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130125_Romani, VINCENT VAN GOGH, Pagina 1 di 5 Vincent van Gogh Introduzione al personaggio Nessun pittore come Vincent van Gogh (1853-1890) esercitò sugli artisti e sul pubblico del Novecento un’impressione tanto forte e duratura: le sue opere in grado di trasmettere il travaglio interiore dell’artista, ma anche i momenti di ritrovata serenità, conobbero un apprezzamento senza precedenti tra i collezionisti occidentali e giapponesi. La sua stessa vicenda esistenziale, interpretata nel topos del genio incompreso, è sicuramente una componente importante che determinò significativi cambiamenti stilistici e influenzò profondamente la sua produzione artistica. Girasoli, 1889 Figlio di un pastore protestante e primo di sei figli, Vincent Willem van Gogh nacque il 30 Marzo 1853 nel villaggio di Groot Zundert, nella regione del Brabante settentrionale. All’età di diciassette anni cominciò a lavorare come apprendista per la filiale della casa d'arte parigina Goupil & Cie, potendo così apprezzare le opere a sfondo contadino di Millet e quelle di realismo paesaggistico della "scuola di Barbizon". In questo periodo iniziò una lunga corrispondenza con il fratello Théo, al quale era molto legato, che durò per tutto il corso della sua vita. Egli, tuttavia non amava il suo lavoro di mercante d'arte: voleva seguire le orme del padre e diventare predicatore. Così si trasferì ad Amsterdam per preparare l'esame d'ingresso alla facoltà di Teologia ma ben presto abbandonò questo progetto per dedicarsi alla predicazione ai poveri. Nel 1879, si recò nel Borinage, regione mineraria del Belgio, dove per i suoi eccessi di zelo e profonda sensibilità, volle vivere fino in Van Gogh nel 1871 fondo l’esperienza dei minatori. La prima fase della sua attività artistica, indirizzata verso la Théo nel 1888 riproduzione di persone umili ed emarginate, trasse notevole spunto da quest’esperienza, ma anche dal contatto con le opere di Millet a carattere prettamente sociale. Ne è un esempio, l’opera chiave degli esordi di Van Gogh I mangiatori di patate, appunto orientata verso un realismo d’intonazione sociale. I mangiatori di patate, 1885, olio su tela, 81,5x114,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. L’opera raffigura una famiglia di contadini dai “visi rudi e piatti, dalle fronti basse e labbra grosse, non affilate, ma piene e simili a quelle dei quadri di Millet”, come scrisse l’artista al fratello. L’accento è posto sulle condizioni disagiate dei personaggi, che all’interno di una modesta capanna, sono intenti a consumare il pasto serale, costituito solamente da patate, ancora sporche di terra, e caffè. Sopra il tavolo, la luce della lampada a olio non fa altro che rilevare i tratti grotteschi dei volti, trasformati dalla stanchezza e 130125_Romani, VINCENT VAN GOGH, Pagina 2 di 5 dalla durezza della vita; le mani nodose, le stesse che hanno coltivato ciò che stanno mangiando, evidenziano maggiormente i tratti delle fatiche quotidiane. Si riconoscono, infatti, protagonisti dell’opera la miseria e il duro lavoro manuale. Dal punto di vista stilistico, l’artista sceglie di dipingere con colori cupi e sporchi, quasi terrosi, a rimarcare la condizione sociale dei contadini, non sottoponendo dunque, i personaggi ad alcuna idealizzazione, ma, anzi esaltandone la rozzezza. Infatti, contrariamente alla consuetudine ottocentesca, secondo la quale i contadini erano raffigurati in chiave romantica, Van Gogh, crea un’immagine di grande crudezza e realismo. La svolta parigina Nel 1886 Van Gogh raggiunse il fratello Théo a Parigi; qui ebbe modo di conoscere il gruppo impressionista e post-impressionista, ed entrò in contatto con Seurat e Gauguin, con il quale strinse una forte amicizia. Il periodo segnò un grande rinnovamento stilistico: egli abbandonò i colori cupi e i temi sociali, per avvicinarsi a colori chiari e a soggetti tipici della corrente impressionista, quali caffè, ristoranti e spaccati urbani: nacque dunque la tipica tavolozza chiara e accesa dai contrasti tra colori complementari, nonché la pennellata allungata e scissa che seguiva in verso del soggetto dipinto. Il rinnovamento, si ebbe anche sulla base delle stesure delle stampe giapponesi, che l’artista accoglieva con passione: da queste, Van Gogh apprese anche la tecnica grafica del disegno a punto e tratto. JaponaiserieLa fuga ad Arles Oiran, 1887 Nel 1888 lasciò Parigi, alla volta di Arles, cittadina della Provenza; questa stagione fu completamente immolata al sogno di dar vita a l’Atelier du Midi, una comunità di artisti in reciproco accordo nel mezzogiorno francese: la sede che avrebbe dovuto accoglierli, sarebbe stata la “casa gialla”, affittata da Van Gogh nel maggio 1888 in place Lamartine, che andò distrutta