Metodi e tecnologie di difesa dai danni da fauna selvatica

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Metodi e tecnologie di difesa dai danni da fauna selvatica
DIFESA DELLE COLTURE
● PROBLEMATICA IN AUMENTO IN DIVERSE REGIONI ITALIANE
Metodi e tecnologie di difesa
dai danni da fauna selvatica
A
B
C
D
E
F
Foto 1 A - Asportazione primaverile dei germogli da parte del capriolo in un vigneto del Chianti. B - Danno da ungulati
su uva matura. C - Danni da scortecciamento provocati da un daino in un giovane oliveto. D - Danno da lepre
su una giovane piantina di melo priva di protezione. E - Notevoli possono essere i danni provocati alle produzioni castanicole
da parte degli ungulati selvatici. F - Effetti del passaggio di cinghiali su un campo di girasole
La protezione delle colture dai danni causati
da animali selvatici (caprioli, cervi, cinghiali, ecc.)
è ormai indispensabile a causa del sempre più
elevato rischio presente in varie regioni italiane.
Diversi sono i metodi di prevenzione e protezione
oggi disponibili, utili però a ridurre le probabilità
di danneggiamento entro limiti fisiologici
di Veronica Racanelli,
Francesco Sorbetti Guerri
A
partire dagli anni 70 del
secolo scorso, a causa dei
grandi cambiamenti dell’assetto sociale e produttivo
di molti territori italiani (abbandono
di aree agricole marginali collinari e
montane, espansione dei boschi, ecc.)
e di numerosi altri fattori (creazione di
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istituti di protezione, reintroduzioni
effettuate sia a scopo conservazionistico sia venatorio, cambiamenti climatici, inquinamenti ambientali, imprudenti interventi di gestione della
fauna, ecc.), si sono determinate profonde trasformazioni del nostro patrimonio faunistico.
In molte regioni italiane si è registrato, ad esempio, un considerevole
incremento numerico degli ungula-
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ti selvatici (cinghiali, caprioli e cervi
in particolare) che sono rapidamente
giunti a colonizzare anche le zone più
prossime ai centri urbani.
La ricomparsa di tali selvatici è stata
accolta, a buon ragione, come motivo
di arricchimento e valorizzazione del
patrimonio ambientale ma, in assenza di adeguate politiche di gestione
faunistica, ha determinato nel tempo
problemi sempre più rilevanti per le
elevate consistenze numeriche raggiunte. Fra tali problemi ha assunto
un’importanza sempre maggiore quello dei danni provocati dalla fauna ungulata alle produzioni agricole ( foto 1),
al patrimonio forestale e agli equilibri
di molti ecosistemi di particolare valore ambientale.
Nonostante il prelievo che oggi viene effettuato in molte regioni, le popolazioni di tali selvatici non mostrano decrementi apprezzabili e, anzi,
DIFESA DELLE COLTURE
vatici. Tali sistemi, in base al
per alcune specie (cinghia- FIGURA 1 - Colture a perdere
metodo di azione, possono
le, capriolo, daino e cervo) il
essere suddivisi in due printrend di crescita delle popo- L’efficacia delle colture a perdere dipende dalla realizzazione
cipali categorie: metodi inlazioni appare costante nel di semine o impianti di vegetali in grado di:
diretti e metodi diretti. Fra i
tempo. È fuori dubbio che • essere competitivi in termini di appetibilità con le coltivazioni
metodi indiretti si annoveraconsistenze di popolazioni da proteggere;
• essere in grado di esercitare la loro attrazione competitiva in
no le tecniche finalizzate ad
di ungulati più coerenti con
sincronia con i periodi di maggior rischio delle coltivazioni;
agire sulla fauna per demotile capacità portanti dei vari
• essere composti da più specie vegetali capaci di garantire
varla dal danneggiare le proterritori potrebbero consentiproduttività e grado di attrazione efficace per periodi più ampi
duzioni fornendole, ad esemre di attenuare i danni sopra di quelli delle specie coltivate;
pio, offerta di cibo alternaricordati, ma anche in ipote- • essere adattabili alle diverse condizioni pedologiche e
tivo attraverso l’incremento
tiche condizioni di presenza climatiche locali;
naturale della disponibilità
equilibrata dei selvatici non • essere in grado di svilupparsi su terreni marginali alle
alimentare. In tale ipotesi si
è da pensare che eventua- coltivazioni soggette a lavorazioni ridotte;
può parlare più propriamente
li danneggiamenti possano • essere in grado di mantenersi e rigenerarsi spontaneamente
di «tecniche di prevenzione».
