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GUINEA BISSAU Testi Joao Vicente Dias, ofm I - LA TERRA E LE GENTI 1. La terra: un piccolo Paese, con paesaggi non uniformi e clima tropicale. La Guinea-Bissau è un piccolo Paese dell’Africa Occidentale, con 36.125 km2 di superficie e circa 1.300.000 abitanti. È un Paese indipendente dal 24 settembre 1973, con la proclamazione unilaterale dell’Indipendenza fatta dalla Guinea a Madina do Boé, anche se riconosciuta ufficialmente dal Portogallo (potenza colonizzatrice) soltanto il 10 settembre dell’anno successivo. Confina a nord con il Senegal, a est e sud-est con la Guinea-Conakry, a sud e ad ovest con l’Oceano Atlantico. Le sue dimensioni maggiori: in longitudine, 330 Km. e, in latitudine, 193 Km. È un Paese formato da due parti distinte: una continentale (con un cordone di isole contiguo) e una insulare (l’Arcipelago dei Bijagós, con circa 40 isole). Della superficie totale del Paese, soltanto circa 28.000 km2 sono costituiti da terre permanentemente emerse. Il resto del territorio, rivestito di “tarrafe” (vegetazione marina), è coperto periodicamente dalle maree. È un Paese con paesaggi non uniformi e che, nella parte continentale, è caratterizzato da tre ambienti fondamentali: - La regione costiera: fatta di pianure basse, semi-paludose e male-bonificate, con grande abbondanza di tarrafe. In queste pianure si trovano larghe aperture di estuari invasi dalle maree, con un’immensa quantità di isole che si staccano, alcune vicine al continente e facilmente accessibili con la bassa marea, altre notevolmente lontane (come è il caso dell’arcipelago dei Bijagós). Il tracciato della costa è segnato dalla penetrazione di innumerevoli fiumi simili ai fiordi antiche valli sommerse dal mare; alcuni di questi bracci di mare, tagliati dalle correnti delle maree, si uniscono e formano tracciati complessi e interessanti. Questa zona si spinge verso l’interno, per un’estensione di circa 50 km, ed è qui che si incontrano le maggiori concentrazioni di abitanti e si fanno eccellenti piantagioni di riso, di altre coltivazioni intensive ed anche di palme. Anche la pesca costituisce, in questa zona, una fonte alimentare molto importante. Insieme alle isole, questa regione continentale è ambiente preferito da varie specie di uccelli. - La zona di transizione (tra il litorale e l’interno): è caratterizzata dall’esistenza di vaste foreste, e si estende soprattutto nelle regioni dell’Oio (a nord del Geba) e del Forreá (a sud del Corubál), ma raramente oltrepassa l’altitudine di 40 metri. - La regione dei piccoli altipiani dell’interno: si trovano a Bafatá (altitudine media di 40 metri) e Gabú (altitudine leggermente superiore), e soprattutto nella regione delle colline di Boé, dove si innalza il Futa Djalón occidentale e dove si trovano le maggiori altitudini del Paese, che raggiungono i 300 metri. La zona dei piccoli altipiani dell’interno è caratterizzata da savane di arbusti e alberi, con un paesaggio meno popolato e dove predominano le culture itineranti. In questa zona interna si segnala già l’esistenza di alcuni fiumi d’acqua dolce, con un regime de piene legate alle variazioni climatiche. I fiumi, a causa delle rapide che interrompono il loro corso, sono navigabili soltanto per brevi tratti. I principali bacini idrografici sono quelli del Geba e del Corubal. Nella zona bagnata dalle acque dolci, paludi e laghi, si trovano varie specie di rettili. 1 La Guinea-Bissau è un Paese con clima tropicale, caldo e umido. Tuttavia si distinguono due zone climatiche diverse: quella con clima “sub-guineese”, con temperature più moderate, variazioni mensili e giornaliere meno accentuate e con maggiori precipitazioni, e quella con clima “sudanese”, più caldo, più secco e meno umido. Il clima è caldo e umido soprattutto nella zona marittima, e con maggiori contrasti sugli altipiani dell’interno dove la stagione secca più marcata. Riguardo alla temperatura dell’aria, le temperature medie annuali sono superiori a 20 gradi centigradi. Riguardo alle precipitazioni, il clima della Guinea è piovoso (valore medio dell’anno compreso tra 1.500 mm. al nord e 3.000 mm. al sud). L’umidità dell’aria è sempre elevata. Ci sono due stagioni durante l’anno: la stagione delle piogge generalmente da maggio a ottobre, e la stagione secca da novembre ad aprile. A volte il territorio è influenzato dall’harmatão, vento secco e caldo dall’est o est-nord est, da cui vengono le temperature più alte dell’anno. A causa di tali caratteristiche, il clima della Guinea-Bissau è considerato abbastanza insalubre: ma ci sono alcune regioni (Bafatá, Boé, ecc.) dove si trovano grandi aree di clima più gradevole. E, d’altra parte, questo clima abbastanza difficile per l’uomo, è tuttavia molto favorevole alla vegetazione e, di conseguenza, all’agricoltura. Come spazio geograficamente ben delimitato, il Paese può essere datato già fin dal 1886, in seguito alla Conferenza di Berlino in cui si impose alle potenze colonizzatrici l’obbligo di limitazione e occupazione effettiva dei territori, anche se negli anni successivi ha ricevuto alcuni ritocchi territoriali di minore importanza. STATISTICA: La Guinea-Bissau attraverso alcuni numeri significativi: Fonte: Banca Mondiale (Internet, World Development Indicators data base, Aprile 2002). Popolazione Crescita annuale (%) Speranza di vita (anni) Popolazione urbana (% sul totale) Adulti maschi analfabeti (% + di 15 anni) 49.0 Adulti femmine analfabete (% + di 15 anni) 80.3 Area di foreste (km2) Fertilità (totale nascite per ogni donna) Mortalità infantile (per mille nascite) Mortalità infantile sotto i 5 anni (p/mille) Debito estero (dollari USA), in milioni Rendimento pro capite (dollari USA) Accesso a acqua potabile (% del totale della pop.) Accesso a servizi sanitari (% urbani) Strade pavimentate (% del totale) Utenti di Internet 2. 1997 1.100.000 ab. 2.1 44.1 29.1 45.6 76.7 6.0 131 220.0 110.4 10.3 200 2000 1.200.000 2001 1.200.000 2.2 44.9 31.5 44.5 75.4 21.870 5.8 125.7 211.3 700.0 67.1 49.0 88.0 3.000 2.2 32.3 - Gli abitanti: un mosaico di etnie, sparse nella zona costiera e all’interno del Paese. 2 La Guinea-Bissau è un mosaico di etnie (circa 30), nonostante le principali siano all’incirca una decina. Già nel sec. XV, all’epoca dell’arrivo dei portoghesi, esse si trovavano praticamente nelle stesse aree in cui si trovano oggi, salvo rare eccezioni. Non è nelle nostre intenzioni una presentazione esaustiva di queste etnie: solo faremo la presentazione sommaria di alcune, cercando di vedere in quali luoghi si trovano e quali siano le attività fondamentali alle quali si dedicano. In questa prospettiva, potremo dividere le popolazioni della Guinea-Bissau in due blocchi principali: quelle del litorale e quelle dell’interno. Eccole: a) - Popolazioni del Litorale: • Felupes e Baiotes: la coltura del riso e non solo! Nonostante che dal punto di vista linguistico esistano numerose differenze tra loro, tuttavia ambedue abitano nel nordovest del Paese, ai margini della imboccatura del fiume Cacheu; i Felupes abitano sui due margini, i Baiotes sul margine destro. Sono eccellenti coltivatori di riso, specialisti nella coltivazione irrigata del riso in zone marittime. Sono anche conosciuti, soprattutto i primi, come “djola”. I Felupes chiamano se stessi “kadjamtai”, nome relazionato con la topografia della regione in cui abitano, che significa “uomini della foresta”. Fin dal sec. XVI sono chiamati Felupes: il nome proviene probabilmente dalla parola “Hulupe”, che nella lingua locale significa “uomini delle imbarcazioni (poiché abitavano ai margini del fiume, luogo in cui si faceva la traversata stesso in canoa). Uomini valorosi nella caccia e nella guerra, organizzati in famiglie patriarcali. Anticamente erano refrattari alle migrazioni fuori del loro territorio, ma oggi già lo fanno con più frequenza. Rappresentano attualmente circa il 2% della popolazione del Paese. I Baiotes: il loro nome, conosciuto già fin dal sec. XVII, è possibile che provenga dalla parola manjaca “Ba” + “Biote”, che significa “le persone che abitano nei pressi dei vivai del riso”, così infatti sono sonosciuti dai cristiani di Cacheu, poiché le loro capanne sono generalmente costruite vicino alle “bolanhas” - zone allagate, in cui è piantato il riso - e, nei pressi, organizzano i loro vivai di riso per fare a tempo opportuno il trapianto. Nel censimento del 1979 erano lo 0,16% della popolazione. • Manjacos, Mancanhas e Pepéis: un’origine comune, attività diverse, un ricco folclore. Seppur vivendo in luoghi differenti, hanno grandi analogie linguistiche, per cui non è illogico immaginare che abbiano avuto un’origine comune. Nelle cronistorie antiche, cominciarono ad essere tutti soprannominati “Buramos”: si distinguono per una forte struttura sociale gerarchica (nobili, uomini di culto, artigiani), molto probabilmente a causa dell’influenza dei mandingas. I Manjacos sono situati tra i fiumi Cacheu e Mansoa, così come nelle isole costiere di Pecixe e Geta. Sono già citati come “Manjacos” nel sec. XVIII, da Beaver, e il significato di questa parola ha origine dal loro modo caratteristico di parlare, visto che ripetono 3 frequentemente l’espressione “Io dissi” (“n’fala”): “Man”: io; “dja”: dissi; “co”: particella rafforzativa. Buoni marinai, gli abitanti delle isole di Pecixe e Geta si dedicano specialmente alla pesca; quelli del continente all’agricoltura, all’allevamento di bestiame e all’estrazione del sale. Parimenti buoni vasai e tessitori, emigrano molto e possiedono un ricco e caratteristico folclore. Rappresentano attualmente circa l’11% della popolazione guineese. I Mancanhas chiamati anche “Brames”, si trovano soprattutto nelle aree di Bula e Có, così come nell’isola di Bolama. Il nome “Mancanha” proviene forse dal nome del capo di uno dei tredici clan da cui erano composti gli aggregati del gruppo, che aveva questo nome e venne a stabilirsi nella regione di Bula. La parola “Brame” dovrebbe provenire dal prefisso: “Be” (gente) + “Arame” (fiume affluente del Cacheu). Pertanto: “gente di Arame” sarebbe quella gente con cui i portoghesi entrarono in contatto agli inizi della loro presenza nella Guinea. Nel frattempo c’è anche chi sostiene che l’origine di “Brame” viene da “Ibrahim” o “Braima” (uomo mandinga) che, per sposarsi con la ragazza fula (di nome Bula, o Baoula) dovette fuggire nell’attuale Bula. Sono il 3,3% della popolazione e si dedicano soprattutto alle attività agricole, avendo perfezionato lungo i tempi un’agricoltura permanente basata sulla rotazione delle colture ogni tre anni. Si dedicano inoltre alla pesca ed alla estrazione del sale. I Pepéis (o Papéis) abitano soprattutto nell’isola di Bissau, dalla capitale fino alla “Ponta de Biombo”. L’origine del nome “Pepel” è sconosciuta, utilizzata già alla fine del sec. XVI. Il Gruppo Papel si divise in sette clan, uno dei quali (“Intchassu”, al plurale “Bissássu”) si sarebbe fissato nel luogo in cui oggi sorge Bissau e avrebbe dato il nome alla città. Mantennero prolungate e strette relazioni con le feitorias portoghesi che si stabilirono nella loro regione. Resistettero eroicamente durante le campagne di Teixeira Pinto, nel 1915. Attualmente costituiscono circa il 10% della popolazione del Paese. Si dedicano particolarmente alle attività agricole (cajú, riso, ecc.). • Beafadas e Nalús: da un’identità propria all’influenza mussulmana. Sono popoli molto segnati dall’influenza dei mandingas, dei quali probabilmente sono parenti. I Beafadas (o “Beafares”) sono localizzati sull’estuario del Geba, nelle regioni di Buba, Fulacunda e Cubisseque. Essi stessi si definiscono “Bedjola” forma plurale di “Djola”, che è un qualificativo mandinga per vari popoli soggetti al tributo di vassallaggio. Non si conosce per certo l’origine del nome “Beafadas”, anche se i Balantas li considerino loro parenti (in balanta, il nome significherebbe “qualcuno di mio padre”). Sono il 3,22% della popolazione. Si dedicano alle attività agricole, essendo eccellenti coltivatori di riso. I Nalús sono situati nell’estremo sud, sul litorale, a Tombalí e Cacine. Non si conosce l’origine del termine “Nalú”. Sono anch’essi eccellenti coltivatori di riso e pescatori. Prima dell’influenza mussulmana, raggiunsero un notevole livello artistico, soprattutto nel campo della scultura. Sono l’0,81% della popolazione. 4 • Balantas: il gruppo più numeroso, con organizzazione sociale decentralizzata. Sono localizzati dal nord al sud del Paese, in macchie disperse, dal margine destro del fiume Cacheu fino al margine destro del fiume Cacine. Sono costituiti da vari Gruppi. Chiamano se stessi “Beraça”, che è il gruppo più numeroso. Questo si divide in due sottogruppi: quelli “di fuori” (del litorale, Jugudul, Nhacra) e quelli “di dentro” (o “Bravos”, dell’interno), con un dialetto speciale chiamato “contói”, con molte parole mandingas. Quelli che hanno subito l’influenza islamica sono chiamati “Manés”. I portoghesi cominciarono a chiamarli “Balangas” (1506) e successivamente “Balantas” (1594). Non si conosce l’origine corretta del nome “Balantas”: alcuni affermano che verrebbe dalla forma pluralizzata di “Alante” (che nella lingua del gruppo vuol dire “uomo”, “macho”); altri dicono che verrebbe dal nome mandinga “Abalanta”, che significa “quelli che negano”, “che si rifiutano” (di sottomettersi ai mandingas). Costituiscono attualmente circa il 27% della popolazione del Paese, sono pertanto il gruppo più numeroso. Agli inizi del sec. XX, fecero una rilevante emigrazione verso il sud (zona di Catió), soprattutto in virtù delle campagne violente di Teixeira Pinto. Sono eccellenti coltivatori di riso. Storicamente si organizzarono in grandi famiglie patriarcali, con un’organizzazione sociale “decentralizzata”, senza il ricorso ad autorità centrali, vivendo in “moranças” e “tabancas” locali, generalmente in prossimità delle “bolanhas” del riso. • Bijagós: l’attrazione del mare, l’arte della scultura e l’importanza dei “grandi” e delle donne. Situati nell’arcipelago omonimo è dubbiosa l’origine del nome “Bijagós” proviene forse da “Be” + “odjogó” (che nella lingua locale significa “persone intere, integre”). Oggi non costituiscono un popolo omogeneo, ma piuttosto un insieme di gruppi sociali, coscienti di un’unità etnica fondamentale, ma con dialetti variegati e con alcuni costumi che divergono da un’isola all’altra e perfino dentro alla stessa isola. Si distinguono da tutti gli altri popoli della Guinea, non solo per la bellezza della loro arte scultorea, ma anche per l’importanza che la donna ha nell’economia familiare, essendo lei che prende l’iniziativa del matrimonio e del divorzio. Allo stesso modo è rilevante l’importanza degli Anziani (“garandessa”) nella vita sociale dei Bijagós. Sono il 2,52% della popolazione. Si dedicano ad attività legate alla pesca, come anche alla coltivazione delle palme. Possiedono espressivi riti di iniziazione (“fanado”), anche se non praticano la circoncisione. b) - Popolazioni dell’Interno: Ci riferiremo soltanto ai due Gruppi principali, di religione islamica: • Mandingas: la ricchezza culturale e il fascino dell’impero del Gabú. Si trovano in una parte dell’Oio (distretti di Farim e Bissorã) ed inoltre, in proporzione minore, nei distretti di Bafatá e Gabú. Popolano le foreste della zona mediana e, a macchie, nei territori dei Fulas, le savane dell’interno. Vennero dall’Alto Niger, dandosi il nome di “Mandunkas”, da cui i portoghesi ricavarono il nome di Mandingas, dove formavano il grande Impero del Mali. Si convertirono parzialmente all’islamismo per lo meno fin dal sec. XIII. Nella loro espansione si stabilirono nell’est della Guinea-Bissau (regione di Gabú) fin dal sec. XIII, con le spedizioni militari di Tiramakhan Traoré (generale del celebre imperatore Sundiata Keita). 