Kabbalah Rivelata - FINALE sino al 4° Capitolo
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Kabbalah Rivelata - FINALE sino al 4° Capitolo
La Kabbalah Rivelata La guida personale per una vita più serena Rav Professor Michael Laitman Introduzione del Professor Ervin Laszlo La Kabbalah Rivelata La guida personale per una vita più serena Indice Ringraziamenti …………………………………………………………………………….. Biografie …………………………………………………………………………………… Introduzione ………………………………………………………………………………. CAPITOLO 1 - LA KABBALAH: PASSATO E PRESENTE …………………………. IL PIANO GENERALE …………………………………………………………………... LA CULLA DELLA SCIENZA …………………………………………………………… Altre vie ………………………………………………………………………………... Le grandi domande …………………………………………………………………….. L’ARRIVO DELLA KABBALAH ………………………………………………………… Il Motore del cambiamento …………………………………………………………….. Prendere il comando …………………………………………………………………… NASCONDERSI, CERCARSI E NON TROVARSI …………………………………….. Tutto è bene ciò che finisce bene ……………………………………………………… L’egoismo è una trappola ……………………………………………………………… LA NECESSITÀ DELL’ALTRUISMO …………………………………………………... Una migliore percezione ………………………………………………………….…… Il momento è arrivato …………………………………………………………….……. RIASSUMENDO …………………………………………………………………………. CAPITOLO 2 – IL PIÙ GRANDE DESIDERIO DEL MONDO …………………… UN TRAMPOLINO PER LA CRESCITA ………………………………………………. Dietro porte chiuse …………………………………………………………………….. Lo sviluppo dei desideri ……………………………………………………………….. CONTROLLARE I PROPRI DESIDERI ……………………………………………….. Un nuovo desiderio in città ……………………………………………………………. Un nuovo metodo per un nuovo desiderio ……………………………………………. Tikùn – la correzione del desiderio di ricevere ………………………………………… RIASSUMENDO …………………………………………………………………………. CAPITOLO 3 – L’ORIGINE DELLA CREAZIONE …………………………………. I MONDI SPIRITUALI …………………………………………………………………… Il pensiero della Creazione …………………………………………………………….. Le Quattro Fasi e la loro Radice ……………………………………………………….. Fase Quattro – desidera ardentemente il Pensiero del Creatore ………………………… LA RICERCA DEL PENSIERO DELLA CREAZIONE ………………………………… LA VIA ……………………………………………………………………………………. L’utilizzo del Massàkh ………………………………………………………………….. Desideri utilizzabili ed inutilizzabili …………………………………………………….. ADAM HA-RISHÒN – L’ANIMA COMPLESSIVA …………………………………….. La grande caduta ………………………………………………………………………. RIASSUMENDO ………………………………………………………………………… CAPITOLO 4 – IL NOSTRO UNIVERSO …………………………………………… LA PIRAMIDE …………………………………………………………………………… LO SCENARIO DELLA VITA ………………………………………………………….. Ciò che è in alto è come ciò che è in basso …………………………………………… SALIRE LA SCALA ………………………………………………………………………. Costruire il Klì ………………………………………………………………………… IL DESIDERIO PER LA SPIRITUALITÀ ……………………………………………………. Fase Quattro – la Fase dell’evoluzione cosciente ……………………………………… RIASSUMENDO ………………………………………………………………………… CAPITOLO 5 – LA REALTÀ DELLA REALTÀ …………………………………….. TRE LIMITI NELLO STUDIO DELLA KABBALAH …………………………………. Primo limite – cosa percepiamo? ……………………………………………………… Secondo limite – dove percepiamo? …………………………………………………… Terzo limite – chi percepisce? …………………………………………………………. PERCEZIONE DELLA REALTÀ ……………………………………………………….. Una realtà inesistente ………………………………………………………………….. Il meccanismo di misura ………………………………………………………………. Il sesto senso ………………………………………………………………………….. Un cammino esiste poiché un desiderio l’ha creato …………………………………… Il Pensiero della Creazione ……………………………………………………………. Reshimòt – ritorno verso il futuro …………………………………………………… RIASSUMENDO ………………………………………………………………………… CAPITOLO 6 – IL DIFFICILE CAMMINO VERSO LA LIBERTÀ ……………… L’OSCURITÀ PRIMA DELL’ALBA ……………………………………………………. Il miglioramento dei mondi in quattro tappe …………………………………………. CONOSCERE I NOSTRI LIMITI ……………………………………………………… Le redini della vita …………………………………………………………………… Cambiare la società per cambiare me stesso ……………………………………………………. I QUATTRO FATTORI ………………………………………………………………… SCEGLIERE L’AMBIENTE ADATTO PER LA CORREZIONE …………………….. Non si tratta di anarchici ………………………………………………………………. LA MORTE INEVITABILE DELL’EGO ……………………………………………….. Il rimedio ………………………………………………………………………………. Le condizioni per la libera scelta …………………………………………………………… REALIZZARE LA LIBERA SCELTA ……………………………………………………. La fede …………………………………………………………………………………. La ragione ……………………………………………………………………………… RIASSUMENDO ………………………………………………………………………….. APPENDICE ……………………………………………………………………………. (1) La storia della Kabbalah …………………………………………………………… (2) Domande frequenti ………………………………………………………………… (3) A proposito di Bnei Baruch ………………………………………………………. Ringraziamenti Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione di questo libro. Innanzitutto, Myriam Drori per tutto il suo sforzo, la sua dedizione ed il suo immenso amore. Martina Koldeweyh, Teresa Grieco e Mino Lacitignola che hanno contribuito, con il loro aiuto e la loro reale devozione, alla realizzazione di questo libro. Rav Michael Laitman Biografie Il Rav Prof. Michael Laitman I l Rav Laitman studia la Kabbalah da più di trent’anni. Ha pubblicato più di 25 libri di Kabbalah e numerosi articoli relativi a scienza e Kabbalah. Nato nel 1946, consegue la laurea in Filosofia presso l’Accademia delle Scienze di Mosca e, in seguito, una Specializzazione in Biocibernetica all’Università di San Pietroburgo. Professore di Ontologia e di Teoria della Conoscenza, è il Fondatore dell’Istituto di Ricerca Ashlag (ARI). È scienziato e ricercatore. È stato allievo ed assistente personale del Rav Baruch Ashlag, figlio di Baal ha-Sulàm (autore del commento al “Libro dello Zohar”), e segue le orme del suo maestro insegnando e diffondendo la saggezza della Kabbalah. Nel 2005, diventa membro del World Wisdom Council, un’organizzazione che riunisce scienziati e personalità pubbliche nello sforzo di risolvere i problemi globali della civilizzazione moderna. Prof. Ervin Laszlo I l Prof. Ervin Laszlo ci ha fatto il grande onore di scrivere l’introduzione di questo libro. È un uomo con un ricco percorso. Filosofo delle scienze e teorico dei sistemi, E. Laszlo è nato nel 1932 a Budapest, in Ungheria. Debutta all’età di 15 anni come pianista a New York. All’età di 30 anni comincia a studiare scienze e filosofia. È titolare del Dottorato di Stato dell’Università della Sorbonne a Parigi, conseguito nel 1970. In seguito, ha ricevuto il titolo di Dottore Honoris Causa in filosofia negli Stati Uniti, in Canada, in Finlandia, in Russia e in Ungheria. Fino ad oggi, ha pubblicato circa 75 libri e più di 400 articoli, ed è anche Editore di World futures: The Journal of General evolution. È stato direttore delle ricerche negli Stati Uniti. Attualmente è consigliere del direttore generale dell’UNESCO, e presiede il Club di Budapest che ha come missione quella di aiutare lo sviluppo di una maggiore attenzione nei valori umani. Come riconoscimento per questa attività ha ricevuto nel 2001 il Trofeo Goi: il Premio Giapponese per la Pace. INTRODUZIONE H o provato un immenso piacere ed onore quando mi è stato chiesto di scrivere l’introduzione del libro del Dr. Laitman: «La Kabbalah rivelata: La guida personale per una vita più serena». L’autore, oltre ad essere un mio caro amico, è ai miei occhi il più importante Kabbalista contemporaneo, ed è anche l’autentico ambasciatore di una saggezza tenuta segreta per ben duemila anni. Ora che la saggezza della Kabbalah sta uscendo completamente allo scoperto, insieme ad altre antiche saggezze, penso che nessun altro meglio di lui sia in grado di spiegare la sua essenza. Nel mondo d’oggi, è significativa l’importanza della Kabbalah come metodo d’insegnamento autentico, per aiutarci a riconquistare la saggezza di cui disponevano i nostri avi e che noi abbiamo dimenticato. Antiche “summae” di conoscenze tornano proprio in quest’epoca, poiché il nostro modo di pensare, convenzionale e meccanico, ha fallito nel portarci la felicità e la stabilità come un tempo aveva promesso. Un proverbio cinese ci ricorda che: «Se non cambiamo rotta, andremo a finire esattamente dove ci stiamo dirigendo». Se questa massima fosse applicata alla società odierna, potrebbe risultarne un disastro. Le variazioni climatiche minacciano di trasformare intere zone del nostro pianeta in deserti non adatti all’agricoltura, che diverrebbero inabitati, poiché non più adatti alla produzione di generi alimentari. La maggior parte delle economie mondiali é sempre meno autosufficiente. A questo si aggiunge l’inquietante diminuzione delle riserve alimentari; inoltre, disponiamo di riserve d’acqua potabile che non sono sufficienti neanche per la metà della popolazione del pianeta. In media, più di 6.000 bambini muoiono ogni giorno a causa della dissenteria dovuta all’inquinamento delle acque potabili. In molti luoghi del mondo, la violenza ed il terrorismo sembrano diventati i soli mezzi possibili per risolvere i conflitti. Di conseguenza, l’insicurezza aumenta nei paesi ricchi come nei paesi poveri. Il fondamentalismo islamico sta dilagando nel mondo musulmano, il neo nazismo ed altri movimenti estremisti ricompaiono in Europa ed il fanatismo religioso prolifera in tutto il mondo. Tutto questo mette in pericolo la nostra esistenza sul pianeta. Il fallimento globale non è una scelta obbligata e, come potrete vedere di seguito nel libro, è possibile perseguire insieme obiettivi comuni di pace e di stabilità. Noi possiamo cambiare la situazione cosicché lo scenario che ne deriverà potrebbe essere molto più ottimistico. I media internazionali e l’industria del divertimento, come anche Internet, potrebbero cercare nuove prospettive, far nascere delle innovazioni culturali e sociali. Così un nuovo criterio del sé e della natura umana emergerebbe anche in Internet, in televisione e nelle forme di comunicazione delle imprese e della società. Nella nostra società, una cultura con uno stile di vita differente e valori responsabili, aiuterebbe ad incoraggiare politiche sociali ed energie alternative. In questo modo verrebbero adottate le misure necessarie per proteggere l’ambiente e per produrre tutto il necessario al fabbisogno della popolazione ed ai sistemi di distribuzione delle risorse; sarebbe così possibile sviluppare ed utilizzare energie alternative e mezzi di trasporto che rispettino l’ambiente, così come nuove tecnologie agricole che siano in simbiosi con la natura. Prendendo questa direzione positiva, i fondi verrebbero utilizzati per sopperire ai bisogni delle popolazioni civili e non verrebbero più destinati alle strutture militari. Incoraggiati da tale sviluppo, sia a livello nazionale che internazionale, diminuiranno notevolmente sia la diffidenza interculturale che i conflitti razziali ed etnici. L’oppressione, le ineguaglianze economiche e la disparità dei sessi saranno risolte grazie ad un mutuo rispetto e ad una reciproca fiducia. La gente e le comunità coopereranno senza difficoltà e formeranno delle società produttive. Invece di inabissarsi nelle guerre e nei conflitti, all’umanità si aprirebbe una via verso un mondo di libertà e di aiuto reciproco, verso un futuro che promette pace, serenità e piena autorealizzazione. Un mondo pacifico e vivibile ci attende, ma, purtroppo per noi, attualmente non stiamo percorrendo la strada giusta. Einstein disse: “I maggiori problemi riscontrati non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero sul quale sono stati creati.” Invece, noi facciamo esattamente il contrario, tentando di combattere il terrorismo, la povertà, la criminalità, la degradazione dell’ambiente, le malattie ed altri “Mali della civilizzazione” con gli stessi metodi con i quali sono stati creati. Tentiamo di rimediare con la tecnologia oppure di prendere dei provvedimenti temporanei. Eppure non abbiamo ancora maturato né la volontà, né la visione necessaria per dar vita ad un cambiamento radicale e duraturo. LA COSCIENZA PLANETARIA Di fronte all’attuale crisi globale, l’umanità è alla ricerca di nuove soluzioni e di nuovi metodi di riflessione ricavati dalle antiche conoscenze, le quali, nonostante siano passati molti anni, hanno ancora una forte influenza. Secondo queste conoscenze, la coscienza planetaria non è una componente puramente secondaria, ma è in realtà la pura essenza della Natura. Quando studiamo questi metodi, realizziamo che questa “nuova” coscienza planetaria, che attualmente stiamo riscoprendo, è in effetti un’antica ed inalterabile coscienza. Siamo abituati a pensare che la coscienza umana classica sia “normale”, ed è quella che noi percepiamo con i nostri cinque sensi. Tutto il resto non è altro che pura immaginazione. La nostra percezione viene limitata lì dove finisce la nostra pelle. Tutte le altre correnti vengono considerate come “New Age”, “Misticismo” o “Esoterismo”. Le idee di appartenenza ad un tutt’uno, al quale tutti noi apparteniamo, così come l’esistenza di un unico contesto che unisce tutti, o anche di un insieme più grande, sono del tutto eccezionali nella storia della civilizzazione. Quando però andiamo a scavare nella storia, ed analizziamo le idee di un tempo, scopriamo che è vero esattamente il contrario. Il nostro modo riduttivo, meccanico e frammentario di pensare, che è stato sviluppato nel mondo occidentale da più di 300 anni, non è la regola, bensì l’eccezione. Diverse culture non sono d’accordo su questo punto. L’occidente stesso non si è conformato a questa visione, se non dopo che il pensiero meccanico si era reso necessario in seguito alla propria applicazione, o meglio, dopo l’errata applicazione della filosofia Newtoniana sulla natura. In altre culture, come del resto anche nel mondo occidentale postmodérno, il pensiero sviluppato era quello dell’appartenenza e dell’unità. La maggior parte delle culture tradizionali rifiuta il fatto che la gente non abbia niente in comune e che i loro interessi coincidano solo per caso. Le fondamenta di tutte le antiche saggezze si basano sul concetto di “Coscienza planetaria”. Questa espressione definisce la presa di coscienza del nostro destino, non solo come esseri umani, ma anche come cittadini di questo pianeta. Se vogliamo mantenere la nostra esistenza e garantire un avvenire migliore e più stabile ai nostri figli ed ai nostri nipoti, dobbiamo incoraggiare una nuova coscienza planetaria. Per poter avanzare, dobbiamo coltivare un modo di vedere le cose che ci permetta di formare una sola grande famiglia universale, attraverso una civilizzazione planetaria. Questa società non dovrebbe avere un'unica cultura rigida dove tutti seguono le stesse idee, oppure dove una persona o uno stato impongono le proprie idee agli altri; al contrario dovrebbe essere un luogo dove ogni persona, in unione con gli altri, contribuisce con le proprie idee allo sviluppo dell’intero sistema, ed alla creazione di una coscienza planetaria dell’umanità. Questa diversità è un elemento fondamentale per l’armonia e la pace. Ogni cultura che è sopravissuta l’ha avuta. Solo l’occidente e le società occidentali l’hanno dimenticata. Il processo di evoluzione tecnologica ed economica ha frammentato la sua integrità ed il “tutt’uno” del sistema. È giunto il momento di ricreare la stabilità. Da quello che ho appreso dagli scritti del Dr. Laitman, la Kabbalah, nella sua forma autentica, non solo incoraggia il concetto del “tutt’uno”, cioè di un’umanità e di un universo integri, ma offre anche soluzioni pratiche per ricostruire quanto è andato perduto. Vi raccomando, con tutto il cuore, di leggere attentamente questo libro, perché, più che procurarvi una cultura generale su questa antica saggezza, vi fornirà la chiave per garantire il benessere del genere umano in questo periodo così travagliato. Dobbiamo affrontare una sfida senza precedenti: accettare un inevitabile peggioramento che condurrà al collasso del nostro mondo, oppure intraprendere la via del progresso, che potrebbe condurci ad un mondo di pace, di armonia e di solida felicità. Ervin Laszlo 1 LA KABBALAH: PASSATO E PRESENTE IL PIANO GENERALE N on è certo un segreto che la Kabbalah non inizi con l’attuale stravaganza moderna dei divi di Hollywood. Essa risale infatti a circa cinquemila anni fa. Quando è apparsa per la prima volta, gli uomini, che erano più vicini alla Natura di quanto non lo siano attualmente, avevano con essa un intimo legame, e tutte le loro relazioni ne erano ispirate. In quei tempi gli uomini non avevano motivi per distaccarsi dalla Natura. Non erano così egocentrici, e nemmeno così separati dall’ambiente naturale come lo siamo oggi. In effetti, l’umanità di una volta era parte integrante della Natura ed intratteneva con essa una relazione reciproca. Per di più, l’umanità non conosceva sufficientemente la Natura tanto da sentirsi al sicuro: ne temeva le forze, e questa paura costringeva gli uomini a trattarla con il rispetto che si porta ad una forza superiore. Tuttavia, quelle stesse persone si sentivano interiormente legate alla Natura, e, anche se ne provavano timore, aspiravano non solo a conoscere meglio il mondo circostante, ma soprattutto a comprendere cosa o chi li governasse. A quei tempi, la gente non poteva ignorare gli avvenimenti della Natura come fa abitualmente ora, e non poteva nemmeno evitare le difficoltà come è possibile fare nel mondo d’oggi. E, cosa ancor più importante, proprio la paura della Natura, unita a quella vicinanza innata che l’umanità provava, ha portato numerose persone a ricercare e scoprire qual è il piano che essa ha per l’umanità intera. I pionieri delle ricerche compiute sulla Natura volevano sapere se Essa seguiva uno scopo, se ve ne fosse stato uno, e quale ruolo aveva l’umanità in questo Piano Generale. Gli individui che avevano raggiunto il livello più alto di conoscenza sul Piano Generale, sono conosciuti come «Kabbalisti». Fra questi pionieri Abramo fu un personaggio unico. Dopo aver scoperto il Piano Generale, egli non fece altro che studiarlo in profondità, e prima di ogni altra cosa voleva insegnarlo agli altri. Aveva compreso che l’unica garanzia contro la miseria e la paura sarebbe stata quella di capire completamente i piani della Natura. Una volta realizzato questo, non risparmiava nessuno sforzo per insegnare a chiunque lo desiderasse. Abramo è stato il primo Kabbalista ad iniziare una dinastia di maestri di Kabbalah. I più degni fra gli allievi divennero i maestri della generazione seguente di Kabbalisti, quelli che passavano la saggezza alle generazioni successive di studenti. I Kabbalisti chiamano l’architetto del Piano Generale con il termine «Creatore» ed il Piano stesso con «il Pensiero della Creazione». In altre parole, è importante sapere che, quando i Kabbalisti parlano della Natura o delle leggi della Natura, si riferiscono al Creatore e viceversa, la parola Creatore è equivalente alla Natura e alle Sue leggi. I due termini sono usati come sinonimi. Una finestra sulla Kabbalah Il termine «Kabbalisti» proviene dalla parola ebraica Kabbalah che vuol dire “ricezione”. Il linguaggio originale della Kabbalah è l’Ebraico, una lingua sviluppatasi specificatamente per i Kabbalisti, perché potessero comunicare sui temi Spirituali. Molti libri di Kabbalah furono scritti anche in altre lingue, ma per la maggior parte in Ebraico. Per un Kabbalista, il termine «Creatore» non significa un’entità soprannaturale distinta, ma il prossimo grado che l’individuo deve raggiungere nella sua ricerca della conoscenza superiore. La parola ebraica per Creatore è Borè, ed è composta da due parole: Bò (vieni) e Rè (vedi). Cosicché, la parola «Creatore» è un invito personale a sperimentare il Mondo Spirituale. LA CULLA DELLA SCIENZA La conoscenza acquisita dai primi Kabbalisti li ha aiutati a comprendere meglio come le cose funzionassero dietro le quinte. Grazie ad essa, sono stati in grado di spiegare i fenomeni naturali accaduti; era dunque naturale che diventassero insegnanti. La conoscenza trasmessa è il fondamento delle scienze antiche e moderne. Forse pensiamo che i Kabbalisti furono delle persone recluse, che vivevano al riparo dagli sguardi, scrivendo libri di magia al lume di una candela. Questo accade perché fino alla fine del ventesimo secolo, la Kabbalah è stata tenuta segreta. I misteri che circondavano la Kabbalah hanno suscitato numerose storie e leggende. Malgrado la maggior parte dei racconti siano inesatti, sconcertano sempre e rendono perplesse anche le persone più rigorose. Una finestra sulla Kabbalah Gottfried Leibniz (1646-1716), grande matematico e filosofo, aveva espresso apertamente il suo parere circa l’influenza della Kabbalah e l’alone di mistero che la circondava: «Visto che l’umanità non possedeva la chiave per scoprire il segreto, la sete di conoscenza si era soffermata su una sorta di superstizione che aveva generato una “Kabbalah volgare”. Tale creazione non ha nulla a che vedere con la vera Kabbalah, perché, sotto falso nome, fu inventata una magia con l’ausilio di fantasie diverse di cui sono pieni i libri.» La Kabbalah non è sempre stata tenuta segreta. I primi Kabbalisti permettevano un facile accesso alle loro conoscenze attraverso l’attività che essi svolgevano nella società. I Kabbalisti erano spesso capi di stato. Il Re Davide è probabilmente stato uno dei migliori esempi di grande Kabbalista, ed era anche un grande leader. Il coinvolgimento dei Kabbalisti nella società aiutava i loro contemporanei a fondare le basi di quella che oggi chiamiamo la “filosofia occidentale” che, più tardi, era destinata a diventare il fondamento della scienza moderna. A questo proposito, Johannes Reuchlin (1455-1522), umanista, proveniente da studi classici ed esperto in lingue antiche e tradizioni, scriveva nel suo libro: De Arte Cabbalistica: «Il mio maestro Pitagora, padre della filosofia, acquisì senza ombra di dubbio la propria saggezza dai Kabbalisti, e fu il primo a tradurre il termine “Kabbalah”, che fino ad allora era sconosciuto ai suoi concittadini, con la parola greca “filosofia”, infatti la Kabbalah non ci permette di vivere la nostra vita nella polvere ma eleva il nostro intelletto alla conoscenza». ALTRE VIE Tuttavia i filosofi non erano Kabbalisti. Non avendo studiato la Kabbalah, non erano veramente in grado di comprenderla fino in fondo. Come risultato, una sapienza che era stata sviluppata e considerata in modo giusto, aveva progredito in maniera sbagliata. Quando la conoscenza Kabbalistica giunse nel resto del mondo, non essendoci Kabbalisti per poterla spiegare, prese una direzione diversa. Così l’umanità subì un’inversione di tendenza. Malgrado la filosofia occidentale incorporasse i contenuti della conoscenza Kabbalistica, il risultato prese una direzione completamente differente. La filosofia occidentale dette luogo a scienze che analizzarono il nostro mondo materiale percepito con i nostri cinque sensi, mentre la Kabbalah è una scienza che studia tutto ciò che va al di là delle nostre percezioni. Questa importante distinzione ha fatto sì che l’umanità prendesse una direzione opposta nei confronti della conoscenza autentica che aveva acquisito dai Kabbalisti. Le conseguenze di questa divisione saranno esaminate nel prossimo capitolo. LE GRANDI DOMANDE La Kabbalah è rimasta nascosta per circa duemila anni per il semplice motivo che nessuno ne sentiva realmente il bisogno. Da sempre l’umanità è stata impegnata nello sviluppo delle religioni monoteistiche, ed in seguito della scienza. Tutte e due furono create per rispondere ai problemi esistenziali dell’uomo: «Che posto occupiamo nel mondo e nell’universo?», «Quale è il senso della nostra vita?» oppure «Perché siamo venuti al mondo?». Ora più che mai, numerose persone sentono che quello che ha funzionato per duemila anni, non risponde più alle attuali esigenze. Le risposte date dalle religioni e dalla scienza non soddisfano più. Questi individui ricercano altrove le risposte relative ai problemi fondamentali sullo scopo della vita. Alcuni si rivolgono agli insegnamenti orientali, alla chiaroveggenza, alla magia ed al misticismo, mentre altri iniziano a studiare la Kabbalah. La Kabbalah è stata concepita per rispondere a domande fondamentali e per questo le risposte che può dare sono direttamente collegate alle persone, perché può far scoprire loro le risposte antiche sul senso della vita. Ci troviamo ora nella fase di correzione della spaccatura fra l’umanità e la Natura, avvenuta quando abbiamo abbandonato la Kabbalah a favore della filosofia. L’ARRIVO DELLA KABBALAH La Kabbalah venne rivelata per la prima volta circa 5.000 anni fa in Mesopotamia, un’antica regione dell’attuale Iraq. La Mesopotamia non è stata solo la culla della Kabbalah, ma anche la culla per tutti gli antichi insegnamenti e misticismi. In quel periodo la gente credeva in diversi insegnamenti, e spesso ne professava anche più di uno nello stesso momento. L’astrologia, la chiaroveggenza, la numerologia, la magia, la stregoneria, l’incantesimo ed il malocchio sono stati sviluppati e poi divulgati nell’antica Mesopotamia, centro culturale del vecchio mondo. Finché le persone sono state soddisfatte dalle proprie credenze, non sentivano il bisogno di cambiamenti. Desideravano allora solo sapere che le loro vite non fossero in pericolo, e cosa convenisse fare per essere felici. Non cercavano di conoscere le origini della vita, e ancor meno chi o cosa ne avesse creato le regole. Non sembra che ci sia una grande differenza, eppure la distinzione fra chiedere una vita migliore e domandarsi da quali leggi essa è costituita, equivale a quella fra imparare a guidare una macchina e l’imparare a costruirla. È tutto un altro livello di conoscenza. IL MOTORE DEL CAMBIAMENTO I desideri non sorgono dal nulla. I desideri si formano dentro il nostro inconscio ed appaiono unicamente quando li possiamo definire, come, per esempio: «vorrei una pizza». All’inizio i desideri non si avvertono ma sono percepiti più come un’agitazione interiore. Abbiamo tutti provato questa sensazione di volere qualcosa, senza sapere precisamente cosa. Si tratta di un desiderio non arrivato ancora a maturazione. Platone disse: «La necessità è la madre dell’invenzione» (La Repubblica II), ed aveva ragione. Nello stesso modo, la Kabbalah ci insegna che l’unica maniera per apprendere qualcosa è di volerlo apprendere. La formula è semplice: «volere è potere». A tal fine, noi investiamo tempo ed energia e sviluppiamo gli strumenti necessari. Concludendo, risulta che il motore trainante del cambiamento è il desiderio. Il modo in cui i nostri desideri si evolvono, definisce e delinea tutta la storia dell’umanità. Lo sviluppo dei desideri umani ha spinto gli uomini a studiare l’ambiente che li circonda, per poter soddisfare le proprie necessità. Al contrario di minerali, vegetali ed animali, gli uomini sono in perpetua evoluzione. Ad ogni generazione, e per tutti noi, i desideri diventano sempre più grandi. PRENDERE IL COMANDO Questo motore di cambiamento chiamato “il desiderio” è composto da cinque livelli, da zero a quattro. I Kabbalisti chiamano questo motore «il desiderio di ricevere piacere» o semplicemente «il desiderio di ricevere». Quando la Kabbalah è apparsa cinquemila anni fa, il desiderio di ricevere si trovava a livello zero. Ai giorni nostri, come potete ben capire da soli, abbiamo raggiunto il livello quattro: il livello più intenso. Nel passato, quando il desiderio di ricevere era a livello zero, i desideri non erano sufficientemente forti per separarci dalla Natura e neppure per dividerci fra di noi. Allora, questa unione con la Natura era un modo del tutto naturale di vivere. La gente non conosceva nessun’altra via e non si rendeva nemmeno conto che poteva essere separata dalla Natura, e tanto meno se lo augurava. Oggi molti sono pronti ad investire somme astronomiche di denaro per partecipare a corsi di meditazione (che non sempre sono efficaci). In effetti, all'epoca, la comunicazione fra l’uomo e la Natura, e fra gli individui in generale, era più che naturale, le parole non erano necessarie e la gente comunicava attraverso il pensiero, come avviene nella telepatia. Allora gli uomini vivevano molto uniti come se fossero una sola nazione. Fu allora che si verificò un cambiamento in Mesopotamia: il desiderio degli individui cominciava a crescere facendoli diventare sempre più egoisti. Volevano modificare la Natura per servirsene a proprio beneficio. Invece di tentare di adattarsi ad essa, volevano cambiarla per soddisfare i loro bisogni. Si evolvevano, ma distaccandosi dalla Natura, così separati e distanti da essa, si allontanavano anche gli uni dagli altri. Oggi, alcuni secoli più tardi, scopriamo che non fu una buona idea, perché le cose non funzionano in maniera così semplice. Dal momento che la gente aveva iniziato ad essere in opposizione con il proprio ambiente e con la società, aveva anche cessato di considerare gli altri come il proprio prossimo, e la Natura come la propria dimora. L'amore ha lasciato lo spazio all'odio e gli individui si sono separati ancor di più fino a distaccarsi gli uni dagli altri. In seguito, la nazione dell'antico mondo si suddivise, all’inizio, in due gruppi; uno si diresse ad est e l'altro ad ovest. Questi due gruppi poi continuarono a dividersi e a frammentarsi, formando così le molteplici nazioni che abbiamo oggi. Uno dei sintomi più evidenti di questa divisione è descritto nella Bibbia con «la caduta della torre di Babele» e la creazione di numerose lingue. Queste ultime separavano la gente e creavano confusione e disordine. La parola ebraica per confusione è Bilbul e, per rappresentare la confusione, la capitale della Mesopotamia ha ricevuto il nome di Babele (Babilonia). Una finestra sulla Kabbalah All'epoca, quando tutto questo Qui Pro Quo accadde, Abramo viveva in Babilonia ed aiutava suo padre a fabbricare delle piccole statue che vendeva nel negozio di famiglia. Ovvio che Abramo si trovasse nel bel mezzo di una confusione di correnti di pensiero che all’epoca prosperavano in Babilonia, la città più moderna dei tempi antichi. Questa confusione spiega la ripetuta domanda che Abramo si poneva, e che lo condusse a scoprire il segreto della Natura: «Chi dirige tutto il mondo?» Quando capì che la confusione e la separazione avevano uno scopo ben preciso, cominciò rapidamente ad insegnare (la legge della Natura) a chiunque fosse pronto per impararla. Da questa separazione, i nostri desideri sono passati dal livello zero al quarto livello e ci troviamo ora a fare i conti con la Natura. Invece di correggere il nostro egoismo, che si sviluppa sempre di più, per restare uniti alla Natura, ovvero al Creatore, abbiamo costruito degli utensili meccanici e tecnologici per proteggerci da essa. La ragione primaria dello sviluppo della scienza e della tecnologia, infatti, era quella di salvare le nostre vite disastrate dai fenomeni della natura. Nel frattempo, il risultato raggiunto è stato che, coscientemente o no, tentiamo di controllare il Creatore e di prendere in mano le redini della situazione. NASCONDERSI, CERCARSI E NON TROVARSI Il livello di egoismo dell'umanità ha continuato a crescere incessantemente, ed ogni volta ci siamo allontanati sempre di più dalla Natura (dal Creatore). Nella Kabbalah, la distanza non si misura né in centimetri, né in metri, ma con le qualità caratteriali. Le qualità del Creatore sono l’essere un tutt’uno con l’universo, l’unione, l’amore e la capacità di donare in assoluto, ma non ci è possibile percepirLo se non abbiamo le Sue stesse qualità. Se siamo concentrati su noi stessi non abbiamo nessuna possibilità di connetterci al mondo intero e di essere altruisti come il Creatore. Sarebbe come cercare di guardarsi negli occhi mentre siamo schiena contro schiena. Più voltiamo le spalle al Creatore, tentando di controllarLo, più ci sentiremo frustrati. Evidentemente non possiamo dominare qualcosa di invisibile e di impalpabile. Questo desiderio non potrà mai essere soddisfatto finché non facciamo un’inversione ad U e guardiamo nell’altra direzione, solo così Lo scopriremo. Sono sempre di più le persone ormai stanche delle promesse dell’era tecnologica: i soldi, la salute e, cosa più importante, un futuro sicuro. Poche sono le persone che hanno raggiunto queste cose, ma anche loro però non hanno la sicurezza di poterle mantenere nel futuro. Nel frattempo, il fatto positivo di questa situazione è che ci costringe a riconsiderare la direzione presa e a chiederci: «È possibile che in tutto questo tempo abbiamo percorso la strada sbagliata?» Oggi dobbiamo ammettere che siamo in crisi, ci troviamo in un vicolo cieco e possiamo quindi ammettere apertamente di percorrere una strada senza via d’uscita. Invece di enfatizzare, con l'aiuto della tecnologia, il nostro approccio egoista, che è in opposizione alla Natura, faremmo meglio a cambiare il nostro egoismo in altruismo e, di conseguenza, unirci alla Natura. Nella Kabbalah, questo cambiamento è chiamato Tikùn (correzione). Realizzare il nostro occultamento con il Creatore, significa riconoscere la spaccatura che è avvenuta fra noi esseri umani cinquemila anni fa. Si chiama “Riconoscere il male”. Non è facile, ma è il primo passo da intraprendere verso una vera vita sana e felice. TUTTO È BENE CIÒ CHE FINISCE BENE Nell’arco di più di 5000 anni, ciascuno dei due diversi gruppi (quello che si diresse ad Ovet, e quello che si diresse ad Est) si è consolidato in Mesopotamia, e così si sono evolute differenti civilizzazioni da popoli diversi. Per quanto riguarda gli appartenenti al primo gruppo, essi provenivano dalla “civilizzazione occidentale”, mentre gli altri dalla “civilizzazione orientale”. L'aggravarsi della spaccatura fra le due civilizzazioni riflette il culmine di un processo che è cominciato allo scoccare della prima divisione. Cinquemila anni fa un’unica nazione si è divisa perché il crescente egoismo ha separato il suo popolo. Ora è venuto il momento per questa “nazione”, chiamiamola umanità, di riunirsi e di tornare ad essere una sola nazione. Tutti noi siamo sempre sul punto di rottura, lo stesso di tanti anni fa, solo che oggi ne siamo più consapevoli. Secondo la saggezza della Kabbalah questo collasso delle culture ed il risorgere delle credenze mistiche, numerose nell’antica Mesopotamia, ha segnato l'inizio del cammino dell’umanità verso una nuova civilizzazione. Ai giorni nostri cominciamo a realizzare che siamo tutti connessi e che siamo tenuti a ricostruire lo stato che precedeva questa spaccatura. Ricostruendo un'umanità unita, noi ristabiliremo allo stesso tempo anche il nostro legame con la Natura, con il Creatore. L’EGOISMO È UNA TRAPPOLA Ai tempi in cui il misticismo fioriva, la saggezza della Kabbalah veniva riscoperta ed era in grado di spiegare il crescente aumento del nostro egoismo. I Kabbalisti ci insegnano che ogni cosa esistente serve per soddisfare un desiderio della persona. Quando i desideri sono egocentrici, non possono essere soddisfatti in modo naturale. Ciò dipende dal fatto che una volta soddisfatto il desiderio, lo stesso si annulla e dopo che il desiderio sparisce il piacere fa altrettanto. Pensate al vostro piatto preferito. Ed ora, immaginatevi dentro ad un bel ristorante da intenditori, comodamente seduti ad un tavolo con camerieri gentili che vi portano piatti prelibati. Sembra tutto così buono! E che buon profumo!!! Potete già immaginarvi il sapore, vero? Il vostro corpo sì, questo è il motivo per il quale vi viene l’acquolina in bocca al solo pensiero di gustarvi queste squisitezze. Ma dal primo boccone il piacere diminuisce. Prima l’appetito, e poi il piacere, se ne vanno mangiando e, finalmente, quando siete sazi, non provando più il piacere iniziale derivante dal cibo, vi fermate. Non smettete di mangiare perché siete soddisfatti, ma perché il vostro stomaco è pieno, e non è più in grado di gustare le pietanze. Questa è la trappola dell'egoismo: una volta ottenuto l'oggetto desiderato, non lo volete più. Tuttavia non possiamo vivere senza il piacere, per cui siamo obbligati a ricercare sempre nuovi piaceri, e sempre più grandi. Questa ricerca di piaceri nuovi finirà puntualmente con un’altra delusione e così via. È un circolo vizioso. È facile, più desideriamo, più ci sentiamo vuoti, e per questo la nostra frustrazione aumenta. Oggi, poiché ci troviamo di fronte al più alto livello del desiderio, il più intenso della storia, ci sentiamo ancora più insoddisfatti di prima, nonostante disponiamo di mezzi maggiori dei nostri genitori e dei nostri nonni. Il contrasto fra quello che abbiamo, da una parte, e la nostra crescente insoddisfazione, dall'altra, è l'essenza della crisi che dobbiamo affrontare. Più diventiamo egoisti, più ci sentiamo svuotati e più la nostra frustrazione peggiora. LA NECESSITÀ DELL’ALTRUISMO Una volta eravamo tutti legati interiormente. Sentivamo e pensavamo come un solo essere umano, e la natura ci trattava nello stesso modo. Questo essere umano “collettivo” si chiamava Adamo dalla parola ebraica «Domè» (simile), che significa simile al Creatore, che è Uno ed Intero. Tuttavia, a dispetto di questo nostro legame iniziale, abbiamo perso progressivamente la sensazione nella misura in cui il nostro egoismo cresceva, e ci siamo allontanati sempre di più gli uni dagli altri. I libri della Kabbalah dicono che, secondo il piano della Natura, il nostro egoismo deve crescere continuamente finché realizzeremo che siamo così separati dagli altri, da arrivare a provare odio reciproco. La logica dietro questo piano sta nel fatto che dovevamo prima sperimentare cosa vuol dire essere una sola entità, che in seguito si separa in più individui egoisti. Solo allora avremmo realizzato di essere in totale opposizione al Creatore, e completamente egoisti. Del resto, era l'unico mezzo per noi di comprendere che l’egoismo è negativo, non appagante e senza speranza. Come abbiamo detto precedentemente, il nostro egoismo ci separa dagli altri e dalla Natura. Prima di iniziare un cambiamento dobbiamo ammettere che è necessario. Questo ci porterà a realizzare che vogliamo un cambiamento, e che troveremo dentro di noi la via per diventare altruisti, ricollegandoci all’intera umanità, alla Natura ed al Creatore. Dopo tutto, e l’abbiamo già detto, il desiderio è il motore del cambiamento. Una finestra sulla Kabbalah Il Kabbalista Yehuda Ashlag ha scritto che l’arrivo e la scomparsa della «Luce Superiore» all’interno del desiderio rendono il recipiente adatto alla sua funzione: essere altruista. In altre parole, se vogliamo percepire l'unione con il Creatore, dobbiamo prima unirci a Lui e poi sperimentare la perdita di questo legame. La conoscenza di questi due stati farà sì che saremo in grado di scegliere tramite la nostra coscienza, e la coscienza è necessaria per una reale unità. Possiamo paragonare questo processo ad un bambino che nella sua infanzia dipende dai genitori, poi nell’adolescenza si ribella ed una volta adulto li comprende e giustifica la loro educazione. L’altruismo non è una libera scelta. Ci sembra che possiamo scegliere semplicemente se essere egoisti o altruisti. Osservando la Natura vediamo che l'altruismo è una legge fondamentale dell'esistenza. Per esempio, ogni cellula dell'essere umano è nella sua essenza egoista, per mantenersi in vita però deve rinunciare al proprio nutrimento per il benessere di tutto il corpo, assicurando così sia la propria sopravvivenza che quella del corpo. Dobbiamo sviluppare un legame con gli altri: più saremo in grado di essere uniti, e più saremo in grado di sentire l’eternità della vita del Sistema di Adamo, invece del semplice passare della nostra esistenza materiale. Specialmente oggi, l'altruismo è diventato essenziale per la nostra sopravvivenza. È evidente che siamo tutti in collegamento e reciprocamente dipendenti. Questa dipendenza fa nascere una nuova e precisa definizione dell'altruismo. Ogni atto ed ogni intenzione proveniente da un bisogno di collegare l'umanità in una grande entità, è considerato altruismo; viceversa ogni atto o intenzione che non è diretto verso l’unione dell'umanità, viene considerato egoismo. La nostra opposizione alla Natura è la sorgente di tutte le sofferenze esistenti. Tutti gli organismi della Natura come i minerali, le piante e gli animali, seguono istintivamente le leggi altruistiche della natura, solo il comportamento umano è contrario alla Natura ed al Creatore. Per di più, la sofferenza che vediamo intorno a noi non è solo un problema nostro, le nostre azioni non corrette toccano tutte le altre parti della Natura. Ogni elemento nella Natura segue istintivamente questa mutua legge, solo l'uomo non lo fa, l’uomo è dunque l’unico elemento corrotto della Natura. In altri termini, se correggessimo il nostro egoismo in altruismo, tutto il resto seguirebbe la correzione ed i problemi come l’inquinamento, la fame nel mondo, le guerre e tutte le difficoltà, sparirebbero dalla società. UNA MIGLIORE PERCEZIONE L'altruismo racchiude in sé un prezioso regalo. In apparenza sembrerebbe che il solo cambiamento consista nel mettere i desideri e le necessità degli altri davanti ai nostri, in realtà però, per noi si verificherebbe un beneficio ben più importante. Pensando agli altri noi diventeremmo un tutt’uno con loro e loro con noi. Provate ad immaginare la cosa in questo modo: vi sono quasi 7 miliardi di persone sulla faccia della terra. Cosa succederebbe se noi al posto di avere due braccia, due gambe ed un cervello che li controlla, avessimo quattordici miliardi di braccia e gambe e 7 miliardi di cervelli? Quest’idea suona piuttosto strana, vero? Beh, non necessariamente, poiché, se tutte queste membra funzionassero come se fossero un solo organo, l'umanità agirebbe di conseguenza come un solo corpo le cui capacità sarebbero moltiplicate per 7 miliardi. Oltre a diventare un super uomo, ogni persona, diventando altruista, riceverebbe il più grande regalo che si possa immaginare: un’infinita conoscenza delle cose, il ritorno della memoria arcaica ed una grande saggezza. Poiché l'altruismo è la natura del Creatore, acquisire questa qualità ci permetterebbe di eguagliare la nostra natura alla Sua e cominceremmo così a pensare come Lui. Potremmo acquisire il controllo su tutti i fenomeni, capire perché essi si verificano e, se necessario, trovare il modo per farli accadere in maniera differente. Nella Kabbalah questo stato si chiama «L’uguaglianza della forma», e questo è lo scopo della Creazione. Questo stadio di percezione ottimale, e di armonia della forma, è la ragione per la quale siamo stati creati, uniti e poi frammentati, per permetterci in seguito di riunirci nuovamente. Nel momento della riunione noi impariamo per quale motivo la Natura abbia agito in questo modo, scoprendo così che fu il Pensiero della Creazione a creare la Natura. Uniformandoci alla Natura ci sentiremo come Lei: eterni e perfetti. In questo stadio neppure la morte del corpo sarà in grado di impedirci di continuare a vivere nella natura eterna. La vita materiale e la morte non ci influenzeranno più, poiché la nostra antica percezione egocentrica sarà rimpiazzata da una percezione completa ed altruista. Le nostre vite diverranno le vite dell’intera Natura. IL MOMENTO È ARRIVATO Il Libro dello Zohar, “l’opera chiave” della Kabbalah, è stato scritto circa 2.000 anni fa. E già duemila anni fa l’autore scriveva che, alla fine del ventesimo secolo, l'egoismo dell'umanità avrebbe raggiunto i suoi massimi livelli. Come abbiamo già detto precedentemente, più il nostro desiderio diventa grande e più la sensazione di vuoto interiore cresce. Questo è il motivo per cui alla fine del ventesimo secolo gli uomini hanno conosciuto un periodo di depressione senza precedenti. Il Libro dello Zohar dice che, quando tale vuoto arriverà, l'umanità dovrà trovare un metodo per curarlo e per aiutare tutti ad essere felici. Nello Zohar è scritto che è giunto il tempo per presentare la Kabbalah all’intera umanità, come soluzione per ottenere la felicità grazie alla fusione con la Natura. Il processo per l’ottenimento della gioia, «Tikùn», non avverrà in un batter d’occhio, e di sicuro non per tutti nello stesso momento. Una persona deve volerlo per fare accadere il Tikùn. È un processo che si evolve in parallelo alla propria volontà. La correzione comincia nel momento in cui una persona realizza che la sua natura egoista è la causa dei suoi mali. È un cammino molto personale ed intenso, ma che porta inevitabilmente a voler cambiare: a passare dall’egoismo all'altruismo. Come già detto, il Creatore ci tratta come un unico solo essere. Abbiamo provato a raggiungere i nostri obiettivi in modo egoistico, ed oggi stiamo scoprendo che i nostri problemi non saranno risolti se non in modo collettivo e disinteressato. Più diverremo coscienti del nostro egoismo, e più saremo in grado di servirci del metodo della Kabbalah per cambiare la nostra natura. Non siamo stati in grado di farlo quando la Kabbalah è apparsa per la prima volta, ma ora è giunto il momento di farlo perché sappiamo di averne bisogno. Questi ultimi 5.000 anni dell'evoluzione umana sono stati accompagnati da una serie di tentativi e di metodi in cui é stato esaminato il processo dei piaceri raggiunti, la disillusione che essi hanno provocato ed il relativo abbandono per i piaceri successivi. I metodi vanno e vengono, ma non siamo diventati più felici. Ora che appare il metodo della Kabbalah, il cui scopo è di correggere il più alto dei livelli dell'egoismo, non dobbiamo più intraprendere il cammino che ci porta alla disillusione. Se iniziamo a correggere il nostro egoismo con la Kabbalah, tutte le altre correzioni seguiranno come in una reazione a catena. Al momento della correzione saremo in grado di sentire un grande piacere, una grande ispirazione ed una gioia immensa. RIASSUMENDO La saggezza della Kabbalah (la saggezza della ricezione) apparve per la prima volta 5.000 anni fa, quando gli uomini cominciarono a domandarsi quale fosse lo scopo della loro vita. Coloro che la studiavano furono chiamati «Kabbalisti», essi avevano le risposte sulle domande essenziali e sul ruolo dell'umanità nell'universo. Tuttavia, in quell’epoca i desideri della maggioranza delle persone erano molto piccoli per potere aspirare ad una maggiore conoscenza. Quando i Kabbalisti videro che l'umanità non aveva più bisogno della saggezza, iniziarono a nasconderla, serbandola in segreto e aspettando il momento in cui tutti fossero stati pronti per essa. Nel frattempo, l'umanità intraprendeva altre strade come la religione e la scienza. Oggigiorno un numero sempre crescente di persone è convinto che la religione e la scienza non siano in grado di dare delle risposte agli interrogativi più profondi ed hanno iniziato a cercare altrove. Questa è la ragione per cui (la Kabbalah) appare oggi, essa, infatti, risponde a tutte le domande essenziali sull’esistenza in questo universo. La Kabbalah ci insegna che la Natura non è altro che un sinonimo del Creatore: globale, altruista ed omnicomprensiva. Essa ci spiega che non solo è necessario comprendere la Natura, ma è anche essenziale fondere questo metodo di esistenza con la nostra vita. La Kabbalah afferma che, se ci mettessimo in armonia con la Natura, potremmo capire il Pensiero profondo che si cela dietro ad essa: il Piano Generale. La Kabbalah afferma infine che la comprensione di questo piano generale ci permetterà di diventare uguali al Creatore e quindi di realizzare lo scopo della Creazione: diventare un tutt’uno con il Creatore. 2 Il Più Grande Desiderio del Mondo D opo aver letto tutto ciò che c’è da sapere sulle origini della Kabbalah, vedremo ora in che cosa la Kabbalah stessa consiste. Come molti di noi già sanno, lo studio della Kabbalah comprende molti termini in lingua straniera. Gran parte delle parole provengono dall’ebraico, alcune sono in aramaico ed altre in greco. La buona notizia è che sia i principianti che gli studenti di livello più avanzato, potranno progredire benissimo anche conoscendo solamente alcuni di questi termini. Malgrado essi rappresentino degli stati Spirituali, sperimentando questi livelli, gli allievi ne scoprono i nomi corretti. La Kabbalah parla dei desideri e di come soddisfarli. Essa ha studiato l’anima dell’uomo e la sua relativa crescita, dal suo modesto inizio arrivando fino allo stato di un seme Spirituale, per poi giungere al suo apice: l’Albero della Vita. Una volta acquisiti i punti essenziali, tutto il resto si apprende direttamente con il proprio cuore. UN TRAMPOLINO PER LA CRESCITA Riprendiamo ora quello che è stato detto alla fine del primo capitolo. Abbiamo detto che tutto potrebbe essere meraviglioso se fossimo in grado di usare diversamente il nostro egoismo, unendoci agli altri per formare una sola entità spirituale. Ma quando ci guardiamo intorno, possiamo chiaramente vedere che non siamo destinati ad un futuro positivo. Siamo vicini ad un collasso della peggior specie! Anche se questo per ora non ha influito direttamente su di noi, nessuno ci garantisce che un domani non ne saremo colpiti. Infatti questo collasso ha lasciato tracce in tutte le sfere, nella nostra vita personale e nella società come anche nella natura. Un collasso del genere non è di per se negativo ma serve per indicare che è stato raggiunto un punto di non-ritorno e che è ora di passare ad una nuova fase. La democrazia, la rivoluzione industriale, la liberazione della donna e la fisica quantistica sono le conseguenze dei vari collassi che hanno toccato le diverse sfere. In verità, tutto quello che oggi esiste non è altro che la conseguenza di una precedente crisi. La crisi attuale non è molto differente da quelle precedenti, è solamente molto più intensa e tocca il mondo intero. Ciò nonostante, come tutte le crisi, può essere un’opportunità di cambiamento, un trampolino di lancio per la crescita. Optando per la scelta giusta, le nostre problematiche potrebbero semplicemente sparire. Potremmo senza difficoltà fornire alimenti, acqua potabile ed una casa alle popolazioni di tutto il mondo. Potremmo stabilire una pace duratura a livello mondiale e rendere questo pianeta prospero e dinamico. Ma per far sì che tutto questo avvenga dobbiamo volerlo e scegliere ciò che la Natura vuole che noi si scelga: l’unione al posto della separazione. Allora perché non scegliere l’unione? Perché questa distanza fra di noi? Più progrediamo e arricchiamo le nostre conoscenze e più ci distacchiamo gli uni dagli altri. Sappiamo costruire navi spaziali, robot invisibili ad occhio nudo ed abbiamo quasi terminato la ricerca sulla struttura genetica del DNA. Ma, nonostante tutto questo, non abbiamo imparato ad essere felici, perché? Studiando la Kabbalah, vediamo che essa ci guida nel riconoscere la causa di tutte le cose. Prima di darci una qualunque risposta, ci dice perché ci ritroviamo nello stato attuale. Una volta riconosciuta la causa profonda della nostra situazione, non avremo quasi più bisogno di essere guidati per avanzare. Con questo spirito, e guardando tutto quello che abbiamo appreso sinora, forse scopriremo perché non abbiamo ancora trovato la chiave della felicità. DIETRO PORTE CHIUSE L’uomo... se non è stato educato abbastanza oppure se è stato educato in modo malato, risulta essere la creatura più selvaggia tra gli esseri terreni. - Platone (Le Leggi) La conoscenza è sempre stata considerata come un privilegio per pochi. Lo spionaggio non è un’invenzione dei tempi moderni ma è sempre esistito. La sua esistenza è sempre stata legata al bisogno di possedere la conoscenza, la sola domanda è: chi aveva bisogno di conoscere? Nel passato, le persone che detenevano la conoscenza erano chiamate «Saggi», e questa sapienza riguardava i segreti della Natura. Questi saggi nascondevano ermeticamente le loro conoscenze, temendo che potessero cadere nelle mani sbagliate. Come si decide chi merita di sapere? Il fatto di possedere informazioni esclusive dà il diritto di tenerle nascoste? Nessuno vuole sentirsi dire che non è degno di sapere, siamo tutti in cerca di informazioni, anche di quelle non accessibili. Non è sempre stato così. Molti anni fa, prima che l’egoismo avesse raggiunto il suo livello più alto, la gente si preoccupava del bene altrui prima ancora di pensare alla propria persona. Le persone si sentivano appartenenti alla Natura e all’intera umanità oltre che vicine a sé stesse. Questo era il modo più naturale di esistere. Oggigiorno però le nostre considerazioni sono cambiate radicalmente: pensiamo di avere il diritto di sapere tutto e di fare tutto. Questo è quanto il nostro livello di egoismo ci ordina sistematicamente. In effetti, prima ancora che l’umanità raggiungesse il quarto grado del desiderio, gli intellettuali avevano cominciato a vendere le loro conoscenze in cambio di profitti materiali come il danaro, le onorificenze e il potere. Con l’aumento delle tentazioni di carattere materiale, la gente non era più in grado di conservare un tipo di vita modesto e di consacrarsi completamente alle ricerche sulla Natura. Gli intellettuali hanno cominciato invece ad utilizzare la loro conoscenza al solo scopo di raggiungere piaceri materiali. Oggi, con l’avanzamento della tecnologia e l’intensificazione del nostro egoismo, il cattivo impiego del sapere è diventato l’unica moneta corrente, a tal punto che più la tecnologia progredisce e più diventiamo pericolosi per noi stessi e per l’ambiente. Più siamo potenti e più siamo tentati di servirci del nostro potere per ottenere tutto ciò che vogliamo. Come detto precedentemente, il desiderio di ricevere ha quattro gradi di intensità, più diventa forte e più noi scendiamo in basso, sia moralmente che socialmente, ed è per questo che non ci dobbiamo meravigliare se il mondo peggiora sempre più. Oramai riusciamo a capire meglio l’intenzione dei saggi quando ritenevano giusto celare la propria saggezza, oggi, invece, il loro egoismo è cresciuto a tal punto da svelarla. Senza un cambiamento la nostra conoscenza ed il progresso tecnologico non ci verranno in aiuto, al contrario, non faranno che produrre sofferenze ancora più grandi di quelle già esistenti. È veramente ingenuo da parte nostra credere che attraverso le invenzioni scientifiche si possa avere una vita migliore. Se vogliamo un futuro più promettente, dobbiamo solamente cambiare noi stessi. LO SVILUPPO DEI DESIDERI L’affermazione che la natura umana è egoista non farà di certo apparire grossi titoli sui giornali. Comunque, poiché siamo naturalmente egoisti, tutti senza eccezione, siamo inclini a far cattivo uso del sapere. Questo non significa necessariamente che siamo pronti a commettere un crimine avvalendoci delle nostre competenze, ma può invece accadere che utilizziamo le nostre conoscenze nella maniera sbagliata, soprattutto nelle piccole cose della vita quotidiana, come ottenere una promozione professionale immeritata, oppure creare dei problemi al nostro migliore amico. La vera novità a proposito dell’egoismo è che non è la natura umana ad essere egoista, ma «Siamo noi ad esserlo». La prima volta che veniamo a contatto con il nostro egoismo viviamo un’esperienza che ci fa riflettere molto e che, per di più, non è particolarmente piacevole. Esiste un valido motivo alla costante evoluzione del nostro desiderio di ricevere. Tra poco affronteremo quest’argomento; per il momento, invece, concentriamoci sul ruolo svolto da questa evoluzione nel processo di acquisizione del sapere. Quando nasce un nuovo desiderio si creano nuove esigenze e, quando cerchiamo di soddisfare queste nuove esigenze, sviluppiamo e miglioriamo il nostro intelletto. In altre parole, è la stessa evoluzione del desiderio di ricevere piacere che poi crea l’evoluzione. Una finestra sulla Kabbalah Il primo livello del desiderio comprende i principali desideri fisici, come i bisogni alimentari, le relazioni sessuali, la famiglia e la casa. Sono i desideri più elementari, che accomunano tutti gli esseri viventi. Ma, a differenza del primo livello del desiderio, tutti i livelli successivi sono esclusivamente umani e provengono dalla società umana stessa. Il secondo livello comprende il desiderio di arricchimento, il terzo comprende il desiderio di ricevere onori, gloria e potere, il quarto livello invece include il desiderio per la conoscenza. Uno sguardo alla storia dell’umanità per quanto riguarda l’evoluzione dei desideri, permette di vedere come questi crescenti desideri abbiano generato ogni concetto, scoperta ed invenzione. Ogni novità è sempre servita a soddisfare il nostro bisogno ed è sempre nata dal nostro desiderio. Felicità o infelicità, piacere o sofferenza, dipendono dal grado di appagamento dei nostri bisogni, malgrado la soddisfazione esiga degli sforzi. Oggi come oggi siamo guidati a tal punto dai nostri piaceri che, come dice il Kabbalista Yehuda Ashlag, «Nessuno può compiere il minimo movimento senza che vi sia una motivazione». Egli fornisce il seguente esempio: «Quando, per esempio, una persona sposta la propria mano dalla sedia per posarla sul tavolo, lo fa solo perché pensa che mettendo la mano sul tavolo, proverebbe maggior piacere. Se non la pensasse in questo modo, lascerebbe la mano sulla sedia per il resto della sua vita.» Nel precedente capitolo, abbiamo detto che l’egoismo è un vicolo cieco. In altre parole, l’intensità del piacere dipende da quella del desiderio. Quando la soddisfazione aumenta, il desiderio diminuisce esponenzialmente e, se il desiderio viene a mancare del tutto, anche il piacere sparisce. Sembrerebbe che per godere di una cosa, non dobbiamo solamente volerla, ma dobbiamo continuare ad aspirare ad essa, altrimenti il piacere scomparirebbe. Inoltre, il piacere non appartiene all’oggetto del desiderio ma risiede dentro colui che ricerca il piacere stesso. Per esempio: se amo il tonno, ciò non significa che il tonno mi arrechi del piacere in se stesso, ma che il piacere, sotto “forma” di tonno, esiste in me. Domandate dunque ad una mucca se apprezza la propria carne, non credo che vi risponderebbe in modo affermativo. Potremmo ingenuamente chiederle: «Perché non ti apprezzi? Quando ti mangio sei talmente buona... e tu sei composta di tanta carne! Al tuo posto sarei in paradiso.» Naturalmente sappiamo che si tratta di un dialogo irreale e non giusto, la mucca infatti non parla, e sappiamo anche per istinto che essa non può apprezzare la propria carne, al contrario degli esseri umani. Perchè amiamo mangiare la carne della mucca? Perché la desideriamo. La mucca non prova il piacere della propria carne poiché non la desidera. Il desiderio di ricevere il piacere da un oggetto si chiama Klì (recipiente) e la ricezione del piacere dentro il Klì si chiama Ohr (Luce). Il concetto di Klì e di Ohr è indiscutibilmente il più importante nella saggezza della Kabbalah. Se sei in grado di costruire un Klì, un recipiente per il Creatore, puoi ricevere la Sua Luce. CONTROLLARE I PROPRI DESIDERI Ora che sappiamo che i desideri generano il progresso, vediamo come ce ne siamo serviti nel corso della storia. Per lo più abbiamo avuto due modi di manipolare i desideri: 1) Trasformare il desiderio in un’abitudine, “addomesticarlo” e controllarlo facendolo diventare una routine quotidiana; 2) Sminuire il desiderio e sopprimerlo. La maggior parte delle religioni si servono del primo metodo, “accentuando” ciascuna azione con una ricompensa. Per invogliarci a fare ciò che viene considerato come un bene, i nostri parenti ed il nostro ambiente ci ricompensavano con una reazione positiva ogni qualvolta agivamo “correttamente”. Crescendo, le ricompense sono progressivamente venute meno, ma le nostre azioni, ormai diventate un’abitudine, si sono impresse nei nostri spiriti come “gratificazioni”. Quando siamo abituati ad una cosa, questa cosa diventa ai nostri occhi una seconda natura. Quindi, ogni azione intrapresa seguendo la nostra natura genera in noi un senso di benessere, qualcosa che ci fa sentire bene con noi stessi. Il secondo modo di gestire i nostri desideri – sminuendoli – viene principalmente utilizzato dalle filosofie e dagli insegnamenti orientali. Questo approccio segue una regola molto semplice: è preferibile non volere piuttosto che volere e non avere, dalle parole di Lao-tzu (604 a.C. – 531 a.C.) in «Manifestare l’essenziale, abbracciare la semplicità, ridurre l’egoismo, avere pochi desideri» (The Way of Lao-tzu). Per anni ci è sembrato di essere riusciti a gestire i desideri grazie a questi due metodi; anche se non abbiamo veramente ottenuto quello che cercavamo (sempre per la legge della ricezione: quando hai quello che vuoi, non lo vuoi più), il perseguimento in se stesso è stato gratificante. Ogni volta che un nuovo desiderio emergeva, credevamo anche che quella sarebbe stata la volta buona che avrebbe soddisfatto le nostre aspettative. Abbiamo conservato la speranza finché abbiamo continuato a sognare; dove c'è speranza c'è vita, malgrado i sogni non vengano realizzati. Ora che i nostri desideri sono cresciuti, è diventato estremamente difficile soddisfarli con sogni non realizzati, con un Klì (recipiente) vuoto, privato della soddisfazione alla quale era stato destinato. E così i due metodi – la manipolazione dei desideri e la loro diminuzione – vanno ormai incontro solo ad una sconfitta più grande. Se non saremo in grado di diminuire i nostri desideri, non avremo altra scelta che cercare una via per soddisfarli. Arrivati a questo punto, possiamo scegliere di abbandonare gli antichi metodi oppure cercare di integrarli con un nuovo metodo di ricerca. UN NUOVO DESIDERIO IN CITTÀ Abbiamo detto che esistono quattro gradi nel desiderio di ricevere: a) i desideri fisici per nutrirsi, riprodursi e fondare una famiglia; b) il desiderio per la ricchezza; c) il desiderio per il potere e il rispetto (alcune volte separati in due gruppi); d) il desiderio per la conoscenza. I quattro gradi sono a loro volta suddivisi in due gruppi: 1) grado uno: i desideri primari, condivisi da tutte le creature viventi; 2) gradi due, tre e quattro: sono desideri umani, i quali esistono unicamente nell'uomo. Quest'ultimo gruppo ci ha portato all’attuale situazione. Tuttavia, ai giorni nostri esiste un nuovo desiderio: il quinto stadio dell'evoluzione del desiderio di ricevere. Come già detto nel precedente capitolo, Il Libro dello Zohar annunciava che alla fine del ventesimo secolo sarebbe apparso un nuovo desiderio. Esso non è semplicemente un nuovo desiderio, bensì rappresenta il culmine di tutti i livelli dei desideri precedenti. Non è solamente il desiderio più potente, ma incorpora delle caratteristiche così uniche che lo differenziano da tutti gli altri. Quando i Kabbalisti parlano del cuore non intendono il cuore fisiologico, ma i desideri dei primi quattro gradi. Il quinto grado del desiderio ha un’essenza diversa, infatti ottiene soddisfazione solamente attraverso la Spiritualità e mai dalle cose materiali. Questo desiderio è la radice della crescita Spirituale che ciascuno di noi dovrà sperimentare. Per questo motivo i Kabbalisti lo chiamano «il punto nel cuore». UN NUOVO METODO PER UN NUOVO DESIDERIO Quando il «punto nel cuore» appare, una persona inizia a sostituire i propri piaceri materiali (sesso, danaro, potere e conoscenza) con i piaceri Spirituali. Essendoci un nuovo desiderio da soddisfare, diventa per noi necessario trovare un nuovo metodo per produrre tale effetto: ovvero “la saggezza della Kabbalah” (la saggezza per imparare a ricevere). Per comprendere questo nuovo metodo, vediamo la differenza esistente fra la saggezza della Kabbalah, dove lo scopo principale è soddisfare il desiderio di Spiritualità, e gli altri metodi, i quali servono solo a soddisfare i desideri più materiali. Per ciò che riguarda i desideri più terreni possiamo definirli senza difficoltà: se abbiamo fame cerchiamo di mangiare e se vogliamo essere rispettati ci comportiamo in modo da guadagnarci il rispetto altrui. Invece, non sapendo esattamente cosa sia la Spiritualità, né tanto meno come fare per raggiungerla, spesso, al principio, non realizziamo che quello che veramente vogliamo è scoprire il Creatore, e di conseguenza non comprendiamo che dovremmo trovare un nuovo metodo per ricercarLo. Questo desiderio è talmente differente da quelli provati in precedenza che ci appare poco chiaro, soprattutto perché, quando ne facciamo la scoperta, e in seguito desideriamo soddisfarlo, abbiamo la necessità di una saggezza che per millenni è stata occultata. Finché volevamo solamente il cibo, un buono stato sociale e al massimo un po’ di conoscenza, non avevamo bisogno della Saggezza occulta, non ci sarebbe stata utile, perciò è rimasta occulta. Tanto più che la sua dissimulazione non significa che sia stata del tutto abbandonata; al contrario, per cinquemila anni i Kabbalisti l'hanno raffinata e migliorata in previsione dell'epoca nella quale la gente avrebbe riscoperto questa necessità. Hanno scritto libri sempre più semplici per permettere alla Kabbalah di essere sempre più comprensibile ed accessibile a tutti. Essi sapevano che nel futuro il mondo intero ne avrebbe avuto bisogno, scrivevano che tutto questo si sarebbe avverato nel momento in cui il quinto livello del desiderio sarebbe apparso. D’ora in avanti questo sarà il caso di coloro che si identificano provando il bisogno della saggezza della Kabbalah. Secondo la terminologia Kabbalistica, per ricevere il piacere bisogna disporre all’interno del contenitore «Klì» di un desiderio ben definito per ottenere un particolare piacere. L’immaginazione di un Klì costringe il nostro spirito a ricercare un mezzo per riempirlo con la Luce (Ohr). Ora che molti di noi hanno «il punto nel cuore», la saggezza della Kabbalah si presenta come un metodo per soddisfare il nostro desiderio di Spiritualità. TIKÙN – LA CORREZIONE DEL DESIDERIO DI RICEVERE Abbiamo già visto che il desiderio di ricevere si presenta come un vicolo cieco: quando ricevo quello a cui tanto aspiravo, perdo quasi immediatamente la voglia di averlo e, chiaramente senza volerlo, mi accorgo di non poter più ricavare da ciò alcun piacere. Per evitare questo trabocchetto il desiderio per la Spiritualità arriva con un suo proprio meccanismo predeterminato. Questo meccanismo unico si chiama Tikùn (correzione). Un desiderio importante del quinto grado, prima di poter essere usato efficacemente e con piacere, deve essere prima di tutto “rivestito” del Tikùn. La comprensione del Tikùn metterà in chiaro numerosi fraintendimenti associati alla Kabbalah. Il desiderio di ricevere è stato la forza motrice di tutti i progressi e di tutti i cambiamenti nella storia dell'umanità. Tuttavia il desiderio di ricevere è sempre stato pronto a ricevere il piacere per pura auto gratificazione. Certamente nulla di male avviene a chi desidera il piacere, ma l'intenzione di soddisfare i nostri interessi personali per appagare il nostro ego, ci mette in opposizione alla Natura, al Creatore. Ecco perchè, volendo ricevere per noi stessi, noi ci separiamo dal Creatore. Questo è il nostro problema, la ragione di tutti i nostri mali e delle nostre frustrazioni. Il Tikùn non avviene quando cessiamo di voler ricevere, ma quando cambiamo la ragione per la quale noi riceviamo, cioè la nostra intenzione. Quando noi riceviamo con fini strettamente personali parliamo di «egoismo», mentre, quando riceviamo con lo scopo di unirci al Creatore, parliamo di «altruismo», intendendo in tal caso l’unione con la Natura. Per esempio, amate mangiare le stesse cose tutti i giorni, tutto l'anno? Certamente no! Ora, questo è esattamente ciò di cui hanno bisogno i neonati, semplicemente perché non possono scegliere. Infatti l’unico motivo della loro condiscendenza è che non conoscono altro. Esistono sicuramente numerosi piaceri derivanti dal cibo e non solo con lo scopo di riempire i loro stomaci vuoti. Ora, pensate alla madre del neonato. Immaginate il suo viso raggiante quando lo allatta, per non parlare di quando lo guarda mangiare con sano appetito, essa si sente come in paradiso. Quindi accade che, se al massimo il neonato può essere solamente soddisfatto di mangiare, la madre è completamente estasiata dalla felicità. In effetti le cose avvengono così: la madre e il neonato traggono piacere dallo stesso desiderio, ovvero il nutrimento del bambino. Nonostante questo riguardi unicamente il bambino, mentre egli si concentrerà solamente sul suo stomaco, la madre proverà una gioia infinitamente superiore in quanto soddisfa il desiderio di dare al suo bambino. La sua attenzione non è rivolta a se stessa, bensì a suo figlio. Lo stesso avviene in Natura. Se fossimo in grado di capire cosa la Natura si aspetta da noi e agissimo di conseguenza, potremmo sentire il piacere di donare; non lo proveremmo però ad un livello istintivo, come le madri sperimentano in modo naturale con il loro bambino, ma ad un livello spirituale in unione con la Natura stessa. In ebraico, la lingua originaria della Kabbalah, l’intenzione si chiama Kavanà. Ecco perché il Tikùn da fare è quello di ricercare una buona Kavanà per i nostri desideri. La ricompensa dell'esecuzione di un Tikùn, con la giusta Kavanà, è la soddisfazione di quest'ultima ed anche il più grande di tutti i desideri: il desiderio per la Spiritualità, per il Creatore. Quando questo desiderio è soddisfatto, la persona riconosce il sistema che governa la realtà, partecipa alla sua creazione e finalmente ne riceve le chiavi prendendone il comando. Una persona così non vivrà più la vita e la morte come facciamo noi, ma volerà con gioia eterna e senza sforzo in una corrente infinita di felicità e beatitudine perchè è unita al Creatore. RIASSUMENDO I cinque livelli dei nostri desideri sono ripartiti in tre gruppi. Il primo gruppo corrisponde ai desideri animali (nutrirsi, riprodursi, avere una casa), il secondo ai desideri umani (denaro, rispetto, conoscenza) e il terzo gruppo è il desiderio per la Spiritualità («il punto nel cuore»). Fintanto che solo i primi due gruppi sono stati attivi, noi ci siamo accontentati di “addomesticare” i nostri desideri attraverso la routine o addirittura sopprimendoli del tutto. Ma quando «il punto nel cuore» apparve, i primi due sistemi risultarono non essere più adeguati, dovemmo quindi scegliere un nuovo metodo. Fu in questo momento che riapparve la saggezza della Kabbalah (dopo essere stata occultata per millenni, nell’attesa dell'epoca in cui sarebbe stata riportata alla luce). La saggezza della Kabbalah è il metodo per il nostro Tikùn (correzione). Applicandola, possiamo cambiare la nostra Kavanà (intenzione) orientata ai soli fini personali, definiti egoisti, e trasformarla sino al punto di poter soddisfare sia la Natura che il Creatore. Solo così potremo definire la nostra intenzione altruistica. Oggigiorno la crisi globale che conosciamo è in realtà una crisi dei desideri. Se ci servissimo della saggezza della Kabbalah per soddisfare l'ultimo e il più grande dei desideri – il desiderio per la Spiritualità – i nostri problemi sarebbero automaticamente risolti, poiché le radici stesse dei problemi si trovano nell’insoddisfazione spirituale di molti, e sono infatti in molti a farne l'esperienza. 