazioni dei prodotti dei Sistemi locali del lavoro. Nell’ultimo trentennio del 900, le attività legate alle costruzioni, quelle manifatturiere e quelle legate al commercio all’ingrosso connotano il panorama produttivo dell’area e registrano una crescita costante in termini di unità produttive. In particolare, la crescita del settore delle costruzioni (+ 1367 unità) trova fondamento da un lato nell’intensa edificazione che - come vedremo meglio tra breve interessa le aree rurali della zona, dall’altro nella ricostruzione post-sismica finanziata dalla legge 219/81 che ha visto, come effetto immediato, il moltiplicarsi di ditte edili nell’arco soprattutto del decennio successivo. Per quanto riguarda invece le attività manifatturiere (+1299 unità) e quelle commerciali (+ 2991 unità) si tratta, come si vedrà in seguito, dell’evoluzione di una naturale vocazione produttiva dell’area nolana, che gioca su condizioni di contesto favorevoli sia in termini ambientali e geofisici che infrastrutturali5. In questi settori non solo cresce il numero delle unità produttive ma aumentano anche-nel trentennio considerato-le loro dimensioni in termini di addetti6; anche in questo caso, è il settore commerciale (+6818 addetti) a registrare la variazione percentuale positiva più elevata tra tutti, seguito immediatamente da quello manifatturiero (+5059 addetti); di peso minore, ma altrettanto significativo, l’incremento di addetti nel settore delle costruzioni (+ 3884 addetti). Va notata, per inciso, anche la riduzione di addetti nel settore agricolo (- 57 addetti), nonostante le unità locali registrino, contemporaneamente, una sia pur minima crescita (4 unità): evidente segnale di un progressivo ridimensionamento delle aziende, che annuncia più drastici cambiamenti negli anni successivi. I dati riferiti al più recente triennio 2007-2010 danno conto degli effetti della crisi economica del 2008 sul tessuto produttivo locale, oltre che del consolidamento di un processo di crescita del settore terziario (pubblico e privato) da un lato e del progressivo esodo dal settore primario dall’altro7. Il dato che qui più interessa è quello relativo alla contrazione delle unità locali (- 267 unità) nel manifatturiero (che in queste serie statistiche comprende il settore agricolo) e nel settore del commercio (- 433 unità); ma mentre il primo settore registra anche la maggiore perdita di addetti (- 824) tra tutti gli altri, nel settore del commercio il numero degli addetti segna l’aumento più elevato(+ 900). Questo dato, come vedremo, può trovare una spiegazione in una ri-articolazione del settore che vede scomparire dal mercato le imprese più “deboli” e crescere in dimensioni e capacità commerciali quelle più innovative in termini organizzativi e produttivi. Per cogliere le dinamiche che sottendono queste cifre e leggere le apparenti incongruenze che, per certi versi, i dati sembrano esprimere è necessario e opportuno penetrare la realtà economica locale per comprenderla nelle sue componenti e nelle sue dinamiche principali che rimandano da un lato, al contesto territoriale (specificità geomorfologiche, tradizioni di lavoro, cultura, ecc.), dall’altro alle realtà imprenditoriali che la connotano (organizzazione, specializzazione produttiva, stili di leadership, logiche di sviluppo, ecc.). 1. Il territorio Il nucleo centrale del SLL di Nola coincide con la cosiddetta “piana nolana”, un territorio geograficamente inquadrabile nella pianura a nord-est di Napoli, racchiusa ad oriente dalla dorsale 5 Fonte: Istat-Censimento generale dell'Industria e dei Servizi. Ibidem 7 Fonte: ISTAT - Registro statistico delle unità locali delle imprese attive (ASIA-unità locali). 6 2 appenninica coincidente con i monti del Partenio, a sud dai comuni vesuviani, ad Est/ Sud-Est dalla Valle di Lauro e dai monti di Palma Campania e ad occidente dal comprensorio Pomigliano-Acerra. Fig. 1- Collocazione geografica dell’area nolana. Le origini dello sviluppo dell’area, dal punto di vista sia degli insediamenti abitativi, sia delle attività agricole, rinviano alla realizzazione dei Regi Lagni, elemento strutturante-ed identitario-del territorio8. Nell’area nolana i Lagni si estendono per circa 25 Km. Nei secoli successivi la trama dei campi e delle colture, come quella degli agglomerati residenziali, è stata significativamente condizionata dallo schema idraulico dei Regi Lagni9. Oggi questi si trovano in evidente stato di degrado igienico ambientale. L’assenza di adeguati interventi di bonifica inasprisce la sedimentata criticità del territorio: il basso pregio della risorsa idrica superficiale e sotterranea, già compromessa dal continuo sviluppo dei centri urbanizzati, dalla presenza dei nuclei industriali, dall’agricoltura intensiva e da un sistema fognario disperdente10. Come vedremo, il problema delle acque ha costituito un elemento di non poco conto nei cambiamenti che hanno interessato le attività agricole della zona. Ma altri elementi connotano questo paesaggio. Innanzitutto l’espansione del maggiore centro della piana, Nola, attorno al quale i casali si sono via via estesi fino a formare le attuali cittadine. In pratica, a partire dalla seconda metà del XX sec. e contemporaneamente all’espansione edilizia del secondo dopoguerra, l’edificazione di spazi agricoli interpoderali ha portato alla creazione di un unico grande agglomerato urbano, che si è progressivamente agganciato agli agglomerati che andavano espandendosi lungo le pendici del Vesuvio. Oggi convivono sullo stesso territorio blocchi di comuni che hanno come riferimento Nola e sono poco distinguibili tra loro dal punto di vista funzionale, e piccoli centri collegati a Nola ma che conservano caratteri ambientali e urbanistici propri. In secondo luogo, Nola, e l’intero SLL di cui rappresenta il nodo centrale, godono una posizione geografica particolarmente felice, all’incrocio tra Campania, Puglia e alto Lazio. 8 si tratta di un sistema idraulico di bonifica realizzato tra il XVI e il XVII sec., che convoglia le acque nell’alveo dell’antico Clanio. Una rete di canali che si estende per circa 110.000 ettari, cui si associano tracciati viari con caratteri prevalentemente rurali. 9 Cfr. Agenda 21 per lo sviluppo territoriale dell’area nolana. 10 Ib. 3 Fig. 2 – Il perimetro del Sistema Locale del lavoro di Nola Il territorio è dotato di un articolato sistema di infrastrutture di collegamento: nodo autostradale A16/A30 (Campania-Puglia); connessioni con i porti di Napoli e Salerno, e con quelli di Bari, Brindisi e Taranto; contiguità con l’interporto regionale di Marcianise (CE); vicinanza all’aeroporto internazionale di Napoli-Capodichino; linea metropolitana circumvesuviana Baiano-Napoli. La più recente realizzazione della stazione di Nola-Interporto completa il quadro, agganciando la linea ferroviaria merci e passeggeri Cancello (CE)-Salerno. Inoltre, la vicinanza del Distretto Industriale Agroalimentare Nocerino (SA) e di quello Tessile di S. Giuseppe Vesuviano (NA) accrescono l’importanza strategica dell’area nel panorama produttivo regionale11. Questo è il quadro controverso che fa da sfondo alla duplice vocazione economica del sistema nolano: quella agricola e quella commerciale. Come vedremo, la prima sostanzialmente regredisce nel tempo, in termini di varietà e produzione, ma trova interessanti svolte nell’impresa legata all’agroalimentare e, in particolare, alla essiccazione e conservazione di frutta/alimenti; la seconda evolve in maniera esponenziale soprattutto in termini di logistica e beni collettivi e trova la sintesi nel Distretto CIS-Interporto-Vulcano Buono di Nola. Si tratta di due realtà che prendono corpo in due ambiti sub-territoriali diversi, che esprimono logiche economiche e di sviluppo diverse e sono popolate da attori diversi: due realtà con pochissimi punti di contatto. 2. Logistica e Agroalimentare: origini, evoluzione e prospettive dei due settori nel Sistema Locale nolano. 