MALATI DI MEnIèrE - AIMM Italia Onlus
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MALATI DI MEnIèrE - AIMM Italia Onlus
ASSOCIAZIONE ITALIANA MALATI DI MEnière OTTOBRE 2012 C ari amici, ONLUS Sede legale: A.I.M.M. Onlus Corso Tassoni 12 - 10143 Torino vi scrivo prima di uno dei tanti eventi che ci ha e ci vedrà protagonisti ai congressi medici di tutt’Italia più qualificati e interessanti per nuove frontiere di ricerca per combattere la Malattia di Menière. La presenza dell’AIMM non solo risulta sempre più importante ma è sempre più gradita in quanto contribuiamo notevolmente, in qualità di portavoci sicuramente “personalmente” qualificati a trasmettere lo stato d’animo del malato menierico. Ho notato che nei miei primi interventi da presidente dell’AIMM, aldilà dell’appoggio e partecipazione su temi e dibattiti scientifici, è sempre più che gradita l’esperienza; quell’esperienza che condivido con tutti voi. Le nostre giornate che iniziano con due sveglie: l’una “classica”, l’altra con un sibilo; gli acufeni che non ci mollano mai, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo ci ricordano quello che vorremmo dimenticare. Questa seconda sveglia scandisce non l’inizio della giornata ma l’inizio dei dubbi: oggi cosa accadrà? In questo contesto sociale viviamo tempi ipercompetitivi; pochi soldi, poco lavoro e crisi divenuta ormai congenita; noi viviamo purtroppo in una “modalità al rallentatore”, una situazione frustrante e a volte (dalle tante lettere e scoramento che ogni giorno ci pervengono) di impotente rabbia: questi tempi esigono massime performance umane e accade che il datore di lavoro di turno, vedendo che non siamo più capaci, a volte, di reggere il ritmo frenetico, diventa sospettoso, ostile, pensa a chissà quali nostri stratagemmi per non dare il massimo; noi sappiamo che non è così. Noi diamo il massimo sempre, malgrado la luce del cielo ci schiacci gli occhi già la mattina per le vertigini, malgrado ogni attività che per altri è sicuramente banale e routinaria, per noi è fonte di soddisfazione e di orgoglio. Questo è quanto diciamo ai congressi: noi siamo persone speciali tutto sommato; viviamo senza certezze e senza speranze ma con tanta voglia di vivere, di andare avanti e di apprezzare le piccole cose, sicuramente più di chi non ha la Malattia di Menière. Chiunque colpito da una grave malattia invalidante come la nostra potrebbe raccontare analoghe esperienze: ciò che prima si dava per scontato, dopo si apprezza con maggior profondità. Ebbene noi affetti da Malattia di Menière siamo più “fortunati” in quanto la nostra malattia è incostante: ci dà periodi di tregua, ci regala momenti in cui ci sentiamo meglio con alternanza imprevedibile, una sorta di luna park emotivo con periodi positivi e negativi senza controllo e prevedibilità: non possiamo adeguarci al nostro stato di “sani” e non possiamo e dobbiamo adeguarci al nostro stato di “malati”. Per questo è indispensabile cercare nuovi contatti, in tutto il territorio nazionale, di medici non solo preparati scientificamente, ma che riconoscono l’estrema importanza di un percorso empatico con ognuno di noi senza il quale il rapporto tra medico e malato di Menière è sterile, menomato da una componente essenziale. Tra i nuovi protocolli di accesso a ulteriori strutture ospedaliere, già ad oggi, dall’inizio dell’anno possiamo confermarvi l’Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto, l’Ospedale Maria delle Grazie di Matera, il Policlinico di Bari ed infine il Policlinico “Le Scotte” di Siena. Come sempre è nostro scrupolo, aldilà di assicurarci circa la preparazione professionale dei medici a noi vicino, di verificare la presa in carico del malato di Menière che per la prima volta accede alle strutture con noi convenzionate. Il malato di Menière non ha la necessità di una serie infinita di esami medici, ma di pochi e calibrati interventi. Aldilà della ricerca scientifica che, al contrario, utilizza molti strumenti destinati al tracciare nuove soluzioni terapeutiche, dobbiamo pensare che l’utilizzo di tanti (troppi) esami non solo fa trasparire una non completa e corretta conoscenza della Menière, ma va ad impattare sui costi del nostro già gravato Servizio Sanitario Nazionale con servizi inutilmente costosi. Al congresso di Torino dello scorso 31 marzo all’Ospedale Molinette, con tutta la disponibilità umana e professionale del prof. Albera abbiamo registrato un successo senza precedenti per l’elevata partecipazione di medici e malati di Menière. Pochi giorni prima, lo scorso 24 marzo, siamo stati presenza gradita al congresso di Otoneurologia presso l’Ospedale delle Grazie di Matera ospiti del dott. Asprella Libonati. Come anticipavo prima tra pochi giorni saremo presenti al Cenacolo di Audiovestibologia dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti sotto l’amichevole e qualificata ospitalità del prof. Neri. È stato ultimato lo studio dei questionari da voi inviati per il riconoscimento legale della Malattia di Menière con i quali abbiamo avuto un forte ed importante riscontro da parte vostra (sono stati quasi 300 i questionari debitamente compilati e spediti) e per i quali vi ringraziamo come sempre per il vostro essenziale contributo. Un équipe di medici e psicologi, sotto la supervisione del prof. Albera di Torino sta ultimando l’analisi per poter