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Luglio-Settembre 2014 • Vol. 44 • N. 175 • Pp. 153-160 reumatologia pediatrica Osteoporosi in età evolutiva: l’importanza di giocare in anticipo Rolando Cimaz, Stefano Stagi* Dipartimento NEUROFARBA, Università degli Studi di Firenze, e SOD di Reumatologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Anna Meyer; *Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze, e SOD di Auxo-Endocrinologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Anna Meyer, Firenze Riassunto L’Osteoporosi è stata considerata una patologia tipica quasi esclusivamente della popolazione adulto-anziana e la sua prevalenza in età pediatrica è stata ampiamente sottostimata. Da parte dei medici, ed in particolare da parte dei pediatri, solo recentemente si è assistito ad una maggiore consapevolezza del rischio d’osteoporosi in quei bambini che presentino mutazioni genetiche capaci di alterare le normali fasi del metabolismo osseo (osteoporosi primitiva) o che siano affetti da patologie croniche o utilizzino farmaci capaci di interferire con il normale sviluppo osseo (osteoporosi secondaria). La cronica e progressiva perdita di massa ossea in questi bambini, se non diagnosticata precocemente e trattata di conseguenza, impedisce il raggiungimento del picco di massa ossea al termine della pubertà con un alto rischio di osteoporosi in età adulta. Le patologie associate ad osteoporosi primitiva sono nel complesso rare (principalmente Osteogenesi Imperfetta), molto più frequenti nella pratica clinica sono le forme di osteoporosi secondarie a patologie croniche o farmaci. Una popolazione ad alto rischio di sviluppare osteoporosi è rappresentata dai pazienti con patologie infiammatorie croniche; in questi bambini la ridotta densità ossea, unita ad una minore qualità dell’osso depositato, è conseguenza sia del processo infiammatorio per sé (citochine) sia della terapia cronica con corticosteroidi sistemici. La terapia dell’Osteoporosi in età pediatrica si basa sull’eliminazione dei fattori di rischio (ridotto esercizio fisico, obesità, deficit nutrizionali e di Vitamina D) e, nei casi severi, sull’utilizzo di Bifosfonati. Summary Osteoporosis has been traditionally considered as a geriatric disease, and its prevalence in the pediatric age has been widely underestimated. Only recently pediatricians have acknowledged its importance, since some patients have genetic mutations able to affect bone metabolism and others are affected by chronic conditions which can impact bone health. If not diagnosed and treated early enough, bone loss can proceed and impact beak bone mass, with a relevant effect on further fracture risk. Primary osteoporosis is rare, mainly represented by osteogenesis imperfecta, while the conditions linked to low bone mass because of chronic disorders and drug administration are more frequent. Chronic inflammatory diseases have an impact on bone both for the effect of inflammatory cytokines and for glucocorticoid treatment. Treatment of low bone mass in the pediatric age is mainly based on risk factor avoidance, and only in severe cases on bisphosphonate therapy. Legenda delle abbreviazioni con traduzione aBMD = areal Bone Mineral Density (densità minerale ossea rispetto a un’area) AD-SOS (Amplitude Dependent Speed of Sound): tecnica a trasmissione, che misura la velocità dell’onda ultrasonora calcolata nel momento in cui il segnale supera una soglia di ampiezza prestabilita ALP = Alkaline phosphatase (fosfatasi alcalina sierica) BMC = Bone Mineral Content (contenuto minerale osseo) BMD = Bone Mineral Density (densità minerale ossea) BTT = Bone Trasmission Time (intervallo di tempo tra il primo segnale che supera la soglia e il momento in cui il segnale stesso raggiunge la velocità di 1700 m al secondo) BUA = Broadband Ultrasound Attenuation (attenuazione del raggio ultrasonoro) CTX = Collagen type 1 cross-linked C-telopeptide (telopeptidi C-terminali del collagene maturo tipo I) DPD = Urinary Deoxypyridinoline (deossipiridinoline urinarie) DXA = Double X-ray Absorptiometry (assorbimetria a doppio raggio X) ICTP = Cross-linked carboxyterminal telopeptide of type I collagen (cross-link terminale telopeptide C del collagene di tipo I) NTX = Collagen-type I N-telopeptides (telopeptidi N-terminali