Crediti d`imposta indebitamente fruiti

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Crediti d`imposta indebitamente fruiti
Fiscal News
La circolare di aggiornamento professionale
N. 12
20.01.2016
Crediti d’imposta indebitamente
fruiti: sanzioni e ravvedimento
A cura di Salvatore Giordano
Categoria: Accertamento e riscossione
Sottocategoria: Sanzioni
Gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta sono lo strumento idoneo che può utilizzare l’Amministrazione
per contestare l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti ed è stata introdotta per contrastare il
fenomeno delle compensazioni fittizie. Gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta devono essere
emanati, almeno sino alle innovazioni apportate dal D.L. 78/2010, dalla Direzione provinciale di
domicilio fiscale del contribuente. Tuttavia, è stato previsto che, per determinate funzioni, la competenza
all’emanazione degli accertamenti “automatizzati” può essere attribuita a strutture dell’Agenzia delle
Entrate appositamente delineate 1. Le suddette strutture sono il Centro operativo di Pescara e la
sua sede distaccata di Reggio Calabria.
In particolare, nel presente lavoro, si tratterà della problematica relativa all’utilizzo di crediti d’imposta
esistenti ma non disponibili per la parte eccedente al limite massimo di compensazione annuale o non
utilizzabili in quanto non è stata ancora presentata la dichiarazione IVA e della possibilità di sfruttare
l’istituto del ravvedimento operoso.
Tetto massimo
di crediti
utilizzabili in
compensazione
È stato previsto il limite di 516.456,90 euro, elevato a 700.000,00 2 euro a
decorrere dal 2014, per ciascun anno solare, in relazione all’ammontare,
cumulativo, dei crediti d’imposta e contributivi che possono essere:

compensati ai sensi del DLgs. 241/97;
Cfr. art. 28 del D.L. 78/2010
Art. 25, comma 4, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 34, comma 1, della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 e
art. 9 del D.L. 8 aprile 2013, n. 35.
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ovvero chiesti a rimborso sul conto fiscale con la procedura prevista
dal D.M. 28.12.93 n. 567.
Il limite è elevato a 1.000.000,00 di euro per i subappaltatori edili, qualora il
volume d’affari registrato nell’anno precedente sia costituito, per almeno
l’80%, da prestazioni rese in esecuzione di contratti di subappalto 3.
Tuttavia, si ricorda che, ai fini del raggiungimento di tale limite, non rilevano le
compensazioni:

effettuate utilizzando disposizioni diverse dal DLgs. 241/97 (es.
scomputo del credito IVA dalle successive liquidazioni periodiche,
utilizzo del credito IRPEF o IRES per diminuire i relativi versamenti in
acconto, ecc.), anche se tale compensazione risulta esposta nel Mod.
F24.

relative ai crediti d’imposta concessi per effetto di disposizioni
di agevolazione o di incentivo fiscale, per i quali tuttavia vige l’apposito
limite annuale di 250.000,00 euro 4.
Tali criteri dovrebbero applicarsi anche in relazione alla compensazione dei
crediti con importi iscritti a ruolo, ai sensi del DM 10.2.2011, anche se, in
relazione alla particolarità della procedura di compensazione in esame,
possono prospettarsi rilevanti difficoltà nell’individuare gli importi che
concorrono al suddetto limite.
Il credito annuale IVA può essere utilizzato in cinque modi differenti:
1) detrazione su IVA a debito;
2) compensazione con altre imposte;
3) rimborso con procedura ordinaria;
4) rimborso con procedura semplificata;
5) cessione nel consolidato nazionale.
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Modalità di utilizzazione
Computo nel limite dei 700.000,00
Detrazione su IVA a debito
NO
Compensazione con altre imposte
SI
Rimborso con procedura ordinaria
NO
Art. 35, comma 6-ter, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223.
