Ricordi di antiguerra di - La Valle dell`Alli
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Ricordi di antiguerra di - La Valle dell`Alli
Ricordi di antiguerra A cura di Vero Attilio Nei primi trenta anni del secolo il comune di Sorbo S. Basile è retto, quasi ininterrottamente, con un intervallo di un paio di anni da parte del Sindaco Infelise Mario, dal Sig. Leonardo Ursetta, prima per un ventennio in qualità di Sindaco regolarmente eletto e dopo, a seguito dello scioglimento dei consigli comunali e dell’annullamento delle libertà politiche da parte del regime fascista, per altri 5 anni tra il 1926 ed il 1931 in qualità di Podestà per nomina governativa, cioè direttamente dal prefetto quale rappresentante del Governo Centrale. La lunga durata in carica del Sindaco Ursetta probabilmente è dovuta, non tanto alle sue qualità amministrative, uomo buono ma non nobile e di poca cultura, quanto allo scarso numero degli elettori ( votavano allora soltanto gli uomini in possesso di un censo, cioè provvisti di un reddito immobiliare o professionale e che dimostravano di saper leggere e scrivere) e alle arrendevolezze della persona verso i signorotti e i piazzaioli del tempo, che lo sostenevano non solo nel periodo elettorale, ma anche in Giunta e nelle Commissioni, tra cui i Mirabelli, gli altri Ursetta, i Vero e gli Scalise. Stessa cosa si può dire per l’appoggio avuto presso le Autorità Governative fasciste nei suoi 5 anni di incarico podestarile di transazione del regime democratico a quello fascista, sempre più autoritario, illiberale e poliziesco. Da notare, inoltre, che per lungo tempo anche la segreteria comunale, e comunque per quasi tutto il periodo del sindacato Ursetta, cosa non di poco, è retta da un altro segretario comunale, don Ferdinando Capillupi, cognato del conterraneo e contemporaneo segretario comunale del limitrofo comune di Fossato Serralta Sig. De Seta, facendo così dei due comuni un gemellaggio amministrativo. Ne è prova anche la nomina ad applicata di segreteria della figlia del segretario Capillupi signora Bettina, brava e diligente impiegata, rimanendo in servizio del municipio di Sorbo per circa 40 anni della sua giovanissima età fino alla fine della sua carriera avvenuta nel 1950. Consolidatosi il regime fascista nel 1931 viene nominato il primo commissario prefettizio di marca fascista nella persona dell’avv. Onorario Domenico Gironda Veraldi, da Taverna, seguito, negli anni 19321933 e gli inizi del 1934 dal più amato commissario prefettizio Farmacista don Peppino Piterà, pure da Taverna. Intanto, alla fine degli anni 20, sotto il periodo podestarile di Leonardo Ursetta si ricostruisce ed ampia il cimitero nel luogo dove attualmente si trova( nel secolo precedente il camposanto era il località Marullo) con i fondi ricavati dalla vendita al Demanio dello Stato del vasto bosco comunale. Il Principe Cariglione, agli inizi degli anni 30 crollano i pavimenti e le scale del vecchio municipio di Via Marconi, dove erano sistemate anche le scuole elementari. Le scuole ( le prime quattro classi elementari dirette allora dai maestri coniugi Vero) vengono dislocate in due case private e l’ Ufficio Municipale sistemato provvisoriamente in due stanze a piano terra alla fine di via Cavour, ai piedi del paese, al di là della strada nazionale ( casa Marcellino). Gran parte del carteggio dell’archivio viene distrutto e semi distrutti si estraggono dalle macerie i registri dello Stato Civile, tanto da dover ricorrere, per le rettifiche e gli aggiustamenti degli atti, alla lettura delle copie depositate in Tribunale. Si pensa subito alla ricostruzione della vecchia casa comunale, ma i lavori, fatti alla meno peggio, vengono solo ultimati nell’estate del 1934; sicché, con l’inizio dell’anno scolastico 1934/35 scuole e uffici municipali ritornano alla vecchia ricostruita Sede in via Marconi, un tempo casa di una nobile famiglia. Con l’inizio dell’anno scolastico 1931/32 inizia a funzionare la prima scuola dell’infanzia, ora scuola materna, nei locali della casa donata allo scopo all’Ente Comunale di Assistenza( ex Congregazione di Carità) da don Federico Carrapetta, medico ginecologo locale e noto confondatore e benefattore dell’Ospedale Civile di Catanzaro, donde la denominazione di “Asilo Infantile Federico Carrapetta”. Detta scuola per l’infanzia