del collagene maturo tipo I) OC = Osteocalcin (osteocalcina sierica) PICP = Procollagen I C-Terminal Propeptide (peptide carbossi-terminale del procollagene di tipo I) pQCT = Pheripheral Quantitative Computerized Tomography: (tomografia computerizzata quantitativa periferica) PYD = Urinary Pyridinoline (piridinoline urinarie) QUS = Quantitative Ultrasound (ultrasonografia quantitativa) SOS = Speed of Sound (Velocità di propagazione dell’onda ultrasonora) UBPI = Ultrasound Bone Profile Index (parametro che utilizza un algoritmo aggiornato per la valutazione della traccia grafica.) È una sintesi matematica di tre parametri che descrivono le caratteristiche della traccia grafica: fast wave amplitude (FWA, mV), dynamic of ultrasound signal (SDy, mV/μs2) e bone trasmission time (BTT, μs) Z-score = unità di misura rappresentata dalla differenza, espressa in deviazione standard, tra valore osservato di BMD e valore medio di BMD dei soggetti di pari età e sesso 153 R. Cimaz, S. Stagi Metodologia della ricerca bibliografica Gli articoli studiati per preparare questa review sono stati selezionati mediante ricerca bibliografica su Medline usando come motore di ricerca PubMed. È stata utilizzata la parola chiave “Osteoporosis” e il filtro di ricerca < 18 anni. Sono state scelte le citazioni più rilevanti alla presente pubblicazione. Introduzione L’osso è un tessuto connettivo “dinamico” e altamente specializzato, le cui funzioni consistono nel fornire supporto al tessuto muscolare e protezione agli organi interni. Inoltre, esso rappresenta anche un deposito di sostanze minerali e partecipa al mantenimento dell’omeostasi minerale (Zemel, 2012; Stagi et al., 2013). Il dinamismo osseo si mantiene durante tutte le fasi della vita, ma varia qualitativamente e quantitativamente nelle diverse età. Infatti, l’osso subisce un costante processo di modellamento (prevalente nell’età evolutiva) e di rimodellamento (tipico nell’età adulta), che dalla nascita fino all’età adulta, porta la massa ossea a presentare un progressivo aumento fino a raggiungere un valore massimo definito picco di massa ossea (Peak Bone Mass o PBM) (Bachrach, 2005). Il raggiungimento della PBM, generalmente durante la terza decade della vita, sembra essere condizionato da fattori genetici, nutrizionali, endocrini e meccanici (Kelly et al., 1990; Bachrach, 2005). Tali fattori, infatti, vanno a influenzare il tasso di turnover, l’architettura, il grado di mineralizzazione, oltre alle proprietà del collagene e della matrice ossea. In età evolutiva sia il rimodellamento del tessuto osseo già mineralizzato che la formazione di nuovo tessuto osseo sono i principali processi di cambiamento del tessuto osseo; per quanto siano due processi diversi, entrambi comunque prevedono la formazione di nuovo tessuto osseo (Ma & Gordon, 2012). Tale processo di guadagno di massa ossea presenta un equilibrio molto delicato; pertanto, se vi è una prevalenza del riassorbimento osseo o un difetto qualitativo o quantitativo che coinvolge i processi di neosintesi, si può giungere ad una condizione di ridotto guadagno o addirittura perdita di massa ossea con conseguente alterata massa e/o qualità ossea fino alla osteoporosi (Ott, 1990). Concetto di picco di massa ossea L’infanzia e l’adolescenza sono tipicamente caratterizzate da una crescita staturale nonché da cambiamenti nelle dimensioni e nella forma dello scheletro. Infatti, dalla prima infanzia fino alla tarda adolescenza l’attività di formazione ossea predomina sul riassorbimento osseo, con un costante accumulo di massa scheletrica, che aumenta dai circa 70-95 g alla nascita ai 2,400-3,300 grammi in giovani donne e uomini, rispettivamente (Stagi et al., 2013). L’età esatta in cui i valori di massa ossea raggiungono il loro picco nei vari siti scheletrici varia dai 16-18 anni circa (per colonna vertebrale e collo del femore), fino ad arrivare anche a 35 anni (per il cranio) (Ott, 1990) (Fig. 1). Unitamente all’impatto sulla crescita nel suo complesso, è soprattutto la pubertà che ha un ruolo fondamentale nell’acquisizione della massa ossea (Kelly et al., 1990; Bachrach, 2005). In effetti, tra l’inizio della pubertà e l’età adulta la massa scheletrica raddoppia (Fig. 1). Tuttavia, questo “accumulo” avviene a velocità diverse a seconda del segmento scheletrico