mantenersi ovunque e sem- per più anni.
pre entro limiti tollerabili.
Fanno, invece, parte dei mePer questo, anche in situatodi diretti quei sistemi che
zioni di rischio limitato, l’adozione di guito di perizie condotte da tecnici spe- agiscono direttamente sugli animali cremetodi di difesa appropriati ed efficaci cializzati con successiva liquidazione ando barriere fisiche (ad esempio le redeve essere considerata come una ne- dei danni rilevati; in aggiunta vengo- cinzioni tradizionali che impediscono
cessità da non sottovalutare nell’ambi- no proposti agli agricoltori contributi agli animali di penetrare nelle aree da
to della gestione dell’azienda agraria. per la realizzazione di sistemi di dife- difendere) o barriere psicologiche (come,
sa. Questa seconda soluzione, anche se ad esempio i recinti elettrici, che agipiù impegnativa per l’impresa agricola, scono sui sensi degli animali in modo
sembra da preferirsi dal momento che da modificarne il comportamento). Per
solitamente l’indennizzo non riesce a la maggior parte di questi si può quinÈ utopistico ipotizzare che sistemi di coprire il danno effettivo e comunque di parlare di «tecniche di protezione». I
difesa, ecologicamente e socialmente non fornisce tutela nei confronti della diversi sistemi di difesa, oltre che per
accettati e sostenibili, possano essere capacità imprenditoriale, del valore dei l’efficacia e l’impegno economico e gein grado di eliminare in modo tota- prodotti trasformati, del rispetto degli stionale richiesto, si differenziano anche per un diverso impatto ecologico e
le e definitivo il danno degli animali impegni di fornitura, ecc.
È bene quindi che l’imprenditore agri- paesaggistico.
selvatici alle attività produttive o alle
componenti più «naturali» dei nostri colo si rivolga a tecnici faunistici o agli
ecosistemi (boschi, praterie cacumina- uffici preposti alla gestione faunistica
li, ecc.). Non esistono metodi di pre- (Regioni, Ambiti territoriali di caccia,
venzione o di protezione «a rischio ecc.) per avere informazioni dettagliazero», cioè capaci di garantire una di- te sugli aiuti previsti dalle normative
Il foraggiamento dissuasivo consifesa assoluta, dal momento che l’effi- locali sia per sussidi alla difesa sia per ste nel predisporre e attrezzare, nei
cacia di ciascuno di essi può variare le modalità di ristoro dei danni.
periodi di maggior rischio di dannega causa di molti fattori diversi, ma è
giamento, delle aree distanti dalle colpiù realistico ipotizzare che le divertivazioni dove gli animali possano
se metodologie di prevenzione o di
reperire cibo fornito dall’uomo con
protezione possano, singolarmente
lo scopo di distrarre la loro azione
o in associazione fra loro, ridurre le
Numerosi sono oggi i sistemi propo- dannosa dalle coltivazioni agricole.
probabilità di danneggiamento entro sti per la prevenzione o la protezione
Questa pratica può essere effettuata
limiti fisiologici.
dai danni provocati dagli animali sel- distribuendo periodicamente il mangime sul terreno o utilizzando alimentatori automatici o attivati dagli animali
stessi. Attuando tecniche di foraggiamento dissuasivo occorre fare particolare attenzione alle quantità (che devoGli indennizzi sono soluzioni previno essere sempre modeste), alle modaste in talune regioni per venire inconlità di distribuzione (sono da preferire
tro ai produttori che subiscono danni
più postazioni di piccole dimensioni)
da fauna selvatica. I sistemi di assie al tipo di cibo somministrato (il più
curazione non sono da escludere, ma
naturale possibile come per esempio
risultano spesso poco proponibili a
mais e altri cereali). Eccessivi apporti
causa degli alti costi dei premi richiealimentari possono infatti determinare
sti dalle compagnie assicurative in siFoto 2 Colture a perdere in prossimità
incrementi indesiderati delle consistentuazioni di elevato rischio di danno.