Cfr. art. 1 co. 53 della L. 24.12.2007 n. 244 e si veda la RM 24.5.99 n. 86/E
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Rimborso con procedura
SI
semplificata
Cessione nel consolidato nazionale
SI
La modalità di rimborso con procedura ordinaria deve quindi essere preferita
dai soggetti che sviluppano crediti IVA annuali per importi elevati e intendono
in parte richiederlo a rimborso ed in parte utilizzarlo in compensazione.
Si rammenti che per richiedere un rimborso con procedura ordinaria deve
essere compilato il solo campo 1 del rigo VX4 della dichiarazione IVA
autonoma.
Per richiedere un rimborso annuale con procedura semplificata, oltre a
compilare il campo 1 del rigo VX4 deve essere compilato il campo 2 del
medesimo rigo.
In particolare, se l’ammontare inserito al campo 2 è uguale al campo 1, vuol
dire che tutto il rimborso viene richiesto con procedura semplificata.
Credito infrannuale
Il credito IVA infrannuale può essere utilizzato in due modi:
1) compensazione con altre imposte;
2) richiesta di rimborso.
Modalità di utilizzazione
Computo nel limite dei 700.000,00
Compensazione con altre imposte
SI
Richiesta di rimborso
NO
Inoltre, nel caso del limite alla compensazione, non si instaura nessun
particolare rapporto tra credito annuale e credito infrannuale.
Bisogna comunque tenere conto del fatto che il limite si applica in relazione
all’anno solare di utilizzo e non all’anno solare di maturazione dei crediti
(criterio di cassa).
Se quindi si vogliono effettuare delle compensazioni nell’anno X+1, si deve
tenere
presente
che
nel
limite
si
deve
computare
sia
la
quota
del credito annuale maturata nell’anno X ed utilizzata nell’anno X+1, sia
i crediti infrannuali maturati ed utilizzati nello stesso anno X+1.
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Termine
decadenziale
per la notifica
Quale termine ultimo entro cui notificare l’atto, a pena di decadenza, si
assume il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione
della dichiarazione (in caso sia omessa, vi è un anno in più) 5.
La norma, invece, relativa alla contestazione di crediti inesistenti 6, dispone
espressamente che gli avvisi di recupero debbano essere notificati entro il 31
dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.
L’avviso deve essere motivato e notificato secondo le ordinarie regole
previste (notifica mezzo posta, ufficiale giudiziario o messo di cui
all’art. 60 del D.P.R. 600/73).
Natura dell’atto
La riscossione dei crediti inesistenti utilizzati in compensazione è effettuata
mediante apposito atto di recupero 7.
La giurisprudenza intervenuta in proposito ha affermato che gli avvisi di
recupero dei crediti d’imposta hanno sostanziale natura accertativa. In
particolare l’avviso costituisce manifestazione della volontà impositiva
erariale 8 e l’avviso in esame può essere oggetto di richiesta cautelare 9.
È evidente, dunque, che attraverso l’introduzione dell’art. 27 del DL 185/2008,
il Legislatore non ha inteso modificare le modalità di accertamento
“ordinarie”, sicché rimane ferma l’applicabilità dell’intero sistema sia
accertativo sia di riscossione laddove la risultanza dell’accertamento facesse
emergere una presunta indebita compensazione a fronte di un credito di
imposta ritenuto comunque esistente (ad es. compensazioni oltre il tetto
massimo di € 700.000,00).
Avvisi bonari e
credito
indebitamente
fruito
L’Agenzia delle Entrate 10 ha affermato che la norma introduttiva degli avvisi di
recupero ha previsto espressamente che in ogni caso fossero ferme “le
attribuzioni ed i poteri previsti dagli artt. 31 e seguenti del Decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, nonché quelli previsti dagli artt. 51 e seguenti del Decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni”.
Tra le attribuzioni ed i poteri sopra richiamati rientrano anche i controlli
automatizzati di cui agli artt. 36-bis del DPR 600/73 e 54-bis del D.P.R.
633/72.
