Mulholland Drive
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Mulholland Drive
Mulholland Drive (Mulholland Dr., 2001) di David Lynch Titolo originale Mulholland Dr. Paese USA/Francia Anno 2001 Durata 145 min Colore colore Audio sonoro Genere grottesco Regia David Lynch Soggetto David Lynch Sceneggiatura David Lynch Fotografia Peter Deming Montaggio Mary Sweeney Effetti speciali Philip Bartko Musiche Angelo Badalamenti Scenografia Jack Fisk Interpreti e personaggi • • • • • Naomi Watts: Betty Elms/Diane Selwyn Laura Elena Harring: Rita/Camilla Rhodes Justin Theroux: Adam Kesher Dan Hedaya: Vincenzo Castigliane Ann Miller: Catherine "Coco" Lenoix Trama La primissima scena mostra un ballo. Poi si vede una persona (non identificata) che dorme in un letto dalle lenzuola rosse; in seguito inizia il film. In tarda notte, una limousine percorre Mulholland Drive (una strada che attraversa le colline attorno a Los Angeles, California); al suo interno c'è una donna dai capelli scuri (interpretata da Laura Elena Harring) e due uomini; improvvisamente, l'auto si ferma ed uno dei due uomini punta una pistola contro la donna; subito dopo, però, dei pirati della strada si schiantano contro la limousine. La donna resta miracolosamente illesa, ma ha un'amnesia. Abbandona la scena dell'incidente e scende la collina che porta a Los Angeles, stendendosi nel giardino di un appartamento e mettendosi a dormire. Il giorno successivo, si sveglia e vede la proprietaria dell'appartamento, una donna di mezza età dai capelli rossi, che sta per partire. Entra nell'appartamento senza farsi vedere. Intanto, molti strani avvenimenti, che inizialmente sembrano scollegati, si susseguono. Un uomo racconta ad un suo amico il suo incubo ricorrente (è seduto in un fast food e vede l'amico in piedi davanti alla cassa; questi ha lo sguardo terrorizzato; la causa della sua paura è un uomo con una faccia orribile nascosto sul retro del locale); l'uomo vuole quindi che l'amico lo accompagni per vedere se quell'uomo esiste veramente; lo vede e muore dallo spavento. Intanto con un giro di telefonate si avvisa una persona misteriosa che "la ragazza non è stata trovata". La scena cambia e viene presentata Betty Elms (interpretata da Naomi Watts), una giovane (sdolcinata e affabile) aspirante attrice che è appena arrivata ad Hollywood da Deep River, nell'Ontario; dopo aver salutato una coppia di anziani che aveva conosciuto durante il viaggio, si dirige verso l'appartamento della zia, che era la donna dai capelli rossi. Entra quindi nel suo appartamento e trova la donna dai capelli scuri. Alla domanda di Betty sulla sua identità, la donna dai capelli scuri dice di chiamarsi "Rita" (prendendo il nome di Rita Hayworth dal poster del film Gilda che è appeso in bagno). Appurato che Rita non è un'amica di sua zia, Betty chiede un chiarimento; Rita le rivela di avere un'amnesia, così le due donne cercano di ricostruire l'identità della donna e cosa le sia accaduto. Nella borsa di Rita trovano un gran numero di banconote ed una strana chiave blu. Un killer imbranato ruba una "agendina nera"; lo rivediamo in un'altra scena in cui chiede ad una prostituta se ha visto una ragazza dai capelli scuri in giro. Un regista di nome Adam Kesher (Justin Theroux) perde il controllo del suo ultimo film a causa di due inquietanti gangster (i fratelli Castigliane) che lo obbligano ad ingaggiare un'attrice sconosciuta di nome "Camilla Rhodes" come interprete principale. Si rifiuta e torna nella sua villa, dove trova la moglie a letto con il ragazzo della piscina; cerca di vendicarsi e poi se ne va in un hotel. In seguito scopre di essere al verde e la sua assistente lo convince ad incontrarsi con il "cowboy", persona che potrebbe sapere che cosa sta succedendo. All'incontro, il cowboy gli consiglia (dietro