3 L'origine della Creazione O ra che abbiamo constatato quanto sia importante lo studio della saggezza della Kabbalah, è giunto il momento di conoscerne radici e principi di base. Benché la portata di questo libro non permetta uno studio esauriente dei Mondi Spirituali, alla fine di questo capitolo avremo basi sufficientemente solide per decidere se continuare ad approfondire la nostra conoscenza. I MONDI SPIRITUALI La Creazione è composta interamente dal desiderio di ricevere piacere. Questo desiderio si evolve in quattro fasi, l'ultima di queste si chiama «creatura» (figura 1). Questa figura mostra la struttura dell'evoluzione dei desideri che è la base di tutto ciò che esiste. La figura n. 1 descrive le cinque fasi della Creazione della creatura. Se immaginassimo questo processo come fosse una storia, comprenderemmo meglio che i disegni descrivono i cambiamenti delle nostre emozioni e non dei luoghi o degli oggetti. • Il Pensiero della Creazione Ogni creazione deve essere immaginata e pianificata prima di essere messa in pratica. In questo caso, parliamo della Creazione e dell’Idea stessa che l'ha generata. Quest’Idea si chiama «Il Pensiero della Creazione». Nel primo capitolo, abbiamo detto che Abramo scoprì la saggezza della Kabbalah e fu il primo a diffonderla. Scoprì che l'universo “ubbidisce” alla forza dell’amore e del Dono Assoluto. Quando ebbe realizzato che ciascuna vita fu creata da questa forza, egli la chiamò «il Creatore». Di conseguenza, nella Kabbalah, il termine «Natura» è sinonimo della parola «Creatore». Abramo scoprì anche che la volontà del Creatore è quella di farci un dono particolarmente speciale: divenire come Lui. Egli è il livello più perfetto, possente e onnisciente che possa esistere, e visto che è una forza d'amore, Egli vuol donarci il meglio: Se stesso. Nella figura n. 1 viene descritto il Pensiero della Creazione come il desiderio di donare piacere (che si chiama «Luce») alle Sue creature. Questa è anche la radice della Creazione, dove noi e ogni forma di vita, ha avuto inizio. I Kabbalisti si servono della parola Klì (recipiente) per descrivere il desiderio di ricevere il piacere, la Luce. Il recipiente è il senso spirituale, lo strumento che percepisce il Creatore. Ora ci rendiamo conto perché i Kabbalisti abbiano chiamato questa saggezza «la saggezza della Kabbalah» (la saggezza di come ricevere). Esiste una buona ragione perché i Kabbalisti hanno chiamato il piacere «Luce». Quando il Klì – una creatura, una persona – percepisce il Creatore, comincia l'esperienza Spirituale di una grande saggezza. Proprio in quel momento realizziamo che la saggezza rivelatasi è sempre stata lì, benché fosse fino a quel momento rimasta nascosta. È come se l'oscurità della notte si fosse trasformata immediatamente nella luce del giorno e l'invisibile fosse diventato visibile. Poiché questa Luce è portatrice di conoscenza, i Kabbalisti l'hanno chiamata «la Luce di Saggezza» e il metodo per riceverla è appunto «la saggezza della Kabbalah». • Le Quattro Fasi e la loro Radice Torniamo ora alla nostra storia sulla Creazione. Perché il Pensiero della Creazione sia effettivo, il Creatore ha concepito una Creazione che desideri precisamente il piacere d’essere simile al Creatore. Se avete dei figli, sapete a cosa mi riferisco. Non ci sono parole più lusinghiere per un padre che sentirsi dire: «Tu e tuo figlio vi somigliate come due gocce d’acqua!» Come appunto stavamo dicendo, il Pensiero della Creazione - di Donare piacere alle proprie creature - è la Radice della creazione stessa. È il motivo per il quale il Pensiero della Creazione viene denominato “la Fase Radice” o “Fase Zero”. Il desiderio di ricevere piacere è denominato “Fase Uno”. Una finestra sulla Kabbalah La fase zero è rappresentata da una freccia che scende. Ogni volta che la freccia punta verso il basso significa che la Luce proviene dal Creatore e va verso la Creazione. Non è valido però lo stesso ragionamento al contrario: una freccia ascendente infatti non significa che la creatura dà la Luce al Creatore, ma che essa desidera a sua volta donare al Creatore. E cosa succede quando due frecce puntano contemporaneamente in due direzioni opposte? Proseguite nella lettura e lo scoprirete molto presto. I Kabbalisti identificano il Creatore anche come «Desiderio di Donare in assoluto», e la creatura come «desiderio di ricevere delizie e piaceri» o semplicemente «il desiderio di ricevere». In seguito affronteremo l’argomento della percezione del Creatore, ma, giunti a questo punto, è molto importante sapere che i Kabbalisti non parlano spesso di quello che percepiscono di per sé. Non ci dicono che il Creatore ha un desiderio di donare, ci dicono invece che essi percepiscono che il Creatore ha un desiderio di donare, perciò essi Lo chiamano «il desiderio di Donare in assoluto». E poiché hanno scoperto anche in sé stessi il desiderio di ricevere il piacere che il Creatore vuole donare loro, chiamano sé stessi «il desiderio di ricevere». Quindi, il desiderio di ricevere è la prima creazione, la radice di ogni singola creatura. Quando la Creazione, il desiderio di ricevere, diventa consapevole che il piacere proviene da un Donatore, percepisce che il vero piacere risiede nel Donare e non nel ricevere. Ne risulta che il desiderio di ricevere inizia con il voler donare (la freccia che sale dal Klì – il recipiente nella figura). Questa è una nuova fase, la fase due. Una finestra sulla Kabbalah Nella Kabbalah, l’azione di Donare è considerata come l’elemento maschile mentre l’azione di ricevere come l’elemento femminile. In ciascun grado, esistono stati nei quali si agisce sia come “maschile” che come “femminile”; di conseguenza, ci riferiamo a volte ad un certo grado in forma maschile e a volte in forma femminile, e qualche volta ciò avviene anche nello stesso paragrafo. Le due uniche eccezioni a questa regola sono il Creatore che è sempre maschile e la Creazione che è sempre femminile, in quanto riceve da Lui. Esaminiamo ora cosa distingue la Fase Due dalla Fase Uno. Se guardiamo la Figura n. 1, vediamo che lo stesso Klì non cambia lungo tutte le fasi. Questo significa che il desiderio di ricevere è immutabile. Di fatto il desiderio di ricevere è stato concepito dal Pensiero della Creazione, esso è quindi eterno ed invariabile. Durante la fase due il desiderio di ricevere vuole ricevere piacere Donando e non ricevendo, questo è un cambiamento fondamentale. La differenza essenziale è che la Fase Due ha bisogno di qualcuno a cui Donare. Ecco dunque, che per essere donatrice, la Fase Due deve necessariamente stabilire una relazione con qualcun’altro o con qualcos’altro al di fuori di se stessa. La Fase Due ci costringe a Donare nonostante il desiderio intrinseco di ricevere, ciò rende possibile la vita. Se così non fosse i genitori non si preoccuperebbero per i loro figli e la vita in società diventerebbe impossibile. Per esempio, se fossi il proprietario di un ristorante il mio più grande desiderio sarebbe il guadagno, quindi, darei da mangiare a persone sconosciute alle quali, a dire il vero, non è che desideri proprio dare. Lo stesso vale per i banchieri, i venditori e gli autisti dei taxi. Possiamo vedere come la legge dalla Natura sia una legge altruista e non di ricezione, malgrado il desiderio di ricevere sia la motivazione di base di ciascuna Creatura, in base a quanto prestabilito nel Pensiero della Creazione stessa. La Creazione è composta dunque da due desideri, uno di ricevere e uno di Donare tutto quello che in seguito vedremo deriverà dalla reciprocità, cioè dalla “relazione” fra la fase uno e la fase due. Una Finestra sulla Kabbalah Quello che ci distingue e ci separa dal Creatore è il nostro desiderio di ricevere, che è opposto al desiderio di Donare in assoluto del Creatore stesso. Tuttavia, Egli non ci ha semplicemente creati in opposizione a Lui, ma ci ha anche donato un metodo per riavvicinarci, proprio come ci insegna la saggezza della Kabbalah. Come abbiamo appena potuto constatare, il nuovo desiderio di Donare nella fase Due costringe la Creazione a comunicare, a cercare qualcuno che abbia bisogno di ricevere. Perciò, la Fase Due inizia ad esaminare cosa e come può Donare al Creatore. Dopo tutto a chi altro potrebbe Donare? Ma, quando la fase due tenta di Donare, scopre che il Creatore vuole solo Donare. Egli non ha nessun desiderio di ricevere, infatti cosa potrebbe Donare la creatura al Creatore? Tanto più che la Fase Due scopre che nella Fase Uno il suo desiderio più vero è di ricevere. Si accorge così che dentro la radice esiste essenzialmente il desiderio di ricevere delizie e piaceri e che non ha il benché minimo desiderio di Donare. Ciò nonostante, poiché il Creatore vuole solo Donare a lei, il desiderio di ricevere della creatura è precisamente quello che essa può Donare al Creatore in ritorno, cioè ricevendo. La creatura scopre quindi come può dare piacere al Creatore dato che il Dono è ciò che Lo fa gioire. Tutto ciò può confonderci, ma se si pensa al piacere di una madre che allatta il proprio bambino, realizzeremo che il neonato da piacere alla madre semplicemente ricevendo il suo latte. Dunque, nella Fase Tre, la creatura - il desiderio di ricevere - sceglie di ricevere, e, a sua volta, da alla Fase Radice, al Creatore. Ora abbiamo un ciclo completo dove intervengono i Donatori. Nella Fase Zero, il Creatore Dona alla creatura (Fase Uno) e la creatura, dopo aver attraversato le fasi uno, due e tre, dona a sua volta al Creatore ricevendo da Lui. Nella figura 1, la Fase Tre è rappresentata da un Klì dotato di due frecce, una punta verso l’alto e l’altra verso il basso. La freccia discendente indica che la Fase Tre riceve, come nella Fase Uno, e la freccia ascendente indica che la sua intenzione è di dare, come nella Fase Due. Ancora una volta, le due azioni si servono dello stesso desiderio di ricevere come nella Fase Uno e Due, quindi non c’è alcun cambiamento. Il cambiamento proviene dall’intenzione con la quale la Fase Tre riceve: nella Fase Uno riceve senza riflettere, mentre nella Fase Tre riceve in vista del piacere che arreca al Creatore. Come abbiamo visto prima, le nostre intenzioni egoistiche sono la sola causa di tutti i problemi del mondo. Anche qui, nella radice della Creazione, l’intenzione è molto più importante dell’atto stesso. Per dimostrare questa gerarchia, Baal ha-Sulàm disse metaforicamente che la Fase Tre riceve il dieci per cento e Dona il novanta per cento. • Fase Quattro – desidera ardentemente il Pensiero del Creatore Sembrerebbe a questo punto che abbiamo un quadro completo nel quale il Creatore è riuscito a rendere la creatura identica a Lui, ovvero un Donatore. Tanto più che la creatura apprezza questo Dono poiché ne gioisce il Creatore stesso. Ciò perfeziona il Pensiero della Creazione? Non proprio. In un certo senso, possiamo dire che la Creazione può seguire i passi del Creatore e parlare il Suo linguaggio, anche da sola, ma non può pensare i Suoi pensieri. L’atto di ricezione (Fase Uno) e la comprensione che il solo augurio del Creatore sia quello di Donare (Fase Due) fanno sì che la creatura voglia essere nella situazione del Creatore, che é la Fase Tre. Divenire un Donatore come il Creatore non significa che la creatura abbia raggiunto il Suo stato. Per adempiere al Pensiero della Creazione, la creatura deve prima raggiungere il Pensiero e le azioni del Creatore. Giunti a questo stadio, essa (la creatura) comprenderà perché il Creatore l’abbia creata. In pratica, il desiderio di capire il Pensiero della Creazione è tutta una nuova fase. L’unica situazione con la quale possiamo fare dei paragoni è quella di un bambino che vuole essere forte e intelligente quanto i suoi genitori. Sappiamo però che la cosa sarà possibile solamente quando il bambino crescerà e diverrà a sua volta genitore. Questo, spesso, è il motivo che porta i genitori a dire ai figli: «Vedrete, quando anche voi avrete dei figli, allora capirete». Una finestra sulla Kabbalah Uno dei termini più usati nella Kabbalah è Sfiròt, un termine che viene dalla parola ebraica Sapìr (zaffiro); ciascuna Sefirà (singolare di Sfiròt) ha la propria Luce. Ciascuna delle Quattro Fasi porta il nome di una o più Sfiròt. La Fase Zero viene denominata Keter, la fase uno Khokhmà, la fase due Binà, la fase tre Zeir Anpin e la fase quattro Malkhut. In realtà esistono dieci Sfiròt poiché Zeir Anpin si compone di sei Sfiròt: Khessed, Gvurà, Tifferet, Netzakh, Hod, e Yessòd, quindi, l'ordinamento completo delle Sfiròt è Keter, Khokhmà, Binà, Khessed, Gvurà, Tifferet, Neztsakh, Hod, Yessòd, e Malkhut. Secondo la Kabbalah, comprendere il Pensiero della Creazione – il livello più profondo di percezione – si chiama «conoscenza». Questo è ciò a cui aspira ardentemente il desiderio di ricevere nella Fase Quattro. Il desiderio di acquisire il Pensiero della Creazione è la forza più potente della Creazione. Essa si trova in tutto il processo dell'evoluzione. Che noi ne siamo coscienti oppure no, la conoscenza estrema alla quale tutti noi aspiriamo è quella di comprendere le ragioni dell’opera del Creatore. Ed è la stessa motivazione che spingeva i Kabbalisti a scoprire i segreti della creazione migliaia di anni fa. Finché non lo capiremo non raggiungeremo mai la vera serenità di spirito. LA RICERCA DEL PENSIERO DELLA CREAZIONE Benché il Creatore desideri che noi riceviamo piacere nel diventare come Lui, Egli non ci ha dato questo desiderio sin dall'inizio, ma solamente un’infinita aspirazione per il piacere. ö solo ora che, osservando la sequenza delle Fasi, possiamo constatare che il Creatore, all’atto della Creazione, non ha infuso in noi il desiderio innato di assomigliare a Lui; questo desiderio si evolve in maniera autonoma, man mano, nel corso delle fasi. Nella Terza Fase, la Creazione ha già ricevuto tutto e tenta ora di dare a sua volta al Creatore. La sequenza avrebbe potuto fermarsi là visto che la Creazione faceva già esattamente ciò che il Creatore faceva: Donare. In tal caso, il Creatore e la creatura divengono identici. Comunque, la creatura non si accontenta di Donare, essa vuole capire che cosa dà il piacere, perché per creare la realtà si è resa necessaria la forza del “Dono”, e quale Saggezza il Donatore ottiene nel Donare. In altre parole, la creatura vuole conoscere il Pensiero della Creazione. Questa nuova aspirazione, però, non gli è stata “inculcata” dal Creatore. Quando la creatura sviluppa il desiderio di divenire come il Creatore, essa si distingue e si separa da Lui. Possiamo cercare di capire questo stato con l'esempio seguente: se io aspiro ad assomigliare a qualcun’altro, ciò implica necessariamente che sono cosciente dell’esistenza di questa persona e che quest'ultima possiede qualcosa che io voglio. Potrebbe trattarsi della sua personalità o dei suoi beni, ma, qualunque cosa essa sia, tutto ciò che l'altro possiede, vorrei possederlo anch'io. In questo caso, non realizzo solamente che qualcun’altro esiste oltre a me, ma mi accorgo nello stesso tempo che questa persona non è tanto differente da me, è solo migliore di me, altrimenti perché vorrei essere come Lei? Ecco perché Malkhut, la Fase Quattro, è differente dalle prime tre Fasi. Essa vuole ricevere un piacere molto particolare (da qui la freccia in grassetto): essere come il Creatore. Dal punto di vista del Creatore, il desiderio di Malkhut è finalizzare il Pensiero della Creazione, il ciclo che Egli aveva in testa originariamente (Figura n. 2). Come la figura 2 indica, raggiungere il Pensiero della Creazione eleva Malkhut (creatura) ad un livello superiore, alla sua Radice, un luogo più alto della Sorgente che l'ha creato, quindi Malkhut raggiungerà il livello del Creatore e sarà come Lui. Ma, purtroppo, noi non possiamo vedere le cose nella stessa prospettiva da cui le vede il Creatore. Guardando dal basso, con i nostri recipienti Spirituali frammentati, il quadro che vediamo è lontano dall’essere perfetto. Affinché la creatura, che è l'opposto del Creatore, possa divenire simile a Lui, essa deve servirsi del suo desiderio di ricevere con l'intenzione di Dare senza nessun interesse personale. Comportandosi così, non si concentrerà più su se stessa né sui propri piaceri, ma si focalizzerà sulla gioia di Donare al Creatore. Procedendo in questo modo potrà arrivare a Donare in assoluto. In realtà, nella Terza Fase, la creatura riceve per Donare al Creatore. E così, dal punto di vista del Creatore, la Terza Fase ha già compiuto la sua missione divenendo identica a Lui. Egli dona senza riserve e la Fase Tre riceve con la prospettiva di Donare in assoluto, così, da questo punto di vista, essi sono identici. Tuttavia, il piacere supremo non sta nella conoscenza di quello che fa il Creatore né tantomeno nell’imitare le Sue azioni. Il piacere estremo consiste nel fatto di sapere perché Egli agisce in questo modo, acquisire i Suoi stessi Pensieri ed anche la Sua stessa natura. Questa conoscenza – la Natura del Creatore – non è stata donata alla creatura, ma è quello che essa deve conquistare da se (Fase Quattro). Si tratta di un legame sottile. Da un lato sembra che noi (la creatura) e il Creatore, ci troviamo agli antipodi, poiché riceviamo quello che Egli ci dona. Dall’altro lato, in realtà, il Suo più grande piacere è di vedere noi divenire come Lui, il nostro piacere infatti è di essere come Lui. Allo stesso modo, ogni bambino vorrebbe assomigliare ai propri genitori, e ciascun genitore vorrebbe naturalmente che il proprio figlio ottenga quello che lui non è riuscito a realizzare. Di conseguenza, il Creatore e noi perseguiamo lo stesso scopo! La comprensione di questo concetto renderà le nostre vite ben differenti. Invece di essere confusi e disorientati come lo siamo ora, noi e il Creatore potremmo procedere insieme sin dall'inizio della Creazione. Una finestra sulla Kabbalah I Kabbalisti utilizzano numerose espressioni per descrivere il «desiderio di Dare in assoluto»: Creatore, Luce, Colui che dona, Pensiero della Creazione, Fase Zero, Radice, Fase Radice, Keter, Binà, e tante altre ancora. Allo stesso modo usano molte espressioni per la descrizione del «desiderio di ricevere»: Creazione, creatura, Klì, riceventi, Fase Uno, Khokhmà, e Malkhut, fra le altre. Queste espressioni si riflettono nella sottigliezza dei due attributi: il Dono e la ricezione. Se vi ricordate di questo, non vi potrete più confondere con tutti i nomi. Per diventare come il Creatore, Colui che dona, il Klì ha bisogno di due cose: prima di tutto, smettere completamente di ricevere, attraverso un'azione che prende il nome di Tzimtzùm (restrizione), e poi sbarrare completamente il passo alla Luce non permettendole in nessun caso di penetrare nel Klì. Per esempio, è più semplice non mangiare qualcosa di gustoso perché non è sano, piuttosto che lasciare il cibo sul piatto e mangiare di meno. Per questo praticare un Tzimtzùm è il primo, ed il più facile, passo per diventare come il Creatore. La capacità di Operare Un Tzimtzùm si chiama «acquisire un Massàkh (schermo)». La figura 3 mostra come la Luce del Creatore avvicinandosi al Klì venga respinta dal Massàkh. In questo schema, nella didascalia finale del testo, va corretta l’ultima frase con le note che evidenzio in giallo: Se essa ricevesse la Luce, sarebbe allora meno simile al Creatore; la creatura preferisce dunque non ricevere la Luce ma restare nell’oscurità Nel secondo passaggio Malkhut mette in moto un meccanismo che esamina la Luce (il piacere) e decide se desidera riceverla e, se lo desidera, in quale misura. Questo meccanismo è uno sviluppo del Massàkh. La condizione nella quale il Massàkh determina quello che può ricevere si chiama «Donare con il solo scopo di donare». In alternativa, il Klì non riceve se non in funzione dell'intenzione di Donare gioia al Creatore, o come dicono i Kabbalisti «Donare con il solo scopo di donare» (Figura 4). La Luce che entra nel Klì si chiama la «Luce interiore», mentre la Luce che resta fuori è «la Luce Circostante». Alla fine del processo di separazione il Klì riceverà tutta la Luce del Creatore e si unirà a Lui. Questo è lo scopo della Creazione. Una volta raggiunto questo stato, noi lo percepiremo come individui accomunati in una sola ed unica società. In effetti, un Klì completo non si compone solamente dei desideri d'una persona, ma dei desideri di tutta l'umanità. Raggiungendo quest'ultima correzione, diventeremo simili al Creatore, la Fase Quattro sarà compiuta e la Creazione sarà ultimata da parte nostra, come del resto anche dalla Sua. LA VIA Per portare avanti nella giusta maniera la missione di divenire simile al Creatore, la prima cosa della quale la creatura deve preoccuparsi è di trovare un ambiente adeguato, e di qui evolvere e divenire come il Creatore. Questo ambiente si chiama «mondi». Durante la Quarta Fase, la Creatura si divide in due: una parte superiore e una parte inferiore (Figura 5). La parte superiore rappresenta i Mondi Superiori (Spirituali), mentre quella inferiore, la creatura, si compone dei desideri o del Massàkh che non permette alla Luce di penetrare. Nella didascalia di questa Figura 5, va tolta la congiunzione CHE, e la frase diventa così: Nella fase quattro, la creazione (Malkhut) è divisa in due: la zone bianca indica i desideri che possono funzionare nella prospettiva di donare e quindi riceve la Luce. Una finestra sulla Kabbalah Superiore e Inferiore Sappiamo già che la creatura è costituita da una sola cosa: il desiderio di ricevere delizie e piaceri. Per cui, superiore e inferiore non si riferiscono a luoghi fisici, ma ai desideri che noi qualifichiamo come superiori o inferiori. In pratica, i desideri superiori sono quelli che apprezziamo di più, mentre definiamo inferiori tutti gli altri. Nella Fase Quattro, ciascun desiderio che può essere utilizzato per Donare al Creatore è situato nella parte superiore, mentre il desiderio situato nella parte inferiore, non potrà essere utilizzato in questo modo. • L’utilizzo del Massàkh Parliamo ora un po’ meglio della fase quattro e di come essa funzioni con il Massàkh. Dopo tutto, la Fase Quattro è la nostra radice. Se arriviamo a comprendere il suo funzionamento, apprenderemo di più su noi stessi. La Fase Quattro, Malkhut, non nasce dal nulla, ma deriva dalla Fase Tre, che, a sua volta, proviene dalla Fase Due ecc. È un po’ come la storia di Napoleone Bonaparte, che non è nato Imperatore. Egli attraversò gli stadi dell'infanzia, dell'adolescenza, dell'età adulta, l'esercito, la rivoluzione del 1789, il consolato e poi divenne Imperatore. Nel frattempo, le fasi precedenti della vita di Napoleone non si sono dissolte al momento della sua incoronazione, anzi, senza queste ultime, Bonaparte non sarebbe mai divenuto Napoleone. La ragione per la quale non possiamo percepire le varie fasi, è che il livello più sviluppato domina ed eclissa quelli meno sviluppati. Tuttavia, il livello più elevato risente dei livelli inferiori, pur funzionando ugualmente. Ecco perché ci sentiamo a volte come dei bambini, specialmente quando alcuni aspetti della nostra personalità non sono arrivati a maturazione; tali punti, non essendo ancora ricoperti dalla corazza dell’età adulta, ci rendono indifesi come bambini. Tuttavia, questa struttura così complessa ci permette di diventare dei futuri genitori. Coniughiamo il nostro passato ed il nostro presente nell'educazione dei nostri figli. Riconosciamo le situazioni vissute dai nostri figli poiché ci siamo passati anche noi, in tal modo, con la saggezza e l’esperienza accumulati nel corso della nostra vita, possiamo comprenderli meglio. Siamo strutturati in questo modo poiché Malkhut (creatura, quarta fase, noi stessi) lo è altrettanto. Tutte le fasi che precedono Malkhut permangono in essa e l'aiutano a mantenere la sua stessa struttura. Nel suo tentativo di assomigliare al Creatore il più possibile, Malkhut, analizza ciascun livello di desiderio in essa presente e li suddivide in desideri con i quali può o non può operare e ciò, ricordiamo, avviene a ciascun livello. Ne deriva che i desideri utilizzabili potranno ricevere al fine di Donare al Creatore, “aiutandoLo” in tal modo a portare a termine il Suo scopo di rendere Malkhut simile a Lui. Ritornando a qualche pagina indietro, abbiamo detto che, affinché lo scopo (divenire come il Creatore) possa essere raggiunto, la creatura deve crearsi un ambiente adatto oppure evolvere e divenire simile al Creatore. Ciò è esattamente quello che i mondi (i desideri utilizzabili) fanno. Essi “mostrano” ai desideri non utilizzabili come ricevere per Donare al Creatore, senza ricercare alcun beneficio personale poiché, facendo ciò, essi aiutano i desideri inutilizzabili a correggersi. Possiamo immaginarci la relazione tra i mondi e la creatura come un gruppo di falegnami nei confronti di un operaio che non conosce il mestiere. Così come i mondi insegnano alla creatura come procedere in ciascuna tappa, così i falegnami insegnano all’operaio come servirsi di un martello, una spatola, un livellatore e così via. Nella Spiritualità, i mondi mostrano alla creatura ciò che il Creatore ha dato loro e come servirsene correttamente. Un po’ alla volta, anche la creatura può cominciare a utilizzare correttamente i suoi desideri. Una finestra sulla Kabbalah Malgrado tutto ciò che stiamo apprendendo, non sappiamo ancora quali dei cinque mondi descritti corrisponde al nostro mondo materiale. In effetti, nessuno di loro lo è. Ricordiamoci che non esistono "luoghi" nella Spiritualità, ma solamente degli stati. Più il mondo è elevato, più rappresenta un livello altruistico. Il fatto che il nostro mondo non sia menzionato in nessuna parte, è perché i Mondi Spirituali sono altruisti, mentre il nostro mondo è come noi, egoista. Il fatto che l'egoismo sia opposto all'altruismo, si riflette nel distacco tra il nostro mondo e il sistema dei Mondi Spirituali. Questo è il motivo per il quale i Kabbalisti non vi fanno alcun accenno nelle strutture descritte nei loro libri. • Desideri utilizzabili ed inutilizzabili Precedentemente, in questo capitolo, abbiamo detto che il modello delle Quattro Fasi è alla base di tutta l'esistenza. Nel momento in cui i desideri si dividono, come abbiamo detto, in quelli che possono ricevere la Luce e quelli che non possono, essi seguono lo stesso modello delle “Quattro Fasi”. I desideri che possono ricevere la Luce si chiamano «i desideri utilizzabili», quelli che invece non possono, «i desideri inutilizzabili». I desideri utilizzabili creano i Mondi Superiori, gli inutilizzabili la creatura e, più tardi, il nostro mondo (figura 6). I desideri utilizzabili del livello della Fase Radice hanno creato il mondo di Adam Kadmon, gli inutilizzabili, invece, sono rimasti nell'oscurità (senza Luce), formando così il livello immobile della Creazione, essi vengono denominati «immobili». I desideri utilizzabili della Fase Uno hanno creato il mondo di Atzilùt e gli inutilizzabili sono rimasti nell'oscurità costituendo il livello “vegetale” della Creazione. I desideri utilizzabili della Fase Due hanno creato il mondo di Brià e gli inutilizzabili invece il livello “animale” della Creazione. I desideri utilizzabili della Fase Tre hanno creato il mondo di Yetzirà e gli inutilizzabili sono andati a costituire il livello di “essere parlante” della Creazione. Concludendo, i desideri utilizzabili della Fase Quattro hanno creato il mondo di Assià e gli inutilizzabili sono rimasti nell'oscurità costituendo il livello “Spirituale” della Creazione. L’ultima frase di questa didascalia la cambierei così: Il ruolo dei Mondi Superiori è quello di “insegnare” alla Creazione come ricevere per Donare in assoluto. Notiamo che i desideri più potenti, i più egoisti e quelli a priori più lontani dal Creatore sono chiamati «spirituali». Vale a dire che, come nella Fase Quattro, il desiderio più intenso aspira a divenire come il Creatore. Dunque, è solo all'ultimo livello, in apparenza il più oscuro e il più egoista, che si sviluppa il desiderio di assomigliare al Creatore, al fine di raggiungere la Spiritualità. Così la creatura è la sola parte che ha ancora bisogno di essere “raffinata” per poter ricevere la Luce. E adesso studiamo come si sia sviluppata la Creazione, come essa sia divenuta il nostro mondo e come possiamo correggere quest’ultimo. Una finestra sulla Kabbalah È molto importante ricordarsi che i Mondi Spirituali non esistono fin tanto che non li scopriamo, sviluppando la nostra percezione Spirituale e facendo sì che diveniamo simili al Creatore. I Kabbalisti parlano di questi mondi al passato, poiché hanno scritto i loro libri dopo aver asceso i gradini della scala che conducono dal nostro mondo ai Mondi Spirituali, e ci forniscono una relazione su tutto ciò che hanno trovato in essi. Per scoprire i Mondi Superiori anche noi dobbiamo a nostra volta ascendere. La sola maniera per arrivarvi è di divenire simili al Creatore, ovvero altruisti. ADAM HA-RISHÒN – L’ANIMA COMPLESSIVA La radice attuale di ciascuna cosa che si produce qui nel nostro mondo si chiama «l'anima complessiva» o, come la definiscono i Kabbalisti, Adam ha-Rishòn (il Primo Adamo). Adam ha-Rishòn è una struttura di desideri che emerge una volta terminata la formazione dei Mondi Spirituali. Appena i cinque mondi (Adam Kadmon, Atzilùt, Brià, Yetsirà, e Assià) ebbero compiuto il loro sviluppo nella parte superiore della Fase Quattro, giunse il tempo di sviluppare la parte inferiore. Adam ha-Rishòn, che noi conosciamo con il nome di «Adamo», è costituito dai desideri inutilizzabili che non ricevettero la Luce per donarla al Creatore quando furono creati. Come risultato, pur essendo parte dell’anima di Adamo, tutti noi abbiamo perso il senso di unità e di appartenenza con il quale eravamo stati creati. Dobbiamo comprendere dunque come lavora il sistema Spirituale. Se guardiamo la Figura 6, possiamo vedere come Adamo sia il gradino successivo nello sviluppo della creazione ed è rappresentato dalla parte grigia della figura. I desideri inutilizzabili sono la parte che forma il livello immobile, il livello vegetale, il livello animale, l'essere parlante e lo spirituale. A questo punto, essi devono essere affrontati uno dopo l'altro per essere corretti, vale a dire