fornire al prof. Messina di Palermo gli strumenti inequivoci delle caratteristiche invalidanti della Malattia di Menière. Il nostro intento con questo studio è, una volta riconosciuta la scientificità dei risultati dalle più significative realtà medico/universitarie di tutt’Italia, portare i risultati di questa ricerca in seno alla Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica e perorare la nostra causa per tentare di vedere riconosciuta la nostra malattia nel suo insieme: se ciò avverrà, avremo ricadute molto positive sulla valutazione medico legale da parte delle commissioni esaminatrici per il rilascio delle invalidità civili. Proprio a questo scopo il prossimo congresso nazionale di Palermo ci vedrà partecipi fianco a fianco del prof. Paolo Procaccianti, direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo ed altri dirigenti nazionali dell’Inps e dell’Inail. Infine il 15 dicembre avrò il piacere di presenziare ad un finale congresso a Rovereto continuando a portare sull’intero territorio nazionale la nostra richiesta di essere capiti ed aiutati. Un caro saluto a tutti con la speranza di vedervi presto ai nostri appuntamenti. Maurizio Marendino – Presidente A.I.M.M. www.aimmitalia.it La terapia intratimpanica: indicazioni e risultati Prof. Roberto Albera, Dott.ssa Claudia Cassandro, Dott.ssa Azia Maria Sammartano SCDU-Audiologia e Foniatria -Università di Torino V ertigini, ipoacusia ed acufeni sono la triade sintomatologica che caratterizza la Malattia di Menière, la cui diagnosi tutt’oggi si basa ancora molto spesso sulla storia clinica riferita dai pazienti senza discostarsi molto da quanto Prospero Menière aveva descritto nel 1861. La grande variabilità sintomatologica intra ed interindividuale, la molteplicità di presidi terapeutici disponibili (medici e chirurgici) e la non certa eziologia della Malattia di Menière causano spesso frustrazione, depressione e disillusione con un peggioramento della qualità di vita del paziente. Dal momento che le cause della malattia non sono note, non esiste un trattamento medico o chirurgico che sia in grado di ripristinare le condizioni iniziali di salute dell’orecchio interno. Tutte le terapie proposte ai pazienti sono infatti somministrate al fine di trattare i vari sintomi di questa ‘capricciosa’ malattia cercando di: 1 - Ridurre il numero e la severità degli attacchi di vertigine acuta; 2 - Evitare o diminuire l’ipoacusia e gli acufeni associati a ciascun attacco; 3 - Alleviare i sintomi cronici (e.g. acufeni e instabilità); 4 - Prevenire la progressione della malattia ed in particolare il peggioramento dell’ipoacusia e della funzione vestibolare Nella maggior parte dei pazienti la risoluzione dagli episodi di vertigine può essere raggiunto mediante la terapia medica o nei casi refrattari alla terapia medica si può ricorrere al trattamento chirurgico mediante gentamicina intratimpanica (ITG) o neurectomia vestibolare (VN). La reale incidenza dei diversi approcci terapeutici nella Malattia di Menière (medico o chirurgico ed anche ITG o VN) non è mai stata valutata in letteratura su un’ampia scala di pazienti. La terapia primaria nella Malattia di Menière definita sembra essere la terapia medica, mentre la terapia ablativa rappresenta la seconda scelta. Il trattamento medico conservativo nella m.d.m permette di ottenere un buon controllo della sintomatologia, circa nel 70-80 % nella nostra casistica, con una percentuale quindi relativamente bassa di pazienti a cui viene proposto un trattamento ablativo. Appare però evidente come, sia l’indicazione ad un eventuale trattamento ablativo che il concetto di successo/fallimento terapeutico, dipendono in buona parte dal grado di tolleranza da parte del paziente. La gentamicina è un antibiotico noto per essere più tossico per il neuroepitelio vestibolare piuttosto che per quello cocleare. In letteratura sono descritti diversi protocolli per la somministrazione di gentamicina intratimpanica: dose multipla giornaliera, somministrazione settimanale, somministrazione a bassa dose, infusione continua con micro- 2 catetere ed infine titration methods. La percentuale di successo per il controllo delle vertigini con il trattamento con gentamicina è pari all’84%. Il successo nella terapia è dato dall’insorgenza di instabilità a riposo e nella marcia, indizio che la terapia deve essere sospesa. Il meccanismo con cui la gentamicina agisce nell’orecchio interno è basato sulla melanina presente nelle dark cells dell’ampolla e della stria vascolare. Le Na-K ATP-asi e i fosfolipidi presenti nelle dark cells si legano alla melanina e giocano un ruolo fondamentale nel trasporto attivo degli elettroliti nel labirinto vestibolare influenzando il bilancio Ns/K. Questa alterazione elettrolitica rappresenta la prima parte del danno che è reversibile sospendendo la somministrazione della gentamicina. La seconda fase è invece irreversibile ed è data dall’alterazione della permeabilità della membrana delle cellule ciliate agli ioni Ca2+ e Mg+, provocandone la distruzione. Questo meccanismo porta alla riduzione della produzione di endolinfa ed al conseguente controllo delle vertigini. In letteratura molti studi spiegano che l’uso di dosi ridotte e refratte di gentamicina prevengono la tossicità irreversibile a carico delle cellule ciliate. È altresì evidente come riportato