viene diretta per 11 anni da una brava e valente maestra l’Ins. Elementare signorina Russo da Catanzaro, che se bene mal pagata e mai assicurata all’Ente gestore (E.C.A) o dal Comune, lascia l’incarico nel 1942, quando trovandosi tutti i giovani maestri nei fronti di combattimento lascia l’insegnamento della scuola materna per passare definitivamente, fino alla fine della sua carriera, a quello della scuola primaria. Sostituiscono la signorina Russo a partire da detto anno nell’insegnamento per la scuola dell’infanzia, le suore delle Poverelle, dell’Istituto Palazzolo di Bergamo, che si dedicano anche, con intenso amore, specialmente nei duri anni della guerra e del primo dopoguerra alla cura e alla liturgia della Parrocchia, Alla assistenza degli ammalati e all’educazione religiosa e professionale della Gioventù Femminile. Dal 1934 al 1941 il Comune di Sorbo, con un intervallo di qualche anno di reggenza commissariale da parte del fratello Francesco Serafino, tra il 1936 e il 1937, retto dal podestà Vero Carmine Antonio, sempre per nomina prefettizia, insegnante elementare del luogo ed affermato maestro. Questi si dimette volontariamente e definitivamente nel novembre del 1941 da podestà per incompatibilità di carica, essendo stato nominato segretario comunale, essendo stato nominato segretario comunale nello stesso comune il figlio Aldo. Al suo posto viene nominato commissario prefettizio il Sig. Munizza Giuseppe, del luogo, che rimane in carica fino alla fine del 1943, avendo così l’onore di gestire il Comune nel periodo più caldo della guerra, con i conseguenti avvenimenti della caduta del regime fascista dopo l’arresto di Mussolini del 25 luglio 1943, dei bombardamenti a più riprese della vicina città di Catanzaro nel successivo mese di Agosto sotto il governo militare Badoglio da parte degli aerei anglo-americani, dell’accoglimento e sistemazione alla meglio degli sfollati catanzaresi che, oltre ad avere subito perdite umane, avevano perduto case ed averi per l’arrivo delle truppe alleate dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943. Ritornando al periodo podestarile di Vero Carmine Antonio v’è da annotare quanto segue: il 22 Aprile 1940 muore, ancora non vecchio, a 67 anni di età, dopo 44 anni di titolarità parrocchiale e di attività sacerdotale, il più amato e stimato parroco locale di tutti i tempi, il pio reverendo don Giuseppe Vero, fratello del podestà in carica Carmine Antonio, le cui spoglie sono tumulate ancora nella chiesetta del locale cimitero, dove è visibile la sua effigie. Ha la reggenza provvisoria della parrocchia per un paio di mesi l’ancor giovane sacerdote don Francesco Mercurio, titolare della vicina piccola parrocchia di Savuci frazione di Fossato Serralta; ma il 27 giugno dello stesso anno viene a prendere possesso della parrocchia sorbese, quale vincitore di concorso o per chiamata vescovile diretta il Reverendo don Silvio Liarò già parroco di San Giovanni d’Albi. Nonostante questi sia accompagnato, in rappresentanza della Curia Arcivescovile dal compaesano don Domenico Vero, giovane professore di Lettere in seminario, la popolazione si solleva, impedendo l’ingresso in Chiesa del Liarò,per favorire la permanenza del predetto do Mercurio nella speranza di poterlo avere parroco titolare. Le più accese sono le donne, tenendosi gli uomini in disparte per evitare conseguenze penali, tanto più che da 17 giorni, il 10 Giugno 1940, l’Italia era entrata in fuerra accanto alla Germania contro gli eserciti anglo-francesi. Arrivano subito i Carabinieri di Taverna, poi altri della Legione ed Agenti della Questura. Segue l’arresto di un gruppo di donne, tra cui alcune innocenti; altre, insieme, a parecchi uomini si rifugiano nelle casette di campagna per sfuggire ad altri arresti. La popolazione se la prende col podestà per aver favorito l’intervento della Forza Pubblica e l’arresto delle donne, nonché della caccia agli uomini sospetti. La sommossa è sedata, ma la serrata contro il Liarò dura per tutta l’estate e l’autunno successivo. Di lui, rivelatosi poi un bravo ed intelligente sacerdote, si inventano bizzarre storie, tra cui quella di svitare o tagliare la testa ai santi. Ciò per un fatto curioso. Nella vicina parrocchia di S, Giovanni d’Albi i fedeli erano divisi, e lo sono tutt’ora anche se in forma meno accesa, in due