velata minaccia) di accettare l'attrice raccomandata per il suo film. Intanto, Rita ricorda che la sera prima era in macchina sulla Mulholland drive; le due donne scoprono quindi che c'è stato un incidente. In seguito, Rita ricorda il nome Diane Selwyn; le telefonano ma non trovano nessuno; decidono quindi di recarsi al suo indirizzo il giorno dopo, dopo che Betty ha fatto il provino per un film. L'indomani, subito dopo il provino, Betty viene accompagnata in un set in cui stanno facendo dei provini per un altro film; lì ritroviamo il regista Adam Kesher. Quando al provino si presenta Camilla Rhodes, Adam obbedisce alle direttive e manifesta l'intenzione di scritturarla. Betty abbandona in fretta il set in quanto doveva incontrarsi con Rita; le due arrivano quindi all'appartamento di Diane. Davanti al caseggiato ci sono due uomini in una macchina; Rita ne ha paura, quindi entrano dal retro. Le due suonano a casa di Diane, ma scoprono che ha fatto cambio di appartamento con una vicina. Suonano quindi nella casa giusta, ma non risponde nessuno. Riescono comunque ad entrare ed in camera da letto trovano un corpo putrefatto. Rita piange ed è spaventata. Tornate a casa, Rita cerca di cambiare il suo aspetto per non farsi riconoscere; Betty l'aiuta e la fa bionda. Quella sera le due donne scoprono di essere reciprocamente attratte. Dopo un incontro sessuale lesbico, nel mezzo della notte Rita ripete nel sonno "silencio, no hay banda... " (in spagnolo), svegliando Betty. Rita, quindi, chiede a Betty di accompagnarla in un teatro. In esso le due assistono ad una strana e molto suggestiva performance, basata sulla realtà e sulla finzione e sulla difficoltà a distinguere le due. Durante la rappresentazione Betty trova una misteriosa scatola blu nella sua borsa. Tornate a casa, Betty sembra scomparire e Rita si ritrova da sola. Prende quindi la misteriosa scatola blu e la apre con la chiave. Rita sembra risucchiata all'interno della scatola, da questo punto in poi la storia e il ruolo di ogni personaggio cambiano completamente. Come commenta Roger Ebert, "..i personaggi cominciano a frantumarsi e a ricomporsi come carne catturata in un caleidoscopio". Lo spettatore è introdotto nella vita di un'attrice fallita di nome Diane Selwyn, interpretata dalla stessa Naomi Watts/Betty, intrappolata in una vita infelice. Viene svegliata dalla vicina (con cui ha fatto il cambio di appartamento) e nota in soggiorno una chiave blu. Qui si apre un flashback. La sua ex-ragazza, Camilla Rhodes, ora interpretata da Laura Elena Harring/Rita, l'ha lasciata per intraprendere una vita ricca e famosa sposando un famoso regista, lo stesso Adam Kesher. Betty non riesce ad accettarlo. Ad una cena nella villa di Kesher presso Mulholland Drive, lo spettatore viene a sapere che Diane è un'aspirante attrice, venuta dall'Ontario, che, alla morte della zia (che lavorava nel cinema), si era trasferita a Los Angeles per coronare il suo sogno; Diane non ha successo ed ottiene solo delle piccole parti nei film di Camilla. In questa stessa occasione si consuma la rottura: non solo Adam e Camilla annunciano il matrimonio, ma Diane assiste ad un bacio tra Camilla ed un'altra ragazza (che prima, durante il provino truccato, interpretava Camilla Rhodes). Umiliata, rabbiosa e disperata, Diane s'incontra in un fast food con un killer (lo stesso di prima) e lo assolda per uccidere Camilla; questi le dice che quando tutto sarà finito troverà una chiave blu. Nella stessa scena si vede l'uomo dell'incubo che, davanti alla cassa, guarda spaventato Diane. Alla fine del film, Diane è divorata dalla disperazione, dalla solitudine e dal fallimento; in preda ad allucinazioni decide di suicidarsi. Recensioni Un'altra storia di “doppi”, di identità scambiate, di repliche e duplicazioni. […] universi paralleli