Cfr. art. 43 del D.P.R. 600/73 e le modifiche in vigore dal 1 gennaio 2016
Cfr. art. 27 co. 18 del DL 185/2008
7
Cfr. art. 1 co. 421 L. 311/2004 e comma 16 dell’art. 27 del DL 185/2008
8
Cfr. Cass. 22.3.2011 n. 6582 e 3.11.2010 n. 22322
9
Cfr. C.T.P. Palermo 26.5.2005 n. 91
10
Cfr. circ. Agenzia Entrate n. 18/2011
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Secondo l’Agenzia, nell’ambito di questa specifica attività di controllo, è
possibile
verificare
(e
contestare)
anche
che
l’ammontare
delle
compensazioni effettuate per ciascuna imposta non sia superiore a quanto
dichiarato dal contribuente, sia in termini di disponibilità del credito sia in
termini di effettivo utilizzo dello stesso.
Va segnalato che la giurisprudenza più recente ha affermato, contrariamente
a quanto sostenuto dall’Agenzia, che il disconoscimento di un credito di
imposta, non può avvenire attraverso il controllo automatizzato, ma solo con
apposito atto specificamente motivato. Va da sé che in caso di contestazione
di un credito che il contribuente ritiene spettante, è opportuno rilevare anche
l’eccezione dell’erroneità dell’atto notificato (cartella di pagamento, in luogo di
avviso di accertamento o recupero del credito).
Crediti
inesistenti
L’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle
somme dovute è punito con la sanzione dal 100% al 200% della misura dei
crediti stessi. La sanzione è elevata al 200% se l’ammontare dei crediti
inesistenti utilizzati è superiore a cinquantamila euro per ciascun anno
solare. Non è possibile beneficiare delle riduzioni previste ordinariamente per
l’acquiescenza agli atti, ossia il pagamento solo di un terzo 11 e, ovviamente,
nemmeno del ravvedimento operoso.
L’Agenzia delle Entrate, nel corso di una videoconferenza tenutasi il
17.1.2009, ha specificato che sono da considerarsi crediti inesistenti sia
quelli artificiosamente rappresentati in sede contabile o dichiarativa (ipotesi
dolosa) sia quelli ritenuti esistenti a causa di errate valutazioni del
contribuente (imputabili a titolo di colpa al contribuente), facendo propria una
nozione “allargata” di credito “inesistente”.
Il D.L. 185/2008 non solo ha inasprito le sanzioni per l’utilizzo dei crediti
inesistenti, ma ha creato una sorta di doppio binario dove per la
contestazione dei crediti non spettanti o irregolarmente utilizzati va notificato
un apposito atto entro gli ordinari termini di accertamento (quarto anno
successivo a quello di presentazione della dichiarazione), mentre nell’ipotesi
di credito inesistenti, oltre ad essere previste pesanti sanzioni, l’Ufficio può
beneficiare di un più ampio termine decadenziale (ottavo anno successivo a
quello del relativo utilizzo).
Tra l’altro è lo stesso Legislatore ad aver introdotto le diverse fattispecie di
“irregolarità”.
11
Cfr. comma 18, art. 27, DL. 185/2008
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Si pensi, ad esempio, che il decreto sui reati tributari 12 prevedendo la
punibilità della compensazione oltre i 50.000 euro, elenca entrambe le
tipologie, ossia che scatti in presenza di crediti sia “non spettanti” che
“inesistenti”.
Contenzioso e
riscossione
frazionata
Come visto, le pesanti sanzioni contenute nel D.L. 185/2008, sono
espressamente riferite al credito inesistente e non alla totalità delle ipotesi di
irregolarità connesse alla compensazione.
Crediti esistenti ma non disponibili, infatti, scontano la sanzione per i ritardati
ovvero omessi versamenti.
La stessa Agenzia, infatti, ha confermato che la rettifica dell’utilizzo in
compensazione di crediti per un ammontare superiore a quanto dichiarato,
può essere eseguita attraverso il controllo automatizzato e pertanto risulta
applicabile la sanzione nella misura del 30%.