5 Nell’attuale Guinea-Bissau, formeranno i regni vassalli di Gabú, Oio e Braço, tra cui quello di Gabú sarebbe giunto ad avere maggior importanza, dal secolo XVI fino al XVIII, dopo lo smembramento dell’impero del Mali. Erano organizzati in una forte struttura gerarchica (nobili, uomini liberi, artigiani divisi in caste, schiavi). I mandingas continuano oggi a possedere un ricco patrimonio culturale (danze e modi di vestire caratteristici, “korá” come strumento musicale caratteristico, racconti, fiabe, ecc.). Di loro, nel 1868 il sacerdote guineese, Marcelino Marques de Barros, disse: “sono tra i popoli di tutta l’Africa, i più civilizzati ed esperti”! Sono eccellenti commercianti ed anche agricoltori. Attualmente costituiscono circa il 12% della popolazione del Paese. • Fulas (Peuls): le relazioni storiche con i Mandingas e la fedeltà al Corano. Originari probabilmente della valle del Nilo, si trovano attualmente soprattutto nelle regioni di Bafatá, Gabú e Quínara, estendendosi a sud fino al fiume Cacine. Il nome proviene da “Fulbè” che significa “castagno-chiaro”, dovuto al colore della pelle di questo popolo. Già fin dal sec. XV, si stabilirono pacificamente tra i Mandingas, nell’attuale GuineaBissau, diventando sedentari e formando grandi villaggi propri (“fulacundas”), sottomettendosi a volte a forti imposte dei Mandingas. Alla metà del sec. XIX, aiutati dai capi Fulas (“Almamis”) del Futa-Djalon e del Labé, si rivolteranno e vinceranno i Mandingas, ponendo fine all’Impero del Gabú, nella celebre e leggendaria battaglia di Kansala (1867). A partire da questo momento storico, si verificò un aumento progressivo della loro presenza e influenza in tutto l’est del Paese, come anche un’assimilazione crescente di prigionieri di differenti provenienze, dando così origine a sottogruppi vari, come ad esempio: fulas-forros, futa-fulas, fulas-pretos, ecc. Attualmente costituiscono circa il 23% della popolazione del Paese, formando perciò il secondo gruppo più numeroso. Per tradizione, furono sempre un Popolo di pastori (soprattutto bestiame bovino) e di commercianti, ma oggi hanno già un’economia generale più differenziata. Sono i più forti pilastri della presenza islamica nella GuineaBissau. _____________________________________ STATISTICA: Le Etnie più rappresentative della Guinea-Bissau): ETNIA Balantas Fulas Mandingas Manjacos Pepéis Felupes Altri Totale Brames o Mancanhas Beafadas Bijagós % 27 23 12 11 10 02 15 100 Fonte: Internet, ICEP, Guinea-Telecom (In J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte, Guiné Nô Pintcha, Lisbona 1999, pg. 21). 6 II. UNA STORIA CHE INIZIA PRIMA DELL’ARRIVO DEI PORTOGHESI 1- La storia poco conosciuta delle migrazioni: tra storia e leggenda. Nel territorio che attualmente costituisce la Guinea-Bissau, fin da epoche molto remote, prima dell’arrivo dei Portoghesi nel sec. XV, vennero a stabilirsi differenti popoli, ciascuno con la sua cultura, emigrati dal nord e dall’est dell’Africa, venuti alla ricerca di migliori condizioni di vita, o forzati dall’avanzata militare dell’Impero del Mali, fin dal sec. XIII. La maggior parte di questi popoli si stabilì nel territorio del litorale, in grandi famiglie patriarcali, senza ricorrere ad un potere centralizzato e senza grandi stratificazioni sociali. Un’altra parte, certamente influenzata dal modello mandinga - per esempio i Manjacos, Pepéis e Mancanhas - si strutturò in maniera “verticale”, con re e nobili al vertice e con varie classi subalterne. Si distribuirono in tutto il territorio guineese e organizzarono la loro vita economico-sociale conforme le condizioni del territorio gli permettevano. Tutti i popoli che attualmente costituiscono la Guinea-Bissau (e sono più di trenta!) posseggono descrizioni sui loro antenati, ma tali che risulta molto difficile sapere dove finisce la leggenda e dove inizia la storia reale. Da dove provengono i Bijagós? Che relazione esiste tra i Beafadas e i Pepéis o i Balantas? Saranno forse i Nalús, i Cocolis e i Padjadincas parenti tra loro? I Banhuns, Cassangas e Cobianas, che oggi sono poco numerosi nella Guinea-Bissau ma che ebbero anche loro una storia non-trascurabile, da dove provenivano realmente? È una storia che ancora si è appena iniziato a scrivere! 2- I regni mandingas di Gabú, Oio e Braço: quando Kansalá giunsead essere la capitale di un Impero. Con l’espansione dell’Impero del Mali, i Mandingas raggiungono nel sec. XIII l’est dell’attuale Guinea-Bissau, sotto la guida militare di Tiramakhan Traoré, uno dei generali dell’imperatore Sundiata Keita. Controllano il Gabú ed estendono il loro dominio più a nord-ovest, formando i regni vassalli di Oio e Braço. Questi regni erano capeggiati da governatori (“farins”), in regime di vassalli del “Mansa” (imperatore) che risiedeva a Niani, nel Mali. Con la decadenza dell’Impero, dalla fine del sec. XVI, questi “Farins” acquistarono forza sempre maggiore e praticamente diventarono indipendenti. Il governatore del Gabú - il più forte - mantenne lo stesso titolo di “Mansa”, mentre quelli di Oio e Braço conservarono il titolo di “farins”. L’impero del Gabú conoscerà un grande sviluppo tra i secoli XVI-XVIII, includendo non solo una buona parte della Guinea-Bissau attuale, ma estendendosi anche verso il sud del Senegal e Gâmbia, fondando la loro ricchezza sulle imposte sui prodotti della terra, sulle offerte dei loro “farins”, sulle multe della giustizia e soprattutto sulle imposte sui prodotti scambiati con gli europei sulle piazze costiere di Geba, Ziguinchor, Farim, Cacheu, ecc.. Queste imposte permettevano loro di acquistare armi da fuoco, di fare guerra ai popoli vicini, come anche acquistare schiavi, che poi rivendevano agli europei. La loro capitale era stanziata a Kansala, nel nordest della Guinea-Bissau, vicino a Pirada. Il “Mansa” governava con l’aiuto dei principi reali che diventavano governatori e formavano la loro corte, degli schiavi reali che costituivano la loro guardia permanente e dei capi delle caste di artigiani. In caso di guerra, essi facevano appello ai “farins”, che venivano ciascuno con il suo esercito. Tutti gli uomini liberi erano perciò mobilitati, con i nobili che formavano la cavalleria. La società di quest’impero era fortemente strutturata in gerarchie 7 (principi reali, uomini liberi, gente delle varie caste, artigiani, schiavi). I re e le loro corti costituivano di fatto la classe dominante. L’impero del Gabú giunse anch’esso a decadere, fin dalla fine del sec. XVIII, soprattutto con il declino del traffico degli schiavi, ma anche per ragioni secondarie di divisioni interne. Giunse ad essere distrutto nel secolo successivo, dagli attacchi degli “Almamis” del Futa-Djalon organizzati in teocrazia militare mussulmana. Essi, fin dalla prima metà del sec. XIX, avrebbero attaccato ripetutamente i mandingas del Gabú, arrivando a vincerli definitivamente nel 1867: conquistarono e distrussero la capitale Kansala e ribaltarono a loro favore una situazione storica che per secoli era stata loro sfavorevole. Dopo il 1867, dell’antica dominazione dei Gabú rimangono soltanto le varie leggende dei loro eroi, a cominciare dal sacrificio del loro ultimo imperatore, Dianké Wally! 3- Espansione e conquista dei Fulas: una forza crescente fin dalla metà del sec. XIX. I Fulas (Peuls), originari molto probabilmente dell’Alto Nilo, erano inizialmente pastori e pagani. Cominciarono a emigrare fin dai tempi preistorici verso l’Africa Occidentale, passando attraverso il Sahara all’epoca ancora non desertificato come oggi. Per lo meno fin dal sec. XIII, a causa dell’aridità crescente del deserto, cominciarono ad emigrare sempre più verso sud della Mauritania, verso il Futa-Toro (valle del Senegal) e verso Macina (Mali); da lì proseguirono ancora più lontano, in direzione degli altipiani del Futa-Djalon e, verso est, in direzione del Camerun. Nell’attuale Guinea-Bissau, i fulas cominciarono a entrare pacificamente, provenienti dal Futa Djalon, in piccoli gruppi di famiglie di nomadi e pastori (specializzati nell’allevamento di bestiame bovino), forse ancora prima del sec. XV. Nel sec. XVIII entrarono pacificamente altri gruppi di Fulas, e si istallarono in mezzo ai mandingas. Imitarono la vita sociale di costoro, diventando parzialmente sedentari e stabilizzandosi in grandi villaggi patriarcali caratteristici - i cosiddetti “fulacundas” - con lavoro in comune che poteva occupare alcune centinaia di persone. Fulas e Fulacundas non fondarono alcun Stato in Guinea-Bissau prima del sec. XIX, al contrario dei Fulas del Futa-Djalon. Frequentemente furono sottoposti dai mandingas a pesanti imposte. Con un carattere violento, già nel sec. XVI, alcuni fulas provenienti dal Futa-Djalon, sotto il comando di Coli Tenguela, attraversarono l’impero del Gabú, si scontrarono violentemente con i mandingas e Beafadas e, sconfitti, furono obbligati a migrare verso il nord, arrivando a stabilirsi nel Tekrur (Futa-Toro, Senegal). Se da un lato è certo che, dopo lo spostamento di Coli Tenguella verso il Tekrur, l’impero del Gabú poté ricomporsi di nuovo e proseguire il suo sviluppo fino al sec. XVIII, è naturale anche che con questo passaggio armato de Coli Tenguela, vari fulas e fulacundas abbiano deciso di stabilirsi pacificamente nella Guinea-Bissau, non accompagnando il loro capo militare nello spostamento verso il nord. La supremazia dei fulas nella Guinea, in rapporto ai mandingas, si realizzerà soltanto alla metà del sec. XIX, dopo il rafforzamento dello stato teocratico fula nel Futa-Djalon e nel Labé. A questo punto, i Fulas alleati fra loro, facendo appello al pretesto di infedeltà al Corano dei mandingas, ma nascondendo con certezza altre ragioni, probabilmente più “determinanti” porranno fine alla supremazia mandinga nella Guinea-Bissau e nel 1867 rovesceranno la situazione in loro favore, dopo la distruzione della capitale mandinga a Kansalá. 8 In seguito a questa vittoria, si verificherà una maggiore migrazione fula verso la GuineaBissau, come pure l’assimilazione dei prigionieri di differenti etnie. Questa presenza e affermazione dei fulas continuerà anche dopo la Conferenza di Berlino (1885) ed il successivo controllo del territorio guineese da parte dei portoghesi (campagne di Teixeira Pinto nel 1913-15), sapendo i fulas adattarsi alla nuova relazione di forze imposta dalla dominazione coloniale, ricevendo in cambio alcuni privilegi di carattere sociale di tipo feudale. Oggi, la presenza e l’importanza dei fulas continuano ad aumentare, certamente anche incoraggiate dall’integrazione della Guinea-Bissau nella zona dell’ UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale), fin dal maggio del 1997. ____________________________________ TESTO: La Caduta di Kansala: Dianké Walli riunì un ultimo consiglio di guerra nel suo palazzo. Fu deciso di fare un attacco generale e morire con le armi in mano, piuttosto che lasciarsi sconfiggere dalla fame. Effettivamente, alla fine di quattro settimane, i viveri cominciavano a mancare. Gli uomini del Gabú uscirono dalla città al mattino presto e si posero in posizione di combattimento; era il giorno 19 maggio 1867. Le donne “nianthio” (nobili), appollaiate sulle mura della città, incoraggiavano gli uomini per la battaglia. La furia mandinga si sciolse; alla porta orientale, i Fulas furono violentemente allontanati, e avvenne lo stesso sul lato di Durubali, dove gli assalitori furono presi sul fianco dalla guarnizione di questa città; molti Fulas trovarono la morte nelle paludi che separavano Kansala da Durubali. A mezzogiorno, la battaglia era infuocata da tutti i lati intorno alla città; i Mandingas si battevano uno contro tre con la forza della disperazione, il Fula ostinato resisteva e si esponeva ai colpi dei Soninkés gridando il nome di Allah. Le tradizioni dei due popoli immortalarono gli eroi della battaglia di Kansala in poemi celebrativi che ancor oggi sono molto popolari. Dalla parte Gabú, si cantano i sette discendenti di Bakariba Sané e di Lombi Banora – i “Nimangs” guerrieri invincibili. Dalla parte del Futa, i poemi epici cantano Tierno Abdurahmane-mo-Koin, un giovane cavaliere di vent’anni. Alle tre del pomeriggio, i Mandingas si piegarono davanti al grande numero di avversari. L’“almamy” Umar pagava di persona e si batteva come un semplice soldato. Dianké Walli inviò un messaggero alla torre più alta; non si intravedeva nessun esercito di rinforzo. La battaglia infuriava intorno alle mura; i Mandingas stremati si lasciavano massacrare di fronte alle porte. Improvvisamente, queste si aprirono. Allora iniziò un terribile combattimento strada per strada. Le donne “nianthio” e le loro figlie si congedarono da Dianké Walli. Uscirono dal palazzo cantando e piangendo: - “Mama Dianké Walli! / Dov’è mio zio, mio zio, il Grande “nianthio” / L’uomo che può tutto, / Mama Dianké Walli. / Non saremo mai schiavi dei Fulas”! Esse corsero fino al centro della città. Là, c’era un grande pozzo. Una ad una, si buttarono, a testa in giù, nel pozzo; le loro serve, che le seguivano, buttarono sui loro corpi le casse di gioielli e di altri ornamenti. Così terminava la “semente regale” del Gabú. La battaglia infuriava nelle strade di Kansala. I Fulas spuntavano da tutte le parti, terribili, e combattevano sempre più. Allora, nel momento più acceso della controversia, si elevò dal palazzo l’inno di guerra del Gabú, “Ceddo”. Gli uomini del Gabú cantavano e il “dioung dioung “ reale tuonava. All’improvviso, avvenne una cosa terribile: uno scoppio come giammai si era udito e Kansala scompariva sotto una colonna di fuoco che saliva al cielo sereno. Dianké Walli aveva dato fuoco alle polveri. Era la fine. Questa fine tragica impressionò lo spirito, tanto dei Mandingas come dei Fulas. Kansala era caduta. La sua polveriera era enorme; occupava più della metà del palazzo e occupava almeno 9 trenta grandi case. La detonazione fu così forte che si udì in varie località. Poche persone uscirono vive da Kansala; molte persone morirono asfissiate dal fumo. La colonna di fuoco, che si innalzò, perdurò su Kansala per più giorni. I Mandingas diedero a questa battaglia il nome di “tourouban kéloo”, ossia, “guerra di sterminio”. Il nome rimase; anche i Fulas lo adottarono. Fu lo sterminio dei Mandingas, come se Dianké Walli avesse voluto estinguere la sua razza per non sopravvivere alla vittoria del Fula, durante tanto tempo soggiogato dal Gabú! (Djibril Tamsir Niane, Histoire des Mandingues de l’Ouest, Parigi 1989, pg.192-194) _______________________________________________ III. LA GUINEA SOTTO L’INFLUENZA E LA DOMINAZIONE DEI PORTOGHESI Nel 1446 le caravelle portoghesi raggiunsero l’attuale Guinea-Bissau, nella sequenza della loro esplorazione di tutta la costa africana, soprattutto nella via delle spezie di Oriente. Fu così che, fin dalla metà del sec. XV cominciò una storia di contatto del popolo guineese con il popolo portoghese, che si sarebbe protratta per vari secoli, con maggiore o minore intensità, e che si sarebbe intessuta di luci e ombre, come succede con la storia di tutte le presenze coloniali. Nei loro contatti con i popoli della Guinea, i portoghesi iniziarono con lo stabilirsi in alcune “feitorias” sulla costa (Cacheu, Farim, Geba, Bissau, ecc.), in accordo con i capi locali, ai quali pagavano qualche tributo, spesso chiamato “daixa”. Alcune di queste feitorias commerciali, con maggiore o minore resistenza da parte delle popolazioni locali, si trasformarono in piazze fortificate fin dalla fine del sec. XVI e soprattutto dalla metà del secolo successivo. In queste piazze fortificate vennero a stabilirsi vertici militari portoghesi, vari commercianti tanto del Portogallo continentale come anche di Capo Verde, così come alcuni pochi missionari portoghesi. Nei dintorni delle “piazze” venne a radicarsi anche un certo numero di persone locali necessarie per i diversi lavori della “piazza” e per i lavori delle imbarcazioni costiere. Da questo contatto quotidiano, come anche dal contatto di alcuni avventurieri che si arrischiarono a penetrare più verso l’interno del territorio alla ricerca di prodotti per il commercio, sarebbe nata la lingua criola, che non solo resiste ancora oggi ma che si trova in continua evoluzione e costituisce, di fatto, la lingua “veicolare” di quasi tutta la comunicazione nella GuineaBissau dei nostri giorni. Il commercio principale iniziò ad essere quello di avorio, colla, cera e altri prodotti. Tuttavia, a partire dalla scoperta delle Americhe Centrale e del Sud, e soprattutto a partire dalla necessità di mano d’opera per le piantagioni e per lo sfruttamento delle miniere di quelle regioni, il commercio degli schiavi si organizzò progressivamente: naque il famoso “commercio triangolare” (Europa-Africa-America-Europa), che monopolizzerà gli interessi e si estenderà dal secolo XVI al XIX, raggiungendo il suo punto più alto e disumano nel secolo XVIII. A questo punto, dai principali porti della Guinea-Bissau (Cacheu e Bissau), partiranno migliaia di schiavi sia per il Brasile come anche per l’America Centrale, in una quantità che non possiamo precisare rigorosamente, ma della cui enormità non si può dubitare, dopo gli studi documentati a questo riguardo, per esempio da António Carreira. 