di un margine boschivo utilizzate
ze delle popolazioni. Per tale motivo taPiù spesso, come ad esempio in Toper fornire risorse trofiche alternative
le sistema è soggetto a normative molscana, l’Ente pubblico ha preferito ina cervidi e bovidi
to restrittive (in Toscana ad esempio è
traprendere la via dell’indennizzo a se-
La difesa dai danni
da fauna selvatica
Foraggiamento
dissuasivo
Metodi di difesa
Ristoro o prevenzione
dei danni?
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DIFESA DELLE COLTURE
zioni o per potenziare l’efficacia di altri
sistemi di protezione ( foto 2) ( figura 1).
Occorre però valutare attentamente
la situazione faunistica locale ed eventualmente integrare il metodo con tecniche dissuasive efficaci, per evitare
che le colture a perdere diventino motivo di attrazione per altre specie indesiderate come ad esempio cinghiale,
cervo e daino.
Foto 3 Repellente gustativo applicato
su un vigneto per la protezione
primaverile dei tralci
limitato a casi eccezionali e controllati) (1). Il foraggiamento dissuasivo deve
inoltre essere praticato esclusivamente
nel periodo di maturazione delle produzioni agricole suscettibili di danneggiamento, eventualmente a supporto di
altri metodi di prevenzione.
Colture a perdere
a scopo dissuasivo
Le colture a perdere sono rappresentate da aree coltivate con specie
vegetali appetite dai selvatici lasciate in campo in modo da fornire una
fonte alimentare per la fauna selvatica. Per la prevenzione dei danni queste
aree dovrebbero essere situate lontano
dalle zone coltivate (ad esempio all’interno di boschi o incolti); spesso però,
le superfici disponibili sono rare e di
dimensioni ridotte e la loro messa a
coltura presuppone investimenti considerevoli a cui sovente non conseguono risultati soddisfacenti o comunque
rispondenti all’impegno impiegato.
Le aree coltivabili in zone boschive o
incolte, in genere difficilmente raggiungibili con i mezzi meccanici, presentano
spesso suoli con scarsa fertilità e difficili da lavorare con conseguenti sviluppi più lenti delle colture e maturazioni
ritardate; non offrono quindi adeguate
disponibilità alimentari sia in termini
quantitativi sia temporali.
Nel caso di specie a comportamento
territoriale come il capriolo, sono allo
studio colture a perdere costituite da
miscugli di specie erbacee particolarmente appetibili o da specie arbustive o
arboree tagliate frequentemente in modo da fornire una alternativa alimentare competitiva in prossimità di zone
coltivate e in sincronia con i periodi di
maggior rischio per le colture agrarie.
Il metodo può rappresentare un valido
aiuto per ridurre l’impatto sulle coltiva-
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Protezione chimica
Col termine di protezione chimica
si intende l’uso di prodotti repellenti
olfattivi e/o gustativi da applicare in
prossimità delle colture da proteggere o direttamente sulle stesse (detti in
tal caso repellenti di contatto) per impedirne il danneggiamento da parte
degli animali selvatici.
Questi prodotti sono distinti in due
categorie: i repellenti che agiscono attraverso l’odore (olfattivi) e i repellenti
che agiscono attraverso il gusto (gustativi). Oggi sono presenti sul mercato numerosi prodotti repellenti, la
maggioranza dei quali hanno azione di
contatto. In linea di massima le diverse tipologie di repellenti si distinguono
per il modo di applicazione: quelli olfattivi si distribuiscono direttamente
sulle piante oppure vengono utilizzati come repellenti d’area applicandoli
o sistemandoli in appositi contenitori
lungo il perimetro della zona da proteggere. I repellenti gustativi vengono invece utilizzati per applicazione
diretta sulla pianta ( foto 3).