trasformati per divenire utilizzabili. Per arrivare a ciò, questi desideri hanno bisogno dell'aiuto dei mondi, dei desideri utilizzabili. Perciò Adam ha-Rishòn si sviluppa secondo gli stessi livelli dei mondi e le quattro fasi fondamentali. LA GRANDE CADUTA Con Adamo le cose non sono così semplici come con i Mondi Superiori. Per di più, Adamo non è cosciente del fatto che i suoi desideri sono egoisti e che hanno solo fini personali; questo è il motivo per il quale, sin dall'inizio, egli non fu in grado di ricevere la Luce. Quando egli seguì l'esempio dei Mondi Superiori e tentò di ricevere la Luce, il piacere della Luce fu irresistibile e volle riceverLa solo per se. Occorre ricordare che quando la fase quattro realizzò che voleva divenire come il Creatore, la prima cosa che fece fu di astenersi dal ricevere la Luce per il proprio piacere, con un atto chiamato «Tzimtzùm» (restrizione). Malgrado lo Tzimtzùm Adamo volle ricevere la Luce, tentando in questo modo di revocare la decisione presa. Il risultato fu che lo Tzimtzùm venne rinforzato e il Massàkh respinse immediatamente tutta la Luce che Adamo riceveva. Il rigetto della Luce nel caso di Adamo è molto differente dallo Tzimtzùm originale. Quando lo Tzimtzùm si produsse per la prima volta, si trattò di un progresso dello stato di ricezione senza prendere in considerazione il Donatore, il Creatore. Ora, nel caso di Adamo, il piacere ha “mascherato” la sua consapevolezza del Creatore, così ha ricevuto la Luce solo per se stesso senza pensare a donarsi al Creatore. Facendo questo Adamo aumentò la sua disuguaglianza con il Creatore (la forza d'amore e del dono) rispetto all’inizio, quando ancora non aveva ricevuto la Luce. Di conseguenza il tentativo di Adamo di ricevere la Luce per se stesso è considerato come un peccato: questo è ciò che lo ha allontanato dallo scopo della Creazione. Il termine kabbalistico che definisce il “peccato” è “Frammentazione”. Adam ha-Rishòn (l’anima complessiva) fu dunque frammentato. I Kabbalisti spiegano che l'anima di Adamo si frammentò in 600.000 piccole parti. Ciascun frammento è il risultato di un atto egoistico di Adamo. Ogni elemento egoista è distaccato dal Creatore poiché Gli è opposto. È così che il nostro mondo fu creato: i desideri egoistici dominano e il Creatore è occultato alla nostra percezione a causa del nostro stesso egoismo. Adamo non è nato opposto al Creatore, egli scopre il suo egoismo quando tenta di utilizzare i suoi desideri per ricevere la Luce. La sua intenzione è quella di ricevere per donare, esattamente come i mondi gli hanno mostrato, ma nel suo fallimento apprende di essere differente da questi mondi, di essere essenzialmente egoista e capisce anche che deve correggersi prima di poter ricevere allo stesso modo come succede ai mondi stessi. In realtà, la frammentazione dell'anima di Adamo fu un evento positivo, grazie al quale il grande desiderio egoistico fu diviso in piccoli desideri, più facili da correggere. Ciascuno di questi desideri esiste in noi. Quando ciascuno avrà corretto la sua parte nell'anima di Adamo, tutta l'umanità sarà allora corretta, trasformandosi così in un’anima complessiva che riceve con lo scopo di Donare senza riserve e che, di conseguenza, si rende simile al Creatore, e si diletta così di tutta la Luce che, nel Pensiero della Creazione, Egli aveva programmato di darci. RIASSUMENDO Il Pensiero della Creazione è di donare delizie e piaceri rendendo identica a Lui la creatura che Egli ha creato. Questo Pensiero (Luce) creò quindi un desiderio di ricevere delizie e piaceri. In seguito, il desiderio di ricevere comincia a desiderare di donare, poiché donare lo rende simile al Creatore, cosa quindi ancora più desiderabile. Il desiderio decide allora di ricevere in quanto questo è il modo nel quale può far gioire il Creatore. Dopo di che, il desiderio di ricevere vuol conoscere il Pensiero che l'ha creato: esiste infatti una soddisfazione più grande di quella di conoscere tutto? In conclusione, il desiderio di ricevere (la creatura) comincia a ricevere con l'intenzione di donare senza ricavarne alcun beneficio poiché donare lo rende simile al Creatore e gli permette di acquisire i Suoi stessi pensieri. Questi desideri che ricevono per donare creano i mondi, essi sono considerati come la parte superiore della Creazione, mentre i desideri che non si possono utilizzare per donare, rappresentano l'anima complessiva dell'Adam ha-Rishòn. Questi desideri costituiscono la parte inferiore della Creazione. I mondi e l'anima sono strutturati in maniera identica, ma con una differente intensità di desideri. È per questo che i mondi possono mostrare all'anima come operare per Donare e aiutare così Adam ha-Rishòn a correggersi. In generale, ogni desiderio viene corretto in un mondo preciso: il livello immobile si corregge nel mondo di Adam Kadmon, il livello vegetale nel mondo di Atzilùt, il livello animale nel mondo di Brià, l'essere parlante nel mondo di Yetzirà, mentre il desiderio della Spiritualità non potrà che correggersi nel mondo dell’Assià, la parte più bassa dove si trova il nostro universo materiale. Questo argomento ci conduce al soggetto del nostro prossimo capitolo. 4 Il Nostro Universo A ll'inizio del terzo capitolo abbiamo detto che, prima della Creazione di ogni cosa, esisteva il Pensiero della Creazione. Questo Pensiero ha creato le quattro fasi del desiderio di ricevere, formando così i mondi, da Adam Kadmon fino ad Assià, dopodiché l'anima di Adam ha-Rishòn si è frammentata in una miriade di anime. È importante ricordare questi stadi della Creazione, perché ci rammentano che le cose si sono evolute dall'alto verso il basso, dallo Spirituale al materiale, e non viceversa. In pratica questo significa che il nostro mondo è stato creato e governato dai Mondi Spirituali, o, meglio ancora, che non esiste il benché minimo evento nel nostro mondo che non si produca prima nelle alte sfere. La sola differenza tra il nostro mondo e i Mondi Spirituali è che i fenomeni che avvengono nei Mondi Spirituali riflettono intenzioni altruistiche, mentre quelli del nostro mondo riflettono intenzioni egoistiche. A causa di questa struttura concatenata dei mondi, il nostro mondo viene chiamato «il mondo delle conseguenze», dei processi e degli avvenimenti Spirituali. Quello che noi facciamo non ha effetto sui Mondi Spirituali, per cui, se vogliamo cambiare qualche cosa nel nostro mondo, dobbiamo prima accedere ai Mondi Spirituali, la “sala di controllo” del nostro mondo, ed influenzarli. Esattamente come nei Mondi Spirituali, tutto ciò che esiste nel nostro mondo si evolve secondo le stesse cinque tappe da Zero a Quattro. La Figura 7 mostra la parte dei desideri di Malkhut che non possono ricevere al fine di Donare e che per questo rimangono nell'oscurità. Il desiderio più piccolo crea il livello inanimato della Creazione. Più il desiderio si intensifica, più i livelli stessi (vegetale, animale, essere parlante ed Essere Spirituale) si evolvono in corrispondenza. Tuttavia, è importante ricordare che i desideri della Figura 7 sono inattivi. Essi non ricevono la Luce, pertanto non sono nocivi. Divengono attivi unicamente quando Adamo tenta di servirsene per ricevere la Luce. Questo accade quando appare la loro natura egoista e arriva il momento della loro frammentazione. Dunque, fintanto che sono inattivi, saranno sempre considerati come dei desideri Spirituali, poiché non esiste un egoismo attivo che possa separarli dalla qualità del Dono assoluto del Creatore. Essi si distaccano da Lui unicamente quando vengono attivati. I diversi livelli, inanimato, vegetale, animale, essere parlante ed essere spirituale, del nostro mondo, sono in effetti delle manifestazioni che hanno origine nel Mondo Superiore. Questi livelli sono considerati materiali quando sono attivati in modo sbagliato ovvero in maniera egoistica. Se potessimo invece utilizzarli correttamente, per il solo piacere del Creatore, potremmo servircene per ricevere la Luce. Tale è l’essenza della correzione che dobbiamo iniziare in questo mondo. Il livello inanimato si compone dei desideri più deboli, il livello vegetale di quelli un po’ più forti fino ad arrivare ai desideri più potenti, raggiungendo il livello Spirituale. Ecco che, quando i desideri si frammentarono e cominciarono ad operare in modo egoistico, quelli più deboli lo furono meno, mentre quelli più possenti soffrirono maggiormente a causa della frammentazione. Di conseguenza, il livello immobile (inanimato, minerale) del nostro mondo, è meno frammentato e quindi meno egoista delle piante, che sono meno egoiste degli animali, i quali a loro volta sono meno egoisti degli uomini. Noi uomini, quindi, risultiamo essere i più egoisti di tutti. LA PIRAMIDE Esattamente come nei Mondi Spirituali, tutto ciò che esiste nel nostro mondo si sviluppa secondo le stesse cinque tappe da zero a quattro. Il nostro mondo è costruito come una piramide e alla base vediamo l’inizio della sua evoluzione. È proprio lì che si trova il mondo inanimato, un livello fatto di milioni e milioni di tonnellate di sassi (vedi Figura 8). Perduta all’interno di queste tonnellate di pietre, ne esiste una particolarmente splendente, il pianeta Terra. Sulla Terra si forma il livello vegetativo. Poiché i desideri Spirituali si suddividono in desideri forti e desideri deboli, possiamo dire che il mondo è costruito come una piramide. I desideri più deboli sono i meno egoisti e formano quindi la base della Creazione, l’inanimato (Figura 8), sopra di loro si trova il livello vegetale. Nel nostro caso, il vegetale sfrutta l’inanimato poiché si alimenta con le sostanze minerali e l’acqua presenti nel livello inanimato stesso. Perciò, ogni livello inferiore è controllato da quelli superiori. Questo è il motivo per il quale la correzione del mondo dipende interamente dalla correzione dell'ultimo e più elevato livello: quello Spirituale. In questa figura, alla parola innanimato va tolta una N: inanimato. La tappa seguente è il livello animale che si nutre essenzialmente di piante, “sfruttandole” per le loro sostanze. Più in alto, nella scala, si colloca il livello parlante (livello umano) che è insieme erbivoro e carnivoro e si alimenta anche di certi minerali. Il grado Spirituale, invece, non è un livello che cambia nella sua manifestazione fisica. Si tratta piuttosto di un livello di sviluppo distinto, uno stato dove l’anima aspira a ritornare alle sue radici nei Mondi Superiori, dove, un tempo, si trovava in contatto diretto con il Creatore. È qui che risiede la particolarità del livello Spirituale: malgrado egli sia il desiderio più possente e il più egoista, è tuttavia il solo livello che ci permetterà realmente di riunirci al Creatore, alla forza altruista di vita. Questo è il motivo per il quale il livello Spirituale è presente in tutti noi. Da un lato è quello che ci da la possibilità di sperimentare la nostra mediocrità, dall’altro è anche la chiave della trasformazione che ci porta dall’egoismo all’altruismo. LO SCENARIO DELLA VITA Nella sua «Prefazione alla saggezza della Kabbalah», in una delle introduzioni del «Sulàm», il commento al Libro dello Zohar, il Baal ha-Sulàm spiega la differenza che esiste fra la Spiritualità e la vita materiale. Egli dice: «Chi ha il desiderio di donare è spirituale come il Creatore, mentre chi vuole solo ricevere è materiale e quindi opposto al Creatore». Prima della frammentazione dell’anima comune di Adamo, nessuna aspirazione a ricevere esisteva ancora. Di fatto questa frammentazione segna la prima apparizione della realtà fisica. Nel terzo capitolo abbiamo spiegato che tutta la creazione si svolge in una catena di quattro fasi. Nulla sfugge a questa regola ed il nostro mondo non fa eccezione. Conseguentemente, la prima sostanza ad apparire sulla Terra è il minerale, la sostanza inanimata, essa rappresenta il livello più piccolo del desiderio. Dopo l’inanimato appaiono i vegetali, poi gli animali, che rappresentano il livello animato dei desideri, e infine gli esseri umani, espressione fisica del grado parlante. L’ultimo desiderio ad apparire fu il desiderio Spirituale per il Creatore. Sempre nel terzo capitolo, abbiamo già spiegato come quest’ultimo desiderio (l’altruismo) sia il più forte e l’unico che possa raggiungere il Creatore stesso. È sottinteso che le cose non avvengono con la rapidità con la quale le descriviamo. Innanzitutto sono apparsi i minerali, miliardi di tonnellate di minerali che progressivamente sono andati a formare le galassie, le stelle e i pianeti. Poi, perduto tra queste tonnellate di materia, è apparso un piccolo punto chiamato «pianeta Terra». Su questa Terra in seguito è apparso il livello vegetale. Naturalmente la vegetazione sulla Terra è ben inferiore, quantitativamente parlando, alla materia minerale, e ancor di più se paragonata alla materia inanimata di tutto l’universo. Gli animali sono apparsi dopo i vegetali, e solo in una piccola quantità in confronto a questi ultimi, e infine, è comparso l’essere parlante, il meno numeroso rispetto a tutti gli altri. Il livello Spirituale è apparso solo “recentemente”. Il fatto è che noi qui parliamo di ere geologiche, e l’uso della parola, risalente a qualche migliaio di anni fa, è da considerarsi “un’apparizione” relativamente recente. Una finestra sulla Kabbalah La dimensione intera della Creazione è insondabile. Guardando la piramide della Creazione (Figura 8) e considerando le proporzioni fra livelli adiacenti, cominciamo a comprendere che il desiderio di spiritualità è veramente recente. Se confrontiamo “da quanto tempo esiste l’universo” (circa quindici miliardi di anni) con un giorno di ventiquattro ore, possiamo dedurre che il desiderio di spiritualità è apparso solo 0.0288 secondi fa. Valutato su scala geologica, è come dire: ora. D’altra parte, più il desiderio è elevato, più è raro e recente; ma il fatto che esista ancora un livello Spirituale al di sopra del livello umano significa che non abbiamo ancora completato la nostra evoluzione. Lo sviluppo è ancora in corso e, poiché ci troviamo nell’ultimo livello apparso, pensiamo di essere giunti a un livello superiore. Siamo probabilmente in cima alla catena, ma non siamo ancora giunti alla fine, perché, come abbiamo detto, ci troviamo soltanto nell’ultimo livello apparso. Il livello finale potrà utilizzare il nostro corpo come un ospite, ma si tratterà solo di un nuovo modo di pensare, di sentire e di vivere. In questa fase percepiremo una realtà diversa. Questa percezione, sempre crescente in noi, è denominata «il livello Spirituale». Nessun cambiamento fisico e nessuna nuova specie sono richiesti, ma soltanto una trasformazione della nostra percezione del mondo. Questo è il motivo per cui la prossima fase dell’evoluzione è così sfuggente, semplicemente perché è già in noi. Questa fase sarà sviluppata, con o senza la nostra consapevolezza. Tuttavia, una presa di coscienza ed una partecipazione attiva ci permetteranno di accelerare la sua apparizione e renderla, in qualche modo, anche gradevole. La saggezza della Kabbalah ci rivela come essere coscienti del livello Spirituale presente in noi, partecipando attivamente e positivamente al suo sviluppo per il nostro bene. Questo è in fondo il motivo per il quale la Kabbalah è stata creata. • «Ciò che è in alto è come ciò che è in basso» Confrontando le fasi terrestri e le quattro fasi fondamentali della Luce, la fase inanimata e minerale corrisponde alla Fase Radice, l’era vegetale alla Fase Uno, l’era animale alla Fase Due, l’era parlante alla Fase Tre e l’era Spirituale alla Fase Quattro. L’ardente giovinezza del Pianeta Terra durò numerosi miliardi di anni. Dopo che si fu raffreddata, apparve la vita vegetale, che regnò sul pianeta per milioni di anni. Essendo la massa vegetale inferiore a quella minerale, il periodo vegetale sulla Terra fu breve rispetto a quello minerale. Una volta che la fase vegetale si concluse, arrivò il periodo animale. Come per i due precedenti gradi, anche l’era animale fu più breve dell’era vegetale e riuscì ad armonizzare la proporzione fra le masse vegetali e animali. La fase umana, ovvero il livello parlante della piramide, esiste solo da circa quarantamila anni. Quando l’umanità avrà completato la sua evoluzione nella Quarta (ed ultima) Fase, l’intera evoluzione sarà terminata e l’umanità potrà finalmente ricongiungersi con il Creatore. La Quarta Fase iniziò circa cinquemila anni fa, quando per la prima volta apparve il desiderio di Spiritualità. Esaminando la piramide della Figura 8, potete vedere che essa ha una base molto larga. Ogni parte, rispetto a quella superiore, contiene più sostanza ed è meno raffinata. Tuttavia, ciascun livello è sottomesso e controllato dalla parte superiore; questo è il motivo per cui la correzione del mondo dipende interamente dalla correzione dell'ultimo e più elevato livello: quello Spirituale. Una finestra sulla Kabbalah Il punto nel cuore Quando i Kabbalisti parlano del cuore, appare ovvio che non si riferiscono al muscolo cardiaco nella cassa toracica. Il cuore è la somma dei nostri desideri di ricevere piacere. L'apparizione del desiderio per la Spiritualità è denominato dai Kabbalisti il «punto nel cuore». Questo “punto” è molto importante poiché la sua apparizione proietta una nuova luce sulla nostra vita e dà un significato più degno, Spirituale. È proprio questo punto che potrebbe condurci alla Spiritualità. Il nome della prima persona ad averlo scoperto fu Adamo - Adam ha-Rishòn (il Primo Uomo). Il nome Adamo viene dal nome ebraico Adamè La Eliòn («Sarò simile all’Altissimo»: Isaia XIV; 14) e rappresenta il desiderio di Adamo di essere come il Creatore. Oggi, all’inizio del XXI secolo, l'evoluzione termina lo sviluppo della Quarta Fase – il desiderio di assomigliare al Creatore; questo è il motivo per cui, in maniera sempre crescente, le persone ricercano una risposta Spirituale alle loro domande. SALIRE LA SCALA Quando i Kabbalisti parlano di progresso Spirituale, essi si riferiscono all'ascensione della Scala Spirituale. Questa è la ragione per la quale il Kabbalista Yehuda Ashlag ha intitolato il suo commento del Libro dello Zohar, Perùsh ha-Sulàm (letteralmente “commentario alla Scala”), dal quale egli prende il suo pseudonimo, Baal ha-Sulàm (il Padrone della Scala). In effetti «salire la Scala» significa «ritornare alla Radice». La ragione va ricercata nel fatto che la Radice della nostra Creazione, i Mondi Spirituali, sono una parte di noi, e, anche se non ne siamo coscienti, di fatto già li possediamo. Ora, dobbiamo solo comprendere come risalire “la Scala” da noi stessi, consapevolmente. La Spiritualità può venire esclusivamente dalla Luce, dal Creatore, ma, per diventare abbastanza forte, necessita di rafforzarsi tramite l’ambiente. Come per gli atleti, anche se dotati di talento, solo coloro che sono fortemente motivati arrivano in zona medaglia, così accade che solamente coloro che posseggono un grande desiderio riescono a raggiungere la Spiritualità. Per capire da dove provenga la maggiore motivazione degli atleti, dobbiamo osservare sia loro che il loro ambiente. In numerosi Paesi esistono scuole specializzate per gli sportivi di alto livello, che fanno in modo che tutta la loro vita ruoti intorno allo sport, permettendo così il mantenimento di uno spirito competitivo. Allo stesso modo, per raggiungere la Spiritualità, dobbiamo creare un ambiente che ci incoraggi ad essere più Spirituali. Un ambiente adatto ci convincerebbe che la Spiritualità è la cosa più importante nella vita e che, raggiungendoLa, saremo le persone più felici della terra. I nostri amici ci parlerebbero della grandezza della Spiritualità, dell'unione con il Creatore, così come gli amici degli atleti parleranno loro di vincere questa o quella competizione, e della sensazione provata arrivando primi in graduatoria, ecc. Nel linguaggio kabbalistico, potremmo dire che per gli atleti la «medaglia luccica» solo se colpita dalla «Luce Circostante». Di conseguenza, per volere la Spiritualità, abbiamo bisogno di ottenere una sorta di Luce Circostante, che ci permetterà di ricercare i piaceri Spirituali. Più ci raduneremo intorno a questa Luce e più procederemo rapidamente. Volere la Spiritualità si dice «Elevare MAN»: noi possiamo servirci della stessa tecnica degli sportivi per accrescere il nostro “desiderio di medaglie” – immaginando, parlando, leggendo, riflettendo e facendo tutto ciò che è in nostro potere per realizzarla. Tuttavia, non dimentichiamo che il mezzo più potente per accrescere tale desiderio resta sempre il nostro ambiente. Una finestra sulla Kabbalah Esiste una differenza tra «la Luce Circostante» e la semplice «Luce»? Le definizioni di «Luce Circostante» e «Luce» si riferiscono alle due funzioni della Luce stessa. La Luce che non è più considerata circostante è quella che ci fa conoscere il piacere, mentre la Luce circostante è la Luce che costruisce il nostro Klì, il luogo nel quale, alla fine, entrerà la Luce. Tutte e due sono in effetti una Luce, ma nel momento in cui noi ci correggiamo la chiamiamo «Luce Circostante», quando invece la sentiamo come un piacere la chiamiamo «Luce». Nella sua «Introduzione allo Studio delle Dieci Sfiròt», Baal ha-Sulàm spiega che, malgrado la Luce sia presente e circondi le nostre anime costruendo progressivamente il nostro Klì e aumentando il nostro desiderio di Luce, noi non La riceveremo fintanto che non avremo sviluppato il Klì stesso. Più avanti, nel capitolo sei, parleremo dell’ambiente; ora però cerchiamo di immaginarcelo così: se qualcuno nel mio ambiente volesse parlare sempre della stessa cosa e se esistesse una cosa sola che fosse “in voga”, finirei per volerla anche io. Più desidero qualcosa, più saranno grandi i miei sforzi per ottenerla. Più il mio Klì si ingrandisce e più attirerò la «Luce Circostante». La crescita del Klì mi incoraggia a sviluppare nuovi mezzi per avere ciò che desidero, per progredire velocemente verso lo scopo. L'equazione è semplice e diretta: più il Kli è grande più la Luce è intensa, e più rapide saranno la correzione e la ricezione della Luce nel Klì. COSTRUIRE IL KLÌ (Vaso) Ora non ci rimane altro che riuscire a comprendere come la Luce Circostante costruisce il nostro Klì e perché la chiamiamo Luce. Per comprendere tutto ciò, dobbiamo prima di tutto assimilare il concetto di Reshimòt. Non dimentichiamo che i Mondi Spirituali e l'anima di Adam ha-Rishòn si evolvono in un certo ordine. Nei Mondi troviamo Adam Kadmon, Atsilùt, Brià, Yetsirà e Assià. In Adam haRishòn, l'evoluzione prende il nome del tipo di desiderio che sta emergendo: inanimato, vegetale, animale, essere parlante, essere spirituale. Nessuno dei passi compiuti nel processo dell'evoluzione viene dimenticato, ma registrato nella nostra “memoria spirituale” incosciente; se ci pensiamo bene, infatti, non abbiamo mai dimenticato la nostra infanzia e ricordiamo il passato nelle esperienze attuali. In altre parole, in noi risiede l’intera storia della nostra evoluzione spirituale, dall'epoca nella quale eravamo un tutt'uno con il Pensiero della Creazione fino ad oggi. Ascendere la Scala Spirituale significa ricordarsi gli stati che abbiamo già vissuto. Queste memorie vengono appunto chiamate Reshimòt (iscrizioni). Ogni Reshimò simboleggia uno stato spirituale particolare. La nostra evoluzione spirituale si mostra in un ordine specifico e le Reshimòt emergono secondo quest'ordine. Ciò significa che i nostri stati futuri sono già determinati, noi non costruiamo nulla di nuovo, ma ricordiamo e riviviamo gli avvenimenti quando meno ce lo aspettiamo. La sola cosa che possiamo influenzare, e ne parleremo nei prossimi capitoli, è la nostra velocità nel risalire la scala. Più lavoriamo con fatica durante la salita, più velocemente gli stati cambieranno, facendoci avanzare spiritualmente. Ciascuna Reshimò termina quando è stata completamente vissuta. Come in una catena, la fine di una Reshimò determina la nascita di quella seguente. La Reshimò che viviamo attualmente (la nostra realtà) è collegata alla Reshimò che apparirà più avanti (il nostro livello futuro latente). La Reshimò attuale è attaccata alla propria Reshimò originaria, la sua “Reshimò parente”. Quindi, se solo lo volessimo, potremmo risvegliare la nostra prossima Reshimò. Questa è la ragione per la quale non dobbiamo mai sperare di terminare rapidamente il nostro stato attuale solo per riposarci, poiché, quando un livello finisce, esso necessariamente ci conduce al prossimo della lista, fino a che completeremo la nostra correzione. Raggiunto questo livello, potremo riposarci in uno stato di eterna gioia. I nostri sforzi per diventare altruisti (Spirituali) ci avvicinano allo stato corretto, poiché la forza della Luce che attiriamo risveglia rapidamente in noi le Reshimòt. Il fatto che le Reshimòt siano presenti nelle esperienze Spirituali Superiori, fa sì che le sensazioni che esse creano in noi siano più Spirituali. Quando ciò si produce, cominciamo a percepire vagamente la capacità di stare insieme e l'unità e l'amore presenti in ciascun livello, un po’ come intravedere una timida luce lontana. Più cerchiamo di raggiungerla e più ci avviciniamo, più essa brilla in intensità. Per chi si avvicina maggiormente a questo stato, il suo desiderio diviene più intenso in base al fatto che la Luce che gli arriva è più forte. Di conseguenza possiamo dire che la Luce costruisce il nostro Klì, il nostro desiderio di Spiritualità. Abbiamo già detto che la parola «Luce Circostante» descrive perfettamente il nostro modo di ricevere. Fintanto che non La raggiungiamo, La vediamo come esterna, una Luce che ci attira con la sua splendente promessa di gioia. Ogni volta che la Luce costruisce per noi un Klì grande abbastanza da consentirci di attraversare il prossimo livello, la Reshimò successiva seguirà un nuovo desiderio nato in noi. Anche se non ce ne rendiamo conto, i nostri desideri cambiano perché appartengono comunque a delle Reshimòt di un grado superiore al nostro livello attuale, anche se alle volte ci sembra proprio il contrario. Nel momento in cui la nostra attuale Reshimò si manifesta ci conduce al nostro stato attuale, mentre il nuovo desiderio che si avvicina, proveniente da una nuova Reshimò, produrrà il nostro nuovo stato. Al momento, chiamiamo la nuova Reshimò il «nostro futuro», ma, poco dopo, quando la nuova Reshimò sarà completamente emersa, essa diverrà il nostro presente, così come lo è la nostra Reshimò attuale. L'ascensione della Scala è una spirale verticare di Reshimòt che termina con la fine della Creazione – la Radice delle nostre anime, quando saremo tutti uniti e quindi uguali al Creatore. IL DESIDERIO PER LA SPIRITUALITÀ Una finestra sulla Kabbalah Gusti e colori non si discutono La sola differenza fra le persone è il modo con il quale esse vogliono vivere il piacere. Il piacere in se stesso è senza forma, intangibile. Quando noi "lo vestiamo" diversamente, esso crea l'illusione che esista più di una forma di piacere, mentre, in effetti, si tratta semplicemente di diverse varietà di abiti. Il fatto di aspirare a dei piaceri essenzialmente spirituali, spiega perché abbiamo il desiderio inconscio di sostituire gli abiti superficiali del piacere con un desiderio che risenta della sua forma più pura: la Luce del Creatore. Poiché non siamo coscienti del fatto che la differenza fra la gente è solo negli abiti del piacere, noi li giudichiamo in funzione agli abiti che essi preferiscono. Consideriamo legittimi certi tipi di piacere, fra cui l'amore per i bambini, mentre altri piaceri, come le droghe, li consideriamo inaccettabili. Quando avvertiamo in noi un tipo di piacere inaccettabile, siamo portati a occultarlo. Anche se nascondere un desiderio non lo fa di certo sparire e tanto meno correggere. Come abbiamo spiegato precedentemente, la parte inferiore della Fase Quattro è la sostanza dell'anima dell'Adam ha-Rishòn (Figura 6). Così come i mondi sono costruiti seguendo lo sviluppo dei desideri, allo stesso modo avviene per l'anima di Adamo (l'umanità), che si evolve in cinque fasi: da Zero (inanimato) a Quattro (Spirituale). Quando ciascuna di queste fasi si presenta, l'umanità la vive fino al suo completo esaurimento. Appare allora un nuovo desiderio, conformemente alla sequenza delle Reshimòt marcate in noi. Ad oggi, abbiamo vissuto tutte le Reshimòt e tutti i desideri, dall'Inanimato fino al Parlante. Tutto ciò che resta all'umanità per completare la sua evoluzione è vivere pienamente i desideri Spirituali. Raggiungeremo così l'unione con il Creatore. In realtà, l’apparizione dei desideri al quinto livello – lo Spirituale – è iniziata già nel XVI secolo, come scrisse Ari; oggi, invece, siamo testimoni della comparsa del desiderio più intenso del quinto livello: lo Spirituale nello Spirituale. Inoltre, siamo testimoni di questo sviluppo tra le masse, in milioni di individui in tutto il mondo, che cercano risposte spirituali alle loro domande. Il fatto è che le Reshimòt che appaiono ai giorni nostri sono più grandi dei desideri spirituali del passato, perché le domande elementari che la gente si pone sono relative alle loro origini e alle loro radici! Benché la maggior parte delle persone siano benestanti e possano quindi far fronte ai propri bisogni e a quelli delle loro famiglie, essi sentono la necessità di sapere da dove provengono, secondo quale piano e con quale scopo. Quando non sono soddisfatti delle risposte fornite dalle religioni, essi cercano altre discipline ed insegnamenti. • Fase Quattro - la Fase dell'evoluzione cosciente La principale differenza tra la Fase Quattro e tutte le altre fasi è che in questa dobbiamo evolvere in maniera cosciente. Nelle fasi precedenti, la Natura ci ha sempre forzato a passare da una fase all'altra, pressandoci fino a farci sentire a disagio e desiderosi di cambiare la nostra situazione presente. La Natura ha così agito per lo sviluppo di tutte le sue parti: umano, animale, vegetale ed anche minerale. Il nostro desiderio fondamentale è passivo, in effetti siamo considerati i riceventi dei piaceri e non i donatori (al contrario di quello che noi pensiamo). Di conseguenza, non passiamo da uno stato ad un altro fino a che la pressione non sia divenuta insopportabile, altrimenti preferiamo restare immobili. La logica è semplice: se mi trovo bene dove sono, perché muovermi? Ma la Natura ha un piano di riserva molto diverso dalla nostra intenzione. Invece di permetterci di compiacerci nel nostro stato attuale, Essa vuole che avanziamo fino a raggiungere il suo stesso livello, quello del Creatore. Perché questo è, dopo tutto, lo scopo della Creazione. Così noi disponiamo di due opzioni: possiamo scegliere di procedere sotto la pressione della Natura, ma la nostra vita diverrebbe insopportabile, oppure possiamo evolvere senza dolore, partecipando attivamente e coscientemente al nostro sviluppo. Non possiamo restare passivi e sottosviluppati, questo modo di agire non può essere considerato una soluzione, poiché non faceva parte del piano della Natura quando ci ha creati. Il nostro livello Spirituale comincia a svilupparsi solo se noi lo vogliamo, così da poter raggiungere la stessa condizione del Creatore. Come nella Fase Quattro, siamo tenuti ora a cambiare volontariamente il nostro desiderio. ö per questo motivo che la Natura continua a esercitare la sua pressione su di noi. Noi continueremo a essere colpiti da uragani, terremoti, epidemie, dal terrorismo e da ogni sorta di prove naturali e artificiali, fin tanto che non realizzeremo che dobbiamo cambiare, che dobbiamo tornare coscientemente alla nostra Radice. Per concludere, la nostra Radice Spirituale si sviluppa lungo la Fase Zero sino ad arrivare alla Fase Quattro. La Fase Quattro si è frammentata nei Mondi Superiori (la parte alta) e nell’anima (la parte bassa). Le anime, raggruppate nell’anima comune di Adam ha-Rishòn, si sono poi frammentate e hanno perso il senso di unità con il Creatore. Questa frammentazione dell’anima comune di Adam ha-Rishòn ha portato l’umanità allo stato attuale, con barriere invisibili che separano il nostro mondo da quello Spirituale. RIASSUMENDO Il mondo materiale si evolve secondo lo stesso ordine di livelli di quello Spirituale, vale a dire come una piramide di desideri. Nel Mondo Spirituale, i desideri (minerale, vegetale, animale, essere parlante e spirituale) creano i mondi Adam Kadmon, Atsilùt, Brià, Yetzirà e Assià. Nel mondo materiale essi creano i minerali, le piante, gli animali, la gente e le persone con «il punto nel cuore». Il mondo fisico è stato creato quando l'anima di Adam ha-Rishòn si è frammentata, permettendo l'apparizione di tutti i desideri, uno ad uno, dal più leggero al più pesante, dal minerale allo spirituale, creando così il nostro mondo fase dopo fase. Oggi, all’inizio del XXI secolo, tutti i livelli sono stati raggiunti, tranne il desiderio per la Spiritualità che è apparso attualmente. Correggendolo ci troveremo uniti al Creatore, poiché il nostro desiderio di Spiritualità, in realtà, è il desiderio di unirci a Lui. In questo modo riusciremo a raggiungere l’apice del processo dell'evoluzione del mondo e dell'umanità. Aumentando intenzionalmente il desiderio di ritornare alla nostra Radice Spirituale, noi costruiamo un Klì Spirituale. La Luce Circostante corregge il Klì e lo sviluppa. Ciascun nuovo livello di sviluppo suscita in noi una nuova Reshimò, un'iscrizione del nostro stato passato, già vissuto quando eravamo più corretti. Infine, la Luce Circostante corregge tutto il Klì e tutti i frammenti dell'anima di Adam ha-Rishòn raccolti e riuniti al Creatore. Tuttavia, questo processo solleva qualche domanda: se la Reshimò è iscritta in me e gli stati suscitati e vissuti sono ugualmente in me, dove si trova allora la realtà oggettiva in tutto ciò? Se qualcuno possiede delle Reshimòt differenti, vive in un altro mondo che non è il mio? Cosa ne è dei Mondi Spirituali, dove si trovano, se tutto ciò che vivo esiste unicamente in me? E ancora, dov'è la “dimora del Creatore”? Continuando nella lettura, vedrete che il prossimo capitolo risponderà a tutte queste domande. 