3 settembre - Sergio Lepri

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3 settembre - Sergio Lepri
3 settembre
Nella campagna di Cassibile in Sicilia il generale Castellano firma, in
nome del governo Badoglio, il cosiddetto “armistizio corto”, cioè le
clausole militari dell’armistizio: la resa incondizionata dell’Italia
Una grande tenda militare in un bosco di ulivi secolari nella masseria
San Michele, a poca distanza da Cassibile, un paese di qualche centinaio
di abitanti, quindici chilometri a sud di Siracusa, sulla strada per
Noto. In alto una villa-fortezza del Cinquecento; a valle un fiume, quasi
sempre in secca, che ha dato il nome, di origine greca, al paese. La
tenda è la mensa ufficiali del Comando delle forze alleate, che proprio
oggi, occupata tutta la Sicilia, sbarcano in Calabria. L’accampamento si
chiama Fairfield Camp. L’apertura della tenda, larga in alto, è chiusa in
basso, a terra; apposta, dice qualcuno; così sembra una lettera V
maiuscola, l’iniziale di “victory”.
La tenda è affollata. Ci sono molti fotografi e operatori
cinematografici. I personaggi principali: il generale Walter Bedell Smith
(1), americano, Capo di stato maggiore delle forze alleate nel
Mediterraneo; il rappresentante di Sua Maestà britannica Harold
MacMillan; il rappresentante personale del presidente degli Stati Uniti
Robert Murphy. C’è anche, ma sta in disparte, il personaggio più
importante: è il generale Dwight Eisenhower, comandante in capo delle
forze americane in Europa e delle forze angloamericane nel Mediterraneo
(2). Sono tutti in uniforme militare, divisa kaki, ma senza giacca; chi
col berretto con visiera, chi con la bustina, chi niente. In borghese c’è
un signore, abito grigio scuro doppio petto, camicia bianca e cravatta,
un fazzoletto, anch’esso bianco, che esce tre dita dal taschino; è il
generale Giuseppe Castellano (3). In borghese c’è anche un’altra persona:
un uomo giovane, alto, magro, vestito di grigio chiaro; è l’interprete di
Castellano, il diplomatico Franco Montanari (4).
In mezzo alla tenda un tavolo da caserma, coperto da un panno; due
boccette di inchiostro, due portacenere, un telefono da campo. Due metri
sopra, penzola una lampadina elettrica, protetta, all’uso militare, da un
barattolo di vetro nel cui coperchio è stato fatto un foro per il
passaggio del filo della corrente.
Sopra il tavolo c’è un documento; è il testo dello “short military
armistice”, quello che verrà chiamato “armistizio corto”, tralasciando il
“military”, che ne identifica la sostanza, cioè le clausole militari. E’
uno stralcio di quello che sarà chiamato “armistizio lungo” e sarà
firmato il 29 di questo stesso mese di settembre a Malta: la resa
incondizionata dell’Italia.
Il generale Castellano è arrivato ieri (in aereo da Roma a Termini
Imerese, in auto a Siracusa e da qui a Cassibile), ma si è presentato
agli interlocutori, allibiti, senza un mandato scritto che gli
attribuisca i poteri di firmare l’atto che pone fine alla guerra
dichiarata da Mussolini il 10 giugno del 1940. Un mandato è stato chiesto
per telegrafo a Roma. Il mandato del governo Badoglio è stato depositato
stamani presso la legazione inglese in Vaticano; il “via” è arrivato qui
alle 16.30 di oggi. Un giorno sprecato.
Ora sono le 17.15. E’ un pomeriggio assolato. Introdotto dal generale
Smith, il generale Castellano entra nella tenda, riconosce, in fondo, un
po’ in ombra, il generale Eisenhower, che al suo saluto risponde con un
cenno della testa.
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Sotto la tenda fa caldo. Il generale Smith prende il documento - sono
tre copie dattiloscritte - e lo porge a Castellano. Il generale
Castellano si siede, si mette un paio di occhiali cerchiati di tartaruga,
tira fuori dalla tasca interna della giacca una penna stilografica,
scorre il testo, che già conosce (5), e firma per primo. Tre firme. La
firma è inclinata, a caratteri piccoli; la t ha un taglio più lungo della
parola. Poi firma il generale Smith, anche lui dopo essersi messo gli
occhiali cerchiati di tartaruga, anche lui con una penna stilografica
(6).
E’ a questo punto che il generale Eisenhower, con giacca e berretto a
visiera, si avvicina e stringe la mano a Castellano; dice anche due
parole, che Castellano, aiutato da Montanari, capisce come “Ora siamo
colleghi; possiamo collaborare”.