Il funzionamento dei repellenti di
contatto si basa su quattro diversi modi d’azione: apprendimento dell’avversione al gusto, modifica del gusto, irritazione chimica e paura (Nolte & Wagner, 2000 in Kimbal & Nolte 2006).
I primi due tipi di azione hanno funzionamento simile dal momento che
Foto 4 Le emissioni ottico-acustiche
di un dissuasore faunistico provocano
l’allontanamento precipitoso
del cinghiale dall’area da proteggere
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si basano sul principio di modificare
la palatabilità delle piante su cui sono applicati. Nel primo caso, utilizzato
anche nei confronti dei carnivori, viene applicata all’alimento una sostanza
che produce disturbi fisici nell’animale
(come emesi, ecc.) che determina, successivamente, il rifiuto nei confronti
di quell’alimento. Il prodotto repellente deve essere, in tal caso, applicato a
tutte le piante da proteggere perché le
esposizioni devono essere ripetute. Un
altro meccanismo per alterare la palatabilità di un cibo è quello di modificarne il sapore o l’odore oppure renderlo irritante attraverso particolari
sostanze attive (capsaicina, denatonium benzoate, tiram, ecc.).
Per indurre, invece, paura negli animali, nel corso degli anni sono state utilizzate diverse sostanze a funzionamento olfattivo come quelle che
ricordano l’odore di predatori (urina,
estratti fecali e ghiandolari di predatori), odori che producono sensazioni
di paura negli animali (sangue, uova
in decomposizione, derivati dalla degradazione di sostanze proteiche, ecc.).
Recentemente è comparso sul mercato un repellente a base di grasso di
pecora utilizzabile in particolare per
la protezione dei germogli nei frutteti
e nei vigneti che, dopo il primo anno
di applicazione su ampia scala, sta riscontrando un particolare apprezzamento da parte degli agricoltori per la
sua promettente efficacia.
I limiti dell’utilizzo dei repellenti sono rappresentati:
● dal dilavamento causato dalle piogge che può rendere necessaria la ripetizione delle applicazioni (per ovviare
a tale inconveniente a questi prodotti
possono essere addizionate sostanze
adesivanti);
● dalla velocità di accrescimento della
vegetazione (nelle fasi di maggior ac-
Foto 5 Chianti Fiorentino: protezione
di un vigneto di nuovo impianto
con shelter in plastica
DIFESA DELLE COLTURE
crescimento le parti vegetali formatesi
dopo i trattamenti possono rimanere
scoperte dalla protezione in particolare per i repellenti gustativi);
● dalle difficoltà di trattamento in periodi particolarmente piovosi;
● dai limiti di utilizzo degli stessi nei
periodi immediatamente precedenti
la raccolta.
Generalmente i repellenti sono particolarmente utilizzati per la protezione di vigneti, frutteti, oliveti e vivai,
quando altri sistemi di difesa risultano di più difficile applicazione o di
costo troppo elevato; tuttavia l’uso dei
repellenti su piante già in produzione deve essere valutato attentamente per evitare che le sostanze possano trasmettere sapori indesiderati ai
prodotti derivati.
Protezione ottico-acustica
e ultrasonica
Foto 6 Casentino: la protezione di vivai
per la produzione di alberi di Natale
con recinzioni fisse è una soluzione
molto diffusa per la difesa dai danni
dei cervidi
lizzati per proteggere colture diverse
nel corso delle stagioni. Nell’uso dei
dissuasori ottico-acustici è importante
evitare la continuità troppo prolungata
di funzionamento e utilizzare dispositivi in grado di emettere suoni diversificati per evitare assuefazione da parte
degli animali.
Un’altra tipologia di difesa che sta
diffondendosi per la messa a punto di
dispositivi di effettiva efficacia prevede l’utilizzazione di strumenti a ultrasuoni. Sono attualmente in fase di
perfezionamento dispositivi di nuova
generazione in grado di emettere ultrasuoni con modalità e frequenze specifiche per le diverse specie faunistiche.