2.1 Il Distretto logistico Il Distretto CIS- Interporto Campano - Vulcano Buono sorge nell’immediata periferia di Nola, in area ASI già destinata ad interporto dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Il CIS opera nella distribuzione commerciale, l’Interporto nella intermodalità e logistica integrata ed il Vulcano Buono nei servizi e retail. Il Distretto si estende su una superficie di circa 5 milioni di metri quadrati, con 1.000 aziende e 9.000 addetti, e integra tutte le fasi della filiera logistica/distributiva ed ogni tipo di servizio, da quello ai trasporti, a quello alle aziende ed alle persone. Servizi finanziari con ben 7 sportelli bancari, in rappresentanza dei principali gruppi italiani, un ufficio postale e una Dogana integrano le strutture principali del Distretto. La storia del Distretto logistico inizia nel 1977 quando Nola è il secondo comune della provincia per rappresentatività imprenditoriale (rapporto imprese/abitanti) con 144 unità produttive/1000 ab. (San Giuseppe Vesuviano 145; Napoli 108). 11 4 Gianni Punzo, rampante discendente di una famiglia di venditori di biancheria intima, realizza che gli spazi di piazza Mercato, a ridosso della Stazione centrale di Napoli, sono diventati troppo angusti per le operazioni di carico e scarico delle merci necessarie ai numerosi commercianti della zona, operanti soprattutto nel settore tessile. Individuata l’area ASI di Nola come luogo ideale, organizza la delocalizzazione: “ Punzo convince 12 grossisti del Mercato con cui aveva rapporti più stretti e costituiscono una società, che poco dopo si allarga a 189 soci. Presentano il progetto (alla Regione), che viene approvato. Così nasce il CIS spa specializzato nella grande distribuzione all’ingrosso ” (int. 19, responsabile PR Interporto Campano). E’ la prima tappa di un percorso di ascesa che porterà Punzo a diventare, da “pannazzaro” del quartiere Mercato, Cavaliere di un impero economico che attraversa l’oceano12. Le sue indubbie capacità e risorse personali sono sostenute, e a loro volta nutrono, un reticolo di legami fiduciari sedimentati nel tempo dalla condivisione di spazi e interessi commerciali. Nel percorso di crescita economica, questa rete si alimenta di relazioni significative con figure di vertice nella politica e nell’economia locale e nazionale; ma anche, secondo un’inchiesta della magistratura che coinvolge Punzo nei primi anni 90, con esponenti della camorra.13 Le tre realtà che compongo il Distretto logistico nolano sono nate l’una dopo l’altra, secondo una logica fondata su due principali criteri: incrementare servizi e concentrare funzioni. Il primo, incrementale, persegue il potenziamento dei servizi stessi, dei beni collettivi e delle infrastrutture al fine di consentire sia il miglioramento delle condizioni operative dell’utenza già fidelizzata, sia l’ampliamento dell’utenza complessiva. In pratica, si punta l’attenzione sui bisogni che si innescano via via che un servizio entra in esercizio e si re–investe la disponibilità finanziaria dei capitali nutriti dalle attività già consolidate. Come accennato, tutto comincia con la realizzazione del CIS nel 1986. Un terzo delle infrastrutture viene realizzato con finanziamenti CE (Regione Campania). In pochi anni il CIS diventa il più grande polo di distribuzione commerciale d’Europa, con oltre 300 aziende specializzate in oltre 100 settori merceologici non alimentari ed operanti su una superficie di 1 milione di mq. Si stima un giro di affari intorno ai 7 miliardi di euro. Ma, per ottimizzare i tempi e le pratiche commerciali gli operatori del CIS hanno bisogno di una serie di servizi primari che lo rendano autonomo. Ecco che scatta il principio della concentrazione delle funzioni: nascono il posto di Polizia di Stato, la Caserma dei Vigili del Fuoco, il servizio di vigilanza interna, un ufficio postale, 7 sportelli bancari, tabacchi e giornali, ambulatorio medico, ristoranti, bar e self service, stazione di servizio carburante. Il CIS cresce anche al suo interno: la realizzazione di nuovi capannoni consente ai commercianti la disponibilità di spazi sia espositivi che di magazzinaggio delle merci e, quindi, un notevole risparmio di tempi e costi di trasporto: “ Abbiamo cominciato con un capannone per il negozio, poi abbiamo acquisito spazi progressivamente più ampi. Ora, alle spalle di questo capannone ne abbiamo un altro, comunicante, in cui teniamo il magazzino merci e abbiamo ricavato anche uno spazio per gli uffici finanziari e una serie di servizi per il compratore” (M.C., commerciante, CIS di Nola). Il successo del CIS sollecita Punzo e i suoi partner più fidati e più forti ad incrementare le infrastrutture di servizio al commercio. Ciò spinge ad acquisire nuovi spazi-sempre in area ASI- da destinare al trasporto intermodale. Nel dicembre 1987 nasce la Interporto Campano SpA, a capitale interamente privato, concessionaria della Regione Campania per la progettazione, costruzione e gestione dell’Interporto di Nola. Ha un capitale sociale di € 27.571.000. Il 54,11% delle azioni della Spa sono della CISFI, società finanziaria costituita dalle aziende CIS, di cui è presidente l’imprenditore tessile napoletano Gianni Cacace. Nella compagine societaria figurano poi soci di eccellenza tra cui primari istituti bancari ed importanti società di costruzione. Anche lo sviluppo di 12 A Manaus (Brasile) Punzo ha avviato la realizzazione di uno dei principali interporti latinoamericani, legato alla Colombia, al Venezuela e al Brasile; l’ hi-tech giapponese del distretto industriale di Manaus costituisce uno dei nodi portanti del nuovo network di affari. Nel 2007 Punzo ha anche aperto una struttura gemella del Cis a Tianjin (Cina). 13 Fonti principali delle notizie su Gianni Punzo: articolo di Andrea Palladino su Il Manifesto del 7 gennaio 2009; articolo di Emiliano Fittipaldi per L’Espresso; rete internet alla voce Gianni Punzo il visionario; articoli pubblicati su Amazzandomasaniello il 16 dicembre 2011. Inoltre: F. Barbagallo (1997), Napoli fine Novecento. Politici, camorristi, imprenditori, Einaudi. 5 questa importante componente del Distretto rispetta il principio incrementale insieme a quello della concentrazione funzionale. La possibilità di acquisire clienti con particolari esigenze di conservazione di alimenti induce, per esempio, alla creazione del Polo del freddo: 200.000 mc circa di magazzini frigoriferi, con celle polivalenti da 0° a -30°, dotati di vani scarico/carico merci direttamente collegabili con i vagoni TIR. Tra i nuovi clienti: la MSC crociere che immagazzina nel Polo del freddo le scorte alimentari per le navi da crociera; la Granarolo e l’Aia. Continuo è l’investimento in macchinari e tecnologie avanzate-e relativo personale specializzato addetto-per dotare magazzini e capannoni di servizi di spostamento, trattamento, catalogazione delle merci stoccate. Il movimento merci è facilitato dalla realizzazione di una stazione ferroviaria interna elettrificata, inserita nella rete nazionale e gestita dall’Area Rete Ferroviaria Italiana-Trenitalia, con la denominazione “Nola– Interporto”. Un Ufficio Doganale interno facilita le operazioni di sdoganamento delle merci. Il sistema ferroviario viene quindi integrato con il Terminal Intermodale gestito dalla società TIN (Terminal Intermodale Nola), che con 225.000 mq, 6 binari per la movimentazione merci ed un’area doganale di custodia temporanea, rappresenta il cuore dell’Interporto. La storia continua. Nel 2009 Interporto Campano costituisce Interporto Servizi Cargo (ISC), operatore intermodale che gestisce un proprio servizio di trasporto combinato merci a livello nazionale e internazionale e che si configura quale principale player privato in Italia per lo sviluppo di un network ferroviario merci. L’integrazione più recente riguarda le Officine di Manutenzione di NTV (Nuovo Trasporto Viaggiatori) operative dal 2011, corollario dell’ultima creatura dell’impero Punzo: il treno AV ITALO, esito dell’operazione finanziaria congiunta di Punzo, Montezemolo e Della Valle. Le Officine occupano l’area di un ulteriore, già previsto ampliamento dell’interporto Campano: non solo nuovi capannoni altamente tecnologizzati destinati ad esperti nazionali ed internazionali della logistica, ma anche palazzine direzionali ed edifici di servizi per aziende che operano sul mercato internazionale. Il Vulcano Buono, concepito con la funzione di un centro servizi e come luogo di attrazione e di aggregazione, è il tassello che completa il Distretto. Progettato da Renzo Piano ed ispirato alla caratteristica forma del Vesuvio, copre un’area di 450.000 mq ed è alto oltre 40 metri. L’idea di fondo del Vulcano Buono è, di nuovo, quella di concentrare una serie di servizi in risposta ai possibili bisogni non solo dei visitatori/clienti del Distretto, ma anche delle persone che vi lavorano, nella maggior parte dei casi per l’intera giornata. 