intervista a Sandro Gozi di Massimo Preziuso (su L`Unità)

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intervista a Sandro Gozi di Massimo Preziuso (su L`Unità)
Rinnovamenti BRICS: intervista a Sandro Gozi
di Massimo Preziuso (su L’Unità)
Intervista a Sandro Gozi, responsabile politiche europee del Partito Democratico e del
comitato parlamentare Italia – India
Ciao Sandro.
All’interno del progetto Innovatori Europei BRICS, abbiamo voluto intervistarti perchè sei la
persona più adatta con cui parlare di politiche innovative per lo sviluppo delle relazioni del nostro
Paese con questi luoghi dotati di straordinaria rapidità di cambiamento e opportunità.
1) Partiamo dalla fine: Non credi che il nostro Paese debba rovesciare il (falso) problema della
delocalizzazione delle nostre fabbriche e lo spostamento di investimenti verso i paese
emergenti e soprattutto BRICS, aiutando – soprattutto i giovani – a comprendere le enormi
opportunità che risiedono in tali luoghi? Non è il momento di una ondata di “emigrazione” di
cervelli italiani in Paesi come l’India, che possano poi diventare i nostri ponti per la creazione
di relazioni di ogni tipo (come avviene in Germania o Inghilterra tramite le istituzioni
universitarie)?
Quello della delocalizzazione delle nostre imprese all’estero è solo in parte un falso problema. Se
infatti si considera che il nostro paese continua a perdere posizioni nella classifica degli
“attrattori” di investimenti diretti esteri, la delocalizzazione delle imprese italiane all’estero si
traduce in un perdita di capitali, di occupazione e di prelievo fiscale, in molti casi. In secondo
luogo se è vero che i BRICS sono ormai paesi non più emergenti ma “emersi” pur tuttavia non
sono l’eldorado. Grandi possibilità, certo, ma anche grandi difficoltà sia per i lacci e laccioli della
burocrazia (India), sia per le difficoltà della crisi economica (Cina) e delle sue conseguenza, il
ritorno del protezionismo in particolare. Non dimentichiamo che se è vero che siamo ancora in una
fase di piena globalizzazione, nondimeno il fenomeno della deglobalizzazione, cioè il ritorno delle
imprese nei paesi di origine, si sta facendo consistente.
Sulla questione dell’emigrazione guidata, non sono d’accordo. Per una serie di ragioni.
Innanzitutto la parola “emigrazione” sa di fame e povertà. In secondo luogo mi ricorda due fasi
della storia italiana – quella post unitaria e quella del dopoguerra – quando per risolvere
l’instabilità del sud e la disoccupazione si favorì l’emigrazione. Per assurdo, è chiaro che facendo
emigrare tutti i disoccupati, si risolverebbe il problema in un lampo, ma questa scorciatoia non può
essere l’obiettivo di una politica seria e responsabili per il bene del Paese. Questo non significa
certo chiudere i confini del paese, ma fare in modo che la decisione dei giovani di andare
all’estero, o nei BRICS, nasca da una libera scelta più che da una stringente necessità. Per questo
sarei favorevole a sprovincializzare il Paese, ad avviare campagna di informazione su questo
grande fenomeno che è l’emersione dalle nuove potenze e ad aprire canali che possono facilitare
coloro che hanno deciso di cogliere le nuove opportunità presenti in questi mercati. Ma non mi
spingerei oltre.
2) Andando all’India, quali i settori di maggiore cooperazione? Secondo noi si dovrebbe
cominciare dallo sfruttare sull’ enorme apertura del loro settore retail e puntare poi su
Cultura, Moda, Tecnologie, Energia, Ingegneria e Meccanica – Manifattura, dove l’Italia
detiene un enorme vantaggio competitivo. Che ne pensi?