considerato. Ad esempio, il guadagno dello scheletro appendicolare è predominante prima della pubertà, dopo di che si assiste, sotto l’influenza degli steroidi sessuali, a un incremento di crescita della colonna vertebrale (Recker et al., 1992). Quindi, il completamento della normale crescita scheletrica 154 richiede un’adeguata produzione di ormoni tiroidei, ormone della crescita, fattori di crescita e steroidi sessuali. Prima della pubertà, la crescita delle ossa dipende in gran parte dall’ormone della crescita, ma gli steroidi sessuali sono essenziali per il completamento della maturazione delle epifisi e dell’apposizione minerale ossea durante la pubertà e l’adolescenza (Kelly et al., 1990; Bachrach, 2005). Su tutti questi processi, influenzati da questa complessa sequenza di cambiamenti ormonali, interagiscono inoltre fattori nutrizionali ed ambientali, in grado di modificare il potenziale genetico dell’individuo (Turner et al., 1992; Matkovic et al., 1990; Matkovic et al., 1990). Fino all’80% della BMD sarebbe geneticamente determinata, mentre il maggior periodo di rapido sviluppo scheletrico, che avviene nell’infanzia e nell’adolescenza, renderebbe conto del 30-40% dell’aumento totale della massa ossea. Fattori ambientali come un costante esercizio fisico, l’intake dietetico di calcio ed una corretta azione della vitamina D, potrebbero influenzare fino al 20% della BMD (Bachrach, 2005). Calcio e vitamina D sono due nutrienti essenziali a lungo conosciuti per il loro ruolo nella salute ossea (Demay et al., 2007; Ward et al., 2010; Welten et al., 1995; Winzenberg et al., 2011; Winzenberg et al., 2010). Molti dati confermano che un adeguato apporto alimentare di calcio è importante per raggiungere una corretta PBM, evidenziando come la supplementazione di calcio possa aumentare l’acquisizione di massa ossea durante l’adolescenza e l’età giovane-adulta (Bonjour et al., 1997; Johnston et al., 1992). Quando tale supplementazione di calcio cessa, l’effetto benefico sull’osso scomparirebbe. La sintesi cutanea della vitamina D per azione della luce solare è insufficiente a soddisfare il fabbisogno nei paesi europei, soprattutto durante i mesi invernali, quando l’esposizione al sole è ridotta (Prentice, 2008). Quindi, appare necessario un adeguato apporto di vitamina D durante l’infanzia e l’adolescenza per garantirne un livello sufficiente ad assicurare una normale mineralizzazione ossea (Holick et al., 2011). La vitamina D, infatti, attraverso la sua azione di ottimizzazione dell’assorbimento intestinale di calcio, appare essenziale per garantire la normale calcificazione della cartilagine di accrescimento e la mineralizzazione della matrice osteoide a livello dell’osso trabecolare e corticale (Lamberg-Allardt, 2012). Inoltre, un adeguato livello di vitamina D è necessario per un efficace assorbimento di calcio e per il mantenimento di normali livelli ematici di calcio e fosfato, che a loro volta sono necessari per la normale mineralizzazione delle ossa (Bouillon et al., 2008). Il livello sierico di 25(OH)D, o calcidiolo, è generalmente ritenuto un buon indicatore dello stato nutrizionale della vitamina D (Ross et al., 2011). Ad oggi non è tuttavia emersa alcuna chiara indicazione di una specifica relazione dose-risposta tra assunzione di calcio o livello della vitamina D e BMC o BMD, anche se alcuni studi osservazionali sembrano evidenziare una associazione tra il livello sierico di 25(OH)D, la BMD e/o il BMC nei bambini e negli adolescenti, come pure un effetto sulla BMD e sul BMC dell’integrazione combinata di una dieta abituale con calcio e vitamina D (Stagi et al., 2013). Oltre all’intake di calcio e vitamina D, bisogna considerare che l’osso è un tessuto vivente che ha la capacità di rispondere a stimoli meccanici come l’attività o l’esercizio fisico. La presenza di stimoli continui da parte di un carico meccanico, quindi, è essenziale per mantenere una normale massa ossea. Al contrario, l’inattività porta ad una rapida perdita di massa ossea, come si osserva nei pazienti allettati (Frost, 1987). La deformazione meccanica prodotta sull’osso, infatti, sarebbe rilevata dagli osteociti tramite le loro giunzioni cellulari, producendo una serie di modificazioni in grado di portare al rimodellamento dell’osso. L’attività fisica