aspetti critici nelle opposizioni a sanzioni amministrative

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aspetti critici nelle opposizioni a sanzioni amministrative
STRUTTURA TERRITORIALE DI FORMAZIONE DECENTRATA DEL DISTRETTO DI MILANO
Renato Amoroso, Giuseppe Buffone, Giuseppe Cernuto, Filippo D’Aquino, Fabrizio D’Arcangelo, Francesca Fiecconi,
Maria Grazia Fiori, Federico Vincenzo Amedeo Rolfi, Adriano Scudieri
ASPETTI CRITICI NELLE OPPOSIZIONI A
SANZIONI AMMINISTRATIVE
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PRINCIPI GENERALI E CASISTICA IN TEMA DI
COMPETENZA TERRITORIALE
PRINCIPI GENERALI
CRITERIO DI INDIVIDUAZIONE DEL GIUDICE COMPETENTE
Per il ricorso avverso il verbale di contestazione di violazioni di norme del codice della strada, l’art.7
secondo comma D.Lgs. n.250/2011 assegna la competenza per territorio al giudice di pace del luogo
in cui è stata commessa la violazione e ciò anche nel caso in cui il verbale sia riferibile a
rappresentanti di una Amministrazione dello Stato (per esempio Polizia Stradale o Carabinieri). In tali
casi, in cui la costituzione avviene ad opera della Prefettura competente (ai sensi dell’art.7 quinto
comma D.Lgs. n.250/2011), e vi è quindi una espressa deroga al principio del c.d. Foro erariale,
ossia del Foro della Pubblica Amministrazione previsto dall’art.25 c.p.c., che prevede la competenza
del giudice del luogo in cui ha sede l’Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che
sarebbe competente secondo le regole ordinarie. Le ragioni di tale deroga non riposano tanto sul
disposto di cui all’art.7 primo comma del regio decreto 30.10.1933 n.1611 a mente del quale le norme
ordinarie di competenza rimanevano ferme, anche qualora fosse stata in causa un'Amministrazione
dello Stato, per i giudizi innanzi ai Pretori ed ai Conciliatori posto che tale norma è stata ritenuta
implicitamente abrogata a seguito dell’introduzione del giudice unico tramite il D.Lgs. n.51 del 1988
come precisato dalla Corte regolatrice a sezioni Unite (Cass.Sez.Un.n.18036/2008); esse si fondano
piuttosto sulla persistenza dell’esigenza “di prossimità” del procedimento di opposizione a sanzione
amministrativa, da celebrarsi naturalmente, per la natura pubblicistica che lo informa, presso il giudice
del luogo in cui è stato commesso l’illecito, esigenza rimasta attuale anche dopo la soppressione delle
preture, e dalla peculiare natura di detto procedimento siccome caratterizzato dalla notifica diretta del
ricorso introduttivo e pedissequo decreto di convocazione delle parti direttamente all’autorità emittente
il provvedimento impugnato, nonché dalla possibilità, per l’amministrazione resistente, di stare in
giudizio personalmente tramite i propri funzionari (Cass.n.14562/2002; Cass.n.14057/2004;
Cass.n.14828/2006). Va peraltro precisato, per completezza, che l’esclusione del Foro erariale è
prevista, in forza delle medesime motivazioni, anche in relazione ai procedimenti di appello avverso le
sentenze emesse dal giudice di pace in materia di opposizioni a sanzione amministrativa come
recentemente statuito dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass.Sez.Un.n.23285/2010;
Cass.n.11709/2012) che hanno definitivamente risolto un annoso contrasto giurisprudenziale formatosi
presso la giurisprudenza di merito.
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La stessa regola, ossia la competenza del giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione vale,
ai sensi dell’art.6 secondo comma D.Lgs.n.150/2011, per l’opposizione avverso l’ordinanzaingiunzione emessa dal Prefetto ai sensi degli artt.204 e 205 c.d.s. (ed in genere per tutti i
provvedimenti prefettizi impugnabili ai sensi dell’art.205 c.d.s, come per esempio il provvedimento
prefettizio di sospensione della patente di guida ai sensi dell’art.218 quinto comma c.d.s. ovvero ai
sensi dell’art.223 quarto comma c.d.s.).
Con particolare riferimento ai provvedimenti prefettizi è opportuno evidenziare che la
competenza per territorio del giudice dell’opposizione in relazione a detti provvedimenti non è
necessariamente determinata in relazione alla sede della autorità emittente, potendo in qualche
caso non esservi coincidenza; infatti se la violazione è commessa in un luogo che rientra nel
mandamento di un giudice di pace diverso da quello nel cui mandamento si trova la sede della
Prefettura che ha emesso il provvedimento sarà il primo giudice e non l’altro, ad essere competente.
Per fare un esempio pratico di immediata riferibilità territoriale, per una violazione commessa nel
territorio di Cinisello Balsamo, che fa parte della Provincia di Milano (rectius, dal 1 gennaio 2015,
della Città Metropolitana di Milano), è ben vero che competente ad emettere il relativo provvedimento
prefettizio sarà il Prefetto di Milano ma, poiché Cinisello Balsamo rientra nel mandamento del Giudice
di Pace di Monza che è diverso da quello in cui si trova il giudice competente in riferimento alla sede
prefettizia, ossia il Giudice di Pace di Milano, sarà proprio il primo e non quest’ultimo competente a
decidere sull’opposizione. Capitano invece spesso ricorsi depositati avanti il Giudice di Pace di Milano
solo perché il provvedimento impugnato emana dal Prefetto di Milano sebbene il luogo della
commessa violazione rientri nell’ambito territoriale di competenza del Giudice di Pace di Monza e che
vengono successivamente riassunti avanti il nostro Ufficio a seguito di ordinanze di incompetenza
territoriale emesse dal Giudice di Pace di Milano.
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CRITERIO DI INDIVIDUAZIONE DEL “LUOGO” DELLA COMMESSA VIOLAZIONE
Importante sottolineare inoltre che, di norma, il luogo della commissione dell’infrazione coincide
con quello in cui la stessa è stata accertata in relazione al presumibile perfezionarsi dell’infrazione
nel posto in cui ne vengano acclarati gli elementi costitutivi, ovvero venga constatata parte della
condotta attiva o passiva del trasgressore, in sé idonea ad integrare contegno sanzionabile
(Cass.n.7397/2014; Cass.n.25075/2010; Cass.n.18075/2004; Cass.n.10561/1996). Tuttavia
l’operatività di tale presunzione deve essere esclusa, allorquando dal verbale di contestazione risulti
un luogo della consumazione dell’illecito diverso da quello dell’accertamento, da intendersi
quale mero luogo di reperimento delle prove di un illecito commesso altrove. Il caso era quello di
una sanzione amministrativa comminata per immissione nel circuito alimentare di un animale cui erano
state somministrate sostanze anabolizzanti vietate dalla legge, illecito commesso presso la sede
dell’allevatore, rientrante nella competenza territoriale di un giudice diverso da quello del mandamento
in cui si trovava il mattatoio in cui era stata accertata la violazione. (Cass.n.10917/2003).
Sempre decisivo appare, al fine di radicare la competenza del giudice dell’opposizione, il criterio
dell’effettivo luogo della consumazione dell’illecito, anche allorquando la verbalizzazione sia
eventualmente avvenuta in luogo diverso. (Cass.n.14818/2009). Una simile eventualità non è poi
così infrequente. Basti pensare che, soprattutto nel caso in cui la contestazione avvenga ad opera della
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Polizia Stradale o dei Carabinieri, non è raro che gli operanti procedano ad una verbalizzazione
successiva, dell’illecito contestato immediatamente, ma solo in via orale, nei locali dei rispettivi
comandi operativi che possono essere ubicati in un mandamento diverso da quello in cui l’illecito è
stato commesso. Va ricordato al proposito che la giurisprudenza ha riconosciuto la validità della
contestazione orale dell’infrazione con successiva verbalizzazione proprio in un caso in cui gli operanti
erano rimasti privi della modulistica di riferimento e ciò perché l’art.200 c.d.s. esige solo la
immediatezza della contestazione e non l’immediatezza della verbalizzazione, che può anche avvenire
successivamente per motivi contingenti e giustificabili (Cass.n.14668/2008).
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IL LUOGO DELL’ACCERTAMENTO DELLA VIOLAZIONE COME CRITERIO
“RESIDUALE” DI INDIVIDUAZIONE DEL GIUDICE TERRITORIALMENTE
COMPETENTE
Il principio della competenza territoriale del giudice o dell’autorità amministrativa del luogo in cui è
stata commessa la violazione, deve tuttavia essere integrato con il criterio del luogo
dell’accertamento allorquando la consumazione della violazione non si esaurisca nel territorio di
una sola autorità ovvero vi sia contemporaneità o pluralità di violazioni commesse in luoghi
diversi.
Si è applicato il primo principio in una fattispecie di sanzioni comminate ad un istituto di credito per
violazioni di tipi finanziario commesse dalle singole filiali ubicate in ambiti territoriali di competenza
di diversi giudici e la Cassazione ha ritenuto la competenza del giudice del luogo in cui si trovava la
sede centrale della banca quale luogo dell’accertamento delle violazioni (Cass.n.10243/2000).
Il secondo principio è stato affermato in un caso di violazioni in materia di pubblicità radiotelevisiva a
diffusione locale laddove la contemporaneità degli illeciti commessi in luoghi diversi rendeva
impossibile radicare la competenza territoriale in base al principio del luogo della commissione degli
stessi, essendosi così ritenuto competente il giudice del luogo in cui si trovava la sede dell’Ente
accertatore ossia l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sito in Roma (Cass.n.9708/2001).
Il terzo principio è stato configurato in una fattispecie di violazioni commesse da un autista
dipendente di una ditta di autotrasporti in relazione ad una pluralità di viaggi ed accertate ex post a
seguito dell’esame dei dischi cronotachigrafi in cui la competenza, a seguito di regolamento d’ufficio, è
stata individuata con riferimento al giudice del luogo in cui si trovava l’ufficio in cui gli agenti avevano
esaminato detti cronotachigrafi (Cass.n.27202/2011).
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NATURA FUNZIONALE ED INDEROGABILE DELLA COMPETENZA TERRITORIALE
DEL GIUDICE DEL LUOGO DELLA COMMESSA VIOLAZIONE
La competenza per territorio del giudice di pace del luogo in cui è stata commessa la violazione è
ritenuta pacificamente di natura funzionale ed inderogabile (Cass. n.2567/2012; Cass.n.8294/2005;
Cass.n.6335/1996) in ragione della particolare materia oggetto del procedimento caratterizzata da
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evidenti connotazioni pubblicistiche non solo sotto il profilo processuale (il carattere costitutivo
dell’accertamento rende conto del fatto che l’obbligazione nasce nel luogo in cui la violazione viene
commessa), ma anche sostanziale della tipologia delle contrapposte pretese. Nel giudizio di
opposizione a sanzione amministrativa si controverte infatti sulla legittimità del provvedimento
emesso dalla Pubblica Amministrazione, in quanto portatrice di un interesse pubblico alla
repressione delle condotte illecite, a fronte del diritto del cittadino a tutelarsi contro un eventuale
scorretto esercizio dei poteri amministrativi. Ciò impone la necessità che il relativo procedimento di
accertamento, non a caso - va ricordato - di evidente derivazione penalistica, sia sottratto al potere
dispositivo delle parti con riguardo alla determinazione del giudice competente territorialmente, e sia
invece disciplinato da inderogabili criteri legali.
Va peraltro ricordato che il principio della competenza inderogabile del giudice del luogo della
commessa violazione è stato più volte oggetto di censure di incostituzionalità laddove veniva
contestato il fatto che attribuire la competenza a detto giudice anzichè a quello di residenza del
trasgressore avrebbe posto il cittadino nella condizione di adire necessariamente il forum commissi
delicti creando un privilegio illegittimo a favore della Pubblica Amministrazione a fronte di un
evidente disagio per il trasgressore non necessariamente residente nel luogo della commessa violazione.
La questione tuttavia è sempre stata ritenuta manifestamente infondata dalla Consulta sul
presupposto che la scelta di radicare la competenza territoriale, per tale tipo di giudizio,
inderogabilmente in capo al giudice del luogo della commessa violazione, costituisce espressione di un
corretto esercizio del potere discrezionale spettante al legislatore in tema di disciplina della competenza
in generale, e di quella territoriale in particolare, essendo del tutto ragionevole sostenere che nel luogo
in cui si è tenuto il comportamento sanzionato si discuta anche della legittimità della relativa pretesa
punitiva (Corte Cost.n.74/2011; Corte Cost.n.114/2005; Corte Cost.n.130/2004; Corte
Cost.n.459/2002).
Gli effetti del canone della inderogabilità della competenza territoriale del giudice del luogo in
cui è commessa la violazione si estendono poi necessariamente a tutti coloro che, a vario titolo,
sono chiamati a rispondere del medesimo fatto illecito. Tale principio è stato applicato in una
fattispecie di sanzione amministrativa comminata per indebita percezione di aiuti comunitari nei
confronti di colui che era solo responsabile solidale con l’effettivo percettore dei benefici indebiti e la
cui eccezione di incompetenza territoriale, in quanto risiedente in territorio diverso da quello in cui si
trovava la sede della società che aveva indebitamente percepito le erogazioni ed in cui era stato quindi
commesso l’illecito, veniva conseguentemente respinta (Cass.n.24876/2006).
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COSTITUZIONE IN GIUDIZIO ED ECCEZIONE DI INCOMPETENZA TERRITORIALE
Poiché le controversie in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione ed al verbale di accertamento
di violazione del codice della strada previste dagli artt.6 e 7 D.Lgs. n.150/2011 sono regolate dal rito
del lavoro l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice del luogo della commessa violazione
va sollevata, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione e risposta tempestivamente
depositata ovvero rilevata d’ufficio non oltre la prima udienza di discussione.
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A seguito della legge n.69/2009 che ha riformulato l’art.38 primo comma c.p.c., si ritiene ora che
anche l’eccezione di incompetenza per territorio funzionale (e non più solo quella derogabile)
debba essere corredata dall’indicazione del giudice ritenuto competente a pena di essere
considerata come non proposta con la conseguenza che in difetto di eccezione o di eccezione non
ritualmente proposta la competenza per territorio rimane definitivamente radicata presso il giudice che
ha ricevuto il ricorso ai sensi dell’art.38 primo comma c.p.c..
Ciò posto, e con riferimento all’eccezione di parte, il termine perentorio per sollevare l’eccezione
di incompetenza per territorio ad opera della amministrazione resistente è quello che coincide con il
deposito in cancelleria, nei dieci giorni antecedenti l’udienza fissata nel decreto di comparizione
parti pedissequo al ricorso introduttivo, di una memoria di costituzione in cui tale eccezione venga
formalizzata. Come emerge dalla prassi tuttavia, il più delle volte le amministrazioni resistenti si
limitano a depositare semplicemente in cancelleria, nel termine indicato nel decreto di comparizione,
copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento nonché alla contestazione o alla notificazione
della violazione (art.6 ottavo comma e art. 7 settimo comma D.Lgs. n.150/2011), in certi casi
accompagnata da una anodina richiesta, di rigetto del ricorso e conseguente conferma del
provvedimento impugnato. Appare chiaro che, mentre la documentazione richiamata, anche se non
allegata ad una memoria costitutiva di controdeduzioni, deve essere sempre considerata dal giudice ai
fini decisori trattandosi di un obbligo di produzione imposto all’amministrazione resistente dalla legge
ed è funzionale all’accertamento officioso della legittimità dell’atto amministrativo, è invece
necessario, per ritualmente sollevare l’eccezione di incompetenza per territorio dell’adito
giudice, il deposito di una vera e propria memoria costitutiva di controdeduzioni in cui, secondo
il disposto dell’art.416 c.p.c. il resistente deve sollevare le proprie eccezioni processuali e di merito e
prendere posizione sui fatti attorei, contestandoli espressamente ed indicando specificamente i mezzi di
prova ritenuti necessari (Cass.n. 12617/2006). In difetto l’amministrazione resistente dovrà
intendersi decaduta dalla facoltà di sollevare l’eccezione di incompetenza territoriale.
(Cass.n.11747/2006). Si è peraltro escluso in giurisprudenza che tale eccezione possa essere sollevata
in un atto posteriore al deposito della memoria costitutiva, pur se tempestivamente depositato nei dieci
giorni anteriori l’udienza di comparizione (Cass.n.5629/1997).
Quanto alle modalità di costituzione della Amministrazione va subito chiarito che essa non può
ritenersi configurata con il semplice deposito della documentazione concernente l’accertamento della
cui legittimità si discute, trattandosi, come precisato, di un semplice deposito imposto dalla legge in
quanto funzionale all’accertamento officioso richiamato. Si assiste invece spesso all’invio di memorie
costitutive di controdeduzioni con allegata documentazione, tramite mail o fax direttamente presso la
cancelleria del giudice adito. Ebbene in tali ipotesi neppure può configurarsi una costituzione atteso che
tali modalità di trasmissione sono da considerarsi del tutto irrituali così come, specularmente,
irricevibile deve valutarsi il ricorso in opposizione veicolato nelle medesime forme, ciò che comporta
la declaratoria di contumacia della amministrazione resistente rimanendo peraltro possibile la sua
costituzione tardiva qualora il giudizio non venga definito in una sola udienza, fino all'esaurimento
della discussione (Cass.n.9211/1992). Si deve quindi ritenere che l’eccezione di incompetenza
territoriale sollevata nella memoria di controdeduzioni inviata via mail o fax non possa neppure essere
scrutinata dal giudice, qualificandosi il relativo atto come tamquam non esset.
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Per ciò che concerne la costituzione a mezzo del servizio postale va premesso che, a seguito
dell’intervento della Consulta che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la mancata previsione
della possibilità di un invio del ricorso in opposizione a sanzione amministrativa tramite servizio
postale (Corte Cost.n.98/2004), si deve ritenere, per garantire la condizione di parità processuale tra le
parti, che anche l’Amministrazione resistente possa procedere alla sua costituzione spedendo la relativa
memoria con plico raccomandato (Cass.n.18670/2010). Ai fini del tempestivo deposito di tale atto
tuttavia, e quindi della ritualità della eccezione di incompetenza territoriale eventualmente in
essa sollevata, è tuttavia opportuno chiarire quale sia il momento da cui decorrono gli effetti
della sua trasmissione a mezzo del servizio postale, in particolare se possa valere anche per
l’amministrazione resistente che si costituisce il principio della “dissociazione” degli effetti della
notifica tra notificante e notificato introdotto dal giudice delle leggi (Corte Cost.n.477/2002) per
tenere indenne il notificante dalle eventuali negative conseguenze dovute a ritardi imputabili all’organo
notificante; più in particolare va accertato se, ai fini della tempestività della costituzione, si debba
considerare il momento in cui il plico contenente la memoria costitutiva sia ricevuto e
conseguentemente protocollato dal cancelliere del giudice adito con apposizione del relativo timbro di
ricezione, ovvero quello della consegna dell’atto all’organo notificante. In materia si è pronunciata la
Corte regolatrice a sezioni unite (Cass S.U. n.5160/2009) secondo cui l'invio a mezzo posta dell'atto
processuale destinato alla cancelleria realizza un deposito dell'atto irrituale, in quanto non previsto dalla
legge, e che non necessariamente deve essere compiuta dal difensore, potendo essere realizzata anche
da un "nuncius” ed i cui effetti si sanano ai fini processuali con decorrenza dalla data di ricezione
dell'atto da parte del cancelliere, ed in nessun caso da quella di spedizione. Tuttavia tale principio,
precisa la Corte, non può valere nelle ipotesi speciali relative, tra l’altro, al giudizio di opposizione ad
ordinanza ingiunzione che si caratterizza per una semplicità di forme del tutto particolare, intesa a
rendere il più possibile agevole l'accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia. Ne consegue
che anche nel caso di costituzione dell’Amministrazione a mezzo del servizio postale, gli effetti di tale
costituzione, ai fini della sua tempestività, debbono essere ricondotti, così come per il ricorso
introduttivo, al momento della spedizione, ossia della consegna del plico contenente l’atto all’ufficiale
postale, e non già della ricezione del medesimo da parte del cancelliere.