5 La realtà della realtà Tutti i mondi, superiori e inferiori, sono compresi l'uno nell'altro - Yehuda Ashlag T ra i concetti più inattesi trattati dalla Kabbalah, non ne esistono di più incerti, illogici, nonché profondi e affascinanti, come il concetto della realtà. Se non fosse stato trattato da Einstein e dalla fisica quantistica, che hanno rivoluzionato il nostro modo di percepire la realtà, le idee presentate fino ad ora sarebbero state sicuramente rigettate e ridicolizzate. Nel capitolo precedente abbiamo detto che si innescò una certa evoluzione perché il nostro desiderio di ricevere il piacere progrediva dal livello Radice verso il Quarto livello. Se i nostri desideri sono il motore dell'evoluzione del mondo, il mondo esisterebbe veramente al di fuori di noi? Potrebbe essere che il mondo circostante sia solo una storia alla quale noi vogliamo credere? Abbiamo visto che la Creazione inizia con il Pensiero della Creazione stessa creando poi le Quattro Fasi fondamentali della Luce. Queste fasi comprendono dieci Sfiròt: Keter (Fase Zero), Khokhmà (Fase Uno), Binà (Fase Due), Khessed, Gvurà, Tifferet, Netzakh, Hof e Yessòd (fanno tutte parte della Fase Tre – Zeir Anpìn), e Malkhut (Fase Quattro). Il Libro dello Zohar, l'opera di riferimento alla Kabbalah – il libro che tutti i Kabbalisti studiano – dice che tutta la realtà è composta unicamente da dieci Sfiròt. Ogni cosa è strutturata secondo queste dieci Sfiròt. La sola differenza tra di esse è il loro livello d'immersione nella nostra sostanza – il desiderio di ricevere. Per comprendere il significato dato dai Kabbalisti alla frase: «esse sono immerse nella nostra sostanza», immaginatevi una forma, diciamo una sfera, conficcata in un pezzo di pasta da modellare, o d'argilla. La forma rappresenta un gruppo di dieci Sfiròt mentre l'argilla rappresenta noi, cioè rappresenta le nostre anime. Adesso, anche se affondate la sfera all'interno dell'argilla, la sfera non cambierà, ma più profondamente penetrerà nell'argilla, più trasformerà quest’ultima. Come avvengono le cose quando i soggetti sono le dieci Sfiròt e un’anima? Non avete mai improvvisamente fatto caso al fatto che vi possa essere sfuggito un particolare di un oggetto che è sempre stato al vostro fianco? Questo assomiglia alla sensazione delle dieci Sfiròt che affondano un po’ più profondamente nel desiderio di ricevere. Altrimenti detto, quando realizziamo qualcosa di nuovo, è perché le dieci Sfiròt discendono ancor più in noi. I Kabbalisti hanno nominato il desiderio di ricevere – Aviùt. Aviùt significa in realtà lo spessore e non il desiderio. Essi impiegano questo termine poiché più il desiderio di ricevere è grande, e più gradi di spessore gli saranno aggiunti. Come ora diremo, il desiderio di ricevere, l'Aviùt, si compone di cinque gradi di base – 0, 1, 2, 3, 4. Nel modo e nella misura in cui le dieci Sfiròt penetrano all'interno dei livelli (strati) d'Aviùt, esse formano una varietà di combinazioni o miscela di desideri di ricevere con il desiderio di dare. Queste combinazioni danno vita a tutto ciò che esiste: i Mondi Spirituali, i mondi fisici e tutto ciò che essi contengono. Le variazioni della nostra sostanza (desiderio di ricevere) creano i nostri utensili di percezione, nominati Kelìm (Plurale di Klì). Ciò significa che ciascuna forma, colore, odore, pensiero – tutto ciò che esiste – è presente, poiché in me si trova un Klì adeguato a riceverlo. Un po’ come il nostro cervello si serve delle lettere dell'alfabeto per apprendere ciò che il mondo può offrirgli, i nostri Kelìm utilizzano le dieci Sfiròt per studiare ciò che offrono i Mondi Spirituali. Nel nostro mondo apprendiamo certe restrizioni e regole, nello stesso modo, nei Mondi Spirituali, abbiamo bisogno di conoscere le regole che governano questi mondi. Quando il nostro oggetto di studio si trova nel mondo fisico, dobbiamo seguire certe regole. Per esempio, per conoscere la verità su qualche cosa, essa deve essere prima sperimentata empiricamente. Se gli esperimenti dimostrano una certa teoria, allora sarà considerata giusta, fino a che qualcuno – attraverso altri esperimenti e non solo a parole – non dimostri il contrario. Fintanto che una cosa non si è verificata, rimane solo e per l’appunto ad un livello teorico. I Mondi Spirituali hanno ugualmente dei limiti, tre per l'esattezza. Se aspiriamo a raggiungere lo scopo della Creazione e ad assomigliare al Creatore, dobbiamo aderire e seguire questi mondi. TRE LIMITI NELLO STUDIO DELLA KABBALAH PRIMO LIMITE – COSA PERCEPIAMO? Nella sua Prefazione al Libro dello Zohar, il Kabbalista Yehuda Ashlag scrive che vi sono «quattro categorie di percezione: la materia, la Forma rivestita dalla materia, la Forma Astratta e l'Essenza». È nel corso dell'esame della Natura Spirituale che dobbiamo decidere quale di queste categorie ci procura, o meno, un'informazione solida e affidabile. Lo Zohar ha scelto di spiegare solo le prime due. Altrimenti detto, ciascuna parola è scritta sia considerando la prospettiva della materia, sia considerando la Forma rivestita dalla materia ma non si fa nessun cenno alla Forma Astratta o all’Essenza. SECONDO LIMITE – DOVE PERCEPIAMO? Come abbiamo detto precedentemente, la sostanza dei Mondi Spirituali viene denominata: «l’anima di Adam ha-Rishòn», così furono creati i Mondi Spirituali. Benché tutto ciò non venga percepito in questo modo, abbiamo già attraversato la Creazione di questi mondi e stiamo risalendo verso i livelli Superiori. In effetti, l’anima di Adamo è già frantumata in una miriade di frammenti. Lo Zohar ci insegna che la maggior parte di essi, il 99 per cento per l’esattezza, si sparsero nel mondo di Brià, Yezirà e Assià (BYA), il restante un per cento risalì per arrivare al mondo di Azilùt. Allo stesso modo, l’anima di Adamo è costituita dai contenuti dei mondi di BYA, i quali si frantumarono tra tutti questi mondi e, visto che noi siamo tutti frammenti di quest’anima, ne deriva chiaramente che quanto percepiamo, non può che essere parte di questi ultimi. Tutto ciò che recepiamo, proveniente dai Mondi Superiori a BYA, quali Azilùt e Adam Kadmon, non sono altro che proiezioni, filtrate dai mondi di BYA. Il nostro mondo è il grado più basso dei mondi BYA. Infatti, questo grado è totalmente opposto nella sua Natura agli altri Mondi Spirituali, ecco perché non lo percepiamo. Un paragone calzante è quello di due persone che si danno reciprocamente il dorso volgendosi in due opposte direzioni. Essi avranno un giorno l’opportunità di incontrarsi? Eppure, quando ci correggiamo, scopriamo che viviamo già nei mondi di BYA. Alla fine, con essi cominceremo a gravitare intorno ai modi di Azilùt e Adam Kadmon. TERZO LIMITE – CHI PERCEPISCE? Benché lo Zohar descriva minuziosamente il contenuto di ciascun mondo e di ciò che si svolge in essi come se si trattassero di luoghi geografici, in realtà esso parla solamente delle esperienze vissute dalle anime. In altri termini, si parla di come i Kabbalisti percepiscono le cose, dandoci così la possibilità di percepirle a nostra volta. Di conseguenza, quando leggiamo nello Zohar di avvenimenti accaduti nei mondi di BYA, apprendiamo, in effetti, come Rabbi Shimon Bar Yokhai (l’autore del Libro Zohar) percepiva gli stati spirituali. Succede, dunque, che quando i Kabbalisti parlano dei mondi al di sopra di BYA, non scrivono su questi mondi in modo particolare, bensì su ciò che essi stessi percepiscono quando si trovano nei mondi di BYA. Poiché i Kabbalisti raccontano le loro esperienze personali, possiamo trovare alle volte delle rassomiglianze o delle differenze nei loro scritti. Parte di questi scritti tratta della struttura generale dei mondi, descrivono ad esempio i nomi delle Sfiròt e dei mondi stessi, mentre un'altra parte racconta le esperienze personali vissute dai Kabbalisti in questi mondi. Se raccontaste a un amico di un vostro viaggio a Roma, potreste parlargli di Piazza di Spagna o di Castel S. Angelo, oppure potreste parlargli delle sensazioni provate passeggiando per Via Condotti o le impressioni riportate nella visita dei Fori Romani, inghiottiti da una folla di visitatori provenienti da tutto il mondo, sentendovi al contempo completamente soli. La differenza tra questi due esempi è che, mentre nel secondo caso racconto le mie esperienze personali, nel primo parlo delle impressioni che ogni persona può avere visitando Roma, benché ciascuno possa viverle in modo differente. Una finestra sulla Kabbalah È imperativo non dimenticare che lo Zohar non deve essere visto come una storia mistica o come una raccolta di fiabe. Lo Zohar, come tutti gli altri libri di Kabbalah, deve essere utilizzato come uno strumento di studio. Ciò significa che il libro non vi aiuterà se non desiderate vivere ciò che in esso vi è scritto, in questo caso, non solo non vi sarà d'aiuto, ma non riuscirete neanche a capirlo. Ricordate: la giusta comprensione dei testi kabbalistici dipende dalle vostre intenzioni al momento della lettura, dato che voi li leggete, non dalle vostre capacità intellettuali. Inoltre, solo se desiderate trasformarvi e vi dotate delle qualità altruistiche di cui parlano i testi quest'ultimi vi potranno influenzare. Abbiamo detto in precedenza che passato il primo livello di lettura, lo Zohar parla solo dal punto di vista della Materia e della Forma rivestita della materia. Per “materia” s’intende il desiderio di ricevere e per “forma rivestita della materia” s’intende invece l'intenzione con la quale il desiderio di ricevere vuole ottenere, con il solo scopo di raggiungere propri obiettivi oppure a beneficio degli altri. In altri termini: la Materia = il desiderio di ricevere; la Forma = l'intenzione. La Forma del dono in sé stesso si chiama «il mondo di Atzilùt». La Forma Astratta del dono è l'attributo del Creatore e non ha alcun rapporto con le creature, che sono per natura riceventi. Tuttavia, le creature (la gente) possono dotare il loro desiderio di ricevere della Forma del dono e così Assomigliare al dono stesso. Altrimenti detto, in questo modo possiamo ricevere ed agire pur essendo in realtà dei donatori. Esistono due motivi per cui non possiamo donare: 1. Per donare, una persona dovrebbe prima ricevere. Pertanto, eccetto noi (le anime), vi è solo il Creatore, il Quale non ha bisogno di ricevere poiché la Sua natura è quella di donare. Questo è il motivo per cui donare non è un'opzione valevole per noi. 2. Non abbiamo nessuna voglia, non possiamo dare perché siamo fatti del desiderio di ricevere, la ricezione è la nostra sostanza, la nostra materia. Quest'ultima affermazione è più complicata di quanto appaia. Quando i Kabbalisti scrivono che tutto ciò che vogliamo è ricevere, essi non intendono dire che tutto ciò che facciamo è ricevere, ma che le nostre motivazioni sono alla base di tutte le cose che intraprendiamo. Essi si esprimono molto semplicemente: se non proviamo piacere, non agiamo. Non si tratta unicamente di non volere, il fatto è che non ne siamo letteralmente capaci. La causa di ciò è che il Creatore (Natura) ci ha creati con il solo desiderio di ricevere, mentre Egli non vuole altro che donare. Questo è il motivo per cui non abbiamo bisogno di cambiare le nostre azioni, ma abbiamo bisogno solamente di aggiungere un'intenzione. PERCEZIONE DELLA REALTÀ Per descrivere la comprensione vengono impiegati numerosi termini. Per i Kabbalisti, il livello più profondo di comprensione si chiama «accesso». I loro studi dei Mondi Spirituali li portano a voler raggiungere l'«accesso Spirituale». Accedere si riferisce a un sapere approfondito e minuzioso di ciò che viene percepito, senza lasciare posto alle domande. I Kabbalisti scrivono che, in termini di evoluzione dell'umanità, noi tutti raggiungeremo il Creatore in uno stato chiamato «Equivalenza della Forma». Per arrivare a questa meta, i Kabbalisti hanno definito precisamente quelle parti della realtà che dobbiamo studiare, seguendo un principio molto semplice: se qualcosa ci aiuta a capire meglio e più in fretta, questo qualcosa dovrà essere studiato, altrimenti dovrà essere ignorato. I Kabbalisti in generale, e lo Zohar in particolare, ci incoraggiano a studiare solo quelle parti nelle quali potremo avere una percezione assolutamente certa. Se ciò dovesse implicare dei dubbi, non dobbiamo perdere il nostro tempo, in quanto il nostro accesso sarebbe discutibile. I Kabbalisti aggiungono, inoltre, che tra le Quattro categorie di percezione – Materia, Forma rivestita della materia, Forma astratta ed Essenza – possiamo percepirne con certezza solo due. È per questo motivo che tutto ciò che è scritto nello Zohar parla unicamente del desiderio (Materia) e di come utilizzare queste due categorie: con dei fini personali o con lo scopo di aderirsi al Creatore. Il Kabbalista Yehuda Ashlag scrive che «se il lettore non sa essere prudente con i limiti, ed esce fuori dal contesto, egli si sentirà immediatamente confuso». Ciò avrà senz’altro luogo se non limiteremo il nostro studio alla Materia e alla Forma rivestita della materia. Dobbiamo comprendere che la nozione di “interdizione” non esiste nella Spiritualità. Quando i Kabbalisti menzionano la parola “interdetto” vogliono semplicemente dire «impossibile». Ecco perché, quando i Kabbalisti dicono che non dobbiamo studiare la Forma Astratta e l'Essenza, non significa che saremo colpiti dalla folgore se comunque tenteremo di farlo, ma, semplicemente, che non possiamo studiare queste categorie, anche se lo desideriamo veramente. Yehuda Ashlag si serve dell'esempio dell'elettricità per spiegare l'impercettibilità dell'Essenza. Dice che elettricità può essere utilizzata in diversi modi: per il riscaldamento, per la climatizzazione, per far funzionare gli elettrodomestici ecc. Pur rivestendo numerose Forme, possiamo noi esprimere l'Essenza dell'elettricità stessa? Prendiamo un esempio per spiegare le quattro categorie: Materia, Forma rivestita della materia, Forma Astratta, Essenza. Quando diciamo di una persona che è forte, noi ci riferiamo alla Materia di questa persona – il corpo – e alla Forma (l’attributo) che si riveste di questa materia – la forza. Se noi spogliassimo la Forma dalla Materia (la forza dal corpo della persona) ed esaminassimo la Forma della Forza separatamente, senza la Materia, ciò equivarrebbe ad esaminare la Forma astratta della forza. La quarta categoria, l’Essenza della persona, è completamente inaccessibile. Non siamo dotati del senso che può “studiare” l'Essenza e tracciarne un'immagine nella Forma percettibile. Di conseguenza, non solo al momento attuale non conosciamo “l’Essenza”, ma non potremo mai giungere a conoscerLa. Una finestra sulla Kabbalah La trappola della confusione Perché è così importante concentrarsi unicamente sulle prime due categorie? Il problema è che quando il soggetto presenta una caratteristica spirituale, non sa se si trovi o meno nella confusione. Perciò, egli tende a continuare sempre nella stessa direzione, deviando dalla verità. Nel mondo materiale, se sappiamo ciò che vogliamo, possiamo verificare se otteniamo l'oggetto desiderato o no, o, per lo meno, se abbiamo intrapreso il cammino giusto per arrivarci. Non avviene lo stesso nel caso della Spiritualità. Se abbiamo torto, non facciamo altro che negare ciò che vogliamo, perdendo anche il grado Spirituale raggiunto. In questo caso la Luce si ferma e diventiamo incapaci di dirigere noi stessi senza l'aiuto di una guida. È dunque molto importante comprendere questi tre limiti e seguirli alla lettera. UNA REALTÀ INESISTENTE Oramai sappiamo ciò che possiamo studiare e cosa no, vediamo ora quello che possiamo apprendere attraverso i nostri sensi. Prima, però, va detta una cosa a proposito dei Kabbalisti, e cioè che essi non trascurano nessun dettaglio. Yehuda Ashlag, che ha intrapreso delle ricerche sulla realtà nel suo insieme al fine di parlarcene, ha scritto che non conosciamo ciò che esiste all'esterno di noi stessi. Per esempio, non abbiamo alcuna idea di ciò che esiste all'esterno delle nostre orecchie, ovvero per quale causa i nostri timpani reagiscono. Tutto ciò che sappiamo è che, sollecitati da uno stimolo esterno, abbiamo una reazione. Anche i nomi attribuiti a un fenomeno non sono riallacciabili ai fenomeni stessi, ma alle nostre reazioni nei loro confronti. È molto probabile che non siamo coscienti della maggior parte delle cose che si accadono nel mondo. Esse passano inosservate ai nostri sensi poiché, ovviamente, non possiamo reagire ai fenomeni che non possiamo percepire. Ecco dunque il motivo per cui non è possibile captare l'essenza di una qualunque cosa esterna a noi, non ci rimane, quindi, che studiare le nostre reazioni rispetto a questi elementi. Queste regole di percezione non si applicano soltanto ai Mondi Spirituali, ma alla legge di tutta la Natura. Definire così la nostra relazione nei confronti della realtà, ci permette di realizzare immediatamente che ciò che noi vediamo, in realtà, non esiste. Per compiere un progresso Spirituale, è molto importante comprendere ciò. Osservando la nostra realtà, cominciamo a scoprire delle cose di cui non eravamo coscienti. Interpretiamo le cose che avvengono in noi come se queste si producessero all'esterno. Non conosciamo le reali cause degli avvenimenti vissuti, ma sperimentiamo che essi si sono svolti all’esterno di noi. Non di meno, non possiamo mai esserne sicuri. Per definire un corretto rapporto con la realtà, non dobbiamo pensare che ciò che percepiamo è un’immagine “reale”, infatti, si tratta solo del modo in cui gli avvenimenti (Forme) influiscono sulle nostre percezioni (Materia). Tanto più, che ciò che percepiamo non è un'immagine esteriore oggettiva, ma la nostra stessa reazione. Non possiamo dire neanche e in quale misura le Forme percepite siano legate alle Forme astratte, alle quali noi facciamo riferimento. In altre parole, il fatto di avere una mela rossa non ci garantisce che essa sia veramente rossa. Una finestra sulla Kabbalah Infatti, se voi domandaste a un fisico, egli vi risponderebbe che la sola vera affermazione da stabilire a proposito della mela rossa, è che essa non è rossa. Ricordatevi come funziona il Massàkh (Schermo), egli riceve solo ciò è che in misura di donare al Creatore, altrimenti lo respinge. Succede lo stesso con il colore degli oggetti; ogni colore è determinato dalle onde della luce che l'oggetto non può assorbire. Noi non vediamo il colore dell'oggetto, bensì la luce riflessa dall'oggetto stesso. Il colore di un oggetto è la luce che viene da lui assorbita. L’oggetto, assorbendo questa luce, non permette dunque al colore di raggiungere il nostro occhio, perciò non possiamo vederlo. Ecco perché il vero colore della mela rossa è tutto tranne che rosso. Yehuda Ashlag, nella Prefazione del Libro dello Zohar, ci spiega la nostra mancanza di percezione dell'Essenza in questi termini: «È un dato di fatto che ciò che non possiamo sperimentare, non possiamo neanche immaginarlo. Ne consegue che il pensiero non ha alcuna percezione dell’Essenza, qualunque essa sia.» In altri termini, siccome non possiamo sperimentare l’Essenza, non importa quale essa sia, non possiamo neanche percepirla. Tuttavia, il concetto che più di altri lascia gli allievi della Kabbalah perplessi, risalta quando essi leggono per la prima volta la Prefazione di Ashlag relativa alla mancanza della conoscenza di noi stessi. A questo proposito Ashlag scrive (§12): «E, ancor più, non conosciamo ancora la nostra stessa Essenza. Io sento e so che mi trovo in un certo posto sulla terra, che sono solido, che ho freddo e che penso, così come altre manifestazioni dell'operato della mia Essenza. Tuttavia se voi mi domandaste qual è la mia Essenza... non saprei cosa rispondervi.» IL MECCANISMO DI MISURA Guardiamo ora il nostro problema di percezione sotto un profilo più meccanico. I nostri sensi sono strumenti di misura, misurano tutto ciò che essi percepiscono. Ascoltando un suono, determiniamo se è forte o debole, vedendo un oggetto, possiamo (normalmente) dire qual è il suo colore e, toccando qualche cosa, sappiamo immediatamente se è calda o fredda, umida o secca. Tutti gli strumenti di misura funzionano nello stesso modo. Immaginate una bilancia con il peso di un kilogrammo. Il meccanismo del peso tradizionale é fatto di una molla che è tesa secondo il peso e di una riga che misura la rigidità della molla stessa. Quando la molla cessa di estendersi e si ferma ad un certo punto, i numeri sulla riga indicano il peso. In realtà, non misuriamo il peso, ma l'equilibrio tra la molla e il peso (schema 9). Figura 9: La bilancia misura la tensione della molla e non il peso stesso. Questo è il motivo per il quale il Kabbalista Ashlag afferma che non possiamo percepire la Forma Astratta, dove l'oggetto non esiste in se stesso e neppure a causa di se stesso, poiché non abbiamo nessun legame con esso. Utilizzando la molla per misurare l'impatto esteriore dell'oggetto, possiamo ottenere un risultato. Quindi, se non siamo capaci di misurare tale fenomeno esterno, è come se non si fosse prodotto. Tanto più che, se ci serviamo di una molla difettosa per misurare lo stimolo esteriore otterremo un risultato sbagliato. Questo è quello che ci succede invecchiando quando i nostri sensi si alterano. In termini spirituali, il mondo esteriore ci presenta delle forme astratte, come i pesi. Utilizzando la molla e il quadrante – il desiderio di ricevere e l'intenzione di dare – noi misuriamo la quantità di forma astratta che possiamo ricevere. Se fossimo capaci di costruire un calibratore per “misurare” il Creatore, noi Lo potremmo sperimentare come sperimentiamo questo mondo. In effetti, un tale strumento di misura esiste e si chiama «sesto senso». IL SESTO SENSO Cominciamo questo paragrafo facendo lavorare un po’ la nostra immaginazione: ci troviamo in un luogo buio, completamente vuoto. Non vediamo niente, non sentiamo un suono, non vi sono né odori né profumi e niente che si possa toccare. Ora, pensate di essere in questo stato da lungo tempo e di aver dimenticato di essere stati dotati di tali sensi, e che queste sensazioni esistano. Improvvisamente un vago aroma vi giunge, cresce progressivamente e vi circonda, ma non riuscite a capirne la provenienza. Poi, altri odori vi giungono, alcuni possenti, altri più sottili, dolci oppure acri. Utilizzandoli siete ora capaci di trovare il vostro cammino nel mondo. Seguendo i differenti profumi, provenienti da luoghi diversi, potete cominciare a trovare il vostro cammino. Poi, senza nessun preavviso, udiamo dei suoni provenienti da tutte le parti: musica, parole, rumori. Questi suoni vi forniscono una capacità supplementare per potervi orientare. Ormai sapete valutare le distanze e le direzioni, sapete indovinare l’origine degli odori e dei suoni. Non si tratta più di un semplice luogo nel quale voi vivete, è un mondo intero di suoni e odori. Dopo di che, quando qualcosa vi tocca, fate una nuova scoperta. Rapidamente vi rendete conto che potete toccare degli oggetti. Oggetti caldi o freddi, secchi o umidi, morbidi o duri e, qualche volta, non sapete neanche voi valutarne la consistenza. Poi, realizzate che alcuni di questi oggetti si possono mettere in bocca e che hanno tutti un gusto particolare. Ora vivete in un mondo di suoni, di odori, di sensazioni e di gusti. Potete toccare degli oggetti e studiare il vostro ambiente. Così è il mondo dei ciechi, sin dalla nascita. Se voi foste al loro posto, pensereste di aver bisogno di vedere? Sapreste di non vedere? No, a meno che siate stati in grado di vedere in passato. La stessa cosa avviene con il sesto senso; abbiamo dimenticato di averlo, sebbene sia in nostro possesso da prima della frammentazione di Adam ha-Rishòn, da cui tutti proveniamo. Il sesto senso opera essenzialmente come i cinque sensi, l’unica differenza è che, al momento della nascita, lo possediamo solo in maniera latente, il nostro compito è quindi quello di svilupparlo. In effetti, la definizione di «sesto senso» induce in errore poiché in realtà non sviluppiamo un altro senso, ma un’intenzione. Sviluppando questa intenzione, apprendiamo le Forme del Creatore, le Forme dei doni opposte al nostro innato egoismo. Questo è il motivo per cui il sesto senso non ci è stato dato dalla Natura; poiché, rispetto a noi, è un antagonista. Costruire un’intenzione su ciascun desiderio da noi provato può renderci coscienti di chi siamo, chi è il Creatore, e se vogliamo o no assomigliare a Lui. Noi possiamo realmente scegliere solo se abbiamo a disposizione due opzioni. Il Creatore non ci forza ad assomigliarGli, ad essere altruisti, ma ci mostra chi siamo noi, e chi invece Egli è, dandoci l’opportunità di scegliere liberamente. Una volta che la scelta è fatta diventiamo le persone che aspiriamo essere: simili o non simili al Creatore. Perché, allora, chiamiamo l’intenzione di dare «sesto senso»? Perché avendo la stessa intenzione del Creatore diventiamo come Lui. Ciò significa che non solo abbiamo la Sua stessa intenzione, ma che abbiamo sviluppato un’equivalenza di forma con Lui, vediamo e percepiamo cose che altrimenti non avremmo potuto vedere e percepire. È come se cominciassimo a vedere attraverso i Suoi occhi. UN CAMMINO ESISTE GIACCHÈ UN DESIDERIO L’HA CREATO Nel primo capitolo abbiamo detto che i concetti di Klì (Recipiente) e di Ohr (Luce) sono, senza ombra di dubbio, i concetti più importanti nella saggezza della Kabbalah. In realtà, fra i due concetti, il primo (Klì) è quello che conta di più per noi, malgrado il secondo (Ohr) sia la nostra vera meta. Precisiamo meglio il nostro pensiero facendo un esempio. Nel film «What the Bleep Do We Know!?» - («Cosa sappiamo veramente sulla realtà?!»), il Dr. Candace Pert spiega che se una certa Forma non esiste a priori in me, non sarei in grado di vederla all’esterno. Per spiegare questo, egli utilizza la storia degli indigeni radunati sulla spiaggia mentre osservavano l’arrivo dell’armata di Cristoforo Colombo. Si pensa, infatti, che gli Indiani non sarebbero stati in grado di vedere le navi, sebbene queste si trovassero di fronte a loro. Il Dr. Pert spiega inoltre che gli Indigeni non erano in grado di vedere le navi perché non avevano un modello pre-esistente di nave nella loro mente. Solo lo Sciamano, la cui curiosità lo ha portato a chiedersi da dove provenissero quelle strane increspature sull’acqua, dopo aver tentato di immaginare la causa di tutte quelle onde, è riuscito a scoprire le navi. In termini kabbalistici, egli prende un Klì interiore per distinguere un oggetto esteriore. In effetti, i Kelìm (plurale di Klì) non fanno altro che scoprire la realtà esteriore, essi la creano! Di conseguenza, possiamo anche dire che l’armata di Cristoforo Colombo è esistita solo nella mente degli indigeni, nei Kelìm che l’hanno vista e hanno potuto raccontare di averla vista. Una finestra sulla Kabbalah Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente, cadendo, fa comunque rumore? Questo celebre Koan Zen (un genere particolare di enigma Zen) può anche essere espresso in termini kabbalistici: Se non ci fosse un Klì a rivelare il suono dell’albero, come potremmo sapere che esso, cadendo, produce un rumore? Allo stesso modo potremmo considerare la scoperta di Colombo secondo un Koan Zen e chiederci: prima che Colombo scoprisse l’America, l’America stessa esisteva? Il mondo esteriore non esiste. Vi sono dei desideri, dei Kelìm che creano in funzione delle loro forme. Al di fuori di noi, vi è solamente la Forma Astratta, il Creatore intangibile e impercettibile. Noi modelliamo il nostro mondo creando i nostri stessi strumenti di percezione, i nostri Kelìm. Questo è il motivo per il quale, pregare il Creatore perché ci aiuti a superare le nostre sventure, o a migliorare il mondo circostante, non ci aiuterà. Il mondo non è né buono né cattivo, riflette solo lo stato dei nostri Kelìm. Correggendoli e migliorandoli, il mondo sarà migliore. Il Tikùn è interiore, come pure il Creatore. Egli è il nostro io corretto. Lo stesso vale per un gufo, per lui la notte in una foresta oscura rappresenta il miglior momento di visibilità, mentre per noi, è la cecità completa. La nostra realtà è a proiezione dei nostri Kelìm interiori, ciò che chiamiamo «mondo reale» è il riflesso della nostra correzione interiore o della nostra corruzione. Viviamo in un mondo immaginario. Se vogliamo elevarci al di sopra di questo mondo immaginario e andare verso il mondo reale, verso la vera percezione, dobbiamo adattarci ai veri modelli. Alla fine dei conti, poco importa quello che percepiamo perché le nostre percezioni sono determinate solo dalla nostra composizione interiore, in funzione della quale elaboriamo questi modelli. Non vi è nulla da scoprire al di fuori di noi, niente da scoprire eccetto la Luce Superiore astratta che agisce su di noi e rivela in noi una nuova immagine, conformemente al nostro livello di preparazione. Ora, quello che ci resta da fare è sapere dove trovare i Kelìm coretti. Esistono in noi? Dove dobbiamo costruirli? Se è il caso, come fare? Questo soggetto sarà trattato nei paragrafi seguenti. IL PENSIERO DELLA CREAZIONE I Kelìm sono elementi fondamentali dell’anima, abbiamo bisogno di leggere il piano prima ancora di cominciare i lavori. Sfortunatamente, il Creatore, l’Architetto del Piano è reticente nel concedercelo. Egli, invece, vuole che noi si apprenda e si esegua il Piano Generale delle nostre anime in modo indipendente. Solo in questa maniera potremo veramente comprendere il Suo Pensiero e divenire come Lui. Per apprendere chi Egli sia, dobbiamo guardare attentamente ciò che Egli fa e dobbiamo imparare a comprenderlo attraverso le Sue azioni. Su questo punto, la frase dei Kabbalisti è molto precisa: «Dalle tue azioni, Ti conosceremo». I nostri desideri, la materia prima dell’anima, esistono già. Egli ce li ha donati, dobbiamo solo apprendere come servircene correttamente, mettendoci tutta la buona volontà. Così le nostre anime saranno corrette. Come abbiamo detto in precedenza, le buone intenzioni sono le intenzioni altruistiche. Altrimenti detto, abbiamo bisogno di servirci dei nostri desideri per il bene degli altri e non per il proprio tornaconto. Agendo così, ne trarremo un beneficio poiché facciamo tutti parte dell’anima di Adam ha-Rishòn. Che lo vogliamo o no, il fatto di nuocere a qualcuno si ritorce contro di noi, come un boomerang che ritorna al suo lanciatore con il medesimo vigore. Facciamo il punto: un Klì corretto è un desiderio utilizzato con intenzioni altruistiche, viceversa, un Klì corrotto è un desiderio utilizzato con intenzioni egoistiche. Servendoci di un Klì in modo altruistico, agiamo come il Creatore ed in ciò saremo identici a Lui, se non altro per quanto concerne questo particolare desiderio. È così che apprendiamo il Suo Pensiero. L’unico problema, quindi, è cambiare le intenzioni nel momento in cui usiamo i nostri desideri. Affinché ciò avvenga, dobbiamo almeno cercare un altro modo di servircene. Abbiamo bisogno di sapere a cosa queste altre intenzioni possano assomigliare o come le potremmo sperimentare. In questo modo saremo in grado di decidere se vogliamo o meno cambiare le nostre intenzioni. Quando non vediamo altre possibilità di servirci dei nostri desideri, restiamo intrappolati in ciò che già abbiamo. In questo caso, come trovare altre intenzioni? È una trappola, oppure ci stiamo avvicinando a qualcosa? I Kabbalisti ci spiegano che niente può sfuggirci. È una trappola, ma non è una situazione irrisolvibile. Se perseguiamo la via delle nostre Reshimòt, un esempio di un’altra intenzione apparirà spontaneamente. Ora vediamo cosa sono le Reshimòt e come esse ci aiutino a venir fuori dalla trappola. RESHIMÒT – RITORNO VERSO IL FUTURO Reshimòt - letteralmente significa “registrazioni”, sono delle informazioni dei nostri stati antecedenti. Ciascuna Reshimò (singolare di Reshimòt) che l’anima vive nel suo percorso spirituale è composta da una “banca dati” particolare. Durante la nostra ascensione nella scala Spirituale, queste Reshimòt determinano il nostro cammino. Esse compaiono una ad una e siamo proprio noi a farle riemergere. Quanto prima riusciremo a rivivere ciascuna Reshimò, tanto prima la completeremo per passare a quella successiva. Ogni Reshimò si trova su un gradino più alto nella Scala rispetto a quella precedente. Non possiamo cambiare l’ordine delle Reshimòt. Sono state impresse al momento della nostra discesa, tuttavia possiamo e dobbiamo determinare ciò che avverrà di ciascuna di esse. Se restiamo passivi, aspettando che passino, impiegheremo molto tempo prima di viverle interamente e, prima che ciò accada, queste Reshimòt potrebbero causarci una grande sofferenza. Per questo motivo un approccio passivo è chiamato «la via della sofferenza». D’altra parte, possiamo scegliere un approccio attivo cercando di considerare ciascuna Reshimò come “una giornata in più a scuola”, e cercare di vedere cosa il Creatore sta tentando di insegnarci. Ricordandoci semplicemente che questo mondo è il risultato di avvenimenti spirituali, sarebbe più confortante accelerare le Reshimòt. Questo approccio attivo viene denominato «la via della Luce» poiché facciamo degli sforzi per collegarci al Creatore, alla Luce, invece di restare nello stato attuale, nella passività. In effetti, i nostri