rappresenta un fattore modificabile che può quindi aumentare l’accrezione ossea se effettuata con regolarità. Nell’infanzia e l’adolescenza, l’attività fisica determina degli indubbi Osteoporosi in età evolutiva ♀ ♂ ♀ ♂ ♂ ♀ Figura 1. In alto: Confronto e differenze tra la velocità di crescita staturale (a) e la velocità di crescita ponderale (b) tra individui di sesso maschile (♂) e femminile (♀). In basso: crescita della massa ossea in relazione alla velocità di crescita staturale e differenza nel picco di massa ossea tra individui di sesso maschile (♂) e femminile (♀). effetti positivi sulla massa ossea, sia a breve termine che a lungo termine. L’incremento potrebbe essere maggiore qualora l’attività fisica venga iniziata precocemente e/o in età prepuberale. Comunque, ciò è anche importante nell’adolescenza, periodo in cui il guadagno osseo è più significativo fisiologicamente (Gunter et al., 2012). Metabolismo osseo I marker biochimici del turnover osseo ci possono permettere di comprendere i meccanismi di fomazione e riassorbimento; pur non essendo specifici, possono fornire indicazioni sulla patogenesi di eventuali disordini del metabolismo e/o della qualità ossea (Stagi et al., 2013; Basit, 2013; Michigami, 2014). Tutti i marcatori biochimici del turnover osseo possono essere misurati in campioni di sangue e/o di urine. Nei bambini, i marker biochimici correlano con la velocità di crescita; quindi, essi saranno più alti nei periodi di maggiore crescita, come nel primo anno di vita, e durante lo scatto di crescita puberale (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012). I marcatori della formazione ossea più frequentemente utilizzati sono: • Fosfatasi alcalina sierica (ALP). Si tratta di un enzima prodotto dall’osso, ma anche da altri tessuti, tra cui il fegato, l’intestino ed i reni. Nell’osso, la ALP è espressa sulla superficie degli osteoblasti e l’enzima può essere clivato dalla membrana e rilasciato nella circolazione; perciò, l’attività enzimatica può essere determinata in campioni sierici. Anche se la ALP totale è ampiamente utilizzata come marker del metabolismo osseo, consistendo in diverse isoforme la misurazione dell’isoenzima osseo specifico della ALP è preferibile (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012). • Osteocalcina sierica (OC). L’OC è una piccola proteina sintetizzata principalmente dagli osteoblasti, ma anche dagli odontoblasti e dai condrociti. Mentre l’OC è principalmente depositata nella 155 R. Cimaz, S. Stagi matrice extracellulare dell’osso, una piccola quantità entra nella circolazione, dove è rapidamente degradata. L’OC ha un ritmo circadiano con elevati valori notturni rispetto ai valori diurni (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012). • Peptide carbossi-terminale del procollagene di tipo I (PICP) sierico. Il collagene tipo I rappresenta più del 90% della matrice ossea organica. Esso viene continuamente sia sintetizzato che degradato; da questi processi originano continuamente piccoli frammenti molecolari, indice sia dei processi di formazione che di quelli di riassorbimento osseo. I primi, scissi dalle molecole di collagene di nuova costituzione, sono indicati col termine di PICP e PINP a seconda dell’origine C- o N-terminale. Come l’osteocalcina, PICP mostra un ritmo circadiano (Naylor & Eastell, 2012). I marcatori del riassorbimento osseo più frequentemente utilizzati invece sono: • Piridinoline (PYD) e deossipiridinoline (DPD) urinarie. Si tratta di molecole rilasciate nella circolazione durante il riassorbimento osseo ed escrete nelle urine. Quindi, le quantità di PYD e DPD nel siero e nelle urine derivano principalmente dall’osso che presenta un turnover maggiore rispetto agli altri tessuti contenenti collagene. Il DPD è considerato più osso-specifico e quindi rappresenta un utile marker del riassorbimento osseo (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012). • Idrossiprolina urinaria. Si tratta di un aminoacido che si trova nelle proteine del collagene. Solo il 10% della idrossiprolina è escreta con le urine. Inoltre, un altro svantaggio è che vi possono essere anche fonti dietetiche di idrossiprolina. Le influenze della dieta possono essere minimizzate misurando il rapporto idrossiprolina/creatinina su urine del mattino a digiuno. Sarebbe