8000 posti auto, un ipermercato Auchan, una galleria commerciale con 160 negozi, una multisala cinematografica, un centro benessere, 23 tra ristoranti, bar e punti d’incontro, un albergo cinque stelle della catena Idea Hotel sono gli elementi di punta del pacchetto Vulcano Buono. Nel complesso, le attività presenti al suo interno danno lavoro a circa 2.500 addetti. Il Vulcano Buono è solo l’ultimo nato dalla vivacità imprenditoriale di Punzo e dei suoi soci. Ulteriori nuove iniziative riguardano investimenti nelle energie rinnovabili e nella sicurezza14: una sorta di inversione di logica, che mira alla riduzione dei costi più che all’aumento dei profitti. Il Distretto, nel complesso, esprime un potenziale diretto esclusivamente ai grandi circuiti commerciali e questo limita, di fatto, i suoi rapporti con il tessuto produttivo locale caratterizzato dalla presenza di numerose aziende-in massima parte di piccole dimensioni-legate all’agroalimentare.: “Il distretto logistico serve i grandi numeri. Non siamo attrezzati per le piccole imprese. Certo, potremmo anche diventarlo, ma dovremmo conoscere le loro esigenze…Quantomeno, loro potrebbero consorziarsi...” (int. 19, responsabile PR Interporto Campano). 2.2. L’agroalimentare L’agricoltura è stata, grosso modo fino agli anni 60, l’attività prevalente nell’area nolana, favorita dalle caratteristiche fisiche del territorio e dalla mitezza del clima. L’attività agricola è sempre andata di pari passo con la commercializzazione dei prodotti, storicamente favorita dalla posizione geografica dell’area. Una estesa frutticoltura con prevalenza del nocciolo nella parte settentrionale e 14 Si tratta dei progetti “ Fotovoltaico” e “Sicurezza”. Il primo prevede la realizzazione di un impianto localizzato sui tetti dei capannoni dell’area Interporto (circa 300.000 mq.), con evidenti vantaggi in termini di risparmi sui costi energetici, oltre che ambientali. Il secondo prevede la realizzazione di un Sistema di sicurezza integrato per l’intero Distretto, che consentirà di incrementare l’efficienza dei processi di controllo, migliorare la sicurezza delle persone e delle merci, ridurre i costi della vigilanza interna. 6 dell’albicocco nella parte meridionale caratterizza oggi la produzione, un tempo connotata dalla coltivazione degli ortaggi, come ben ricorda un testimone: “Prima c’era una notevole produzione di ortaggi (patate, pomodori..) perché il territorio era ricco di acque. Poi le acque sono scese a 20 metri ed è diventato difficile coltivare ortaggi. Così si sono piantate le nocciole, su iniziativa di alcune famiglie di contadini. Queste richiedono meno cura e l’attività di coltivatore di nocciole può essere condotta ad integrazione di altre occupazioni (servizi, terziario..). La produzione di nocciole è stato un ripiego” (int. 18, Presidente Agenzia di Sviluppo Areanolana). Il dissesto idrogeologico e ambientale, la parcellizzazione della proprietà agraria imposta dal regime ereditario, un evidente processo di terziarizzazione delle attività hanno indotto una riconversione colturale che tuttavia risponde alla spiccata vocazione corilicola15 dell’area: nel territorio nolano sono concentrati 15 dei 25 comuni che, nella Provincia di Napoli, sono identificati dalla regione Campania quali aree tipiche della produzione del nocciolo. Anche la parte meridionale dell’area, che va a sfiorare le pendici del Vesuvio, ha vissuto gli stessi processi ma registra oggi grosse difficoltà a conservare la produzione del suo prodotto tipico: l’albicocca “pelosella”. In ogni caso, nell’intera area la produzione alimentare è priva di un adeguato sistema organizzativo di base che, sommato alla frantumazione della proprietà agricola e ad una coltivazione relegata nel tempo libero dall’occupazione principale, non ha garantito al territorio uno status di competitor nel mercato internazionale. Ciò nonostante i livelli di qualità dei prodotti che, a detta di molti testimoni, sono superiori a quelli di prodotti provenienti da mercati esteri. Guardiamo qualche dato riferito al settore produttivo della nocciola, in cui si concentra il maggior numero della aziende presenti sul territorio, addette alla trasformazione e commercializzazione del frutto16. Dagli anni 60 ad oggi la produzione mondiale di nocciole è triplicata, grazie soprattutto al miglioramento della resa (+77%) ed alla estensione della superficie coltivata (+ 95% nell’arco 19602000). E’ la Turchia a consolidare la posizione di leadership nel panorama mondiale, per entrambe le dimensioni. Un dato per tutti: dagli anni 60 ad oggi le rese produttive turche aumentano del 120%, di contro al 48% di quelle italiane ed al 77% di quelle mondiali. Se è vero che la qualità della nocciola italiana rimane superiore, l’aumento delle rese turche abbatte i costi del prodotto stesso e dunque ne eleva il suo potenziale di esportazione. Ben lo sanno gli imprenditori italiani del settore, costretti a coprire il fabbisogno di nocciole importandone quasi il 90% dalla Turchia: “L’economia locale della nocciola dipende dal mercato turco, dove anche le tensioni internazionali (ingresso/non ingresso in UE, ecc.) fanno scendere il prezzo.(…) Per rilanciare il settore in Italia bisognerebbe azzerare la Turchia! che però oggi non si può sconfiggere. Il singolo imprenditore non ce la fa.” (int. 3, imprenditore) A livello mondiale, nell’intervallo 2004-2008 la produzione oscilla; mentre la Turchia copre costantemente i 2/3 della produzione mondiale, l’Italia fornisce il 14,6% produzione. In pratica, Italia e Turchia coprono insieme l’83% della produzione mondiale. Dunque la Turchia influenza oggi pesantemente il prezzo delle nocciole in Italia. Ma qual è la situazione del settore a livello nazionale17? In Italia 69.000 ettari circa di il superficie coltivabile sono investiti a nocciolo. Il Mezzogiorno registra il 53% della produzione e il 57% della superficie nazionale coltivata. Poli produttivi sono la Campania e il Lazio che insieme coprono il 60% della superficie coltivata e il 70% della produzione nazionale. La Campania detiene il primato produttivo nazionale, anche se -va notato- nel periodo 1974-2008 registra una flessione di oltre 20 punti % del raccolto prodotto, mentre il Lazio raddoppia la produzione, concentrata nella provincia di Viterbo. Tendenzialmente, le aziende occupano superfici 15 Dal latino corylus = nocciolo. Si trova anche corylus avellana, sempre con il significato di nocciolo. Si ritiene che i nomi del comune di Avellino e di quello limitrofo di Avella derivi dalla antica specializzazione colturale del nocciolo. 16 I dati relativi alla produzione corilicola sono attinti da: Domenico Tosco ( a cura di), Il nocciolo in Campania. Aspetti organizzativi, tecnici ed economici, Imago Media, Dragoni (CE)-Centro per la formazione in Economia e Sviluppo Rurale, Portici e Assessorato Agricoltura Regione Campania. ( anno non indicato). 