Pioneras y revolucionarias. Mujeres libertarias durante la Republica
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Pioneras y revolucionarias. Mujeres libertarias durante la Republica
Eulàlia Vega, Pioneras y revolucionarias. Mujeres libertarias durante la República, la Guerra Civil y el Franquismo, Barcelona, Icaria, 2010, 389 pag. Recensione di Renato Simoni E’ apparsa, a fine dicembre del 2010, la preziosa raccolta di testimonianze di militanti libertarie in Spagna prima, durante e dopo la guerra civile (1936-39), coniugando storia al femminile e storia orale. Fonti valorizzate metodologicamente in modo diverso dai ricercatori sulla Spagna contemporanea, che hanno dato buoni frutti in passato. Sul primo versante – quello della storia della donna nel conflitto – ricordiamo gli studi di Mary Nash e Martha Ackelsberg, mentre più in generale sulla guerra, ma centrate quasi unicamente sull’enorme potenziale della testimonianza orale, l’opera pionieristica a tutto campo di Ronald Fraser e quella, più approfondita e circoscritta su Albalate de Cinca (Huesca), della olandese Hanneke Willemse1 . Il lavoro di Eulàlia Vega, ricercatrice e docente all’università di Lleida, dopo alcune considerazioni generali sul valore e l’impiego delle fonti orali, entra immediatamente nel merito, con una decina di storie di vita, organizzate attorno a cinque momenti. Si parte con la formazione giovanile delle protagoniste, tra vita in famiglia e di quartiere. La militanza prima dello scoppio del conflitto, in particolare durante la seconda Repubblica (1931-1936), costituisce il secondo momento. Le questioni di fondo a cui si cerca di trovare una risposta non sono di poco conto: perché e in che modo iniziò la loro partecipazione all’interno delle molteplici articolazioni del movimento? Nel sindacato Confederación Nacional del Trabajo (CNT), nell’ambito della Federación Anarquista Ibérica (FAI) e delle Gioventù libertarie, negli atenei libertari e nelle scuole razionaliste, e più in generale nelle variegate forme di socializzazione promosse dagli anarchici spagnoli. Quali posizioni vi occuparono le donne? Furono veramente emarginate dagli uomini, come si è spesso sostenuto? Il momento chiave è ovviamente rappresentato dalla calda estate del 1936: innanzitutto nelle strade per sventare il golpe franchista, poi al fronte come miliziane, ma soprattutto nelle collettività della retroguardia per supplire i volontari partiti per la guerra. E’ in questo periodo che accanto alla moderata Agrupación de Mujeres Antifascistas di orientamento comunista, guidata da Dolores Ibárruri, si afferma una nuova associazione anarchica, Mujeres Libres, che unisce chiaramente la questione dell’emancipazione dallo sfruttamento capitalista a quella dall’oppressione patriarcale. Solo una minoranza di donne però vi si affiliarono, circa 20’000. Come mai? Le urgenze belliche le frenarono? Quali nuovi ruoli assunsero le militanti libertarie durante la rivoluzione forse più radicale dell’Europa contemporanea? In quali ambiti le loro rivendicazioni riuscirono a tradursi in pratica? Sono ulteriori interrogativi importanti affrontati dalla ricerca di E. Vega. La quarta sezione approfondisce il momento della sconfitta militare, la disperata fuga verso la frontiera catalana e l’esilio, nel gennaio/febbraio del 1939, sotto i bombardamenti nemici; le pesanti 1 M. A. ACKELSBERG, Mujeres Libres. El anarquismo y la lucha por la emancipación de las mujeres, Barcelona, Virus, 1999; M. NASH, Rojas. Las mujeres republicanas en la Guerra Civil, Taurus, Madrid, 1999. R. FRASER, Recuérdalo tú y recuérdalo a otros, Barcelona, Critica, 1979, 2 voll.; H. WILLEMSE, Pasado compartido. Memorias de anarcosindicalistas de Albalate de Cinca, 1928-1938, Zaragoza, PUZ, 2002. condizioni che i fuggiaschi vissero nella clandestinità in Francia durante la Seconda guerra mondiale, minacciati di essere consegnati dall’occupante tedesco alla polizia franchista. Solo dal 1945 le nostre rifugiate ottengono generalmente il riconoscimento dei loro diritti, e a questo momento si pone la scelta tra un possibile rientro clandestino in Spagna, per riprendere la lotta per la libertà che tarderà ancora moltissimo a venire, o ricostruirsi una vita “normale” nella loro patria d’adozione, attendendo (ma mai passivamente!) la fine della dittatura di Franco (1975). Le gradevoli narrazioni delle nostre testimoni, perlopiù ultranovantenni al momento delle registrazioni (alcune di loro ci hanno nel frattempo lasciati), ricompongono un denso affresco, muovendosi continuamente dal privato al pubblico, dalla vita individuale a quella collettiva, con vivaci pennellate che lasciano una profonda emozione e ammirazione nel lettore.
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