10 Viste le difficoltà climatiche della Guinea-Bissau e la frequente resistenza delle sue popolazioni alla presenza europea, la popolazione del Portogallo continentale non è mai stata molto significativa in Guinea-Bissau (al contrario per esempio dell’Angola, del Mozambico, o della stessa Capo Verde), riservando naturalmente per loro i posti di maggiore responsabilità politico-militare - Governatori delle piazze, principali capi militari e amministrativi - e lasciando agli altri l’amministrazione ordinaria. Anzi, fino al 1879, il centro politico-amministrativo della Guinea non si trovava neanche nella “terra ferma” della Guinea, ma nelle isole di Capo Verde, dove risiedeva sia il Governatore Generale di Capo Verde come anche quello della Guinea. Per le decisioni di maggior peso, i governatori delle piazze della Guinea avrebbero dovuto ottenere in primo luogo il beneplacito del Governatore Generale di Capo Verde. Con la fine del traffico degli schiavi, alla metà del secolo XIX, le piazze della Guinea entrarono in grande declino, poiché le spese di amministrazione erano precedentemente sostenute soprattutto dalle Compagnie commerciali monopolistiche (“Compagnia di Cacheu e Capo Verde”, “Compagnia di Grão Pará e Maranhão”, ecc.) e queste entrarono rapidamente in declino. Dalla metà del sec. XIX, la Guinea passa ad essere, per i militari e gli altri europei lì presenti (comprendendo anche vari chierici e Religiosi), una “terra di degrado” e di poco interesse. Così si arriva alla celebre Conferenza di Berlino (1885) e alle note esigenze della “occupazione effettiva” dei territori, pretesa dalle potenze coloniali europee. Il Portogallo, per non perdere la Guinea, fu forzato a delimitare le sue frontiere, con l’accordo luso-francese del 1886, che obbligò alla cessione della Cazamança in cambio di vantaggi minori (tanto nella Guinea come fuori) e, alcuni anni più tardi (1913-15) alla sua “occupazione” effettiva, attraverso le violente campagne di Teixeira Pinto. Costui, nella sequenza delle sue violente azioni militari, iniziò a collocare posti amministrativi e militari fissi, sparsi all’interno del territorio. La violenza di queste campagne militari (eufemisticamente chiamate “campagne di pacificazione”!), avrebbe costretto a spostamenti di alcune popolazioni, specificamente quella di gruppi balantas verso il sud del Paese, dove oggi continuano presenti in grande numero. Con la nascita del “Nuovo Stato” (1927), il Portogallo avrebbe consolidato più fortemente la sua dominazione tanto politico-militare quanto economica nella Guinea, rendendo difficile la libera circolazione di case commerciali non portoghesi (tedesche, francesi, ecc.), che dagli inizi del sec. XIX controllavano la maggior parte del commercio. Privilegi monopolistici furono riservati alle case commerciali portoghesi, a scapito di quelle precedentemente esistenti, specificamente alla Casa Gouveia e alla Società Ultramarina, spingendo nello stesso tempo allo sfruttamento di alcuni prodotti più redditizi per l’economia portoghese. È il tempo della vera dominazione coloniale della Guinea, anche se fatta da una potenza (il Portogallo) che non aveva né il potere militare né la capacità finanziaria di altre potenze coloniali europee - soprattutto l’Inghilterra e la Francia - dove la rivoluzione industriale ascese più in fretta. Tra il 1930 e il 1960, il Portogallo tenterà ancora di “recuperare il tempo perduto”, con alcune azioni di carattere promozionale, sulle quali torneremo a parlare in uno dei prossimi capitoli, specificamente: nel campo della Salute (lotta ad alcune maggiori malattie, per esempio: malaria, malattia del sonno, febbre gialla, vaiolo, ecc.); nel campo dell’Educazione (dal 1940 con l’istruzione primaria non ufficiale consegnata alle Missioni Cattoliche, con il primo Liceo ufficiale nel 1949, con studi superiori per 11 qualcuno dei dirigenti guineesi, compreso Amílcar Cabral); nel campo delle infrastrutture (alcune strade, alcuni mezzi di comunicazione fluviale o marittima, ecc.); nel campo industriale (alcuni inizi molto timidi di trasformazione di prodotti agricoli locali), ecc. Tale sforzo, anche se considerevole, fu nel contempo insufficiente, se lo confrontiamo per esempio con azioni molto più evolute portate a termine nelle altre colonie portoghesi. Quando, nella decade degli anni sessanta, arriva l’ora della Lotta di Liberazione Nazionale, questo aspetto di grande ritardo economico, sociale e culturale dei popoli della Guinea - e la rispettiva speranza che il potere avesse il sopravvento sulla Lotta armata - suonerà come un motivo scatenante altamente suggestivo ed entusiasmante, che condurrà all’Indipendenza del Paese nel 1973-74. Da questo contatto plurisecolare tra la Guinea-Bissau e il Portogallo, oltre al consolidamento locale della lingua criola, rimarrà per il futuro la presenza della lingua portoghese, promulgata come lingua ufficiale dopo l’Indipendenza. Questa lingua, come riconobbe lo stesso Amílcar Cabral, è la maggior eredità lasciata dal Portogallo alla Guinea-Bissau. Essa faciliterà l’apertura della Guinea al mondo globalizzato in cui ci troviamo, e questa stessa lingua guadagnerà molto con l’indipendenza, valorizzandosi con nuovi termini ricevuti localmente. __________________________________ TESTO: Quello che i portoghesi sono soliti donare ai nuovi re pepéis di Bissau, nel 1828: Relazione degli oggetti preziosi per il dono al nuovo Re gentio, vicino a questa piazza di guerra di São José de Bissau: Una divisa di tessuto fino rosso e intarsiato di oro puro. Una giubba rossa e intarsiato del suddetto. Un pantalone suddetto del suddetto. Un cappello fino nuovo intarsiato di oro con preziosi e perle dello stesso. Un bastone dall’India con impregnatura di argento grande. Un paio di calze lunghe. Un completo di scarpe e pantaloni. Un paio di scarpe su misura. Una spada per il figlio del Re. Un tessuto di Capoverde per la Regina. Quattro tessuti di Listra per le altre donne del Re. Quattro fazzoletti per le stesse. Un fazzoletto di seta per la Regina. Sei fazzoletti di seta per le donne della comitiva. N.B. Questi ultimi oggetti possono essere provveduti su quest’Isola. Bissau, 7 Gennaio 1828 Joze Francisco da T. (Scrivano della Reale Fazenda di Bissau) (A.H.U. (Lisbona), “Cabo Verde”, caixa 89, doc. 14.) ____________________________________ IV - UN PAESE CON UNA VITTORIOSA LOTTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE 12 Tra il 1940 e il 1960 il Continente Africano fu spazzato dal vento forte e favorevole delle indipendenze africane. Questo vento raggiunse anche, naturalmente, le colonie portoghesi, specialmente la Guinea-Bissau, facilitato in parte dalla convivenza di studenti universitari africani a Lisbona, nella celebre “Casa degli Studenti dell’Impero”, dove le idee della liberazione maturavano e fervevano. La c’era anche il capo dell’indipendenza guineese, Ingegner Amílcar Lopes Cabral. Nel caso della Guinea-Bissau, per arrivare all’indipendenza, fu necessario il ricorso finale alla forza delle armi, ma non era questo il desiderio iniziale dei combattenti della libertà della patria. Si tentò la via pacifica di negoziati preliminari, in varie forme e da parte di persone di differenti tendenze politiche, ma senza qualsiasi risultato positivo. Per questo, nel 1959, dopo la repressione violenta dei marinai del Pindjiguiti in sciopero, si ebbe la certezza che la via pacifica non era sufficiente per cambiare la situazione del Paese e così cominciò la preparazione diretta per la Lotta di Liberazione Nazionale, portata a termine soprattutto - e quasi soltanto esclusivamente - dal PAIGC (Partito Africano dellIndipendenza di Guinea e Capoverde). Si iniziò allora la preparazione delle popolazioni dell’interno del Paese, rendendole coscienti sullo sfruttamento cui erano sottomesse, sulla necessità di organizzarsi convenientemente in stile di guerriglia, - la “bomba atomica dei poveri”, nella famosa espressione di Mao Tsé Tung - per arrivare all’obiettivo maggiore dell’indipendenza, abbattendo con la forza l’amministrazione coloniale portoghese. Fu una mobilizzazione civile di successo, che dal 1963 in avanti iniziò a rendersi concreta sul terreno. Nell’anno successivo (1964), dopo la grande riunione di Dirigenti a Cassacá (“primo congresso” del PAIGC), la Lotta diventò sistematica a livello nazionale e si concretizzò in varie iniziative di grande effetto, specificamente: la creazione delle FARP (Forze Armate Rivoluzionarie del Popolo), dei Magazzini del Popolo e delle “Scuole della foresta” nelle zone che gradualmente si liberarono, con l’aiuto e il controllo delle popolazioni di queste stesse “zone liberate”. Così, almeno dal 1970, due terzi del territorio della Guinea-Bissau (circa il 50% della popolazione totale) rimasero sotto il controllo dei guerriglieri del PAIGC. La lotta si consolidò ugualmente a livello internazionale. I guerriglieri furono sufficientemente appoggiati dai paesi limitrofi - Senegal e principalmente GuineaConakry - nella cui Capitale fu permessa l’apertura del Segretariato Generale del Partito (1960), come anche l’inaugurazione della Scuola-Pilota; si permise così al PAIGC di avere una base di rifugio più sicura e maggiori facilitazioni nel trasporto di armi e altre necessità relative all’evoluzione della guerra. Sul fronte diplomatico internazionale (sede delle Nazioni Unite, Vaticano, Svezia, ecc.) si portò a termine anche una forte e intelligente lotta, in cui brillò sovrastante la figura del leader carismatico, Amílcar Cabral, sicuramente una delle maggiori figure africane del sec. XX. Così, nel 1972, (dal 2 all’8 aprile), il Portogallo non riuscì ad evitare la visita di una delegazione delle Nazioni Unite alle “zone liberate” del sud della Guinea: percorsero circa 200 chilometri a piedi e visitarono nove località, dal Kandiafara fino alla scuola “Areolino Cruz”, passando per Bilama: testimoniarono internazionalmente che la guerra pendeva definitivamente dal lato dell’Indipendenza e che stava per nascere una nuova nazione nelle “zone liberate”. Nella Relazione finale, fatta da questa Missione delle Nazioni Unite, consta: - “Che la lotta per la liberazione del territorio continua a progredire, e che il Portogallo non esercita più qualsiasi controllo amministrativo nelle grandi aree della Guinea-Bissau; sono fatti 13 irrefutabili. Secondo il PAIGC, le aree liberate comprendono attualmente più di due terzi, o tra i due terzi e tre quinti del territorio. Questo fu verificato da molti osservatori e giornalisti stranieri. È anche evidente che la popolazione delle aree liberate appoggia senza riserve la politica e le attività del PAIGC, il quale dopo nove anni di lotta, esercita di fatto un libero controllo amministrativo in queste aree e protegge effettivamente gli interessi degli abitanti, indipendentemente dalle attività portoghesi”. All’esito della Lotta di Liberazione Nazionale, contribuì in gran parte l’unione delle varie etnie della Guinea in vista dell’obiettivo comune da raggiungere, ossia: il conseguimento dell’Indipendenza. Magistralmente capeggiati da Amílcar Cabral, i guerriglieri seppero lasciar da parte gli interessi e rivalità personali o tribali, per adoperarsi fondamentalmente per l’interesse nazionale della lotta per l’indipendenza. È significativo, a questo riguardo, che una lingua sopra-tribale - il criólo - si sia sviluppata notoriamente durante gli anni della Lotta di Liberazione Nazionale. Era una forma di affermazione comune, attraverso una lingua “veicolare”, che prosegue ancor oggi. Non vuol dire che non ci siano stati dissensi o difficoltà reali tra i combattenti, ma che essi li seppero oltrepassare con efficacia, in vista di un bene maggiore. Contemporaneamente si dimostrò decisiva una pianificazione rigorosa ed esigente della lotta armata, centralizzata nelle FARP: senza bruciare le tappe, pazientemente condotta e programmata. Anche in questo campo della strategia militare, l’Ingegner Amílcar Cabral si è rivelato una personalità notevole. Prima del suo assassinio, il 20 gennaio 1973 (in circostanze ancora poco chiare circa gli interessi concreti e profondi in gioco), stava già preparando il terreno per realizzare le elezioni per l’Assemblea Nazionale Popolare. Nonostante la sua tragica morte, la cosiddetta Assemblea Nazionale Popolare riuscì finalmente a riunirsi e proclamare solennemente, nelle colline del Boé, l’indipendenza della Guinea-Bissau. Era il giorno 24 settembre 1973. Varie decine di paesi riconobbero, nei mesi successivi, questa indipendenza. Finalmente, il Portogallo, dopo la “rivoluzione dei garofani (25 aprile 1974) ed in conseguenza di questa, riconosceva anche lui l’indipendenza della GuineaBissau, il 10 settembre dello stesso anno. Era il riconoscimento ufficiale di una realtà politica già viva e irreversibile. A partire da lì, si apriva una nuova pagina nella storia delle relazioni secolari tra i due popoli. ____________________________ TESTO: Adesso i cattolici sanno per chi lottare Conferenza stampa concessa da Amílcar Cabral, dopo la sua intervista collettiva (con Agostinho Neto e Marcelino dos Santos) con il Papa Paolo VI, nel giugno del 1970. Vorrei sottolineare che il grande onore concesso al nostro popolo da Sua Santità, nel ricevere i dirigenti dei nostri movimenti di liberazione, pone adesso un problema soprattutto ai cattolici del Portogallo, a quelli che hanno appoggiato fino ad ora la guerra colonialista portoghese. Noi facciamo decisamente una distinzione tra la gerarchia cattolica in Portogallo ed i cattolici in generale. Non vorremmo che andassero a finire in prigione, sia tra i Portoghesi, sia tra gli Africani, coloro che difendono la causa della liberazione dei nostri popoli. Ma la verità è che, finora, la gerarchia cattolica portoghese si è mostrata, sia attraverso gli organi di informazione, sia attraverso tutte le manifestazioni religiose, favorevole alla guerra colonialista, che chiamano nel loro linguaggio “difesa della civiltà cristiana”. Ci stupiamo 14 molto che si possa difendere la civiltà cristiana massacrando i popoli, bruciando con napalm i bambini, le donne, villaggi interi. E desideriamo veramente un gesto che possa convincere l’opinione pubblica portoghese che non è questa la posizione della Chiesa cattolica Romana. Da parte nostra, questo gesto è stato fatto. Ho ricordato che nel mio discorso all’apertura della nostra Conferenza, ho lanciato un appello a Paolo VI che, ricevendoci ieri in Vaticano, ha confermato - in accordo con l’Enciclica diretta a tutti i popoli africani - che la Chiesa sta dalla parte di coloro che soffrono e sempre lottano in favore della libertà, della pace e dell’indipendenza dei popoli. Crediamo che i cattolici, specialmente i portoghesi, hanno ora una base molto concreta, oltre a quel documento, per riconoscere, da una parte, quelli che ci appoggiano e, dall’altra, quelli che finora hanno appoggiato la guerra colonialista. Perché questi sono contro i principi e le dichiarazioni di colui che è la massima autorità della Chiesa. È un fatto politico di grande importanza, questo, ma è anche un fatto morale. Nei nostri paesi ci sono più di un milione di cattolici: se non ce ne sono di più non è colpa nostra, ma colpa dei missionari portoghesi che, in più di cinque secoli, non hanno saputo condurci. Crediamo che i cattolici indecisi, angustiati, possono ora appoggiarci tranquillamente, perché sanno che il Papa è contro tutto quello che è contrario alla libertà, alla pace e all’indipendenza dei popoli”. (in AMÍLCAR CABRAL, Guiné-Bissau, nação forjada na luta, Lisbona, 1974, pg.105-106). _________________________________ V - UN PAESE INDIPENDENTE, RICOSTRUZIONE NAZIONALE ALLA RICERCA DELLA VERA 1. L’Appello della Terra: un Paese essenzialmente agricolo. La Guinea è un Paese essenzialmente agricolo. Circa il 90% della popolazione si dedica ad attività primarie, a contatto diretto con la natura del luogo. Pur non possedendo terreni agricoli in condizioni ottimali, come lo stesso Amílcar Cabral riconobbe, la Guinea d’altro canto possiede condizioni naturali molto superiori a quelle di altri paesi africani così da poter vivere e alimentare tranquillamente la sua popolazione di poco più di un milione di persone. L’attuale situazione dell’agricoltura in questo Paese, risente delle vicissitudini storiche per le quali la Guinea-Bissau è passata negli ultimi decenni e per questo è utile rivederle, anche se solo superficialmente. Nell’epoca coloniale, si dette la prevalenza ad alcuni prodotti destinati fondamentalmente all’esportazione, come ad esempio: arachidi, noci di cocco, olio di palma, riso, legnami, ecc. Furono introdotte anche alcune piante sconosciute dai guineesi, specificamente: canna da zucchero, mais americano, mandioca, patata dolce (patata americana), alcuni alberi da frutto. Le terre coltivate nel 1953 costituivano soltanto il 12% circa della superficie totale del Paese e tre grandi colture occupavano l’ 86% della superficie totale coltivata, ossia: il riso di foresta e irrigato (32%), diverse qualità di mais (32%) e arachidi (22%). Durante la Lotta di Liberazione Nazionale, proprio a causa della guerra, si verificò un’enorme diminuzione della superficie coltivata e conseguentemente nelle esportazioni: diminuzione di circa il 70% della superficie coltivata, dal 1953 al 1972. Questo fatto inoltre era la conseguenza di una strategia politica dei Combattenti della Libertà della Patria, ossia: “distruggere” per indebolire l’occupazione coloniale. Nel 1953 la produzione di arachidi fu di 63.975 tonnellate (quasi tutta esportata), nel 1972 fu appena 15 di 28.000 tonnellate, pertanto, una diminuzione del 56% circa. Nello stesso periodo, la produzione di riso fu di 100.297 tonnellate nel 1953, e di appena 29.500 tonnellate nel 1972, con una diminuzione del 71%. La Guinea-Bissau, che nel 1953 poteva garantire il proprio fabbisogno di riso, alla fine del periodo coloniale era largamente dipendente dalle importazioni dello stesso prodotto; per esempio, nel 1968 importò 3.880 tonnellate di riso, ma nel 1974 ne importò già 30.600 tonnellate. Dopo l’Indipendenza, il recupero è stato molto lento, nonostante i vari sforzi intrapresi. Nel 1974 la Guinea-Bissau importò 30.600 tonnellate di riso¸ nel 1981 ne importò 70.000 tonnellate. Nel 1952 la produzione di riso era di 90.000 tonnellate circa, arrivando anche ad esportarlo; nel 1980 la produzione fu appena di 25.000 (tonnellate), ma dal 1989 fino al 1994 la produzione di riso si mantenne sempre al di sopra delle 100.000 tonnellate, realizzando nel 1994 il totale di 131.017 tonnellate. Nella strategia di sviluppo del dopo-indipendenza, se tentò di creare le condizioni per la crescita della produzione agricola e per una diversificazione più ampia delle coltivazioni. Si fece ricorso al recupero di alcune risaie: aumentando così le superfici coltivate; si tentò una distribuzione più abbondante delle sementi; si tentò l’organizzazione di aziende agricole dello Stato; come luoghi di sperimentazione agricola e di produzione; si fece ricorso ad alcuni grandi progetti agricoli con l’aiuto della Cina, della Francia, dell’Algeria. Sebbene non possiamo disporre di dati molto sicuri, sembra fuori di discussione che nei primi tre anni di indipendenza si verificò un aumento significativo della produzione agricola. C’è da riferire anche che, alcuni anni più tardi, dal 1986 al 1994, il settore primario dell’economia guineese fu chiaramente quello che diede il maggior contributo per lo sviluppo economico. Di fatto, mentre lo sviluppo medio globale non arrivò a raggiungere il 2,8% tra il 1990 e il 1994, lo sviluppo del settore primario circolava nello stesso periodo intorno al 3,8%. La spiegazione di questi risultati sta nel miglioramento delle condizioni climatiche verificatesi a partire dal 1983, ampliato dal fatto che il Governo guineese creò alcune condizione che privilegiarono e incoraggiarono la produzione agricola. La castagna di cajú si rivelò nel frattempo il principale prodotto agricolo per l’esportazione, passando dagli 11,60 milioni di dollari nel 1990 ai 31 milioni di dollari nel 1994. Inoltre, nello stesso periodo, si verificò una notevole diminuzione dell’importazione di riso: nel 1992 la spesa per l’importazione di riso fu di 21,7 milioni di dollari, mentre nel 1994 la spesa fu soltanto di 8,6 milioni di dollari. L’agricoltura, nonostante la diminuzione progressiva dell’indice delle precipitazioni che si è verificata negli ultimi 20 anni, continua ad essere oggi il settore principale dell’attività economica del Paese, sia a livello di contributo percentuale al PIL, sia a livello di assorbimento della popolazione attiva. Ma è chiaro che, già prima della guerra civile del 1998/99, la produzione nazionale continuava ad essere chiaramente insufficiente per rifornire il mercato interno, facendo sì che il ricorso all’importazione fosse inevitabile. Oltre a ciò, la produzione agricola per l’esportazione - soprattutto del cajú - si presentava poco diversificata, e poneva il Paese in una situazione abbastanza fragile davanti alle tendenze sfavorevoli dei prezzi internazionali. Se questa era la situazione già prima del conflitto militare del 1998/99, molto più pesante è oggi, dopo le disastrose conseguenze di quel conflitto. 16 _____________________________ STATISTICA: Produzione del settore primario Produzione agricola in tonnellate Riso com casca integrale(?) Altri cereali Mandioca Mancarra Castagna di cajú Coconote Legname Cotone 1989 110.238 1990 123.023 1991 123.264 1992 123.812 38.571 17.835 16.070 13.700 7.759,6 18.642,3 758 46.354 17.491 18.171 15.481 6.595,7 17.720,2 2.180 57.066 11.869 14.795 17.493,5 6.265,9 16.297,6 2.412 47.768 14.680 15.716 19.417,8 5.952,6 14.518,1 1.233 1993 125.907 1994 131.017 54.828 58.123 14.311 14.740,3 18.141 18.258 21.748 24.357,7 5.059,7 4.300,7 13.031 13.290,3 1.754 1.731 Fonte: J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte – Guiné, Nô Pintcha, para uma análise sócio-económica da Guiné-Bissau, Lisbona, 1999, pg.185. 2. L’attrattiva del mare: la pesca è una vera ricchezza! La Guinea-Bissau, Paese situato in riva al mare con 200 chilometri di costa, è un piccolo giardino, attraversato da alcuni corsi d’acqua dolce e soprattutto da innumerevoli bracci di mare. Le acque della Guinea possono essere considerate acque miste “acque di estuario”, ricche di varie specie di pesci e frutti di mare, specialmente: tainha, pargo, bicuda, garoupa, barbo, linguado, raia, gamberi, aragoste, ostriche, polipi, chocos, ecc.. L’attrazione dell’acqua è, per questo, una tendenza naturale e proficua, visto che la pesca costituisce una fonte accessibile di proteine animali di elevato valore energetico, che migliorano notevolmente la dieta alimentare delle popolazioni locali. Associata alla produzione della terra, la pesca è una risorsa naturale alla quale i guineensi possono facilmente affidarsi. La Guinea-Bissau possiede una Zona Economica Esclusiva (ZEE) con un’estensione superiore a 70.000 chilometri, con una possibile differenziazione in tre zone distinte: acque con meno di 10 metri di profondità, accessibili alle piroghe; acque con meno di 20 metri di profondità, dove possono manovrare navi di portata industriale; ed acque tra i 20 e i 200 metri di profondità, con le più svariate specie di pesci. Nell’epoca coloniale, la pesca ebbe poco sviluppo, limitandosi quasi soltanto alle zone poco profonde delle risaie e del litorale, acque relativamente calde, poco salate, rendendo così difficile l’abbondare di specie ricche dal punto di vista alimentare e industriale; e questa pesca era fatta con processi tradizionali chiaramente insufficienti. Nel 1965, la quantità totale di pesce raccolto si avvicinava soltanto a 4.500 tonnellate. Dopo l’Indipendenza, se fece uno sforzo notevole per lo sviluppo della pesca, sia quella costiera come quella di alto mare. Si fece ricorso a società miste, specificamente: “Stella del Mare” (Guinea/Unione Sovietica), “Guialp” (Guinea/Algeria), “Semapesca” 17 (Guinea/Francia), con risultati inizialmente molto incoraggianti. Si chiamarono inoltre tecnici cinesi per l’insegnamento della costruzione di canoe leggere adatte alla pesca. Gli anni successivi, però, rivelarono grandi difficoltà di sviluppo in questo settore economico, sia per mancanza di strutture di appoggio, sia per la scarsità di manodopera qualificata, come pure per le difficoltà di finanziamento, a causa di una troppo fiacca politica di incentivi, e della scarsa efficienza nell’apparato di vigilanza costiera, ecc. I prodotti del mare nel 1981 diedero un contributo di 4,60 milioni di dollari americani, ma nel 1991 il loro contributo fu soltanto di 2,60 milioni, e nel 1994 il contributo fu di appena di 0,30 milioni. E la pesca artigianale? - Anche qui, i problemi non sono pochi. La produzione di questo settore è orientata quasi esclusivamente al consumo interno e, nonostante la concessione di appoggi finanziari di alcune organizzazioni internazionali a progetti locali, non è stato ancora possibile darle una struttura che garantisca la possibilità di auto-sostegno finanziario in futuro. La crisi del settore della pesca era già molto profonda prima della guerra civile del 1998/99, ma assunse uno spessore ancora maggiore con questa guerra ed il settore attraversa oggi enormi difficoltà. Il porto di Bissau, in rapporto a tempi non molto lontani, si presenta con un aspetto desolante, con imbarcazioni paralizzate, o abbandonate alla loro sorte sulle banchine. Tutto questo, però, non distrugge la convinzione che, se organizzato più convenientemente, il settore della pesca - tanto industriale quanto artigianale - continui ad essere una fonte preziosa per l’alimentazione della popolazione guineese e per ridurre il cronico deficit della sua bilancia commerciale. __________________________ TESTO: Le risorse della pesca della Guinea-Bissau Le risorse della pesca nella Guinea-Bissau sono molto ricche. Fino alla data di oggi, queste risorse sono state sfruttate nella quasi totalità dalle flotte straniere e le casse pubbliche hanno ricevuto ben pochi benefici da questo sfruttamento. I piccoli frutti provengono dal pagamento delle licenze di queste navi e una piccola parte del totale dei prodotti della pesca di queste flotte viene sbarcato nel porto di Bissau, per il mercato interno e per l’esportazione. Oltre alla flotta straniera con autorizzazione alla pesca, esiste anche un grande numero di navi che invadono illegalmente le nostre acque. I servizi di controllo, salvo negli ultimi tempi, sono stati praticamente inoperosi. Teoricamente, l’unica produzione nazionale della pesca proviene dai settori della sussistenza e artigianale. Non esiste praticamente una flotta moderna di pesca industriale nella GuineaBissau. Il settore artigianale nella Guinea-Bissau non è così avanzato come nei paesi vicini e la sua produzione è orientata quasi nella sua totalità al consumo interno. Sono stati creati vari piccoli progetti di pesca artigianale e sono stati appoggiati finanziariamente da alcune agenzie internazionali, ma il loro impatto è stato ed è molto localizzato in termini di sviluppo del settore e, d’altra parte, non è stato sviluppato per diventare auto-sostenibili finanziariamente. Si sono fatti vari tentativi nel senso di creare un’industria commerciale di pesca moderna attraverso “joint-ventures”, ma purtroppo fracassarono. Esiste una capacità eccedente in termini di infrastrutture di conservazione e congelamento. La mancanza di una flotta commerciale orientata ai prodotti di qualità per l’esportazione, costituisce un potenziale punto di strozzamento allo sviluppo del settore. L’inesistenza di “insumos” imprescindibili per lo sviluppo dell’industria della pesca, e la mancanza di un sistema integrato di distribuzione e esportazione dei prodotti della pesca per il mercato internazionale, costituiscono un altro punto serio di strangolamento. Anche la politica di controllo dei prezzi da parte del Governo, le numerose tasse sul prodotto, l’inesistenza di 18 una politica di crediti di investimento nel settore, ecc., contribuiscono alla paralisi dello sviluppo dell’industria della pesca nel Paese. (Olívio Fortes, “Pesca Industrial”, in O Programa de Ajustamento Estrutural na Guiné-Bissau, Análise dos efeitos sócio-económicos, Bissau, 1996, pg.276-277). __________________________ 3. L’attrazione del commercio e la minore sensibilità allo sviluppo industriale: a)- Commercio: la “fiera” é caratteristica della vita sociale guineese. Il commercio, sotto la forma di piccoli o grandi mercati (“feiras”), è caratteristico di tutta l’Africa Occidentale, specialmente della Guinea-Bissau. È alla “feira” che si passa una buona parte della vita delle popolazioni cittadine. Lì arrivano i prodotti sia dello stesso Paese, sia anche di paesi vicini; lì si compra e vende, si dialoga, si mangia qualcosa, si gioca, o anche si discute e si litiga quando qualche prodotto viene rubato! Nella Guinea-Bissau, nel periodo coloniale, il commercio estero si riduceva a un piccolo numero di prodotti selezionati, che venivano esportati quasi interamente verso il Portogallo. Due imprese maggiori - “Casa Gouveia”/CUF e ”Sociedade Comercial Ultramarina” - detenevano privilegi monopolistici nella vita commerciale della Colonia. Il Portogallo, attraverso l’intermediazione di queste “Casas”, esportava dalla Guinea i prodotti che servivano alla sua industria e sviluppava in Guinea soprattutto la coltura del riso, indispensabile alla popolazione locale. La bilancia commerciale si mantenne più o meno equilibrata dal 1950 al 1959, ed in alcuni momenti in eccedenza. Ma, dal 1959 al 1974, affondò nitidamente, per ragioni che sono legate alla Lotta di Liberazione Nazionale. Durante la Lotta di Liberazione, a partire dal Congresso di Cassacá (1964), il PAIGC esperimentò nelle “zone liberate” i “Magazzini del Popolo”: impresa generale di commercio, di tipo statale, per garantire il rifornimento di articoli di prima necessità alle popolazioni di quelle zone e, per mezzo di scambi, ricevere dalle stesse popolazioni alcuni prodotti agricoli che avrebbero dovuto servire per l’alimentazione dei combattenti ed anche per il commercio estero come fonte di sostegno alle necessità della guerra in corso. Le esportazioni dei “Magazzini del Popolo” verso i paesi vicini, anche se fiacche in valore assoluto, avevano nel frattempo un’importanza psicologica e tecnica considerevoli, soprattutto se pensiamo alle difficoltà di trasporto ed ai problemi di sicurezza che esse implicavano. Dopo l’Indipendenza, il Governo della Guinea-Bissau iniziò a nazionalizzare le due grandi Case Commerciali (CUF e Sociedade Ultramarina), introducendo allo stesso tempo le esperienze dei “Magazzini del Popolo”, in regime di monopolio statale del commercio. A fianco delle imprese statali, continuarono in attività vari commercianti privati, grandi e piccoli, con un ruolo apprezzabile nella rete di distribuzione di merci, principalmente nei centri urbani. Nei primi tre anni (1974-1977) la bilancia commerciale, pur continuando molto precaria, migliorò, in rapporto agli anni della guerra: le importazioni continuarono più o meno ai livelli del 1973-74 ma, nello stesso tempo, le esportazioni triplicarono. Con il passare degli anni, però, per ragioni varie, il monopolio statale del commercio si sarebbe rivelato chiaramente rovinoso e dei “Magazzini del Popolo” resta oggi soltanto il ricordo. 