Se l’Ufficio ha negato, per una qualsivoglia ragione, la fruizione del credito
d’imposta, il contribuente può quindi censurare ciò proponendo ricorso entro
60 giorni dalla notifica del provvedimento.
A tal proposito si fa presente che la sentenza n. 63/8/15 della Commissione
Provinciale di Salerno del 25 novembre 2015 ha annullato l’accertamento
dell’Agenzia delle Entrate per credito IVA eccedente la soglia di € 516.445,90
sulla scorta della mancanza di un contraddittorio preventivo. Inoltre ha
affermato che l’IVA da splafonamento in tutti i casi non va restituita ma al
limite vanno pagate solo le sanzioni e gli interessi e, infine, che la norma
Comunitaria è tassativa nel diniegare qualsiasi impedimento all’utilizzo di un
credito tributario certo.
L’esazione delle somme richieste mediante avviso di recupero dovrebbe
avvenire, in caso di proposizione del ricorso, in via frazionata.
Il problema interpretativo nasce dal fatto che l’art. 1 co. 422 della L.
311/2004 rimanda, in via generale, al D.P.R. 602/73, senza specificare di che
tipologia di iscrizione a ruolo si tratti.
Si è dell’avviso che l’iscrizione a ruolo debba avvenire in via frazionata, in
maniera analoga a quanto sarebbe successo se l’atto fosse stato denominato
“avviso di accertamento”.
La tesi è stata accolta dalla Cassazione, sulla base dell’assimilazione tra
avvisi di recupero di crediti d’imposta e accertamento.
12
Cfr. art. 10-quater del D. Lgs. 74/2000
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La riscossione, quindi, dovrebbe avvenire nella seguente maniera:
 un terzo delle somme richieste a titolo d’imposta in caso di ricorso, se
il contribuente non versa gli importi entro il termine indicato
nell’avviso di recupero;
 due terzi delle somme richieste a titolo d’imposta e le relative
sanzioni, dopo la sentenza della C.T.P. che respinge il ricorso;
 il residuo delle somme richieste a titolo di imposta e di sanzione,
dopo la sentenza della Commissione tributaria regionale che
conferma la pretesa erariale 13.
Diversa ipotesi si ravvisa se il credito contestato è inesistente. Infatti, è
esclusa espressamente la riscossione frazionata. Da ciò, ne discende che, in
caso di impugnazione, è dovuto il totale complessivamente preteso
in assenza di un provvedimento di sospensione giudiziale.
Ravvedimento
operoso
L’istituto del “ravvedimento operoso” consente all’autore di omissioni o
di irregolarità, commesse nell’applicazione delle disposizioni tributarie, di
rimediarvi spontaneamente, fruendo di rilevanti riduzioni delle sanzioni
amministrative 14.
La relativa disciplina è stata recentemente innovata dalla Legge di stabilità
2015.
Affinché il ravvedimento operoso esplichi effetti di regolarizzazione della
violazione, il contribuente deve in ogni caso effettuare il versamento delle
imposte o ritenute dovute, delle sanzioni previste per la specifica violazione
nonché dei relativi interessi legali.
La condizione per fruire del ravvedimento consiste nel fatto che questo
avvenga entro determinati limiti temporali.
Nello specifico la sanzione è ridotta a:
 un decimo del minimo, nei casi di mancato pagamento del tributo
o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni
dalla data della sua omissione;
 un nono del minimo, per i ritardi sino a novanta giorni dal termine
per la presentazione della dichiarazione (nuova lett. a-bis);
 un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle
13
14
Cfr combinato disposto degli artt. 15 del D.P.R. 602/73, 19 del DLgs. 472/97 e 68 del DLgs. 546/92
Cfr. art. 13 del DLgs. 472/97
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omissioni, anche
se incidenti sulla determinazione
o sul
pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione
della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata
commessa la violazione ovvero, quando non è prevista una
dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore;
 un settimo del minimo, se la violazione è sanata entro il termine
per la presentazione della dichiarazione successiva all’anno in cui
la violazione è stata commessa (nuova lett. b-bis);
 un sesto del minimo, se la violazione è sanata oltre il termine per la
presentazione della dichiarazione successiva all’anno in cui la
violazione è stata commessa (nuova lett. b-ter);
 un quinto del minimo, se la violazione è sanata dopo PVC (verbale
redatto ex dell’art. 24, L. 7.1.1929, n. 4) (nuova lett. b-quater).