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Il generale Eisenhower stringe la mano al generale Castellano. Molti storici non parlano
di Eisenhower sotto la tenda di Cassibile (e di questa stretta di mano), perché il
documento ufficiale ne ignora la presenza. Castellano era, per la firma dell’armistizio,
il delegato di Badoglio e quindi la controparte non poteva essere che Bedell Smith,
delegato di Eisenhower. Durante tutta la cerimonia Eisenhower stette in disparte e
in ombra e soltanto alla fine si presentò per salutare l’inviato del governo italiano.
La cerimonia è finita. Tante strette di mano, una bottiglia di whisky,
molti grossi bicchieri, ma senza brindisi. Tutti escono dalla tenda. Il
generale Castellano ha l’aria frastornata. Un ufficiale americano gli dà
un ramoscello di ulivo, staccato da uno dei tanti alberi lì intorno.
Anche altri staccano ramoscelli di ulivo e se li infilano nei taschini
dell’uniforme; tra loro ci sono il commodoro della marina inglese Royer
Dick, capo di stato maggiore di Eisenhower; il generale americano Lowell
Rooks, sottocapo di stato maggiore; il brigadiere inglese Kenneth Strong
dell’Intelligence Service (7).
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Con Dick, Rooks e Strong, oltre che con Smith, Murphy e MacMillan,
Castellano discute stasera, dopo una cena offerta in suo onore, gli
aspetti immediatamente militari dell’armistizio. E’ una discussione che
continuerà fino a notte inoltrata, proseguirà domani e si concluderà alle
2. Dopodomani mattina, il maggiore Luigi Marchesi, che ha accompagnato
Castellano a Cassibile (Marchesi è addetto allo Stato maggiore generale
e persona di fiducia di Ambrosio) partirà per Roma, senza Castellano, con
lo stesso aereo che lo ha portato in Sicilia, pilotato dal maggiore
Giovanni Vassallo.
Nella borsa che Castellano darà a Marchesi ci saranno il testo
dell’armistizio breve firmato da lui e da Smith e una copia del testo
completo dell’armistizio (quello che verrà chiamato “armistizio lungo”).
Ci saranno anche altri documenti sui temi discussi a Cassibile: il piano
operativo del progettato aviosbarco nei pressi di Roma in coincidenza con
l’annunzio dell’armistizio, le modalità di trasferimento dell’aviazione e
della flotta navale italiana, una proposta
di accordo per l’annunzio
contemporaneo da parte alleata e da parte italiana dell’armistizio
firmato. Quando, l’annunzio? Gli alleati non danno nessuna data: “segreto
militare”. Sarà il 12, crederà di supporre Castellano; e fra i documenti
che Marchesi porterà a Roma ci sarà anche una lettera personale di
Castellano a Ambrosio (8) con la supposizione (“l’armistizio verrà
annunziato il giorno 12”) che si dimostrerà un colossale gravissimo
equivoco.
E’ un equivoco che, fra l’altro, renderà in parte inapplicabili le
stesse condizioni di armistizio; che sono dodici. Eccole, in sunto: uno,
l’Italia cesserà immediatamente le ostilità; due, l’Italia farà ogni
sforzo per sottrarre ai tedeschi i mezzi che potrebbero essere adoperati
contro gli Alleati; tre, i prigionieri e gli internati saranno
rilasciati; quattro, la flotta e l’aviazione italiana saranno trasferite
in località da stabilire; cinque, la marina mercantile italiana potrà
essere usata dal Comando alleato; sei, resa immediata della Corsica;
sette, potranno essere usati anche tutti i campi di aviazione e i porti
navali; otto, tutte le forze armate italiane saranno richiamate e
ritirate su territorio italiano da qualsiasi zona in cui siano
attualmente impegnate; nove, il governo italiano impiegherà le sue forze
armate per assicurare l’adempimento delle condizioni dell’armistizio;
dieci, un governo militare alleato sarà stabilito nelle parti del
territorio italiano in cui il Comando alleato riterrà necessario; undici,
il Comando alleato avrà il pieno diritto di imporre misure di disarmo,
smobilitazione e demilitarizzazione; dodici, “altre misure di carattere
politico, economico e finanziario saranno trasmesse più tardi”.
Il punto numero 12 è un avvertimento: queste sono soltanto le clausole
militari. Le clausole più pesanti verranno definite nel documento finale,
che sarà il vero testo dell’armistizio e che solo per convenzione sarà
chiamato “armistizio lungo”. Sembra che nessuno conosca bene o voglia
conoscere con esattezza queste clausole (neppure Badoglio? neppure il
re?) e se qualcuno le conosce non vuole che si conoscano.