gruppi opposti detti congregazioni: i fedeli e devoti della Madonna del Rosario e quelli della Madonna del Carmine. Il Liarò, parroco titolare di quella parrocchia per alcuni anni prima di venire a Sorbo, allo scopo di evitare i frequenti e odiosi litigi tra congregati, che frequentavano cappelle separate ed usavano fare stipendiose feste separate per le due Madonne, un bel giorno a pensato di unire le due statue sacre; ha posto la testa di una Madonna sul busto dell’altra in modo da farne un corpo unico, con il busto di una e la testa dell’altra, al fine di a dorare e venerare una sola immagine. Apriti cielo! Anche lì i due gruppi si sollevano ed il povero prete don Liarò ne fa le spese fino ad arrivare la voce di essere un taglia santi a Sorbo San Basile. Qui, inoltre, viene mantenuto vivo il ricordo della sommossa del 27 giugno. Dell’arresto delle donne, della caccia agli uomini rifugiatisi nelle campagne e le distanze continue tra il nuovo prete don Liarò e la famiglia dell’ormai odiata podestà in carica. S’inventa e si canta, sulla melodia della canzone fascista “Faccetta nera”, la nota canzone popolare i cui primi veri, con ritornello, sono i seguenti: “il ventisette giugno di mattina Si videro carabinieri e questurini, cosa nuova per il nostro paese, per un diverbio della Madre Chiesa (ritornello) Per una famiglia che ci ha ingannati Tutto il paese si è ritrovato rovinato; evviva Iddio e via il Duce il nostro amico è il prete di Savuci”. Da notare, a questo punto, che anche 44 anni prima, alla fine del secolo scorso, nel 1896, Sindaco in carica don Saverio Carrapetta, v’è stata in Sorbo San Basile una sommossa simile, forse più violenta e con la partecipazione in massa di uomini e donne, per fortuna senza arresti, per la caccata forzata del parroco del tempo non locale, e la concessione della titolarità della parrocchia al neo sacerdote locale don Giuseppe Vero, di cui si è narrato prima, cosa che la Curia Arcivescovile fu costretta a fare. Allora però il Sindaco Carrapetta era piuttosto favorevole per la permanenza del parroco uscente, anche se non locale, ma fu costretto a fare marcia indietro per non attirarsi l’ira della popolazione. Merito tuttavia del podestà Vero Carmine Antonio fu la sua onestà nell’amministrare la cosa pubblica, di tenere ordine nel paese e di avviare alcune pratiche di lavori poi non realizzati per il sopraggiungere della guerra. Educatore, poi, di tante generazioni, assieme alla moglie Antonini, anche lei brava maestra elementare morta purtroppo in giovane età, nel 1941, ed il figlio Bernardo (anche lui morto tragicamente a 36 anni di età, nel 1952, nella sciagura ferroviaria del tratto Vibi città. Vibo Marina mentre si recava in servizio). Vero Carmine Antonio ha il merito anche di avere mantenuto vivo il folklore locale, soprattutto con la frequente rappresentazione della Tragedia di Gesù Cristo (rappresentazione della Passione e Morte di Gesù) ed anni alterni il Venerdì Santo, di cui ne era organizzatore e reggente. In quanto a Vero Francesco Serafino, che aveva sostituito il fratello podestà Carmine Antonio per qualche anno in qualità di commissario prefettizio tra il 1936/1937, si deve dire che più volte era stato anche consigliere ed assessore sotto il lungo periodo sindacale del sig. Leonardo Ursetta. Alla fine del 1943, con l’arrivo delle Truppe alleate anglo-americane, la stabilizzazione del Governo italiano legale a Salerno e il ritiro delle truppe tedesche oltre il Volturno lungo la linea di Cassino- Gaeta, intendendo di fare un po’ di pulizia tra gli amministratori locali, che in un certo senso avevano collaborato od erano stati compromessi col regime fascista, viene nominato Sindaco, per decreto governativo, in sostituzione del sopra menzionato commissario prefettizio Munizza Giuseppe e che aveva gestito l’amministrazione comunale negli anni duri della guerra, il Sig. Francesco Ursetta, anche lui da Taverna ma considerato cittadino sorbese a tutti gli effetti per avere di fatto la sua residenza quasi permanente nel territorio di Sorbo quale proprietario e conduttore diretto di due aziende agricole. Questi, però, si dimette volontariamente dopo alcun mesi, probabilmente per dissensi od incomprensibilità con gli impiegati comunali, e al suo posto viene nominato Sindaco, sempre per decreto governativo su una terna di