perciò da preferire il dosaggio delle DPD urinarie (Naylor & Eastell, 2012). • Telopeptidi N- (NTX) o C-terminali (CTX) del collagene maturo tipo I. Tali marker possono essere misurati sia nel sangue che nelle urine (Stagi et al., 2013). • Calcio urinario. L’escrezione di calcio totale giornaliera dipende dall’assunzione di calcio. Come l’idrossiprolina, l’influenza della dieta può essere minimizzata attraverso la misurazione del rapporto calcio/creatinina nelle urine della prima mattina (Stagi et al., 2013; Naylor & Eastell, 2012). • Cross-link terminale telopeptide C del collagene di tipo I (lCTP). L’ICTP viene rilasciato durante il riassorbimento osseo di collagene. L’ICTP mostra un ritmo circadiano, come l’osteocalcina ed il PICP (Naylor & Eastell, 2012). In età pediatrica, il parametro da prendere in considerazione per un esame densitometrico è rappresentato dallo Z-score. Il T-score, è bene ricordarlo, è invece un parametro da utilizzare solo in soggetti adulti (Lewiecki et al., 2008). Lo Z-score rappresenta il numero di deviazioni standard (DS) al di sopra o al di sotto del valore atteso, in base all’età, alla razza e al sesso del paziente. Z-score = BMD del soggetto – media dei soggetti di stessa età e sesso/ DS dei soggetti di stessa età e sesso È da notare che, fino ad alcuni anni fa, per la valutazione della DXA in età pediatrica si utilizzava lo Z-score con gli stessi limiti di riferimento utilizzati per il T-score. Nel soggetto in età evolutiva, comunque, non è mai stata definita con certezza una correlazione tra riduzione della massa ossea e l’entità del rischio di frattura. Per tale motivo nel 2004, l’International Society for Clinical Densitometry (ISCD) ha stabilito che la diagnosi di osteoporosi in età pediatrica non può essere fatta esclusivamente su criteri densitometrici, utilizzando la definizione di riduzione della densità ossea in base all’età cronologica quando lo Z-score risulti inferiore a -2,0. Il database pediatrico di riferimento per l’interpretazione dello Z score deve essere citato nel referto (Baim et al., 2004). Tecniche densitometriche Esistono numerose tecniche densitometriche per la misurazione non invasiva della massa ossea (Tab. I). Le tecniche più diffuse utilizzano l’attenuazione dei raggi X nell’attraversare il distretto scheletrico da esaminare. Tali tecniche sono basate sull’assorbimento e l’interazione con il tessuto osseo di fotoni incidenti (Blake & Fogelman, 2009; Bogunovic et al., 2009). Radiologia tradizionale Tra queste vi è lo studio radiologico tradizionale, che consente l’osservazione della morfologia ossea e l’analisi della porzione corticale e spongiosa. Con questa tecnica è possibile individuare zone di aumento della trasparenza per riduzione della componente trabecolare e di riduzione dello spessore della corticale che sono segni di osteopenia, oltre a zone di importante alterazione come fratture, esiti di fratture, o deformazioni della normale morfologia ossea. Sedi abituali per tali valutazioni sono lo studio della mano e lo studio morfometrico del rachide (Bogunovic et al., 2009). Un’esempio di frattura vertebrale è indicato in Figura 2. L’interpretazione dei dati è, tuttavia, molto operatore-dipendente e correlata alla qualità dell’immagine Definizione di osteoporosi Nell’adulto, l’osteoporosi è una malattia scheletrica caratterizzata da una bassa massa ossea ed un deterioramento micro-architetturale del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea e suscettibilità alle fratture. Si tratta, inoltre, di una delle principali cause di morbilità e mortalità tra gli anziani. Solo negli ultimi anni tale definizione è stata adattata all’età evolutiva, quando si può parlare di osteoporosi solo se alla riduzione della massa ossea si accompagna una storia di fratture. Nel bambino e nell’adolescente una riduzione dei valori di densità minerale ossea di oltre 2 DS rispetto alla media per l’età ed il sesso dovrebbe essere considerata patologica, analogamente a come viene normalmente fatto nella pratica clinica per i vari parametri auxologici (Lewiecki et al., 2008). Tuttavia, oltre all’età, altre variabili come la razza, la statura, il peso e lo stadio puberale, potrebbero interferire sensibilmente sui valori di riferimento (Cimaz & Stagi 2013). 