19 Nella decade del 1980, le importazioni furono circa da 4 a 6 volte superiori alle esportazioni. Nel 1984 si diede vita al Plano Director do Comercio, attribuendo al settore privato la rete del dettaglio, lasciando nel frattempo ancora al settore pubblico tutto il commercio all’ingrosso ed il commercio estero, come anche la definizione dei prezzi. Soltanto nel 1996 giungeremo a notare alterazioni di fondo a livello della struttura commerciale, con il Governo che liberalizza il commercio all’ingrosso, autorizzando e facilitando operazioni di commercio estero per i commercianti privati, semplificando l’autorizzazione di licenze per l’attività commerciale, e modificando il regime di definizione dei prezzi. Nel Maggio del 1997, sarebbe avvenuta l’adesione all’UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale), con prospettive incoraggianti per l’economia guineese, compreso lo sviluppo del suo commercio con Paesi vicini. Però, la guerra civile del 1998-99 fu un colpo brutale di mannaia su tutto lo sviluppo economico della GuineaBissau e specificamente sul settore del commercio. Le imprese private rimasero - e la maggior parte continua ancor oggi - completamente prive di capitale. Ai nostri giorni, si trovano nei principali mercati, prodotti provenienti soprattutto dai Paesi vicini, ma la maggioranza della popolazione, a causa dei salari bassi, non ha sufficiente potere di acquisto su cui fare affidamento. Si aspettano giorni molto migliori. _____________________________________ STATISTICA: Situazione del commercio estero (1990-1994): Bilancia Commerciale (1990-94) (in miliardi di Pesos Guineesi) Importazioni Esportazioni Saldo 1990 61,1 19,3 - 48,8 1991 67,5 20,4 - 47,1 1992 83,5 6,5 - 77 1993 53,8 16 - 37,9 1994 52,4 33,2 - 19,2 Fonte: J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte – Guiné, Nô Pintcha, Lisbona, 1999, pg. 184. _____________________________________ b)- Industria: deve ancora avvenire il “take-off” della rivoluzione industriale. La Guinea-Bissau continua ad essere un Paese essenzialmente agricolo. L’impulso industriale (“take-off”) è ancora poco più che un miraggio, nonostante siano già stati fatti vari tentativi, fin dai tempi della colonizzazione portoghese. La debolezza tipica dell’industria guineese rimarrà facilmente visibile nei dati che sono presentati qui di seguito. Nell’epoca coloniale, lo sviluppo industriale rimase sempre a livelli molto bassi, accelerato un po’ negli ultimi anni prima dell’Indipendenza. È significativo che nel 1950 soltanto il 2% della popolazione attiva fosse occupata nell’industria e nel 1963 l’attività industriale contribuiva appena con circa lo 0,9% alla formazione del PIL. Ugualmente, nel 1969, il settore secondario impiegava appena circa 25.000 persone, delle quali una buona parte lavorava legata alle forze armate portoghesi. Nel 1970, a causa delle difficoltà della Lotta 20 di Liberazione, l’industria rappresentava soltanto circa lo 0,5% delle attività economiche. Fino alla fine dell’epoca coloniale, le attività industriali si diffusero soprattutto nei seguenti campi: produzione alimentare (trasformazione di “mancarra”, pulitura del riso, oli vegetali, ecc., con unità rispettive situate quasi soltanto nella zona di Bissau); produzione di bevande, soprattutto la CICER, un’eccellente fabbrica di bibite, a Bissau; riparazione di veicoli e di barche con due cantieri navali, a Bissau e Cumeré, che costruivano e riparavano imbarcazioni della flotta interna; installazioni per diversi combustibili come l’apprezzabile complesso della SACOR, a Bissau, costruito nel 1967, ecc. In generale, l’industria coloniale si caratterizzò per le piccole dimensioni e per la fragilità economica delle imprese, per la sua concentrazione soprattutto nella Regione di Bissau, e per la sua propensione verso il settore alimentare. Dopo l’Indipendenza, la situazione non migliorò molto. Senza successi visibili e soprattutto duraturi, i vari Governi tentarono di porre rimedio alla situazione catastrofica che da un lato faceva dipendere la vita del Paese dalle importazioni di articoli di prima necessità e, dall’altro, dalle esportazioni di prodotti agricoli poco o per nulla elaborati. Lo sforzo di sviluppo del settore industriale nel dopo-indipendenza, si orientò soprattutto verso: • Diminuire le importazioni: sostituzione delle importazioni di articoli di prima necessità destinati al consumo interno, e di piccoli strumenti di lavoro. Per questo s’incoraggiarono e cominciarono ad apparire piccole imprese di materassi, di tegole e mattoni, come anche alcune unità di confezioni. Nel 1977 si potevano contare già una fabbrica di ceramica a Bafatá; una fabbrica di oggetti di plastica; un’unità di produzione di ossigeno e acetilene a Bissau; un’unità di produzione di olio e farina di pesce a Cacheu. Queste imprese diversificate erano di carattere semi-artigianale, ed esigendo una semplice tecnologia di piccole dimensioni, data la debolezza del potere d’acquisto dei circa 800.000 cittadini del Paese. Avevano il merito di usare la manodopera locale, molto abbondante dopo l’uscita dei portoghesi. Alcune volte queste società erano statali, altre erano miste, con forte partecipazione pubblica e scarsa iniziativa privata nazionale. Queste piccole unità industriali cercavano il miglioramento delle condizioni materiali di vita delle popolazioni, non avevano bisogno di grandi investimenti, e non esigevano una manodopera specializzata e quindi costosa. • Appoggio alla produzione agricola e silvestre: si tentarono alcune realizzazioni semi-industriali, specificamente: confezioni di succhi e marmellate di frutta; produzione di miele; di trattamento della castagna di cajú; lavorazione del legname (segherie, fabbriche di mobili e parquet). Queste piccole unità avrebbero dovuto servire al mercato interno e, per quanto possibile, ad aiutare le esportazioni per l’estero. • Apertura al mercato internazionale: qui si collocano le realizzazioni maggiori, più “moderne”, che esigono infrastrutture dispendiose ed importanti. È qui che si collocano le iniziative nel campo della pesca, dei legnami, delle bibite, come anche le prospettive nel campo delle estrazioni minerali (bauxite, fosfato) e petrolifere (queste ultime con forte probabilità di risultati positivi in futuro). La maggior parte di queste iniziative, furono portate a termine principalmente nei primi anni dell’Indipendenza: Complesso agro-industriale di Cumeré nel 1978, con un investimento di circa 28 milioni di dollari; fabbrica CITROEN di montaggio di automobili “N’Haye”, nel 1978; impresa GUINÉMETAL (1984), per equipaggiamenti agricoli; SOCOTRAM (1976), per commercializzazione e 21 trasformazione di legnami; DICOL (1977), per distribuzione di combustibili e lubrificanti, impresa mista sulla base dell’antica impresa portoghese “SACOR”. Nel frattempo, e nonostante tutto questo sforzo, la produzione industriale nel 1989 si calcolava in appena il 10,7% del PIL, e nel 1995 si era già abbassata al 9,06%, secondo dati della Banca Centrale della Guinea-Bissau. Di quasi tutte le imprese “grandiose”, già prima della recente guerra civile (1998-99) ma soprattutto dopo questa, non restano se non macerie e ricordi di un passato recente, che promise molto ma affondò troppo in fretta. Una nuova nascita, probabilmente più modesta, dovrà accadere. ________________________________________ TESTO: La crescita del settore industriale tra il 1986 e il 1994: Il settore industriale presenta un tasso medio di crescita negativa (- 4,45%) nel periodo 19861990 ed una crescita quasi nulla (0,06%) nel periodo seguente (1990-1994), evidenziando un’evoluzione molto lenta. Questo fatto si deve essenzialmente al nuovo orientamento strategico adottato, che relegò in secondo piano i problemi relativi all’organizzazione e all’amministrazione del settore. Così, una parte significativa delle piccole unità di trasformazione sparirono o si trovarono in uno stato di inattività. La dinamica rivelata dal settore si deve all’azione del settore privato, il quale venne ad acquisire le unità dello Stato paralizzate o in situazione difficile, o a creare nuove imprese. (J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte – Guiné, Nô Pintcha, Lisbona, 1999, pg. 51-52). ___________________________________________ 3. Gli ambiti fondamentali della Sanità e dell’Educazione: a)- Sanità: Se molto si è fatto, molto di più c’è ancora da fare! Questo è uno dei campi più importanti in qualsiasi società, probabilmente quello di cui le persone si rendono conto più in fretta, per cogliere il reale sviluppo della società. Ancor oggi, in Guinea-Bissau, questo campo continua lontano dal poter essere considerato soddisfacente. • • - Nell’epoca coloniale, la durata media della vita passava di poco i 30 anni e la mortalità infantile s’aggirava atorno al 60%. Le malattie più diffuse erano il paludismo, le malattie intestinali (ancilostomiasi e bilarziosi, ecc.), la malattia del sonno, la tubercolosi, le malattie veneree, ecc. Per la lotta alle malattie, nel 1972 (secondo dati forniti dalla Giunta di Investigazioni dell’Ultramar), le istituzioni sanitarie si presentavano divise in tre gruppi: Servizi generali fissi di cura: 1 ospedale centrale a Bissau, con 407 letti. 3 ospedali regionali (Canchungo, Bafatá, Bolama), con 300 letti 6 ospedali rurali (Bissorã, Bubaque, Catió, Farim, São Domingos, Gabú) 24 maternità rurali, con 104 letti 17 consultori sanitari. Servizi ambulatoriali di prevenzione e cura: 4 unità di consulte esterne negli ospedali 22 - 1 policlinico, con possibilità di ricovero 6 centri di assistenza sanitaria con possibilità di ricovero 71 centri di assistenza sanitaria senza possibilità di ricovero • - Istituzioni mediche e sanitarie specializzate: 1 centro de protezione materna-infantile (Bissau) 1 centro de salute mentale (Bissau) 1 dispensario anti-tuberculosi (Bissau) È importante sapere che il personale medico, impiegato in questi ospedali, era in gran parte militare. In quello stesso anno 1972, su un totale di 54 medici, 49 erano militari; e, d’altra parte, i centri di assistenza medica erano concentrati nelle città (Bissau, Bafatá, Canchungo, Bolama), corrispondendo così alle necessità soprattutto della popolazione cosiddetta “civilizzata” e all’occupazione militare che si trovava nei centri urbani. Di conseguenza, la popolazione rurale rimaneva in buona parte esclusa dai benefici della sanità pubblica. Agli inizi della Lotta di Liberazione Nazionale, il PAIGC contava appena su 4 infermieri, senza nessun medico. Si insegnarono i soccorsi di emergenza ad un gruppo di militanti tra i combattenti; l’assistenza ai feriti nei combattimenti era, a questo punto, prioritaria. Dal 1965 al 1970, accompagnando lo sviluppo dell’organizzazione nelle “zone liberate”, l’organizzazione sanitaria si estese e si perfezionò: si moltiplicarono rapidamente le unità sanitarie di base e cominciarono a funzionare alcuni ospedali da campo; iniziò anche il lavoro di lotta contro malattie infettive, ed i corsi di formazione dei quadri della sanità, tanto dentro come fuori dalla Guinea. A partire dal 1970, si intrapresero le “brigate sanitarie”, che visitavano regolarmente le “tabancas”, dando indicazioni alle popolazioni ed effettuando controlli della salute. • • • • Nel 1973, già con un quadro notevole di persone guineesi formate, il sistema di assistenza medica era organizzato in tre strutture principali, distribuite conforme i fronti di lotta, ossia: Ospedali regionali e di settore: prima di tutto per i militari. Erano costruzioni provvisorie e comprendevano: - 6 ospedali regionali (2 nel nord, 3 al sud, ed 1 ad est), diretti da chirurghi nazionali e stranieri, per consulte, cura di feriti ricoverati ed alcuni interventi chirurgici, formando anche alcuni infermieri ausiliari). - 7 ospedali di settore (3 nel nord, 3 al sud ed 1 ad est), diretti da medici assistenti, quasi con le stesse funzioni dei precedenti. Consultori sanitari: aperti anche alla popolazione civile. Costruzioni provvisorie, per poter essere posti in funzionamento in tempi rapidi. Diretti da infermieri e visitati regolarmente dall’equipe medica dell’ospedale regionale. Alla fine del 1971, c’erano 117 consultori sanitari civili nelle “zone liberate”. Brigate sanitarie: iniziate nel 1970. Costituirono un’innovazione sul piano medico e sociale, ed anche sul piano politico. Costituite da un’equipe di infermieri che circolavano regolarmente nei villaggi, educando le popolazioni alle attenzioni igieniche e alimentari fondamentali; era un’innovazione politica, orientata a tutta la popolazione ed in stretto legame con i “comitati di tabanca”. Ospedali del PAIGC fuori dalla Guinea: si trovavano nei Paesi vicini, specificamente in: 23 - Boké (Guinea-Conakry): costruito con importanti aiuti stranieri, soprattutto dei paesi dell’Est (da qui il suo nome di “ospedale Solidarietà”); nel 1971 aveva 123 letti, in tre padiglioni. Da qui uscì nel 1972-73 il primo gruppo di infermieri diplomati. - Koundara (Guinea-Conakry): nel 1971 aveva 50 letti. Questi due ospedali ricevevano feriti dai fronti sud ed est. - Ziguinchor (Senegal): riceveva malati e feriti dal fronte nord. Dopo l’Indipendenza, la Guinea-Bissau dovette confrontarsi con l’esistenza di due sistemi separati: le strutture lasciate in eredità dall’epoca coloniale, concentrate principalmente nelle città, e le esperienze iniziate nelle aree rurali liberate. Il PAIGC tentò di sviluppare entrambe le strutture, integrandole allo stesso tempo in un unico sistema nazionale di sanità. Si cercò di camminare verso qualche forma di decentralizzazione dei servizi sanitari, e di raggiungere anche le regioni più lontane dai centri urbani. Si decise di conservare i due ospedali di Bissau - l’ospedale centrale “Simão Mendes” e l’ospedale “Três de Agosto” - come anche i tre ospedali regionali di Bafatá, Canchungo e Bolama, dotandoli di medici stranieri, di infermieri, levatrici e tecnici, inviandovi operatori guineesi per esercitarsi. L’idea iniziale era di riuscire ad avere ospedali con un minimo di 60 letti in ciascuna delle otto regioni del Paese, ed ospedali settoriali con una capacità dai 16 ai 20 letti. Questo non potè essere realizzato, per mancanza soprattutto di personale. I consultori sanitari dotati soltanto di infermieri, avrebbero dovuto garantire consulte e cure più facili nei villaggi più popolosi o di più difficile accesso. La formazione degli operatori sanitari si realizzò in due scuole di Infermeria: a Bolama e Bissau. Quella di Bissau, per un Corso Generale di Infermeria; quella di Bolama, per aggiornamento di operatori di pronto soccorso soprattutto del tempo della Lotta, con un livello soltanto di conclusione degli studi primari. Quest’ultima finiva con l’essere abbandonata, già prima della recente guerra civile del 1998-99. Una certa priorità fu data al rafforzamento e attivazione della medicina preventiva: con vaccinazioni di massa e iniziative varie di educazione sanitaria tra le popolazioni dell’interno. Si progettò per ciascuna Regione una carovana medica mobile, che disponesse di un camion-dispensario, che sarebbe passata regolarmente nei diversi settori a coordinare ed animare questi lavori di vaccinazione e di educazione sanitaria di base. La Cooperazione Internazionale giocò durante questi primi anni un ruolo importante nel campo sanitario, non solo per l’invio di medicine e materiale sanitario vario, ma anche per l’invio cdi molte equipes di personale medico e para-medico, provenienti da diversi paesi: Cina (ospedale di Canchungo), Cuba (ospedale e facoltà di medicina di Bissau, ospedale di Bolama), Unione Sovietica (ospedale di Bafatá e Gabú), Portogallo (Centro di Medicina Tropicale, Bissau), Svezia (ospedale di Morés), Jugoslavia, ecc… Nel 1993-94, la situazione della Sanità in generale, nonostante i miglioramenti introdotti, si manteneva ancora notevolmente preoccupante. I tassi di mortalità infantile e materna erano tra i più elevati del mondo. I tassi di mortalità di minori da 1 anno a 5 anni erano, nel 1993, 246 per mille, e i tassi di mortalità materna si aggiravano intorno ai 914 per centomila nati vivi. Un medico era allora responsabile dell’assistenza, in media, di 7.230 guineesi; un infermiere di 717, ed una levatrice di 914 donne in età fertile. Riguardo alle infrastrutture sanitarie ed all’accesso ai servizi sanitari, esisteva nel frattempo un ospedale ogni 75.643 malati, un centro sanitario ogni 8.626 ed un consultorio sanitario di base ogni 1.975 abitanti. 24 Purtroppo, la guerra civile del 1998-99 venne a complicare ancor più la situazione, già per se stessa molto difficile. Ora, passati tre anni dalla fine del conflitto, la situazione si mostra ancora molto preoccupante, ma si è già iniziato il recupero del “tempo perduto”, sia nel recupero degli edifici ed equipaggiamenti, come anche del personale medico e dell’accesso alle medicine disponibili. Se molto si è fatto fin qui, molto più c’è ancora da fare! ______________________________ STATISTICA: Ospedali durante la Lotta di Liberazione (1972): Rete ospedaliera Letti Ospedali di retroguardia (3) Ospedali Regionali (6) Ospedali di Settore (7) Totali 245 Medici Nazionali Tecnici Levatrici Inf. Inf. Alunni Stranieri Ausil. 