da uno studio di Perez del 2003 che la completa ablazione della funzione vestibolare non è necessaria per ottenere il controllo delle crisi vertiginose. Dal punto di vista tecnico – pratico la Gentamicina (40 mg/ ml tamponati con bicarbonato di sodio) è iniettata, dopo aver praticato un’anestesia locale, molto lentamente nell’orecchio medio mediante un ago sottile inserito nella porzione postero-superiore della membrana timpanica in corrispondenza della regione delle finestre ovale e rotonda. L’iniezione intratimpanica di gentamicina viene praticata settimanalmente al fine di minimizzare i rischi di danno uditivo. Il numero di infiltrazioni è solitamente compreso tra 1 e 6; dopo la sesta seduta la terapia viene terminata per la sua supposta inefficacia terapeutica. Gli studi sull’utilizzo degli steroidi intratimpanici nella MdM non sono particolarmente numerosi e per di più molto eterogenei rispetto a quelli sulla sublabirintectomia con Gentamicina, di cui abbiamo appena trattato, per la grande variabilità dovuta al tipo di cortisonico utilizzato, alla dose, al modo di somministrazione ed ai criteri utilizzati per valutarne l’efficacia. Indubbiamente gli effetti della somministrazione per via intratimpanica rappresentano un vantaggio rispetto alla somministrazione per via sistemica sia per la maggiore permanenza del farmaco a contatto con le strutture dell’ orecchio interno sia per i minori effetti collaterali. I principali effetti degli steroidi intratimpanici (IT) sono dovuti all’azione antiinfiammatoria-immunosoppressiva che porterebbe ad una riduzione della pressione endolinfatica consentendo un miglioramento della vertigine, dell’acufene e dell’ipoacusia. Purtroppo la grande variabilità dei risultati ottenuti tra un paziente e l’altro è dovuta alla presenza sia ad alcune ghiandole mucose e cellule dell’infiammazione intorno alla finestra ovale che se ben rappresentate porterebbero alla degradazione sia di farmaci che di eventuali patogeni, che alla e-mail: [email protected] presenza di tessuto fibro-adiposo. In quelle forme resistenti alla terapia sistemica, pur non essendoci, infatti, delle evidenze cliniche a supporto di una reale efficacia della terapia steroidea nel controllare l’ipoacusia, fullness auricolare e le vertigini, negli ultimi anni la somministrazione trans timpanica ha acquisito una certa popolarità probabilmente per la facilità di somministrazione ed il basso rischio di complicanze. Il farmaco di scelta in virtù di una elevata rapidità di raggiungimento di concentrazione all’interno della coclea è il Desametasone e la modalità di somministrazione intrtimpanica (IT), può essere effettuata o tramite iniezione diretta o attraverso l’applicazione di microcateteri posizionati in prossimità della finestra rotonda, dopo aver chiaramente praticato un’anestesia per contatto a livello della MT analogamente a quanto già descritto per la somministrazione di Gentamicina IT. La cadenza ed il dosaggio sono estremamente variabili in letteratura, il nostro protocollo prevede una iniezione IT di Desametasone da 40mg/ml ogni 2gg per 4-6 sedute. Dall’analisi di alcune review i risultati appaiono essere molto variabili con percentuali tra il 96% ed il 47% nel controllo della sintomatologia vertiginosa, degli acufeni e della fullness, mentre più confortante appare essere il risultato sul miglioramento uditivo, con un guadagno medio di circa 10dB. Analizzando i dati in nostro possesso, peraltro, in accordo con quelli presenti in letteratura l’utilizzo della terapia steroidea IT può essere considerata di scelta in pazienti con una forma bilaterale, con ampie fluttuazioni uditive, nelle forme a sospetta patogenesi autoimmune o che rifiutano la terapia ablativa. Conclusione: È sempre bene ricordare che riguardo la diagnosi e il trattamento precoce di tale patologia sono stati fatti molti passi avanti anche se si è ancora lontani dal conoscere l’origine della Malattia di Menière. Personaggi famosi come Giulio Cesare, Martin Lutero, Jonathan Swift, Charles Darwin, Van Gogh, Marlyn Monroe che sembra soffrissero della Malattia di Menière, sicuramente non hanno potuto beneficiare delle terapie che ad oggi sono a disposizione dei pazienti affetti da questa patologia troppo spesso invalidante. Prof. E. Mira - Congresso di Torino La medicina infatti negli ultimi anni si evolve con una rapidità sorprendente sia perché cambiano le tecniche di indagine diagnostica sia perché le stesse malattie tendono ad acquisire connotati differenti, al punto quasi da richiedere nuove classificazioni. Il dovere di ogni medico è quello aggiornarsi con la massima competenza e professionalità, ma anche quello di informare i pazienti sui nuovi orizzonti del progresso tecnologico e sulle nuove prospettive che delinea la moderna scienza medica. Ed è con questo obiettivo che ormai da due anni il servizio di Otorinolaringoiatria – Audiologia e Foniatria collabora con l’Associazione Italiana Malati Menière (AIMM) trattando non solo la malattia ma rapportandosi direttamente al malato nella realtà di tutti i giorni. La vita di una persona non è una somma di sintomi o di dati di laboratorio. (M. Montello) Nuove possibilità diagnostiche nella Malattia di Menière: la diagnosi proteomica L Ospedale “Molinette” di TORINO Prof. Giuseppe Chiarella Cattedra ed U.O. di Audiologia e