17 Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT 7 poco estese. Il 50% delle unità produttive presenta una superficie inferiore all’ha., il 90% inferiore a 5 ha, solo il 2% supera i 20 ha18. In Campania prevalgono le unità aziendali di modeste dimensioni, inferiori alla media nazionale19. Nel Lazio, invece, la media aziendale supera la media nazionale e del doppio quella campana. Negli ultimi vent’anni il contributo del comparto campano alla formazione del Valore di produzione totale si è significativamente ridotto, con punte negli anni 80-90; nell’ultimo decennio sta registrando una lenta ripresa. Avellino e Napoli sono le prime due province per diffusione della coltivazione, con produzione in calo nel periodo 1974-2008, quando aumenta nell’alto casertano (più terreno disponibile e bassa concorrenza di floricoltura e orticoltura- più remunerative)20. L’estrema concentrazione delle superfici rappresenta la caratteristica della Campania. Tra le aree a più intensa coltivazione c’è la Piana di Nola che, come visto, coincide con il SLL nolano. Il 90% della produzione provinciale è fornito dall’area dei Monti Picentini (provincia di Salerno), dove si produce la nocciola IGP di Giffoni (Tonda di Giffoni)21. Sulla base di questi dati “ (..) è realistico ipotizzare che in Campania, nella sola fase agricola, il comparto corilicolo esprima un fabbisogno di lavoro corrispondente a quasi sei milioni di ore annue.”22 La provincia di Avellino esprime il 49 % del fabbisogno/ore; quella di Napoli il 25%. Le aziende sono prevalentemente a conduzione diretta del coltivatore con manodopera familiare; le colture sono scarsamente meccanizzate e il lavoro è a basso costo. Per molti proprietari non rappresenta la principale fonte di reddito ed è un’attività condotta a tempo parziale, che spesso impegna il tempo libero o il quotidiano dopo il pensionamento. Ciò anche grazie al fatto che la coltivazione del nocciolo non è particolarmente impegnativa. Una parte della produzione viene tenuta per il consumo domestico, l’altra (è il caso delle coltivazioni più estese) viene venduta a commercianti grossisti direttamente, di sacco in sacco, oppure ad intermediari che poi rivendono alle aziende per la lavorazione/trasformazione: “Qui il contadino lavora per conto suo. Fanno i sacchi e li portano a vendere. Punto!” (int. 18, Presidente Agenzia di Sviluppo Areanolana) Queste dinamiche configurano la persistenza di un mercato “localizzato” della nocciola, che segna la differenza – su cui torneremo più approfonditamente tra breve - tra le imprese più piccole, che vi si rivolgono abitualmente, e quelle leader che lo escludono completamente dal proprio circuito commerciale. Le stesse dinamiche hanno una ricaduta notevole sulla qualità del prodotto “venduto”. Innanzitutto, soprattutto tra i piccoli produttori è diffusa una resistenza al trattamento chimico (o biochimico) del noccioleto, per questioni culturali e/o economiche. Ad approfittarne sono i parassiti delle piante – la cimice in particolare – che possono rovinare l’intero raccolto di un’annata. Inoltre, non solo il singolo contadino ma anche il commerciante grossista, e soprattutto il mediatore, tendono a mescolare tipi diversi di nocciola (Mortarella, Tonda di Avellino, San Giovanni, ecc.) per aumentare, nel primo caso la resa, nel secondo la quota prezzo da intascare. A perderci è il pregio del prodotto venduto e, naturalmente, il piccolo imprenditore che acquista la partita ad un prezzo forfettario che tiene dentro “ il buono e il cattivo” e deve poi selezionarlo sulla base dei criteri imposti dal compratore. Si tratta, in sintesi, di un mercato “debole”, non competitivo, che si regge sulla consuetudine delle pratiche e dei rapporti e che va ad annoverarsi tra i fattori che determinano la forza della Turchia sul mercato internazionale. Inoltre, asseconda l’individualismo produttivo che caratterizza questo comparto nell’area nolana e che, a detta di molti testimoni, rappresenta il punto critico dell’intero settore agroalimentare. A sostenere ed alimentare questo tipo di mercato sono, in primis, i “liberi” intermediatori che ne ricavano interessi notevoli che, per molti, rappresentano la fonte primaria di reddito. Piazza Duomo a Nola è il luogo fisico in cui prende corpo, ormai dall’inizio del 900, questo mercato socialmente definito, che ancora oggi si anima ogni mercoledì e domenica 18 Fonte: elaborazione su dati V censimento Agricoltura (ISTAT 2000) Ibidem 20 Tra le province di Napoli e di Avellino si concentra il 77% delle aziende della regione, con superficie media inferiore all’ettaro mentre nella provincia di Caserta un numero importante di unità supera i 5 ettari. Cfr. V Censimento dell’Agricoltura, 2000 21 Fonte: Regione Campania – Assessorato all’Agricoltura 22 In Domenico Tosco (a cura di), Il nocciolo in Campania, cit. p.33. 19 8 mattina e si struttura si struttura su rapporti stratificati nel tempo, trasmessi attraverso le generazioni, sottesi dal continuo gioco di competizione, confronto e fiducia23. “Nel mercato di Piazza Duomo c’è la contrattazione del prezzo. I mediatori sono conosciuti . Ho ereditato i miei da mio padre, mi conoscono da quando ero piccolo. C’è, con alcuni, un rapporto di fiducia. ”(int. 2, imprenditore) Al mercato di Nola non solo si stabiliscono i prezzi della nocciola in Campania, ma si stima che vi venga trattata poco meno della metà della produzione italiana (Nomisma 2004). Le quotazioni scaturiscono da una contrattazione orale e assolutamente informale: “ Niente di scritto. Si chiude l’affare con una stretta di mano” (int. 2, imprenditore) E’ l’estrema atomizzazione dell’offerta, unitamente ad una certa arretratezza organizzativa24, a sostenere questa modalità di contrattazione che vede al centro la figura dell’intermediatore: “Nella maggior parte dei casi (i produttori) fanno i sacchi e vendono. C’è il compratore-che fa il prezzo- a piazza Duomo a Nola” (int. 18, Presidente Agenzia di Sviluppo Areanolana). 2.3 Strategie d’impresa Nel Sistema nolano l’attività produttiva nel settore agroalimentare ha registrato una netta involuzione, ammessa da tutti i testimoni intervistati. Di contro, la commercializzazione dei prodotti agricoli checome accennato-si è sempre accompagnata alla produzione, si è evoluta in termini di impresa. Le storie di impresa narrate dai testimoni rimandano tutte ad una tradizione agricola e di piccolo commercio che, nel tempo, ha sempre di più abbandonato la prima per ampliare la seconda. Il passaggio generazionale segna, di solito, il salto dall’attività commerciale a quella aziendale. Lungo questa direttiva si costruisce la gerarchia delle imprese del sistema locale nolano legate all’agroalimentare, in particolare di quelle operanti nel settore della frutta essiccata. Alla base della gerarchia troviamo aziende che coprono solo alcune fasi del processo di lavorazione del prodotto (p.e. solo sgusciatura e pelatura delle nocciole) prima di commercializzarlo, che hanno come riferimento il mercato nazionale e, in piccola quota, quello europeo e che raggiungono un fatturato medio annuo che non supera i 10 milioni di euro. La materia prima è in buona parte di produzione locale ed è acquistata al mercato di Nola. Sul gradino appena superiore si collocano le aziende che coprono più fasi di lavorazione del prodotto (p.e. anche essiccazione e/o trasformazione, essiccazione e inscatolamento/impacchettamento) e il cui fatturato medio annuo va dai 20 ai 40 milioni di euro. Una notevole distanza separa queste realtà dai vertici della graduatoria, che vede poche aziende che raggiungono il mercato internazionale, producono fatturati che partono da una media annua di 100 milioni di euro e spesso la superano ampiamente, trattano diverse tipologie di prodotti, coprono tutte le fasi che vanno dalla trasformazione alla commercializzazione del prodotto e hanno prospettive incrementali di sviluppo. Come già evidenziato, tutte le imprese hanno in comune una matrice familiare di origine. Questa, per inciso, solo di rado si configura come un vincolo; molto spesso, la cultura imprenditoriale familiare si traduce in risorsa fondamentale su cui le generazioni successive innescano strategie di innovazione e sviluppo. Ma quali strategie economiche connotano queste diverse “taglie” di imprese? Partiamo dalla base della piramide. Qui troviamo aziende relativamente più giovani, guidate al momento da imprenditori poco più che quarantenni. Il salto di qualità è rappresentato dalla realizzazione di nuovi e più grandi stabilimenti, spesso in aree diverse da quelle in cui si trovavano le prime “fabbriche/negozi” di famiglia. In questo passaggio è frequente il ricorso a strumenti di finanziamento pubblico, come ricorda un imprenditore: 23 Grosso modo fino al primo 900, ricorda un mediatore, il mercato delle nocciole si teneva a Napoli, nei pressi del porto: “era un mercato reale con agenzie ed uffici in cui si svolgeva la contrattazione formale”. Con il crollo della produzione di nocciole nell’area napoletana, il mercato si è spostato a Nola. 24 “L’arretratezza organizzativa emerge bene nel confronto con la situazione in Piemonte e nel Lazio. In Piemonte la commercializzazione delle nocciole fa capo a due organizzazioni di produttori; nel Lazio a tre organizzazioni.” (ibidem). 