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RILIEVO OFFICIOSO DELL’INCOMPETENZA TERRITORIALE
Il rilievo officioso dell’incompetenza territoriale deve avvenire, ai sensi dell’art.428 primo comma che
al riguardo ribadisce il disposto dell’art.38 primo comma c.p.c., non oltre la prima udienza di
trattazione (Cass.n.19410/2010; Cass.n.1167/2007; Cass.n.27065/2005) da ritenersi quale udienza
effettiva, quindi quella che si celebra con la effettiva comparizione delle parti, prescindendo dagli
eventuali rinvii d’ufficio. Nel procedimento davanti al giudice di pace infatti, riguardo al quale non è
configurabile una distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, le
preclusioni sono necessariamente collegate allo svolgimento della prima udienza effettiva
(Cass.n.10032/2007).
Nel provvedimento declinatorio di competenza a seguito di rilievo ufficioso deve essere indicato il
giudice ritenuto competente, posto che tale indicazione rientra nel potere-dovere del giudice adito
(Cass.n.10236/2008) e deve essere assegnato il termine per la riassunzione del procedimento innanzi al
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giudice ad quem, termine che è perentorio a pena di estinzione del procedimento e che, in difetto di
indicazione, coincide con quello di tre mesi previsto dall’art.50 c.p.c.
La necessità dell’indicazione del giudice ritenuto competente e la conseguente fissazione di un termine
per la riassunzione trovano giustificazione nella circostanza che il ricorso avverso le sanzioni
amministrative è soggetto a termine perentorio di proposizione della domanda e che la decisione
adottata sulla incompetenza per territorio deve provvedere a conservare gli effetti sostanziali e
processuali della domanda proposta, ancorchè detta domanda sia stata proposta avanti il giudice privo
di competenza (analogamente, in tema di perpetuatio iurisdictionis, Corte Cost. n. 77/2007)
A seguito della novella del 2009 il provvedimento con cui il giudice decide sulla propria
incompetenza assume la veste dell’ordinanza. La parte può impugnare il provvedimento
(Cass.n.14185/2008) o riassumere il procedimento avanti il giudice indicato come competente nel
termine assegnato, con la precisazione che, in tal caso, la competenza resta accertata
incontestabilmente. Può tuttavia capitare che il giudice indicato come competente si ritenga a sua volta
incompetente. In tal caso il giudice ad quem è legittimato a sollevare d’ufficio il conflitto
chiedendo il regolamento di competenza ai sensi dell’art.45 c.p.c., procedimento ritenuto
ammissibile nei giudizi avanti il giudice di pace in quanto l’art.46 c.p.c., secondo cui le disposizioni
degli artt.42 e 43 c.p.c. non si applicano in tali giudizi, non riguarda il regolamento di ufficio, ma solo
quello ad istanza di parte (Cass.n.17663/2004). Ciò perché come detto, la competenza del giudice del
luogo della commessa violazione è funzionale e, in quanto equiparata a quella territoriale inderogabile,
per essa ricorre il requisito previsto dall’art.45 c.p.c. per richiedere d’ufficio il regolamento di
competenza costituito dalla declaratoria di incompetenza da parte del primo giudice per ragione di
materia o di territorio ex art.28 c.p.c. (Cass.n.15382/2012).
Può tuttavia capitare che il giudice ritenuto competente si ritenga a sua volta incompetente senza
tuttavia sollevare il conflitto d’ufficio come richiesto dall’art.45 c.p.c. ed indicando come giudice
competente lo stesso giudice a quo o un terzo giudice. Tale provvedimento declinatorio del giudice,
secondo la Corte regolatrice, può essere impugnato dalla parte con il regolamento necessario di
competenza ai sensi dell’art.42 c.p.c. denunciando il conflitto negativo di competenza che si sia
verificato (Cass.n.5713/2013). In difetto di impugnazione acquista autorità di giudicato tanto la
statuizione di incompetenza del giudice che l’ha pronunciata, quanto quella sulla (asserita) competenza
dell’autorità davanti alla quale la causa sia stata tempestivamente riassunta con la conseguenza che nei
successivi gradi di giudizio, né le parti, né il giudice procedente hanno la facoltà di rimettere in
discussione quanto stabilito in tema di competenza dell’autorità giudiziaria originariamente adita
(Cass.n.2973/2012). Tuttavia, poichè nei giudizi avanti il giudice di pace il regolamento necessario di
competenza ad istanza di parte non è, come detto, configurabile, il conflitto negativo reale di
competenza potrà essere risolto o con l’appello (Cass.n.23458/2011) ovvero con la richiesta del
regolamento d’ufficio da parte del primo giudice adito, davanti al quale il procedimento sia stato per la
seconda volta riassunto (Cass.n.3430/1984) ovvero da un terzo giudice indicato come competente
dalla seconda declinatoria, sempre che la parte si sia anche in questo caso attivata per la riassunzione
(c.d. “conflitto a tre” Cass.n.15126/2002).
Particolare attenzione va riservata alla problematica relativa al rilievo officioso
dell’incompetenza in rapporto alla condotta della Amministrazione resistente. Avviene infatti
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qualche volta che quest’ultima, limitatasi a depositare nei dieci giorni antecedenti l’udienza di prima
comparizione esclusivamente copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento nonché alla
contestazione o alla notificazione della violazione, e conseguentemente decaduta dal sollevare
l’eccezione di incompetenza territoriale, si presenti alla prima udienza instando affinchè il giudice la
rilevi d’ufficio. In tal caso il giudice, che eventualmente non se ne sia avveduto prima, può senz’altro
esercitare il suo potere officioso, a nulla rilevando di essere stato sollecitato da una parte decaduta,
contando esclusivamente, attesa la natura della sua decisione, la tempestività del rilievo. Deve invece
escludersi che vi sia un obbligo del giudice al rilievo ufficioso a seguito di detta sollecitazione, pur se
la stessa abbia ad oggetto un’eccezione di incompetenza territoriale fondata. La giurisprudenza infatti è
consolidata nell’affermare che le parti non possono lamentare il mancato esercizio del potere officioso
(Cass.n.13414/2001; Cass.n.7119/2002) e possono coltivare la questione con l’impugnazione solo se
hanno tempestivamente eccepito, (Cass.n.22055/2006) peraltro in via non subordinata alle difese di
merito (Cass.n.16557/2008). Capita poi spesso che l’amministrazione, dopo aver tempestivamente
sollevato l’eccezione di incompetenza territoriale nella propria memoria costitutiva di controdeduzioni,
non compaia all’udienza di prima comparizione o alle udienze successive. In tale caso la semplice
assenza della resistente non comporta certo tacito abbandono dell’eccezione che, in quanto tale, dovrà
essere necessariamente scrutinata dal giudice (Cass.n.23781/2007; Cass.n. 2365/2007).
Quanto al ricorrente, ad esso è certamente preclusa la facoltà di sollevare l’eccezione di
incompetenza territoriale avendovi dato causa; tuttavia, stante la rilevabilità officiosa della medesima,
può sempre prospettare al giudice in prima udienza, allo stesso modo della resistente non
tempestivamente costituitasi, la avvenuta violazione delle regole al riguardo .
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DICHIARAZIONE DI INCOMPETENZA E SPESE DI LITE
Con il provvedimento con cui dichiara la propria incompetenza il giudice è tenuto a provvedere
sulle spese di lite, non potendo rimettere la relativa pronuncia al giudice dichiarato competente, atteso
che la declaratoria di incompetenza definisce la fase processuale svolta avanti a detto giudice. In
relazione al concetto di "sentenza che chiude il processo" non è, infatti, richiesta esclusivamente una
soccombenza di merito, assumendo rilievo anche quella avvenuta per ragioni di ordine processuale,
purché la pronuncia che la dichiari sia almeno conclusiva di una fase del giudizio.
(Cass.n.22541/2006) Né rileva il fatto che tale fase si sia chiusa con ordinanza anziché con sentenza,
posto che la pronuncia declinatoria di competenza ha valore di sentenza in senso sostanziale in quanto
idonea a chiudere il processo davanti al giudice che l’ha emessa (Cass.n.23359/2011).
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REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI INCOMPETENZA
Il giudice che ha emesso l’ordinanza di incompetenza territoriale non può successivamente
delibare una istanza di revoca della stessa avanzata dall’opponente il quale, come detto, non ha
alternative tra l’impugnazione del provvedimento o la riassunzione del giudizio avanti il giudice
dichiarato competente. Infatti l’istanza diretta a provocare la revoca di un provvedimento decisorio
emesso nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa quale appunto deve intendersi
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l’ordinanza di incompetenza territoriale da parte dello stesso giudice che lo ha emanato, dopo che lo
stesso con la pronuncia si è spogliato della “potestas iudicandi”, è estranea ad ogni schema processuale
e quindi non determina neanche il potere - dovere di pronunciare. La Corte di legittimità, in
applicazione di tale principio, ha così dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto
avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca del provvedimento con cui era stata dichiarata
l’incompetenza (Cass.n.272/2007).
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MODIFICA DELLA COMPETENZA PER TERRITORIO PER RAGIONI DI
CONNESSIONE
La natura funzionale e inderogabile della competenza per territorio del giudice di pace in tema
di sanzioni amministrative connesse al codice della strada, esclude la configurabilità di sue
deroghe per ragioni di continenza o di connessione di procedimenti, sia questa intesa in senso
ampio e generico ai sensi dell’art.40 c.p.c., sia che ricorrano le particolari ipotesi di cui agli artt.34,35 e
36 c.p.c. analogamente a quanto previsto in tema di competenza del giudice dell’opposizione a decreto
ingiuntivo, che pure è ritenuta di natura funzionale ed inderogabile (Cass. n.7684/1993). E’ pacifico
infatti che qualora tale giudice venga investito di una domanda connessa, ma che risulti estranea alla
sua competenza, egli è tenuto a separare i giudizi, trattenendo dinanzi a sé la causa in opposizione a
decreto (in forza della inderogabilità della competenza funzionale) e rimettendo le parti dinanzi al
diverso giudice competente per la causa connessa (Cass.n.20324/2006). Ad analoghe conclusioni
occorre pervenire allorchè la incompetenza sia di carattere territoriale funzionale ed inderogabile,
determinata dalla legge, come nel caso in esame. Pertanto ove il giudice di pace, venga investito di una
controversia che, pur presentando identità soggettiva ed oggettiva, faccia riferimento a fatti accaduti in
luoghi diversi, che comportino la competenza per territorio funzionale e inderogabile di giudici di pace
diversi, non potrà dare corso ad un simultaneus processus ma dovrà dichiararsi incompetente
territorialmente per la causa avente ad oggetto i fatti accaduti fuori dal suo ambito territoriale di
riferimento, con rimessione delle parti avanti il giudice indicato come competente, conseguentemente
trattenendo presso di sé il procedimento relativo al fatto di sua pertinenza territoriale
(Cass.n.6595/2002). In applicazione di tale principio si sostiene conseguentemente che la connessione
derivante dalla reiterazione della condotta non può aver alcun effetto processuale nel senso di
comportare una deroga della competenza in favore del giudice di pace competente a decidere
sull’opposizione alla prima violazione in ordine di tempo. Il caso è quello di un automobilista che
viene sanzionato tramite autovelox lungo uno stesso percorso autostradale a distanza di un apprezzabile
lasso di tempo tra le infrazioni rilevate che vengono tuttavia commesse nell’ambito territoriale di
competenza di giudici diversi. Non essendo applicabile a tali illeciti l’istituto della continuazione
disciplinato dall’art.81 c.p., ne deriva che ciascun giudice dovrà ritenersi competente a decidere sulla
legittimità della violazione di sua pertinenza territoriale (Cass.n.944/2011).
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CASISTICA
L’ISTITUTO DELL’”AVVALIMENTO”: QUALE INCIDENZA SULLA COMPETENZA
TERRITORIALE
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Una fattispecie qualche anno fa assai ricorrente, ma che ancor oggi capita di dover scrutinare, è quella
di provvedimenti prefettizi che vengono emessi da un’Autorità territorialmente incompetente in luogo
di quella effettivamente competente, prassi tuttavia che troverebbe il suo fondamento nell’istituto
dell’”avvalimento”, per cui taluni atti di competenza di una certa Prefettura vengono, di fatto,
adottati da altra Prefettura. Nello specifico il Prefetto di Milano con circolare
n.9C1/2011/00069GAB del 14.04.2011, in esecuzione delle indicazioni fornite dal Ministero
dell’Interno, ed in relazione al D.P.R.11.02.2011 n.16 istitutivo della Prefettura-Ufficio Territoriale del
Governo di Monza, aveva disposto che la neo Prefettura, perlomeno sino al conseguimento della piena
ed autonoma funzionalità, e quindi temporaneamente, avrebbe potuto avvalersi degli uffici e dei servizi
della Prefettura di Milano, anche per evitare disfunzioni e possibili pregiudizi nell’erogazione dei
servizi all’utenza. In conformità alle indicazioni ricevute dall’Ufficio di Gabinetto del Ministero
dell’Interno dunque, all’istituto dell’”avvalimento” poteva farsi ricorso, tra l’altro, anche nell’ambito
dell’esercizio delle attribuzioni in materia di sanzioni amministrative di cui alla Tabella A allegata al
D.Lgs. n.139/2000 con la precisazione che, quanto al grado ed alle modalità dell’avvalimento, si
sarebbe provveduto di volta in volta, di concerto tra le prefetture interessate, in un ambito
collaborativo, avuto riguardo al tipo di procedimento ed al livello di organizzazione raggiunto dal
singolo Ufficio.
La finalità della richiamata circolare, che doveva assicurare, durante i primi tempi della sua
attuazione, lo svolgimento della attività istituzionale della Prefettura di Monza (anche se a distanza di
ormai quattro anni legittime sono le perplessità sulla “temporaneità” di tale regime), era dunque
quello di mettere a disposizione di quest’ultima tutte le risorse strumentali, organizzative ed
umane della Prefettura di Milano onde evitare il possibile default del neonato Ufficio
Territoriale, nel senso del rilascio di mere deleghe di servizio con le quali i dirigenti della Prefettura di
Milano potessero emettere provvedimenti di competenza della Prefettura di Monza. Si assisteva invece
a casi in cui il provvedimento prefettizio, in forza delle predette deleghe, veniva emesso da dirigenti
della Prefettura di Milano, non già tuttavia come provvedimento promanante dalla Prefettura
di Monza, ma dalla Prefettura di Milano. In tali casi l’impugnazione del provvedimento per
incompetenza territoriale dell’autorità emittente, con conseguente richiesta di declaratoria di
annullamento dello stesso, appare certamente fondata, in quanto non può certo una circolare
ministeriale modificare i criteri di determinazione della competenza territoriale in oggetto,
funzionale ed inderogabile, stabiliti per legge che debbono essere quindi sempre rispettati anche
in presenza di deleghe di servizio. In altri termini, la intangibilità del provvedimento prefettizio, in
forza del richiamato istituto dell’”avvalimento”, sussiste solo nel caso in cui detto provvedimento, pur
essendo stato firmato da dirigente di prefettura non competente territorialmente, tuttavia sia stato
emanato dalla prefettura competente territorialmente; e proprio in applicazione di tale principio
non può essere meritevole di accoglimento la doglianza fondata sul rilievo che il provvedimento
prefettizio impugnato, pur emesso dalla Prefettura competente territorialmente, sia stato sottoscritto da
un vice-prefetto appartenente all’organigramma di un’altra Prefettura, non potendo tale circostanza
assurgere, per le ragioni evidenziate, a vizio inficiante la legittimità del provvedimento contestato.
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INGIUNZIONE FISCALE E COMPETENZA TERRITORIALE EX ART.32 D.LGS.
N.150/2011
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Con riferimento alla tematica in oggetto occorre solo premettere che la Corte regolatrice, dissipando
ogni dubbio in merito ad una questione assai controversa e complessa, ha definitivamente chiarito la
legittimità del ricorso alla procedura di riscossione coattiva delle somme dovute a titolo di
sanzione amministrativa per violazione delle norme del codice della strada ai sensi del R.D.
n.639/1910 (c.d. “ingiunzione fiscale”), rientrando tali somme tra le “altre entrate di spettanza delle
province e dei comuni” per le quali l’art. 52, comma 6, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446, prevede l’accesso a tale procedura (Cass.n.8460/2010), procedura che si affianca dunque
come alternativa a quella basata sull’emissione del ruolo esattoriale, con affidamento della esazione
delle somme dovute ai cc.dd. “agenti della riscossione”.
Ciò posto, la disciplina processuale che regola il giudizio di opposizione all’ingiunzione di pagamento
è oggi contenuta nell’art.32 del D.Lgs. n.150/2011, il cui primo comma prevede che esso si celebra con
l’ordinario giudizio di cognizione, quindi con atto incoativo di citazione, ed il cui secondo comma
radica la competenza territoriale in capo al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha
emesso il provvedimento opposto, ribadendo quanto già prevedeva sul punto l’art.3 del R.D.
n.639/1910 e ciò in base all’art 54 quarto comma lettera a della legge n.69/2009 per cui nell’ambito
della delega affidata al governo, dovevano restare “fermi i criteri di competenza, nonché i criteri di
composizione dell'organo giudicante, previsti dalla legislazione vigente”.
Va tuttavia precisato che qualora l’ente affidi a terzi la gestione della riscossione delle proprie entrate,
la competenza territoriale dovrà essere individuata in capo al giudice del luogo in cui ha sede il
concessionario subentrato all’ente impositore nei diritti ed obblighi inerenti alla gestione del servizio e
quindi legittimato a contraddire (Cass.n.15864/2004).
Tali profili processuali vengono spesso disattesi dagli opponenti che, fondandosi sulla natura della
violazione all’origine dell’ingiunzione fiscale, spesso adiscono con ricorso il giudice del luogo in cui
è stato commesso l’illecito, che può essere tuttavia diverso da quello in cui ha sede l’autorità emittente
l’ingiunzione. In questo caso, dunque, se detti luoghi non rientrano in uno stesso mandamento, il
giudice adito territorialmente incompetente dovrà, da un lato, dichiarare con ordinanza la propria
incompetenza territoriale e, dall’altro, disporre per la riassunzione della causa avanti il giudice
territorialmente competente con il rito stabilito per tale tipo di contenzioso, ossia con atto di citazione e
ciò ai sensi dell’art.4 quarto comma del D.Lgs. n.150/2001.
Qualora invece il giudice adito sia territorialmente competente, ma l’opposizione sia stata veicolata con
ricorso anziché con atto di citazione il giudice deve solo disporre con ordinanza il mutamento del rito
ai sensi dell’art.4 primo comma D.Lgs. n.150/2011, ma in tal caso dovranno essere valutate le seguenti
circostanze: 1) se il valore della causa è superiore ad Euro 1.100,00 (in caso di predisposizione del
ricorso senza difesa tecnica) deve trovare applicazione l’art.82 c.p.c. con la conseguenza che la parte
non potrà stare in giudizio personalmente, se non previa autorizzazione del giudice; 2) il giudizio si
deve concludere con sentenza e non mediante lettura del dispositivo in udienza con motivazione
riservata; 3) il giudizio si sostanzia sulla falsariga del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
con la differenza che l’opponente assume la veste non solo formale, ma anche sostanziale di attore,
incombendo ad esso la prova dell’infondatezza della pretesa dell’amministrazione, concretandosi il
procedimento in un accertamento negativo del credito ingiunto dall’ente.