nel 1944. Il soggiorno Casa gialla, 1888; Place ad Arles è, nella vita del pittore, l’epoca più produttiva in tele e disegni: oltre Lamartine oggi. 300 opere in quindici mesi formano uno dei capitoli più sorprendenti della storia dell’arte. In questo periodo Van Gogh dipinse La camera dell’artista, una delle stanze della “casa gialla”, che forse più ancora degli autoritratti ci introduce nell’intimità del pittore. La camera dell’artista, 1889, olio su tela, 72x90 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. Nel dipinto tutti gli oggetti che vengono messi in luce con molta chiarezza, sono tuttavia inseriti in uno spazio instabile, dato da una prospettiva rovesciata che rimbalza le immagini verso chi le osserva. Questa instabilità è espressa anche dalla pendenza verso sinistra che sembra far scivolare gli oggetti verso questa parte della stanza. Dal punto di vista stilistico, Van Gogh accosta colori primari e complementari per trasmettere l’idea di pace e tranquillità. Era, infatti, convinto che il colore dovesse trasmettere sentimenti e pathos, dunque una complessa sfera emotiva: in questo caso, l’accordo principale tra ocra e azzurro, ha certamente un effetto rasserenante. Il colore, inoltre, è applicato con una stesura levigata, senza ricorrere alle pennellate spesse e pastose e ai tocchi brevi ed energici così caratteristici della sua arte. Egli ha dunque rappresentato un ideale domestico, ordinato e armonioso, che rispondeva perfettamente a ciò che avrebbe voluto l’esperienza di Arles e dell’atelier gli offrisse. Nella casa gialla presto lo raggiunse Gauguin, con il quale lavorò e convisse per un breve periodo, finché i numerosi litigi sulla concezione dell’arte (Van Gogh non ammetteva il contorno nero e il simbolismo appariscente nelle opere di Gauguin), portarono alla rottura: Gauguin lasciò la casa gialla e l’artista, per disperazione si auto mutilò il lobo dell’orecchio destro. Paul Gauguin, Van Gogh che dipinge i girasoli, 1888 130125_Romani, VINCENT VAN GOGH, Pagina 3 di 5 Autoritratto con orecchio bendato, 1889 Questo gesto mise in luce i gravi problemi psicologici e il profondo disagio interiore di Van Gogh, che infatti si trasferì nel manicomio vicino di Saint-Remy. Tuttavia, questo momento si dimostrò uno dei più produttivi della sua vita artistica, e la dimostrazione di assoluta coscienza riguardo alle sue intenzioni e innovazioni linguistiche; ne è dimostrazione, uno dei capolavori di Van Gogh, La notte stellata , che inoltre esprime profondamente lo stato d’animo del pittore. La notte stellata, 1889, olio su tela, 73,5x92,1 cm, Museum of Modern Art, New York. Van Gogh aveva sempre sostenuto di non voler creare “astrazioni” e di cercare sempre il contatto diretto con la realtà naturale, così, quando si trovò a voler rappresentare il cielo notturno, pur di non riprodurre in studio ciò che non aveva più davanti agli occhi, fissò delle candele al suo cappello e lo dipinse dal vivo. Il risultato, tuttavia, fu tutt’altro che realistico: il cielo appare rischiarato da una moltitudine di comete e il villaggio di Arles appare immerso in un’atmosfera soprannaturale. Le pennellate tonde o a spirale che formano gli astri ritornano negli alberi disseminati tra le case, mentre il lungo tetto appuntito del campanile rimanda con la forma, al solitario cipresso. “Tra i vortici terrorizzanti del cielo notturno, solo gli astri si presentano come punti fermi, e dunque, come elementi attorno ai quali possono gravitare colore e pensiero”. Arles e Vincent Van Gogh La Terrazza del Café de la Nuit, in Place de Forum ad Arles, è uno dei più celebri dipinti dell’artista, che al luogo dedicò diverse opere. A rendere l’immagine particolarmente affascinante è la prospettiva dell’inquadratura, infatti l’osservatore ha l’impressione d’incamminarsi sulla via acciottolata. Inoltre il contrasto giallo-blu che domina gli edifici e ritorna nel cielo stellato rende la visione molto Café de la Nuit oggi. armoniosa. Place du Forum, Arles Tra i quadri notturni più famosi di Van Gogh vi è Notte stellata sul Rodano, il fiume che attraversa Arles. Nell’opera le stelle spiccano particolarmente nel blu del cielo notturno: si tratta di un quadro eseguito sul luogo, sull’argine del fiume e tra le altre stelle si vede chiaramente la costellazione del Grande Carro. Proprio qualche mese prima Van Gogh in una lettera aveva scritto “Un cielo stellato,ad esempio. Questa è una cosa che mi piacerebbe provare a fare. […]. Ma come posso farlo se non a casa mia, con la mia immaginazione?” Riva del Rodano, oggi. 130125_Romani, VINCENT VAN GOGH, Pagina 4 di 5 Saint-Remy e Van Gogh Anche il soggiorno forzato a Saint-Remy fu un’importante fonte d’ispirazione per Van Gogh. I soggetti delle opere durante questo periodo furono soprattutto i paesaggi