nomi segnalati dalla stazione dei Carabinieri, il sig. Armando Pantano. Viene creata anche la prima Giunta Municipale del dopoguerra, o se vogliamo post-fascismo considerando che la guerra continuava nel centro e nel settentrione d’Italia per l’occupazione e la resistenza tedesca, i cui due primi assessori sono: Antonio Cortese e Francesco Tamburelli. Pantano Armando rimane in carica fio agli inizi del 1946, facendo del suo meglio in quegli anni difficili, collaborato agli inizi dal segretario comunale Aldo Vero e dopo, nominato quest’ultimo cancelliere per concorso presso il Tribunale di Catanzaro, dal segretario comunale geom. Gaetano Romagnini. Sotto il periodo sindacale di Pantano Armando ritornano intanto nelle loro case dai vari fronti o zone di guerra i nostri reduci e combattenti, finché agli inizi della primavera del 1946 vengono indette le prime elezioni libere a suffragio universale (per la prima volta viene concesso il diritto di voto anche alle donne e abolito per tutti la dimostrazione di un reddito o di saper leggere e scrivere) viene eletto democraticamente dal popolo il primo Consiglio Comunale del dopoguerra e da questo il Primo Cittadino e la nuova Giunta democratica, viene eletto con un lista di minoranza e deve cedere il posto ad altri Sindaci. La lenta ripresa democratica sorbese L’Italia è liberata da circa un anno, cioè dal 25 aprile 1945 quando l’esercito tedesco si arrende agli alleati per ritirarsi in Germania e avviene la sollevazione partigiana. Anche in Europa e nel mondo la guerra è finita da poco meno di un anno e si pensa alla ripresa morale, alla riconciliazione degli spiriti e alla ricostruzione del paese. Il 2 giugno del 1946 il popolo italiano è chiamato alle urne per esprimersi sul nuovo assetto istituzionale ed eleggere l’Assemblea Parlamentare Costituente per la formazione delle nuove leggi democratiche e la compilazione della nuova Carta Costituzionale dell’Italia democratica e repubblicana. A Sorbo S. Basile, tuttavia, come forse in altri piccoli comuni, la democrazia stenta a decollare. Il primo Sindaco eletto con le elezioni a suffraggio universale del febbraio-marzo 1946, nella persona del sig. Salvatore Francesco Capellupo o Capellupi è costretto a dimettersi, dopo pochi mesi dalla sua elezione, per ltiti e dissensi tra i consiglieri comunali e i membri della Giunta, nonostante egli godesse fama di onestà e prestigio amministrativo per essere stato più volte onesto e fattivo consigliere di minoranza ai tempi del Sindaco Leonardo Ursetta negli anni ’20 e tanti anni onesto, pacifico e diligente giudice conciliatore. Al suo posto viene eletto dal Consiglio Comunale nuovo Sindaco il sig. Giuseppe Munizza, già noto per essere stato onesto e provato commissario prefettizio, come si è detto dal novembre 1941 alla fine del 1943; ma anche questi dura poco, meno di un anno, per dimissioni volontarie non sopportando le volgarità e i litigi dei consiglieri e le pretese dei componenti della Giunta. Viene eletto il terzo Sindaco nella persona del sig. Scalise Francesco, che è coadiuvato dall’assessore anziano Cardamone Gaspare, già segretario politico per qualche tempo della locale sezione fascista a metà degli anni ’30. Tuttavia, anche questo terzo sindaco decade nell’estate del 1948, nonostante vi sia stata una forte affermazione in campo nazionale della Democrazie Cristiana contro i partiti di sinistra con le elezioni politiche del 18 aprile, e con lui anche la Giunta Municipale, per avvenuto scioglimento del Consiglio Comunale a seguito delle dimissioni della maggior parte dei consiglieri. Così, nell’agosto dello stesso anno, viene nominato commissario prefettizio il sig. Donnemma Orlando, che dura in carica per l’ordinaria amministrazione, fino al rinnovo del Consiglio Comunale, le cui elezioni avvengono nel gennaio del 1949, per fortuna questa volta senza lotta, potendo concordare, per le delusioni avute nel precedente consiglio, al momento della presentazione delle candidature, u unico elenco di 15 candidati a consiglieri, tanti quanti ne potevano essere eletti, di cui 12 in rappresentanza della lista di maggioranza e tre in rappresentanza di una formale lista di minoranza. Capolista e candidato a Sindaco è il sig. Giuseppe Frustaci, da poco ritornato in paese dopo tanti anni di emigrazione negli Stati Uniti d’America.