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Anche per ciò che concerne il procedimento di opposizione ad ingiunzione fiscale, la giurisprudenza
è consolidata nell’escludere l’applicabilità della regola del Foro Erariale della Pubblica
Amministrazione. E’ stato infatti statuito al riguardo che l'ingiunzione fiscale regolata dal R.D. n.
639 del 1910 cumula in sè le caratteristiche di forma e di efficacia di titolo esecutivo e di
precetto, con la conseguenza che l'opposizione dà luogo ad un giudizio di cognizione volto a
contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata e ad ottenere un accertamento negativo della
pretesa fatta valere "in executivis" dalla Pubblica Amministrazione e con l'ulteriore conseguenza, avuto
riguardo a detto carattere esecutivo del procedimento, dell'applicazione della deroga al foro erariale
prevista dall'art. 7 della legge n. 1611 del 1933 per i procedimenti esecutivi (Cass. n.9421/2003; Cass.
n.2853/1997; Cass. n.8242/2000; Cass. n.2100/2001).
Va infine precisato che la circostanza che l’opponente il più delle volte risieda in luogo distante da
quello in cui ha sede l’autorità emittente ha dato luogo a censura di incostituzionalità della norma
in oggetto per violazione degli artt.3 e 25 Cost., ma la Consulta ha dichiarato la manifesta
infondatezza della relativa questione affermando che la previsione che la competenza territoriale debba,
nella specie, radicarsi nel luogo ove ha sede l'ufficio emanante non costituisce esercizio arbitrario o
irragionevole della discrezionalità che spetta in materia al legislatore, poiché tale previsione è fondata
sulla considerazione della natura dell'ente dal quale proviene l'ingiunzione, della articolazione
territoriale di questo e della qualità dei crediti, di natura pubblicistica, per il soddisfacimento dei quali
il procedimento di ingiunzione fiscale può essere esperito (Corte Cost.n.452/1997).
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COMPETENZA TERRITORIALE ED OPPOSIZIONE A CARTELLA ESATTORIALE
E’ principio consolidato in giurisprudenza che, in relazione alla cartella esattoriale notificata ai fini
della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie, sono ammissibili, a seconda dei casi, tre
rimedi: a) l'opposizione nelle forme previste dalla legge n. 689/1981 solo per le sanzioni per cui sia
mancata la notificazione dell'ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione al
codice della strada, al fine di consentire all'interessato di recuperare l'esercizio del mezzo di tutela
previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori; b) l’opposizione all’esecuzione, ai sensi
dell’art.615 c.p.c., allorchè si contesti la legittimità dell'iscrizione a ruolo per la mancanza di un titolo
legittimante o si adducano fatti estintivi (prescrizione, avvenuto pagamento) asseritamente sopravvenuti
alla formazione del titolo esecutivo; c) l’opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. quando si
contesti la regolarità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento
esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti alla notifica della cartella e quelli riguardanti i
successivi avvisi di mora (Cass.n.562/2000; Cass.n.21793/2010; Cass.n.19801/2014).
Ciò posto, la competenza territoriale del giudice chiamato a decidere sull’opposizione, si articola
diversamente a seconda dei casi indicati.
Ed invero, nell’ipotesi sub)a ossia qualora l’opposizione venga spiegata in funzione ”recuperatoria”,
ossia la parte deduca che la cartella impugnata costituisce il primo atto con il quale è venuta a
conoscenza della sanzione irrogatale in ragione della nullità o dell’omissione della notifica del processo
verbale di contestazione o dell’ordinanza-ingiunzione, proprio in quanto la disciplina di tale
opposizione, in ragione della sua particolare natura, va conformata a quella che regola l’azione
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recuperata, il giudice territorialmente competente a decidere in merito non potrà che essere
quello del luogo in cui è stata commessa l’infrazione, ciò che sarebbe avvenuto qualora appunto il
verbale di contestazione o l’ordinanza-ingiunzione fossero stati regolarmente notificati ab initio al
trasgressore, lamentando il ricorrente proprio tale omessa originaria notifica (Cass.n.17312/2007;
Cass. n.21793/2010; Cass.n.9551/2012; Cass.n.7939/2012; Cass.n.2531/2012; Cass.n.1985/2014).
Qualora tuttavia dalla cartella impugnata non emerga specificamente quale sia il luogo in cui è
stata commessa l’infrazione stradale che ha dato origine al provvedimento sanzionatorio, è
necessario ricercare un criterio sussidiario per l’individuazione del giudice territorialmente
competente. A tal proposito, si deve premettere che l’opposizione a verbale di contestazione o
all’ordinanza-ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa avente ad oggetto l’adempimento
di una obbligazione pecuniaria introduce un ordinario giudizio di cognizione sul fondamento della
pretesa della Pubblica Amministrazione nel quale quest’ultima, assumendo la posizione di attore in
senso sostanziale, è onerata della prova dei fatti costitutivi della sua pretesa creditoria. Ne discende che
in tali casi, si può e si deve far ricorso al foro generale delle persone fisiche di cui all’art.18 c.p.c.,
seguendo la direttiva principale del codice di rito che è quella di rendere più agevole la difesa delle
parti, ovviamente dandosi preferenza al convenuto evocato in giudizio; ciò in quanto il criterio della
competenza del giudice del luogo della commessa violazione, che è stato prescelto dal legislatore per
disciplinare le controversie in oggetto, risulta inapplicabile ogniqualvolta si accerti l’omissione
dell’atto impugnato imputabile all’amministrazione procedente, così rafforzandosi il rifluire sul canone
di cui al citato art.18 c.p.c. (Cass. n.11708/2012; Cass.n.19801/2014).
Nelle ipotesi sub) b e c invece, ossia quando l’atto presupposto risulti essere stato regolarmente
notificato, ed il ricorrente contesti il diritto dell’amministrazione procedente ad agire in executivis,
(opposizione all’esecuzione) ovvero deduca vizi formali della cartella esattoriale, (opposizione agli atti
esecutivi) trattandosi di un giudizio di opposizione radicato, rispettivamente, ai sensi dell’art.615 c.p.c.,
ovvero dell’art.617 primo comma c.p.c., e dovendosi la cartella esattoriale equiparare ad un atto di
precetto, il giudice territorialmente competente sarà quello del luogo dell’esecuzione individuato ai
sensi del combinato disposto di cui agli artt.27 c.p.c. e 480 terzo comma c.p.c.; ne consegue che,
qualora la cartella esattoriale non contenga l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui
ha sede il giudice competente per l’esecuzione, la competenza territoriale si radica necessariamente nel
luogo in cui la cartella esattoriale è stata notificata, ossia presso la residenza del trasgressore (Cass.
n.4018/2007- in tema di opposizione agli atti esecutivi ; Cass.n.8704/2011; Cass.n.17749/2012;
Cass.n.5269/2012; Cass.n.2533/2012; Cass.n.20105/2013; -in tema di opposizione all’esecuzione-).
Può tuttavia capitare che il ricorrente impugni la cartella esattoriale cumulando tutti i richiamati
motivi di doglianza e dunque sia lamentando l’omessa notifica dell’atto presupposto, sia contestando
il diritto dell’amministrazione procedente ad agire in executivis, sia deducendo vizi formali dell’atto
opposto. In tale ipotesi, invero non infrequente, in cui le nullità lamentate vengono veicolate non
mediante la sola impugnazione dell’atto notificato, ma tramite l’opposizione cumulativa con quello
presupposto, ossia il verbale di contestazione o l’ordinanza-ingiunzione mai notificati, facendo valere i
vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa punitiva dell’amministrazione, si
deve ritenere territorialmente competente ad esaminare tutti i motivi di doglianza il giudice
dell’opposizione recuperatoria, essendo tale scrutinio logicamente preliminare a qualsiasi altra
valutazione. (Cass.n.19801/2014).
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INFRAZIONI ACCERTATE TRAMITE IL SISTEMA C.D.“TUTOR” O“SICVE” E
COMPETENZA TERRITORIALE
Il c.d. “Tutor” o “Sicve” è uno strumento che consente il sanzionamento automatico delle violazioni dei
limiti di velocità senza la presenza su strada dell'agente di Polizia. Il “Tutor” permette infatti, grazie
all'installazione di sensori e portali con telecamere, il rilevamento della velocità media lungo tratte
autostradali di lunghezza variabile, indicativamente tra 10 e 25 Km. La velocità media è calcolata in
base al tempo di percorrenza: il sistema monitora tutto il traffico e ne registra gli orari di passaggio
sotto i portali posti all'inizio ed alla fine della tratta controllata. I dati relativi ai veicoli, la cui velocità
media non supera quella consentita, vengono automaticamente eliminati. In considerazione di siffatte
caratteristiche tecniche può dunque capitare che il superamento dei limiti di velocità di un veicolo
venga accertata in un tratto di strada ricompreso tra due comuni diversi, ciò che pone il
problema dell’individuazione di quale sia il giudice territorialmente competente a decidere sulle
opposizioni alle sanzioni in tal modo rilevate. Con una recente sentenza la Corte regolatrice
(Cass.n.9486/2012) sembra aver chiarito definitivamente la questione con un intervento che ormai si
era reso necessario in considerazione della contrastante giurisprudenza di merito che si era formata al
riguardo. Nell’affrontare il tema in oggetto i giudici di legittimità premettono e ribadiscono i principi
fondamentali che devono regolare la materia.
Il primo è che, come già rilevato, agli illeciti amministrativi non si applica l'istituto della
continuazione così come disciplinato dall'art. 81 c.p. perché la differenza qualitativa tra illecito
penale ed illecito amministrativo non consente che attraverso l’interpretazione analogica le norme di
favore previste in materia penale possano essere estese agli illeciti amministrativi. Ne segue che la
connessione derivante dalla reiterazione della condotta non può avere alcun effetto processuale nel
senso di attrarre la competenza per territorio in favore del giudice di pace competente per l'opposizione
al verbale concernente l’accertamento della prima violazione (Cass.n.5252/2011).
Il secondo è che, al proposito, neppure può richiamarsi l’istituto del concorso formale previsto
dall’art.8 della legge n.689/1981, in ipotesi applicabile alla materia in oggetto, che prevede il cumulo
giuridico delle sanzioni amministrative solo nell’ipotesi di concorso formale, omogeneo o eterogeneo,
ossia nell’ipotesi di chi con un’unica azione od omissione, violi più disposizioni di legge o commetta
più violazioni della stessa disposizione di legge, e non già nel caso di molteplici violazioni commesse
con una pluralità di condotte (Cass.n.5252/2011; Cass.n.20222/2011; Cass.n.12974/2008; Cass.
n.12844/2008).
Il terzo è che va pure esclusa, con riguardo al profilo esaminato, anche l’operatività del disposto di
cui all’art.8 bis della legge n.689/1981 con cui il legislatore ha, invero, conferito rilevanza giuridica
alla continuazione degli illeciti, disponendo che le violazioni amministrative successive alla prima non
sono valutate quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione
unitaria, ma ciò tuttavia, solo ai fini della reiterazione. Tale inciso infatti circoscrive la rilevanza del
disegno criminoso realizzato tramite una pluralità di illeciti eziologicamente connessi, alla sola
elisione degli effetti negativi che deriverebbero dal riconoscimento della reiterazione
(Cass.n.17347/2007), ossia una sorta di recidiva di stampo penalistico, ed è quindi dettata al solo fine
di escludere l’effetto aggravante che deriverebbe dalla reiterazione dell’illecito, e non certo in funzione
unificante della sanzione.
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Conclusione del resto, ulteriormente confermata, in materia di illeciti previsto dal codice della
strada, dall’art.198 c.d.s., che dopo aver ribadito, al primo comma , il principio del cumulo giuridico
in caso di concorso formale di illeciti, dispone, al secondo comma, che “nell’ambito delle aree
pedonali urbane e nelle zone a traffico limitato, il trasgressore ai divieti di accesso e agli altri singoli
obblighi e divieti o limitazioni soggiace alle sanzioni previste per ogni singola violazione”. Né tale
assunto risulta inficiato dalla ordinanza interpretativa della Consulta, che, chiamata a decidere sulle
legittimità costituzionale del secondo comma dell’art.198 c.d.s. (Corte Cost.n.14/2007) ha statuito che
“non ad ogni accertamento deve necessariamente corrispondere una contravvenzione, essendo la
circolazione in zona vietata una condotta di durata”. Ed invero con tale ordinanza la Corte
Costituzionale non ha inteso estendere l’operatività dell’istituto della continuazione agli illeciti
amministrativi, ma ha solo ritenuto che, allorquando sussista un brevissimo lasso temporale tra due
violazioni (per esempio ingressi nella ZTL), il giudice debba valutare la configurabilità di una sola
condotta di durata.
In conclusione, dalle considerazioni che precedono non si può sostenere che risulti modificato il
principio generale di cui all’art.8 della legge n.689/1981 secondo cui la sanzione più grave
aumentata fino al triplo non può essere irrogata, salve le ipotesi eccezionali previste dal secondo
comma della richiamata disposizione (in materia di violazione di norme previdenziali ed assistenziali),
che nei soli casi di concorso formale (Cass.n.26434/2014).
Ciò posto appare evidente che le violazioni rilevate a distanza di diversi minuti e di diversi
chilometri l’una dall’altra non possono certo integrare una unica condotta trasgressiva, ma
corrispondono a tante violazioni quante sono le rilevazioni effettuate lungo il percorso autostradale.
Esclusa dunque l’applicabilità degli istituti della continuazione (art.81 c.p.) del concorso formale (art.8
della legge n.689/1981), nonché dell’art.8 bis della legge n.689/1981, stante l’impossibilità di accertare
con precisione il punto esatto in cui il trasgressore ha superato la velocità media consentita, secondo il
recente orientamento giurisprudenziale, per individuare il giudice competente territorialmente a
conoscere dell’opposizione al verbale dovrà farsi riferimento al criterio di cui all’art.9 c.p.p.; tale
norma prevede infatti che, se la competenza territoriale non può essere determinata in base ai principi
generali, ossia con riguardo al luogo di consumazione del reato, sarà competente il giudice dell’ultimo
luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione. Ne consegue quindi che se il veicolo
sanzionato ha percorso un tratto di strada tra due comuni limitrofi si deve ritenere che la competenza
territoriale vada riconosciuta al giudice di pace del luogo in cui si trova la porta di uscita del
sistema di rilevamento tramite “Tutor”. In sostanza, si dovrà impugnare ciascun verbale di
contestazione elevato in base a detto rilevamento avanti a ciascun giudice di pace territorialmente
competente ed il giudice della prima (o dell’ultima) violazione avanti a cui fossero eventualmente
impugnati tutti i verbali elevati tramite “Tutor” dovrà dichiarare la propria incompetenza per tutti quelli
non accertati dalla porta di uscita ubicata nel suo ambito territoriale di competenza, rimettendo dinanzi
al diverso giudice competente ogni altra violazione.
Per dovere di completezza va precisato che, prima di tale arresto, la giurisprudenza di merito, proprio
in forza del presupposto che il sistema di rilevazione tramite “Tutor” non consentisse l’individuazione
del luogo preciso della rilevazione della infrazione, e della qualità di consumatore del trasgressore,
aveva individuato nel giudice del luogo di residenza di quest’ultimo, nel quale avviene la notifica
del provvedimento sanzionatorio, quello competente a decidere sull’opposizione al verbale di
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contestazione (Giudice di Pace Ariano Irpino, 26.05.2009; Giudice di Pace di Tagliacozzo
26.02.2010), ogni diversa applicazione risultando certamente viziata per lesione del costituzionale
diritto di facile accesso alla giurisdizione (Giudice di Pace di Viterbo 15.10.2008, in motivazione).
Per certa dottrina siffatto “trend” giurisprudenziale, doveva ritenersi aver trovato implicita conferma, a
livello di legittimità, in un caso in cui la Cassazione, decidendo in merito all’illegittimità del
provvedimento con cui l’adito giudice di pace del luogo di residenza del trasgressore, aveva “tout
court” dichiarato inammissibile il ricorso presentato innanzi al suo Ufficio avverso verbali di
contestazione rilevati tramite “Tutor” relativi ad illeciti commessi in diverse località, e per i quali
sarebbero stati competenti giudici di pace differenti da quello adito, aveva, a seguito della cassazione
del provvedimento impugnato, rimesso la causa per nuovo esame, ad un diverso magistrato dello stesso
ufficio, con ciò sostanzialmente ribadendo, seppur implicitamente, la competenza del “foro del
consumatore” (Cass.n.23881/2011). In realtà detta rimessione era motivata dal fatto che il giudice di
pace aveva assunto un provvedimento abnorme dichiarando l’inammissibilità dei ricorsi in ragione
della propria incompetenza territoriale in luogo di provvedere in tal senso, ciò che aveva comportato la
rimessione ad altro giudice di pace dello stesso Ufficio per l’adozione di tale provvedimento, al fine di
consentire la declaratoria, stavolta nelle forme corrette, della propria (già sostanzialmente) dichiarata
incompetenza territoriale.
In ogni caso, non sembra sostenibile individuare nella figura del trasgressore la qualifica di
consumatore ai sensi dell’art 63 del codice di riferimento, mentre la inderogabilità del criterio di
competenza territoriale, in quanto informata, come dianzi precisato, a ragioni di preminente interesse
pubblico, non può che prevalere sulla, pur inderogabile, disciplina del foro del consumatore, che a tali
principi non può certo dirsi ispirata.
Sorprendente appare quindi l’atto di sindacato ispettivo n. 4-02384 pubblicato il 25 giugno 2014, nella
seduta n. 269 con cui il senatore Scilipoti rivolgendosi al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e
dell'interno, e citando espressamente Cass.23881/2011 nonché la richiamata giurisprudenza di merito,
ribadito come il sistema “Tutor” non consentirebbe un margine di sufficiente certezza né riguardo al
luogo esatto in cui l'infrazione sarebbe stata commessa, né con riferimento alla stessa velocità
sanzionata con l'ulteriore effetto di non poter individuare con sufficiente certezza il foro
territorialmente competente e di dover indicare come competente l'ufficio del giudice di pace del luogo
di residenza del trasgressore; considerato che fissare univocamente e per legge la competenza
territoriale nelle mani di un solo giudice servirebbe a dare più vigore al comma 1 dell'art. 198 del
codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992 e successive modifiche), rubricato "Più
violazioni di norme che prevedono sanzioni amministrative pecuniarie" e recante "Salvo che sia
diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che
prevedono sanzioni amministrative pecuniarie, o commette più violazioni della stessa disposizione,
soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo" chiedeva di sapere
quali iniziative il Ministro in indirizzo intendesse adottare nell'ambito delle proprie attribuzioni al fine
di rendere attuale ed effettiva la competenza di un solo giudice di pace nel caso di trasgressore seriale
in relazione alla disciplina degli autovelox e dei Tutor.
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STRUTTURA TERRITORIALE DI FORMAZIONE DECENTRATA DEL DISTRETTO DI MILANO
Renato Amoroso, Giuseppe Buffone, Giuseppe Cernuto, Filippo D’Aquino, Fabrizio D’Arcangelo, Francesca Fiecconi,
Maria Grazia Fiori, Federico Vincenzo Amedeo Rolfi, Adriano Scudieri
SANZIONI IN TEMA DI VIOLAZIONI AD OBBLIGHI DI COMUNICAZIONE: GLI
ARTT. 126 BIS SECONDO COMMA E 180 OTTAVO COMMA C.D.S.