sforzi non devono necessariamente arrivare al successo, ma lo sforzo in sé stesso è sufficiente. Aumentando i nostri desideri di essere come il Creatore (altruista), ci connettiamo a dei livelli superiori, più spirituali. Il processo di progresso spirituale assomiglia moltissimo all’educazione di un bambino; è un semplice processo d’imitazione. Copiando gli adulti, anche senza comprendere ciò che fanno, i bambini creano costantemente in sé stessi il desiderio di apprendere. Notate: non è ciò che sanno che li fa crescere, bensì il solo fatto di voler sapere. Il desiderio di conoscenza è sufficiente per innescare in essi la Reshimò successiva, ovvero quella nella quale essi sanno già. Esaminiamo tutto ciò da un altro punto di vista, sotto un altro profilo: al principio, il voler sapere non scaturisce da una loro scelta, ma scaturisce dal fatto che la Reshimò attuale si è consumata, permettendo a quella successiva di uscire allo scoperto. Questo è il motivo per cui sta al bambino scoprirla, in altre parole, la Reshimò deve evocare in lui il desiderio di conoscerla. La Reshimò spirituale agisce precisamente nello stesso modo. Non apprendiamo veramente delle novità in questo mondo o nel Mondo Spirituale, ma risaliamo semplicemente il futuro. Se vogliamo donare sempre di più, come il Creatore, dobbiamo costantemente procedere ad un’autocritica per vedere se corrispondiamo alla descrizione che a nostro avviso è spirituale (altruista). Così, il nostro desiderio di essere più altruisti ci aiuterà a sviluppare una percezione più lucida e dettagliata di noi stessi nel nostro rapporto con il Creatore. Il fatto di non voler essere egoisti, spingerà i nostri desideri a provocare le Reshimòt, le quali ci mostreranno il vero significato dell’essere altruisti. Ogni volta che decidiamo di non servirci in maniera egoistica di tale o tal altro desiderio, la Reshimò di questo stato è considerata come se avesse terminato il suo ruolo e lascia il posto alla seguente. È l’unica correzione che dobbiamo intraprendere. Il Kabbalista Yehuda Ashlag riassume questo principio con le seguenti parole: «... odiando il male (egoismo) con tutto il suo cuore, egli è corretto». Egli spiega: «Se due persone arrivano a realizzare che una detesta tutto ciò che il suo amico detesta ed ama tutto ciò che egli ama, essi si legano l’un l’altro provando un amore reciproco. Così, considerando il fatto che il Creatore ama dare senza riserve, dobbiamo allo stesso modo cercare di voler dare senza riserve. Il Creatore detesta altrettanto essere un ricevente, per il solo fatto di essere Uno, Egli non ha bisogno di nulla. Questo è il motivo per cui l’uomo, a sua volta, deve detestare aspramente il desiderio di ricevere con fini personali, poiché tutte le distruzioni di questo mondo avvengono unicamente a causa di questo desiderio. Così, detestandolo, egli riesce a correggerlo. In questo modo, semplicemente volendolo, provochiamo le Reshimòt dei desideri più altruisti che esistono in noi già dall’epoca in cui eravamo collegati all’anima di Adam haRishòn. Queste Reshimòt ci correggono e ci fanno assomigliare maggiormente al Creatore. Quindi, il desiderio (il Klì) è da una parte il motore del cambiamento, come abbiamo detto nel primo capitolo, dall’altra il mezzo di correzione. Non abbiamo bisogno di sopprimere i nostri desideri, ma dobbiamo solamente apprendere a servircene efficacemente per noi stessi e per gli altri. RIASSUMENDO Per percepire correttamente abbiamo bisogno dei limiti: 1. Vi sono quattro categorie di ricezione: A) Materia, B) Forma nella materia, C) Forma Astratta e D) Essenza. Noi percepiamo solo le prime due. 2. Tutto ciò che percepisco si trova nella mia anima; la mia anima è il mio mondo e il mondo al di fuori di me è talmente astratto che non posso dire con certezza se esiste o meno. 3. Ciò che percepisco è totalmente personale, non lo posso trasmettere a qualcun’altro. Posso raccontare alla gente le mie esperienze, ma quando essi le vivranno a loro volta, saranno le loro proprie esperienze. Quando ricevo qualcosa, la misuro e la valuto in funzione delle qualità dei miei strumenti di misura interiori. Se questi ultimi sono difettosi le mie misurazioni lo saranno altrettanto e così la mia immagine del mondo sarà sbagliata e incompleta. Attualmente, valutiamo il mondo con i cinque sensi, tuttavia abbiamo bisogno di un sesto senso per misurarlo correttamente. Questo è il motivo per cui siamo incapaci di dirigere efficacemente il nostro mondo e di essere tutti felici. In effetti, il sesto senso non è un senso fisico, ma è un’intenzione che spiega come servirci dei nostri desideri. Se utilizziamo la nostra intenzione per donare, invece che per ricevere, facendolo in maniera altruistica e non egoistica, percepiremo un altro mondo. Questa nuova intenzione viene chiamata per l’appunto «sesto senso». Rivestendo i propri desideri con un’intenzione altruistica, essi assomiglieranno a quelli del Creatore. Questa identità si chiama «equivalenza della forma». Possederla, attribuisce alla persona la stessa percezione e conoscenza del Creatore. Solo il sesto senso (l’intenzione di dare senza riserve), quindi, ci permette di sapere veramente quale comportamento adottare in questo mondo. Quando un altro desiderio compare, egli non è nuovo in effetti. È un desiderio che esisteva già in noi e il cui ricordo era stato registrato nella banca dati della nostra anima – le Reshimòt. La catena delle Reshimòt ci conduce direttamente alla sommità della Scala - il Pensiero della Creazione - e più velocemente saliremo, prima compieremo piacevolmente il nostro destino. Le Reshimòt appaiono una alla volta al ritmo che noi fissiamo con il nostro desiderio di progredire spiritualmente. Esse infatti provengono dal livello spirituale. Cercando di apprendere, di sviscerare ciascuna Reshimò, queste si esauriscono più rapidamente e lo stato di comprensione (già esistente) appare. Una volta capita la Reshimò, emerge quella successiva, fino a che tutte le Reshimòt studiate e realizzate ci condurranno alla fine della correzione. 6 Il difficile cammino verso la libertà C iò potrebbe sorprendervi, ma possedete già solide conoscenze della Kabbalah. Ricapitoliamo: sapete che la Kabbalah ebbe inizio 5000 anni fa in Mesopotamia (l’odierno Iraq). Fu scoperta nel momento in cui la gente cercava di dare un senso alla propria vita. Queste persone scoprirono che la ragione della loro venuta al mondo era dovuta esclusivamente al fine di ricevere l’estremo piacere, divenire come il Creatore. Fatta questa scoperta, fondarono gruppi di studenti e iniziarono ad insegnare. Questi primi Kabbalisti ci dissero che la nostra essenza non è che un desiderio di ricevere che si scompone in cinque livelli – inanimato, vegetale, animale, essere parlante e spirituale. Il desiderio di ricevere è molto importante perché è il motore di ogni impresa. Altrimenti detto, noi cerchiamo sempre di ricevere piacere e più ne abbiamo più lo ricerchiamo. Ne risulta che progrediamo e cambiamo costantemente. Poi abbiamo appreso che la Creazione si è formata secondo il processo della Quarta Fase, dove la Radice (sinonimo di Luce del Creatore) aveva creato il desiderio di ricevere, questo desiderio volle in seguito donare e decise di ricevere con il proposito di donare per poi, finalmente, ricevere ancora una volta. Questa volta, però, il desiderio volle sapere com’è essere come il Creatore, il Donatore. Dopo le quattro fasi, il desiderio di ricevere si divise in cinque mondi e un'anima, nominata Adam ha-Rishòn, la quale si frammentò e si materializzò nel nostro mondo. In altri termini, siamo un'anima ma legati e indipendenti allo stesso tempo, proprio come le cellule del corpo. Quando il desiderio di ricevere crebbe, ci trasformammo in egocentrici e cessammo di sperimentare la nostra unità. Oggi, sperimentiamo solo noi stessi, ed anche quando ci preoccupiamo degli altri è solo per ricevere piacere, magari proprio sfruttando il nostro prossimo. Questo stato egoista si chiama «l'anima frammentata di Adam ha-Rishòn» ed è nostro compito correggerlo quanto proprio perché facciamo parte di quest'anima. In realtà, non dobbiamo riparare, ma dobbiamo essere coscienti che non possiamo sperimentare reali piaceri nello stato attuale, in ragione della legge del desiderio di ricevere: «Quando ottengo l'oggetto desiderato, non lo voglio più». Realizzando ciò cominceremo a ricercare l'origine della trappola che tende legge, la trappola dell'egoismo. Cercare di liberarsi dall'ego porta al manifestarsi del «punto nel cuore», del desiderio di Spiritualità. Il «punto nel cuore» assomiglia a qualunque altro desiderio, la sua intensità cresce e diminuisce secondo l’influenza dell'ambiente. Così, se vogliamo accrescere il nostro desiderio di Spiritualità, dobbiamo costruirci un ambiente che incoraggi la Spiritualità stessa. Quest'ultimo capitolo, il più importante del libro, parlerà di ciò che occorre fare per avere un ambiente favorevole alla Spiritualità, sia a livello personale, sia a livello sociale e internazionale. L’OSCURITÀ PRIMA DELL’ALBA Il momento più oscuro della notte si avverte poco prima dello spuntare dell'alba. Allo stesso modo, gli autori del Libro dello Zohar descrissero, circa duemila anni fa, come il periodo più oscuro dell'umanità sarebbe giunto appunto prima del risveglio Spirituale. Per la durata di secoli, a partire dall’Ari, l’autore di «L'Albero della Vita» che visse nel XVI secolo, e tutti i Kabbalisti che seguirono hanno scritto che il periodo di cui parla lo Zohar, è la fine del XX secolo. Essi hanno chiamato questo periodo: «l'Ultima Generazione». Non volevano dire che saremmo morti tutti durante un avvenimento apocalittico e spettacolare. Nella Kabbalah, l'ultima generazione rappresenta uno stato Spirituale. L'ultima generazione è l'ultimo stato, il più elevato che possa essere raggiunto. I Kabbalisti dissero anche che l'epoca nella quale viviamo – inizio del XXI secolo – sarebbe stata l’epoca nella quale avremmo visto una generazione alla ricerca dell'ascesa Spirituale. I Kabbalisti aggiunsero, inoltre, che affinché questo cambiamento potesse verificarsi, non avremmo potuto continuare a svilupparci come abbiamo fatto. Dissero che nei nostri giorni, sarebbe occorsa una scelta cosciente e libera per garantire la nostra evoluzione. Come ogni inizio o nascita non è un processo facile, così è anche per l'apparizione dell'ultima generazione, la generazione del libero arbitrio. Fino ad ora siamo stati presi dai nostri desideri più bassi – dall'inanimato fino all'essere parlante – trascurando il livello Spirituale. Oramai, le Reshimòt Spirituali (i nostri geni Spirituali, se preferite) si risvegliano in milioni di persone e chiedono di essere realizzati nella vita quotidiana. Quando queste Reshimòt emergono in un individuo appare la frustrazione e poi la depressione, fintanto che egli apprende a gestire questi nuovi desideri. Ciò succede, generalmente, nell'applicare la saggezza della Kabbalah, la quale fu concepita per far fronte alle Reshimòt Spirituali, come abbiamo già detto nel primo capitolo. Malgrado tutto quello che abbiamo appena detto, se qualcuno non riuscisse a trovare la soluzione, potrebbe gettarsi a capo fitto in un lavoro appassionato, in dipendenze di vario genere ed in altre attività solo per sopprimere i problemi causati dai nuovi desideri, tutto questo per evitare di affrontare un male incurabile. Al livello personale, una tale situazione è molto penosa, tuttavia, essa non crea un problema sufficientemente serio che possa destabilizzare la struttura sociale. Mentre, quando le Reshimòt Spirituali compaiono in milioni di persone, poco alla volta o tutte in un colpo, in particolare quando ciò si produce simultaneamente in numerosi paesi, abbiamo a che fare con una crisi globale. Una crisi globale che richiama una soluzione globale. È evidente che l'umanità, oggi, attraversa una crisi generale. La depressione risale la china e raggiunge stati senza precedenti in Europa, e l'immagine non è migliore negli Stati Uniti. Nel 2001, l'Organizzazione Mondiale della Salute (O.M.S.) riportava che «la depressione è la causa principale d'invalidità negli Stati Uniti e nel mondo». Un altro e più grande flagello della società moderna è l'inquietante crescita della consumazione di droghe. L'uso di droghe è sempre esistito, ma, nel passato esisteva solo per fini terapeutici o riti propiziatori, mentre, ai nostri giorni, le droghe vengono consumate in età sempre più precoce, essenzialmente per tranquillizzare la vita emozionale sperimentata dai giovani. L'aumento della depressione ha causato un rialzo della consumazione delle droghe come anche dei problemi di delinquenza e di traffico legati alla droga. Neppure la famiglia viene risparmiata. L'istituzione familiare, una volta simbolo di stabilità e convivialità, non è più un rifugio. Secondo l’Istat una coppia su due divorzia, dato verificabile in tutto il mondo occidentale. Oggi come oggi non occorre più che le coppie abbiano delle crisi spaventose per arrivare al divorzio, anche le coppie tra i 50 e i 60 anni non trovano più una ragione per restare insieme una volta che i figli hanno abbandonato la casa. Poiché le loro entrate sono assicurate, non temono di ricominciare una nuova pagina ad una certa età, mentre, fino a qualche anno fa, iniziare una procedura di divorzio era considerata come inaccettabile. Questo fenomeno ha un nome abbastanza significativo: «la sindrome del nido vuoto». In fin dei conti, queste persone divorziano perché i figli non vivono più con loro e non esiste più niente che possa mantenere insieme la coppia perché l’amore tra di loro è svanito. Questo è il vero vuoto: l'assenza d'amore. Se ci ricordassimo che siamo stati creati egoisti da una forza che vuole dare, avremmo forse l'occasione di uscirne. Ciò nonostante, non sapremmo da che parte cominciare per cercare una soluzione. La crisi è unica, non soltanto nella sua universalità, ma anche nella sua diversità, rendendone più estesa e difficile la comprensione. Questa crisi tocca quasi tutti i campi nei quali l'uomo è impegnato: quello personale, quello sociale, quello internazionale, nella scienza, nella medicina e nell'ambiente. Per esempio, fino a poco tempo fa, “il clima” era un soggetto ignoto ai più e nessuno se ne occupava, oggi è l'opposto, oggi siamo tutti tenuti ad essere degli ecologisti in erba. Tanto per citare alcuni fenomeni abbiamo il cambiamento di clima, il surriscaldamento del pianeta, l’innalzamento del livello dei mari e un principio di una nuova serie di uragani. “Il grande disgelo” è il titolo ironico che Geoffrey Lean ha dato ad un suo articolo nel giornale «The Independent» del 20 Novembre 2005 per riassumere lo stato del pianeta. Il titolo completo recita così: «Il grande disgelo: è prevedibile un enorme disastro se la calotta glaciale della Groenlandia dovesse sciogliersi», e in sottotitolo: «Oramai gli scienziati dicono che questa calotta si disperderà ancor prima di quanto sia stato previsto». Il clima non è il solo disastro che si profila all'orizzonte. Il 22 Giugno 2006, l'edizione del mensile «Nature» ha pubblicato uno studio dell'Università di California che afferma che la faglia di Sant’Andrea è ora pronta per il “big one”, il terremoto di forte magnitudine che dovrebbe verificarsi un giorno sulle coste californiane. Secondo Youri Fialko dell'Istituto Scripps di Oceanografia dell'Università della California, la faglia rappresenta un importante rischio sismico ed è pronta a provocare un altro grande terremoto. Se naturalmente dovessimo sopravvivere alle varie tempeste, ai terremoti, all'innalzamento delle acque, ci sarebbe sempre da qualche parte un Bin Laden a ricordarci che le nostre vite potrebbero essere, in ogni caso, più corte di quello che avevamo previsto. Anche i problemi di salute richiedono la nostra attenzione: l’AIDS, l'influenza aviaria, la mucca pazza e, naturalmente, le malattie quali il cancro, le malattie cardiovascolari il diabete, etc. Potremmo citarne molte altre ma probabilmente abbiamo già capito. Malgrado alcuni di questi problemi di salute non siano certamente nuovi, li menzioniamo qui perché essi si propagano in tutto il mondo. Per concludere: un antico proverbio cinese dice: «Se vuoi maledire qualcuno, digli: “Che tu possa vivere dei momenti interessanti”.» La nostra epoca è effettivamente molto interessante, ma non si può considerare come una maledizione. Ciò che il Libro dello Zohar promette è: «L'oscurità prima dell'alba». Vediamo ora se esiste una soluzione. IL MIGLIORAMENTO DEI MONDI IN QUATTRO TAPPE Per cambiare il mondo sono necessarie solo Quattro tappe: 1. 2. 3. 4. Ammettere che vi è una crisi; Scoprirne la causa; Decidere qual è la migliore soluzione; Concepire un programma per risolvere la crisi. Concentriamoci su questi Quattro punti, uno alla volta. 1. Ammettere che siamo in crisi. Esistono numerose ragioni per le quali molti di noi non sono ancora coscienti della crisi. I governi e le associazioni internazionali dovrebbero essere i primi a proporre una soluzione, ma conflitti interni impediscono una cooperazione effettiva nella gestione della crisi. Tanto più che molti di noi non avvertono che vi sia un problema che minaccia la nostra vita privata, per cui rinunciamo a priori ad affrontarla, malgrado l’impellente necessità per evitare che la situazione peggiori. Il più grande ostacolo é che non ci ricordiamo di uno stato così stabile, di conseguenza siamo incapaci di valutare correttamente la situazione. Questo non vuol dire che non si siano mai verificate delle catastrofi, ma che la nostra epoca risulta unica perché ciò che accade si produce su tutti i fronti contemporaneamente, in tutti gli aspetti della vita di tutto il mondo. 2. Scoprirne la causa. Una crisi si produce quando due elementi entrano in collisione e l'elemento superiore impone le sue leggi a quello inferiore. La natura umana, ovvero l’egoismo, sta scoprendo fino a quale punto è opposta alla Natura, ovvero l’altruismo. Questo è il motivo per il quale un numero sempre maggiore di persone si sentono afflitte e depresse, incerte e deluse. In breve, la crisi non sta accadendo realmente all’esterno, anche se, indiscutibilmente, può sembrare che si rivesta di una parte fisica; essa, in effetti, ha luogo in noi. È una lotta titanica tra il bene (l'altruismo) e il male (l'egoismo). Una lotta nella quale sembriamo avere la peggio, ma non dobbiamo inquietarci, si tratta di una storia a lieto fine. 3. Decidere qual è la migliore soluzione. Più ci identifichiamo con le cause nascoste della crisi, cioè il nostro egoismo, più ci rendiamo conto che esso va trasformato in noi e nella nostra società. Agendo in questo modo saremo in grado di tamponare la crisi e di condurre la società e l'ecologia a soluzioni positive e costruttive. Valuteremo meglio questi cambiamenti quando analizzeremo il concetto del libero arbitrio. 4. Concepire un programma per risolvere la crisi. Una volta concluse le prime tre tappe del piano, lo potremo presentare più in dettaglio. Comunque, anche il miglior programma non può riuscire senza il sostegno attivo di organizzazioni nazionali ufficiali. Il piano deve essere pensato su larga scala, con un sopporto internazionale di scienziati, pensatori, politici, il supporto delle Nazioni Unite, così pure dei media e delle organizzazioni sociali. In realtà, poiché passiamo da un livello di desiderio ad un altro, tutto ciò che avviene ora si produce per la prima volta nel livello Spirituale del desiderio. Ricordandoci che ci troviamo in questo livello, potremmo servirci della conoscenza di coloro che hanno già raggiunto la Spiritualità, così come attualmente utilizziamo le conoscenze scientifiche. I Kabbalisti che hanno già raggiunto i Mondi Spirituali, la Radice del nostro mondo, vedono le Reshimòt (la Radice Spirituale). Incontrando questo stato, possono guidarci nel risolverei problemi nel Mondo Spirituale, già al loro apparire. In questo modo risolveremo facilmente e velocemente la crisi poiché sapremo il motivo per cui le cose si producono e sapremo, di conseguenza, come reagire. Potete anche vederla nel seguente modo: se voi sapeste che esiste gente che può predire il risultato del Superenalotto di domani, non vorreste forse essere come loro nel momento di compilare la vostra schedina? Non si tratta di magia, ma della conoscenza delle regole del gioco nel Mondo Spirituale. Per i Kabbalisti non siamo in crisi, siamo solamente un po’ disorientati, ecco perché continuiamo a predire numeri sbagliati. Quando finalmente troveremo la nostra via, risolvere la crisi (inesistente) diventerà un gioco da ragazzi, solo allora vinceremo al gioco del lotto. Ciò che risulta essere formidabile nella sapienza Kabbalistica è il fatto di non dipendere dai diritti d'autore, è una sapienza, infatti, che appartiene a tutto il mondo. CONOSCERE I NOSTRI LIMITI Una finestra sulla Kabbalah Un'antica preghiera Signore, dammi la forza di cambiare ciò che posso cambiare, il coraggio di accettare ciò che non posso cambiare, e la Saggezza di discernere tra le due. Ai nostri occhi, siamo degli esseri unici e indipendenti. È un tratto comune a tutti noi. Pensate ai secoli di battaglie che abbiamo dovuto attraversare unicamente per ottenere la libertà individuale, sebbene limitata, che abbiamo oggi. Non siamo i soli a soffrire quando la nostra libertà ci viene tolta. Nessuna creatura si lascia catturare senza combattere. È una caratteristica naturale che “protesta” contro ogni forma d'alienazione. Comprendiamo anche che ciascuna creatura merita di essere libera. Questo, però, non ci permettere di capire veramente il significato del termine libertà, poiché esso è legato al processo di correzione dell'egoismo umano. Se ci chiediamo in tutta onestà a cosa corrisponde la libertà, probabilmente, ancor prima di aver trovato una spiegazione, scopriremo che molte delle nostre idee in merito al soggetto non sono pertinenti. Prima ancora di poter discutere di libertà, dobbiamo capire esattamente di che cosa stiamo parlando. Per sapere se capiamo il concetto di libertà, dobbiamo intraprendere liberamente e volontariamente un'introspezione ed esaminare se siamo capaci di eseguirla. Il fatto è che il nostro desiderio di ricevere si accresce costantemente; siamo continuamente sollecitati a ricercare un tipo di vita ottimale e più gratificante, infatti, poiché siamo presi in un ingranaggio nella corsa al successo, non abbiamo scelta su tale soggetto. Inoltre, se il nostro desiderio di ricevere è la causa di tutto questo malfunzionamento, può darsi anche che esista un mezzo per controllarlo. Se ci riuscissimo, potremmo forse controllare questa corsa, altrimenti tutti i giochi saranno fatti prima ancora di averli iniziati. Inoltre, se siamo i perdenti, chi sono i vincenti? Con chi (o cosa) siamo in competizione? Noi governiamo le nostre vite come degli avvenimenti dipendenti dalle nostre decisioni, ma questo è veramente il caso? Non sarebbe preferibile rinunciare a cambiare le nostre vite e seguire la corrente? In effetti, tutto questo potrà sembrare paradossale: da una parte abbiamo appena detto che la Natura non sopporta nessuna alienazione, da un'altra parte essa non ci mostra quale dei nostri atti è veramente libero, se anche ce ne fosse uno, oppure se siamo diretti da un Marionettista invisibile che ci fa credere di essere liberi. Ed ancora, se la Natura funziona secondo un Piano Generale, queste domande e queste incertezze hanno luogo in tale progetto? Forse esiste una ragione occulta che ci fa sentire perduti e perplessi? La confusione e la disillusione sono forse la maniera del Marionettista di dirci: «Attenzione! Guardate che svolta avete preso, se Mi cercate, state guardando nella direzione sbagliata». Pochi si oppongono al fatto che siamo effettivamente disorientati. Comunque, per determinare la nostra direzione, dobbiamo sapere dove cominciare a guardare. Questo ci risparmierebbe anni di inutili sforzi. La prima cosa che dobbiamo scoprire è se disponiamo o meno di una libera scelta, solo così sapremo dove dobbiamo concentrare i nostri sforzi. LE REDINI DELLA VITA Tutta la Natura non obbedisce che a una sola legge: «La Legge del piacere e della sofferenza». Se l’unica materia della creazione è il desiderio di ricevere, allora è richiesta una sola regola di condotta: l’attrazione verso i piaceri e il rifiuto delle sofferenze. Noi non facciamo eccezione a questa regola. Seguiamo un programma predeterminato che detta ogni nostro minimo movimento: ricevere di più e lavorare meno e, se possibile, ottenere gratuitamente ogni cosa desiderata! Quindi, in tutto ciò che facciamo, anche se non ne siamo coscienti, cerchiamo sempre di scegliere il piacere e di evitare la sofferenza. Anche se ci sembra di sacrificarci, noi riceviamo in effetti più il piacere che il “sacrificio”. La ragione che ci spinge a ritenere di possedere motivazioni altruiste è che risulta più conveniente far credere, che non dire la verità agli altri. Come ha detto Agnès Repplier (1855-1950): «Ci sono poche nudità altrettanto spiacevoli che la nuda verità». Nel terzo capitolo abbiamo detto che la Fase Due donava, anche se in realtà essa era motivata dallo stesso desiderio di ricevere della Fase Uno. Questa è la Radice di ciascun’azione “altruista” dove “diamo” agli altri. Vediamo che tutto ciò che facciamo segue un «calcolo di pura convenienza», Come quando, per esempio, calcolo il prezzo di un prodotto comprato con un eventuale beneficio di sconto. Se penso che il piacere (o l'assenza di sofferenza) mi proviene dal possesso dell'oggetto, piacere che sarà più grande del prezzo pagato, dirò al mio “contabile interiore”: «Compra! Compra! Compra!» Dando al mio schema mentale addetto alle transazioni, il segnale verde. Adottando differenti valori del bene e del male, possiamo cambiare le nostre priorità ed anche “procedere” fino a diventare intrepidi. Inoltre, possiamo anche rendere ai nostri occhi lo scopo talmente importante, che ogni difficoltà incontrata nel nostro cammino diventerebbe incorporea e vuota di significato. Se per esempio aspiro ad uno stato sociale, ad avere un buon salario oppure ad essere un medico celebre, farò grandi sforzi e mi prenderò la briga di studiare seriamente per anni alla facoltà di medicina, sarò ugualmente pronto durante lo studio a privarmi di ore di sonno, sperando nella sola speranza, un giorno, di essere ricompensato dalla gloria e dalla fortuna. Alle volte il calcolo d'una sofferenza immediata in vista d'un futuro promettente è talmente naturale che neppure ce ne accorgiamo. Per esempio, se mi ammalassi e scoprissi che solo un dato intervento chirurgico potrebbe salvarmi, mi farei operare con gioia. In effetti, anche se l'operazione in sè stessa può essere spiacevole e delicata, essa non è poi così minacciosa come la mia malattia. In certi casi, sarei anche pronto a pagare somme colossali pur di essere fuori pericolo. CAMBIARE LA SOCIETÀ PER CAMBIARMI La Natura non fa altro che “condannarci” a scappare costantemente dalla sofferenza e perseguire sempre i piaceri, essa ci toglie anche la capacità di individuare quale genere di piacere cerchiamo. In altre parole, non possiamo controllare ciò che vogliamo, i desideri emergono in noi senza preavviso e senza chiedere la nostra opinione in materia. Inoltre, la Natura non fa altro che creare i nostri desideri, fornendoci anche un mezzo per controllarli. Se ci ricordassimo di far parte di un'unica anima, quella di Adam ha-Rishòn, allora sarebbe per noi più facile vedere che l’unico mezzo per controllare i nostri desideri è quello di influenzare tutta l'anima, cioè l'umanità, o per lo meno, una parte di essa. Consideriamo la cosa sotto un’altra prospettiva: se una singola cellula vuole andare a sinistra mentre il resto del corpo vuole andare a destra, la cellula sarà obbligata anche lei ad andare a destra. Ed è proprio ciò che accadrà, a meno che riesca a convincere tutto il corpo, vale a dire la maggioranza schiacciante delle cellule, ovvero il “governo” del corpo, che è preferibile andare a sinistra. Altrettanto, noi non possiamo controllare i nostri desideri, ma è la società a controllarli, potendolo, è proprio ciò che fa con noi. Non possiamo neanche controllare scelta della società in cui viviamo, tuttavia possiamo scegliere che tipo di società ci influenzerà nella maniera più favorevole. Semplicemente parlando, possiamo servirci delle pressioni sociali per controllare i nostri desideri. Governando i nostri desideri controlliamo i nostri pensieri e di conseguenza le nostre azioni. Il Libro dello Zohar, che ha duemila anni, ha già scritto sull'importanza della società. Con tutto ciò, dal XX secolo in poi, quando si è reso evidente che dipendiamo tutti gli uni dagli altri per sopravvivere, l'utilizzazione efficace della nostra dipendenza sociale è divenuta vitale, in particolare il nostro progresso Spirituale. L'estrema importanza della società è un argomento che il Kabbalista Yehuda Ashlag ha lungamente trattato nei suoi numerosi scritti, e se riuscissimo a seguire il suo modo di pensare, comprenderemmo anche il perché. Ashlag afferma che la più grande aspirazione di una persona, che lo ammetta o meno, è di essere amato dagli altri e di meritare la loro approvazione. Questo, non solo ci dà fiducia in noi stessi, ma consolida anche il nostro bene più prezioso: il nostro ego. Senza il consenso della società, sentiamo che la nostra esistenza viene ignorata e nessun ego può tollerare ciò. Questo è il motivo per cui, alle volte, certe persone giungono fino all'estremo pur di attirare l'attenzione degli altri. Poiché il nostro più grande desiderio è di meritare la considerazione sociale, questo ci costringe ad adattarci alle leggi del nostro ambiente. Queste leggi non fissano unicamente il nostro comportamento, ma modellano anche la nostra attitudine nei confronti di tutto ciò che facciamo e pensiamo. Questa situazione ci rende incapaci di scegliere qualunque cosa – dal nostro stile di vita, al nostro centro d’interessi, fino alla gestione del nostro tempo libero, persino la nostra alimentazione e il nostro abbigliamento. Quando decidiamo di vestirci in maniera anticonformista, senza preoccuparci di quello che indossiamo, cerchiamo di essere indifferenti a un certo codice sociale che abbiamo deciso di ignorare. In altre parole, se la moda che abbiamo scelto di ignorare non fosse esistita, non avremmo dovuto disconoscerla e avremmo probabilmente scelto un “codice vestiario” differente. In fin dei conti, l'unico modo di cambiare è di modificare le norme sociali del nostro ambiente. I QUATTRO FATTORI Se non fossimo altro che i prodotti del nostro ambiente e se non esistesse la vera libertà in tutto ciò che facciamo, pensiamo e vogliamo, potremmo noi essere ritenuti responsabili delle nostre azioni? E se non fossimo ritenuti responsabili, chi invece lo sarebbe? Per rispondere a tali domande, dobbiamo prima di tutto comprendere i quattro fattori presenti in noi e come lavorare con tutto ciò per raggiungere la libertà di scelta. Secondo la Kabbalah siamo tutti controllati da questi quattro fattori: 1. 2. 3. 4. Il «letto» chiamato anche «materia primordiale»; Gli attributi immutabili del letto; Gli attributi che cambiano sotto l'influenza di forze esterne; I cambiamenti dell'ambiente esterno. Vediamo i loro significati. 1. Il letto, la materia primordiale. La nostra essenza non trasformabile si chiama «il letto». Posso essere felice o triste, gentile o cattivo, solitario o socievole, poco importa qual è il mio umore o in quale società mi evolvo, il mio io fondamentale non cambierà mai. Per comprendere il concetto delle Quattro fasi, immaginiamo delle piante morenti, prendiamo una spiga di grano, quando il seme del grano si decompone, perde la sua forma. Benché esso abbia perso ogni sua forma, da questo seme potrà apparire solo una nuova spiga di grano della stessa specie, nient’altro. Questo perché il «letto» non è cambiato, l'essenza del seme resta sempre e comunque il grano. 2. Gli attributi immutabili del letto. Il letto è immutabile, il grano produrrà sempre una nuova spiga di grano, il modo in cui si sviluppano i semi del grano è altrettanto invariabile. Una sola spiga può produrne molte altre nel suo nuovo ciclo di vita, il numero di queste nuove piante potrà cambiare, ma il «letto» di per sé, l'essenza della forma interiore del grano resterà immutabile. Per essere più precisi, nessun’altra pianta a parte il grano crescerà da un seme di grano e tutti i semi attraverseranno sempre lo stesso ciclo di sviluppo, dal momento in cui faranno spuntare il primo germoglio fino al loro deterioramento. Avviene lo stesso anche per lo sviluppo dei bambini che passano attraverso varie fasi. Ecco perché sappiamo pressappoco quando un bambino deve cominciare a sviluppare certe attitudini e quando può cominciare a mangiare certi alimenti. Senza questo modello determinato, saremmo incapaci di stabilire la curva della crescita dei neonati, o di qualunque altra cosa. 3. Gli attributi che cambiano sotto l'influenza di forze esterne. Benché il grano resti sempre lo stesso tipo di grano, la sua apparenza può cambiare sotto l'influenza dei fattori ambientali quali la luminosità, il suolo, i fertilizzanti, l'umidità e la pioggia. Così, mentre il tipo di pianta resta sempre uguale, il suo “involucro”, ovvero gli attributi dell'essenza del grano, possono essere modificati attraverso gli elementi esterni. Così come il nostro umore cambia in compagnia di certe persone oppure in differenti situazioni, noi («letti») restiamo sempre gli stessi. Alle volte, quando l'influenza dell'ambiente è prolungata, essa può cambiare non solamente il nostro umore ma anche il nostro carattere. L'ambiente non crea in noi nuovi tratti del carattere, ma il fatto di essere tra certe persone incoraggia certi aspetti della nostra natura, fino a renderci ancora più attivi di quanto lo siamo stati nel passato. 