I paesi europei, nel complesso, hanno rappresentato il 19% delle importazioni indiane; fra questi il
3,6% proveniva dalla Germania e il 2,1% dal Belgio; Francia e Italia detenevano una quota pari a
1,5% e 1,3%, rispettivamente (Anno fiscale 2009-2010). Nello stesso arco temporale le esportazioni
indiane verso l’italiana rappresentano il 1,9% delle esportazioni complessive del paese (Olanda,
3,6; Regno Unito, 3,5; Germania 3%; Francia, 2,1)
“Sulla base dei dati Istat, nel primo semestre del 2010 le importazioni dall’India sono ammontate a
1,8 miliardi di euro, salendo del 19,4% rispetto al medesimo periodo del 2009, a fronte di una
crescita del 18% registrata da quelle complessive; cfr. Tavola 5; la quota di mercato delle merci
indiane nel nostro paese è pertanto salita leggermente all’1,03 per cento a quelle cinesi era invece
riconducibile il 6,8%. Le importazioni dall’India si compongono in primo luogo di prodotti
dell’industria tessile e dell’abbigliamento, con un’incidenza del 29%, seguiti dai mezzi di trasporto
13% e dai prodotti di base e metallo e quelli chimici rispettivamente 10,7% e 10,3%. Sempre sotto
il profilo merceologico, i mezzi di trasporto sono fra i prodotti per cui si registra il più sensibile
aumento nell’incidenza complessiva sulle nostre importazioni dall’India” (Fonte Ice MAE)
“La maggiore dinamicità delle economie emergenti si è riflessa nell’evoluzione ancora sostenuta
delle esportazioni italiane verso questi paesi. Quelle verso l’India, pari a 1,51 miliardi di euro,
hanno segnato un aumento del 23,3%, quasi doppio di quello registrato dalle nostre esportazioni
complessive 12,6%, e in linea con la dinamica segnata nei confronti della Cina 23%. Fra i prodotti
italiani più esportati in India, figurano in primo luogo i macchinari e gli apparecchi elettrici e
meccanici con una quota del 43,1%, seguiti dai prodotti di base in metallo 12,1%, le sostanze e i
prodotti chimici 9,3% e i mezzi di trasporto 6,7%” (Fonte Ice Mae).
C’è però una riflessione da fare sul caso indiano. La struttura dell’economia indiana è infatti
assolutamente sui generis: se infatti un parte del paese è ormai proiettata nella fase postindustriale (servizi e prodotti ad alta intensità di capitali e di conoscenza), un’altra parte del paese
(senza una precisa demarcazione territoriale) è ancora in una fare pre-industriale. L’India oggi
per risolvere una parte dei problemi che l’affliggono ha pertanto bisogno di una fase industriale,
fatta di attività labour-intensive. Io credo che qui, in un’ottica di cooperazione mutualmente
vantaggiosa per l’Italia e per l’India, le nostre imprese possono giocare un ruolo significativo.
3) Quali i primi passi compiuti e quali i passi da compiere in Italia per creare concrete
collaborazioni con l’India?
Credo sia unanimemente riconosciuto che il viaggio di Romano Prodi abbia rappresentato un
punto di svolta nelle relazioni tra i due paesi. Sulla scia di quell’esperienza si è inserito il rilancio
dell’Associazione Italia-India che ha organizzato varie iniziative a riguardo.
4) Facilitare i Visti di professionals e studenti BRICS aiutandoli all’inserimento professionale
ex – ante e all’inserimento sociale in itinere in Italia. Una idea realizzabile?
5) Non è limitante l’approccio usato dall’inziativa targata Partito Democratico denominata
“Controesodo” che facilita il rientro degli Italiani residenti all’estero attraverso una Tax
facility? Non dovrebbe semmai essere applicata al contrario, per i talenti BRICS che vengono
in Italia?
Rispondo a queste due domande congiuntamente. A proposito di un percorso preferenziale per i
visti professionals e per gli studenti, lo ritengo non solo un’ottima idea, ma anche un fronte sul
quale l’Associazione sta già lavorando. L’approdo di nuove intelligenze e di nuovi talenti non può
che far bene alla cultura e all’economica dell’Italia, il che poi significa anche creare
quell’intreccio di legami umani che sono la vera forza nelle relazioni bilaterali tra i paesi. Per
questo sono assolutamente favorevole all’ipotesi di una Tax facility per i talenti dei BRICS.
Tuttavia credo che non basti, insieme alle misure di facilitazione fiscale, servono anche delle
politiche “umane”: politiche di accoglienza, politiche abitative, iniziative che favoriscano
l’inserimento scolastico, per i figli di coloro che hanno deciso di venire a lavorare in Italia ed
infine affrontare la questione della cittadinanza per le seconde generazioni. A tale proposito mi sia
permesso citare Max Frish, l’intellettuale elvetico, che riflettendo sugli errori della politica
migratoria svizzera così si espresse “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”. La scelta di
lasciare il proprio paese è, per il migrante, una scelta di vita, che tocca ogni aspetto della propria
esistenza. E’ per questo che se si vogliono attuare delle politiche migratorie che favoriscano
l’approdo in Italia di alcuni gruppi o categorie, bisogna pensare ad interventi che coprano la
globalità dell’esperienza umana, per non commettere ancora una volta l’errore di voler
“parcellizzare” l’immigrato, “prendendo” solo ciò che ci pare più utile e dimenticando che dietro
ogni talento, dietro ogni professionista, c’è un uomo che ha in testa un proprio progetto di vita, per
sé, per la sua famiglia e per i suoi figli.
Grazie per la disponibilità.
Massimo Preziuso
Innovatori Europei
Associazione - Centro Studi www.innovatorieuropei.com
(Web) [email protected] (Email) http://groups.google.com/group/innovatorieurop
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