Foniatria, Università “Magna Graecia”, Catanzaro e attuali possibilità diagnostiche per la malattia di Menière ricadono in gran parte in ambito clinico con difficoltà ad avere una diagnosi di certezza soprattutto nelle prime manifestazioni di malattia. L’idrope dell’endolinfa nell’orecchio interno è la condizione anatomopatologica comune nei pazienti affetti da questa malattia, caratterizzata da un esordio insidioso e da sintomi aspecifici, quali vertigine, ipoacusia ed acufene che, come purtroppo i nostri lettori ben sapranno, possono diventare molto invalidanti. Il principale problema è la scarsa conoscenza dei meccanismi fisiopatologici che stanno alla base della malattia. In poche parole, abbiamo tutta una batteria di test da spendere per inquadrare questi pazienti ma la diagnosi alla fine è sempre affidata all’interpretazione clinica. www.aimmitalia.it 3 Nella nostra Università già da diversi anni è stato implementato un raffinato laboratorio di proteomica e spettrometria di massa che ha prodotto ad oggi interessanti risultati riportati in numerose pubblicazioni scientifiche apparse sulle principali riviste internazionali del settore. La diagnostica molecolare è una disciplina relativamente recente che consente di individuare pattern di espressione genomica e proteomica e che utilizza queste informazioni per distinguere tra tessuti (o fluidi biologici) normali e patologici a livello molecolare. L’approccio proteomico è divenuto sempre più interessante per lo studio di problemi biologici complessi. In sostanza questo tipo di studio consente di cercare e spesso di individuare una “firma” tipica di una certa malattia ricavandola dall’analisi, ad esempio, del sangue dei pazienti. E questo abbiamo cercato di fare. Utilizzando un approccio basato sulla proteomica abbiamo cercato di identificare potenziali biomarkers della malattia: la famosa firma di cui parlavamo. Lo studio è stato condotto in collaborazione con il prof. Ettore Cassandro (Ordinario di Otorinolaringoiatria dell’Università di Salerno) e sono state programmate ed effettuate due fasi successive. La prima fase prevedeva la selezione di individui affetti da malattia di Menière definita secondo i criteri di definizione internazionali dell’AAO-HNS. Ne abbiamo selezionati 16, che sono stati studiati nel nostro reparto con i test che molti di voi lettori ben conoscono: valutazione otorinolaringoiatrica, esami audiologici e vestibolari (audiometria tonale e vocale, impedenzometria, test vestibolari strumentali, potenziali evocati uditivi del tronco encefalico (ABR) e potenziali evocati vestibolari miogenici (VEMPs). I test otoneurologici sono stati completati da uno studio di risonanza magnetica dell’encefalo. Infine è stata eseguita la valutazione diagnostica molecolare tramite un semplice prelievo di sangue. I risultati sono stati confrontati con quelli di un campione di soggetti normali. I risultati finali sono stati molto soddisfacenti: è stato possibile identificare un set di proteine la cui espressione appare differentemente modulata nei pazienti con malattia di Menière rispetto ai controlli non malati. Questa firma molecolare è dunque molto promettente, nonostante si tratti ancora di un campione non particolarmente numeroso. I dati sono stati pubblicati su una prestigiosa rivista scientifica americana, il Journal of Cellular Physiology. Abbiamo già intrapreso la seconda fase dello studio che prevedeva il confronto dei dati già ottenuti con un nuovo gruppo di soggetti affetti da malattia di Menière. E i primi confronti confermano il risultato, la “firma” molecolare continua ad essere presente anche nel sangue di questo nuovo gruppo di pazienti. Tutto questo ci fa ben sperare sulla possibilità di poter sviluppare uno strumento innovativo per una diagnosi precoce e precisa di malattia di Menière e naturalmente di fornire elementi utili a comprendere i meccanismi ancora poco chiari che la causano. In questo senso, siamo orientati a credere che il profilo proteomico ottenuto dall’analisi del plasma possa aiutare, in un futuro prossimo, lo sviluppo di schemi terapeutici innovativi e razionali per i pazienti affetti da malattia di Menière, alternativi a quelli tradizionali. 4 Il ruolo della chirurgia del sacco endolinfatico nel trattamento della malattia di Menière Dott. Giuseppe Nicolò Frau U.O. ORL Ospedale Santa Maria del Carmine, Rovereto - TN L a malattia di Menière (MdM), come descritta da Prospero Menière, è definita dalla classica triade sintomatologica di vertigine oggettiva della durata di ore, ipoacusia neurosensoriale, inizialmente fluttuante, e acufene di bassa frequenza. Tali sintomi si manifestano in crisi ricorrenti, durante le quali è presente anche ovattamento auricolare. La malattia ha un classico andamento a poussé, con variabile alternarsi di fasi di remissione e fasi di riacutizzazione. Nei periodi intervallari la sintomatologia tende a esaurirsi, ma con il passar del tempo la progressiva degenerazione dei recettori cocleo-vestibolari tende a definire un lento deterioramento della funzionalità uditiva e labirintica. La malattia è in genere monolaterale e i dati sull’incidenza delle forme bilaterali variano nelle diverse casistiche dal 20% al 60% ma a nostro avviso il rischio di sviluppare una MdM bilaterale riguarda il dato più basso con percentuali tra il 20%e il 30% dei casi percentuale che aumenta con il passare degli anni (Ostrowsky 2003; Pappas. 