ANTOLOGIA DI SPOON RIVER
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ANTOLOGIA DI SPOON RIVER
ANTOLOGIA DI SPOON RIVER di EDGAR LEE MASTERS Edgar Lee Masters nacque nel Kansas (USA) nel 1869; da ragazzo visse a Lewistown, una piccola cittadina bagnata dal fiume Spoon; a ventidue anni si trasferì a Chicago. Il contatto con la vita sociale della grande città fece comprendere a Masters che gli istinti e le passioni degli uomini sono sempre le stesse, sia che essi vivano nelle metropoli, sia nei villaggi di campagna che aveva conosciuto da ragazzo. Gli tornò dunque in mente un progetto che aveva ormai accantonato: descriverela complessità dell’esistenza umana, usando come esempio un piccolo villaggio. Nacque così in lui l’idea di servirsi dell’epitaffio, cioè della iscrizione posta sulla tomba, per far narrare a ciascun personaggio la sua storia e insieme la storia del villaggio.E così scrisse la prima poesia, “La collina”, dove immaginava sepolti l’uno accanto all’altro gli abitanti di Spoon River. Sviluppò 19 storie in 244 ritratti-epitaffi intrecciati, che vennero raccolti, nell’aprile del 1915, in un volume, l’Antologia di Spoon River. Masters scrisse le poesie dell’Antologia nelle ore d’ufficio, in tram, sui rovesci delle buste, sui margini dei giornali, sui menù dei ristoranti e sui conti della spesa, ovunque trovasse uno spazio su cui lasciar scorrere la sua ispirazione. Edgar Lee Masters morì in povertà nel marzo 1950. Che la morte sia il tema centrale dell’Antologia di Spoon River sembrerebbe evidente: in fondo, i protagonisti, gli eroi dell’opera, sono i morti di un’intera cittadina. Eppure si ha l’impressione che questi uomini e queste donne “vivano” nel cimitero di Spoon River, che incidano sulle pietre tombali la loro storia con un vigore, una determinazione, un amore e, talvolta, una collera tanto vivi da farci soffrire ancora, dimenticando che ciascuna di queste vicende appartiene ad un passato irrecuperabile. Forse ciò che la vita non ha concesso a queste persone, e cioè di essere tutte uguali, di “contare” tutte allo stesso modo, può farlo la morte, che tutto ridimensiona. In questo romanzo in versi, Masters ha infatti concesso a tutti lo stesso spazio per parlare della propria vita, così come ciascuno l’ha interpretata. Nelle diverse versioni della stessa vicenda date dai diversi protagonisti, l’autore ci costringe a riflettere su quanto sia sciocco ed errato giudicare gli altri per ciò che noi conosciamo di loro. Pare che ogni personaggio si ribelli e rivolga la stessa domanda al mondo: “Che ne sapete voi di me e della mia vita?” I tre filoni principali, che si intrecciano perennemente nell’opera sono: il potere del denaro; la dolcezza, il dolore o la mancanza dell’amore; il rivolgersi, in tanti modi diversi , al cielo.
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