Delle altre condizioni, la prima, la più ovvia (la cessazione delle
ostilità), sarà immediatamente attuata la sera del prossimo 8 settembre
insieme all’annunzio dell’armistizio. La quarta (il trasferimento delle
forze navali ed aeree in zone controllate dagli angloamericani) sarà
attuata in gran parte, salvo le navi bombardate e affondate dai tedeschi
o catturate e le navi che si autoaffonderanno per non essere sequestrate.
Le condizioni 2, 6, 8 e 9 (l’uso delle forze armate di terra in
funzione di difesa antigermanica) rimarranno sulla carta. Dopo la fuga da
Roma del governo, del Comando supremo e dello Stato maggiore
dell’esercito, nella notte fra l’8 e il 9, non ci sarà più governo e non
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ci sarà più esercito. Ci saranno soltanto milioni di soldati – ufficiali,
sottufficiali e truppa - senza capi e senza ordini: molti, gettate le
armi, cercheranno di tornare a casa; molti non sapranno dove andare e si
nasconderanno; molti, specialmente all’estero, saranno
arrestati dai
tedeschi e molti fucilati; molti andranno in montagna ad aggregarsi alle
nascenti formazioni partigiane; alcuni si arruoleranno nelle file
dell’esercito della Repubblica sociale di Salò.
Ai piedi di un albero di ulivo, vicino alla tenda in cui è stato
firmato l’armistizio, qualcuno (non si sa chi, ma non qualche autorità
alleata; forse, sembra, un soldato americano) - poserà una stele:
“Armistice signed here sept.3.1943 Italy-Allies”. La gente del posto la
chiamerà “la petra ‘ra paci”. Rimarrà lì, ignorata da tutti, in mezzo
alla sterpaglia, fino a quando, nel giugno del 1955, scomparirà. Solo
dopo qualche mese un giornalista fascista, Enrico De Boccard, scriverà
(9) di averla presa lui, mosso da “ideali patriottici”, per togliere di
mezzo il segno della capitolazione. Ma non dirà che cosa ne ha fatto.
------------------------------------------------------------------------(1) Il “Bedell” del generale Smith non è un secondo cognome (“Bedell Smith” o “BedellSmith”), come spesso appare, ma un secondo nome; quindi, a rigore: Walter B. Smith. A lui
piace però di essere indicato come Bedell Smith (forse perché Smith è cognome troppo
diffuso e banale), anche quando sarà
ambasciatore a Mosca, dal 1946 al 1949, e poi
direttore della Cia, dal 1950 al 1953. Nato a Indianapolis nel 18945, morirà a Washington
nel 1961.
(2) Dwight David Eisenhower (“Ike” per gli amici), nato nel 1890 a Denison, nel Texas,
da una famiglia seguace dei Testimoni di Geova (da qui il nome David). Diplomato
all’Accademia di West Point. Generale di brigata nel 1941. Nel 1942 comandante in capo
delle forze americane in Europa e delle forze angloamericane nel Mediterraneo.
Responsabile degli sbarchi in Africa, in Sicilia e a Salerno. Nel dicembre del 1943 sarà
nominato comandante in capo delle forze alleate in Europa, incaricato di comandare lo
sbarco in Normandia (6 giugno 1944). Nel 1952 sarà eletto presidente degli Stati Uniti e
nel 1953, battezzato e cresimato, diventerà praticante nella chiesa presbiteriana.
(3) Per la figura del generale Castellano e i suoi coinvolgimenti nel colpo di stato
monarchico si veda la giornata del 15 maggio.
(4) Franco Montanari è il diplomatico che come interprete ha accompagnato il generale
Castellano a Lisbona (si veda la giornata del 19 agosto). Figlio di madre americana, ha
un fratello, Valerio, cittadino americano e anche lui diplomatico. E’ cugino (o nipote?)
del generale Badoglio.
(5) Il generale Castellano ha conosciuto il testo dell’”armistizio breve”
incontro col generale Smith a Lisbona (si veda la giornata del 19 agosto).
nel
suo
(6) Le scritte dattilografate per la firma, in calce al testo, dicono (qui nel testo
inglese): a sinistra, “Marshal PIETRO BADOGLIO Head of the Italian Government” e sotto
“By: GIUSEPPE CASTELLANO Brigadier General, attached to the Italian High Command”; a
destra, “DWIGHT D. EISENHOWER General, U.S. Army Commander in Chief Allied Forces” e
sotto “By: Walter B. Smith Major General, U.S. Army chief of Staff”. Che per l’Italia
firmi Castellano come delegato di Badoglio comporta che dall’altra parte il firmatario
sia un delegato di Eisenhower, cioè Smith. Questo spiega perché durante la cerimonia
della firma il generale Eisenhower stia in disparte e non sia indicato fra i presenti nel
documento ufficiale; e forse spiega anche perché molti storici ignorano la presenza di
Eisenhower a Cassibile.