6 4 11 1 3 10 65 140 6 - 2 - 6 48 72 105 - 7 - - 1 56 - 490 12 11 13 1 10 114 137 (J. Cl. Andréini, M. L. Lambert – La Guinée-Bissau, Parigi, 1978, pg. 170.) ______________________________ b)- Educazione: Tanti sforzi e così magri risultati! Questo è un altro dei campi fondamentali per valutare lo stato di sviluppo di una società. Nella Guinea-Bissau, le trasformazioni introdotte negli ultimi decenni furono molte, ma la situazione presente è ancora piena di problemi e bisognosa di riprendere urgentemente il dinamismo dei primi anni dell’Indipendenza. Nel 1972, negli ultimi anni dell’epoca coloniale, la situazione scolastica nella Guinea si presentava così: • Istruzione primaria: - un totale di 297 scuole o centri scolastici con 661 professori e 31.281 alunni. • Istruzione secondaria: - un unico Liceo, a Bissau, fondato nel 1949 e che era frequentato da circa 2.000 alunni (1.500 nel Ciclo Preparatorio e 500 nell’istruzione secondaria propriamente detta). Più della metà di questi alunni erano figli di portoghesi residenti e impiegati in Guinea. A titolo di curiosità, possiamo informare che il primo complesso liceale in Guinea non fu creato dallo Stato portoghese, ma dalle Missioni Cattoliche, nel 1943, a Bissau. La sua durata sarà però estremamente breve (appena due o tre anni), per ragioni economiche e soprattutto perché gli studi non erano riconosciuti ufficialmente dallo Stato; gli alunni 25 erano costretti a portarsi a Capo Verde per sostenere gli esami e vedere così i loro studi riconosciuti. In questo complesso studiarono alcune personalità conosciute della società di Bissau, ad esempio: Tito Lívio Vaz Fernandes, César Carvalho Alvarenga, José Gardette Correia, Rui das Mercês Barreto, ecc. • Istruzione tecnico-professionale: - 1 Scuola Commerciale e 1 Industriale, create a Bissau rispettivamente nel 1959, e nel 1964 con 31 professori e 482 alunni. - 1 Scuola di Apprendistato Agricolo creata a Bissau nel 1959, che funzionava nella stazione agricola di Pessubé, per la preparazione di tecnici agricoli: nel 1966 aveva soltanto 7 professori e 20 alunni. - 1 Scuola di Infermeria annessa all’Ospedale Centrale di Bissau, che nel 1965 aveva soltanto 3 professori e 32 alunni. L’accesso agli studi superiori, in Portogallo, fu molto limitato. Nel 1961, soltanto 14 guineesi avevano ottenuto un Diploma di Studi Superiori e 11 un Diploma di Studi Medi. Nell’anno 1971-72 c’era in Portogallo un totale di 54 borsisti, tra studi medi e superiori. Nel 1970-71 c’era in Guinea, secondo dati ufficiali portoghesi, un totale di 44.122 alunni, dei quali la maggioranza schiacciante (31.852) si trovavano nell’istruzione primaria. È naturale che la politica dell’educazione portoghese mirava a formare soprattutto una piccola elite, legata alla piccola borghesia guineese e che potesse collaborare con l’amministrazione locale. Nonostante questo, è interessante constatare che sarà proprio questa piccola borghesia locale formata nelle scuole dell’amministrazione coloniale, a porre in questione il sistema coloniale vigente: sarà questa piccola borghesia cittadina a guidare anche i destini della Lotta di Liberazione Nazionale. Durante questa Lotta, soprattutto dopo il Congresso di Cassacá (1964), l’istruzione costituì una delle preoccupazioni più importanti del PAIGC: ciò aiutò a comprendere meglio le cause della stessa Lotta e del sottosviluppo in cui la maggior parte della popolazione si trovava. Così nel 1965, si fondarono a Conakry l’“Instituto de Amizade” e la “Escola Piloto”, per ricevere figli e orfani dei combattenti e per prepararli alle responsabilità future. L’“Instituto de Amizade” si cimentò rapidamente in alcune attività specifiche, come la creazione di scuole materne, collegi interni e scuole primarie. La base del sistema di istruzione fu costituita dalle scuole di tabanca, dagli Internati del Partito e dalle Scuole-Pilota. Le scuole di tabanca furono insediate in tutti i villaggi delle “zone liberate”. Erano costruzioni molto precarie, facili da smontare e ricostruire rapidamente per causa dei pericoli della guerra, situate in aperta campagna, ad alcuni chilometri dal centro abitato per evitare il più possibile il pericolo degli attacchi militari. Nella maggior parte di queste, per mancanza di operatori qualificati, si offriva soltanto la 1ª e 2ª classe, lasciando la 3ª e 4ª classe agli internati del Partito. Nel 1971-72, c’erano già 164 scuole primarie, con 258 professori e 14.531 alunni. Queste “scuole di tabanca” costituirono qualcosa di completamente nuovo nella storia del Paese e contribuirono ampiamente a guadagnare l’ammirazione del mondo verso la Lotta di Liberazione. Gli internati del Partito erano diretti da professori con migliore preparazione di quelli delle scuole di tabanca. Nel 1971, il PAIGC riuscirà già ad insediare quattro internati, ciascuno con circa 70 alunni (ragazzi e ragazze). Vi erano accolti prioritariamente gli orfani e figli 26 di combattenti e costituivano vere scuole di formazione per i quadri dirigenti del Partito. I professori e gli alunni degli internati dovevano garantire tutti i lavori necessari alla manutenzione, senza aspettare che la Direzione del PAIGC venisse da fuori a sostituirli. I migliori alunni degli internati erano poi inviati alle Scuole-Pilota, situate a Ziguinchor e Conakry. La Scuola-Pilota di Conakry fu aperta nel 1965: a quell’epoca era soltanto un centro in cui si raccoglievano orfani e figli di combattenti. Però, con il passare del tempo, si trasformò in una vera istituzione scolastica. Gli alunni vi ricevevano una formazione accelerata che permettesse loro di raggiungere un livello sufficiente, per seguire la formazione tecnica o la preparazione per l’istruzione superiore all’estero. Dal 1965 al 1971, furono 176 gli alunni della scuola-pilota che ebbero la possibilità di studi all’estero. Nel 1973, erano 31 gli studenti guineesi che continuavano i loro studi superiori, mentre 36 quelli che avevano già terminato e 386 facevano una specializzazione tecnica. Fu così che, soprattutto nei paesi socialisti (Unione Sovietica, Cina, Romania, Germania dell’Est, Cuba, Svezia, ecc.) si riuscì a formare numerosi dirigenti del Partito - agronomi, giuristi, medici, ecc. - che oggi costituiscono un “valore aggiunto” per la Guinea-Bissau. Anche a livello di preparazione dei professori, il PAIGC iniziò a fare dei passi degni di essere registrati. Così, fino al 1970, legato alla Scuola-Pilota di Conakry, funzionò il “Centro di Perfezionamento dei Professori”, soltanto durante i due mesi di vacanze scolastiche e fu frequentato da circa 200 professori. Più tardi, questo Centro sarebbe stato completato dal “Centro Permanente dei Professori”, dove soltanto una ventina di professori avrebbero ricevuto formazione intensiva durante tutto l’anno scolastico. Ugualmente a livello di contenuto dell’Insegnamento, il PAIGC si sforzò di innovare. Fu così che nel 1966 riuscì a diffondere nelle scuole il compendio “Il nostro primo libro di lettura”, un manuale contenente nozioni-base per comprendere i valori ed il significato della Lotta di Liberazione. E, dal 1968 al 1970, saranno redatti una serie di nuovi testi scolastici, su temi vari, cercando di adattarli alla realtà concreta del Paese in lotta. Ci sono ragioni per dire che lo sforzo realizzato dal PAIGC, a tutti i livelli di Insegnamento, fu di fatto notevole, nonostante i limiti e le imperfezioni che vi si possono trovare. Dopo l’Indipendenza e la presa di possesso del Paese, nell’ottobre del 1974, un enorme lavoro si accumulò al Commissariato di Stato dell’Educazione Nazionale. Prima di tutto, doveva affrontare il nuovo anno scolastico che stava per iniziare e non c’era tempo per grandi cambiamenti. Per questo, si tentò appena di armonizzare due sistemi differenti di Insegnamento: quello che proveniva dall’epoca coloniale e quello che proveniva dall’esperienza della lotta di liberazione nazionale. In questo primo anno scolastico (1974/75) dai vari compendi di insegnamento si tolsero soltanto alcuni passaggi che non fosse possibile conciliare con la nuova fase dell’indipendenza o con l’ideologia di base del PAIGC. Già nel 1975/76 - considerato l’“Anno 1” dell’organizzazione scolastica - e negli anni seguenti, fu necessario iniziare ad affrontare i vari ed enormi problemi, come ad esempio: il “boom” scolastico dei primi anni, la necessità di diffondere l’insegnamento fuori dalle principali città, la riorganizzazione dei “programmi” scolastici, la lotta contro l’analfabetismo dominante nel Paese, la formazione dei professori, ecc. Nel 1975/76 si elaborò il nuovo Progetto, che avrebbe dovuto essere attivato gradualmente negli anni 27 seguenti. Questo nuovo Progetto introduceva alcune modifiche riguardo al sistema scolastico vigente nell’epoca coloniale. Nell’epoca coloniale, il sistema comprendeva: il Ciclo Pre-Primario (1 anno), l’Istruzione primaria (4 anni), il Ciclo Preparatorio (2 anni), il Liceo Corso Generale (3 anni), il Liceo Corso Complementare (2 anni). A partire dalla fine del Ciclo Preparatorio, c’era anche la possibilità di orientarsi verso l’Istruzione tecnica (3 anni). Con il nuovo progetto del 1975/76, si volle incamminarsi verso l’istruzione Pre-Scolastica (2 anni), l’istruzione di Base (6 anni), l’istruzione generale polivalente (3 anni), e poi l’insegnamento medio politecnico di 4 anni, comprendenti una serie di Istituti con una formazione teorica e pratica più approfondita. Un problema per nulla facile da affrontare fu quello dell’integrazione dell’“Instituto de Amizade” nel nuovo sistema di istruzione. Quest’Istituto passò a far parte del Commissariato dell’Educazione, ma con una grande autonomia, date le sue peculiari caratteristiche. Nell’anno scolastico 1975/76 l’Istituto aveva 1.426 alunni - con età tra i 3 ed i 17 anni - e 76 professori. Nel 1977 l’Istituto dirigeva 1 scuola materna, 1 scuola agricola, la Scuola-Pilota e 7 collegi interni sparsi nelle varie regioni del Paese. Gli alunni dell’Istituto rivelavano una formazione ed un ingaggio politico lungamente al di sopra degli alunni degli altri licei del Paese. I collegi interni assicuravano i quattro anni di scuola primaria, poi la Scuola-Pilota garantiva la 5ª, 6ª e 7ª classe di un insegnamento che non corrispondeva totalmente a quello del Liceo. Questa differenziazione, accompagnata da altre difficoltà soprattutto di carattere economico, avrebbero portato alcuni anni più tardi all’estinzione pura e semplice dell’Istituto che, aveva svolto un ruolo assai importante durante la Lotta di Liberazione Nazionale. Riguardo al “boom” scolastico, a tutti i livelli di istruzione, che si verificò dopo l’Indipendenza, basterà ricordare che negli anni 1971-72, nell’Istruzione Primaria, c’era un totale di 461 scuole con 45.531 alunni e 258 professori, mentre nell’anno 1974-75 c’erano già 699 scuole (+ 52%), con 70.226 alunni (+ 54%) e 1.490 professori (+ 62%). In riferimento al Liceo, intorno al 1980 c’erano già 6 licei sparsi nel Paese, anche se soltanto il liceo di Bissau assicurava la totalità dell’istruzione secondaria (10ª e 11ª classe). Nell’istruzione secondaria, nel 1977-78 c’erano 140 professori e 4.612 alunni, mentre nel 1983-84 c’erano già 660 professori e 13.783 alunni. In quello stesso anno (1977/78), se pensiamo anche agli altri rami generali di Istruzione, si raggiunse il picco più alto di frequenza scolastica, con un totale generale di circa 100.000 alunni. Questo avrebbe, nel frattempo, creato gravi difficoltà per il futuro. Nella lotta contro l’analfabetismo, si creò subito, nel 1974, un dipartimento speciale del Commissariato dell’Educazione per organizzare l’alfabetizzazione della popolazione LA cui maggioranza schiacciante era analfabeta. A fianco delle Forze Armate si organizzò un dipartimento simile e, nel 1975, su iniziativa e con le direttive del conosciuto pedagogo brasiliano, Paulo Freire, si organizzò un Consiglio Nazionale di Alfabetizzazione, capeggiato dallo stesso Presidente della Repubblica che riuniva i Responsabili di differenti Commissariati. Uno dei problemi sorti nell’alfabetizzazione fu la lingua in cui questa si sarebbe dovuto fare, visto che il portoghese - adottato come lingua ufficiale e di insegnamento, ma poco parlata e compresa nell’insieme del Paese - comportava alcuni problemi, fin dai tempi della Lotta di Liberazione Nazionale; da parte sua, il criolo che rimase come lingua nazionale ma non poteva essere usata nell’alfabetizzazione - per il fatto di non essere ancora codificata nella scrittura - comportava problemi ancora maggiori, anche se non insolubili. Molto meno possibile sarebbe stato l’utilizzo immediato di altre 28 lingue nazionali delle differenti etnie, dato il loro carattere soltanto etnico o local. Questo problema, purtroppo, non trovò una risposta conveniente e fu rimandato fino ad oggi, anche se con alcune piccole esperienze interessanti, ma molto localizzate. Lo stesso sarebbe successo all’insieme del metodo ed alle iniziative di Paulo Freire che, col passare degli anni, furono abbandonate e dimenticate completamente. Per la preparazione dei professori, dopo l’Indipendenza si conservarono le due rispettive scuole: quella di Bissau per insegnamento primario, e quella di Bolama per professori. Per entrare nella scuola dell’insegnamento primario, gli alunni avrebbero dovuto fare cinque anni - 2 del Ciclo Preparatorio più 3 del corso generale dei licei -; per questo gli alunni diminuirono, arrivando nell’anno 1975-76 soltanto a 10. Al contrario, la scuola di Bolama - con scuola primaria e più 4 anni - ebbe maggior successo, registrando per esempio nel 1975 un totale di 85 alunni. Ancora nel campo della formazione di professori, ma in regime meno formale, si iniziarono seminari di formazione di professori - nelle vacanze lunghe, o in altre occasioni favorevoli - con la collaborazione di docenti portoghesi provenienti dal C.I.D.A.C. (Centro di Informazione e Documentazione Amílcar Cabral). Nel 1976, si creò a Có anche il Centro “Máximo Gorki”, per la formazione e specializzazione dei professori: doveva ricevere professori formati durante la Lotta di Liberazione e dar loro in due anni il livello corrispondente alla fine del Ciclo Preparatorio, più un altro anno di specializzazione pedagogica: nel primo anno ricevette 30 alunni. Questi furono alcuni tra i molti tentativi di miglioramento introdotti nei primi anni di Indipendenza. Purtroppo, però, varie ragioni - di ordine socio-economico, politico, ecc. - verrebbero nel futuro a rendere difficile e radere al suolo molto di ciò che era stato costruito con entusiasmo e fervore nazionalista. La situazione venne deteriorandosi gradualmente, a cominciare dall’Istruzione di Base. Tra gli anni 1981 e 1987, il sistema educativo iniziò ad entrare nitidamente in crisi. Le infrastrutture scolastiche non accompagnarono il ritmo di crescita della popolazione scolastica che si stima in 2,8% - e che rappresentava, pertanto, un tasso superiore a quello della crescita demografica, che era del 2,1% -. La cattiva qualità dell’insegnamento si impose a causa di una serie di fattori, che andavano dalla scarsità di materiale didattico, ai contenuti dell’insegnamento, agli obiettivi di ciascuna fase, alla lingua ufficiale di insegnamento, alla scarsa motivazione economica dei professori, alla elevata percentuale di ripetenti, all’abbandono scolastico, ecc.. Nel 1999, il tasso globale di scolarizzazione si affermava sul 37%, contro il 47% nel 1995 e il 56% nel 1981. Si verificava anche che gli effettivi femminili diminuivano progressivamente nella misura in cui si saliva nei livelli di insegnamento. Così, nell’Istruzione secondaria, le ragazze rappresentavano (nel 1997) appena un terzo degli effettivi, e nell’Istruzione Superiore Facoltà di Medicina e Diritto - le ragazze rappresentavano appena il 6% degli effettivi. I tassi di abbandono toccarono livelli elevati, raggiungendo il 57% nel 1994-95 nella regione di Gabú ed il 14% a Bissau. Anche il tasso di analfabetismo, nonostante i progressi fatti fin dall’Indipendenza, si mantenne molto alto. Nel 2001, la percentuale di adulti maschi analfabeti (dai 15 anni in su) era sul 44,5% e gli analfabeti adulti femmine, nella stessa epoca e con la stessa fascia d’età, erano sul 75,4%. Ad aumentare tutte queste difficoltà, che preoccupavano fortemente i Responsabili del Ministero dell’Educazione Nazionale, si aggiunsero nel 1998/99 tutti i problemi derivanti dal conflitto armato esploso, e le cui conseguenze negative, anche per l’Istruzione, sono sotto gli occhi di tutti. È significativo che soltanto all’inizio di Gennaio del 2003 si siano 29 consegnati i risultati finali dell’anno scolastico 2001/2002 ed anche che, soltanto a questo punto, si siano potute iniziare le lezioni del nuovo anno scolastico 2002/2003 nelle scuole statali! Tanto sforzo già speso per così magri risultati nel momento presente! ______________________________________________ STATISTICA: Professori nell’insegnamento di base e secondario (1985-1991) Evoluzione dei docenti effettivi nell’insegnamento di base e secondario Anno 1985/86 1986787 1987/88 1988/89 1989/90 1990/91 Insegnamento di Base 3.101 3.061 3.011 2.817 2.676 2.422 Insegnamento Secondario 676 591 245 597 415 339 Totale 3.777 3.652 3.256 3.414 3.129 2.761 (Huco Monteiro, Geraldo Martins – “Os efeitos do PAE no sector da Educação”, in O Programa de Ajustamento estrutural na Guiné-Bissau, Bissau, 1996, pg.138). ______________________________ 5. Una democrazia difficile da apprendere: “Si ermons lambu tarçado pa n’utro, djugudés que ta bim toma conta di morança”! “Se i fratelli non si intendono, i rapaci governeranno la casa” (proverbio popolare guineese) La Guinea-Bissau raggiunse la sua indipendenza dopo una dura Lotta di Liberazione Nazionale, condotta da un capo carismatico - Amílcar Lopes Cabral - di fama mondiale. Egli non potè, però, accompagnare la marcia vittoriosa del suo popolo nei primi anni dell’indipendenza, giacché mani assassine lo uccisero il 20 Gennaio 1973, a Conakry. In quello stesso anno, il 24 settembre, in una manifestazione determinata e solenne la GuineaBissau proclamava unilateralmente la sua indipendenza, sulle colline del Boé. Accettata ufficialmente l’indipendenza anche da parte del Portogallo (agosto 1974), il Governo fu consegnato al PAIGC che, anche se mai lo dichiarò formalmente, in pratica diresse i destini del Paese nella linea degli orientamenti politici del