4. I cambiamenti nell'ambiente esterno. L’ambiente che influenza il grano, è influenzato a sua volta da altri fattori esterni quali i cambiamenti climatici, la qualità dell'aria e le piante in esso contenute. Questo è il motivo per cui facciamo crescere le piante nelle serre e fertilizziamo artificialmente il suolo. Cerchiamo di creare l'ambiente migliore per farle crescere. Nella nostra società cambiamo costantemente il nostro ambiente: facciamo pubblicità per nuovi prodotti, eleggiamo governi, andiamo in differenti scuole e passiamo il nostro tempo tra gli amici. Di conseguenza, per controllare la nostra crescita dovremmo apprendere a controllare il genere di persone che frequentiamo, ma ancora di più, quelli con cui vorremmo stare. Sono queste le persone che ci influenzeranno maggiormente. Se desiderassimo correggerci – essere altruisti – dovremmo sapere quali cambiamenti sociali incoraggerebbero la nostra correzione per poi seguirli. Utilizzando quest'ultimo fattore – i cambiamenti dell'ambiente esterno – possiamo modellare la nostra essenza. Cambiando gli attributi del «letto», di conseguenza, determiniamo il nostro destino. Questo è il momento preciso in cui disponiamo della libertà di scelta. SCEGLIERE L’AMBIENTE ADATTO PER LA CORREZIONE Di sicuro non possiamo determinare gli attributi del nostro «letto», tuttavia possiamo influenzare le nostre vite e i nostri destini scegliendo il nostro ambiente sociale. In altre parole, per il fatto che il nostro ambiente influenza gli attributi del «letto», possiamo definire il nostro avvenire costruendo il nostro ambiente, il quale promuoverà la meta che ci siamo prefissi. Una volta scelta la nostra direzione e dopo aver costruito un ambiente adatto, possiamo servirci della società come propulsore per accelerare il nostro progresso. Se per esempio volessi guadagnare del denaro, potrei circondarmi di persone che abbiano lo stesso desiderio, che parlino in continuazione di soldi e che lavorino sodo per raggiungere quest’obiettivo. Di conseguenza comincerei a lavorare duramente anch’io, trasformando il mio cervello in una macchina capace di pianificare il guadagno. Analogamente, se volessi perdere peso, per ottenere questo risultato più facilmente, mi contornerei di persone che pensano, parlano e incoraggiano gli altri a dimagrire. In effetti posso fare ancora meglio, posso circondarmi di persone per creare un certo ambiente, posso rinforzare l'influenza con dei libri, con dei film e leggendo articoli di giornale. Ogni mezzo, pur di aumentare e rinforzare il mio desiderio di perdere peso, mi sarà utile. Una finestra sulla Kabbalah «Chi si assomiglia si piglia: i simili si aggregano» Nel primo capitolo, abbiamo parlato del principio dell’«equivalenza della forma». Lo stesso principio si applica qui, ma a livello materiale. Le persone identiche si sentono bene insieme perché hanno gli stessi desideri e gli stessi pensieri. Come dice il proverbio: «Chi si assomiglia si piglia: i simili si aggregano». Ora possiamo invertire questo processo, cambiando il nostro ambiente possiamo decidere che genere di persone vogliamo diventare. Tutto dipende dall'ambiente. L’associazione alcoolisti anonimi, gli istituti di disintossicazione, Weight Watchers, tutti utilizzano la forza della società per aiutare le persone che da sole non ce la fanno. Se ci servissimo del nostro ambiente correttamente, potremmo raggiungere obiettivi che non oseremmo nemmeno sognare e la cosa più bella è che non avvertiremmo neanche gli sforzi per arrivarci. Il desiderio di Spiritualità non fa eccezione. Se voglio la Spiritualità e se voglio far crescere il mio desiderio, avrò bisogno solo di amici adatti, di libri e di film. La natura umana farà il resto. Se un gruppo di persone decide di divenire come il Creatore, nessuna cosa può ostacolare il loro cammino, neppure il Creatore stesso. I Kabbalisti dicono a proposito: «I Miei Figli Mi hanno vinto». Allora perché non assistiamo ad una corsa precipitosa verso la Spiritualità? Ebbene, vi è un piccolo problema: non potete sperimentare la Spiritualità prima ancora di realizzarla. Il problema è che, senza vedere né sperimentare la meta, è molto difficile decidere di volerla veramente. Abbiamo già visto, infatti, come sia estremamente difficile ottenere qualche cosa senza provare prima un grande desiderio. Consideriamo il caso in questo modo: tutto ciò che vogliamo in questo mondo è solo il risultato di una certa influenza esterna esercitata su di noi. Se amo la birra è a causa dei miei amici, i miei parenti, la televisione, qualcosa o qualcuno che in un certo qual modo mi ha suggerito che la birra è buonissima. Se mi auguro di diventare un avvocato, è perché la società mi ha trasmesso l’impressione che la professione dell’avvocato è di un certo interesse. Tuttavia, dove trovare nella società qualcuno o qualcosa che mi dica che essere come il Creatore è una cosa formidabile? Inoltre, se un tale desiderio non esiste nella società, come è possibile che sia apparso improvvisamente in me? È sorto dal nulla? No, non dal nulla, esso proviene dalle Reshimòt - la memoria del futuro. Spieghiamolo facendo un piccolo passo indietro, fino al quarto capitolo: abbiamo detto che le Reshimòt sono le registrazioni dei ricordi iscritti in noi quando eravamo su un piano elevato della Scala Spirituale. Queste Reshimòt riposano nel nostro subcosciente ed emergono una ad una, ciascuno di noi provoca dei desideri nuovi più possenti rispetto ai precedenti. Inoltre, poiché noi tutti abbiamo occupato i livelli più elevati della Scala Spirituale, noi tutti avvertiremo il risveglio del desiderio di ritornare a questi stati Spirituali. Questo è il motivo per il quale le Reshimòt sono le memorie delle nostre future situazioni. Di conseguenza la domanda non dovrebbe essere «Come mai provo un desiderio per qualche cosa che l’ambiente non mi ha trasmesso?» ma, piuttosto, «Una volta che questo desiderio è in me, cosa ne debbo fare?» La risposta è semplice: consideratelo come qualsiasi cosa che volete ottenere, pensateci, parlatene, documentatevi, esprimete la vostra gioia. Fate tutto ciò che potete perché diventi una cosa importante e vedrete come il vostro progresso accelererà proporzionalmente. Nel Trattato dei Padri si racconta la storia di un uomo saggio, Rabbi Yossi Ben Kisma, grande Kabbalista dei suoi tempi. Un giorno, un ricco mercante di una di una città vicina lo apostrofò proponendogli di venire ad abitare nella sua città per tenere un seminario di studio per persone in cerca di saggezza. Il mercante spiegò che nella sua città non si trovavano uomini saggi e che la città aveva bisogno di guide spirituali. Naturalmente promise al Rabbi Yossi che avrebbe preso carico dei suoi bisogni personali e pedagogici, retribuendolo generosamente. Con grande sorpresa del mercante, Rabbi Yossi rifiutò la proposta, affermando che in nessun caso avrebbe scelto la sua dimora in un luogo dove non si trovavano altri saggi. Sconcertato, il mercante tentò di discutere e disse a Rabbi Yossi che egli era il più grande saggio della generazione e che, dunque, non aveva certo bisogno di apprendere da qualcun’altro. «Tanto più», aggiunse il mercante, «venendo ad abitare nella nostra città e insegnando alla gente, renderesti un grande servizio spirituale, dato che nella tua città vi e già un gran numero di saggi, mentre da noi il caso è diverso. Sarebbe un grande contributo spirituale per tutta la generazione. Rabbi Yossi vorresti avere l’amabilità di considerare la mia proposta?» Rabbi Yossi rispose risoluto: «Anche un grande saggio perderebbe rapidamente la sua saggezza risiedendo tra persone poco istruite.» Non è che Rabbi Yossi non volesse aiutare gli abitanti della città del mercante, ma sapeva semplicemente che, senza un ambiente adeguato a sostenerlo, avrebbe presto perso il suo livello spirituale. NON SI TRATTA DI ANARCHICI Il suddetto paragrafo potrebbe farvi pensare che i Kabbalisti siano degli anarchici che vogliono sconvolgere l’ordine sociale incoraggiando la costruzione di una società orientata verso la Spiritualità. Niente di tutto ciò è più lontano dalla verità! Yehuda Ashlag spiega molto chiaramente, ed ogni sociologo o antropologo lo potrebbe confermare, che gli esseri umani son creature sociali. In altre parole, non abbiamo altra scelta che vivere in società perché siamo i rami di una sola anima. Di conseguenza è evidente che ci dobbiamo conformare alle regole della società nella quale viviamo preoccupandoci della qualità della vita. L’unico modo per fare questo è aderire alle leggi della società stessa. Tuttavia, Ashlag spiega anche che la società non ha il diritto né la legittimità di limitare o di opprimere la libertà Spirituale dell’individuo che non è legato alla società. Ashlag, andando oltre, nomina coloro che lo considerano un «criminale», affermando, in materia di progresso spirituale d’un individuo, che la Natura non obbliga quest’ultimo a seguire la volontà della maggioranza. Anzi, è proprio il contrario, la crescita spirituale richiede la responsabilità di tutti. Agendo in questo modo, non facciamo altro che migliorare le nostre vite e quelle degli altri. È una cosa innata comprendere la separazione tra gli obblighi sociali e il nostro personale sviluppo spirituale. Sapere dove fissare la linea di demarcazione e sapere come contribuire contemporaneamente sia agli obblighi sociali che allo sviluppo spirituale, ci libererà da molte confusioni e idee sbagliate sulla Spiritualità. La regola di vita dovrebbe essere semplice e molto chiara: nella nostra vita quotidiana rispettiamo la legge, nella nostra vita spirituale siamo liberi di evolvere liberamente. Succede dunque che la libertà individuale può essere ottenuta solo con una nostra scelta di sviluppo spirituale, laddove gli altri non possono interferire. LA MORTE INEVITABILE DELL’EGO Chi ama la libertà ama gli altri. Chi ama il potere non ama che sé stesso. - William Hazlitt (1778-1830) Per ricapitolare le fondamenta della Creazione, prendiamo per un istante in considerazione la sola cosa che il Creatore abbia creato: il nostro desiderio di ricevere, il nostro egoismo, tale infatti è la nostra essenza. Imparando a “disattivare” il nostro egoismo, ristabiliamo il nostro legame con il Creatore, poiché senza l’orgoglio riusciremo a riconquistare l’equivalenza della forma con Lui, come avviene nei Mondi Spirituali. La disattivazione del nostro egoismo è lo scopo da perseguire per ascendere nella Scala Spirituale, nel processo di correzione. È un fattore della Natura: le persone materialiste non possono essere felici. Ciò dipende da due motivi. 1) Come abbiamo già spiegato nel primo capitolo, l’egoismo è un problema: se ottenete ciò a cui aspirate, non lo vorrete più. 2) Un desiderio egoista gode solo della soddisfazione dei propri capricci, e dell’insoddisfazione degli altri. Per capire meglio il secondo motivo, torniamo al principio di base. La Fase Uno (delle Quattro fasi fondamentali) vuole solo ricevere piacere. La Fase Due è già più sofisticata, essa vuole ricevere piacere donando poiché donare è lo stato del Creatore. Se il nostro sviluppo si fosse arrestato alla Fase Uno, saremmo stati soddisfatti nell’istante stesso in cui i nostri desideri venivano soddisfatti e non ci saremmo preoccupati di ciò che hanno gli altri. Tuttavia, la Fase Due - il desiderio di dare - ci costringe a prendere in considerazione gli atri e a dare loro. Inoltre, il nostro desiderio basilare è quello di ricevere, tutto ciò che vediamo degli altri è «essi posseggono cose che io non ho». A causa della Fase Due, noi ci confronteremo sempre con gli altri e, a causa del desiderio di ricevere della Fase Uno, vorremo sempre essere superiori a loro. Questa è la ragione per cui ricaviamo piacere dai loro difetti. A proposito, è per questo motivo che la soglia di povertà cambia da un paese all’altro. Secondo il dizionario Webster, la soglia di povertà è «il livello di reddito personale o famigliare che risulti inferiore a quello classificato come povero dagli standard governativi.» Se qualcuno nel mio ambiente fosse altrettanto povero quanto me, non mi sentirei povero. Invece, se tutto il mio ambiente fosse ricco ed io fossi il solo a disporre di un reddito medio, mi sentirei la persona più povera in questo mondo. Altrimenti detto, le nostre norme sono dettate dalla combinazione della Fase Uno (ciò che vogliamo possedere) e della Fase Due (determinata da ciò che gli altri posseggono). Infatti, il nostro desiderio di donare, che doveva essere garanzia perché il nostro mondo potesse essere un luogo piacevole dove vivere, utilizzato dall’intenzione di ricevere diventa in realtà la ragione di tutto il male sulla Terra, l’essenza della nostra corruzione. Sostituire l’intenzione di ricevere con l’intenzione di donare è tutto ciò che dobbiamo correggere. IL RIMEDIO Nessun desiderio né attributo è naturalmente cattivo, è solo che la sua utilizzazione lo rende tale. I primi Kabbalisti hanno già detto: «l’invidia, gli onori, la passione e ciò che ne consegue fanno uscire l’uomo dal mondo» volendo significare uscire dal nostro mondo verso un Mondo Spirituale. Come? Abbiamo già visto che l’invidia conduce alla competitività, generando il progresso. L’invidia conduce anche ad altri grandi risultati e vantaggi, sia tecnologici che materiali. Nell’Introduzione al libro dello Zohar, Ashlag scrive che gli esseri umani, avvertendo gli altri, possono avvertire la mancanza di ciò che essi posseggono. Ne risulta che siamo pieni d’invidia e desideriamo tutto ciò che gli altri hanno e più essi hanno, più ci sentiamo svuotati. Alla fine, il desiderio diventa quello di divorare il mondo intero. In fin dei conti, l’invidia ci porta a concentrarci su nient’altro che il Creatore stesso. Proprio qui, il senso dell’umorismo della Natura, ancora una volta, ci gioca un brutto scherzo. Il Creatore è il desiderio di Dare, l’essenza dell’altruismo. Sebbene al principio non ne siamo coscienti, volendo prendere i comandi diventando così come il Creatore, noi in effetti speriamo ardentemente di divenire altruisti. Così, attraverso l’invidia – la caratteristica più perfida e nociva dell’ego – il nostro egoismo ci condanna semplicemente a morte, come il cancro distrugge l’organismo nel quale vive, fino a che egli stesso muore insieme al corpo che ha distrutto. Una finestra sulla Kabbalah I Kabbalisti descrivono l’egoismo in questo modo: L’egoismo è come un uomo con una spada dalla lama meravigliosamente seducente ma con un veleno mortale sulla punta. L’uomo sa che il veleno è tossico, ma non può trattenersi, egli apre la bocca, porta la punta della spada sulla lingua e ingoia... Ancora una volta possiamo vedere l’importanza della costruzione di un ambiente sociale idoneo poiché, se siamo soggetti ad essere invidiosi, dovremmo esserlo per lo meno in maniera costruttiva, in altre parole, invidiare qualche cosa che ci porti alla correzione. Una società giusta e felice non può adagiarsi sull’egoismo, anche se quest’ultimo è sorvegliato o “canalizzato”. Possiamo limitare l’egoismo con delle leggi, ma queste funzioneranno solo fino a che le circostanze si induriscono come abbiamo visto in Germania: una Paese che ha eletto democraticamente Adolf Hitler. Ugualmente possiamo tentare di canalizzare l’egoismo a profitto della società, ma questo tentativo ha già miseramente fallito nella Russia sovietica. Anche l’America, la cosiddetta terra della libertà, delle opportunità e del capitalismo, non è riuscita a rendere felici i suoi cittadini. Secondo il giornale di medicina la «Nuova Inghilterra» ogni anno più di 46 milioni di americani, tra i 15 e 54 anni, soffrono di depressione. La rivista «Archivi di Psichiatria Generale» annuncia: «l’uso di droghe possenti antipsicotiche per trattare i bambini e gli adolescenti è quintuplicato tra il 1993 e il 2002.» (dalle fonti pubblicate nell’edizione di New York Times del 6 giugno 2006). Per concludere, fin tanto che l’egoismo è possente, la società sarà sempre ingiusta e deluderà i suoi membri in una maniera nell’altra. In seguito, tutte le società si stancheranno di questo egoismo che le ha create. Dobbiamo solo fare in modo che ciò si produca al più presto e nella maniera più facile, per il bene di tutto il mondo. Una finestra sulla Kabbalah Occultamento Baruch Ashlag, figlio di Yehuda Ashlag e grande Kabbalista, ha annotato in un taccuino i propositi tenuti da suo padre. Questo taccuino fu più tardi pubblicato con il titolo di Shamati (Ho udito). Nelle sue annotazioni egli scriveva: se siamo stati creati da una Forza Superiore, perché non La sperimentiamo? Perché Questa si occulta? Se sapessimo ciò che essa vuole da noi, non faremmo tutti questi errori e non saremmo tormentati da punizioni. Come la vita sarebbe semplice e gioiosa se il Creatore si rivelasse! Non dubiteremmo più della Sua esistenza e potremmo tutti riconoscere la Sua direzione su di noi e sul mondo intero. Conosceremmo la ragione e lo scopo della nostra creazione, vedi le Sue reazioni ai nostri atti, sapremmo come comunicare con Lui e come chiederGli consigli prima di ogni nostro atto. Come la vita sarebbe bella e semplice! Ashlag termina i suoi pensieri con l’inevitabile conclusione: la nostra sola aspirazione nella vita dovrebbe essere quella di scoprire il Creatore. I Kabbalisti identificano l’assenza della sensazione del Creatore come «l’occultamento del volto del Creatore». Quest’occultamento crea un’illusione di libertà di scelta tra il nostro mondo e il Mondo (Spirituale) del Creatore. Se fossimo in grado di vedere il Creatore, se potessimo veramente percepire i benefici dell’altruismo, preferiremmo senza alcun dubbio il Suo Mondo al nostro, poiché il Suo Mondo è un mondo d’Ashpaà (la qualità del Dono assoluto) e di piacere. Tuttavia, poiché non vediamo il Creatore, non seguiamo le Sue regole, anzi, le violiamo costantemente. In realtà, anche se conoscessimo le leggi del Creatore, ma non conoscessimo la sofferenza che ci auto-infliggiamo trasgredendole, noi continueremo probabilmente a violarle lo stesso perchè penseremmo che è più divertente restare egoisti. Al principio di questo capitolo, nel paragrafo “Le redini della vita”, abbiamo detto che tutta la Natura obbedisce a una sola legge: la Legge del piacere e della sofferenza. Altrimenti detto, tutto ciò che facciamo, pensiamo e pianifichiamo è concepito sia per diminuire la nostra sofferenza, sia per aumentare il nostro piacere. In realtà non abbiamo nessuna libertà in questo ma, poiché non capiamo di essere diretti da forze, pensiamo di essere liberi. Per essere veramente liberi dobbiamo prima di tutto liberarci della legge delle redini del piacere e della sofferenza. Ora, visto che il nostro ego ci dice ciò che è molto piacevole e ciò che è doloroso, vediamo dunque che, per essere liberi, dobbiamo liberarci prima di tutto del nostro ego. LE CONDIZIONI DI LIBERA SCELTA Ironicamente la vera libertà di scelta non è possibile se il Creatore è occultato. Ciò deriva dal fatto che, se un’opzione sembra preferibile, il nostro egoismo non ci lascia la scelta di adottarla. In effetti, anche se scegliamo di donare, ciò sarà sempre con lo scopo di ricevere, di fare un “dono egoista”. Perché un atto sia veramente altruista e Spirituale, i suoi vantaggi devono essere nascosti. Se ci ricordassimo che lo scopo della Creazione è di liberarci, in fin dei conti, dell’egoismo, le nostre azioni sarebbero sempre orientate verso la direzione ottimale – verso il Creatore. Questo è il motivo per cui, avendo due scelte e non sapendo quale delle due ci apporterà maggior piacere o meno sofferenza, avremo allora una vera opportunità di scegliere liberamente. Quando il nostro ego non vede qual è la scelta preferibile, noi possiamo scegliere secondo un eventuale altro valore. Per esempio, potremmo chiederci non se un qualcosa sia più o meno piacevole per noi, ma se questo qualcosa possa avere una caratteristica più o meno altruistica. Se il donare è un valore che apprezziamo, sarà più facile per noi mettere in pratica questo concetto. Possiamo essere sia egoisti, che altruisti, pensare o meno solo a noi stessi. Non esistono altre opzioni. La libertà di scelta è possibile unicamente se queste due opzioni diventano chiaramente visibili, attirandosi o respingendosi l’un l’altra.. Se non vedo che una sola possibilità, la seguirò sicuramente. D’un colpo, per poter scegliere liberamente, devo poter vedere sia la mia natura che quella del Creatore. Solo se non riesco a capire quale delle due è quella piacevole, potrò veramente scegliere liberamente e neutralizzare il mio ego. REALIZZARE LA LIBERA SCELTA Il primo principio su cui si basa il lavoro Spirituale è «la fede al di sopra della ragione». Così, prima di parlare della realizzazione della libera scelta dobbiamo spiegare il significato kabbalistico della «fede» e della «ragione». LA FEDE In quasi tutte le religioni e sistemi di credenza sulla Terra, la fede è usata come mezzo per compensare ciò che non vediamo o non percepiamo chiaramente. Altrimenti detto, poiché non possiamo vedere Dio, dobbiamo credere che Egli esista. In questo caso utilizziamo la fede per soddisfare la nostra incapacità di vedere Dio, ovvero «la fede cieca». Tuttavia, non solo la religione utilizza la “ricompensa”, anche noi, per così dire, l’utilizziamo in tutto ciò che facciamo. Come sappiamo ad esempio che la Terra è rotonda? Siamo forse andati nello spazio per verificarlo? Noi crediamo a quello che ci dicono gli scienziati poiché pensiamo che essi siano persone serie alle quali possiamo credere. Quando essi ci dicono che la Terra è rotonda. Noi gli crediamo, questa è fede, fede cieca. Così, ogni qual volta non possiamo verificare da noi stessi, dobbiamo avere fede per completare i pezzi mancanti del puzzle, Infatti, non si tratta di informazioni supportate, si tratta solo di fede cieca. Nella Kabbalah la fede ha come significato l’esatto opposto di ciò che abbiamo appena scritto. La fede nella Kabbalah è una percezione tangibile, netta, completa, ineccepibile e irrefutabile del Creatore – della Legge che dirige la vita. Ecco perché il solo mezzo per acquisire la fede nel Creatore è di divenire esattamente come Lui. Altrimenti, come sapremo noi esattamente chi Egli sia, come potremmo sapere che Egli esiste se anche l’ombra d’un solo dubbio dovesse permanere? LA RAGIONE Il dizionario Webster offre due definizioni della parola «ragione». La prima definizione è una «causa», ma la seconda è quella che ci interessa. La ragione secondo il Webster, ha tre significati. 1) La facoltà di comprendere, di dedurre e pensare, specialmente in maniera razionale; 2) Un’utilizzazione corretta della mente; 3) La somma dei poteri intellettuali. Il dizionario propone ugualmente dei sinonimi: intelligenza, spirito e, tra l’altro, logica. Ora, leggiamo alcune righe scritte dal Kabbalista Baruch Ashlag in una lettera ad un suo studente, nella quale egli spiega la «sala dei comandi» della Creazione. Questo ci spiega il perché abbiamo bisogno di andare al di sopra della ragione. «Il desiderio di ricevere è stato creato perché lo scopo della Creazione è di fare il bene alle Sue creature e per questo fine un recipiente per ricevere il piacere deve esistere. Dopo tutto è impossibile percepire il piacere se non è necessario, poiché senza la necessità, il piacere non è recepito. «Questo desiderio di ricevere è l’insieme dell’uomo (Adamo) che il Creatore ha creato. Quando noi diciamo che all’uomo saranno dati piaceri eterni, ci riferiamo al desiderio di ricevere, egli riceverà quindi tutto il piacere che il Creatore ha previsto di donargli. «Gli sono stati dati dei servitori del desiderio di ricevere per servirlo. Attraverso di essi, noi riceviamo il piacere. Questi servitori sono le mani, le gambe, gli occhi, le orecchie ecc. Tutti sono considerati come se fossero nostri servitori. Altrimenti detto, il desiderio di ricevere è il capo e gli organi sono i suoi servitori. «Ecco ciò che spesso avviene, i servitori hanno un capo che, osservandoli, verifica che il loro lavoro sia diretto verso lo scopo desiderato di procurare piacere, come il capo stesso (desiderio di ricevere) vuole. «Se uno dei servitori è assente, il piacere procurato da tale servitore sarà anch’egli assente. Ad esempio, se qualcuno è sordo non può apprezzare la musica, se qualcuno non ha l’odorato non può sentire un profumo. «Inoltre, se il cervello viene a mancare (il supervisore dei servitori), essendo come un soprintendente che sorveglia i lavori, tutto l’affare crollerà e il proprietario ne subirà le perdite. Se qualcuno possiede un’impresa con molti dipendenti ma senza buoni dirigenti, quest’impresa subirà delle perdite invece che dei profitti. «Tuttavia, anche senza il dirigente (la ragione), il padrone (il desiderio di ricevere) è sempre presente e, se il dirigente dovesse morire , il padrone continuerà a vivere. Non esiste nessun rapporto tra loro. Succede che se vogliamo vincere il desiderio di ricevere e divenire altruisti, noi dobbiamo prima di tutto vincere il “capo del personale” – la nostra ragione. Ecco perché, «la fede al di sopra della ragione» significa che la fede – diventata esattamente come il Creatore – dovrà essere superiore ovvero più importante della ragione – il nostro egoismo. La via per arrivarci è duplice: a livello personale è un gruppo di allievi o un circolo d’amici che aiuterà a creare un ambiente sociale che incoraggia ai valori spirituali, a livello collettivo è richiesto uno sforzo da parte di tutta la società per apprendere ad apprezzare i valori altruistici. RIASSUMENDO Tutto ciò che facciamo nella nostra vita è determinato dal principio del piacere e della sofferenza: evitiamo la sofferenza e rincorriamo i piaceri. In aggiunta, meno abbiamo da lavorare per ottenere il piacere, e meglio sarà. Il principio del piacere e della sofferenza è dettato dal desiderio di ricevere, quest’ultimo controlla tutto ciò che facciamo, poiché esso è la nostra essenza. Quindi, noi pensiamo di essere degli individui liberi, mentre in effetti siamo incatenati alle redini della vita, piacere e sofferenza, sotto la frusta del nostro egoismo. Quattro fattori determinano ciò che siamo: 1) Il letto; 2) Gli attributi immutabili del letto; 3) Gli attributi che cambiano sotto le influenze delle forze esterne e 4) I cambiamenti nell’ambiente esterno. Noi possiamo influenzare solamente l’ultimo fattore, che, a sua volta, influenzerà tutti gli altri fattori. Di conseguenza, l’unico modo di scegliere dove stare (o cosa fare) è di scegliere l’ultimo fattore, il quale sorveglierà e cambierà il nostro ambiente sociale esterno. Il fatto è che i cambiamenti dell’ultimo fattore toccano tutti gli altri fattori, modificandoli, in effetti, noi cambiamo noi stessi. Se vogliamo liberarci dell’egoismo, abbiamo bisogno di trasformare l’ambiente esterno in un altro ambiente che sia favorevole all’altruismo e non all’egoismo. Una volta che ci saremo liberati dal desiderio di ricevere e dalle catene dell’egoismo, potremo avanzare Spiritualmente. Agendo così, seguiremo il principio della fede «al di sopra della ragione». La «fede» nella Kabbalah significa la percezione completa del Creatore. Noi possiamo acquisirla divenendo uguali a Lui nei Suoi attributi, i nostri desideri, le nostre intenzioni e i nostri pensieri. La parola «ragione» è relativa alla nostra mente, è il “soprintendente” del nostro egoismo. Per elevarci dobbiamo fare in modo che il valore dell’equivalenza con il Creatore sia il più importante e il più prezioso ai nostri occhi rispetto a qualsiasi altro piacere egoista immaginabile. A livello personale noi aumenteremo l’importanza del Creatore (altruismo) servendoci dei libri (o qualsiasi altro supporto mediatico), servendoci degli amici e di un maestro che ci mostrerà quanto sia importante essere altruisti. A livello sociale noi tentiamo di adottare dei valori più altruistici nella società. D’altronde, perché il cambiamento possa riuscire, è imperativo adottare dei valori altruistici, non per rendere le nostre vite più piacevoli nel nostro mondo, ma perché ci sia armonia tra noi, nella società e con la Natura, che è poi la sola legge della realtà – la legge dell’altruismo – il Creatore. Dotandoci di un tale ambiente, come individui e come società, i nostri valori personali cambieranno progressivamente in valori per il nostro ambiente, trasformando così naturalmente, facilmente e piacevolmente il nostro egoismo in altruismo. APPENDICE (1) Storia della Kabbalah I GRANDI MAESTRI DELLA KABBALAH N el corso della storia, numerosi Kabbalisti hanno scritto dei libri molti profondi. Comunque, vorremmo focalizzarci su quattro Kabbalisti molto particolari e sui libri che essi ci hanno lasciato, libri scritti per aiutare i debuttanti a familiarizzare con la Kabbalah. Fa eccezione Rabbi Akiva, egli infatti non ci ha lasciato nessun libro. Alcuni dei suoi importantissimi concetti, però, sono arrivati fino a noi e continuano ad influenzarci. Rabbi Akiva è l’ispiratore e il modello esemplare per tutti i Kabbalisti. Dopo Rabbi Akiva venne Rabbi Shimon Bar-Yokhai (Rashbi), egli ci ha fatto il dono del Libro dello Zohar. Poi, quattordici secoli più tardi, Rabbi Isacc Luria (Ari), colui che ci ha regalato l’Albero della Vita, e per ultimo il Rav Yehuda Ashlag (Baal ha-Sulàm), il suo libro Lo Studio delle Dieci Sfiròt è il solo con il quale gli allievi moderni possono raggiungere la Spiritualità. Questi grandi Kabbalisti hanno adattato i loro testi per le loro generazioni. Ecco quindi che il linguaggio varia conformandosi al livello di percezione dei loro contemporanei, mentre il messaggio rimane sempre lo stesso: il detto di Rabbi Akiva, «Ed amerai il tuo amico come te stesso». Questo messaggio ci riporta indietro al messaggio di Abramo: solo attraverso l’unità e l’unione potremo vincere l’egoismo, raggiungere il Creatore e avrere una vita fisica e spirituale eterna. Scopriamo insieme la storia personale di questi pilastri della Spiritualità. Rabbi Akiva Rabbi Akiva visse a cavallo tra il primo secolo e l’inizio del secondo della nostra era; egli fu il Saggio più conosciuto di quell’epoca. Fu un insegnante eccezionale e un grande Kabbalista, il quale diede un notevole contributo con gli scritti della Mishnà e la Halakhà. Fu anche il leader Spirituale della rivolta di Bar-Kokhvà e colui che rivelò al mondo intero la legge dell’amore. Rabbi Akiva visse fino all’età di 40 anni come semplice pastore, ebbe in effetti una vita alquanto ordinaria. Non si distinse in nessun modo dai suoi contemporanei e non immaginò neppure che un giorno tutto sarebbe cambiato. • Il cambiamento Prima di questi fatti, Rabbi Akiva era il pastore del gregge di Kalba Savua, uno degli uomini più ricchi di Gerusalemme. Improvvisamente, all’età di 40 anni, Rabbi Akiva fu preso da un’incontrollabile desiderio di scoprire il senso della vita e di comprendere le leggi del Mondo Superiore. A quell’epoca, egli frequentava Rachele, la figlia di Kalba Savua. Si sposarono poco dopo, malgrado il disaccordo del padre di lei. Secondo il Talmùd (un commentario alla Mishnà), fu proprio Rachele che spinse Rabbi Akiva a lasciare il suo domicilio per andare a studiare presso i più grandi Kabbalisti dell’epoca. Rachele non ebbe nessun dubbio che là suo marito avrebbe trovato le risposte alle sue domande. Si fece promettere di non tornare prima d’aver raggiunto la conoscenza delle leggi del Mondo Superiore. Rabbi Akiva, incoraggiato dalla propria moglie, iniziò così il suo percorso Spirituale. Egli studiò presso i seguenti Kabbalisti: Rabbi Eliezer, Rabbi Yehoshua e Nakùm uomo di Gamzu. Nel corso degli anni, raggiunse uno ad uno i gradini della Scala Spirituale e superò i suoi stessi maestri, divenendo un poco alla volta il principale Kabbalista della sua generazione. Dopo aver appreso tutto ciò che poteva dai maestri, Rabbi Akiva aprì una propria scuola. La sua saggezza si propagò rapidamente e 24.000 allievi affluirono da tutto il paese per seguire i suoi insegnamenti. • Scoprire la legge dell’amore Il metodo d’insegnamento unico di Rabbi Akiva fece sì che l’amore fraterno regnasse tra i suoi allievi. La realtà fisica ubbidì alla stessa legge dell’Amore, ovvero il Creatore che governa i Regni Spirituali. Questa Legge si può così riassumere: quando una persona agisce secondo la legge dell’amore ed è in equilibrio con la Natura, sperimenta allora la completezza e l’eternità. Mentre quando agiamo contrariamente a questa legge, in maniera puramente egoista, noi soffriamo, afflitti da tormenti e dolori. Una finestra sulla Kabbalah La felicità e l’infelicità non ci pervengono dall’esterno, sono il risultato diretto della nostra similitudine con la Natura (il Creatore). Il Creatore non dà altro che cose buone, poiché Egli è una forza d’amore. Purtuttavia, quando siamo in contraddizione con Lui, non possiamo riceverle. Tali sono le cause di ogni sofferenza e malore del mondo. Rabbi Akiva scoprì che la Legge della Natura, ovvero la Legge dell’Amore, è costante e immutabile. Egli scoprì che cambiando la sua attitudine verso gli altri, all’improvviso anche l’intera realtà cambiava intorno a lui. Scoprì che le relazioni egoiste erano la causa di ogni sofferenza di questo mondo. L’ego, o come lo chiamavano i Kabbalisti «l’amor proprio», ci rinchiude in una realtà limitata che non ci permette di entrare nel regno eterno della vita. L’unico modo per conoscere veramente tutta la realtà è cambiare la nostra