156 Tabella I. Principali tecniche densitometriche per la misurazione non-invasiva della massa e/o qualità osssea. Radiografia morfometria qualitativa tecniche morfometriche quantitative Assorbimetria a raggi X a doppia energia (Dual-energy X-ray absorptiometry o DXA) Tomografia computerizzata quantitativa periferica (Peripheral quantitative computed tomography o pQCT) Ultrasonografia ossea quantitativa (Bone Quantitative Ultrasonometry o QUS) Risonanza magnetica quantitativa (Quantitative Magnetic Resonance o QRM) Osteoporosi in età evolutiva per esempio di un ritardo puberale. Pur con questi limiti, la DXA è tuttora considerata il gold standard per la misurazione della massa ossea (van Kuijk, 2010). Tomografia Computerizzata Quantitativa Una nuova tecnica, anch’essa però basata sull’uso di radiazioni ionizzanti, è la Tomografia Computerizzata Quantitativa, che a differenza delle due tecniche precedentemente descritte, non è una tecnica proiettiva, ma permette una valutazione volumetrica senza sovrapposizione di altri tessuti e permette di ottenere valutazioni tridimensionali superando alcuni dei limiti della DXA. I distretti esaminati sono di solito il rachide lombare e il collo del femore. Tra le QCT, la pQCT o tomografia computerizzata quantitativa periferica rappresenta una delle tecniche più interessanti e promettenti. La pQCT viene effettuata a livello di ulna e radio oppure tibia e perone del lato non dominante. Con questa tecnica è possibile valutare in vivo la superficie della componente spongiosa, il numero delle trabecole per singola sezione, il numero di “nodi” (incroci tra le trabecole) e di end point (inizio e fine delle trabecole) e la resistenza del tessuto osseo alla torsione. La relazione tra i parametri di pQCT nei soggetti normali e le variazioni osservate con il progredire dell’età é stata oggetto di diverse pubblicazioni, le quali hanno dimostrato una correlazione tra variazioni della massa ossea a livello periferico ed età del soggetto. Purtroppo l’utilizzo di questa tecnica è ancora limitato dalla scarsità di strumenti disponibili e di informazioni relative all’interpretazione dei dati, non essendo attualmente disponibili limiti di riferimento specie in età evolutiva (Engelke et al., 2009; Zemel, 2011). Figura 2. Radiogramma che evidenzia fratture vetebrali in paziente con connettivite in teapia corticosteroidea cronica. ottenuta, inoltre non è possibile individuare segni di riduzione della densità ossea nelle fasi iniziali, ma solo quando la patologia è in fase molto avanzata (circa il 30-40% di perdita ossea). L’indagine morfometrica, al contrario, supera i limiti legati alla valutazione dell’operatore e permette, in maniera affidabile, di misurare le altezze dei corpi vertebrali e di riconoscere pertanto le fratture vertebrali legate a una alterata densità o qualità ossea. Densitometria a raggi X a doppia energia Un’altra tecnica basata sui raggi X è la densitometria a raggi X a doppia energia (DXA), che permette di raccogliere dati relativi al contenuto osseo minerale (BMC) e alla densità ossea minerale (BMD) del distretto esaminato. I valori ottenuti vengono riportati dallo strumento su una curva di riferimento e messi in rapporto all’età e al sesso del paziente. In età evolutiva questa tecnica ha però diversi limiti, in quanto i parametri auxologici possono influire sulla valutazione del risultato, potendo dare valori di densità falsamenti ridotti a causa del volume osseo che nel bambino è ridotto rispetto all’adulto, e nel caso di variazioni parafisiologiche o patologiche delle tappe di sviluppo puberale. Infatti, parametri auxologici, come statura o peso, possono influire sulla valutazione della aBMD, i cui risultati vengono espressi in rapporto a una superficie e non a un volume. Quindi, un osso più piccolo può avere una densità (gr/cm2) falsamente ridotta, visto che, essendo una metodica non volumetrica, è impossibile calcolare direttamente lo spessore. Inoltre, lo sviluppo puberale condiziona il picco di massa ossea. Per questo motivo, una riduzione della BMD dovrebbe essere valutata con cautela in corso Risonanza Magnetica Quantitativa Una nuova tecnica non invasiva che non si avvale di raggi X è la Risonanza Magnetica Quantitativa, che permette lo studio della microarchitettura trabecolare, dello spazio intertrabecolare