marxismo-leninismo. Il Partito Unico, che aveva portato il Paese all’indipendenza, era ancora l’avanguardia nella nuova lotta per la Ricostruzione Nazionale: “luce, forza e guida del Popolo, nella Guinea e Capo Verde” o, se si preferisce, “forza politica dirigente della società” (art. 4º della prima Costituzione della nuova Repubblica). La direzione del Partito-Stato si faceva sentire chiaramente nell’organizzazione generale del Paese: dall’Assemblea Nazionale Popolare, allo Stato Centrale - Consiglio di Stato, Presidente del Consiglio di Stato/Governo -, alle tre Province (Nord, Est e Sud), alle otto Regioni e Settore Autonomo di Bissau, ai 36 Settori amministrativi ed ai 3.600 comitati di tabanca. Lo stesso si può dire in relazione alle grandi “Organizzazioni unitarie di massa”, 30 per l’integrazione ed il controllo ideologico dei principali settori della società: UDEMU (donne), JAAC (giovani), pionieri “Abel Djassi” (adolescenti), UNTG (lavoratori). Fu allontanata una o l’altra organizzazione giovanile esistente (es. Scouts), ma non fu proibita la libera riunione di giovani con motivazioni religiose (per es. a Bissau funzionarono sempre liberamente i “Giovani Cattolici”, gruppo organizzato dalle varie parrocchie della città). In nome della sicurezza e dell’unità nazionale, furono controllati ugualmente i principali mezzi di comunicazione sociale (radio e giornale “No Pintcha”). Erano i primi anni dell’Indipendenza e, comprensibilmente, tutto era accettato come novità e con una certa facilità. Però, nella misura in cui gli anni passarono, i problemi apparvero con più durezza e a volte anche con preoccupazione, per esempio i problemi di ordine politico ossia le contraddizioni da risolvere fin dai tempi della Lotta; le detenzioni arbitrarie; le prigioni ed esecuzioni sommarie in nome della “sicurezza nazionale”, come si sarebbe scoperto più tardi con le 500 persone uccise nelle boscaglie di Portogole, Cumeré e Mansabá. Senza parlare poi dei problemi crescenti di ordine economico. Fu così che, con sorpresa e preoccupazione, si arrivò al “Golpe” del 14 novembre 1980, capeggiato da Nino Vieira e denominato “Movimento Reajustador” (Movimento Restauratore). All’origine di questo colpo di stato c’erano certamente divergenze profonde nel PAIGC, con alcuni problemi che venivano fin dagli anni della Lotta, come ad esempio i contrasti tra l’ala militare e la direzione politica del Partito; le contraddizioni tra guineesi e capoverdiani in rapporto al progetto di Stato bi-nazionale (desiderato dal Partito ma poco accettato dalle popolazioni dei due paesi destinati all’unione); le difficoltà nate dal passaggio dalla teoria dello Stato rivoluzionario alla pratica amministrativa in un contesto poco preparato per questa esperienza, ecc. Questo colpo di stato porterà alla creazione del PAICV a Capo Verde, aprendo così una frattura insanabile nell’unità del PAIGC e allontanando definitivamente l’ipotesi di un solo Partito nelle due nazioni. Nella decade successiva al colpo di Stato del 14 novembre, si assisté ad uno sfaldamento dell’eredità del periodo di Lotta per la Liberazione, rimanendo chiara l’incapacità di adattamento alla realtà di tre aspetti fondamentali dell’ideologia del PAIGC: lo Stato binazionale - nella Guinea e a Capo Verde - l’economia statalizzata - centrata nei “Magazzini del Popolo” -, la democrazia nazionale rivoluzionaria o “Centralismo democratico” con partito unico, che saranno abbandonati rispettivamente nel 1980, 1983 e 1991. In questa stessa decade, anche se con una diminuzione drastica della repressione politica, delle detenzioni e prigioni arbitrarie, e della prevaricazione dei diritti umani - con molti prigionieri politici posti in libertà - continuarono ancora le lotte di potere, con accuse di tentativi di colpo di Stato e depurazioni tra gli alti dirigenti del Partito-Stato. Uno dei pretesi colpi di Stato fu quello dell’ex-Primo Ministro Víctor Saúde Maria (marzo 1984), ma il più famoso fu quello di Paulo Correia 1º Vice-Presidente e di Viriato Pã il rovesciamento del Governo con la forza, furono arrestati con un’altra cinquantina di alleati collaboratori, giudicati nove mesi più tardi e i due condannati a morte con altri quattro compagni, nonostante le richieste di clemenza fatte da varie entità internazionali e, internamente anche dalla Diocesi di Bissau. Fu in seguito a queste esecuzioni sommarie che si creò a Lisbona la “RESISTENZA DELLA GUINEA-BISSAU / MOVIMENTO BÁFATÁ” (27 luglio 1986) che, insieme alla FLING, saranno oppositori diretti del PAIGC prima dell’apertura di questo Partito al pluri-partitismo avvenuta solo nel 1991. 31 In questa situazione di una certa turbolenza, si arriva all’anno 1991. In gennaio di quell’anno, dopo i venti favorevoli della “perestroika” in Unione Sovietica e nei Paesi dell’Est (1989), sotto gli effetti della grave crisi economica che attinse il Paese, e sotto la pressione dei donatori bilaterali e multilaterali, si realizzò il II Congresso Straordinario del PAIGC, sullo slogan “Rinnovamento, Unità Nazionale ed Approfondimento della Democrazia”. Da questo usciranno alcune raccomandazioni importanti all’Assemblea Nazionale Popolare - organo legislativo massimo del Paese - che porteranno subito all’approvazione di alcune misure rilevanti e innovatrici, specialmente: l’abbandono dell’egemonia del PAIGC sulla società e lo Stato, con la legalizzazione dei partiti politici; la de-partitizzazione e de-politicizzazione delle FARP e della Sicurezza dello Stato; la libertà di stampa; la libertà sindacale e la separazione tra UNTG e PAIGC; il riconoscimento dei principi basici dell’economia di mercato; l’adozione della nuova legislazione sui diritti, libertà e garanzie dei cittadini in accordo con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ecc. In conseguenza di questa apertura politica, iniziata nel 1991, vari Partiti Politici iniziarono ad essere legalizzati e nel luglio ed agosto del 1994 fu possibile finalmente realizzare le prime elezioni multipartitiche (legislative e presidenziali). Alle elezioni legislative del 3 luglio del 1994 concorsero 7 partiti ed una alleanza. Il PAIGC ottenne la maggioranza assoluta dei deputati (62), anche se con soltanto il 37,92% del totale dei voti, approfittando della divisione e inesperienza dell’Opposizione. Nel primo turno delle elezioni presidenziali (3 luglio 1994), su un totale di otto concorrenti, il Presidente João Bernardo Vieira ottenne il 46,20% dei voti e Koumba Yalá il 21,88%. Realizzato il secondo turno (7 agosto dello stesso anno), al Presidente João Bernardo Vieira furono attribuiti ufficialmente il 52% dei voti ed a Koumba Yalá il 48%. Passati quattro anni e quando praticamente nessuno avrebbe potuto immaginarlo, il 7 giugno 1998, si dichiarava una gravissima crisi politica, con la guerra civile del 1998/99, in cui guineesi avrebbero impugnato le armi contro i loro fratelli guineesi ed in cui una delle parti in lotta chiamava combattenti stranieri (dal Senegal e dalla GuineaConakry) per aiutare a combattere guineesi nella terra della Guinea-Bissau. Questa incredibile guerra civile si protrasse per un lungo e doloroso periodo di 11 mesi e le sue conseguenze disastrose ancor oggi continuano ad apparire alla vista di tutti. Perché questa guerra fosse possibile, si incrociarono cause diverse, alcune già antiche ed altre più recenti, come: vecchi risentimenti e divisioni accumulate fin dai tempi del Congresso di Cassacá e della morte di Amílcar Cabral, appesantite più tardi dalle prigioni ed esecuzioni del dopo-indipendenza; alcune difficoltà provenienti dall’adesione della Guinea-Bissau all’ UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale) nel 1997; la dimissione dell’esecutivo del Colonnello Manuel Saturnino da Costa; il traffico di armi per Casamance e l’esonero del Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Brigadiere Ansumane Mané - la nitida crisi politica interna al PAIGC, manifestata nel VI Congresso ordinario del maggio 1998, dentro alle istallazioni militari della Base Aerea di Bissalanca, ecc. Nel mezzo di questa guerra incredibile (iniziata nel periodo delle piogge!), emerse in maniera considerevole la figura venerabile del vecchio Vescovo di Bissau, Mons. Settimio Arturo Ferrazzetta che, già con i suoi 74 anni, fece di tutto per far fermare la violenza delle armi ed aiutare a risolvere per mezzo del dialogo un contenzioso così 32 allarmante. Sarebbe morto, nel frattempo, senza arrivare a vedere i risultati tangibili del suo ultimo impegno in favore delle genti della Guinea-Bissau. Ottenuta la pace provvisoria per gli Accordi di Abuja il 2 novembre del 1998, formato un Governo di Unità Nazionale presieduto da Francisco Fadul e consumata la vittoria della Giunta Militare su Nino Vieira il 7 maggio 1999, il popolo della Guinea-Bissau poté finalmente respirare e giungere alle seconde elezioni multipartitiche - legislative e presidenziali - nel novembre del 1999 e gennaio del 2000. Queste elezioni avrebbero tratto alcune conseguenze politiche importanti: qui, per la prima volta le forze di Opposizione all’antico partito unico ottennero la maggioranza al Parlamento e fecero eleggere, nel secondo turno, il loro candidato presidenziale, il Dr. Kumba Yalá, sconfitto anteriormente nel secondo turno delle Presidenziali nel 1994. Una nuova fase politica si apriva, così, per la società guineese: per la prima volta, il Paese non era governato dal PAIGC. Questa fase continua ancor oggi. Però, nel momento in cui vengono scritte queste righe (febbraio 2003), sono già fissate nuove elezioni legislative (anticipate) per aprile di quest’anno ed è stato formato un Governo di iniziativa presidenziale fino alla realizzazione delle stesse. Segnale che quella turbolenza politica, anteriore al 1999, non si è ancora calmata definitivamente. Non è stato facile l’apprendimento della democrazia in questo giovane Paese. Ma, come sempre, è il popolo guineese che avrà l’ultima parola e lui continuerà ad essere il vero padrone del suo destino. _______________________________ TESTO: La vita della comunità politica Perché la partecipazione responsabile dei cittadini porti a felici risultati nella vita pubblica di tutti i giorni, è necessario che esista un ordinamento giuridico positivo, che stabilisca convenientemente la divisione delle funzioni e degli organi dell’autorità pubblica ed allo stesso tempo protezione del diritto efficace e pienamente indipendente da chiunque. Insieme ai doveri ai quali tutti i cittadini sono obbligati, siano riconosciuti, assicurati ed incoraggiati i diritti delle persone, famiglie e gruppi sociali, come anche l’esercizio degli stessi (...). Quando, per esigenza del bene comune, si limita temporaneamente l’esercizio dei diritti, si ristabilisca quanto prima la libertà, appena che si modificano le circostanze. È, però, disumano che l’autorità politica assuma forme totalitarie o dittatoriali, che ledono i diritti delle persone o dei gruppi sociali. (...) I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l’amore per la patria, ma senza ristrettezze dello spirito, in maniera che, allo stesso tempo, abbiano sempre presente il bene di tutta la famiglia umana, che risulta dai vari legami tra le razze, i popoli e le nazioni. (...) I partiti politici devono promuovere quello che giudicano necessario per il bene comune, senza che giammai sia lecito anteporre il proprio interesse al bene comune. Si deve porre particolare attenzione all’educazione civica e politica, oggi così necessaria alla popolazione e soprattutto ai giovani, perché tutti i cittadini possano partecipare alla vita della comunità politica. Quelli che sono, o possono diventare adatti ad esercitare la difficile e molto nobile arte della politica, si preparino a questa; e cerchino di esercitarla senza pensare all’interesse proprio o a vantaggi materiali”. (VATICANO II, Gaudium et Spes, cap.IV, nº 75) ___________________________________ 33 VI- UN PAESE DI CONVIVENZA PACIFICA TRA VARIE RELIGIONI In questo piccolo Paese, di poco più di un milione di abitanti, convivono da secoli differenti religioni, da quella tradizionale all’islamismo, al cristianesimo e a vari movimenti religiosi contemporanei. Non sempre la convivenza fu facile ma, globalmente, possiamo dire che riuscirono a convivere sempre senza qualsiasi “guerra di religione”. La Religione Tradizionale La prima e più antica tra le religioni dei popoli della Guinea, fu esattamente la Religione Tradizionale. Si perde nella notte dei tempi la sua origine, così antica come i primi uomini che qui iniziarono a vivere. Nonostante le differenze sensibili tra le varie etnie, potremmo anche dire che in tutte si manifesta la credenza consolidata in un Essere Supremo, Creatore e Signore di tutto quello che esiste. Questo Essere supremo ha vari nomi, conforme i differenti popoli che la praticano: “Emitai” (felupes), “N’hala” (balantas), Nathim bathi (manjacos, mancanhas...), “Nindô” (bijagós), “Uxi” (pepéis), ecc. L’Essere Supremo esiste, ma non ha un rapporto diretto e molto frequente con le creature umane. Sono soprattutto gli spiriti intermedi (“Irão”) che svolgono questa funzione in rapporto agli uomini, tanto per il bene come per il male, per la protezione come per la disgrazia. A questi sono offerte svariatissime “cerimonie”, compiute da persone a ciò deputate (“djambacozes”), nelle varie tappe e circostanze della vita delle persone. Per queste cerimonie, ci sono i loro “templi” generalmente all’aperto, con maggiore o minore grandiosità, dal frondoso e secolare poilão fino al piccolo “tempio” costruito davanti alla casa, per proteggere la famiglia. Questa religione tradizionale viene chiamata anche religione “animista”. Il termine può essere accettato purché non si immagini che essa si riduca solo al culto degli spiriti; tale culto non invalida la credenza fondamentale nell’Essere Supremo, dal quale gli spiriti dipendono: è preferibile, però, la terminologia che abbiamo usato: “Religione tradizionale”. Secondo il censimento del 1991, la Religione tradizionale rappresenterebbe soltanto il 36,5% della popolazione guineese. La Religione Musulmana La seconda grande religione dei popoli della Guinea è la religione mussulmana (islamica). Nonostante non ci siano disponibili dei numeri completamente affidabili, essa è chiaramente maggioritaria tra le varie religioni del Paese; già nel censimento del 1991 le veniva attribuita la percentuale del 45,5%, che è una percentuale notevole. È una religione monoteista, perché crede in un solo Dio (“Alláh”), Creatore e Signore di tutto quello che esiste, davanti al quale tutti gli uomini devono essere “sottomessi” (islamici). È la religione del Profeta (Maometto, sec. VI d.C.) e del “Libro” (“Corano”, che si crede rivelato al profeta attraverso l’angelo Gabriele). Si basa sui cinque pilastri (precetti) fondamentali: preghiera quotidiana (cinque volte al giorno, girati verso la Mecca); digiuno di 40 giorni, dal sorgere del sole al tramonto, nel mese del Ramadan; pellegrinaggio alla Mecca, se possibile, almeno una volta nella vita; elemosina d’accordo con le possibilità; abluzioni di piedi e mani prima delle preghiere. Le cerimonie del culto si realizzano nelle “moschee”, che si presentano con maggior o minore ricchezza architettonica. Nel caso della Guinea-Bissau, le moschee sono quasi tutte architettonicamente abbastanza modeste, al contrario per esempio del Paese vicino, il Senegal. La struttura organizzativa dei mussulmani non è di carattere verticale - come per 34 es. quella dei cattolici - ma “orizzontale”, decentralizzata, frequentemente organizzata in “Confraternite”, capeggiate da mistici considerevoli, come: “Qadiriya” (Abd al-Qadir, Iran, 1077), “Shadiliya” (Abul Hassan as-Shadili, Marocco, 1197) “Tidjaniya” (Ahmad alTidjani, Algeria, 1937-1815), ecc. In Guinea-Bissau, l’islamismo arrivò con l’espansione mandinga dell’impero del Mali, per lo meno fin dal sec. XIV. Ma si sviluppò soprattutto con l’espansione e conquista fulas del sec. XIX. Al turista più distratto non può sfuggire la maniera tipica di vestire e di pregare dei mussulmani, come anche la rilevanza sociale di alcuni loro Responsabili principali: “almamis” (capi maggiori), “aladjes” (uomini con pellegrinaggio alla Mecca), “Hadjes” (donne con pellegrinaggio alla Mecca), “tchernos” (maestri del Corano), “Imãs” (autorità religiose che dirigono le cinque preghiere quotidiane) ecc. Oltre all’attività religiosa realizzata nelle moschee, la diffusione della cultura islamica nella Guinea si fece - e continua ad essere fatta - attraverso le scuole coraniche (“madrassas”) e centri islamici sparsi un po’ ovunque, ma soprattutto nelle Regioni di Bafatá e