9 “Uscì questa Legge 44, Sviluppo Italia, e io ed un mio amico, anche lui di Nola, decidemmo di fare una società per realizzare questa azienda. Io ero già nel ramo perché mio padre commerciava nocciole nella zona. Siamo partiti in due e poi si sono aggiunti due soci di minoranza, anche loro amici nostri e uno è pure un parente; questo per rafforzare il capitale economico dell’azienda.” (int. 2, imprenditore). Gli stabilimenti produttivi di due aziende, la Euronut e la Vitulano, sono confinanti e hanno sede nel comune di Sperone (AV) in un’area PIP, alla quale sono riuscite ad accedere grazie alle facilitazioni promosse dal sindaco: “Nella zona di Nola non era cosa: troppi soldi!! E poi c’erano già altri prima di noi. Abbiamo provato a Pomigliano d’Arco: peggio ancora! Poi sapemmo della disponibilità di aree in zona PIP a Sperone. Il sindaco le metteva a disposizione ad un prezzo molto basso, ma prive di infrastrutturazione: la spesa per le infrastrutture sarebbe stata cofinanziata. Era l’unico modo per partire!” (int. 2, imprenditore). Più avanti torneremo su questa figura di amministratore locale, interessante perché presenta evidenti caratteri di “mediatore innovatore” (Pizzorno, 1993). Continuiamo a guardare le aziende. Le logiche di sviluppo, per le imprese collocate alla base della nostra piramide, si fondano sul progressivo potenziamento degli impianti, che consente di coprire più fasi di lavorazione del prodotto, e l’innovazione continua dei processi di produzione. Il risultato, alquanto immediato, è l’ aumento del valore di mercato del prodotto, offerto all’industria dolciaria regionale/ nazionale e, in anni recenti, anche europea. Precise le affermazioni di un imprenditore: “Il processo di crescita è di tipo incrementale e molto centrato sul compratore: seguire la domanda è fondamentale” (int. 3, imprenditore) Le fiere nazionali (p.e. CIBUS, annuale) ed europee (p.e. Austria, ogni due anni) rappresentano il luogo sistematico di incontro con la domanda e i suoi cambiamenti. La materia prima è acquistata principalmente in zona ma negli ultimi due anni anche dalla Turchia a causa della scarsità del prodotto locale. Gli acquisti avvengono al mercato di Nola, in Piazza Duomo; la fiducia, non sempre scontata e reciproca, guida le contrattazioni. A parte il contatto bisettimanale a Nola, tra queste imprese non esistono rapporti di collaborazione/cooperazione, se non sporadici ed occasionali. Nell’impresa, come nella produzione, è diffuso l’individualismo: “Individualismo imprenditoriale. Non c’è la cultura della coesione e della reciprocità”. (int. 18, Presidente Agenzia di Sviluppo Areanolana). Passiamo al secondo livello della graduatoria. Vi troviamo, come accennato, aziende di dimensioni appena maggiori per volume di affari, non necessariamente per numero di addetti e per estensione della superficie occupata dagli stabilimenti25. Gli imprenditori che presiedono i cda di queste imprese si collocano in una fascia di età compresa tra i 50-70 anni. Ma il dato più nuovo sta nel fatto che i cda cominciano ad aprirsi alla componente femminile, rompendo una tradizione di commercio fortemente mascolinizzata. E’ il caso, per esempio, della Secondulfo, in cui emergono donne di terza generazione, e quello della Miele, che affida il delicato compito del marketing commerciale alla moglie del presidente. E’ una tendenza che registra ancora resistenze e che si fa strada nelle aziende che hanno una storia di vita più lunga. Un altro elemento che accomuna queste imprese a quelle precedenti è il ricorso a finanziamenti pubblici, anche in tempi più recenti rispetto alle precedenti. Ciò ha a che fare con le maggiori dimensioni economiche di queste imprese, che dunque riescono ad essere ammesse ai bandi. La Caputo e la Secondulfo, ad esempio, si sono aggiudicate diversi PSR26, 25 Sia in questi casi che in quelli precedenti, il numero di addetti varia dai 10 (Vitulano) ai 50 (Franzese) mentre la superficie occupata varia dagli 8.000 (Miele group) ai 20.000 mq (Santorelli). Rispetto al numero di dipendenti bisogna considerare che tutte queste aziende ricorrono in ampia misura a lavoratori stagionali; rispetto all’estensione degli impianti, va tenuto conto che questa è progressiva: di solito si parte da impianti molto circoscritti, per poi ampliarli soprattutto in occasione di bandi pubblici che finanziano interventi di tipo strutturale. 26 Piani di Sviluppo Regionale. 10 oltre ad altri strumenti di supporto all’attività imprenditoriale riconducibili alle politiche agricole regionali. In questi casi i finanziamenti pubblici sono destinati ad ammodernamento degli impianti o alla realizzazione di nuovi stabilimenti27. Quest’ultima pratica ci conduce direttamente alle strategie di sviluppo adottate da queste imprese. Le direttive principali sono tre e segnano un percorso progressivo: ammodernamento/ampliamento degli impianti e/o degli stabilimenti produttivi; articolazione/innovazione dei prodotti offerti sul mercato; approccio (in modi diversi) a cooperative/consorzi. A rappresentare il primo caso sono i Fratelli Basile, azienda con sede a Saviano di Nola, che tratta frutta secca e produce semilavorati per la grande industria. Annoverati tra i “grandi” confezionatori dagli imprenditori della zona, i Basile hanno puntato sugli ammodernamenti tecnologici: maggiori quantità di prodotto migliore hanno rafforzato e qualificato la loro clientela. Ad investire di più sul prodotto – logica che ovviamente non esclude in qualche misura la prima – sono, ad esempio, i Caputo, i Secondulfo e i Miele. I primi, operanti nel settore della frutta secca, da qualche hanno investono nell’acquisto di terreni in zone che, per costi e per condizioni climatiche, si prestano particolarmente alla frutticoltura. Qui piantano i frutteti (nocciole, noci, mandorle, albicocche, ecc.), ne seguono direttamente la coltivazione e mirano a diventare, col tempo, principali fornitori di materia prima di se stessi28. Simili le strategie delle altre due aziende. E veniamo al terzo approccio, che rimanda a forme di cooperazione e che appena si affaccia sullo scenario nolano delle imprese di piccola dimensione. Le esperienze in tal senso sono quelle della Secondulfo e della Caputo, ed hanno forme diverse. Nel primo caso, l’azienda ormai da molti anni acquista la materia prima soltanto da cooperative di produttori, apprezzando i vantaggi di questa pratica soprattutto in termini di contrattazione; va anche detto che si è trattato di una scelta per certo versi indotta: la Secondulfo, infatti, acquista uva esclusivamente dalla Puglia dove, sul fronte della produzione e soprattutto su quello della commercializzazione, le cooperative sono pressochè l’unico referente. La Caputo, invece, lo scorso anno ha aderito al Consorzio Tonda di Giffoni, che unisce produttori e confezionatori nella tutela del marchio IGP di cui gode la nocciola di Giffoni (SA). La decisione, come racconta il presidente del cda della Caputo, poggia su una serie di motivazioni che vanno dal diritto di prelazione su un prodotto particolarmente pregiato per il mercato, alla possibilità di accedere più facilmente a finanziamenti pubblici, fino