1997; Paparella 1984). La MdM raramente interessa l’età pediatrica, nella gran parte dei casi i disturbi coinvolgono soggetti adulti di età compresa tra 20 e 60 anni. Anatomia patologica/fisiopatologica Quali sono i dati certi sulla MdM? Pochi. I reperti postmortem sono tra questi. Nei pazienti che hanno sofferto in vita di MdM si evidenziano i seguenti dati: Portmann nel 1927 parlò della malattia di Menière come di un “glaucoma dell’orecchio” e per la prima volta pensò che la causa potesse essere l’alterato assorbimento dell’endolinfa da parte del sacco endolinfatico. Gli anatomopatologi Hallpike e Cairns nel 1938, confermarono le ipotesi di Portmann, sezionando le ossa temporali di due pazienti deceduti in seguito alla sezione intracranica dell’ottavo nervo per ottenere la risoluzione di una grave sindrome vertiginosa; in entrambi i casi fu documentata una dilatazione spiccata del labirinto endolinfatico, a livello della chiocciola e del vestibolo. Anche Yamakawa nel1938 riportò una dilatazione del sistema endolinfatico, reperto che è quasi invariabilmente visto nella MdM documentata (Merchant 2005; Schuknecht 1993). Shaumbaugh osservò inoltre un’ischemia del sacco endolinfatico dei pazienti menierici, il cui lume era obliterato per aderenza delle pareti e spesso dislocato. La dimostrazione che il deficit di riassorbimento del sacco possa dar luogo all’idrope endolinfatico fu data da Kimura e Schuknecht, che provocarono nelle cavie un’idrope cocleare tipico già dopo un giorno e-mail: [email protected] dall’obliterazione del dotto endolinfatico, idrope che diveniva progressivamente grave due o tre settimane dopo, determinando la sporgenza della membrana di Reissner nella scala vestibolare. L’ampia distensione del labirinto membranoso (scala media, sacculo, utricolo), con ipertensione dell’endolinfa, sarebbe connessa sia a un’alterazione dei meccanismi di riassorbimento del sacco endolinfatico sia a una modificazione dell’omeostasi dei liquidi endolabirintici (aumento della pressione osmotica endolinfatica, modificazioni elettrolitiche a carico della perilinfa). Alcuni autori hanno segnalato la possibilità di rottura della membrana di Reissner come causa di tutti gli attacchi della MdM (Schuknecht, 1968), ma lo studio di ossa temporali di pazienti affetti da MdM ha dimostrato che circa i 2/3 dei pazienti non presentava tale reperto (Sperling et al., 1993). Altri autori hanno evidenziato presenza di fibrosi attorno al sacco endolinfatico, che, tuttavia, non è stata evidenziata/ confermata da studi successivi (Wackym 1994). Inoltre, un’idrope endolinfatica primaria e secondaria è stata documentata in ossa temporali di soggetti che non avevano sofferto di MdM (Merchant 2005), è pertanto verosimile che l’idrope sia un epifenomeno. Alcuni studi istopatologici sugli organi terminali del sistema vestibolare dell’orecchio interno ottenuti da interventi di labirintectomia hanno evidenziato una relativa conservazione del neuro epitelio (Rizvi 1986; Ylikoski 1979) con un grado variabile di modificazione ultrastrutturale al microscopio elettronico (Sanchez-Fernandez 1975; Rosenhall 1977). Tuttavia erano limitati all’esame della macula utriculare. Studi recenti (Andrew 2009) indicano un maggior coinvolgimento del neuroepitelio dell’orecchio interno negli stadi avanzati della malattia con un particolare interessamento della membrana basilare. Il fattore eziologico principale scatenante l’idrope e la conseguente sintomatologia è l’alterazione dell’equilibrio ionico tra la produzione e l’assorbimento dell’endolinfa. (Vosteen et al., 1986). L’endolinfa è prodotta principalmente dalla stria vascolare (Paparella et al, 1984). Tuttavia, sembra che alla sua produzione contribuiscano anche il piano semilunatum e le dark cells vestibolari ed è lentamente riassorbita dal dotto e dal sacco endolifatico (Paparella et al, 1984). Il problema fondamentale nella MdM è il malassorbimento dell’endolinfa dal dotto e dal sacco endolinfatico (Paparella, 1991). Lo sviluppo della disfunzione del flusso è un meccanismo molto lento che richiede tanti anni. L’evento scatenante la MdM potrebbe essersi sviluppato molti anni prima e insorgenza della sintomatologia manifestarsi molto tempo dopo. Quando il dotto endolinfatico è ostruito meccanicamente, come in caso di frattura conseguente un trauma cranico, l’insorgenza di idrope endolifatica è più veloce (Paparella et al, 1983). (Figura 1). Il malassorbimento dell’endolinfa nel lungo periodo di tempo è più probabilmente collegato allo sviluppo di anomalie del sacco e del dotto endolifatici in associazione con un seno laterale dislocato. È stato riscontrato che un drenaggio venoso libero del sistema vestibolare attraverso la vena dei canalicoli paravestibolari gioca un ruolo importante nell’omeostasi dei fluidi dell’orecchio interno. Anomalie della vascolarizzazione potrebbero contribuire alla quantità di idrope endolinfatica (Paparella) Il SE si trova in uno sdoppiamento della meninge della fossa cranica posteriore e, attraverso il dotto endolinfatico è in comunicazione con l’utricolo e il sacculo. Prima di aprirsi in quest’ultimo il dotto endolinfatico forma il seno endolinfatico che è circondato da perilinfa e, attraverso il dotto utricolare, mette in comunicazione