L’art. 126 bis, secondo comma c.d.s., che costituisce una particolare applicazione del principio
generale di cui all’art.180 ottavo comma c.d.s. di fornire informazioni od esibire documenti all’autorità
procedente per l’accertamento delle violazioni, dispone che, in caso di mancata identificazione del
responsabile di una violazione che comporti la decurtazione del punteggio attribuito alla patente di
guida, l’organo accertatore deve darne notizia al proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non
comunichi, entro 60 giorni dalla richiesta, all’organo di polizia che procede, i dati personali e della
patente dell’effettivo conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo
omette di fornirli senza giustificato e documentato motivo, si applica a suo carico una sanzione
amministrativa pecuniaria. Ciò posto, particolarmente controversa risulta la questione relativa
all’individuazione del giudice territorialmente competente a decidere sull’opposizione a tali
verbali, dovendosi accertare quale sia il luogo effettivo in cui si concretizza la materiale violazione
della richiamata norma.
Secondo una prima ricostruzione la consumazione dell’illecito in oggetto si dovrebbe configurare
nel luogo in cui il proprietario del veicolo ha perduto la possibilità di fornire le informazioni o di
esibire i documenti richiesti allo spirare del termine assegnatogli, luogo da individuarsi quindi in
quello della residenza del responsabile. Si sostiene infatti che, essendo da ravvisare l’inizio della
condotta omissiva relativa all’obbligo in questione nel momento del ricevimento della richiesta delle
generalità del conducente da parte dell’organo accertatore e perdurando tale condotta fino alla scadenza
dei sessanta giorni previsti dallo stesso articolo, l’illecito di cui trattasi non può ritenersi realizzato
nel luogo dell’accertamento della violazione originaria, perché dovrebbe altrimenti presupporsi che
il presunto trasgressore, nei suddetti sessanta giorni di inadempienza, abbia ininterrottamente dimorato
nel territorio ricadente nella competenza del giudice al quale potrebbe essere sottoposta la questione
relativa alla violazione suddetta. In realtà, è assai più probabile che, nell’intervallo temporale in
questione, la persona abbia dimorato nel territorio in cui risiede. In altre parole, la mancata
comunicazione delle generalità del conducente trasgressore concretizza una condotta illecita istantanea
di natura omissiva che può essere realizzata, come tale, oltre che nella stessa località in cui è stata
commessa la violazione originaria, anche in un luogo diverso dalla prima. Infatti, qualora l’autore
della predetta condotta risulti avere la propria residenza in una località diversa da quella in cui
si trovava quando ha commesso la violazione originaria, è in tale località che dovrà essergli
notificata la richiesta di informazioni e che, decorso vanamente il termine previo, si perfezionerà
l’illecito a causa del mancato riscontro all’invito dell’autorità. In tal senso si era inizialmente espresso il
Ministero dell’Interno (Circolare n.5 Prot.M/2413/28 del 14.02.2007).
Né si può sostenere che l’illecito di cui all’art.126 bis secondo comma c.d.s. possa ritenersi
consumato ex se nello stesso luogo in cui è stata commessa la violazione presupposta, in quanto
ciò presuppone una sostanziale identificazione tra il luogo della commissione, da parte del conducente,
della violazione originaria e quello della commissione, da parte del proprietario del veicolo, della
violazione dell’art. 126, secondo comma c.d.s.. Tale assunto infatti disconosce la pacifica natura
autonoma e non accessoria di tale violazione rispetto a quella da cui discende geneticamente, non
potendosi dimenticare che la fattispecie di cui all’art. 126 bis, secondo comma c.d.s. sanziona un
soggetto per non aver fornito le informazioni o esibito i documenti richiesti per l’accertamento di una
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violazione amministrativa commessa in precedenza da trasgressore in ipotesi anche diverso e, pertanto,
del tutto autonoma rispetto alla prima sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo.
Secondo l’indirizzo, attualmente prevalente in giurisprudenza, territorialmente competente a
decidere sulle opposizioni ex art.126 bis secondo comma c.d.s., deve ritenersi invece il giudice del
luogo in cui si trova l’ufficio dove ha sede l’organo di polizia che ha accertato l’inadempimento
da parte del proprietario del veicolo sanzionato, dell’obbligo di comunicare, nel termine previsto
dalla legge, le generalità del soggetto che era alla guida al momento della commessa infrazione,
dovendosi l’illecito in oggetto ritenersi consumato nel luogo in cui avrebbe dovuto pervenire la
comunicazione che è stata invece omessa (Cass.n.24757/2011; Cass.n.18670/2010;
Cass.n.17580/2007;). Si è infatti sostenuto che la natura omissiva dell'illecito amministrativo in
oggetto non può derogare il principio della competenza territoriale funzionale del giudice del luogo in
cui l’illecito è stato commesso (Cass. n.26184/2013; Cass.n.24757/2011; Cass.n.6317/2011;
Cass.n.20287/2012). Del resto a favore di tale orientamento, che, re melius perpensa è stato
successivamente fatto proprio anche dal Ministero dell’Interno (Circolare n.16 Prot. M/2413-28 del
02.04.2007; Circolare n.21 prot.M/2413-13 del 23.04.2007 emessa a seguito di conforme parere
dell’Avvocatura Generale dello Stato) milita il disposto dell’art.376, primo comma del Regolamento
per l’esecuzione del Codice della strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), il quale, in riferimento
all’art. 180, ottavo comma c.d.s. testualmente dispone: “Quando, in ottemperanza all’invito
dell’autorità, sono presentati i documenti o fornite le informazioni richieste a norma dell’art. 180,
comma 8 del codice, entro il termine stabilito, il comando o l’ufficio di polizia stradale (…) presso il
quale i documenti o le informazioni sono resi, ne prende atto redigendo apposito verbale e, se diverso
dal comando o ufficio che ha formulato l’invito, ne dà comunicazione, senza ritardo, a quest’ultimo”.
Ciò significa che nel caso in cui i documenti richiesti non vengano presentati o le informazioni
sollecitate non vengano inviate, il comando o l’ufficio di polizia stradale prende analogamente atto
dell’omissione concretatasi e quindi dell’illecito consumatosi procedendo alla contestuale
verbalizzazione della violazione commessa presso la propria sede.
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COMPETENZA TERRITORIALE DELLA POLIZIA LOCALE NELL’ACCERTAMENTO
DELLE VIOLAZIONI AL CODICE DELLA STRADA
Capita ancora oggi di dover esaminare ricorsi in opposizione a sanzioni amministrative in cui viene
lamentata l’incompetenza territoriale della Polizia Municipale in relazione a violazioni accertate nei
confini comunali di riferimento anche se fuori dal centro abitato o su strade di proprietà di enti
diversi, il più delle volte statali o provinciali, che attraversano il territorio comunale. La
circostanza appare singolare considerando che ormai la giurisprudenza di legittimità ha assunto, al
riguardo, un orientamento consolidato. Va peraltro evidenziato come lo sviluppo di siffatto “trend”
sia stato significativamente incoraggiato da una certa giurisprudenza di merito che ha ritenuto di
accogliere tale motivo di opposizione conseguentemente annullando i verbali redatti dagli agenti
di Polizia Locale in relazione a sanzioni elevati su strade di proprietà “terza” pur se ricomprese
nella cerchia territoriale comunale. La Corte regolatrice ha invece costantemente affermato la
competenza della Polizia Municipale all’accertamento delle infrazioni su tutto il territorio
del Comune dal quale essa dipende (o dell’entità territoriale allargata alle Unioni dei Comuni o
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alle altre forme consociate), a nulla rilevando né la classificazione geometrica e funzionale delle
strade interne al territorio (urbana di scorrimento, etc.), né la loro classificazione amministrativa in base
alla proprietà o al collegamento garantito (comunale, provinciale, statale, etc.). (Cass.n.19755/2011;
Cass.n.3019/2002;
Cass.n.11183/2001;
Cass.
n.15688/2006;
Cass.n.
22366/2006
Cass.n.9497/2011; Cass.n.484/2012). E ciò senza tener conto che ai sensi dell’articolo 2, comma 7 del
codice della strada i tratti di strada statale, regionale o provinciale correnti all’interno dei centri abitati
con popolazione superiore a 10.000 abitanti sono sempre comunque classificati come strade comunali.
Il motivo di opposizione si fonda quasi sempre su di una erronea lettura dell’art.11 terzo comma
c.d.s. laddove si prevede che ai servizi di polizia stradale debba provvedere il Ministero dell’Interno,
salvo che nel territorio posto all’interno di un centro abitato, in cui la competenza rimane ascritta al
Comune. Senonchè tale norma attiene esclusivamente alla direzione e predisposizione di tali servizi
spettanti in via esclusiva al Comune, nell’ambito del centro abitato, mentre riferiti in capo al Ministero
dell’Interno, al di fuori di tale limite ristretto, così come allo stesso Ministero dell’Interno compete, in
via esclusiva, il coordinamento dei servizi di polizia stradale, da chiunque siano effettuati. L’efficacia
della richiamata disposizione non si estende tuttavia alla delimitazione delle competenze della Polizia
Locale che è regolata dalla legge n.65/1986 (legge quadro sull'ordinamento della polizia municipale)
con riferimento all’intero territorio dell’ente di riferimento. Il Ministero dell’Interno aveva del resto già
ribadito tale tesi, con propria circolare (Circolare Prot.n.300/A/2/511901/110/26 del 4 marzo 2002).
In buona sostanza, la Polizia Locale vanta una competenza coincidente con l’intero territorio dell’ente
di appartenenza (quindi, non solo limitata ai centri urbani, o abitati, come comunemente si ritiene); e
neppure la potestà di intervento può ritenersi legata alla proprietà della strada che, seppure provinciale
o statale, bene può rientrare nell’ambito del territorio comunale, dove tale struttura non incontra limiti
nell’esercizio delle funzioni previste. Più precisamente, secondo i giudici di legittimità, depongono, in
tal senso: 1) l’articolo 13 della legge n. 689 del 1981, che ammette la competenza in materia generale
di violazioni amministrative agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria; 2) l’articolo 57 c.p.p., che
inquadra, tra gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria, anche le guardie dei comuni, con una
limitazione (oltre che temporale, anche territoriale), che intende semplicemente riferirsi ai confini
dell’ente di appartenenza; 3) gli articoli 3 e 5 della legge quadro sull’ordinamento della Polizia
municipale (la legge 3 luglio 1986 n. 6), laddove si fissa il principio che tale organo svolge le proprie
funzioni entro i confini del Comune di appartenenza e, segnatamente, ai sensi del comma 1, lett. b),
quelle di polizia stradale.
Per completezza di esposizione sul tema va infine ricordato come la giurisprudenza abbia chiarito che
la competenza territoriale dell’agente di Polizia Locale non viene meno se dopo l’accertamento
della commessa infrazione nel proprio territorio di competenza la contestazione della violazione
avvenga materialmente in diverso ambito comunale a seguito di inseguimento del trasgressore
fuggitivo (Cass.n.15676/2014) e che gli appartenenti alla polizia municipale, a differenza di altri corpi,
quali la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di finanza etc., i cui appartenenti operano su tutto il
territorio nazionale e sono sempre in servizio, hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto
nel territorio di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio, con la conseguenza che
debbono ritenersi nulle le contravvenzioni ad infrazioni al codice della strada elevate da agenti di
polizia locale in comuni diversi da quello di appartenenza, in abiti civili e fuori dal servizio di vigilanza
(Cass.n.5771/2008).
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PREFETTO TERRITORIALMENTE COMPETENTE ALLA SOSPENSIONE DELLA
PATENTE IN CASO DI MANCATO RITIRO IMMEDIATO DA PARTE DEGLI
OPERANTI
In tema di provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida può sorgere un
problema di competenza territoriale nel caso in cui il documento di abilitazione non venga ritirato
immediatamente dall’operante che ha accertato la violazione che comporta detta sanzione accessoria,
contrariamente a quanto prevede in modo espresso l’art.218 c.d.s.. Normalmente, infatti, in forza di
tale disposizione la patente viene ritirata contestualmente alla redazione del verbale di contestazione su
cui viene fatta menzione del ritiro con conseguente rilascio di un permesso provvisorio di guida
limitatamente al periodo necessario a condurre il veicolo nel luogo di custodia indicato dall'interessato.
Ai sensi del secondo comma dell’art.218 c.d.s. l’organo che ha ritirato la patente di guida la invia poi,
unitamente a copia del verbale, entro cinque giorni dal ritiro, alla prefettura del luogo della
commessa violazione; è quindi il prefetto di tale luogo che, nei quindici giorni successivi, emana
l'ordinanza di sospensione, indicando il periodo al quale si estende la sospensione stessa. Nel caso
invece in cui l’immediato ritiro della patente di guida non possa avvenire, perché il trasgressore, per
esempio, se l’è dimenticata a casa, gli operanti inviano al prefetto il solo verbale di contestazione, in
quanto funzionale alla successiva emissione dell’ordinanza di sospensione della patente di guida al cui
ritiro, per il periodo di tempo disposto dal Prefetto, verranno poi delegati i competenti agenti di polizia
locale. In sede di opposizione all’ordinanza di sospensione è capitato di vagliare una eccezione di
nullità di detto provvedimento in quanto emesso da Prefetto asseritamente incompetente sulla
base del combinato disposto dei commi primo e terzo dell’art.129 c.d.s. che prevede il principio
per cui, qualora il trasgressore sia incorso nella violazione di una delle norme di comportamento
espressamente indicate o richiamate nel titolo V del codice della strada, la sua patente di guida deve
essere sospesa dal prefetto del luogo di residenza del titolare. Nella fattispecie si trattava di una
violazione dell’art.143 c.d.s, ossia di guida contromano in prossimità di curva, condotta rientrante
appunto tra quelle previste dal richiamato titolo V.
Siffatta argomentazione, benché suggestiva, e che nasce da un evidente difetto di coordinamento tra
norme nell'elaborazione dei rispettivi testi in sede di formulazione del dettato normativo, non può
tuttavia essere condivisa, atteso che l’esigenza di una interpretazione estensiva del disposto
dell’art.218 c.d.s. a tutti i casi in cui la sospensione del titolo abilitativo alla guida costituisca sanzione
accessoria conseguente all'accertamento di un illecito amministrativo, discende da una lettura
sistematica della disciplina codicistica, nonché dei principi generali che disciplinano la
competenza sanzionatoria in materia di illeciti amministrativi sulla base del criterio del luogo
della commessa violazione. Non può trascurarsi infatti il dato fondamentale che l’ordinanza di
sospensione della patente non costituisce una sanzione autonoma e distinta da quella principale, ma è
ad essa accessoria, con la conseguenza che, sotto il profilo della competenza territoriale all’emissione
del relativo provvedimento, la competenza non può che essere quella dell’autorità che ha sede nel
luogo in cui è stata commessa la violazione principale stessa.
D’altronde il sostenere la competenza territoriale del Prefetto del luogo di residenza del trasgressore in
applicazione dell’art.129 c.d.s., in ipotesi diverso da quello del luogo di commissione dell’illecito,
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comporterebbe una situazione per cui avverso il provvedimento di sospensione della patente, sarebbe
esperibile ricorso ad un giudice di pace diverso da quello al quale potrebbe essere presentata
opposizione nel merito dell'accertamento stesso, con il rischio della formazione di due diversi, ed
eventualmente confliggenti, giudicati sul medesimo fatto, ciò che comporterebbe conseguenze
sicuramente abnormi sotto il profilo giuridico.
Si può dunque concludere che la competenza ad emettere il provvedimento di sospensione della
patente deve attribuirsi sempre al Prefetto del luogo in cui è stato commesso il fatto sanzionato
anche quando il documento non possa essere materialmente ritirato al momento della rilevazione
dell'illecito. Si richiama peraltro, al proposito, una circolare del Ministero dell’Interno che ha sostenuto
tale impostazione, sia pure dopo un iniziale orientamento di segno diverso. (Ministero dell’Interno
Circolare 03/09/2009).
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GIURISPRUDENZA RICHIAMATA
Cass.Sez. U, Ordinanza n. 18036 del 02/07/2008 Presidente: Carbone V. Estensore: Rordorf R. Relatore:
Rordorf R. P.M. Martone A. (Conf.)
Le controversie che, prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 51 del 1998, erano attribuite alla competenza del
pretore per limiti di valore e che sono, in base al vigente art. 9 cod. proc. civ. ed all'art. 244 del d.lgs. n. 51 del
1998, di competenza del tribunale in composizione monocratica, sono soggette alle regole processuali del c.d.
foro erariale di cui agli artt. 25 cod. proc. civ. e 6 del r.d. n. 1611 del 1933, dovendosi ritenere implicitamente
abrogato "in parte qua" l'art. 7 del r.d. n. 1611 del 1933 - che stabiliva l'inapplicabilità della regola del foro erariale
nelle cause di competenza del pretore - per incompatibilità, non potendosi considerare perdurante la distinzione di
competenza tra pretore e tribunale, ormai venuta meno; ciò non esclude che la disciplina del foro erariale sia
derogata, per effetto di specifiche disposizioni del legislatore (controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni
amministrative, di disciplina dell'impugnazione, di convalida di sfratto), ogni volta che sia manifesto l'intento di
determinare la competenza per territorio sulla base di elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti
dalla regola del foro erariale e, perciò, destinati a prevalere su questa.
Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 14562 del 11/10/2002 Presidente: Duva V. Estensore: Marziale G. P.M. Schirò
S. (Conf.)
Per le opposizioni ai provvedimenti di confisca amministrativa è funzionalmente competente, ai sensi dell'art. 22
legge n. 689 del 1981, il giudice del luogo della commessa violazione ed a questo criterio di competenza
territoriale non deroga l'art. 25 cod. proc. civ. che prevede la competenza del giudice del luogo ove ha sede
l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie.
Ciò consegue alla specialità del procedimento di opposizione alle ordinanze - ingiunzione per il quale è prevista la
notificazione del ricorso direttamente all'autorità che ha emesso il provvedimento sanzionatorio e la possibilità per
la stessa autorità di stare in giudizio personalmente tramite propri funzionari.
Cass.Sez. 1, Ordinanza n. 14057 del 26/07/2004 Presidente: Olla G. Estensore: Berruti GM. P.M.
Martone A. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative ed in ipotesi di opposizioni ad ordinanze - ingiunzione è funzionalmente
competente, ai sensi dell'art. 22 legge n. 689 del 1981, il giudice del luogo della commessa violazione, criterio al
quale non deroga l'art. 25 cod. proc. civ., che prevede la competenza del giudice del luogo ove ha sede
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l'Avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie, in
ragione della specialità del procedimento di opposizione.
Cass.Sez. 1, Sentenza n. 14828 del 27/06/2006 Presidente: De Musis R. Estensore: Salvago S. Relatore:
Salvago S. P.M. Uccella F. (Conf.)
Per le opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni è funzionalmente competente, ai sensi dell'art. 22 legge n. 689 del
1981, il giudice del luogo della commessa violazione ed a questo criterio di competenza territoriale non deroga
l'art. 25 cod. proc. civ., che prevede la competenza del giudice del luogo ove ha sede l'Avvocatura dello Stato nel
cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. L'inapplicabilità del foro della
P.A. consegue infatti alla specialità del procedimento di opposizione alle ordinanze - ingiunzioni, per il quale è
prevista la notificazione del ricorso direttamente all'autorità che ha emesso il provvedimento sanzionatorio.
Cassazione Sez. U. Ordinanza n. 23285 del 18/11/2010 - Pres. Vittoria - Rel. Bucciante.
In materia di sanzioni amministrative, in conseguenza della modifica apportata dall’art. 26 d.lgs. 40/2006 all’art.
23 della Legge 689/198, il gravame contro i provvedimenti del giudice di pace va proposto secondo le norme
previste in via ordinaria dal codice di rito per il procedimento di appello. Ciò nondimeno, va esclusa l’applicabilità
dell’art. 25 c.p.c. che prevede la regola del foro erariale essendo manifesto l’intento del Legislatore di determinare
la competenza per territorio sulla base di elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola
del foro erariale e, perciò, destinati a prevalere su questa (v. già così, Cass. civ. SS.UU. 2 luglio 2008 n. 18036).