a quella di potersi confrontare più sistematicamente con imprenditori dello stesso settore sulle strategie innovative. Guardiamo ora i vertici della graduatoria. I parametri cambiano molto. Si tratta di aziende che contano dai 100 ai 400 addetti. Gli stabilimenti si estendono su superfici che variano dai 15.000 ai 30.000 mq. Il volume di affari-come anticipato-va oltre i 100 milioni di euro annui. A presiedere queste aziende sono imprenditori di solito ultrasessantenni, esponenti della seconda o terza generazione d’impresa. Nei cda compaiono invece le generazioni successive, figli e nipoti, anche donne. Le aziende contattate nel corso dell’indagine e che possiamo collocare in posizione di vertice rispettano in pieno questi parametri. Si tratta della Besana Group e del Salumificio Spiezia. Nel processo di crescita di queste aziende, dalla storia particolarmente lunga, si incontrano tutte le componenti fin qui individuate: investimenti in tecnologie avanzate così come nella qualità del prodotto, ampliamento degli stabilimenti, progressiva estensione del network commerciale che oggi ha i nodi principali in molti paesi Europei, per il Salumificio Spiezia, e oltreoceano per la Besana. Ma quali sono le strategie economiche peculiari di queste aziende? Particolarmente legate al territorio, a cui garantiscono da lungo tempo indotto occupazionale, entrambe sono sostenute da questo in termini di visibilità e legittimazione, hanno buoni rapporti con gli amministratori locali e non hanno mai pensato di spostarsi altrove. Dunque hanno in primo luogo investito sul territorio di appartenenza. Ma hanno anche sviluppato strategie di più ampio raggio, che sposano la logica della cooperazione e dell’azione collettiva. La Spiezia ha principalmente puntato sulla qualità e sulla innovazione del prodotto, senza mai andare oltre la lavorazione di carni suine. A ciò si aggiunge un marketing “spinto”, grazie anche all’ingresso in azienda di giovani membri di quarta generazione, che ha consentito di ampliare il network commerciale. Per finire, la costituzione del Gruppo Spiezia con la nascita, negli anni 90, del 27 La Secondulfo, per es., che commercia frutta fresca e ha il suo stabilimento principale- con relativa sede amministrativa – a Somma Vesuviana, con i finanziamenti POP 94/99 ha realizzato un nuovo stabilimento a Battipaglia, molto più grande e tecnologicamente dotato (int. 10, imprenditrice, e int. 16, dirigente assessorato regionale agricoltura). 28 “ Per intanto ho acquistato diversi appezzamenti di terreno nella zona di Teano (CE) e in quella del viterbese. Ma non le nascondo che di recente, in seguito ad un viaggio in Brasile, mi è passato per la mente di acquistare lì dei terreni: si vendono a prezzi stracciati!” (int. 11, imprenditore). 11 nuovo stabilimento di Nusco (AV) e la più recente rilevazione della SARE di Reggio Emilia, azienda sull’orlo del fallimento: “ Nusco, in alta Irpinia, aveva il freddo secco ideale per la stagionatura dei prosciutti. Io ci avevo sempre pensato ma la spinta mi fu data da Enzo Scotti, allora ministro e mio carissimo amico, che mi suggerì la possibilità di accedere ai finanziamenti previsti dall’art. 32 della Legge 219/81, quello per lo sviluppo nelle aree del terremoto dell’80. Ora a Nusco facciamo solo il prosciutto Lancillotto” (int. 4, imprenditore). La Besana, guidata dal carismatico presidente Pino Calcagni che la rilevò dagli zii materni nel 1970, partecipa e ha fondato diverse associazioni e consorzi per proporre e difendere il marchio agroalimentare italiano a livello internazionale29; Calcagni stesso è membro di vari cda di organismi collettivi: Fruttimpresa, INK, Confidi, ecc.. Inoltre, la Besana fa parte di diverse società miste, è titolare del marchio “Almaverde Bio” e nel 2003 ha ottenuto il marchio collettivo “Made in blu”, che riunisce le principali aziende italiane della filiera ortofrutticola. Per finire, oltre allo stabilimento madre di San Gennaro Vesuviano, ha generato uno stabilimento ad Ogliastro Cilento (per la lavorazione del cioccolato) e una filiale, la Besana UK, in Inghilterra, con funzioni logistiche30. Per queste aziende, proiettate nel mercato globale, la dimensione fieristica del confronto con la clientela è mille miglia indietro. Per concludere, l’unico punto di contatto tra tutte queste imprese e il Distretto logistico di Nola è rappresentato da un magazzino della Besana nell’Interporto. 3. Il ruolo dell’attore pubblico. Lo stereotipo diffuso dell’incapacità degli amministratori locali e della distanza pubblico/privato può essere incrinato in più punti se si indaga in profondità nei contesti locali, attraverso le esperienze dirette. Seppure le interviste agli imprenditori rilevano rapporti conflittuali e/o poco collaborativi con alcuni amministratori locali, emergono con chiarezza anche situazioni di efficace collaborazione. Queste sono riferite, nella fattispecie, ai rapporti con l’Assessorato all’agricoltura della Regione Campania e alla figura del sindaco del comune di Sperone. Prendiamo in considerazione il primo caso, partendo dal dato più generale che riguarda le misure di intervento a favore dell’agricoltura messe in campo dalla Regione e la risposta del territorio. Si tratta soprattutto di Fondi strutturali POR (Piano Operativo Regionale) 2000-2006, in particolare la Misura 4.8 “Ammodernamento strutturale delle aziende agricole”, che prevede la compartecipazione pubblica al 40% (50% se giovani agricoltori, +10% per zone svantaggiate). “Questa misura ha registrato insuccesso soprattutto nell’area nolana, dove si sarebbe potuta compiere una conversione dei vecchi noccioleti a varietà più adatte a fornire prodotto sgusciato di qualità. Probabilmente i produttori non hanno considerato i finanziamenti sufficienti a coprire le perdite per le annate improduttive” (Tosco, cit. p.41). La stessa area nolana è interessata dalle Misure agroambientali previste dal PSR (Piano Sviluppo Rurale) 2000-2006. Ma, per quanto riguarda in particolare il settore corilicolo: “Nelle province di Avellino e di Napoli la percentuale di superficie interessata alle erogazioni rispetto superficie investita totale è più bassa che nelle province di Caserta e di Salerno Ciò è dovuto soprattutto all’alto numero di aziende marginali e all’inadeguatezza dei servizi presenti nelle aree interessate” (ib. p.40). Le ridotte dimensioni dei noccioleti e l’elevato numero di coltivatori non professionali (imprese /non imprese) tornano, dunque, come elementi di vincolo allo sviluppo del settore. Inoltre, molti sono i proprietari non iscritti al registro delle imprese, requisito fondamentale per accedere alle misure. A ciò si aggiungono procedure lente e complesse, norme e prescrizioni UE troppo selettive, costi legati all’IVA, e così via31. Se lo scenario è questo, il PSR 2007-20013 per la Campania rischia un nuovo insuccesso nell’area nolana. 29 Più recentemente, Pino Calcagni è stato promotore del consorzio “Tradizione Italiana” di cui fanno parte la Doria, la Ferrarelle, la Kimbo e la Garofalo., mentre il figlio Riccardo ha costituito e guida la Nucis, un associazione senza scopo di lucro che fa divulgazione di studi di settore (int. 5, marketing Besana) 30 “Una sorta di magazzino dove arrivano gli automezzi con le merci e da lì poi si smistano ai nostri maggiori clienti europei” (ib.). 31 Dinamiche che spiegano anche l’ insuccesso dei PIF (Progetti Integrati di Filiera): aggregazione di imprese del comparto con comune obiettivo di rilancio, che hanno invece registrato un discreto successo nel caso del castagno. 