l’utricolo con il sacculo mediante la valvola di Bast (Bast 1949). Funzionalmente il SE contribuisce al riassorbimento dell’endolinfa ed è la principale sede di regolazione del suo volume (Salt 2004); svolge funzione di difesa mediante meccanismi non-immunologici (fagocitosi) ed immunomediati (Barbara 1997); secerne glicoproteine che richiamano liquidi al suo interno (Gibson 1997); produce un ormone denominato “saccina” che stimola la formazione di endolinfa (Qvortrup 2002). Recenti studi di Salt hanno dimostrato che variazioni di pressione della perilinfa regolano la quantità di endolinfa che raggiunge il SE o che dal SE raggiunge il sacculo. Infatti aumenti di pressione della perilinfa, perlopiù secondari ad aumenti di pressione del liquido cefalo-rachideo attraverso l’acquedotto cocleare, chiuderebbero il seno endolinfatico escludendo il SE dal sistema endolinfatico; al contrario riduzioni della pressione della perilinfa favorirebbero il passaggio di endolinfa dal SE al sacculo. Altri autori ritengono responsabili le alterazioni anatomostrutturali conseguenti a processi flogistici o le disfunzioni immunologiche a carico dell’acquedotto del vestibolo e del sacco endolinfatico. Sono stati difatti evidenziati l’ischemia del sacco, associato ad esiti fibrotici, degenerazione dell’epitelio, ispessimento della lamina propria. Sembra che il sacco ed il dotto endolinfatico siano il centro di una reattività immunitaria e le caratteristiche del sacco predispongono ad un’aumentata deposizione di immunomplessi circolanti (Paparella). Queste caratteristiche riguardano anche i vasi capillari fenestrati (Leone 1984.) Numerose statistiche hanno dato rilievo a turbe metaboliche ed endocrine, quali allergie alimentari, stati di ipo- o ipertiroidismo, iperlipoproteinemie di tipo II, III o IV, sifilide congenita tardiva o latente, vasculopatie, alterazioni dell’equilibrio acido-base, disordini della coagulazione. Ciascun quadro patologico concomitante alla malattia puo’ ovviamente offrire utili elementi ai fini di un trattamento mirato. fig. 1 - Idrope endolinfatica in tutti i giri cocleari www.aimmitalia.it 5 Indicazioni La chirurgia del sacco endolinfatico viene considerata di prima scelta quando la terapia medica fallisce nei casi di MdM intrattabile o rapidamente progressiva (Paparella) o nei casi di idrope ricorrente vestibolare o cocleare . Ci sono poi delle indicazioni particolari in cui l’otologo deve valutare caso per caso: - pazienti con MdM bilaterale: si opera l’orecchio più attivo dal punto di vista sintomatologico o peggiore poiché di solito all’intervento segue la regressione della malattia - pazienti anziani poiché una chirurgia distruttiva comportare un maggior rischio di instabilità postoperatoria cronica (Kaylie 2005; Thedinger 1998) - pazienti già affetti da tempo da ipoacusia percettiva insorta in età adulta all’improvviso o nell’infanzia, che manifestino una sintomatologia vertiginosa spesso associata a fullness auricolare ed acufeni (Nadol 1975). Si effettua revisione chirurgica solo nei casi di insuccesso che almeno in fase iniziale del primo intervento abbiano avuto un buon risultato funzionale almeno (Paparella 2002; Telischi 1993). È stato notato che l’intervento è più efficace nei casi in cui venga eseguito nelle fasi precoci della malattia, ossia quando siano ancora presenti fluttuazioni uditive e nei pazienti con positività al test al glicerolo. Infatti quando il danno o lo shift della soglia uditiva diventano permamenti, è difficile che la chirurgia del sacco possa rimediare alla distruzione delle cellule sensoriali o dei neuroni. Tuttavia altri autori hanno osservato buoni risultati funzionali anche nei pazienti con udito stabilizzato. La durata media della malattia prima di ricorrere a questo intervento è di circa 6 anni. (Paparella e Sajjadi, 1994). Il trattamento chirurgico dell’idrope prevede la decompressione del sacco endolinfatico; vi sono quattro varianti: lo shunt endolinfatico mastoideo (SEM), lo shunt endolinfatico subaracnoideo (SES), la decompressione del SE (DSE) e la escissione del SE (ESE). SEM Lo shunt endolinfatico mastoideo prevede la decompressione del SE per via transmastoidea, effettuando un’incisione del foglietto mastoideo del SE (Portmann 1927); una variante di quest’intervento consiste nell’applicare un drenaggio permanente nel lume del SE (Shea 1966) (tali drenaggi possono essere di diverso materiale - teflon, silastic) e meccanismo di drenaggio (valvole unidirezionali, valvole capillari). SES Questo intervento prevede l’incisione del foglietto mediale del SE, allestendo uno shunt sub aracnoideo (Gardner 1988; Glasscock 1977). Fu W. House (1962; 1964) che lo propose inserendo una valvola in teflon che raggiungeva lo spazio subaracnoideo. DSE Questa tecnica prevede la semplice decompressione della regione del SE e della dura della fossa cranica posteriore perisacculare (Shambaugh 1966). Una sua variante associa anche la decompressione della dura della fossa cranica posteriore e del seno laterale (Gianoli 1998). 