e della distribuzione spaziale delle trabecole, ed evidenzia l’eventuale presenza di microfratture patologiche. Le sedi più studiate con questa tecnica sono il calcagno, le falangi e il radio distale. Questa tecnica al momento è utilizzata a livello sperimentale, ma sembra essere molto promettente per la qualità delle informazioni che fornisce e per la non invasività. Ultrasonografia Ossea Quantitativa Infine, l’ultrasonografia ossea quantitativa è una tecnica che utilizza gli ultrasuoni e ha molti vantaggi essendo priva di effetti collaterali, non invasiva, poco costosa, di facile esecuzione e fornendo dati affidabili che si prestano ad una rapida interpretazione. I distretti ossei studiati con questa tecnica sono il calcagno, la porzione mediale della tibia, le falangi distali (tranne quella del primo dito) della mano non dominante o il metacarpo nei bambini di età inferiore ai 3 anni. Le tecniche ad ultrasuoni si basano sulla misura del grado di attenuazione (BUA) o della velocità degli ultrasuoni (SOS; AD-SoS; BTT) durante l’attraversamento in senso trasversale del segmento osseo in esame (es. falangi della mano, calcagno) oppure sulla misura della velocità dell’onda ultrasonica dopo trasmissione lungo l’asse longitudinale dell’osso esaminato (es. porzione mediale della tibia). Questa tecnica fornisce dati non solo quantitativi, ma anche qualitativi sul tessuto osseo del paziente. Si presta allo studio del tessuto osseo in età pediatrica per le caratteristiche precedentemente elencate ed essendo disponibili valori di riferimento per soggetti in età evolutiva corretti per età, sesso e stadio puberale. Questa tecnica non si può sostituire alla DXA, ma si integra ad essa e può essere utilizzata per eseguire followup più ravvicinati (Lum et al., 1992; Simonini et al., 2005). 157 R. Cimaz, S. Stagi Figura 3. Diagramma che schematizza la patogenesi dell’osteoporosi da corticosteroidi. Cause principali di alterata massa e/o qualità ossea Vi sono numerose evidenze scientifiche che documentano come un’alterata densità e/o qualità ossea possano interessare non solo l’età adulta ma anche l’infanzia e l’adolescenza. Lo studio di quelle condizioni che possono essere associate ad un’alterata densità e/o qualità ossea, perciò, riveste particolare importanza dal momento che le malattie metaboliche dell’osso possono essere particolarmente invalidanti (Stagi et al., 2013; Stark et al., 2014; Cimaz, 2002). Tra gli esempi di osteoporosi più frequenti sono quelle iatrogene, in particolare legate all’uso dei corticosteroidi. L’azione dei corticosteroidi sull’osso si esplica mediante mutipli meccanismi, che sono esemplificati nella Figura 3. Quindi, compito del Curante o e/o dello Specialista è quello di porre diagnosi il più precocemente possibile, affinché possano essere instaurati per tempo gli opportuni provvedimenti per la terapia e/o la profilassi delle complicanze. La diagnosi, oltre che su criteri clinici e/o laboratoristici, deve però sempre basarsi su un’accurata valutazione della densità minerale ossea mediante metodiche densitometriche che, al contrario del comune esame radiografico, permettono di individuare riduzioni del contenuto minerale osseo e/o qualità ossea, anche di lieve entità, intorno al 3-4%. In generale, una valutazione densitometrica, oltre che approfondimento ad un quesito clinico o laboratoristico, dovrebbe essere effettuata in soggetti che presentino importanti fattori di rischio (Tab. II). 158 Per le caratteristiche del turnover osseo, inoltre, l’esame densitometrico andrebbe effettuato all’inizio e ripetuto nel tempo per valutare l’evoluzione; le variazioni del contenuto minerale osseo, infatti, si realizzano piuttosto lentamente. Un ciclo di rimodellamento osseo richiede un periodo di 4-6 mesi, dal suo inizio al suo completamento; per tale motivo la valutazione della densità ossea ad intervalli inferiori ai 6 mesi ha scarso significato clinico (Stagi et al., 2013; Stark et al., 2014; Cimaz, 2002). In generale, per il follow-up di una condizione che si associa a riduzione della densità ossea, è sufficiente una valutazione ogni 12 mesi, mentre una valutazione ogni sei mesi dovrebbe essere indicata nelle forme rapidamente ingravescenti, come quelle derivanti dall’uso di corticosteroidi o chemioterapici ad alte