Nel caso di specie, tale elemento diverso e predominante è da rinvenire nel criterio della “prossimità” rimasta
attuale per il campo delle sanzioni amministrative in cui la competenza è quella del “luogo in cui è stata commessa
la violazione.
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10917 del 11/07/2003 Presidente: De Musis R. Estensore: Graziadei G. P.M.
Carestia A. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative ed ai fini della individuazione dell'autorità amministrativa e del giudice
rispettivamente competenti, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, ad irrogare la sanzione (art. 17) e a
decidere sulla conseguente opposizione (art. 22), il luogo della commissione dell'illecito è da reputarsi coincidente
con il luogo dell'accertamento in relazione al presumibile perfezionarsi dell'infrazione nel posto in cui ne vengano
acclarati gli elementi costitutivi, ovvero venga constatata parte della condotta attiva o passiva del trasgressore in
sè idonea ad integrare contegno sanzionabile. L'operatività di detta presunzione deve tuttavia essere esclusa, per
assenza della base logica su cui riposa, quando la stessa imputazione indichi un luogo della commissione del fatto
diverso da quello dell'accertamento, relegando questo a mero luogo del reperimento delle prove di un illecito
commesso altrove.
Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 14818 del 24/06/2009 Presidente: Settimj G. Estensore: Migliucci E. Relatore:
Migliucci E. (Conf.)
Ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la competenza per territorio di natura inderogabile del
giudice dell'opposizione a sanzione amministrativa si determina con riferimento al luogo in cui è commessa la
violazione, che, di regola, coincide - quando non risulti diversamente - con il luogo dell'accertamento, rimanendo
irrilevante quello, eventualmente diverso, in cui venga compiuta successivamente la mera verbalizzazione
dell'attività di accertamento.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14668 del 03/06/2008 Presidente: Vella A. Estensore: Mazziotti Di Celso L.
Relatore: Mazziotti Di Celso L. P.M. Pratis P. (Conf.)
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In tema di violazione del codice della strada, la regola secondo la quale l'omessa contestazione immediata, o
l'omessa indicazione, nel relativo verbale, dei motivi che l'hanno resa impossibile, rende annullabile il
provvedimento sanzionatorio, non si estende alla ipotesi in cui, essendovi stata immediata contestazione orale, sia
tuttavia mancata la contestuale redazione e consegna del verbale al trasgressore o la indicazione dei motivi della
mancata consegna immediata del verbale, attesa la distinzione logica e giuridica esistente ha, tre momenti
dell'accertamento, della verbalizzazione e della copia di copia del verbale al trasgressore. (Nella fattispecie la
Corte ha cassato la sentenza del giudice di pace che aveva ritenuta nulla la contestazione immediata in forma
orale, seguita dalla notifica del verbale, contenente l'espressa spiegazione dell'omessa consegna immediata del
verbale, in quanto dovuta a mancanza del formulario al seguito).
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10243 del 04/08/2000 Presidente: Sommella F. Estensore: Segreto A. P.M. Russo
LA. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative, il criterio secondo il quale la competenza dell'autorità amministrativa ad
emettere l'ordinanza ingiunzione va individuata con riguardo al luogo dell'accertamento della violazione non si
sostituisce a quello del luogo della commessa violazione, emergente dalla lettera della legge (art. 17 legge
689/81), ma lo presuppone, regolando il possibile concorso di competenze territoriali qualora la consumazione
della violazione non si esaurisca nel territorio di una sola autorità.
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9708 del 17/07/2001 Presidente: Baldassarre V. Estensore: Nappi A. P.M. Apice
U. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative, per luogo in cui è stata commessa l'infrazione - in base al quale si radicano,
secondo la legge 24 novembre 1981, n. 689, sia la competenza dell'autorità amministrativa cui spetta di emettere il
provvedimento sanzionatorio (art. 17), nel luogo della commissione della violazione, sia quella del giudice della
opposizione allo stesso (art. 22) - deve intendersi anche quello in cui l'infrazione è stata accertata (purché sussista
la competenza territoriale degli organi accertatori), criterio - quest'ultimo - che non si sostituisce a quello del
luogo della commessa violazione, ma lo presuppone. Ove, peraltro, vi sia contemporaneità di violazioni commesse
in luoghi diversi, resta esclusa la possibilità di fare riferimento esclusivo al criterio del luogo di commissione
dell'illecito amministrativo, dovendo esso essere integrato con il criterio del luogo dell'accertamento.
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 27202 del 16/12/2011 Presidente: Piccialli L. Estensore: Piccialli L.
Relatore: Piccialli L. P.M. Pratis P. (Conf.)
In tema di competenza per territorio del giudice dell'opposizione a sanzioni amministrative, ove siano contestate
più violazioni verificatesi in luoghi diversi, nell'impossibilità di applicare il criterio del luogo di commissione degli
illeciti continuati o di quello unico permanente, deve trovare applicazione il criterio del luogo del relativo
accertamento. (Fattispecie concernente plurime infrazioni al codice della strada commesse in località differenti
dall'autista di una ditta di trasporti, accertate mediante il successivo esame dei dischi cronotachigrafi).
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8294 del 20/04/2005 Presidente: Plenteda D. Estensore: Genovese FA. Relatore:
Genovese FA. P.M. Maccarone V. (Parz. Diff.)
La competenza sull'opposizione all'ordinanza - ingiunzione ex art. 22 legge 24 novembre 1981, n. 689, è devoluta
funzionalmente e, quindi, inderogabilmente, al giudice del luogo in cui è stata commessa l'infrazione; pertanto, nei
giudizi instaurati nel vigore del testo vigente (a seguito della modifica apportata dall'art. 4 della legge n. 353 del
1990) dell'art. 38 cod. proc. civ. (e, quindi, dopo il 30 aprile 1995) tale forma d'incompetenza territoriale del
giudice adito è rilevabile, anche d'ufficio, ma solo entro la prima udienza di trattazione.
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Renato Amoroso, Giuseppe Buffone, Giuseppe Cernuto, Filippo D’Aquino, Fabrizio D’Arcangelo, Francesca Fiecconi,
Maria Grazia Fiori, Federico Vincenzo Amedeo Rolfi, Adriano Scudieri
Cass.Sez. 1, Sentenza n. 6335 del 12/07/1996 Presidente: Borruso Estensore: Lupo E. P.M. Lo Cascio G.
(Conf.)
La competenza sull'opposizione all'ordinanza - ingiunzione ex art. 22 legge 24 novembre 1981 n. 689 è devoluta
funzionalmente e, quindi, inderogabilmente, al Pretore del luogo in cui è stata commessa l'infrazione; pertanto, nei
giudizi instaurati nel vigore del testo previgente dell'art. 38 cod. proc. civ. (e, quindi, prima del 30 aprile 1995)
l'incompetenza territoriale del giudice adito è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del processo e,
quindi, anche nel giudizio di Cassazione.
Corte Cost. Ord. n. 74 del 03/03/2011, Presidente De Siervo Estensore Finocchiaro
È dichiarata manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta
infondatezza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 22 bis della L. n. 689/1981 - nella parte in
cui radicano la competenza a conoscere delle controversie in materia di opposizione alla trascrizione del
provvedimento di fermo amministrativo di beni mobili registrati, a seguito di violazioni del Codice della Strada, in
capo al giudice del luogo in cui è stata commessa l’infrazione, anziché in capo a quello del luogo di residenza
dell’opponente - sollevata in riferimento agli artt. 3, 97, 111, comma 2, e 113 della Costituzione. In particolare,
nell’ordinanza di rimessione il giudice a quo non ha addotto alcuna argomentazione in ordine alla applicabilità
delle norme impugnate nel giudizio principale né, a fronte delle eccezioni sollevate dalle parti, si è pronunciato
sulla propria competenza.
Corte Cost.Ord. n.114 del 26/01/2005 Presidente Contri Estensore Bile
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e dell'articolo 204-bis del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285, “nella parte in cui stabiliscono la competenza territoriale inderogabile del giudice del luogo in
cui è stata commessa la violazione”, ai fini della proposizione dell'opposizione a sanzione amministrativa, sollevata
in riferimento agli articoli 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, per l’asserita disparità di trattamento
in danno dei cittadini meno abbienti, nonché per la ritenuta lesione del diritto di agire in giudizio e del principio
della parità delle armi. La sollevata questione è stata, invero, già ritenuta manifestamente infondata dalla Corte
con numerose decisioni; vedi, citate, ordinanze n. 59/2002, n. 75/2003, n. 193/2003, n. 259/2003, n. 61/2004,
n.130/2004.
Corte Cost. Ord. n.130 del 10/03/2004 Presidente Bile Estensore Zagrebelsky
Va dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli
artt. 3, 24, 111,secondo comma, e 113 della Costituzione, dell'art. 22 della legge 24 novembre 1989, n. 689, nella
parte in cui, nelle controversie contro ordinanze-ingiunzioni, obbliga l'opponente ad adire il giudice del luogo in
cui è stata commessa la presunta violazione, anziché in quello di residenza del ricorrente. La Corte costituzionale
ha, infatti, dichiarato manifestamente infondate identiche questioni sollevate in riferimento ai medesimi parametri
costituzionali evocati ed, in assenza di prospettazione di nuovi o diversi profili di incostituzionalità, anche
l'odierna questione deve essere decisa in egual modo.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24876 del 23/11/2006 Presidente: Vella A. Estensore: Malpica E. Relatore:
Malpica E. P.M. Ceniccola R. (Diff.)
In materia di sanzioni amministrative, la competenza territoriale inderogabile, ai sensi dell'art. 22 della legge n.
689 del 1981, appartiene al giudice (individuato ai sensi dell'art. 22 bis della medesima legge) del luogo in cui è
avvenuta la violazione e si estende a tutti coloro che, a qualsiasi titolo rispondono della medesima violazione.
(Nella specie, La S.C. ha cassato la sentenza di merito in cui il giudice, in una opposizione a sanzione
amministrativa emessa nei confronti di chi aveva aiutato un'azienda a percepire indebitamente aiuti comunitari,
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aveva ritenuto sussistente la propria competenza territoriale, per quanto l'attività dell'azienda che aveva
indebitamente percepito gli aiuti operasse nel circondario di un diverso tribunale).
Cass.Sez. L, Sentenza n. 5629 del 24/06/1997 Presidente: Nuovo R. Estensore: Nuovo R. P.M. Nardi V.
(Diff.)
Nel rito del lavoro il convenuto, in omaggio al principio di concentrazione, deve proporre tutte le eccezioni e
indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi nel termine previsto per la sua costituzione; non è necessario,
tuttavia, che ciò avvenga materialmente in un unico atto difensivo, essendo invece possibile il deposito di memorie
integrative della comparsa di costituzione onde devono ritenersi tempestive le eccezioni e le deduzioni di prova
contenute in scritti successivi e separati dalla suddetta memoria, purché depositati nel termine di cui all'art. 416
cod. proc. civ., tranne nell'ipotesi di formulazione dell'eccezione di incompetenza territoriale, che, dovendo essere
proposta nel primo scritto difensivo, va necessariamente esplicitata nella memoria di costituzione.
Cass.Sez. 1, Sentenza n. 9211 del 03/08/1992 Presidente: Bologna I. Estensore: Lupo E. P.M. Golia R.
(Conf.)
La disposizione di cui all'art. 293, primo comma cod. proc. civ. - che consente la costituzione del contumace solo
fino all'udienza in cui la causa è rimessa al collegio - non opera nel procedimento di opposizione ad ordinanzaingiunzione delineato dalla legge 24 novembre 1981 n. 689, nel quale, svolgendosi esso davanti al giudice
monocratico, non sussiste la distinzione tra una fase propriamente decisoria ed una soltanto istruttoria, e,
pertanto, detta costituzione è ammissibile fino all'esaurimento della discussione, ferme restando le eventuali
preclusioni e decadenze già verificatesi in danno del contumace.
Corte Cost. Sentenza n.98 del 25/02/2004 Presidente Zagrebelsky Estensore Marini
È costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, l'art. 22 della legge 24
novembre 1981, n. 689, nella parte in cui non consente l'utilizzo del servizio postale per la proposizione
dell'opposizione
ad
ordinanza-ingiunzione.
La
struttura
processuale
assai
semplificata
evidentemente intesa a rendere il più possibile agevole l'accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia –
che caratterizza il procedimento di opposizione all'ordinanza- ingiunzione di pagamento, quale disciplinato dagli
artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, unitamente all'esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che
determinano cause di inammissibilità degli atti introduttivi dei giudizi siano in armonia con lo specifico sistema
processuale cui si riferiscono e non frappongano ostacoli all'esercizio del diritto di difesa non giustificati dal
preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata, rendono
palesemente incongrua, nonchè, in taluni casi, eccessivamente onerosa la previsione del necessario accesso
dell'opponente (o del suo procuratore) alla cancelleria del giudice competente al fine di depositare personalmente
il ricorso, con esclusione della possibilità di utilizzo, a tale scopo, del servizio postale; mentre le esigenze di
certezza che il deposito personale mira a realizzare riguardo all'instaurazione del rapporto processuale, possono
d'altra parte essere allo stesso modo garantite attraverso l'utilizzo del plico raccomandato, espressamente previsto
ad analoghi fini dallo stesso codice di rito. Circa l'esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che
determinano cause di inammissibilità degli atti introduttivi dei giudizi non frappongano ostacoli all'esercizio del
diritto
di
difesa
non
giustificati
dal
preminente
interesse
pubblico
ad
uno
svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata, v. la richiamata sentenza n. 520/2002, che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 22, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,
nella parte in cui non consente, per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio, l'utilizzo del servizio
postale.
Corte Cost. Sentenza n.477 del 22/10/2002 Presidente Ruperto Estensore Marini
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È costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell'art.149 del codice di procedura civile e dell'art. 4,
comma terzo,della legge 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona,
per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna
dell'atto all'ufficiale giudiziario. È, infatti, palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del
notificante, che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di un'attività riferibile non al
notificante, ma a soggetti diversi (l'ufficiale giudiziario e l'agente postale come ausiliario di questo), e perciò del
tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo. Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque,
essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante al solo compimento delle attività a lui direttamente imposte
dalla legge, ossia alla consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario; restando, naturalmente, fermo, per il
destinatario,il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell'atto, attestata
dall'avviso di ricevimento,con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al
destinatario medesimo
Cass.Sez. U, Sentenza n. 5160 del 04/03/2009 Presidente: Mattone S. Estensore: Toffoli S. Relatore:
Toffoli S. P.M. Ciccolo PPM. (Conf.)
L'invio a mezzo posta dell'atto processuale destinato alla cancelleria (nella specie, memoria di costituzione in
giudizio comprensiva di domanda riconvenzionale) -al di fuori delle ipotesi speciali relative al giudizio di
cassazione, al giudizio tributario ed a quello di opposizione ad ordinanza ingiunzione- realizza un deposito
dell'atto irrituale, in quanto non previsto dalla legge, ma che, riguardando un'attività materiale priva di requisito
volitivo autonomo e che non necessariamente deve essere compiuta dal difensore, potendo essere realizzata anche
da un "nuncius", può essere idoneo a raggiungere lo scopo, con conseguente sanatoria del vizio ex art. 156, terzo
comma, cod. proc. civ.; in tal caso, la sanatoria si produce con decorrenza dalla data di ricezione dell'atto da parte
del cancelliere ai fini processuali, ed in nessun caso da quella di spedizione.
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27065 del 07/12/2005 Presidente: Saggio A. Estensore: Genovese FA. Relatore:
Fittipaldi O. P.M. Russo LA. (Conf.)
La competenza sull'opposizione ai sensi della legge n. 689 del 1981, anche allorché si tratti di opposizione a
cartella esattoriale o ad avviso di mora per la riscossione della somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria, è
devoluta funzionalmente e, quindi, inderogabilmente, al giudice del luogo in cui è stata commessa l'infrazione;
pertanto, nei giudizi instaurati nel vigore del testo vigente (a seguito della modifica apportata dall'art. 4 della legge
n. 353 del 1990) dell'art. 38 cod. proc. civ. (e, quindi, dopo il 30 aprile 1995), tale forma d'incompetenza
territoriale del giudice adito è rilevabile, anche d'ufficio, ma solo entro la prima udienza di trattazione.
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22541 del 20/10/2006 Presidente: Fiduccia G. Estensore: Trifone F. Relatore:
Trifone F. P.M. Iannelli D. (Conf.)
Allorquando il giudice dichiara la propria incompetenza, chiudendo il processo davanti a sé, è tenuto a provvedere
sulle spese giudiziali, non potendo rimettere la relativa pronuncia al giudice dichiarato competente, atteso che tale
dichiarazione chiude il processo avanti a detto giudice.
Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23359 del 09/11/2011 Presidente: Finocchiaro M. Estensore: Frasca R.
Relatore: Frasca R. P.M. Destro C. (Conf.)
La soppressione dell'inciso contenuto nel primo comma dell'art. 91 cod. proc. civ. ("eguale provvedimento emette
nella sua sentenza il giudice che regola la competenza") dovuta all'art. 45, comma decimo, della legge 18 giugno
2009, n. 69, non ha determinato il venire meno del potere della Corte di cassazione di provvedere sulle spese del
regolamento di competenza tanto se la decisione sia d'inammissibilità od improcedibilità, tanto se se abbia ad
oggetto una statuizione sulla competenza o sulla sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ.
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Allo stesso modo la modifica normativa non ha inciso sull'analogo potere del giudice di merito di provvedere sulle
spese di lite nel provvedimento con il quale abbia declinato la propria competenza, trattandosi di un'ordinanza (art.
279 cod. proc. civ.) che ha valore di sentenza in senso sostanziale, in quanto idonea a chiudere il processo davanti
al giudice che l'ha emessa.
Cass.Sez. 1, Sentenza n. 272 del 10/01/2007 Presidente: Luccioli MG. Estensore: Felicetti F. Relatore:
Felicetti F. P.M. Caliendo G. (Conf.)
Nel caso in cui il provvedimento decisorio emesso nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa è
impugnabile con ricorso per cassazione (anche se, come nella specie, pronunciato fuori udienza e nella forma
dell'ordinanza) e, ove non impugnato, passa in giudicato, l'istanza diretta a provocare la revoca del provvedimento
da parte dello stesso giudice che lo ha emanato, dopo che lo stesso con la pronuncia si è spogliato della "potestas
iudicandi", è estranea ad ogni schema processuale e quindi non determina neanche il potere - dovere di
pronunciare. Ne consegue che il ricorso per cassazione proposto non contro l'ordinanza decisoria ma contro il
provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca è inammissibile.
Cass. Sez. L, Sentenza n. 10032 del 27/04/2007 Presidente: Mattone S. Estensore: Mattone S. Relatore:
Mattone S. P.M. Sorrentino F. (Diff.)
Nel procedimento davanti al giudice di pace - nel quale non è configurabile una distinzione tra udienza di prima
comparizione e prima udienza di trattazione, ed il cui rito è tuttavia caratterizzato dal regime di preclusioni che
assiste il procedimento dinanzi al tribunale - le preclusioni sono collegate allo svolgimento della prima udienza
effettiva: ne consegue che se la prima udienza sia stata di mero rinvio, avendo il giudice soltanto rimesso alcuni
procedimenti pendenti tra le stesse parti al coordinatore del suo ufficio per i provvedimenti del caso,
l'incompetenza per materia, (nella specie, in favore del giudice del lavoro) può essere rilevata, dalla parte che ne
ha interesse o anche d'ufficio, anche alla udienza immediatamente successiva, in cui la causa ha avuto effettiva
trattazione.
Cass.Sez. 3, Ordinanza n. 10236 del 18/04/2008 Presidente: Vittoria P. Estensore: Frasca R. Relatore:
Frasca R. P.M. Carestia A. (Conf.)