La protezione ottico-acustica consiste nell’emissione di luci e/o suoni
per creare situazioni di allarme e insicurezza negli animali.
Attualmente i dispositivi più diffusi
sono rappresentati da dissuasori elettronici che riproducono suoni diversi
ed emettono luci lampeggianti che generano negli animali una sensazione
di pericolo. Alcuni di questi strumenti
riproducono in modo automatico suoni archiviati in formato digitale grazie
a una memoria interna e sono attivati
in modo ciclico programmabile oppure
dal passaggio degli animali attraverso un sensore che funziona in assenza
La protezione fisica individuale è
di operatore e in qualsiasi condizione particolarmente utilizzata per difenmeteorologica. Alcuni dissuasori pos- dere colture arboree da frutto come
sono essere attivati anche da sensori frutteti, vigneti, oliveti (o altre colture
remoti wireless, che permettono di co- pregiate) e rimboschimenti, specialprire superfici più ampie.
mente nel primo periodo dopo l’imProve condotte con l’uso di dissuaso- pianto. Il metodo consiste nella prori acustici faunistici in varie campagne tezione delle singole piante mediansperimentali hanno fornito risultati te dispositivi realizzati con materiali,
positivi in merito all’efficacia di tali forme e dimensioni diverse che avvolstrumenti nell’allontanamento da aree gono il fusto e che impediscono agli
coltivate del cinghiale ( foto 4)
e del cervo, mentre per quan- FIGURA 2 - Principio di funzionamento
to riguarda il capriolo i da- della recinzione elettrica
ti suggeriscono la necessità
di ulteriori perfezionamenti
del metodo (Sorbetti Guerri
et al., 2011).
I vantaggi di tali sistemi
sono rappresentati dai costi
abbastanza contenuti, dalla
semplice trasportabilità, dalla facile installazione e dalla possibilità di essere uti-
Protezione fisica
individuale o particellare
Foto 7 Recinzione fissa
animali di danneggiare i germogli o la
corteccia. Gli shelter sono particolarmente utili per la protezione di colture arboree (nuovi impianti di frutteti,
vigneti, ecc.) dai danni provocati da
piccola selvaggina (lepri, conigli, ecc.)
(foto 5). Questi vengono anche impiegati, con maggiori problematiche, per la
difesa da cervidi e bovidi prevedendo
anche la protezione delle parti apicali
delle piante, ad esempio attraverso la
realizzazione di shelter in rete di altezza adeguata. Il loro impiego è comunque semplice e non richiede grande
impegno di manutenzione.
I principali svantaggi delle protezioni individuali sono legati al fatto che
(se in materiale plastico) al loro interno si possono creare condizioni climatiche particolari in grado di influire
sullo sviluppo di patogeni, parassiti,
erbe infestanti, ecc. e sulla difficoltà
di proteggere le piante seguendo la
loro crescita.
Le protezioni particellari, realizzate con rete metallica, rappresentano
un metodo di difesa delle colture, siano esse agrarie che forestali, tra i più
efficaci, consigliato quando la densità degli ungulati presenti è particolarmente elevata e quando si devono
proteggere, per periodi di tempo prolungati, specie pregiate ad alto reddito ed elevata suscettibilità di danneggiamento.
Questo è, in particolare, il
caso di vivai, colture orticole, rimboschimenti, vigneti,
frutteti ( foto 6).
Tale sistema non è tra i
più diffusi, perché presenta
limiti di natura tecnica, economica, ambientale, paesaggistica, normativa e sociale.
Le recinzioni fisse possono
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Foto 8 Recinzione temporanea
essere realizzate utilizzando vari tipi
di rete, considerando comunque la necessità di fare molta attenzione a scegliere fili di diametro tale da garantire
una sufficiente resistenza. Queste sono
infatti destinate a realizzare barriere meccaniche in grado di impedire il
passaggio di animali che possono esercitare sforzi anche notevoli ed essere
in grado di rompere i fili troppo sottili.