12 Tab. 4-PSR Campania 2000-2006- Misure agroambientali- Misura F: Aiuti erogati per il nocciolo nel periodo 2005-2007 Coltura Sistema 1 Sistema 2 Sistema 3 Incentivo (E/ha) E/ha) (E/ha) introduzione (E/ha) 402 318 437 60 Frutta in guscio Provincia Superficie Ettari 1.047,33 Caserta 2,82 Benevento 1.148,41 Napoli 1.690,27 Avellino 1.002,02 Salerno 4.890,85 CAMPANIA Fonte: elaborazione su dati AGEA Aiuti erogati Euro 426.194,51 1.231,75 499.110,88 750.153,15 453.461,71 2.130.151,99 % 21,41 0,06 23,48 34,56 20,49 100,00 % 20,01 0,06 23,43 35,22 21,29 100,00 Tab. 5 – Regolamento (CE)1782/2003- Superfici ammesse (a) e contributi erogati (b) a favore della corilicoltura in Campania, per provincia, nel triennio 2005-2007 (superfici in ettari, importi in migliaia di euro) a) Provincia Superficie a nocciolo Caserta Benevento Napoli Avellino Salerno CAMPANIA 3.201,00 91,00 6.724,00 10.267,00 2.545,00 22.828,00 b) Provincia 2005 Aiuti Aiuti erogabili erogati 1.093,91 400,07 Caserta 9,86 3,61 Benevento 2.495,65 911,08 Napoli 3.782,26 1.380,93 Avellino 896,91 327,91 Salerno 3.023,6 CAMPANIA 8.278,6 Fonte: elaborazione su dati AGEA Sup. a totale 41,20 10,29 40,17 39,28 37,92 39,54 2006 Aiuti erogabili 1.318,79 9,36 2.701,08 4.032,88 965,01 9.027,1 contr./Sup. Sup. a contr./Totale regionale 14,61 0,10 29,92 44,68 10,69 100,00 Aiuti erogati 485,91 3,45 995,23 1.485,93 355,56 3.326,1 2007 Aiuti erogabili 1.318,79 9,36 2.701,08 4.032,88 965,01 9.027,1 Aiuti erogati 485,91 3,45 995,23 1.485,93 355,56 3.326,1 Eppure, tra le imprese contattate nel corso della nostra indagine tre hanno partecipato con successo ai bandi PSR-Misura 123, che consente anche la partecipazione di ditte individuali32. L’esperienza è stata per loro positiva – nonostante i tempi dei procedimenti – soprattutto perché facilitata da alcuni dirigenti dell’assessorato regionale all’agricoltura, responsabili della misura. Con questi si è creato un rapporto di grande collaborazione, fondato sulla disponibilità reciproca e soprattutto - a detta degli intervistati - sulle competenze e sulle motivazioni dei dirigenti. Questi rapporti hanno indotto gli imprenditori a rivedere il consueto registro della sfiducia nelle istituzioni e hanno generato anche, col 32 Si tratta della Caputo srl di Somma Vesuviana e della Golden Nut di Saviano, operanti nel settore delle nocciole, e della Secondulfo srl di Somma Vesuviana che esporta frutta fresca. Sono aziende di un certo rilievo che, nella gerarchia locale abbiamo collocato al secondo posto. 13 tempo, legami di profonda amicizia. Il punto di vista dei due dirigenti intervistati è risultato assolutamente speculare33. E veniamo alla figura del sindaco di Sperone. Avvocato di professione, rappresenta la quarta generazione di una famiglia che, con continuità, amministra il comune da lunghi anni34. La tradizione politica è quella del PC, tradotta nei vari cambiamenti seguiti alla crisi dei partiti storici. Grazie alle iniziative di questo sindaco, diversi imprenditori hanno potuto aprire i propri stabilimenti nelle aree PIP di Sperone – lo abbiamo visto prima nei casi di Euronut e Vitulano. In pratica, egli ha messo a cofinanziamento con imprenditori locali un avanzo di amministrazione ad uso vincolato per aree PIP, destinato a infrastrutture; inoltre, ha evitato lo strumento dell’esproprio consentendo la libera contrattazione di compravendita tra imprenditori e proprietari dei terreni destinati a insediamenti industriali; in tal modo, il comune risparmia prevedibili spese per controversie legali, l’imprenditore può contrattare liberamente puntando ad un prezzo conveniente, il proprietario ottiene in cambio qualche posto di lavoro nella fabbrica che sorgerà sul suo terreno35. Ora il giovane sindaco sta sollecitando, offrendo collaborazione a vari livelli, un imprenditore locale ad investire nella realizzazione di un impianto di trasformazione in biomassa, sempre in area PIP comunale. Oltre a garantire un discreto indotto occupazionale, questo impianto sarebbe una risposta all’esigenza (collettiva) delle aziende presenti nell’area di smaltire grandi quantità di gusci di nocciole e noci, ed anche all’esigenza del Comune di smaltire arbusti e fogliame, ammortizzando una notevole spesa. In ultimo, ma non meno importante, produrrebbe energia sufficiente per alimentare l’illuminazione pubblica: anche qui con notevoli margini di risparmio sulle spese comunali. Questo sindaco proattivo non è certo un caso eccezionale. I cambiamenti nella politica locale generati dalla crisi dei partiti storici, dalla riforma elettorale introdotta dalla legge 81/93, dai passaggi generazionali hanno consentito l’accesso al governo dei comuni, soprattutto a quelli di provincia e di piccole dimensioni, di un nuovo ceto di giovani amministratori aperti alla concertazione e allo sviluppo locale. Purtroppo, almeno per quanto riguarda il contesto oggetto di studio, queste figure riescono difficilmente ad emergere, schiacciate dallo stereotipo diffuso che lega i piccoli comuni del sud all’arretratezza politica ed economica, quando non al familismo amorale. Sintesi e osservazioni conclusive Le realtà economiche che caratterizzano, in termini di vitalità, il SLL nolano sono il Distretto logistico CIS-Interporto-Vulcano Buono di Nola e il settore agroalimentare. Il Distretto logistico si struttura sulla base della vocazione commerciale dell’area nolana, da sempre sostenuta da una posizione geografica strategica, crocevia tra il Tirreno e l’Adriatico, tra il nord e il sud del paese. Il settore agroalimentare, rappresentato sostanzialmente da imprese dedicate alla essiccazione e conservazione di frutta/alimenti, conserva ben poco della tradizione agricola dell’area che, grazie al sistema idraulico dei Regi Lagni realizzato tra il VI e il XVII secolo, ha segnato almeno fino ai primi anni 70 l’economia della piana nolana. Queste due realtà economiche prendono corpo in ambiti sub-territoriali diversi, esprimono logiche economiche e di sviluppo diverse e sono popolate da attori diversi. Il Distretto CIS- Interporto Campano - Vulcano Buono sorge nell’immediata periferia di Nola. Prende il via con il “trapianto” delle attività commerciali della zona Mercato di Napoli, in cerca di spazi più ampi e servizi più efficienti. Su questa base, incrociando costantemente la logica dell’incremento dei servizi e della concentrazione delle funzioni, nell’arco di poco più di vent’anni si è sviluppato un Distretto logistico di rilevanza internazionale. In questo processo è centrale la leadership personale di Gianni Punzo, imprenditore tessile napoletano con alle spalle una lunga tradizione familiare di 33 Dalle interviste a due dirigenti dell’assessorato regionale all’agricoltura sono emerse anche azioni intraprese su iniziativa personale, per sostenere/attivare processi di sviluppo nel settore agroalimentare e-nello specificonell’area nolana per la frutta secca, così come per la vitivinicoltura campana. In queste iniziative, gli imprenditori con cui si hanno rapporti pregressi fanno da sponda e facilitano il rapporto con il territorio. Di contro, sono proprio i dirigenti a lamentare i vincoli imposti da alcune procedure ministeriali, i ritardi nell’approvazione dei rendiconti e nell’elargizione dei finanziamenti. Gli stessi mettono in evidenza l’importanza cruciale delle motivazioni e delle competenze dello staff con cui lavorano nei propri uffici. Cfr. intt. 16 e 17. Il sindaco è al terzo mandato amministrativo, dopo una interruzione in cui ha ricoperto la carica di consigliere alla Provincia di Avellino. 35 Int. 15, sindaco del Comune di Sperone. Il coinvolgimento delle aziende presenti sul territorio è continuamente perseguito dal sindaco, anche attraverso la promozione di progetti scuola/impresa per la formazione professionale dei giovani. 