La circ. Agenzia delle Entrate 12.6.2002 n. 50 ha chiarito che, qualora il
termine per il ravvedimento operoso scada di sabato o in una giornata festiva,
il versamento si considera tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo
successivo.
In caso di ravvedimento dovranno essere calcolati gli interessi da versare. Il
relativo tasso di interesse legale è pari allo 0,2% annuo, a decorrere
dall’1.1.2016.
In caso di variazione del tasso legale, il calcolo degli interessi deve essere
effettuato pro-rata temporis, sulla base dei tassi in vigore nei singoli periodi.
Per quanto concerne la possibilità di ravvedere i crediti d’imposta
indebitamente fruiti la Circolare 101/2000 ha affermato che, nel caso di
compensazione di crediti inesistenti il contribuente potrà avvalersi dell'istituto
del ravvedimento, disciplinato dall'articolo 13 del D. Lgs. 18 dicembre 1997,
n. 472, così come modificato dal D. Lgs. 30 marzo 2000, n. 99, effettuando il
versamento delle somme a debito, corrispondenti al credito erroneamente
utilizzato in compensazione, maggiorate degli interessi e con il contestuale
versamento della relativa sanzione prevista per l'omesso versamento in
misura ridotta in rapporto alla data del ravvedimento.
Inoltre l’Agenzia delle Entrate con Risoluzione 04/06/2002 n. 166/E ha
affermato che il contribuente che ha utilizzato in compensazione con il
modello di pagamento F24 crediti d'imposta in misura superiore a quanto
effettivamente spettante può, avvalendosi dell'istituto del ravvedimento
operoso regolarizzare la propria posizione nel modo seguente:
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1) versare l'importo del credito d'imposta non spettante, maggiorato
degli interessi, con il modello di pagamento F24, avendo cura di
indicare nella colonna «codice tributo» il codice relativo al credito
d'imposta utilizzato in eccesso, nella colonna «importi a debito
versati» l'importo del credito da restituire e nella colonna «anno di
riferimento» l'anno d'imposta cui si riferisce il versamento;
2) versare la sanzione dovuta per il ravvedimento con il codice tributo
8911 «SANZIONI PECUNIARIE PER ALTRE VIOLAZIONI TRIBUTARIE
RELATIVE ALLE IMPOSTE SUI REDDITI, ALLE IMPOSTE SOSTITUTIVE,
ALL'IRAP E ALL'IVA».
Infine l’Agenzia delle Entrate con Risoluzione 27/11/2008 n. 452/E ha
specificato che l’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997,
n. 241, prevede che «I contribuenti [...] eseguono versamenti unitari delle
imposte, dei contributi dovuti all'I.N.P.S. e delle altre somme a favore dello
Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione
dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti
dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente
alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve
essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione
successiva.».
Pertanto, ai sensi del citato decreto legislativo n. 241 del 1997, è possibile
utilizzare gli importi a credito per il pagamento, mediante modello F24, dei
debiti relativi ad una diversa imposta, alle ritenute ed ai contributi (c.d.
compensazione orizzontale).
A norma dell’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 «A
decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei
contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è
fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare» (pari a 516.456,90 euro);
oggi € 700.000,00.