Oltre alla scelta del tipo di rete da
usare, particolare attenzione deve essere posta nei riguardi dell’altezza della stessa, che dipende direttamente dal
tipo di ungulato che normalmente provoca il danno. In certi casi, per rendere
la recinzione più efficace, è possibile
integrarla con fili elettrificati posti in
basso o in alto, a seconda della specie
da allontanare.
Le recinzioni elettriche
Una recinzione elettrica è un circuito in cui la corrente generata da un
elettrificatore scorre su fili conduttori scoperti, ma isolati dal suolo e, al
contatto di un animale, attraversa il
suo corpo fino al terreno ritornando
all’apparecchio tramite un picchetto
di messa a terra ( figura 2). La recinzione elettrica costituisce per l’animale
una barriera psicologica e non una barriera fisica, per cui ciò che conta non è
tanto la sua robustezza quanto la capacità di trasmettere uno shock elettrico,
innocuo per l’animale, ma sufficiente
per scoraggiarlo a oltrepassarla.
L’effetto della protezione con recinti elettrici non può essere totale, sia
perché le varie specie ungulate sono
condizionate in maniera diversa dagli
stessi, sia perché gli animali selvatici, specialmente nei periodi particolarmente asciutti, sono sensibili alla scarica elettrica solo se vengono in
contatto con il conduttore attraverso
una parte sensibile del loro corpo (so-
62
Foto 9 Tipico portamento
del cinghiale nel procedere. La parte
frontale del muso, tenuta bassa,
è particolarmente esposta al contatto
con i fili elettrificati posizionati vicino
al terreno
litamente una parte glabra): il pelo è
infatti caratterizzato da una notevole
resistenza elettrica. È fondamentale
ricordare che le recinzioni elettriche
destinate a impedire il passaggio della
fauna selvatica devono essere progettate in modo specifico per ogni diversa
specie in relazione alle caratteristiche
ecologiche, etologiche e morfologiche
e comunque dovranno essere del tutto
diverse da quelle utilizzate per la gestione degli animali domestici.
Recinzioni permanenti
e temporanee
È opportuno valutare se installare
delle recinzioni permanenti oppure
temporanee in base alla specie selvatica da contenere, alla durata della protezione, alla collocazione delle colture da
difendere, alle esigenze colturali, ecc.
Le recinzioni permanenti sono destinate a svolgere la loro funzione, in
modo ininterrotto o periodico, per un
tempo prolungato (vari anni) e sono
realizzate, in genere, con pali in legno
di vario diametro saldamente infissi nel
terreno che, mediante appositi isolatori applicati sulle stesse, sostengono fili
conduttori in leghe metalliche particolari in grado di garantire elevata conducibilità elettrica, resistenza alle azioni
meccaniche e all’ossidazione ( foto 7).
Le recinzioni temporanee, invece,
devono svolgere la loro funzione per
un periodo di tempo limitato nell’arco
dell’anno e sono quindi caratterizzate
da una più elevata semplicità e «leggerezza» complessiva, che si traduce
nella possibilità di consentire semplici e veloci montaggi e smontaggi per
adeguarsi alle esigenze delle operazioni colturali ( foto 8). Tali recinzioni vengono realizzate con pali di sostegno in
materiale leggero che supportano fettucce, cavi o reti elettrificate costituiti
generalmente da intrecci di fili di ma-
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teriale sintetico (portanti) con fili conduttori di acciaio, rame o leghe speciali.
Le recinzioni temporanee richiedono minori oneri e tempi di montaggio
rispetto a quelle permanenti, ma la
loro installazione deve essere totalmente o in parte ripetuta nel tempo.