oppure intersecantisi, vite scambiate, rivissute, desiderate […] è evidente la presenza di personaggi demiurgici, che determinano con il loro agire il destino dei malcapitati protagonisti […] Mulholland Drive è un'opera plumbea e disperata, contraddistinta a livello visivo dalla fotografia materica, avvolgente, sensuale, organica […] e dai movimenti di macchina sinuosi e inquietanti all'interno degli appartamenti […] Evitare di ridurre il suo cinema alla narrazione significa anche non cercare a tutti i costi di ricostruire un percorso coerente nel flusso narrativo e visivo-sonoro di Mulholland Drive […] È indubbio che l'ultima parte del film […] possa essere letta come la “realtà” in opposizione a tutta la prima parte del film […] Ma i frequentatori del cinema di Lynch sanno bene che questa è una strada troppo facile e ingannevole che non porta certo al cuore dell'opera. Meglio, allora, abbandonarsi al “flusso” emotivo che scaturisce dalle immagini e dai suoni, più giusto decidere di entrare all'interno della misteriosa scatola blu aperta da una chiave blu dalla forma bizzarra e assistere a una rappresentazione in cui “è tutto registrato”, tutto è finzione, e proprio per questo più intenso del reale. Mulholland Drive conferma, e se possibile acuisce, l'impressione che il cinema di Lynch sia sempre più votato verso forme di rappresentazione e di messa in scena tendenti a far prevalere il “figurale” sul “discorsivo”. Se il discorsivo è tutto ciò che si presenta come logico, ordinato, dotato di un senso e si àncora al principio della realtà, il figurale è invece ciò che si fa “sentire” prima di farsi comprendere e appartiene all'energia dell'inconscio, al principio del piacere. […] Giunto al suo nono lungometraggio, Lynch decide di narrare una vicenda che, seppur originariamente pensata per la televisione, si ambienta per la prima volta nel mondo dei sogni per eccellenza: Hollywood. Riccardo Caccia, David Lynch, Milano, Il Castoro, 2004, pp. 126-35. Lynch più che altro semina sensazioni e suggestioni, costruisce atmosfere, sfiora figure che vagano o se ne stanno, sospese, a dei crocicchi, scava buchi nell'inconscio. Perciò, non ha troppa importanza dare un preciso filo narrativo alla storia delle due ragazze, una senza memoria, e l'altra, forse, con troppa memoria, che si incontrano per caso (o forse no) in un appartamento nel cuore di Los Angeles. Quello che conta è il senso della loro apparizione (nella vita e, soprattutto, sullo schermo): un senso cupo, angosciante, una finestra spalancata su quel continuum che è la vita di ognuno, sugli ipotetici canali comunicanti con altre possibili vite. […] tutto Mulholland Drive gira attorno a un film nel film all'interno dell'orizzonte consueto della Hollywood più quotidiana, segreta, volgare. Una Hollywood affogata nelle vergogne del Sunset, sovrastata da una strada (quella che dà il titolo al film) che costeggia la collina, che è sempre deserta ed è letteralmente un “luogo” del noir californiano classico. […] Mulholland Drive è un film contemporaneamente psichico (come tutti quelli di Lynch) e fisico, dov'è la stessa concretezza dei corpi e la netta caratterizzazione degli interni a rappresentare il territorio sconfinato e terribile dell'inconscio. La sensazione più palpabile che trasmette (oltre all'inquietudine e al costante spiazzamento) è una sgradevolezza accettata, una vitalità esaurita, una sopravvivenza forzata alla quale tuttavia si resta attaccati. Nerissimo, notturno, nonostante l'abilità dell'autore di seminare continuamente il suo umorismo macabro, in una sorta di “sollievo” offerto momentaneamente allo spettatore e ogni volta riassorbito dal malessere. Emanuela Martini, Mulholland Drive, in «Cineforum», n. 406, luglio 2001, p. 45.
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