dosi, nei malassorbimenti intestinali o in situazioni di grave malnutrizione; oppure per valutare l’effetto a breve termine sulla mineralizzazione ossea di trattamenti farmacologici (bifosfonati, ormoni gonadici) (Stagi et al., 2013; Stark et al., 2014; Cimaz, 2002). Conclusioni Una ridotta densità o qualità ossea può essere frequentemente diagnosticata in bambini ed adolescenti. Ciò può essere legato o aggravato da un insufficiente intake di calcio, ridotti livelli di vitamina D, ed un ridotto tasso di attività fisica. Tale alterazione patologica della Osteoporosi in età evolutiva Tabella II. Principali condizioni che possono causare un’alterata densità e/o qualità ossea in età evolutiva. Malattie endocrine Ipogonadismo Sindrome da insensibilità agli estrogeni Panipopituitarismo; deficit di GH Ipertiroidismo Sindrome di Cushing Iperparatiroidismo primitivo Sindrome di McCune Albright Iatrogene Corticosteroidi Anticonvulsivanti Analoghi del GnRH L-tiroxina (dosi elevate) Antiretrovirali Anticoagulanti Chemioterapici Malattie genetico-metaboliche Osteogenesi imperfetta Omocistinuria Sindrome di Marfan; Sindrome di Ehlers-Danlos Sindrome di Menkes Intolleranza alle proteine con lisinuria Fenilchetonuria Malattia di Gaucher Fibrosi cistica Cromosomopatie Sindrome di Turner Sindrome di Klinefelter Sindromi da delezione cromosoma 22 Neoplasie maligne Leucemia Linfoma Tumori solidi Alterazioni nutrizionali Anoressia nervosa Intolleranza al latte Carenza di calcio, rame, etc Diete vegetariane Malnutrizione Carenza di vitamina C, K Nutrizione parenterale totale Sovrappeso/obesità Altro Immobilizzazione/scarso uso Intensa attività fisica Post-trapianto Morbo di Paget giovanile Malattie osteolitiche Malattia di Rett Osteoporosi idiopatica giovanile Prematurità Malattie infiammatorie croniche Reumatiche (artrite giovanile idiopatica, lupus eritematoso sistemico, dermatomiosite) Renali (insufficienza renale cronica, acidosi tubulare renale, ipercalciuria idiopatica) Gastroenterologiche (MICI, epatopatie colestatiche) Cardiache (insufficienza cardiaca congestizia) Ematologiche (talassemia, emocromatosi ereditaria, emofilia A, anemia a cellule falciformi) Immunologiche (mastocitosi sistemica, sindr. da iper-IgE) Box di orientamento Cosa sapevamo prima L’osteoporosi è stata a lungo considerata una malattia principalmente geriatrica. L’impatto di tale condizione è rilevante dal punto di vista sociale ed economico, soprattutto in relazione alle fratture che ne conseguono. Cosa sappiamo oggi La prevenzione dell’osteoporosi riguarda anche e soprattutto l’età pediatrica, in quanto lo scheletro accumula sostanza ossea nelle prime due o tre decadi di vita, quando viene raggiunto il picco di massa ossea. Per la pratica clinica Numerose condizioni patologiche hanno un impatto importante sulla salute ossea; ruolo del pediatra è anche quello di conoscere tali condizioni e seguire in maniera sistematica i soggetti a rischio con metodiche densitometriche adeguate e standardizzate. Una prevenzione e una terapia farmacologica possono essere fondamentali nei casi che hanno sviluppato osteopenia o in coloro che sono a maggior rischio. densità e della qualità ossea può essere primaria oppure rappresentare una complicanza di malattie croniche o dei trattamenti farmacologici effettuati. In ogni caso, poichè la maggior parte della massa ossea viene raggiunta al termine della crescita longitudinale di un individuo, la crescita dello scheletro durante l’infanzia e l’adolescenza è un fattore determinante della vita per il rischio di osteoporosi e fratture in età adulta. Bibliografia Bachrach LK. Assessing bone health in children: who to test and what does it mean? Pediatr Endocrinol Rev 2005;2(Suppl. 3):332-6. Baim S, Leonard MB, Bianchi ML, et al. Official Positions of the International Society for Clinical Densitometry and executive summary of the 2007 ISCD Pediatric Position Development Conference. J Clin Densitom 2008;11:6-21. ** Linee guida ufficiali della Società Internazionale di Densitometria 159 R. Cimaz, S. Stagi Basit S. Vitamin D in health and disease: a literature review. Br J Biomed Sci 2013;70:161-72. * Recente review della letteratura sulla vitamina D in stati di salute e di malattia. Blake GM, Fogelman I. 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