6 ESE Gibson (1996), ritenendo che le glicoproteine prodotte dal SE per secrezione richiamino liquidi all’interno degli spazi endolinfatici favorendo l’idrope, ha proposto un intervento che anziché decomprimere il SE, lo esclude, rimuovendone la porzione extraossea. Complicanze Le complicanze di questo tipo di chirurgia sono rare. Il rischio di anacusia o ipoacusia profonda viene riportato nel 2% dei casi (Brackmann 1987). Quaranta parla di ipoacusia trasmissiva derivante da trauma accidentale della catena ossiculare o da fissazione di quest’ultima per diffusione di polvere d’osso. Paparella (1994) cita il rischio di sanguinamento intraoperatorio derivante dal seno sigmoideo o dal bulbo della giugulare (complicanza che viene riportata in meno del 1% dei casi o liquorrea (complicanza rara). Il rischio di infezione postoperatoria della ferita è raro, soprattutto perché è d’abitudine trattare il paziente con antibiotici e medicazioni locali. Una paresi del nervo facciale postoperatoria è stata evidenziata in una percentuale dallo 0 al 4% dei casi (Gardner 1988). Il rischio di meningite postoperatoria, estremamente basso, ha riguardato quasi esclusivamente lo SES (Glasscock 1977). Risultati La metanalisi statistica dei risultati (Brackmann 1987) ha dimostrato che tra le diverse tecniche utilizzate non vi è differenza statisticamente significativa sia riguardo alle vertigini sia al peggioramento della PTA. In alcuni studi (Grant 1997) si è osservato un controllo della vertigine in oltre l’80% dei soggetti sottoposti a SEM permanente e controllati a più di 6 anni dall’intervento. Sembra che lo SEM consenta una regressione della vertigine in una percentuale di soggetti maggiore di quella che si osserva dopo DSE a distanza di tempo. Discussione e conclusioni Molti otologi ritengono che la chirurgia del SE sia il primo trattamento chirurgico in pazienti affetti da MdM resistente alla terapia medica. È stato notato che in follow-up di 24 mesi il numero di pazienti sottoposti a trattamento chirurgico del SE che guariscono dalle vertigini risulta significativamente maggiore di quello di pazienti che rifiutano l’intervento chirurgico (Goldenberg 1990). Tale chirurgia sembra, inoltre, essere associata anche ad un miglioramento degli acufeni e della fullness auricolare (Quaranta 1998), ma ad un peggioramento della funzione uditiva in un numero di pazienti maggiore rispetto a quelli affetti da MdM non operati (Filipo 1994). Tale reperto può essere attribuito alla progressiva formazione di fibrosi del SE e del dotto endolinfatico per le manovra chirurgiche sul SE (Quaranta 1997). La nostra esperienza con la decompressione del sacco endolinfatico è recente, ma positiva e in linea con i risultati della fascia alta in letteratura. Attualmente utilizziamo la tecnica di Kitahara (Kitahara e altri 2008) di associare alla e-mail: [email protected] decompressione del SE il posizionamento di cortisone a rilascio prolungato nel tempo all’interno di esso. Lo schema di trattamento della MdM che utilizziamo più di frequente è riassunto nelle figure 2 e 3 esso va adattato alle diverse situazioni cliniche e discusso con il paziente. Diagnosi clinica di MdM Monolaterale Risposta + alla terapia medica Risposta - alla terapia medica Udito normale / Fluttuante Buona funzione vestibolare Udito basso ITD / DSE Risposta ITG (Titration) Risposta - udito residuo VN Risposta - sordità profonda Labirintectomia Fig.2 - Schema terapeutico della malattia di Menière monolaterale (ITD desametasone intratimpanico, DSE decompressione del sacco endolinfatico, ITG gentamicina intratimpanica, VN neurectomia vestibolare) Diagnosi clinica di MdM Bilaterale Risposta + alla terapia medica Risposta - alla terapia medica Orecchio attivo Udito basso ITD / DSE Risposta ITG (Titration) Risposta - udito residuo VN Risposta - sordità profonda Labirintectomia Fig.3 - Schema terapeutico della malattia di Menière bilaterale (ITD desametasone intratimpanico, DSE decompressione del sacco endolinfatico, ITG gentamicina intratimpanica, VN neurectomia vestibolare) L’angolo della Posta Buongiorno sono una socia di Ortona (CH) malata di Menière dal 2004. A seguito della malattia non ho più potuto svolgere la mia funzione di docente e attualmente sono utilizzata a scuola in altre mansioni, devo dire che questo nuovo lavoro mi piace molto ma la strada per arrivarci non è stata semplice. Nel 2006 ho avuto un aggravamento della malattia con crisi ogni 10-12 giorni. La scuola mi mandò a visita collegiale, uno dei medici mi misurò la pressione, mi chiese di toccarmi la punta del naso con le dita e mi disse che stavo benissimo, la malattia era in fase remissiva e potevo tornare a lavoro, tutto questo con tono sprezzante, mentre avevo appena presentato una cartella clinica che esprimeva l’esatto contrario. Ovviamente feci ricorso e lo vinsi ottenendo dal Giudice del Tribunale del Lavoro di Chieti l’ordinanza che citava la mia come “grave patologia, cronica, ingravescente, a sicuro andamento degenerativo”. Quest’anno ho fatto domanda di invalidità, qualche giorno fa mi è arrivata la decisione della commissione medica che mi riconosce il 55% di invalidità con legge 104 art.3 comma 1 e non art. 3 comma 3, ossia niente grave patologia. È possibile che l’INPS abbia così annullato una sentenza del Tribunale del lavoro solo perchè il Tribunale non ha espresso una percentuale di invalidità, ma ha riconosciuto tutta la malattia una grave patologia, mentre loro danno punti per gli acufeni, per le vertigini, per l’ipoacusia, e la depressione fobica senza neanche valutare che essendo stata trattata con gentamicina ho un solo labirinto quindi