United States of Eugenics
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Le politiche eugenetiche in USA United States of Eugenics CC 3.0 NC SA BY Center for the History of Medicine CAVIE UMANE Decine di migliaia di persone sterilizzate contro la loro volontà. Matrimoni misti vietati. Leggi sull’immigrazione che selezionavano in base alla provenienza razziale i «desiderabili». Non è accaduto nella Germania nazista ma negli Stati Uniti d’America del XX secolo. Le teorie scientifiche sull’eugenetica infatti furoreggiarono negli States già prima della Seconda guerra mondiale. E rimasero parzialmente in vigore anche dopo il conflitto di David Ceccarelli V entimila e 108 sterilizzazioni coatte eseguite in California fino al 1978, la maggior parte delle quali effettuate su donne e uomini della comunità ispanica. Il motivo? Presunta devianza sessuale, debolezza mentale, sospetta epilessia, disadattamento sociale o un QI (quoziente intellettivo) al di sotto dei 70 punti. I dati provengono direttamente dalla ricerca di Alexandra Stern e da Natalie Lira, recentemente diffusa con il ciclo di conferenze svoltosi nell’Università del Michigan dal titolo «Reproductive Justice: Activists, Advocates, Academics in Ann Arbor». Numeri che erano stati già messi in circolazione STORIA IN RETE | 52 Il certificato di partecipazione al 2° Congresso Internazionale di Eugenetica di New York nel 1921. Una visione positivista secondo la quale tutte le scienze avrebbero contribuito al progetto per il perfezionamento dell’uomo dalla Stern nel 2005 sull’«American Journal of Public Health», ma che solo oggi sembrano aver fatto il giro del mondo, ponendo definitivamente sotto i riflettori una delle pagine più controverse e trascurate della storia contemporanea: l’eugenetica americana. A ben vedere, non è la prima volta che, su tali argomenti, ad adoperarsi fra i propri archivi siano proprio intellettuali e studiosi statunitensi. Potrebbe sembrarlo, dato che l’accezione più diffusa del termine «eugenetica» vive indubbiamente delle tinte nazionalsocialiste e delle sue sconcertanti, quanto emblematiche, procedure di sterminio di massa. Nondimeno, se si fa della Germania nazista «l’icona» del metodo eugenetico e dell’Inghilterra vittoriana la sua indubbia culla teorica (a coniare il termine fu infatti Francis Galton, cugino di Charles Darwin, vedi «Storia in Rete» n. 89), al Nuovo Mondo spetta quantomeno un riconoscimento fondamentale: quello di principale promotore tecnico, scientifico, ideologico e politico dell’evoluzione umana guidata dall’uomo. Esiste un’ampia e ben documentata letteratura sui rapporti tra Stati Uniti d’America e Terzo Reich [«Storia in Rete» ne ha parlato ad esempio nel n. 53, NdR]. Spesso si fa riferimento alla laurea honoris causa conferita, nel 1936, ad Harry Laughlin dall’Università di Heidelberg, titolo riconosciutogli per aver ispirato, grazie ai suoi contributi, le leggi sulla sterilizzazione introdotte in Germania nel luglio del 1933. Una data incredibilmente distante dalla pionieristica manovra legislativa varata dallo Stato dell’In- Settembre 2013 diana già nel 1907: in quell’anno lo stato del Nord Est degli Usa decise, prima al mondo, che malati di mente, criminali, e altri soggetti ritenuti «inadatti» dovessero essere obbligati alla sterilizzazione coatta. Non si trattò di un caso isolato, né tantomeno di un fenomeno emerso spontaneamente da qualche fanatismo ideologico. La sensazione di disagio socio-demografico marcava stretto il senso comune yankee da molto tempo, specie a causa dei forti flussi migratori cui l’America dovette far fronte tra Ottocento e primi decenni del Novecento. Un disagio «malthusiano» [da Thomas Robert Malthus, 1766 – 1834, teorico del controllo delle nascite e del controllo della crescita demografica, NdR] in cui, parallelamente, si innestarono le prime forme di darwinismo sociale ispirate dall’opera di Herbert Spencer, Settembre 2013 il cui sistema filosofico riscontrò un enorme successo nella cultura statunitense facendo di fatto breccia nell’ideologia borghese nordamericana. Sullo sfondo del dibattito sulle razze agitato dai sentimenti della Guerra Civile, la cultura protestante americana diventò un terreno particolarmente fertile per argomenti antropologici connotati da rappresentazioni gerarchiche dell’uomo, sempre più diviso in categorie «migliori» e «peggiori», in «ricchi» selezionati da Dio e in «poveri» minacciosi. Riflessioni come queste accomunarono gran parte dei paesi occidentali, talvolta entro rappresentazioni teologiche ben definite (con tanto di citazioni dalla Bibbia), altre volte all’interno di vere e proprie interpretazioni sociobiologiche. Nel pensiero di Francis Galton, ad esempio, emergerà la propensione per un’eugenetica «po- sitiva» o «attiva» volta a selezionare artificialmente gli uomini alla stregua delle pratiche agricole e zootecniche, ovvero attraverso l’incrocio delle varietà preferibili. A questa forma (cui per altro Darwin fu, non senza riserve autocritiche, sostanzialmente favorevole), gli Stati Uniti d’America sembrarono preferire decisamente la variante «negativa» o «passiva», concernente il divieto di proliferazione per tutti quegli individui classificati come potenzialmente dannosi. Sin dalle prime rilevazioni effettuate su alcuni ceppi famigliari «problematici», l’intento degli eugenisti americani apparve estremamente chiaro: identificare, isolare e combattere i fenotipi sgraditi. I mali più diffusi comparivano spesso sotto l’etichetta di «degenerazione» e «frenastenia»: i «due | 53 STORIA IN RETE
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