La struttura di una tragedia greca La tragedia greca, a differenza
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La struttura di una tragedia greca La tragedia greca, a differenza
La struttura di una tragedia greca La tragedia greca, a differenza della commedia antica, è strutturata secondo uno schema rigido. Inizia generalmente con un prologo, che ha la funzione di introdurre il dramma; segue la pàrodo, che consiste nell'entrata in scena del coro attraverso dei corridoi laterali, le pàrodoi; l'azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre o più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena; si conclude con l'esodo (èxodos). Prologo Il prologo, secondo la definizione data da Aristotele nella Poetica è "tutta la parte di tragedia che precede la parodo del coro", cioè la parte recitata compresa tra l'inizio del dramma e l'entrata del coro. Questa parte può essere costituita da un monologo o da un dialogo, ed ha la funzione di introdurre il dramma. Di solito nel teatro di Euripide il prologo è nella prima parte di tipo monologico, e ha la funzione di fissare le coordinate temporali e spaziali nelle quali si svilupperà la tragedia esponendone l'antefatto; in Eschilo e Sofocle invece il prologo ci introduce in medias res, in quanto coincide di solito con l'inizio dell'azione drammatica. Pàrodo La pàrodo è il primo canto che il coro esegue nel corso della tragedia, quando entra in scena attraverso dei corridoi laterali, chiamati pàrodoi. In tutte le tragedie di Eschilo e in buona parte di quelle di Sofocle è un canto che ha forma compiuta, e il rapporto dialogico tra corifeo e attori ha inizio nel primo episodio, dopo, cioè, la conclusione del canto; nelle ultime opere di Sofocle e in quelle di Euripide la parodo assume una nuova forma, in quanto il coro instaura un dialogo con un personaggio sin dal primo intervento: l'estremizzazione di questo tipo di parodo si ha nella variante detta commatica, nella quale il coro dialoga con l'attore che risponde in versi lirici, instaurando un vero e proprio dialogo lirico (kommòs). Episodi La tragedia si sviluppa attraverso un numero episodi variabile da un minimo di tre ad un massimo di sette, che contengono le parti dialogate tra gli attori; originariamente l'attore era uno solo e dialogava con il coro; poi con Eschilo sarebbe stato introdotto un secondo attore e con Sofocle un terzo: al numero massimo di tre attori potevano esserne aggiunti degli altri, purché muti (kophà pròsopa, letteralmente "personaggi sordi"). Nel dialogo può intervenire anche il coro, di solito con brevi battute di commento affidate al "corifeo", ossia il capocoro. La recitazione vera e propria era in trimetri giambici, ma esisteva anche una forma di recitazione accompagnata dal suono del flauto che si definisce parakataloghè. Il dialogo tragico si sviluppa attraverso alcune forme tipiche: la rhèsis, la sticomitia (stichomythìa) e la monodìa. La rhèsis (discorso) è il monologo, più o meno esteso, di un personaggio. Di solito la rhèsis è tipica del messaggero, che entra in scena per narrare eventi che non possono svolgersi in scena, come i fatti di sangue; la rhèsis può trovarsi anche all'interno di parti dialogate, quando due personaggi si contrappongono affrontandosi in un agone dialettico, in cui ciascuno sostiene le proprie ragioni in conflitto con l'avversario. Stichomythìa significa "battuta di un verso solo", e infatti si ha quando il dialogo si fa più concitato e i personaggi si scambiano battute di un verso ciascuna. La monodìa si ha quando un attore canta in metri lirici anziché recitare. Talvolta si ha un duetto tra il coro e l'attore (kommòs) oppure tra due attori (amoibaios). Stasimi Gli stasimi sono degli intermezzi destinati a separare tra loro gli episodi, destinati ai canti del coro, dove questo commenta, illustra e analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena. Come nella parodo il canto corale è eseguito da tutti gli elementi del coro ed è composto da una serie di coppie strofiche (dette sizigìe) composte ciascuna di una strofe e un'antistrofe, tra le quali esiste una corrispondenza perfetta per quanto riguarda la struttura metrica e il numero di versi. Nel corso del tempo la funzione del coro ai fini dell'azione divenne sempre meno importante, tanto che in alcuni stasimi di Euripide si ha la sensazione che siano dei virtuosismi poetici senza reali collegamenti con la trama. Esodo L'esodo è la parte conclusiva della tragedia, che finisce con l'uscita di scena del coro. Euripide fa spesso uso del deus ex machina, ovvero un personaggio divino che viene calato sulla scena mediante una macchina teatrale per risolvere la situazione quando l'azione è tale che i personaggi non hanno più vie d'uscita.
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