In ogni caso occorre che l’attivazione
della recinzione avvenga prima che gli
animali inizino a danneggiare le coltivazioni. Questo tipo di difesa costituisce uno fra i metodi più diffusi ed economicamente convenienti per la protezione delle colture contro i danni da
fauna selvatica, ma la loro efficacia dipende fortemente dal fatto che vengano rispettate specifiche regole relative
alla scelta dei materiali, all’installazione, alla sorveglianza e alla manutenzione degli impianti. Sperimentazioni
condotte dal Dipartimento di gestione
dei sistemi agrari, alimentari e forestali (Gessaf) dell’Università di Firenze
hanno fornito una serie di indicazioni
utili per la corretta realizzazione delle
recinzioni. È emerso in particolare che
quando si deve progettare una recinzione elettrificata per la difesa dai selvatici le prime cose da valutare sono il numero di fili e le distanze alle quali essi
devono essere collocati, perché da ciò
dipende l’efficacia del recinto.
Gli animali selvatici, essendo liberi
in natura, sono abituati e fortemente
motivati ad affrontare continuamente ostacoli e barriere e presentano una
maggiore resistenza nei confronti delle stesse, dato che dalla loro elusione
dipende la propria sopravvivenza. Ciò
accade anche nei confronti delle recinzioni elettrificate.
Quindi, rispetto agli animali domestici, si rende necessario utilizzare un maggior numero di fili posti
a distanze più ridotte fra loro e caratterizzati da elevata conducibilità.
È risultato infatti che, diversamente da
quanto si crede, gli ungulati selvatici,
se non spaventati, non oltrepassano le
recinzioni saltandole dall’alto, piuttosto le attraversano fra i fili posizionati
nella parte più bassa. Per tale motivo è
necessario che i fili siano vicini fra loro e molto tesi affinché sia sufficientemente efficace lo shock elettrico. Non
è invece necessario che le recinzioni
raggiungano altezze esagerate.
Entrando più nello specifico occorre
rilevare che la morfologia e il portamento delle diverse specie influisce
fortemente sullo schema costruttivo
da adottare. Ad esempio, il cinghiale
nel camminare procede con il muso,
DIFESA DELLE COLTURE
la parte più sensibile del suo corpo
in quanto glabra e umida, inclinato
in avanti a livello del terreno; tale atteggiamento comporta che l’animale
tocchi i fi li elettrici più bassi con tale parte del corpo ( foto 9) avvertendo
un maggior fastidio provocato dalla
scossa elettrica. Per tale ragione sono sufficienti pochi fi li posizionati a
brevi distanze da terra per riuscire a
contenere il cinghiale al di fuori della
recinzione elettrificata.
Questione del tutto diversa si riscontra per il capriolo che, in corrispondenza del recinto elettrico, procede distendendo orizzontalmente il collo e insinuando cautamente il muso fra i fili a
media altezza senza toccarli, per poi
spiccare un salto staccando contemporaneamente tutte e quattro le zampe
da terra ( foto 10); in questo caso, per
la rapidità del salto, per il distacco dei
piedi dal terreno e per la protezione
del mantello la probabilità di ricevere
una scossa elettrica adeguata risulta
molto ridotta.
Altro comportamento molto frequente è quello del passaggio al di
sotto del primo filo quando, per motivi accidentali (erosione, scavo di altri animali, ecc.), si vengono a creare
dei varchi. In tal caso, specialmente
nel periodo asciutto, il folto pelo che
ricopre il corpo del capriolo può attenuare fortemente l’efficacia della scarica elettrica.
Per tali motivi perché una recinzione
elettrificata sia efficace è necessario:
● installare un numero di fili adeguato
alla specie (di cui uno o due possono
essere anche fili terra, in maniera tale
che se l’animale stacca tutte e quattro
le zampe dal terreno possa comunque
prendere la scossa);
● posizionare i fili a distanze ridotte gli
uni dagli altri e con il terreno;
● usare fili a elevata conducibilità (di
buona qualità);
● utilizzare elettrificatori con potenze elevate.
Tuttavia, anche seguendo tali indicazioni, gli animali talvolta riescono a
passare; questo di solito accade sempre nei medesimi luoghi, quelli individuati dagli stessi come più vulnerabili, e in particolari momenti del ciclo biologico degli animali come, ad
esempio, i periodi di allattamento e
di allevamento dei piccoli. In questi
casi è consigliabile quindi potenziare
localmente la recinzione riducendo la
distanza tra i conduttori e inserendo
fili supplementari.