34 14 commercio. Una leadership unica, carismatica, imprenditrice, capace di tessere e nutrire reti ad elevata valenza fiduciaria; che anche grazie a legami strategici con attori di rilievo sullo scenario politico ed economico nazionale e internazionale è riuscita a globalizzare il network commerciale di riferimento. Non sono del tutto escludibili, inoltre, rapporti con la criminalità organizzata giocati in termini di vantaggio competitivo. L’implementazione incrementale di beni collettivi, i collegamenti proprietari incrociati con imprese e istituti finanziari, lo sguardo costante sulle tendenze del mercato globale, con particolare attenzione alle tecnologie avanzate costituiscono le principali strategie su cui si è sviluppato il Distretto. Di fronte alle sfide dell’attuale crisi economica, il presidente Punzo riorienta la logica di sviluppo, mirando alla riduzione dei costi più che all’aumento dei profitti: i nuovi progetti in campo riguardano, infatti, investimenti nel campo delle energie rinnovabili e della sicurezza. Le imprese operanti nel settore agroalimentare sono disseminate nell’ampia piana nolana, ben oltre il perimetro del Distretto logistico. La tradizione familiare e il radicamento territoriale sono elementi connotativi di queste imprese. La gran parte di esse rappresenta l’esito del passaggio dalla coltura orticola a quella corilicola e del progressivo potenziamento dell’attività commerciale rispetto a quella agricola, a lungo combinate nella tradizione economica locale. Dissesto idrogeologico e ambientale, parcellizzazione della proprietà agraria, terziarizzazione dell’occupazione a partire dagli anni ’70 sono le principali componenti del cambiamento. Il passaggio dal commercio all’impresa è di solito segnato dagli avvicendamenti generazionali; i finanziamenti pubblici sono quasi sempre alla base della svolta. Le strategie di crescita di queste imprese puntano soprattutto sull’innovazione produttiva: il miglioramento del prodotto in termini di qualità è l’obiettivo primo dell’innovazione tecnologica e del potenziamento degli impianti. Man mano che l’azienda cresce, le strategie si articolano: diversificazione del prodotto, concentrazione delle varie fasi di lavorazione, apertura del mercato, delocalizzazione di stabilimenti e magazzini. Sono due gli elementi principali che segnano la distanza tra le (poche) imprese leader e le (tante) imprese minori nella filiera del sistema nolano: il mercato di riferimento e le pratiche cooperative. Mentre le prime sono decisamente lanciate sul mercato globale, le altre restano ancorate ad un mercato locale non competitivo, strutturato sulla base di relazioni personali informali e in cui le modalità di produzione, commercio e trasformazione sono difficilmente separabili tra loro; un mercato sostanzialmente governato dalle figure degli intermediatori, che tenacemente ostacolano processi di organizzazione sistemica sia della produzione che della commercializzazione alimentare. La cooperazione “intenzionale” come risorsa di sviluppo appartiene solo alle grandi imprese, per le quali si traduce più spesso in collegamenti proprietari e consorzi. Ciò che manca, nella complessa e diversificata articolazione dei networks del settore agroalimentare da un lato e del Distretto logistico dall’altro, sono i nodi di contatto tra i due. Nel primo caso, pur attribuendo molta importanza alla logistica, gli imprenditori non accedono ai servizi dell’Interporto che, dal canto suo, punta su altri settori merceologici ed è decisamente diretto ai grandi circuiti commerciali; le aziende legate all’agroalimentare si attrezzano in maniera da essere autosufficienti sia per il trasporto che per lo stoccaggio delle merci. Nel caso del Distretto, il principio dell’autosufficienza governa tutte le attività dentro la cintura dell’Interporto, alimentando una sorta di sviluppo implosivo che trova sfogo nella colonizzazione di mercati esteri attraverso il trasferimento del modello logistico. Non a caso, nel linguaggio corrente, le due realtà vengono definite dagli intervistati con precisi riferimenti geografici: il settore agroalimentare dell’area nolana, l’Interporto di Nola. La diffusione di forme di cooperazione nell’agroalimentare insieme ad una maggiore attenzione della società Interporto verso questo settore (servizi meno costosi, forme di partenariato, ecc..) potrebbero, a detta di alcuni testimoni, coprire questa distanza e contribuire ad un più organico disegno di sviluppo locale. In tal senso, sarebbero auspicabili una serie di interventi che vanno dalla corretta (e diffusa) informazione sui possibili vantaggi, a forme di accompagnamento e monitoraggio partecipato delle esperienze cooperative, alla costruzione di opportuni strumenti di policy che si pongano come obbiettivo – più che come presupposto- la cooperazione. Questo quadro di interventi non esclude la partnership pubblico-privato. Non a caso, gli imprenditori ritengono mediamente più importante l’accesso a finanziamenti pubblici (pur in tempi di crisi!) piuttosto che a quelli privati, ma con la consapevolezza della loro limitatezza. Come è noto, il rapporto pubblico-privato è diffusamente segnato dallo stereotipo della sfiducia reciproca, che di certo ha elementi di fondamento ma che può anche essere smontato in alcuni punti. L’esperienza degli strumenti di programmazione negoziata la racconta lunga in proposito (Trigilia, 2001; Cerase, 2005; Magnatti et al. 2005; Piselli et al. 2008). L’indagine nel SLL di Nola ha evidenziato alcuni punti che meritano una riflessione: innanzitutto, è il ricorso a finanziamenti pubblici a segnare il primo salto di 15 qualità delle imprese agroalimentari, soprattutto negli anni 80-90; anche la prima componente del Distretto Interporto, il CIS, nasce con contributi pubblici. In secondo luogo, non sono poche le imprese ammesse di recente a progetti regionali (PSR, POR, ecc.) che finanziano infrastrutturazioni o adeguamenti/innovazione degli impianti. Tutto ciò a dispetto delle complicazioni e delle lungaggini burocratiche, comunque lamentate. Sul fronte delle politiche agricole l’indagine lascia emergere, in particolare, un assessorato regionale alquanto proattivo, che intercetta le risorse e si impegna a renderle operative nella prospettiva di evitare gli “sprechi” che il dato generale sulla Campania mette spesso in evidenza. La chiave di volta di queste buone prassi pare stia in una dirigenza qualificata e motivata, che costruisce rapporti di fiducia con gli operatori economici del territorio. Un rapporto che, se da un lato può generare il rischio di accessi “privilegiati” alle risorse pubbliche, dall’altro produce comunque casi di successo di politiche pubbliche, veicolati sul territorio dalle imprese che ne sono espressione: un passo di non poco conto nel percorso di costruzione della fiducia (reciprocamente intesa) pubblico/privato. Infine, l’indagine ha anche portato alla luce amministratori locali capaci di trovare soluzioni, di proporsi come mediatori innovatori tra impresa e territorio, di facilitare processi di sviluppo locale. Riferimenti bibliografici AGEA (2007), Riforma della politica agricola comune – Istruzioni applicative generali per la compilazione e la presentazione della domanda unica di pagamento ai sensi del Reg. CE 1782/03Campagna 2008 – circ. 32 del 7.12.2007. Barbagallo, F. (1997), Napoli fine Novecento. Politici, camorristi, imprenditori, Einaudi, Torino. Cerase, F.P. (a cura di) (2005), Azione pubblica e imprenditorialità. L’esperienza dei Patti territoriali in Campania, Franco Angeli, Milano. Cersosimo, D., Donzelli, C. (2000), Mezzogiorno: realtà, rappresentazioni e tendenze del cambiamento, Donzelli, Roma. ISTAT, Annuario statistico italiano, annate varie. ISTAT (2000), V Censimento generale dell’agricoltura. ISTAT (2008), Dati annuali sulle coltivazioni 2003-2007. ISTAT (2008), Serie storiche 1980-2007. Magnatti, P. et al. (2005), Patti territoriali. Lezioni per lo sviluppo, il Mulino, Bologna. NOMISMA (2004), Progetto di osservatorio nazionale sulla coricoltura. Piselli, F. et al. (2008), Patti sociali per lo sviluppo, Donzelli, Roma. Pizzorno, A. (1993), La radici della politica assoluta, Feltrinelli, Milano. Regione Campania (2001), Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006. Tosco, D. et al. (2006), Costi di produzione nell’agricoltura campana, SIRCA-Regione Campania Tosco, D. (a cura di), Il nocciolo in Campania. Aspetti organizzativi, tecnici ed economici, Imago Media, Dragoni (CE)-Centro per la formazione in Economia e Sviluppo Rurale, Portici e Assessorato Agricoltura Regione Campania (anno non indicato). Trigilia, C. (2001), Patti per lo sviluppo locale: un esperimento da valutare con cura, in “Stato e Mercato”, n.3, pp.359-367. 16