Una volta ritualmente sollevata l'eccezione di incompetenza territoriale, rientra nel potere-dovere del giudice adito
l'identificazione del giudice competente, anche se diverso da quello indicato dalla parte. Tale potere-dovere
compete anche alla Corte di cassazione in sede di regolamento, rientrando fra i compiti di detta Corte quello di
riparare alla mancata indicazione del giudice competente da parte del giudice "a quo" che ha dichiarato la propria
incompetenza territoriale.
Corte Cost. Sentenza n.77 del 24/01/2007 Presidente: Bile Relatore: Vaccarella
È costituzionalmente illegittimo l'art. 30, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui non prevede che gli effetti,
sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito
di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione. Premesso che
non può addebitarsi al rimettente di non aver valutato la praticabilità di una soluzione costituzionalmente orientata
- in quanto non è condivisibile l'assunto, fatto proprio dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite, secondo il quale
non esisterebbe nel nostro ordinamento un divieto espresso di "translatio iudicii" nei rapporti fra g.o. e giudice
speciale, dal momento che l'espressa previsione della translatio con esclusivo riferimento alla competenza non può
significare altro se non divieto di applicare il medesimo istituto alla giurisdizione -, il principio della
incomunicabilità dei giudici appartenenti ad ordini diversi, se comprensibile in altri momenti storici, è certamente
incompatibile, oggi, con fondamentali valori costituzionali, non potendo la previsione di una pluralità di giudici
risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione, della tutela giurisdizionale; evenienza,
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questa, che si verifica quando la disciplina dei rapporti tra diverse giurisdizioni, per di più innervantesi su un
riparto di competenze complesso ed articolato, è tale per cui l'erronea individuazione del giudice munito di
giurisdizione, o l'errore del giudice in tema di giurisdizione, può risolversi in un pregiudizio irreparabile della
possibilità stessa di un esame nel merito della domanda, con conseguente pregiudizio per il diritto alla tutela
giurisdizionale e ad una ragionevole durata del giudizio. La disciplina legislativa che necessariamente dovrà essere
emanata per colmare una lacuna dell'ordinamento processuale sarà vincolata solo nel senso che dovrà dare
attuazione al principio della conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta
a giudice privo di giurisdizione nel giudizio ritualmente riattivato davanti al giudice che ne è munito, ed il
legislatore è libero di disciplinare, nel modo ritenuto più opportuno, il meccanismo della riassunzione”
Cass.Sez. 3, Ordinanza n. 14185 del 29/05/2008 Presidente: Vittoria P. Estensore: Frasca R. Relatore:
Frasca R. P.M. Ceniccola R. (Conf.)
La decisione con la quale il giudice di pace statuisca sulla propria competenza, ove non abbia natura meramente
interlocutoria, ma costituisca una vera e propria sentenza, non è impugnabile col regolamento di competenza, ma
può essere soltanto appellata, nei limiti e secondo le previsioni di cui all'art. 339 cod. proc. civ..
Cass.Sez. 1, Sentenza n. 17695 del 04/08/2006 Presidente: Cappuccio G. Estensore: Piccininni C.
Relatore: Piccininni C. P.M. Caliendo G. (Diff.)
Nei giudizi dinanzi al giudice di pace, ai sensi dell'art. 44 cod. proc. civ., qualora il giudice preventivamente adito
declini la propria competenza, affermando la competenza per materia o territoriale inderogabile di altro giudice, e
la parte non impugni con l'appello la relativa decisione, provvedendo a riassumere tempestivamente il giudizio
dinanzi al giudice indicato come competente, si ha acquiescenza alla declaratoria di incompetenza e la competenza
del giudice indicato rimane incontestabilmente stabilita.
Cass.Sez. 2, Ordinanza n. 17663 del 02/09/2004 Presidente: Pontorieri F. Estensore: Settimj G. P.M.
Marinelli V. (Conf.)
È ammissibile il regolamento di competenza d'ufficio, anche con riguardo a materie attribuite alla competenza del
giudice di pace, atteso che l'art. 46 cod. proc. civ., nel disporre che gli artt. 42 e 43 non si applicano nei giudizi
davanti al giudice di pace, ha escluso solo il regolamento ad istanza di parte e fatto salvo quello d'ufficio, ai sensi
dell'art. 45 dello stesso codice.
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 15382 del 13/09/2012 Presidente: Goldoni U. Estensore: Falaschi M.
Relatore: Falaschi M. P.M. Carestia A. (Conf.)
A norma dell'art. 45 cod. proc. civ., è ammissibile il regolamento di competenza richiesto d'ufficio dal giudice di
pace in un giudizio di opposizione a sanzioni amministrative, individuando l'art. 22 della legge 24 novembre 1981,
n. 689, in relazione al luogo della commessa violazione, un criterio di competenza funzionale equiparabile a quello
della competenza territoriale inderogabile, e rendendo l'art. 46 cod. proc. civ. inapplicabili al procedimento davanti
al giudice di pace le sole disposizioni concernenti il regolamento di competenza ad istanza di parte.
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5713 del 07/03/2013 Presidente: Vitrone U. Estensore: Macioce L. Relatore:
Macioce L. P.M. Velardi M. (Diff.)
Quando il giudice dinanzi al quale la causa è stata riassunta a seguito della dichiarazione di incompetenza di quello
precedentemente adito abbia a sua volta declinato la propria competenza senza richiedere d'ufficio il regolamento
di competenza, a norma dell'art. 45 cod. proc. civ., spetta alla parte la facoltà di provvedervi, denunziando il
verificatosi conflitto negativo di competenza.
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Cass.Sez. 2, Sentenza n. 2973 del 27/02/2012 Presidente: Oddo M. Estensore: Correnti V. Relatore:
Correnti V. P.M. Russo LA. (Conf.)
La sentenza (o l'ordinanza di natura decisoria) dichiarativa dell'incompetenza (anche per materia) del giudice adito
va impugnata con istanza di regolamento necessario di competenza (ove il giudice indicato come competente non
sollevi conflitto di ufficio, ai sensi dell'art. 45 cod. proc. civ.), acquistando, in caso contrario, efficacia di giudicato
tanto la statuizione di incompetenza del giudice che l'ha pronunciata, quanto quella sulla (asserita) competenza
dell'autorità dinanzi alla quale la causa sia stata tempestivamente riassunta. Ne consegue che, nei successivi gradi
del procedimento, né le parti, né il giudice procedente hanno la facoltà di rimettere in discussione quanto stabilito
in tema di competenza dall'autorità giudiziaria originariamente adita.
Cass.Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 23458 del 10/11/2011 Presidente: Bianchini B. Estensore: Carrato A.
Relatore: Carrato A. P.M. Viola AP. (Conf.)
La sentenza con la quale il giudice di pace - adito a seguito di declaratoria di incompetenza per territorio emessa
da altro giudice di pace - abbia a sua volta declinato la propria competenza a favore di altro giudice, senza
sollevare conflitto a norma dell'art. 45 cod. proc. civ., non essendo impugnabile dalla parte con regolamento di
competenza, può essere appellata, nei limiti e secondo le previsioni dell'art. 339 cod. proc. civ., contestando i
criteri applicati per la dichiarazione di incompetenza, ma non in relazione al solo profilo del mancato esercizio
della facoltà da parte del giudice di pace di sollevare conflitto.
Cass.Sez. 3, Sentenza n. 3430 del 07/06/1984 Presidente: Cusani G. Estensore: Pipitone N. P.M. Nicita
FP. (Diff.)
Qualora il giudice indicato come competente per ragioni di valore dal giudice adito per primo, ritenendo la
Competenza per materia di quest'ultimo, dichiari con sentenza la propria incompetenza per materia e rimetta le
parti davanti allo stesso, anziché richiedere d'ufficio il regolamento di Competenza, in ottemperanza all'art. 45
cod. proc. civ., si determina, per effetto di tale pronuncia, una situazione di conflitto suscettibile di denuncia alla
stregua della norma citata da parte del primo giudice.*
Cass.Sez. 1, Ordinanza n. 15126 del 25/10/2002 Presidente: Grieco A. Estensore: Morelli MR. P.M.
Cafiero D. (Conf.)
Il conflitto ex art. 45 cod. proc. civ. è ammissibile anche nel caso in cui il giudice dinanzi al quale è stata riassunta
la causa ritenga di escludere la sua competenza a favore di quella di un terzo giudice, anziché di quello che per
primo l'ha negata.
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13414 del 29/10/2001 Presidente: Fiduccia G. Estensore: Lupo E. P.M. Russo R.
(Conf.)
Il giudice di primo grado ha la facoltà e non l'obbligo di rilevare d'ufficio la propria incompetenza non oltre la
prima udienza di trattazione ai sensi dell'art. 38 cod. proc., sì che la causa resta definitivamente radicata presso di
lui se non sia avvalso di tale potere e le parti non abbiano tempestivamente sollevato alcuna eccezione.
Cass. Sez. Lavoro Sentenza n. 7119 del 16/05/2002 Presidente: Genghini M. Estensore: Di Iasi C. P.M.
Sorrentino F. (Conf.)
In tema di rilievo d'ufficio di fatti processuali, quando il potere - dovere del giudice è ancorato a precisi limiti
temporali, l'unica sanzione processuale prevista per la relativa inottemperanza è l'impossibilità di esercizio di esso
oltre il termine stabilito e perciò, in ultima analisi, l'"indifferenza" dell'ordinamento al fatto, quando esso non abbia
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formato oggetto di rilievo tempestivo, dovendosi pertanto escludere, in sede di impugnazione, anche l'astratta
configurabilità di una censura avente ad oggetto l'inottemperanza del giudice ad un dovere di rilievo officioso che
risulti limitato nel tempo, senza che, peraltro, ciò arrechi pregiudizio alle parti, che possono sempre eccepire, nel
termine prescritto, il fatto oggetto di mancato rilievo, rendendo così sindacabile in sede di impugnazione la
pronuncia che non statuisca o, in ipotesi, statuisca erroneamente sulla sollevata eccezione. (Fattispecie relativa a
censura di omesso rilievo d'ufficio della incompetenza territoriale, rilievo soggetto, per le ipotesi di competenza
territoriale inderogabile, al limite temporale fissato dall'art. 38 cod. proc. civ.).
Cass. Sez. Lavoro Sentenza n. 22055 del 13/10/2006 Presidente: Ciciretti S. Estensore: Morcavallo U.
Relatore: Morcavallo U. P.M. Destro C. (Conf.)
Secondo il disposto dell'art. 38, primo comma, cod. proc. civ., nel testo introdotto dall'art. 4 della legge 26
novembre 1990, n. 353 in vigore dal 30 aprile 1995 (in base alle disposizioni transitorie di cui all'art. 90 della
stessa legge e successive modificazioni), l'incompetenza per materia - al pari di quella per valore e di quella per
territorio nei casi previsti dall'art. 28 cod. proc. civ. - è rilevata, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di
trattazione, con la conseguenza che - diversamente dalla previgente disciplina - il giudice non può rilevare tale
incompetenza in ogni stato e grado, ma è tenuto al rilievo officioso entro detta udienza, salvo esaminare
l'eventuale eccezione ritualmente proposta dalle parti. Da ciò deriva che la parte può impugnare la decisione di
primo grado per ragioni di incompetenza per materia solo ove abbia tempestivamente eccepito l'incompetenza e
che, anche in presenza della tempestiva eccezione, la stessa parte è onerata della specifica impugnazione sul
punto, ove il giudice abbia invece deciso nel merito, atteso che - venuta meno la possibilità del rilievo officioso
durante tutti i gradi del giudizio - l'impugnazione nel merito non implica più la devoluzione al giudice di appello
anche della questione di competenza per materia (così come di quella territoriale inderogabile di cui all'art. 28 cod.
proc. civ.). (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza,
con la quale il giudice di appello aveva rilevato d'ufficio l'incompetenza per materia, malgrado si fosse formata in
primo grado l'inerente preclusione e nonostante il giudice di prima istanza avesse deciso la causa nel merito senza
che l'appellante avesse proposto alcuna censura relativa alla competenza per materia).
Cass.Sez. 3, Ordinanza n. 16557 del 18/06/2008 Presidente: Vittoria P. Estensore: Frasca R. Relatore:
Frasca R. P.M. Ceniccola R. (Conf.)
La questione di competenza ha natura assolutamente pregiudiziale, per cui vi è una manifesta inconciliabilità, sul
piano logico e giuridico, tra la richiesta di una pronuncia sul merito in via principale (che implica necessariamente
il riconoscimento della esistenza in concreto della "potestas iudicandi" del giudice adito) e la proposizione di una
eccezione di incompetenza dello stesso giudice, da esaminare solo nella ipotesi di pronuncia sfavorevole alla parte
che l'ha sollevata, con la conseguenza che, qualora l'eccezione di incompetenza sia stata formulata nei detti
termini, essa deve considerarsi ed aversi come non proposta. In tal caso il giudice, mancando una rituale eccezione
da esaminare, qualora possa rilevare d'ufficio l'incompetenza (come nella specie, venendo in evidenza la
competenza territoriale inderogabile relativa al foro del consumatore), deve farlo entro la prima udienza di
trattazione, a norma dell'art. 38 cod. proc. civ.; la violazione della preclusione alla rilevazione è deducibile in sede
di regolamento di competenza ed è rilevabile d'ufficio dalla Corte di Cassazione.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2365 del 02/02/2007 Presidente: Pontorieri F. Estensore: Fiore FP. Relatore:
Fiore FP. P.M. Golia A. (Conf.)
Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, la mancata comparizione dell'opposto alla prima udienza o
alle udienze successive non equivale alla rinuncia alle difese svolte con l'atto di costituzione. (Sulla base di tale
principio la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di pace che aveva accolto l'opposizione motivando sulla base
della mancata comparizione della P.A. opposta, che si era costituita resistendo all'opposizione).
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Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7684 del 12/07/1993 Presidente: Borruso R. Estensore: Di Palma S. P.M.
Marinelli V. (Conf.)
L'art. 645 cod. proc. civ., stabilendo che l'opposizione a decreto ingiuntivo va proposta davanti all'ufficio
giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha istituito una competenza funzionale di tale ufficio
che non può essere derogata per ragioni di connessione, sia che questa si presenti nei termini ampi e generici
dell'art. 40 cod. proc. civ., sia che si tratti delle speciali ipotesi di connessione previste dagli artt. 34, 35 e 36 cod.
proc. civ., sia che la situazione di connessione preesista all'emanazione del decreto ingiuntivo e alla proposizione
dell'opposizione, ovvero insorga successivamente nel corso dello stesso giudizio, con la conseguenza che, quando
nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sia proposta una domanda riconvenzionale eccedente la
competenza per valore del giudice adito, questi non può rimettere tutta la causa al giudice superiore, ma deve
rimettergli soltanto la causa relativa alla domanda riconvenzionale e, previa separazione, trattenere quella
concernente l'opposizione a decreto ingiuntivo, salvo a disporre, ove del caso, la sospensione di tale ultima causa
ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ..
Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 20324 del 20/09/2006 Presidente: Nicastro G. Estensore: Trifone F. Relatore:
Trifone F. P.M. Fedeli M. (Conf.)
La competenza per l'opposizione a decreto ingiuntivo, attribuita dall'art. 645 cod. proc. civ. all'ufficio giudiziario
cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabile, stante l'assimilabilità del
giudizio di opposizione a quello di impugnazione, sicché essa non può subire modificazioni neppure per una
situazione di connessione, senza che rilevi in contrario la eliminazione della regola della rilevabilità d'ufficio delle
competenze cosiddette forti in ogni stato e grado. Ne consegue che, nel caso in cui, nel giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace, sia proposta dall'opponente domanda riconvenzionale eccedente i
limiti di valore della competenza del predetto giudice, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella
relativa alla opposizione e rimettendo l'altra al giudice superiore, e che, in difetto, il giudice superiore cui sia stata
rimessa l'intera causa può richiedere, nei limiti temporali fissati dall'art. 38 cod. proc. civ., il regolamento di
competenza ex art. 45 cod. proc. civ.
Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6595 del 08/05/2002 Presidente: Pontorieri F. Estensore: Del Core S. P.M.
Cafiero D. (Conf.)
Qualora la domanda riconvenzionale appartenga alla competenza per materia di un giudice diverso, il "simultaneus
processus" previsto, in via di regola, dall'art. 36 cod. proc. civ., non può attuarsi davanti al giudice competente
per valore a conoscere della domanda principale. In tal caso, non operando la deroga ai normali criteri attributivi
della competenza disposti in considerazione della connessione oggettiva esistente tra le due domande, ciascuna di
esse deve essere devoluta al giudice competente, con la conseguente separazione dei relativi giudizi. Pertanto, ove
il giudice di pace, adito con domanda rientrante nella sua competenza "ratione materiae" ( nella specie, per il
rispetto delle distanze legali nella piantagione di alberi), sia investito, in via riconvenzionale, di una domanda
eccedente la sua competenza per valore o per materia ( nella specie, di accertamento dei confini tra i due fondi e
condanna al risarcimento dei danni cagionati dai lavori di scavo e sbancamento eseguiti dall'attore), egli è tenuto,
non operando la "translatio iudicii" a norma del citato art. 36 cod. proc. civ., a trattenere la causa principale,
separando la causa riconvenzionale per la quale non è competente, senza che possa assumere alcuna rilevanza in
contrario la disposizione del sesto comma del novellato art. 40 del codice di rito, secondo la quale, se una causa di
competenza del giudice di pace sia connessa per i motivi di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 cod. proc. civ. con
altra causa di competenza del tribunale, le relative domande possono essere proposte davanti al tribunale per
essere decise nello stesso processo, ne' quella del settimo comma dello stesso articolo, che prevede che, se le
cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte davanti al giudice di pace e al tribunale, il primo deve
pronunciare anche di ufficio la connessione a favore del tribunale. Infatti, tali disposizioni non prevedono l'ipotesi
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in cui le predette domande siano proposte sin dall'inizio davanti al giudice di pace, rimanendo ferma, in tale
ipotesi, in caso di riconvenzionale di competenza del giudice togato, la competenza funzionale e inderogabile del
giudice di pace per la causa principale.
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 944 del 17/01/2011 Presidente: Settimj G. Estensore: Giusti A. Relatore:
Giusti A. P.M. Finocchi Ghersi R. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative, la competenza per territorio a conoscere dell'opposizione al verbale di
accertamento di infrazione di norme sulla circolazione stradale ha natura inderogabile, ai sensi dell'art. 204-bis del
codice della strada. Ne consegue che, non applicandosi a tali illeciti l'istituto della continuazione così come
disciplinato dall'art. 81 cod. pen., la connessione derivante dalla reiterazione della condotta non può avere alcun
effetto processuale nel senso di attrarre la competenza per territorio in favore del giudice di pace competente per
l'opposizione al verbale concernente l'accertamento della prima violazione.
Cass.Sez. 2, Sentenza n. 8460 del 09/04/2010 Presidente: Settimj G. Estensore: De Chiara C. Relatore: De
Chiara C. P.M. Leccisi G. (Conf.)
Le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per violazione delle norme del codice della strada rientrano
tra le "altre entrate di spettanza delle province e dei comuni" per le quali l'art. 52, comma 6, del d.lgs. 15 dicembre
1997, n. 446 (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore all'abrogazione da parte dell'art. 1, comma 224,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244), prevede la possibilità di procedere alla riscossione coattiva anche con la
procedura indicata dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639, atteso che il riferimento alle "altre entrate" è compiuto in modo
ampio, senza alcuna distinzione, e che l'art. 15, comma 8-quinquiesdecies, del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito,
con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102, nel dettare disposizioni finalizzate ad incrementare
l'efficienza del sistema della riscossione dei comuni, fa espresso riferimento agli importi iscritti a ruolo ovvero per
i quali è stata emessa l'ingiunzione di pagamento ai sensi del testo unico di cui al r.d. 14 aprile 1910 n. 639, per
sanzioni amministrative derivanti dalle violazioni al codice della strada, di cui al d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285".
Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15864 del 13/08/2004 Presidente: Giustiniani V. Estensore: Marigliano E. P.M.
Ciccolo PPM. (Conf.)
In tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), nel caso in cui il servizio di accertamento
e di riscossione della tassa sia stato affidato dal comune in concessione, la competenza territoriale in ordine alla
controversia relativa ad avviso di accertamento emesso dal concessionario va individuata non in relazione alla
sede del comune concedente, bensì alla sede del concessionario, atteso che questi subentra nei diritti e negli
obblighi del comune verso i contribuenti ed è dunque il soggetto legittimato a resistere all'impugnazione del
predetto atto impositivo.
Cass.Sez. 1, Ordinanza n. 9421 del 11/06/2003 Presidente: Grieco A. Estensore: Panebianco UR. P.M.
Gambardella V. (Conf.)
In tema di ingiunzione fiscale emessa in materia di riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, ai sensi del
R.D. n. 639 del 1910 (la quale cumula in sè le caratteristiche di forma ed efficacia di titolo esecutivo e di
precetto), l'opposizione all'ingiunzione in questione da luogo ad un procedimento di cognizione volto a contestare
il diritto di procedere all'esecuzione forzata ed ad ottenere un accertamento negativo della pretesa fatta valere "in
executivis" dalla P.A.. Pertanto, avuto riguardo al carattere esecutivo del procedimento in cui essa opposizione si
inserisce, deve trovare applicazione la disciplina dell'art. 7 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, costituente, in
relazione ai procedimenti esecutivi, deroga ai criteri generali del Foro erariale.
Corte Costituzionale Sentenza n.452 del 16/12/1997 Presidente: Granata Relatore: Mezzanotte
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Non è fondata, con riferimento agli artt. 3 e 25 Cost., l'art. 3 R.d. 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del t.u.
delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato), nella parte in cui
attribuisce la competenza, nel giudizio di opposizione all'ingiunzione di pagamento, al giudice del luogo ove ha
sede l'ufficio dell'ente che ha emesso l'ingiunzione medesima e non al giudice del luogo in cui risiede l'ingiunto
opponente, in quanto - posto che il principio della precostituzione del giudice sancito dall'art. 25 Cost. è rispettato
purché l'organo giudicante sia stato istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e non in vista
di singole controversie; e che la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione di una
competenza generale, ma si forma anche a seguito di tutte le disposizioni di legge che possano derogare a tale
competenza in base a criteri che ragionevolmente valutino i disparati interessi coinvolti nel processo - la previsione
che la competenza territoriale debba, nella specie, radicarsi nel luogo ove ha sede l'ufficio emanante non
costituisce esercizio arbitrario o irragionevole della discrezionalità che spetta in materia al legislatore, poiché tale
previsione è fondata sulla considerazione della natura dell'ente dal quale proviene l'ingiunzione, della articolazione
territoriale di questo e della qualità dei crediti per il soddisfacimento dei quali il procedimento di ingiunzione
fiscale può essere esperito.
Cass. Sez. U, Sentenza n. 562 del 10/08/2000 Presidente: Grossi M. Estensore: Lupo E. P.M. Lo Cascio G.
(Conf.)
In relazione ad una cartella esattoriale notificata ai fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie, è
ammissibile l'opposizione nelle forme previste dalla legge n. 689 del 1981 solo per le sanzioni per cui sia mancata
la notificazione dell'ordinanza - ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione al codice della strada, al
fine di consentire all'interessato di recuperare l'esercizio del mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti
sanzionatori; quando, invece, tali atti siano stati notificati, la notificazione della cartella esattoriale può dare adito
all'opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 cod. proc. civ. (sulla cui ammissibilità non incide l'art. 54 del
d.P.R. n. 602 del 1973, inapplicabile al di fuori della materia tributaria), in relazione ai fatti estintivi asseritamente
sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, e all'opposizione agli atti esecutivi, in caso di deduzione di vizi
di regolarità formale della cartella esattoriale.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17312 del 07/08/2007 Presidente: Settimj G. Estensore: Bertuzzi M. Relatore:
Bertuzzi M. P.M. Destro C. (Diff.)
L'opposizione a cartella esattoriale emessa per il pagamento di una sanzione amministrativa per violazione del
codice della strada, con cui si deduca l'illegittimità di tale atto per omessa notifica del verbale di contestazione
dell'infrazione, va proposta nel termine di sessanta giorni stabilito dall'articolo 204 bis cod. strada, e non in quello
di trenta giorni di cui all'articolo 22 legge 24 novembre 1981 n. 689, essendo a tal fine essenziale il dato
rappresentato dalla incontestata funzione recuperatoria dell'opposizione, cui va riconosciuta una sorta di forza
attrattiva nei confronti della relativa disciplina impugnatoria, da cui l'esigenza di conformare la disciplina
applicabile a quella dettata per l'azione recuperata. Tale conclusione, peraltro, oltre che trovare sostegno sul piano
dogmatico, appare altresì quella più consona ai valori costituzionali dell'effettività della tutela giurisdizionale e
dell'uguaglianza, tenuto conto che essa restituisce al ricorrente la medesima posizione giuridica che avrebbe avuto
se il verbale di contestazione dell'infrazione, come previsto dalla legge, gli fosse stato a suo tempo notificato,
giacchè la riduzione del termine di opposizione da sessanta a trenta giorni per effetto di una mancanza - l'omessa
notificazione del verbale - che è imputabile alla sola Amministrazione, finirebbe per favorire, con riferimento al
termine perentorio per impugnare, la stessa amministrazione e, per converso, sanzionare il destinatario della
cartella, che è chiaramente incolpevole dell'omissione.
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21793 del 22/10/2010 Presidente: Oddo M. Estensore: Mazzacane V. Relatore:
Mazzacane V. P.M. Russo LA. (Conf.)
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Avverso la cartella esattoriale o l'avviso di mora emessi ai fini della riscossione di sanzioni amministrative
pecuniarie è ammissibile l'opposizione, ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, soltanto ove la
parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogatale, in
quanto sia mancata la notificazione dell'ordinanza-ingiunzione; in tal caso, però, l'opposizione deve essere
proposta, a pena di inammissibilità, nel termine di trenta giorni previsto dalla norma citata.
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2531 del 21/02/2012 Presidente: Goldoni U. Estensore: Giusti A. Relatore:
Giusti A. P.M. Servello G. (Conf.)
È territorialmente competente a decidere sull'opposizione ex art. 615, primo comma, cod. proc. civ., avverso la
cartella esattoriale emessa per il pagamento di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada,
il giudice del luogo in cui è stata commessa l'infrazione, ai sensi degli artt. 22 della legge 24 novembre 1981, n.
689 e 204-bis cod. strada (nella rispettiva formulazione anteriore alla novella recata dal d.lgs. 1 settembre 2011, n.
150), giacché la disciplina applicabile all'opposizione di cui al citato art. 615, in quanto proposta in funzione
recuperatoria dell'opposizione al verbale di accertamento della violazione al codice della strada, va conformata a
quella dettata per l'azione recuperata.
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1985 del 29/01/2014 Presidente: Amatucci A. Estensore: Cirillo FM. Relatore:
Cirillo FM. P.M. Corasaniti G. (Conf.)
L'opposizione alla cartella esattoriale, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria
comminata per violazione al codice della strada, va proposta ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre
1981, n. 689 e non nelle forme della opposizione alla esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., qualora la parte
deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogatagli in ragione
della nullità o dell'omissione della notifica del processo verbale di contestazione o dell'ordinanza ingiunzione.
Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19801 del 19/09/2014 Presidente: Triola RM. Estensore: D'Ascola P. Relatore:
D'Ascola P. P.M. Destro C. (Parz. Diff.)
In tema di violazioni del codice della strada, ove l'opposizione, in assenza di pregressa notifica dell'ordinanza
ingiunzione, sia stata proposta avverso la cartella esattoriale, dalla quale non sia identificabile il luogo dell'illecito,
trova applicazione, ai fini dell'individuazione del giudice competente, il foro generale delle persone fisiche ex art.
18 cod. proc. civ.
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 9486 del 11/06/2012 Presidente: Goldoni U. Estensore: Scalisi A. Relatore:
Scalisi A. P.M. Russo RG. (Conf.)
In tema di competenza per territorio del giudice dell'opposizione a sanzioni amministrative per violazione delle
norme del codice della strada sui limiti di velocità, ove detta violazione sia stata accertata mediante il sistema
cosiddetto "Tutor" , il quale si distingue dalle altre apparecchiature di controllo, perché rileva non la velocità
istantanea di un veicolo in un dato momento ed in un preciso luogo, ma la velocità media dello stesso in un certo
tratto di strada, che può essere ricompreso tra due Comuni diversi, il giudice del luogo in cui è stata commessa
l'infrazione, ai sensi degli artt. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e 204-bis cod. strada, va individuato alla
stregua dell'art. 9 cod. proc. pen., secondo cui, se la competenza non può essere determinata in base al luogo in
cui il reato sia stato consumato, è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui sia avvenuta una parte dell'azione
o dell'omissione. Ne consegue che, se il veicolo oggetto di accertamento abbia percorso un tratto di strada
compreso tra due Comuni limitrofi, la competenza territoriale spetta al giudice di pace del luogo dove è situata la
porta di uscita del sistema di controllo.
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Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5252 del 04/03/2011 Presidente: Schettino O. Estensore: Carrato A. Relatore:
Carrato A. P.M. Scardaccione EV. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative pecuniarie, la L. n. 689 del 1981, art. 8, prevede il cumulo cosiddetto
"giuridico" delle sanzioni per le sole ipotesi di concorso formale, omogeneo od eterogeneo, di violazioni, ossia
nelle ipotesi di più violazioni commesse con un'unica azione ad omissione; non lo prevede, invece, nel caso di
molteplici violazioni commesse con una pluralità di condotte. In tale ultima ipotesi non è applicabile per analogia
la normativa in materia di continuazione dettata per i reati dall'art. 81 c.p., sia perché la menzionata L. n. 689 del
1981, art. 8, al comma 2, prevede una simile disciplina solo per le suddette violazioni in materia di previdenza e
assistenza obbligatoria (evidenziandosi così l'intento del legislatore di non estendere detta disciplina ad altri illeciti
amministrativi), sia perché la differenza qualitativa tra illecito penale e illecito amministrativo non consente che
attraverso l'interpretazione analogica le norme di favore previste in materia penale possano essere estese alla
materia degli illeciti amministrativi.
Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 26434 del 16/12/2014 Presidente: Petitti S. Estensore: D'Ascola P. Relatore:
D'Ascola P. (Conf.)
In tema di sanzioni amministrative, allorché siano poste in essere inequivocabilmente più condotte realizzatrici
della medesima violazione, non è applicabile in via analogica l'istituto della continuazione di cui all'art. 81,
secondo comma, cod. pen., ma esclusivamente quello del concorso formale, in quanto espressamente previsto
dall'art. 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il quale richiede l'unicità dell'azione od omissione produttiva della
pluralità di violazioni. La disciplina stabilita dal citato art. 8 non subisce deroghe neppure in base alla successiva
previsione di cui all'art. 8-bis della medesima legge, che, salve le ipotesi eccezionali del secondo comma, ha
escluso, sussistendo determinati presupposti, la computabilità delle violazioni amministrative successive alla prima
solo al fine di rendere inoperanti le ulteriori conseguenze sanzionatorie della reiterazione.
Giudice di Pace Ariano Irpino, 26/05/2009
Il tutor è una apparecchiatura che non consente l’individuazione del luogo preciso della rilevazione il cittadino non
viene posto in grado di difendersi innanzi al suo giudice naturale e considerata, altresì, la sua veste di
consumatore, l’alternativa più favorevole è il ricorso al giudice del comune di residenza, foro peraltro previsto dal
Codice del Consumo.
Giudice di Pace di Tagliacozzo Sentenza n.34 del 26/02/2010
Il sistema di rilevazione che caratterizza l'apparecchiatura SICVE, o Safety tutor, non permetta di individuare con
esattezza la località ove la violazione sia stata commessa e, conseguentemente, non consenta di determinare la
competenza territoriale della Autorità Giudiziaria davanti alla quale proporre ricorso per la eventuale
contestazione del verbale”.Giudice di Pace di Viterbo Sentenza n. 3641 del 15/10/2008
La rilevazione con apparecchiatura Tutor non consente di conoscere il luogo esatto della violazione (superamento
limite di velocità), quindi va applicato il principio, del resto ormai accettato da normativa europea in tutti gli altri
campi, che la competenza sia del giudice di residenza del consumatore (rectius trasgressore), in quanto in questa
sede è avvenuta la notifica del provvedimento da impugnare; ogni diversa applicazione prevista dalla vecchia
689/81 è certamente viziata per lesione del cittadino al costituzionale diritto di facile accesso alla giurisdizione
(obiter dictum).
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23881 del 15/11/2011 Presidente: Petitti Relatore: Parziale
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STRUTTURA TERRITORIALE DI FORMAZIONE DECENTRATA DEL DISTRETTO DI MILANO
Renato Amoroso, Giuseppe Buffone, Giuseppe Cernuto, Filippo D’Aquino, Fabrizio D’Arcangelo, Francesca Fiecconi,
Maria Grazia Fiori, Federico Vincenzo Amedeo Rolfi, Adriano Scudieri
In ipotesi di violazioni multiple, di competenza di giudici di pace diversi, perché commesse in luoghi diversi,
ciascuno dei quali rientranti nella competenza di diversi uffici, il giudice di pace investito dell’opposizione avverso
tutti i verbali in questione, in relazione a ciascuno dei quali sussiste la propria incompetenza territoriale, deve
emettere sentenza convocando le parti e non già un decreto di inammissibilità inaudita altera parte.
Ministero dell'Interno - Circolare n. 5 prot.M/2413/28 del 14 febbraio 2007
Oggetto: Sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada. Individuazione della competenza
territoriale del Prefetto e del Giudice di Pace a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione per la
violazione dell’art. 180, comma 8, del CdS.
Sono state segnalate, da parte di alcune Prefetture, incertezze e difficoltà in ordine alla individuazione del Prefetto
e/o del Giudice di Pace territorialmente competenti a decidere i ricorsi proposti avverso i sommari processi verbali
di contestazione della violazione dell’art. 180, comma 8, CdS., violazione richiamata espressamente dall’art. 126
bis, comma 2 dello stesso Codice. Si ritiene utile, al riguardo, porre l’attenzione su taluni indirizzi esegetici,
emersi anche in ambito giurisprudenziale, ai quali uniformarsi nell’applicazione delle disposizioni di cui sopra.
Come è noto, ai sensi dell’art. 180 comma 8, CdS, chiunque, senza giustificato motivo, non ottemperi all’invito
dell’Autorità di presentarsi entro il termine stabilito dall’invito medesimo, ad uffici di Polizia per fornire
informazioni o esibire documenti ai fini dell’accertamento delle violazioni amministrative in materia di circolazione
stradale, è soggetta al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria nonché all’applicazione, da parte
dell’ufficio dal quale dipende l’organo accertatore, della sanzione prevista per la mancanza del documento da
presentare. Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 126 bis, comma 2, CdS, in caso di mancata identificazione
del responsabile di una violazione che comporti la decurtazione del punteggio attribuito alla patente di guida,
l’organo accertatore deve darne notizia al proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro 30
giorni dalla richiesta, all’organo di Polizia che procede, i dati personali e della patente dell’effettivo conducente al
momento della commessa violazione; se il proprietario del veicolo omette di fornirli, si applica a suo carico la
sanzione prevista dall’art. 180, comma 8, CdS. Gli artt. 203 e 204 bis CdS, come pure l’art. 22 L.24 novembre
1981, n. 689, ravvisano, in generale, l’organo territorialmente competente a decidere i ricorsi, amministrativi e
giurisdizionali , avverso i verbali di contestazione degli illeciti amministrativi, rispettivamente, nel Prefetto e nel
Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione. Pertanto, per giungere ad una corretta soluzione
del problema ermeneutico sopra prospettato, occorre individuare, innanzi tutto, il luogo in cui è posta in essere la
condotta illecita specificamente contemplata dall’art. 180, comma 8, CdS. In effetti, la mancata comunicazione
delle generalità del trasgressore, di cui al combinato disposto dell’art. 126 bis, comma 2 e dell’art. 180, comma
8, CdS, concretizza , senza dubbio alcuno, una condotta illecita di natura omissiva, che può essere realizzata,
come tale, oltre che nella stessa località in cui è stata commessa la violazione originaria, anche in un luogo diverso
dalla prima. Infatti, qualora l’autore della predetta condotta risulti avere la propria residenza in una località
diversa da quella in cui si trovava quando ha commesso la violazione originaria, è in tale località che dovrà
essergli notificata la richiesta di informazioni e che, decorsi vanamente i 30 giorni dalla avvenuta notifica,si
perfezionerà l’illecito. Alla luce delle suesposte considerazioni, si ritiene, pertanto, che, al fine di fondare la
competenza del Prefetto e/o del Giudice di Pace cui proporre ricorso avverso la condotta omissiva tenuta
successivamente alla violazione contestata, il luogo della commissione di quest’ultima non possa assumere alcun
rilievo e che debba, piuttosto, farsi riferimento al luogo di residenza dell’interessato. Si pregano le SS.LL. di voler
tener conto delle enunciazioni esplicative sopra formulate, basate anche su recenti pronunce giurisdizionali, e si
resta a disposizione per ogni eventuale, ulteriore chiarimento.
Cass.Sez. 2, Ordinanza n. 17580 del 09/08/2007 Presidente: Settimj G. Estensore: Bertuzzi M. Relatore:
Bertuzzi M. P.M. Russo RG. (Conf.)
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Renato Amoroso, Giuseppe Buffone, Giuseppe Cernuto, Filippo D’Aquino, Fabrizio D’Arcangelo, Francesca Fiecconi,
Maria Grazia Fiori, Federico Vincenzo Amedeo Rolfi, Adriano Scudieri
È territorialmente competente a decidere l'opposizione avverso il verbale di contestazione della violazione
dell'articolo 126 bis, comma secondo, cod. strada - sanzionante il proprietario del veicolo che senza giustificato
motivo non comunichi nel termine previsto le generalità del conducente al momento della commessa infrazione - il
giudice del luogo dove ha sede l'organo di polizia procedente, giacchè l'infrazione si consuma nel luogo in cui
avrebbe dovuto pervenire la comunicazione che è stata omessa. (Nella specie il Giudice di Pace di Viareggio, con
ordinanza del 9 novembre 2006, aveva sollevato di ufficio regolamento di competenza avverso il decreto dell'8
maggio 2006 del Giudice di Pace di Lucca che lo aveva indicato competente e la S.C. ha dichiarato la competenza
del Giudice di Pace di Lucca, dove aveva sede la Sezione di Polizia stradale procedente).
Cass. Sez. 2 Sentenza n.18670 del 13/08/2010 – Pres. Settimj – Rel. Parziale
Spetta al giudice del luogo dove ha sede l’organo di polizia che ha accertato una infrazione alle norme del Codice
della Strada, la competenza a pronunciarsi sul ricorso avverso il provvedimento con il quale è stato sanzionato il
proprietario del veicolo che, senza giustificato motivo, non abbia adempiuto all’obbligo di comunicare, nel termine
previsto dalla legge, le generalità del soggetto che era alla guida al momento della commessa infrazione. La
violazione dell’obbligo di cui all’art. 126 bis c.s., comma 2, deve, infatti, ritenersi consumata nel luogo in cui
avrebbe dovuto pervenire la comunicazione che è stata omessa.