circostanti al manicomio: molto interessante è vedere le posizioni dalle quali il pittore li ritrasse. Oliviers, 1889 Paesaggio circostante Saint-Remy Il manicomio oggi è visitabile ed espone le riproduzioni delle opere che il pittore compose nel periodo di reclusione; in particolare è visitabile la stanza dove alloggiava Van Gogh, nella quale vi sono esposti molti documenti e lettere interessanti per capire meglio la sua controversa personalità. Camera del pittore a Saint-Remy Particolare della stanza: sedia I ritratti Una volta uscito da Saint-Remy, Van Gogh si dedicò alla produzione di molti ritratti, anche se il ritratto era già stato presente nella sua vita artistica. Inizialmente, si era focalizzato sui ceti umili, tant’è che uno dei suoi ritratti più celebri è La contadina, o L’italiana. L’italiana, 1887, olio su tela, 81x60 cm, Museé d’Orsay, Parigi. Nel dipinto Van Gogh sembra voler rappresentare il prototipo dell'italianità; la modella è vestita con un costume folcloristico, e, tiene in mano due fiori di campo, allusione alla vita rustica delle campagne. Il suo abito è un'esplosione di colore e la superficie della gonna si trasforma in un vero e proprio caleidoscopio. Nel dipinto segue differenti stili pittorici: l'impressionismo, nella rappresentazione della pelle della donna come una superficie viva; il pointillisme e l'arte giapponese, nell'accostamento di colori puri, con un risultato di accresciuta luminosità delle superfici, che sembrano quasi smaltate. 130125_Romani, VINCENT VAN GOGH, Pagina 5 di 5 Iris, 1889 Un altro ritratto tra i più celebri è La Berceuse, o Ritratto a Madame Roulin. La Berceuse, 1889, olio su tela, 92x73, Museum Kroller-Muller, Otterlo. Il dipinto, inizialmente pensato per un trittico con al centro la donna e ai lati due quadri con girasoli, raffigura Madame Roulin, moglie del postino di Van Gogh ad Arles. La donna ha tra le mani il cordone con cui dondola la culla sulla quale è seduta; quest’immagine simbolica rimanda al ruolo della moglie e della madre ma al contempo rappresenta l’idea di un’arte che consoli. Sul piano stilistico, l’esecuzione dell’opera risente dell’influenza di Gauguin: secondo i dettami del Cloisonnisme, infatti, Van Gogh ha sigillato ogni forma entro uno spesso contorno nero che risalta i colori smaltati del verde e del rosso. L’immagine che ne risulta fa pensare ad un collage e lo sfondo di tappezzeria floreale, con il suo andamento arabescato ricorda da vicino anche la grafica giapponese. Ciò rivela anche il messaggio di cui l’artista si fece portatore ovvero un’ideologia laica tra uomo e natura. Interessante è confrontare la posizione della donna e quella del ritratto L’italiana: esse sono molto simili, infatti entrambe le protagoniste sono sedute con le mani raccolte in grembo, posizione ricorrente nelle stampe giapponesi, per le quali sappiamo Van Gogh nutrisse grande interesse. Il colore è protagonista, pur trattandosi di un ritratto, poiché risalta la forte intensità emotiva che è data dall’accostamento dei colori complementari. Parte importante della produzione artistica di Van Gogh sono gli autoritratti. Autoritratto, 1889, olio su tela, 65x54 cm, Musée d’Orsay, Parigi. Durante la permanenza a Saint-Rémy, nei mesi in cui, in seguito a uno dei suoi peggiori attacchi di delirio, Van Gogh rimase a dipingere esclusivamente all’interno del manicomio, nacquero sei autoritratti. Quello parigino è uno dei più intensi. L’artista si raffigura di tre quarti, l’espressione del viso è tesa, quasi aggressiva. La componente psicologica è esaltata attraverso l’esecuzione materiale del dipinto. L’intera opera è dominata dal colore azzurro che immerge la figura in una luce irreale, lo sfondo, completamente astratto, è costituito da onde e da spirali che trasmettono un idea di continuo rovello interiore, di angoscia permanente e fanno della tela una delle immagini più drammatiche prodotte dall’artista. Autoritratto con cappello di feltro, 1887, olio su tela, 44x37,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. L’artista nell’opera si presenta con gli abiti composti di un parigino: la giacca come lo sfondo sono trattati con divisionismo non scientifico, e lo stesso anche per il volto; naturalmente il colore mette in risalto gli occhi fissi, le labbra serrate e la magrezza, elementi che accentuano un carattere instabile quasi inafferrabile. I colpi di pennello sono molto veloci e sicuri, buttati giù uno accanto all'altro. Ma accanto alla volontà di sperimentazione della tecnica impressionista c'è anche il tratto distintivo inconfondibile della tensione energica delle sue pennellate. Dopo il ricovero a Saint-Remy, Van Gogh si trasferì a Auvers-sur-Oise, dove morì prematuramente suicida nel 1890.
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