Gabú. Nella GuineaBissau, le due principali Confraternite presenti sono la “Qadiriya” e la “Tidjaniya”: la prima, fondata già nel sec. XII, nella Mesopotamia, ben rappresentata tra i Mandingas; la seconda, di origine molto più recente e specificamente africana (fine del sec. XVIII), sarebbe visibile soprattutto tra i Fulas, nonostante non si debba fare una separazione religiosa troppo rigida tra queste due etnie guineesi. La Religione Cattolica La terza grande religione in Guinea-Bissau è il Cattolicesimo. Religione monoteista - un solo Dio, ma nella Trinità Santissima -, un solo Salvatore Gesù Cristo, un solo Libro - la Bibbia -, una Chiesa di carattere spirituale ma anche esteriormente visibile, strutturata in forma di piramide, con al vertice il Papa, successore del capo degli Apostoli, seguito dai Vescovi, sacerdoti, e popolo di Dio in generale. Il cattolicesimo arrivò in Guinea, portato soprattutto dai portoghesi, fin dalla metà del sec. XV e principalmente a partire dalla creazione della Diocesi di Capo Verde (1533), la quale includeva anche la “terra ferma” della Guinea. Nell’evangelizzazione, lungo i secoli, presero parte sacerdoti del clero secolare - una decina di questi nati in Guinea-Bissau - e membri di Congregazioni Religiose maschili e femminili. L’influenza della Chiesa Cattolica in Guinea si verificò, prima di tutto, attraverso il culto religioso, realizzato sotto l’ombra degli alberi, in semplici cappelle provvisorie, o in chiese definitive. Dei templi attualmente esistenti, meritano un risalto speciale la cappellina di Nostra Signora della Natività a Cacheu che ha origine già nel sec. XVII, e la cattedrale di Bissau che porta la data del 1950, ma di particolare bellezza architettonica. Oltre ai locali di culto, l’influenza continua oggi a verificarsi attraverso le Scuole di differenti livelli: sono attualmente circa 50, dalla scuola materna fino al Liceo completo, passando inoltre per due scuole professionali. È notevole anche l’apporto dei vari punti di assistenza Sanitaria: sono circa trenta piccoli centri e tre ospedali maggiori, dei quali uno è il punto di riferimento unico per la lotta contro la lebbra in Guinea-Bissau. La formazione di candidati al sacerdozio o alla vita religiosa consacrata, si fa attraverso due Seminari e differenti “Case di Formazione” per le varie Congregazioni femminili esistenti. Nel censimento del 1991, i cattolici furono valutati con una rappresentanza del 12,8% sul totale della popolazione. Oggi, devono essere cresciuti un po’ di più. Contano già su 23 sacerdoti locali, 2 religiosi guineesi, 20 religiose locali ed il primo Vescovo di tutta la storia della Guinea, Mons. José Câmnate na Bissign, consacrato il 12 Febbraio 2000, nella cattedrale di Bissau. 35 Altre Chiese o Movimenti ecclesiali: Oltre alla Chiesa Cattolica, altre “Chiese” o “Movimenti ecclesiali” di ispirazione cristiana si stabilirono nella Guinea-Bissau, fin dagli inizi del sec. XX, specificamente: la “Chiesa Evangelica”, iniziata nel 1921, con un ruolo di rilievo nel campo dell’evangelizzazione, dell’istruzione e dell’assistenza, che ha avuto per alcuni anni un lavoro encomiabile con i lebbrosi a Bissorã; la “Chiesa Avventista del 7º Giorno” con attività religiosa ed alcune attività anche nel campo dell’istruzione; la Chiesa “Dio è Amore” (Pentecostali); le “Assemblee di Dio”; la “Chiesa Universale del Regno di Dio” con presenza quotidiana in programmi religiosi radiofonici; “I Vincitori”; la “Chiesa Nuova Apostolica”, ecc. Questi nuovi movimenti religiosi, di ispirazione cristiana, meritano tutto il nostro rispetto ed attenzione. Non possiamo, però, dar loro qui il conveniente risalto, dovuto alla mancanza di informazione concreta che abbiamo su di loro. Speriamo e desideriamo che siano essi stessi a farlo, per iscritto ed in maniera sistematica, in modo che la società guineese li possa conoscere meglio e rispettare ecumenicamente come conviene. Tra queste varie religioni, che con il tempo vennero a fissarsi in Guinea-Bissau, possiamo dire che esiste oggi una vera “convivenza pacifica”, senza qualsiasi “guerra di religione” nello stile di quelle che la storia registrò per esempio nella vita dell’Europa. Ci sono rapporti di amicizia e di rispetto mutuo tra i Responsabili ed i praticanti delle varie religioni, anche se manca un dialogo ecumenico o inter-religioso dottrinalmente approfondito. Sono significativi, in rapporto a questa convivenza pacifica, alcuni fatti recenti che la testimoniano, specificamente: l’incontro di cattolici con mussulmani durante la visita del Papa Giovanni Paolo II alla Guinea-Bissau, in gennaio del 1990; la partecipazione di alcuni membri cattolici ed evangelici nel “gruppo di buona-volontà”, durante la recente guerra civile; l’uno o l’altro incontro di preghiera e/o di riflessione ecumenica, realizzati da giovani di Bissau e Mansoa; alcuni incontri informali del Vescovo di Bissau Mons. José Câmnate na Bissign con Responsabili di altre religioni; lo studio e la valorizzazione di aspetti positivi nella Religione Tradizionale, da parte di vari operatori pastorali della Chiesa Cattolica, ecc. Durante l’epoca coloniale, la religione cattolica, maggioritaria in Portogallo, fu certamente più favorita. Ma, globalmente - il che non esclude singole difficoltà - possiamo dire che si rispettarono le altre credenze religiose, soprattutto la religione mussulmana. Oggi, lo Stato della Guinea-Bissau è uno Stato laico che, conseguentemente, dà garanzie di rispetto per tutte le religioni legalmente esistenti nel Paese. ________________________________ 36 STATISTICA: Le varie religioni della Guinea-Bissau, secondo il censimento del 1991 Popolazione residente, secondo le Regioni: Regioni SAB Bafatá Gabú Oio Cacheu Biombo Bolama Quínara Tomabali RGB Totale 195.389 145.088 136.101 155.312 146.570 59.827 26.891 42.960 71.065 979.203 100% Religioni Animista 58.224 7.511 1.394 70.411 98.712 46.595 15.609 20.188 33.972 352.616 36,5% Mussulma Cattolica Altre Altre Senza na cristian Religioni Religion e e 59.451 58.939 4.703 595 13.477 121.779 13.646 554 410 1.188 130.070 3.876 330 19 412 66.994 12.392 1.839 284 3.392 18.458 19.803 5.063 327 4.207 962 4.741 1.148 335 6.046 4.310 3.415 781 11 2.765 17.662 3.249 411 13 1.437 29.247 5.576 481 366 1.423 448.933 125.637 15.310 2.360 34.347 45,5% 12,8% 1,5% 0,2% 3,5% Fonte: R.G.B., Secretaria de Estado do Plano (Instituto Nacional de Estatística e Censos), 1991. __________ VII – UN PAESE RICCO DI ARTE E GIOIA DI VIVERE La Guinea-Bissau è un Paese tra i più poveri del pianeta, ma sicuramente anche uno dei più accoglienti e animati. È un Paese che merita di essere conosciuto nelle sue varie manifestazioni culturali, specialmente di scultura, di musica e danza, di teatro, di sport, di culinaria, ecc. Sculture pluri-funzionali: Nella scultura guineese, si mettono in evidenza chiaramente i Bijagós, con la confezione di statuette femminili - legate alla difesa della vita - e di maschere d’animali decorati e coloriti (tori o buoi selvaggi, a volte collocati sulla prua delle canoe). Oltre ai Bijagós, anche i Nalús, Beafadas, Pajadincas, Soninqués e Manjacos mantengono ancora un certo valore nel campo della scultura, anche se nel caso di alcuni di loro l’influenza mussulmana abbia probabilmente reso difficile il loro naturale sviluppo. Nel caso dei Nalús, essi scolpivano grandi tamburi sostenuti da cavalli o figure femminili monumentali, come anche enormi maschere (“nimba”) legate alla garanzia della fecondità. Nel caso dei Beafadas, Pajadincas e Soninqués, sono conosciuti soprattutto gli eleganti scettri regali in ferro ricoperto di bronzo, simboli dell’autorità e del potere, che venivano consegnati ai capi tradizionali nel momento dell’investitura; erano decorati con motivi astratti, o rappresentanti cavalieri o teste di uomo. Oggi, hanno già smesso di essere prodotti e possono essere visti soltanto in alcuni musei. Quanto ai Manjacos, essi si sono dedicati alla 37 scultura di statuette funerarie e grandi tamburi in legno, per prolungare la memoria viva dei principali capi defunti. Al ritmo della musica e della danza: Se dal campo della scultura passiamo a quello della musica e della danza, allora entriamo realmente nel cuore della “festa guineese”, rivelatrice di una esuberante gioia di vivere. I ritmi guineesi come anche la varietà e ricchezza di espressione corporale che li caratterizza, sono qualcosa di profondamente attraente anche per lo straniero più distratto che visita questo Paese, o per gente fuori dalla Guinea che in qualche forma possa venire a contatto con la musica africana. Nella Guinea-Bissau si inizia ad aver contatto con la danza fin dai primi anni di vita. È ammirevole la facilità con cui bambini in tenera età, al sentire il suono dei tamburi, iniziano immediatamente graziosi movimenti del corpo, simultaneamente tradotti in danza e vibrazione. La musica e la danza sono animate da vari strumenti tradizionali, come: il “bombolom” - che alcuni chiamano “il telegrafo africano”! -; la “Korá”, arpa mandinga, di 22 corde; il “tambor”;, il “balafon”, simile al bombolom, ma molto più ridotto nelle dimensioni; la “cabaça” che - posta nell’acqua - trasmette un suono particolare; ecc. Ci sono veri maestri nell’utilizzazzo di ciascuno di questi strumenti. Attualmente, soprattutto nelle città principali, oltre a questi strumenti tradizionali, sono già utilizzati altri più raffinati, provenienti dall’estero e che si valgono delle facilitazioni date dalla rivoluzione elettronica dei nostri giorni. Lo stesso potremo dire riguardo ai generi di musica. Tra i più tradizionali, si contano: la “tina” che utilizza la cabaça nell’acqua; il “cussundé” balanta; il “djambadón” fula; il “n’gumbé” che utilizza già strumenti più diversificati; ecc. Ma, oltre a questi tradizionali, si seguono generi e ritmi dell’Angola (“kuduro”), di Capo Verde (“funaná”, “batuque”...), del Congo (“makossa”), ecc. Le notti del fine settimana e le mille opportunità della vita di ogni giorno, sono una prova evidentissima di ciò. Di fatto, i pretesti per una festa in Guinea sono i più svariati: dai momenti della nascita, malattia, anniversari, celebrazioni familiari o nazionali, fino ai riti di Iniziazione (“fanado”), al Carnevale, ecc. Le feste del “fanado” mobilizzano villaggi interi ed il Carnevale di Bissau trasforma la capitale in un mare di gente, camuffata con maschere di tutte le fattezze e con danze e suoni che non finiscono più. Tra i cantori guineesi più conosciuti, molti dei quali esercitano fuori dalla Guinea, si contano: Justino Delgado, Zé Manel, Manecas Costa, Rui Sangará, Tino Trimó, Sidónio Pais, Micas Cabral, Ramiro Naka, Netos de N’Gumbé, Roger Moreira, Kaba Mané, Eneida Marta, ecc. La musica guineese è portata sempre più in auge da questo gruppo già molto apprezzabile di artisti. Teatri improvvisati: Altro aspetto significativo dell’arte e allegria dei popoli della Guinea-Bissau, possiamo incontrarlo nel Teatro. È impressionante, per uno straniero, la facilità con cui i guineesi “rappresentano” una situazione della vita, sia essa tragica o comica. Non hanno bisogno di grandi scenari per improvvisare rapidamente una situazione teatrale e “ci si mettono dentro” ai personaggi rispettivi con inconsueta capacità e rapidità. Non si dimentichi che, in generale, realizzano questi spettacoli teatrali con un elevato numero di figuranti, non solo con due o tre. I piaceri della tavola: 38 Un altro aspetto ancora dell’arte e gioia di vivere, lo incontriamo nella Culinaria. Il piacere della tavola fa parte insostituibile della “festa guineese”. Una festa che non presenti niente da mangiare o da bere, non è una vera “festa”. Nella tradizione locale, ci sono varie specialità degne di registrazione e apprezzamento, specialmente: il “tchebén” o chabéu; il “caldo de mancarra” o salsa di arachidi; il “caldo di site” con olio di palma; la “sigá” varietà di dolce; la “poportada”; la “scalada” al pesce; la “cafriela” di pollo; la “canja de ostra”; il “pot-mandé” di fagioli con riso; ecc. Naturalmente approfittano anche dei “piatti” di altri paesi per valorizzare ancor di più la culinaria locale; uno dei “piatti” stranieri di maggior diffusione è la “catchupa” capoverdiana con carne, mais, fagioli. Gli sport possibili: Infine, in questa gioia di vivere, non possiamo dimenticare anche lo Sport. Qualsiasi piccolo recinto, anche se non perfettamente piano o pulito, si trasforma rapidamente in un campo di calcio per bambini o giovani. Per mancanza di condizioni materiali più che per la poca abilità naturale degli atleti, gli sport di alta competizione sono ancora esordienti. È per questo che vari atleti cercano all’estero - soprattutto in Portogallo - quello che non riescono a trovare nel loro Paese di origine. Oltre al calcio, uno sport molto caratteristico e popolare è il “luto” - una specie di lotta greco-romana - che si organizza anche in tornei pieni di animazione, dove gli atleti si eliminano successivamente fino a rimanere il vincitore finale; sono “combattimenti” pieni di energia e perizia, che portano ad infuocare la tifoseria entusiasmata. _________________________________ TESTO: Le feste del “Fanado” viste da un sacerdote guineese, nel 1883 Circoncisione (“cuiang-ô” o “fanado”) “Si esige segreto assoluto” (CAPELLO e IVENS – De Benguella às terras de Iàca) In tutta la Senegambia, è mia opinione, nessuno considera la circoncisione sotto un aspetto religioso: un balanta può essere circonciso, senza che per questo si consideri islamico o giudeo; un cristiano può essere circonciso, senza che per questo fatto si consideri pagano o rinnegato. La circoncisione, poi, non è niente più che un mantello sacro, che avvolge una società segreta, universale, terribile e mirabilmente costituita, con i suoi segnali e con i suoi simboli, e dove le razze, i colori, le religioni e le gerarchie scompaiono completamente. Hanno proprio ragione i biafadas nel dire come il saggio: “Nihil sub sole novum”; “Iás lire liaissé iábulár”. Il capo che tutti chiamano pae, e che pretende sempre di passare come un ente misterioso e invulnerabile; quando appare - il che succede rarissime volte - fa ricordare la furia Alecto, avvolta in un intreccio di foglie di palma e con due spade sguainate nell’una e nell’altra mano: egli decapita la testa dei “solmás” o incirconcisi che appaiono al suo rapido passaggio: è il terribile angelo dello sterminio, l’esecutore fedele della giustizia di Dio e degli spiriti. 39 Le feste della circoncisione sono le più segrete che si conoscano, ed in queste si notano certi usi strani e singolari. Non c’è niente, alla fine, più interessante e più curioso nello studio profondo degli usi e costumi africani di questa cerimonia, che chiamano “fanado”; insignificante all’apparenza, ma che, sotto sotto, è l’origine dei lineamenti politici delle nazioni e la fonte degli eroismi, di grande virtù e di attentati enormi. Lì si imparano lingue sempre sconosciute dal popolo; lì si tagliano le protuberanze fisiche e morali dell’uomo; è inoltre lì dove si entra nella conoscenza di un nome simile a quello di Jehovah degli ebrei, per non essere pronunciato se non una o due volte nella vita, e forse mai; così sono, tra gli altri: “Athamit” e “Nansibati”. Anche le donzelle, tra i mandingas, biafadas e fulas, sono soggette alla circoncisione e formano una società a parte e con rito differente. Io darò prova, in altro scritto più sviluppato, di tutto quello che vengo ad esporre in questo ed in altri capitoli. I bujagós sono gli unici che non si circoncidono. (P. Marcelino Marques de Barros, “GUINEA PORTUGUEZA, ou breve noticia sobre alguns dos seus usos, costumes, linguas e origens dos seus popoli”, in Boletim da Sociedade de Geografia de Lisboa, 1889, pg. 707-731). _____________________________________ BIBLIOGRAFIA COMPLEMENTARE 1. ANDREINI, J.C. – LAMBERT, M.L. – La Guinée-Bissau, Paris 1978. 2. BARROS, Marcelino Marques de – “Guiné Portuguesa, ou breve notícia dos seus usos, costumes, línguas e origens de seus povos”, in Boletim da Sociedade de Geografia de Lisboa, Lisboa 1889. 3. BULL, Benjamim Pinto – O crioulo da Guiné-Bissau, filosofia e sabedoria, Bissau 1989. 4. CARDOSO, Henrique Lopes – “Pequeno vocabulario do dialecto Pepel”, in Boletim da Sociedadde de Geografia de Lisboa, 20ª série, nº7 (Julho de 1902), pg. 121-128. 5. CARDOSO, C. – AUGEL, J. – Guiné-Bissau, vinte anos de Independência, Bissau 1993. 6. CARREIRA, António – Formação e extinção duma sociedade escravocrata (1460-1878), Bissau 1972. 7. 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PNUD –GUINÉ-BISSAU: Relatório do Desenvolvimento Humano, 2002. 41
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