una menomazione fisica permanente? È possibile che dopo 8 anni di lotte con colleghi e famigliari che non ti capiscono, datori di lavoro che non sanno che pesci pigliare, noi menierici dobbiamo passare la vita nei tribunali? Perchè ovviamente adesso devo fare ricorso ma come sappiamo la trafila è minimo un anno prima di riuscire a sapere qualcosa con un esborso per gli avvocati non indifferente e una situazione psicologica ormai fuori controllo. C’è qualche garanzia o strada da percorrere a tal proposito. Vi ringrazio per l’aiuto sempre puntuale. Pina Nestore COMUNICAZIONE PER I SOCI Si ringraziano STEFANIA, CANDIDO, MARIA RITA e GIUSEPPE che, in occasione del loro 50° anniversario di matrimonio, hanno deciso di rinunciare ai loro regali e di raccogliere delle offerte da donare alla nostra associazione. La donazione è risultata importante. Ancora grazie. Abbiamo ricevuto sul nostro c/c postale un versamento di € 35,00 per l’iscrizione anno 2012. Purtroppo le Poste Italiane ci hanno inviato un bollettino sostitutivo e privo del nominativo. Il versamento sembra sia stato fatto il 13 Marzo 2012 presso l’ufficio postale di Alife (Ce). Chi si riconoscesse in questo versamento e non ha ricevuto la ricevuta di iscrizione è pregato di segnalarcelo. Grazie www.aimmitalia.it 7 Carissimi amici dell’AIMM, relativamente al riconoscimento medico legale della Malattia di Menière, il numero e le stesse risposte pervenute alla nostra osservazione ci inducono a confermare da un lato che l’argomento è affrontato in modo assolutamente disomogeneo dalle diverse commissioni mediche e dall’altro che i soci dell’AIMM non ritengano, spesso a ragione, che la classe medica comprenda realmente cosa significhi essere portatore di Malattia di Menière. Gli associati dell’AIMM riferiscono nei questionari una scala di valori di valutazione da parte delle diverse commissioni di invalidità civile operanti sul territorio nazionale, che va dal 30% al 100%, La qualcosa non ci stupisce, anzi è quello che già sapevamo di dovere osservare. Ovviamente questo non basta. Un’associazione, come l’AIMM, non può limitarsi ad evidenziare e denunziare ma deve provare a modificare lo stato delle cose. L’associazionismo in una parola deve essere anche protagonista di quel cambiamento generazionale di logica d’intervento che rivoluziona il concetto della Medicina, anche medico legale. Questo mutamento ha uno slogan: “dalla Medicina for people alla Medicina by people”. In parole semplici chi meglio di un malato, anche menierico, conosce i propri problemi? Se la vostra risposta è “nessuno”, si passi alla seconda domanda. Chi può far capire al legislatore deputato a scrivere le tabelle d’invalidità cosa significhi avere quella malattia, per carità, lasciandogli poi la competenza di uniformare tra loro le diverse tabelle per le varie patologie? Ma vi sembra possibile che l’asma sia valutato 10 volte più di un acufene? Non possiamo fermarci qui. Ora ci sembra necessario, sensibilizzare gli organi preposti a codificare le percentuali invalidanti di INPS, Invalidità Civile ed INAIL a conoscere e “capire” non la malattia di Menière ma il malato di Menière. Per questo motivo con l’AIMM, con il prof. Roberto Albera dell’Università di Torino, con il quale stiamo elaborando lo studio statistico dei vostri questionari e con il Professor Paolo Procaccianti, direttore dell’istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo, abbiamo invitato ad un convegno che vuole raggiungere questo obiettivo, ed aperto a tutti voi, non solo i dirigenti nazionali dell’INPS, dell’INAIL ma quanti operano a qualsiasi titolo nel settore medico legale. La sede sarà l’aula Magna del Policlinico Universitario di Palermo, la data dovrebbe essere quella del 13 ottobre. Ma capirete che le personalità da raccordare sono molte e la data non può essere oggi certa. Per ora abbiamo pensato di utilizzare l’uscita di questo numero del giornalino per informarvi e “prenotare” la vostra attenzione per il 13 ottobre. Quanti interessati a venire a Palermo possono sin d’ora fornirci la loro mail e li informeremo per tempo. Noi speriamo che veniate tutti per poter incidere maggiormente in chi ci ascolta, per premiarci con la vostra presenza dei nostri sforzi, per darci l’onore di stringervi la mano e... per realizzare il sogno di essere attori di una associazione by people e non più for people. Dott. Aldo Messina Dott. Maurizio Marendino Responsabile Otoneurologia Università “Paolo Giaccone” Palermo Presidente A.I.M.M. Onlus Modalità di iscrizione all’A.I.M.M. Onlus La quota associativa annua 2012 è di € 35,00 socio ordinario La quota associativa annua 2012 è di € 100,00 socio sostenitore Da versare tramite: • c/c postale n. 18219782 intestato all’A.I.M.M. Onlus – 10141 Torino. • bonifico bancario, intestato a A.I.M.M. Onlus presso Banca D’Alba, filiale di Moncalieri (To) IBAN : IT 10 V 08530 20000 000470 100529 Centro di ascolto: Ospedale Molinette Via Genova,3 - 10126 Torino telefono 011 6709 577 Giovedì dalle ore 15.30 alle ore 17.00 cellulare 334 9922569 Martedi dalle ore 19.30 alle ore 21.00 cellulare 334 9922579 Mercoledì dalle ore 19.30 alle ore 21.00 e-mail: [email protected] Stampa e grafica: Litostampa Mario Astegiano - Marene (CN) - www.astegianolitostampa.com Appuntamenti ... notizie!
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