Qualora l’importo dei crediti spettanti sia superiore al suddetto limite,
l’eccedenza può essere chiesta a rimborso nei modi ordinari previsti per
ciascuna imposta o contributo, ovvero può essere portata in compensazione
nell’anno solare successivo.
L’errato utilizzo in compensazione di un credito Iva esistente oltre il limite
previsto
dall’articolo 34 della legge
n.
388
del
2000,
potrà
essere
regolarizzato mediante il versamento di una somma pari all’eccedenza Iva
utilizzata, maggiorata degli interessi e con il versamento delle sanzioni (pari al
30 per cento del credito eccedente) in misura ridotta così come prevede
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l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il credito Iva
così ripristinato, potrà essere utilizzato in compensazione, nei limiti previsti,
con eventuali debiti tributari e contributi futuri.
Praticamente nel rigo VX3 (Eccedenza di versamento) va indicato l’eventuale
ammontare di credito, relativo al periodo d’imposta oggetto della presente
dichiarazione, utilizzato in compensazione in misura superiore a quella che
emerge dalla presente dichiarazione o in misura superiore al limite annuale di
700.000 euro previsto dall’art. 9, comma 2, del decreto-legge n. 35 del 2013, e
spontaneamente riversato, secondo la procedura descritta nella circolare n.
48/E del 7 giugno 2002 (risposta a quesito 6.1) e nella risoluzione 452/E del
27 novembre 2008. Si precisa che l’importo del credito riversato deve essere
indicato al netto della sanzione e degli interessi eventualmente versati a titolo
di ravvedimento.
Profili penali
L’indebita compensazione può rilevare anche sotto il profilo penale ed è
disciplinata dall’art. 10-quater del D. Lgs. 74/2000, secondo il quale è punito
con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi le somme dovute,
utilizzando in compensazione 15, crediti non spettanti o inesistenti per
un ammontare superiore a 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta.
Su questa condotta i giudici di legittimità hanno precisato che il delitto di
indebita compensazione è caratterizzato dal dolo generico consistente nella
mera consapevolezza di utilizzare in compensazione crediti tributari
inesistenti o non spettanti.
Diviene allora fondamentale stabilire la differenza delle due tipologie di
compensazione illegittima che potrebbero integrare la fattispecie delittuosa.
Il credito inesistente è, in buona sostanza, una somma per la quale non
sussistono gli elementi costitutivi e giustificativi.
L’ipotesi più frequente è legata agli importi creati artificiosamente o
fraudolentemente dal contribuente, al fine di poter compensare le imposte
dovute.
Il credito non spettante, secondo l’interpretazione fornita dalla Suprema è
quell’importo - che pur certo nella sua esistenza ed nel suo ammontare - è, per
qualsiasi
ragione
normativa, non
ancora
utilizzabile ovvero non
più
utilizzabile in compensazione.
Infatti, è stato ritenuto sussistente il delitto per l’utilizzo di un credito, che
seppur esistente, poteva essere compensato solo l’esercizio successivo.
15
Cfr. art. 17 del DLgs. 241/97
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In buona sostanza, sebbene si tratti di un diritto reale e veritiero, derivante
cioè da operazioni realmente eseguite e senza che siano state poste in essere
operazioni
fraudolente
da
parte
del
contribuente,
in assenza
della
presentazione della dichiarazione o se eccedente i 700.000,00 €, non può
essere compensato.
Per cui, secondo la Corte, ne consegue che ove si trattasse di una somma
superiore a 50.000 euro, sarebbe integrato il reato.
Occorre segnalare che l’art. 13 del D. Lgs. 74/2000 ha previsto che l’integrale
pagamento del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento di primo
grado comporti l’estinzione dei reati di omesso versamento delle ritenute,
dell’IVA e l’indebita compensazione. Per gli altri delitti, invece, il pagamento in
sede tributaria consentirà di abbattere le pene fino alla metà. Pertanto,
l’istituto del ravvedimento operoso rappresenta un ottimo strumento per
estinguere il reato contestato o, quanto meno, per ridurre la pena.
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