Foto 10 Tipico comportamento del
capriolo nell’attraversare
i recinti elettrici spiccando un salto,
generalmente fra i fili a media altezza
Contenere i selvatici
entro limiti tollerabili
In relazione alle considerazioni sopra
sviluppate, appare opportuno mettere in evidenza che la protezione delle
colture nei confronti dei danni provocati dagli animali selvatici mediante
l’adozione di metodologie e tecnologie
di difesa appare oggi un’esigenza indispensabile a causa della ormai chiara
situazione di rischio presente in molte
regioni. Varie sono le tipologie di strumenti, attrezzature e prodotti presenti
sul mercato che vengono proposti come efficaci per «risolvere» il problema
dei danneggiamenti degli animali alle
colture; non sempre però i risultati confermano le promesse e ciò può dipendere sia dalla scarsa validità di alcune
metodologie, sia dalla non corretta utilizzazione di quelle potenzialmente efficaci. Non sono molte le indagini sperimentali condotte con rigore scientifico che possono fornire informazioni
utili per definire la reale efficacia dei
diversi sistemi di difesa e per indicare i più opportuni metodi di operare.
Sono proprio le carenze informative
di base che spesso determinano clamorosi fallimenti anche di metodologie potenzialmente valide e adeguate.
Si deve inoltre ricordare che, anche se
è indubbio che l’obiettivo di mantenere
sul territorio densità di animali selvatici contenute entro limiti di compatibilità rappresenti il principale intervento per una corretta gestione faunistica,
non è ipotizzabile che il raggiungimento di tale obiettivo possa escludere in
assoluto situazioni di danneggiamenti. A volte, anche la presenza di pochi
esemplari di specie che, come il capriolo, sono più stabilmente legate a
un territorio circoscritto, possono determinare danni localizzati non facil-
mente sostenibili dall’impresa agricola; ciò in particolare quando si tratti di
zone che non offrono valide alternative alimentari per gli animali e presentino coltivazioni di pregio. È in tali
situazioni che metodi di prevenzione
indiretta come le colture a finalità faunistica, allestite non in modo generico ma realizzate con specie vegetali in
grado di esercitare un’attrazione che si
equivalga o superi quella delle colture
da proteggere nel periodo di maggior
vulnerabilità di queste ultime, potrebbero fornire un valido contributo alla
mitigazione del problema.
Quando il numero di selvatici è contenuto entro limiti tollerabili e le popolazioni vengono correttamente strutturate attraverso una gestione rispettosa
delle prescrizioni tecnico-scientifiche,
i metodi di difesa risultano più facili da
applicare, si accresce la loro efficacia e
si riduce, nell’insieme, l’impegno economico necessario per la loro realizzazione e il loro impatto sul territorio.
Per ciascun metodo di difesa adottabile, condizione essenziale per ottenere
i migliori risultati rimane comunque
quella di operare nel rispetto più scrupoloso delle corrette modalità d’uso.
Veronica Racanelli
Francesco Sorbetti Guerri
Dipartimento di gestione dei sistemi agrari,
alimentari e forestali (Gesaaf)
Sezione ingegneria agraria, forestale
e dei biosistemi
Unità di ricerca Gestione della fauna selvatica
e rapporti di compatibilità
con le attività agricole e l’ambiente
Università di Firenze
(1) Legge regionale Toscana 12-1-1994, n. 3
recepimento della legge 11-2-1992,
n. 157 art. 32. È vietato il foraggiamento
del cinghiale su tutto il territorio regionale
salvo i casi strettamente connessi a
operazioni di cattura autorizzate.
Le Province, in deroga al divieto
e per comprovate esigenze, possono, sentite
le organizzazioni agricole, autorizzare
foraggiamento dissuasivo.
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17/2015 • L’Informatore Agrario
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DIFESA DELLE COLTURE
● ARTICOLO PUBBLICATO SU L’INFORMATORE AGRARIO N. 17/2015 A PAG. 58
Metodi e tecnologie di difesa
dai danni da fauna selvatica
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