(7) Oltre al maggiore Marchesi e al maggiore Vassallo ci sono, fuori dalla tenda, altre
persone. Qualcuno sostiene che ci sia anche un misterioso personaggio (misterioso per
ora): l’avvocato Vito Guarrasi. Qualcuno (in http://cronologia.leonardo.it) sostiene
addirittura che Guarrasi sia la persona che appare accanto a Castellano nell’originale
della foto ufficiale (la foto pubblicata dai giornali risulta tagliata a destra e quella
persona scompare). La persona fotografata sotto la tenda accanto a Castellano è invece,
sicuramente, il diplomatico Franco Montanari, ma un po’ di mistero rimane sulla figura
dell’avvocato Guarrasi, sia che fosse a Cassibile fuori dalla tenda, sia che non ci fosse
ma avesse in qualche modo collaborato a mettere in contatto la mafia siciliana con i
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servizi segreti americani, ancora prima dello sbarco. Chi era e chi è stato (è morto nel
1999) Vito Guarrasi?
Il generale Castellano, in borghese, è il secondo da destra; il primo (che non appare
nelle fotografie generalmente riprodotte
perché ritagliate) è l’interprete, cioè
il diplomatico Franco Montanari, da qualcuno scambiato per l’avvocato Vito Guarrasi
Di chi è stato dopo la guerra e per cinquanta anni sono tanti a parlare, nonostante la
sue riservatezza e la sua ritrosia a farsi fotografare e a far parlare di sé, proprio
come il cugino Enrico Cuccia (1907-2000), il personaggio che alla direzione di Mediobanca
è stato dall’aprile del 1946 fino agli anni Ottanta il centro di potere della finanza
italiana. Su Repubblica del 28 gennaio Alberto Statera ha così detto di lui: nei decenni
seguiti alla fine della guerra “non c’è stato evento siciliano o nazionale politico o
economico, che non lo abbia visto, sempre a cavallo fra democristiani e comunisti,
protagonista
silente
e
silenzioso:
dall’autonomia
regionale
al
milazzismo,
dall’assassinio di Enrico Mattei alla bancarotta di Michele Sindona, dal finto rapimento
di Graziano Verzotto fino alla scomparsa di Mauro De Mauro. L’industria del sale, poi del
petrolio, le esattorie delle imposte appaltate ai cugini Nino e Ignazio Salvo, le imprese
irizzate o enizzate, la politica e gli affari furono, nel bene e più spesso nel male, il
pane quotidiano dell’avvocato Guarrasi, che in Sicilia incarnò la “stanza di
compensazione” dei poteri legali e illegali. Un Cuccia in salsa siciliana”.
Questo è chi è stato Vito Guarrasi (anche consulente di Enrico Mattei); ma chi era in
quel settembre del 1943? Di lui non parlano gli storici che si sono occupati di queste
vicende; neppure Renzo De Felice e Frederick Deakin. Nella delegazione inviata da
Badoglio ad Algeri in “missione segreta” col generale Castellano il 6 settembre c’era
anche (relazione del capomissione, maggiore Alberto Briatore, pubblicata in 1943. 25
luglio - 8 settembre di Ruggero Zangrandi) un “capitano Vito Guarrasi”. E’ lui? anche
ufficiale dell’esercito e accreditato presso il Comando supremo? Comunque sia, non
suggerisce dubbi e interrogativi uno dei rapporti inviati dal console generale americano
a Palermo, Alfred T. Nestor, al segretario di stato a Washington; è il rapporto in cui si
racconta (il testo è nella relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sul
fenomeno della mafia in Sicilia, 1976) che il problema del separatismo siciliano era
stato discusso a tavolino fra alti ufficiali americani e personalità dell’isola; queste
venivano così elencate: Calogero Vizzini (definito “padrone della mafia in Sicilia”),
Calogero Volpe, Vito Guarrasi. E poi: “Mentre Galvano Lanza e Vito Guarrasi partecipavano
alle trattative di armistizio, don Calogero Vizzini svolgeva a livello tattico attività
di preparazione dello sbarco degli alleati in Sicilia”.
Vito Guarrasi era nato a Alcamo nel 1920, figlio di un ricco proprietario terriero. Di
recente il Comune ha dato il suo nome a una strada nel centro della città.
(8) Così scrive Ruggero Zangrandi in 25 luglio - 8 settembre, già cit.
(9) Sul Merlo giallo del 5 ottobre 1955.
6
3 settembre – Di più
Ecco, trovata in Internet (dal quotidiano La Sicilia dell’11 settembre
2003) la stele che fu scolpita in maniera molto grossolana (forse da
qualche soldato inglese) per ricordare la firma dell’armistizio
“corto”. Qualcuno sa dove si trova ora?