Cass.Sez. 6, Ordinanza n. 26184 del 21/11/2013 Presidente: Piccialli - Rel.Petitti
E’ territorialmente competente a decidere l'opposizione avverso il verbale di contestazione della violazione
dell'articolo 126 bis, comma secondo, cod. strada - sanzionante il proprietario del veicolo che senza giustificato
motivo non comunichi nel termine previsto le generalità del conducente al momento della commessa infrazione - il
giudice del luogo dove ha sede l'organo di polizia procedente, giacché l'infrazione si consuma nel luogo in cui
avrebbe dovuto pervenire la comunicazione che è stata omessa
Cass.Sez. 6, Ordinanza n. 24757 del 23/11/2011
L'art. 126 - bis secondo comma del codice della strada sanziona il comportamento del proprietario del veicolo che
senza giustificato motivo non ottempera, entro il termine ivi previsto, alla comunicazione all'organo di polizia
procedente dell'identità del conducente dell'autoveicolo al momento della pregressa violazione, sicchè l'infrazione
si consuma nel luogo in cui sarebbe dovuta pervenire la comunicazione che è stata omessa, vale a dire nel luogo in
cui ha sede il detto organo di polizia procedente.
Ministero
dell'interno
Circolare
n.16
prot.M/2413/28
del
02/04/2007
Oggetto: Sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada. Individuazione della competenza
territoriale del Prefetto e del Giudice di Pace a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione per la
violazione dell'art. 180, comma 8, del C.d.S. Chiarimenti alla Circolare 14 febbraio 2007.n.5.
Sono stati segnalati, da più parti, dubbi e perplessità in ordine all'orientamento fornito da questa Direzione
Centrale con Circolare n. 5 del 14 febbraio 2007, per quel che concerne i criteri di individuazione dell'Autorità cui
proporre ricorso avverso la condotta omissiva di cui all'art. 180, comma 8, C.d.S., richiamata dall'art. 126 bis,
comma 2, dello stesso Codice. Si è osservato, in primo luogo, che, al di là di qualsiasi valutazione giuridica,
l'attribuzione di competenza all'autorità amministrativa o giudiziaria del luogo in cui risiede il trasgressore
determinerebbe difficoltà di gestione del contenzioso giurisdizionale, dal momento che le Prefetture potrebbero
essere chiamate a resistere in giudizio avverso i verbali redatti da Uffici di polizia anche assai lontani. Vengono
ipotizzati, inoltre, dei problemi anche per gli operatori che hanno redatto i verbali, in quanto, per effetto delle
sopraindicate disposizioni, gli stessi potrebbero anche essere chiamati a testimoniare nei giudizi di opposizione
davanti ad uffici giudiziari aventi la propria sede in località molto distanti da quella in cui essi operano
abitualmente. Infine, si manifesta il timore che l'indirizzo operativo fornito dalla Circolare in questione,
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STRUTTURA TERRITORIALE DI FORMAZIONE DECENTRATA DEL DISTRETTO DI MILANO
Renato Amoroso, Giuseppe Buffone, Giuseppe Cernuto, Filippo D’Aquino, Fabrizio D’Arcangelo, Francesca Fiecconi,
Maria Grazia Fiori, Federico Vincenzo Amedeo Rolfi, Adriano Scudieri
riverberando i propri effetti su un rilevante numero di verbali già redatti e notificati, divenga fonte di una
pericolosa espansione del relativo contenzioso. Si evidenzia, al riguardo, che, sotto il profilo prettamente
giuridico, questo Dipartimento ha fondato il proprio orientamento sulla lettera degli artt. 203 e 204 bis C.d.S., i
quali - come pure ha rilevato, anche di recente, la giurisprudenza (ex plurimis, Corte di Cassazione, Sezione Civile
11, sent. n. 24876 del 23 novembre 2006 e Giudice di Pace Taranto 20/5/2004) - ravvisano l'organo
territorialmente competente a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione degli illeciti amministrativi in
materia di circolazione stradale nel Prefetto e nel Giudice di Pace del luogo in cui è stata effettivamente commessa
la violazione. Si rammenta che, ai sensi dell'art. 180, comma 8, C.d.S., chiunque, senza giustificato motivo, non
ottemperi all'invito dell'Autorità di presentarsi, entro il termine stabilito dall'invito medesimo, ad uffici dì Polizia
per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative in materia di
circolazione stradale, è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria nonché all'applicazione,
da parte dell'ufficio dal quale dipende l'organo accertatore, della sanzione prevista per la mancanza del documento
da presentare. Secondo quanto disposto dall'art. 126 bis, comma 2, C.d.S., in caso di mancata identificazione del
responsabile di una violazione che comporti la decurtazione del punteggio attribuito alla patente di guida, l'organo
accertatore deve darne notizia al proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro 30 giorni dalla
richiesta, all'organo di Polizia che procede, i dati personali e della patente dell'effettivo conducente al momento
della commessa violazione; se il proprietario del veicolo omette di fornirli, si applica a suo carico la sanzione
prevista dall'art. 180, comma 8, C.d.S. Poiché la mancata comunicazione delle generalità del trasgressore, di cui al
combinato disposto dell'art. 126 bis, comma 2 e dell'art. 180, comma 8, C.d.S., concretizza una condotta illecita di
natura omissiva che può essere realizzata, oltre che nella stessa località in cui è stata commessa la violazione
originaria, anche in un luogo diverso dalla prima, si è ritenuto - in assenza di indicazioni univoche da parte del
legislatore ed in presenza dì un panorama giurisprudenziale piuttosto variegato - che, al fine di fondare la
competenza dell'Autorità cui proporre ricorso avverso la condotta omissiva tenuta successivamente alla violazione
contestata, debba farsi riferimento al luogo di residenza dell'interessato, e ciò in coerenza con il principio di ordine
generale cristallizzato nell'art. 9 c.p.p., secondo cui, qualora la competenza del giudice non possa essere
determinata sulla base del luogo in cui l'illecito penale è stato consumato, deve ritenersi competente il giudice
dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione, e qualora il luogo sopra indicato non sia
noto, la competenza appartiene al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato. Tanto sopra
premesso, le osservazioni formulate appaiono tutt'altro che irrilevanti, ponendo esse l'accento su delicati profili di
ordine tecnico-operativo che l'opzione ermeneutica prescelta da questa Direzione Centrale è destinata ad
implicare. Ne deriva - nelle more di un contributo richiesto, sulla specifica problematica, all'Avvocatura Generale
dello Stato, volto anche a cogliere l'esatta interpretazione delle locuzioni "luogo della commessa violazione" e
"luogo in cui è stata commessa la violazione''' contenute,rispettivamente, nell'art. 203 e nell'art. 204 bis C.d.S.l'opportunità di continuare a seguire il previgente consolidato orientamento (anch'esso, in sostanza, confortato, a
livello generale, da alcune pronunce giurisprudenziali) secondo cui il luogo della commissione di un illecito
amministrativo coincide con il luogo in cui lo stesso è stato accertato. E' evidente, infatti, che, in termini tecnicooperativi, tale orientamento non può che riflettersi sul criterio di individuazione dell'autorità competente a ricevere
il ricorso o a giudicare della eventuale opposizione avverso i verbali di contestazione della violazione dell'art. 180,
comma 8, C.d.S., autorità che viene così a identificarsi con quella del luogo in cui ha sede l'Ufficio di polizia
presso il quale dovevano pervenire le informazioni o i documenti richiesti e che ha provveduto alla redazione del
relativo verbale. Sì pregano, pertanto, le SS.LL. di voler tener conto delle enunciazioni esplicative sopra
formulate, con riserva di far conoscere l'avviso che l'Avvocatura Generale dello Stato farà pervenire al riguardo.
Ministero dell’Interno Circolare n.21 prot.M/2413/13 del 23/04/2007
Oggetto: Sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada. Individuazione della competenza
territoriale del Prefetto e del Giudice di Pace a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione per la
violazione dell'art. 126,comma 2, del C.d.S.
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Si fa seguito alle Circolari del 14 febbraio 2007 n. 5, del 2 aprile 2007 n. 16 e dell' 11 aprile 2007 n. 17, aventi ad
oggetto la problematica dell'individuazione della competenza territoriale del Prefetto e del Giudice di Pace a
decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione della violazione dell'art. 126 comma 2, del C.d.S. Per la
soluzione di tale problematica, questo Ministero aveva richiesto il contributo chiarificatore dell'Avvocatura
Generale dello Stato, la quale ha espresso, di recente, il proprio parere in merito alla questione. In particolare, ad
avviso del citato Organo consultivo, "il luogo di commissione della violazione dell'art. 126-bis, comma 2, del
Cd.s. (luogo in cui, ai sensi degli artt. 203 e 204-bis dello stesso codice della strada, si radica la competenza del
Prefetto e del Giudice di Pace a conoscere rispettivamente dei ricorsi amministrativi e di quelli giurisdizionali,
proposti avverso i verbali di contestazione della predetta violazione) è quello della sede dell' "organo di polizia che
procede" e non quello di residenza del soggetto, onerato dalla predetta norma di fornire i dati del conducente che
ha commesso l'infrazione al codice della strada". Ne consegue che il Prefetto e il Giudice di Pace territorialmente
competenti a conoscere, rispettivamente, dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali proposti avverso i verbali di
contestazione per la violazione dell'art. 126-bis, comma 2, del C.d.S., sono da individuare nel Prefetto e nel
Giudice di Pace del luogo in cui ha sede l'organo di Polizia che ha dato inizio al procedimento sanzionatorio con la
notifica del verbale di contestazione della violazione originaria ed al quale è attribuita la competenza ad accertare
e contestare anche la violazione dello stesso art.126-bis,comma 2, del C.d.S.. L'Avvocatura Generale dello Stato
evidenzia, inoltre, che la nuova formulazione della citata disposizione attribuisce all'organo di Polizia che procede
anche "il compito di verificare (accertare) se la predetta violazione si sia, o meno, concretata ovvero se l'omessa
comunicazione dei dati identificativi del conducente, responsabile dell'infrazione, sia stata, o meno, determinata da
un giustificato e documentato motivo". Si pregano le SS.LL. di voler tener conto delle enunciazioni esplicative
autorevolmente formulate dall'Avvocatura Generale dello Stato, rispetto alle quali questo Ministero ritiene
necessario uniformarsi, e si resta a disposizione per ogni eventuale, ulteriore chiarimento.
Cass. Sez. 2 sentenza n.19755 del 27/09/2011 Presidente Settimj R. Estensore: Giusti - P.M. Sgroi (Conf.)
Rientra nei compiti della polizia municipale l'accertamento delle infrazioni al codice della strada consumate nel
territorio comunale, anche se su tracciati appartenenti ad enti diversi, atteso che l'art. 11, terzo comma, cod. str. che demanda al Ministero dell'interno i servizi di polizia stradale, con la sola salvezza delle attribuzioni dei comuni
per quanto concerne i centri abitati - attiene alla direzione e predisposizione di tali servizi, nonché al loro
coordinamento, ma non alla delimitazione delle competenze della polizia municipale, che è regolata dagli artt. 3, 4,
primo comma, n. 3, e 5 della legge 3 luglio 1986, n. 65 con riferimento all'intero territorio dell'ente di
appartenenza.
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3019 del 01/03/2002 Presidente: De Musis R. Estensore: Felicetti F. P.M. Uccella
F. (Conf.)
Rientra nei compiti della polizia municipale l'accertamento delle infrazioni al codice della strada consumate nel
territorio comunale, anche se fuori del centro abitato, atteso che l'art. 11, terzo comma, cod. str. - che demanda al
Ministero dell'interno i servizi di polizia stradale, con la sola salvezza delle attribuzioni dei comuni per quanto
concerne i centri abitati - attiene alla direzione e predisposizione di tali servizi, nonché al loro coordinamento, ma
non alla delimitazione delle competenze della polizia municipale, che è regolata dagli artt. 3, 4, primo comma, n.
3, e 5 della legge 3 luglio 1986, n. 65 con riferimento all'intero territorio dell'ente di appartenenza.
Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11183 del 22/08/2001 Presidente: Reale P. Estensore: Cappuccio G. P.M. Uccella
F. (Conf.)
Rientra nei compiti della polizia municipale, e non necessita, perciò, dell'autorizzazione del Prefetto,
l'accertamento dell'infrazione al cod. strad. consumata in territorio comunale, anche se fuori del centro abitato,
poiché le disposizioni del C.S., che attribuiscono al Ministero dell'interno il potere di coordinamento dei servizi di
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polizia stradale non sottraggono le relative competenze ai comuni, ai quali sono attribuite, dall'art. 18 del d.P.R. n.
616 del 77, le funzioni relative alla materia della polizia locale urbana e rurale che si svolgono nell'ambito del
territorio comunale.
Ministero dell'Interno Circolare Prot.n.300/A/2/511901/110/26 del 4 marzo 2002
Oggetto:accertamenti di violazioni al codice della strada effettuati dal personale della Polizia Municipale libero dal
servizio
Si fa riferimento alla nota sopra indicata, con la quale codesta Associazione segnala verbalizzazioni di violazioni al
codice della strada effettuate dal personale della Polizia Municipale libero dal servizio.
In proposito si fa presente che, ai sensi dell’articolo 12 cds ed in linea con le disposizioni della legge quadro che
ha riformato la Polizia Municipale, gli appartenenti ai suddetti corpi o servizi hanno oggi come unico limite alla
propria attività quella del territorio del comune da cui dipendono, senza escludere …. (omissis)… la possibilità di
convenzioni tra comuni limitrofi al fine di svolgere funzioni e servizi lungo le strade che segnano confine tra i due
comuni. Il personale della Polizia Municipale, pertanto, può espletare tutte le funzioni di polizia stradale anche al
di fuori del servizio comandato. …. (omissis)..
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5771 del 03/03/2008 Presidente: Pontorieri F. Estensore: Mazziotti Di Celso L.
Relatore: Mazziotti Di Celso L. P.M. Apice U. (Diff.)
Gli appartenenti alla polizia municipale, ai sensi dell'art. 57 cod. proc. pen. e 5 legge 3 luglio 1986 n. 65, hanno la
qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto nel territorio di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono
in servizio e ciò a differenza di altri corpi, quali la Polizia di Stato, i Carabinieri, la Guardia di finanza etc., i cui
appartenenti operano su tutto il territorio nazionale e sono sempre in servizio. I predetti, quindi, possono
accertare tutte le violazioni in materia di sanzioni amministrative e fra queste anche quelle relative alla circolazione
stradale purché si trovino nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza ed alla condizione che siano
effettivamente in servizio. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto dovesse considerarsi nullo il verbale di
contestazione di un'infrazione al codice della strada redatto da un vigile urbano che si trovava in comune diverso
da quello in cui operava con tale qualifica mentre, in abiti civili e fuori dal servizio di vigilanza, si trovava a bordo
della sua autovettura).
Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4018 del 21/02/2007 Presidente: Schettino O. Estensore: Trombetta F. Relatore:
Trombetta F. P.M. Russo RG. (Conf.)
Avverso la cartella esattoriale emessa ai fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni
del codice della strada è configurabile come opposizione agli atti esecutivi l'impugnativa con la quale si deducano
vizi formali della cartella esattoriale, quali la mancata indicazione dei luoghi in cui si sono verificate le infrazioni al
C.d.S., nonché delle norme violate, con la conseguenza che, ai sensi degli artt. 617 c.1 e 480 c.3 cod. proc. civ., in
mancanza di specifica indicazione nella cartella, la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui la
cartella è stata notificata.
Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8704 del 15/04/2011 Presidente: Settimj G. Estensore: Parziale I. Relatore:
Parziale I. P.M. Pratis P. (Conf.)
Il giudice territorialmente competente per l'opposizione a cartella esattoriale, derivante dal mancato pagamento di
una sanzione amministrativa pecuniaria, deve essere individuato secondo i criteri, di natura inderogabile, indicati
nell'art. 27 cod. proc. civ., trattandosi di un vero e proprio giudizio di opposizione all'esecuzione, incardinato ai
sensi dell'art. 615 cod. proc. civ. Ne consegue che, qualora la cartella esattoriale, del tutto equiparabile all'atto di
precetto, non contenga le indicazioni richieste dall'art. 480, terzo comma, cod. proc. civ., la competenza
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territoriale si radica nel luogo in cui la cartella esattoriale è stata notificata; né può assumere rilievo il foro della
commessa violazione qualora non sia in discussione la validità dell'accertamento, ma solo l'avvenuto pagamento
della relativa sanzione.
Ministero dell’Interno Circolare 03 settembre 2009
OGGETTO: Competenza territoriale per l'adozione della sanzione amministrativa accessoria sospensione della
patente di guida.
In considerazione di un siffatto dettato normativo, alcune Prefetture-UTG hanno ritenuto applicabile l'art. 129
C.d.S. che individua nel Prefetto del luogo di residenza dell'interessato l'organo amministrativo competente a
disporre la sospensione della patente di guida nei casi in cui non sia espressamente disciplinato dal Codice ed in tal
senso si era inizialmente espressa anche questa Direzione Centrale (nota n. 543 del 22.1.2008). Tale orientamento,
tuttavia, fornito, peraltro, in maniera succinta e dubitativa in risposta ad un singolo quesito, deve necessariamente
essere riconsiderato alla luce di criteri ermeneutici legati ad una lettura sistematica della disciplina codicistica,
nonché dei principi generali che disciplinano la competenza sanzionatoria in materia di illeciti amministrativi sulla
base del criterio del luogo della commessa violazione. Invero, a fronte di una possibile contrapposizione delle due
disposizioni - riconducibile verosimilmente ad un difetto di coordinamento nell'elaborazione dei rispettivi testi in
sede di formulazione del dettato normativo -, risulta coerente optare per una interpretazione estensiva dell'art. 218
C.d.S. in virtù della quale l'irrogazione del provvedimento sanzionatorio de quo spetta al Prefetto territorialmente
competente in relazione al luogo della commessa infrazione in tutti i casi in cui la sospensione del titolo abilitativo
alla guida costituisca sanzione accessoria conseguente all'accertamento di un illecito amministrativo. In tali casi,
infatti, oltre alle sopra evidenziate ragioni che inducono a superare il dato letterale dell'art. 129 e a far propendere
per un ampliamento della sfera di operatività dell'art. 218 C.d.S., si ritiene debba essere privilegiata una
interpretazione che tenga conto dell'unicità dell'attività di accertamento e dei correlativi profili sanzionatori, come
peraltro
da
consolidata
prassi.
Ne consegue che la competenza ad emettere il provvedimento di sospensione della patente deve attribuirsi al
Prefetto del luogo in cui è stato commesso il fatto sanzionato anche quando il documento non possa essere
materialmente ritirato al momento della rilevazione dell'illecito. Del resto, qualora si accedesse alla opposta tesi, si
potrebbero manifestare insanabili vizi di procedura. Contro il provvedimento di sospensione della patente, infatti,
sarebbe esperibile ricorso ad un giudice di pace diverso da quello al quale potrebbe essere presentata opposizione
nel merito dell'accertamento stesso, con il rischio della formazione di due diversi, ed eventualmente confliggenti,
giudicati sul medesimo fatto. Il che risulterebbe palesemente abnorme sotto il profilo giuridico.
Atteso quanto esposto, superando ogni diversa indicazione in passato fornita, si ritiene, d'intesa con il
Dipartimento della Pubblica Sicurezza, che nei casi sopraindicati, competente ad adottare il provvedimento della
sospensione della patente del trasgressore sia il Prefetto del luogo in cui è stato commesso il fatto, al quale,
secondo le indicazioni dell'art. 218 C.d.S., gli organi di polizia stradale che hanno accertato la violazione debbono
trasmettere tempestivamente copia del verbale.
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