attitudine nei confronti della società. Ciò che Rabbi Akiva scoprì è riassunto nella sua famosa massima: «Ed amerai il tuo amico come te stesso, questa è la regola complessiva della Toràh.» • La rivolta di Bar Kokhvà Nell’anno 132 della nostra era, il regno della Giudea, guidato da Shimon Bar Kokhvà, ingaggiò una rivolta vittoriosa contro i Romani, i quali dovettero battere in ritirata e chiedere rinforzi. Quando sopraggiunsero i soccorsi, l’equilibrio delle forze si ribaltò a favore dei Romani. Fu così che l’esercito imperiale, distruggendo tutto al suo passaggio, riuscì a conquistare il regno della Giudea. Decine di migliaia furono gli ebrei trucidati e quelli catturati furono venduti come schiavi. La sconfitta della rivolta di Bar Kokhvà fu l’inizio di uno dei periodi più significativi della storia della Kabbalah. La rovina materiale della Giudea fu una chiara manifestazione del declino spirituale dei suoi abitanti, ma il segno più impressionante fu la costruzione della città pagana d’Aelia Capitolina sulle rovine di Gerusalemme. I Kabbalisti che continuarono ad insegnare, malgrado la rovina e la distruzione, furono imprigionati e torturati a morte, Rabbi Akiva fu una delle vittime. Fu incarcerato nella prigione della Cesarea dove fu crudelmente giustiziato dal commissario romano. • La percezione dell’egoismo umano all’epoca di Rabbi Akiva Negli ultimi 5000 anni l’umanità ha conosciuto numerose spinte verso l’egoismo che hanno cambiato alternativamente il corso della storia. Dopo ciascuno di questi balzi, gli uomini hanno incrementato i loro desideri e le loro bramosie. La prima percezione della Spiritualità ebbe luogo nella Babilonia, all’epoca di Abramo. La seconda all’epoca di Mosè e la terza, la più importante, all’epoca di Rabbi Akiva. L’amore fraterno tra i suoi allievi fu presto sostituito da un odio gratuito, portando gli allievi stessi al declino della percezione del Mondo Spirituale fino al punto di avvertire solo questo mondo. Quest’odio ingiustificato causò la morte dei 24.000 allievi. Solamente cinque ubbidirono alla Legge Generale dell’Amore ed essi sopravissero. I più celebri tra di loro furono Rabbi Yehudà Ha Nassì che compilò la Mishnà e Rabbi Shimon Bar Yokhai, autore del Libro dello Zohar. Rabbi Shimon Bar Yokhai Rabbi Shimon Bar Yokhai (Rashbi) ricevette dal suo insegnante, Rabbi Akiva, 3000 anni di conoscenza spirituale acquisita dai Kabbalisti precedenti. Dopo averla trascritta egli nascose la sua conoscenza poiché l’umanità non era ancora pronta. Ai giorni nostri, secondo i grandi Kabbalisti quali Rav Yehuda Ashlag e il Gaon di Vilna (GRA), siamo finalmente in grado di ricevere le rivelazioni del Libro dello Zohar. Rashbi, l’autore del Libro dello Zohar (Il Libro dello Splendore) era un Tanà (titolo onorifico che si dava a un Saggio dell’epoca della Mishnà) della quarta generazione. Era anche il brillante allievo di Rabbi Akiva, uno dei più grandi Saggi del Talmùd. Numerose leggende sono circolate intorno al suo nome, menzionate mille volte nel Talmùd stesso e nel Midràsh. Egli visse a Sidone (oggi una città del Libano) e a Meròn (nel nord di Israele) e creò una scuola nella Galilea occidentale. Fin da piccolo non era come tutti gli altri. Delle domande come «Qual è il senso della vita?»; «Chi sono io?» e «Come il mondo è costruito?» non l’abbandonarono mai, spingendolo così a trovare delle risposte. A quell’epoca la vita nella Galilea era praticamente insostenibile: i Romani perseguitavano gli ebrei, continuando a promulgare severi decreti contro di loro, uno di questi proibiva proprio lo studio della Kabbalah. Tuttavia, malgrado le interdizioni romane, Rashbi approfondì la sua conoscenza e tentò di comprenderne il senso interiore. Per trovare risposta alle sue domande, si immerse notte e giorno nello studio dei testi, presentendo che al di sotto di queste storie bibliche si trovasse occultato un significato profondo e segreto. Col passare degli anni, Rashbi realizzò che doveva trovare un maestro che avesse già percorso il cammino spirituale, e quindi acquisito l’esperienza, che potesse guidare gli altri ad ascendere la Scala Spirituale. Decise allora di raggiungere il gruppo del più grande Kabbalista dell’epoca: Rabbi Akiva. Fu l’inizio del periodo più importante della sua vita. • Da allievo a fuggitivo Rashbi era un allievo determinato e imperturbabile. Il suo desiderio di scoprire la Forza Superiore era insaziabile e divenne rapidamente uno dei migliori allievi di Rabbi Akiva. Rashbi studiò 13 anni con lui e raggiunse il più alto dei livelli della Scala Spirituale. La rivolta di Bar Kokhvà fu per lui come un eco dei giorni gloriosi della scuola di Rabbi Akiva. Rashbi raggiunse allora i rivoltosi diventando uno dei loro leader, e dopo aver appreso come il suo maestro fu giustiziato (Rabbi Akiva), la sua resistenza non fece altro che divenire più tenace. Il Talmùd racconta che una volta, Rashbi protestò contro la legge romana. Qualcuno che l’aveva inteso, avvertì le autorità imperiali, le quali lo condannarono a morte. L’imperatore romano dispiegò i suoi uomini per ricercarlo, ma Rashbi sembrava essere scomparso. • La grotta di Pqiin La leggenda racconta che Rashbi e suo figlio fuggirono nella Galilea, in una grotta d’un villaggio chiamato Pqiin, a nord di Israele, dove si nascosero per ben 13 anni. Durante il loro soggiorno in questa grotta, essi approfondirono i segreti della Saggezza nascosta e, grazie ai loro sforzi nello studio dei segreti della Kabbalah, scoprirono il piano intero della Creazione. Passati 13 anni, Rashbi e suo figlio appresero della morte dell’imperatore e finalmente si poterono considerare fuori pericolo. Dopo aver lasciato il suo rifugio, Rashbi riunì degli allievi con i quali egli si era rifugiato nella piccola grotta a Meròn, creando così la grande assemblea conosciuta come Idra Raba. Questi allievi lo aiutarono a scrivere il Libro dello Zohar, il più importante libro della Kabbalah. Nella foto: l’insegna esposta all’entrata della grotta segreta di Rashbi che riporta il suo nome, quello dell’Assemblea e i nomi degli altri membri del suo gruppo. Rav Yehuda Ashlag descrisse Rashbi e i suoi allievi come i soli ad aver raggiunto la perfezione desiderata, ovvero i 125 gradi spirituali che rappresentano la correzione di un’anima. Dopo aver terminato il suo commentario al Libro dello Zohar, Y. Ashlag, durante un pranzo per festeggiare la sua conclusione, disse: «... È impossibile che prima dei giorni del Messia i 125 gradi siano raggiunti... eccetto per Rashbi e gli allievi che hanno scritto il Libro dello Zohar. I 125 gradi furono da essi conosciuti in tutta la loro complessità, benché avessero vissuto prima dei giorni del Messia.» Spesso troviamo scritto nello Zohar che non verrà nessuna generazione che si possa paragonare a quella di Rashbi fino alla «generazione del Re Messia» (il momento in cui tutta l’umanità sarà corretta). La ragione per cui la sua opera ebbe una così grande impatto nel mondo, è che i segreti spirituali che vi sono presenti, rappresentano la totalità dei 125 gradi. • Uno tra milioni Rashbi è l’incarnazione di un’anima particolare che regola e collega la Forza Superiore a tutte le creazioni. Quest’anima è discesa in questo mondo numerose volte e si è incarnata nei più grandi Kabbalisti. Ciascuna di queste incarnazioni ha innalzato l’umanità ad un nuovo grado spirituale lasciando la sua impronta nei libri di Kabbalah che sono serviti alle generazioni seguenti. Il Libro dello Zohar è senza dubbio uno dei libri più straordinari e più impressionanti che siano mai stati scritti. Nessun altro libro nella storia dell’umanità ha suscitato tanta curiosità e tanto interesse. Dalla sua pubblicazione migliaia di storie sono circolate intorno a questo libro che, ancora oggi, resta circondato da un alone di mistero. Esso esercita un così grande fascino che milioni di persone lo leggono, benchè per essi sia praticamente incomprensibile, mentre milioni di altre persone hanno paura di leggerlo. Una finestra sulla Kabbalah «Quest’opera, intitolata Il Libro dello Zohar, assomiglia all’arca di Noè, nella quale gli uomini, accompagnati dai loro famigliari e da numerose specie animali sono entrati per sopravvivere... così i Giusti sono entrati nel segreto della Luce di quest’opera per vivere. La virtù di quest’opera è tale che, immediatamente dopo essersi immersi in essa, ci attira come un amante e noi vi penetriamo per salvare l’anima e lo spirito, completando così la nostra correzione.» Rav Kook, Ohr Yakar Isacc Luria (Ari HaKadòsh) 1534- 1572 In meno di un anno e mezzo, Isacc Luria (Ari) rivoluzionò la Kabbalah e la rese accessibile a tutti. Da allora, la “Kabbalah Lurianica” è divenuta l’approccio predominante nello studio della Kabbalah. Rabbi Isacc (Ari) fu, nel XVI secolo, il più grande Kabbalista di Safed (una città celebre per i suoi Kabbalisti nella parte nord di Israele). • Un uomo di misteri e di leggende L’Ari nasce a Gerusalemme nel 1534. Suo padre muore quando lui aveva solo otto anni. Da quel momento la sua famiglia attraversò enormi difficoltà. Per migliorare la loro situazione, la madre decise di mandare il giovane Isacc a vivere presso suo zio che risiedeva in Egitto, là visse gran parte della sua vita. Ancora bambino, l’Ari si chiuse nella sua camera per giornate intere. Studiò approfonditamente Il Libro dello Zohar, cercando di scoprirne il sublime e segreto significato. Secondo una leggenda, egli avrebbe ricevuto “la rivelazione di Elia” e “da lui” avrebbe appreso lo studio dello Zohar. Per l’Ari, Il Libro dello Zohar rapresentava tutto. In quest’epoca, Safed era il centro di studi della Kabbalah e attirava allievi da tutti i Paesi. Inoltre, Safed non era troppo lontana dal monte Meròn dove si trova la tomba di Rashbi. L’anno in cui l’Ari arrivò a Safed (1570), un terribile inverno si abbatè sull’Egitto. Piogge torrenziali si riversarono sul Paese, tempeste di vento scoperchiarono i tetti delle case, il Nilo straripò inondando villaggi interi che furono sommersi da torrenti di fango. La leggenda racconta che, durante la notte più tempestosa di questo terribile inverno, il profeta Elia si manifestò ad Ari. Elia gli disse che la sua fine sarebbe stata prossima e che doveva condurre la sua famiglia a Safed, dove era già atteso. Elia lo informò anche che là avrebbe trovato Khaim Vital, il suo futuro discepolo e gli comunicò di trasmettergli tutta la sua saggezza, poichè egli avrebbe successivamente preso il suo posto. Fu così che nel 1570, a 36 anni, l’Ari partì per la Terra di Israele. • Preparare la rivelazione La saggezza della Kabbalah è stata occultata dai più grandi Kabbalisti durante più di 1500 anni prima dell’Ari. I Kabbalisti si svegliavano a mezza notte, studiando a lume di candela e con le finestre chiuse al fine di evitare che le loro voci si sentissero all’esterno. È con immenso rispetto, che essi aprivano i libri di Kabbalah. Da questi libri essi attinsero la Luce che permise loro di comprendere la realtà nascosta. A quei tempi, i Kabbalisti erano reticenti a pubblicare i loro lavori perché avrebbero potuto essere male interpretati. Il Libro dello Zohar previde che la Kabbalah sarebbe riapparsa quando la generazione sarebbe stata pronta, all’epoca di Ari, invece, i Kabbalisti percepirono che il momento non era ancora giunto. L’umanità ha atteso molti anni affinché si aprissero le porte della saggezza della Kabbalah. L’arrivo dell’Ari a Safed e la pubblicazione del Libro dello Zohar furono dei segnali premonitori che sarebbe giunta l’ora un giorno di divulgare i segreti della Kabbalah a tutta l’umanità. Una finestra sulla Kabbalah Curiosamente, molta gente all’epoca di Ari, specie artisti e intellettuali, senza aver avuto un diretto contatto con lui svilupparono interesse per la Kabbalah. Tra di essi ci fu Giovanni Pico della Mirandola (14631494), umanista italiano. Il suo libro, Conclusioni filosofiche, cabalistiche e teologiche contiene la seguente affermazione: «…quando fu rivelata, per volontà di Dio, la verace interpretazione della Legge, trasmessa divinamente a Mosè, essa fu chiamata Cabala (Kabbalah), che presso gli ebrei ha il significato che presso di noi ha il termine ricezione». Tra le opere di Ari, la più importante è l’Albero della Vita. In questo libro gli insegnamenti di Ari sono presentati in maniera scientifica, chiara ed accessibile. L’albero della Vita è divenuto uno dei testi essenziali della Kabbalah, il secondo in ordine d’importanza dopo il Libro dello Zohar. L’Ari morì durante l’estate del 1572 all’età di 38 anni, dopo essersi ammalato in seguito ad un’epidemia che colpì Safed. La comparsa di Ari nel nostro mondo si lega a quella di un altro precursore che aprì una nuova era nell’evoluzione umana e spirituale. Anch’egli è uno dei più grandi Kabbalisti mai esistiti, è uno dei primi ad aver ricevuto “il permesso dall’alto” di rivelare il metodo della Kabbalah al pubblico. Il suo merito fu di comprendere come trasformare il metodo della Kabbalah, destinato solo ad una certa élite, in un metodo adatto ad un gran numero di anime. Le anime che oggi sono pronte all’elevazione Spirituale, per questo fine, hanno bisogno del suo metodo, la Kabbalah Lurianica. Rav Yehuda Leib HaLevi Ashlag (Baal ha-Sulàm) (1884-1954) Il Rav Yehuda Ashlag è più conosciuto con il nome di Baal ha-Sulàm (Proprietario della Scala) proprio per il suo commentario della Sulam (la Scala) del Libro dello Zohar. Baal haSulàm consacrò la sua intera vita a interpretare la saggezza della Kabbalah, rinnovandola e diffondendola in Israele e nel mondo. Egli adattò la Kabbalah Lurianica dell’Ari per la nostra generazione, permettendo ad ognuno di studiare la realtà nella quale viviamo, le sue radici e conoscere il suo ultimo obbiettivo. Poiché Baal ha-Sulàm è nato in un epoca in cui il mondo era già pronto a conoscere la Kabbalah, i suoi scritti ebbero una natura “internazionale”. Egli predisse degli avvenimenti, quali la caduta del regime comunista sovietico e la globalizzazione, prima ancora che tali avvenimenti divenissero per noi palesi, presentandoli in un contesto di correzione per tutta l’umanità. Baal ha-Sulàm è nato in Polonia. Il suo professore fu il Rabbino Yehoshua di Pursov. Nel 1921, emigrò con tutta la famiglia in Israele nella Città Vecchia di Gerusalemme. La notizia del suo arrivo si propagò rapidamente nella città e presto divenne un’autorità nella saggezza della Kabbalah. Poco a poco, intorno a lui si formò un piccolo gruppo di allievi che iniziarono ad andare a casa sua durante le ore notturne per studiare la Kabbalah. Baal ha-Sulàm abbandonò poi la Città Vecchia per andare a risiedere in periferia, più precisamente a Ghivat Shaul, qui fu Rabbino per molti anni. Le sue opere Egli scrisse il commentario di Panim Meirot e Panim Masbirot su L’Albero della Vita dell’Ari pubblicato nel 1927. Parallelamente, intrattenne un’importante corrispondenza con gli studenti che fu pubblicata un po’ più tardi con il titolo di Pri Khakhàm (il Frutto del Saggio). Nel 1933, pubblicò i trattati di Matàn Toràh (il Dono della Toràh), l’Arvùt (La Garanzia Spirituale )e Ha-Shalòm (La Pace). La pubblicazione delle 16 parti del Talmùd Eser Ha-Sfiròt ha inizio nel 1937. Nel 1940 fu pubblicato il suo libro Beit Shaar ha Kavanòt (La porta delle Intenzioni) contenente i commenti scelti tra gli scritti dell’Ari. Le sue due opere principali, frutto di lunghi anni di lavoro, sono il Talmùd Eser Ha-Sfiròt (Studio delle Dieci Sfiròt), basato sugli scritti dell’Ari e Il Sulam (La Scala), commentario del Libro dello Zohar. La pubblicazione delle 18 parti del Talmùd Eser Ha-Sfiròt iniziò nel 1937. Il Commentario del Sulam del Libro dello Zohar fu pubblicato in 18 volumi tra 1945 e il 1953. In seguito, Baal ha-Sulàm scrisse tre volumi supplementari nei quali commentò Il Nuovo Zohar. La pubblicazione dell’ultimo commentario fu completata post mortem nel 1955. Il Libro dello Zohar con il commentario del Sulam (Scala) Ecco ciò che egli scrisse nell’introduzione al Libro dello Zohar: «Il mio commentario s’intitola Il Sulam (La Scala) per mostrare l’analogia tra quest’ultima e qualsiasi altra scala: se disponete di un granaio pieno di buone cose, avrete solo bisogno di una scala per accedervi e avrete tutta l’abbondanza di questo mondo nelle vostre mani». Baal ha-Sulàm riuscì a redigere una serie d’introduzioni che preparano l’allievo a studiare correttamente gli scritti della Kabbalah e a seguire un giusto percorso nello studio. Queste introduzioni sono: «La Prefazione del Libro dello Zohar», «Introduzione al Libro dello Zohar», «La Prefazione alla Saggezza della Kabbalah», «La Prefazione al commentario del Sulam». Nonché una «Prefazione generale all’Albero della Vita» e una «Introduzione allo Studio delle dieci Sfiròt». Nel 1940, Baal ha-Sulàm pubblicò un giornale che intitolò «La Nazione». Gli scritti dell’ultima generazione, invece, che egli scrisse alla fine della sua vita, sono analisi di dottrine differenti di governo e una rappresentazione di un piano dettagliato che aiuterebbe la fondazione di una futura società corretta. La promozione delle sue idee Baal ha-Sulàm non si è accontentato solamente di mettere le sue idee per iscritto, ma ha sempre operato ardentemente per promuoverle. Egli ha anche incontrato, seguendo un suo modo di vedere, i rappresentanti dello Stato di Israele e delle colonizzazioni ebraiche, come Ben Gurion, Chaim Nachman Bialik, Zalman Shazar, e altri ancora. David Ben Gurion scrisse di aver incontrato Baal HaSulam più di una volta e che questi incontri lo sorpresero perché: «Volevo parlare della Kabbalah ed egli mi parlava invece di socialismo». Una finestra sulla Kabbalah In effetti siamo arrivati ad un punto in cui il mondo intero è considerato come un solo gruppo, un’unica società. Ciò significa che poiché ciascuno trae la quintessenza della sua vita e del suo guadagno dall’umanità... di conseguenza, la possibilità di fare del bene e di ottenere la felicità e la pace in uno Stato è inconcepibile fin tanto che questo non avvenga contemporaneamente in tutti gli altri Paesi del mondo. Baal ha-Sulàm, «La pace nel mondo» Ecco un estratto da un articolo del giornale Haaretz pubblicato il 17 Dicembre 2004: «Shlomò Shoam, criminologo e vincitore del Premio Israele, agli inizi degli anni ‘50, prese l’inziativa di rendere visita al Kabbalista Yehuda Ashlag. All’epoca Ashlag cercava di stampare Ha Sulam, traduzione in ebraico de «Il Libro dello Zohar» con un commentario... ogni volta che raccoglieva un po’ di danaro, proveniente da piccole donazioni, egli riusciva a stampare delle parti del suo libro. «In un’abitazione quasi in rovina, messa al riparo in questo rudere ho trovato una vecchia stampatrice”. Mi raccontò che non potendo permettersi di pagare un tipografo, faceva egli stesso la composizione di stampa, carattere per carattere, restando ore intere davanti alla sua macchina, benché avesse già raggiunto la sessantina. «Ashlag era manifestamente un Tzadiki (un Giusto), un uomo umile con un volto splendente, ma era anche un personaggio marginale e molto povero. Ho saputo più tardi che aveva trascorso un tale numero di ore a comporre che il piombo dei caratteri aveva danneggiato la sua salute.» Solo dopo 60 anni dalla sua morte cominciò ad essere conosciuto. Da qualche anno in qua, il suo insegnamento attira l’attenzione di centinaia di migliaia di persone di tutto il mondo, che studiano e ricercano i suoi insegnamenti tradotti in diverse lingue. Oggi, ogni persona che desideri veramente accedere al Mondo Spirituale lo può fare facilmente. Baal ha-Sulàm era un uomo affascinante e complicato, tollerante ed istruito. Era profondamente coinvolto negli avvenimenti generali, e su tutto ciò che avveniva in Israele, dove risiedeva. Le sue idee sono ancora ai giorni nostri rivoluzionarie e d’avanguardia per la loro audacia. Baal ha-Sulàm morì nel 1954, suo figlio maggiore, il Rav Baruch Shalom Ashlag, ha proseguito il suo cammino. (2) Domande frequenti Cos’è la saggezza della Kabbalah? Cos’è la saggezza della Kabbalah? L a Kabbalah non è una ricerca teorica, è un metodo pratico destinato ad accompagnarci in tutti i momenti della nostra vita. Grazie alla Kabbalah, un individuo scopre il suo futuro, il suo passato, le qualità che gli appartengono sin dalla prima volta in cui è disceso in questo mondo e per tutte le sue vite precedenti ed il percorso che gli resta ancora da fare. Vedendo gli abitanti di questo mondo e i risultati delle loro azioni, i Kabbalisti compresero ciò che conveniva fare per migliorare la loro e la nostra vita. Di cosa parla la saggezza della Kabbalah? La saggezza della Kabbalah ingloba tutta la realtà inferiore al Creatore: i mondi, ciò che è in essi, la discesa dell’anima in questo mondo e il suo ritorno verso l’alto. In altre parole, la saggezza della Kabbalah contiene tutti gli stati e le situazioni dell’umanità. Tutti i mondi, compreso il nostro, si mantengono uno al di sotto dell’altro. La Luce che scaturisce dal Creatore attraversa tutti i mondi arrivando fino al nostro. Perciò, ogni elemento presente nel mondo di Adam Kadmon è ugualmente presente in tutti gli altri mondi. I Kabbalisti definiscono questa relazione (causa ed effetto) con i termini di «radice e ramo». Nel suo articolo «L’Essenza della saggezza dalla Kabbalah» Baal ha-Sulàm definì la connessione tra la radice e il ramo come segue: «Non v’è nulla nella realtà del mondo inferiore che non abbia il suo equivalente nel Mondo Superiore, questi mondi sono identici come due gocce d’aqua e sono chiamati “Radice e Ramo”. Ciò significa che ogni cosa in questo mondo è considerata come il ramo del suo modello che si trova nel Mondo Superiore, ovvero la sua radice. Il mondo inferiore è il luogo dove l’impronta della radice, la sua esistenza, è resa possibile.» Vediamo di conseguenza che ciascun elemento e dettaglio di questo mondo, con tutte le relative connessioni, è anche presente in tutti i Mondi Superiori, da Assià fino ad Adam Kadmon. L’universo, il pianeta Terra, il minerale, il vegetale, l’animale e l’essere parlante sono ugualmente presenti nei Mondi Superiori a questo mondo. Esiste una sola differenza tra gli elementi di questo mondo e quelli dei Mondo Superiori: in questi ultimi gli elementi sono forze mentre nel nostro mondo sono materia. La saggezza della Kabbalah facilita la nostra ascesa verso i Mondi Superiori e ci permette di osservare dall’alto le forze che agiscono su ciascun oggetto in questo mondo, facendoci così comprendere le dinamiche di quanto succede. Qual è l’origine del nome del Libro dello Zohar Zohar significa «Splendore», come è scritto in questo libro: «I giusti sono seduti con delle corone sulle loro teste e si dilettano dello Splendore della Divinità.» Secondo Il Libro dello Zohar, la sensazione del Creatore (la Luce) si chiama «Divinità». In genere quando viene detto: «Così fu scritto nel libro...» ci si riferisce sempre al Libro dello Zohar. Tutti gli altri libri apparentemente non sono presi in considerazione come dei “libri” poiché la parola “libro” (Sefer in ebraico ) deriva dalla parola Sefirà, che a sua volta proviene dalla parola zaffiro, ovvero splendore, una rivelazione (della Luce, il Creatore). Non troverete questo che nel Libro dello Zohar. Certe persone soffrono tutta la loro vita... perchè avviene questo? Perchè esiste la sofferenza? Siamo tutti colpiti, in continuazione. L’umanità ha sempre sofferto nel corso della sua storia. La gente viveva e moriva senza capire la ragione delle proprie sofferenze. Per arrivare a comprendere le cause e chi è responsabile di tutto ciò bisogna raggiungere prima una determinata soglia. In generale, l’umanità ha accumulato sufficienti pene per cominciare a chiedersi: «Perché?» In realtà, questo è il motivo per cui i Kabbalisti rivelano ora la saggezza della Kabbalah a tutti. Che cos’è la Spiritualità? Come riconoscere il materiale spirituale? Lo Spirituale è tutto ciò che non è “per me”, quindi, è tutto ciò che è unicamente “per il Creatore”. È quando il risultato di un determinato atto non è attribuibile in alcun modo a colui che l’ha effettuato, anche indirettamente. Che cos’è il «punto nel cuore»? L’abbiamo tutti? Ogni persona ha un «punto nel cuore», molti però non lo avvertono poiché non sono “giunti alla maturità” o non sono ancora pronti per recepirlo. Se nel corso delle nostre vite, a un certo momento, il punto nel cuore si rivela, allora, cominceremo a sperimentare un desiderio per la Spiritualità, per qualcosa di superiore. Questo sentimento è chiamato appunto «punto nel cuore». Qual è la differenza tra questo mondo e il Mondo Spirituale? Questo mondo è il punto più basso che raggiunge un Kabbalista. Egli si trova in opposizione totale al Creatore, in termini kabbalistici si chiama: «l’esilio dall’Egitto». La forza naturale che agisce su di noi in questo stato è la forza del nostro egoismo, che non ci permette di fare nulla che non sia solo per noi stessi, questo stato si chiama «lo stato di Faraone». Il nostro egoismo non ci permette di percepire lo stato perfetto e sublime. L’egoismo, è la forza interiore e viziosa dell’uomo, chiamata «Faraone», di cui la Toràh (il Pentateuco) parla a lungo. La forza che ci libera da questo stato e ci fa accedere al Mondo Spirituale si chiama «Mosè». Faraone, Mosè, e tutto ciò che è scritto nell’Esodo descrivono stati spirituali ed emozioni che tutti sperimentiamo, prima o poi, nella loro evoluzione. La rivelazione del Creatore Il Creatore esiste? La Kabbalah viene studiata proprio per comprendere il Creatore. Ciascuno di noi Lo scoprirà e Lo conoscerà. Solo quando scopriremo il Creatore saremo veramente capaci di dire che Egli esiste, poiché lo sapremo da noi stessi. Se fossimo capaci di percepire ora il Creatore saremmo già dei Kabbalisti. È possibile scoprire il Creatore unicamente misurando l’equivalenza delle qualità con il Creatore. Se il Faraone avesse avuto dei sacerdoti capaci di fare ciò che fece Mosè… come posso sapere se il Creatore è superiore al Faraone? Esiste una sola forza: il Creatore. Egli esercita un influsso su di noi in vari modi, servendosi di forze antagoniste. Egli ci plasma toccando numerosi punti, dando luogo a differenti reazioni. Ne risulta che sviluppiamo una certa attitudine nei riguardi della Luce e delle tenebre, per riuscire a comprendere finalmente il significato del dono e della ricezione. Si chiama «Faraone» il desiderio creato nella sua totalità, che è uguale alla grandezza del Creatore stesso. Alla sua nascita una persona non riceve che un piccolo desiderio, solo dopo, progressivamente, scopre il suo Faraone interiore. Mano a mano che il Faraone vince, fa la persona si innalza nella Spiritualità. La differenza tra il Creatore e Faraone non va ricercata nella loro potenza, bensì nella meta che essi hanno. Se si tratta di “scopi personali” è Faraone, se invece lo scopo è giungere al Creatore, si parla di correzione finale. Cos’è l’amore? L’amore è una conseguenza dell’equivalenza dei tratti interiori, ovvero degli attributi. Nella Kabbalah esiste una sola legge: «La Legge dell’Equivalenza della Forma, delle qualità e dei desideri». Se due oggetti spirituali sono uguali nei loro attributi, si uniscono. Ciò non significa che da due sono divenuti uno, a, piuttosto, sono come uno. Tutto ciò che accade ad uno di loro, viene contemporaneamente vissuto anche dal secondo, arricchendolo. “L’amore” è quella sensazione reciproca che due soggetti separati condividono fra loro, quando si giunge a un’uguaglianza perfetta tra noi (primo soggetto) e il Creatore (secondo soggetto) L’amore è la sensazione d’equivalenza degli attributi spirituali. La lontananza delle qualità e dei desideri distanziano le persone gli uni dagli altri, provocando addirittura l’odio. L’affinità dei desideri, dei pensieri e degli attributi (che di fatto sono la stessa cosa poiché gli attributi determinano i pensieri e i desideri), invece, determina l’avvicinamento, l’amore e la comprensione reciproci. Quando un individuo raggiunge la somiglianza delle qualità del Creatore scopre anche l’amore per Lui. La Kabbalah afferma che il più grande piacere del mondo è la sensazione dell’equivalenza della forma con il Creatore. La Kabbalah non è misticismo Come la Kabbalah spiega i fenomeni soprannaturali come le guarigioni o i viaggi fuori dal corpo? La Kabbalah vi permette di vivere nel Mondo Spirituale ed in questo mondo contemporaneamente. Essa aiuta a provare, vedere e comprendere il vostro sviluppo spirituale. Studiandola, apprenderete a vedere il passato, il presente e il futuro, e saprete come dirigere la vostra vita saggiamente. I fenomeni soprannaturali non sono spirituali, Si tratta invece di fenomeni naturali, fisiologici, di cui la gente non è cosciente a causa della loro separazione dalla Natura stessa. La Kabbalah parla solo di Spiritualità e di tutto ciò che concerne l’anima. Altrimenti detto, la Kabbalah parla della trasformazione personale, da egoista ad altruista (la natura del Creatore). Qual è il miglior sortilegio per riuscire nella vita? La Kabbalah è una scienza dotata di leggi chiare e concise che devono essere studiate. Non ha niente a che vedere con sortilegi, benedizioni o altri rituali compiuti in suo nome. La cattiva comprensione della Kabbalah nasce nell’epoca in cui essa fu tenuta nascosta alla gente, fu così che le si attribuirono poteri magici. I libri di Kabbalah spiegano chiaramente quali tappe dobbiamo attraversare per acquisire una vera conoscenza spirituale. Questa conoscenza, una volta conseguita, vi permetterà di sapere quale azione è la migliore per voi in qualunque situazione. Esistono numerosi metodi e insegnamenti per raggiungere la Spiritualità. Perchè scegliere proprio la Kabbalah? La differenza fra la Kabbalah e gli altri insegnamenti, dal punto di vista kabbalistico, è che questi ultimi si basano sulla negazione dei desideri, o, per lo meno, sulla loro soppressione. La Kabbalah afferma che il Creatore può essere percepito perfettamente esprimendo il desiderio nei Suoi confronti, semplicemente invertendo lo scopo dell’utilizzazione del desiderio stesso, non certamente modificandolo. Di certo, Egli non può essere avvertito negando il desiderio di scoprirLo. La Kabbalah è un’esperienza mistica? La Kabbalah non è un’esperienza mistica. È un’interpretazione del sistema delle leggi naturali di cui facciamo tutti parte e che dobbiamo apprendere ad utilizzare nel nostro interesse. Queste leggi sono attive a tutti i livelli della Natura - minerale, vegetale, animale ed essere parlante. Per questo motivo, quando scopriremo queste Leggi, riusciremo finalmente a migliorare tutti gli aspetti del nostro mondo, dai cambiamenti climatici fino alle strutture sociali. Studiare la Kabbalah Lo studio della Kabbalah mi costringe ad isolarmi dalla vita quotidiana? Non è necessario digiunare o reprimersi. Una persona non deve abbandonare la sua vita quotidiana e neppure i suoi obblighi familiari, non occorre levitare o praticare esercizi respiratori per raggiungere la Spiritualità. È proprio il contrario, gli studenti costruiscono i loro ego e li trasformano in strumenti che li aiutano a raggiungere la loro meta sublime – percepire il Creatore. Per studiare la Kabbalah e capire come i Mondi Superiori agiscono, una persona deve essere al centro di questo mondo ed agire in seno ad esso. Di conseguenza una persona deve continuare a svolgere al meglio tutte le sue occupazioni e deve proseguire ad occuparsi delle sue responsabilità. La conoscenza della realtà spirituale deve essere raggiunta in questa mondo, infatti la Spiritualità è strettamente connessa con la vita normale. Dove e come si esprime la libera scelta? Cosa veramente scegliamo e cosa dovremmo scegliere? Le scelte a disposizione nelle nostre vite sono limitate alla scoperta che facciamo sui motivi che ci spingono a studiare la Kabbalah. Al di fuori dello studio della Kabbalah, tutte le altre domande sono considerate a livello “vivente”, poiché sono effimere e terminano con la morte del corpo fisico. In quanto essere umano, disponiamo dell’unica libera scelta di apprendere o meno la Kabbalah. Vi sono tre ragioni che ci costringono a studiare: - ricompensa e punizione in questo mondo; - ricompensa e punizione nel prossimo mondo; - donare al Creatore, quando siamo guidati dal desiderio di assomigliare all’Ashpaà (la qualità del Dono assoluto) che è la prerogativa del Borè. Studiamo la Kabbalah come mezzo per raggiungere la suprema meta altruista: Donare in assoluto a Colui che ci ha creati. La Spiritualità è superiore a noi per questi tre motivi. Non possiamo convincere il nostro corpo a Donare al Creatore poiché quest’Ultimo immediatamente risponde: «Cosa posso guadagnare da tutto ciò?» Intrinsecamente, il corpo (che nella Kabbalah è definito come il «desiderio di ricevere») non può capire che cos’è l’Ashpaà. Così non abbiamo altra scelta che chiedere al Creatore di darci il desiderio e la voglia di donare senza riserve, di agire e di pensare senza tener conto di quanto beneficio potremmo trarne. Se concentriamo tutti i nostri pensieri e i nostri desideri per raggiungere questo stato, il Creatore cambierà la nostra natura materiale in natura Spirituale. Allora, in opposizione alla nostra incapacità di capire la possibilità di lavorare per gli altri, potremo comprendere come lavorare per il Creatore. Tentando di leggere il Libro dello Zohar, ho trovato il libro molto difficile da comprendere. È un fatto personale oppure è veramente un libro difficile da capire ? Il Libro dello Zohar è il più importante libro della Kabbalah ed è stato scritto in maniera occulta, in modo tale che non è possibile comprenderlo fintanto che la persona non ha raggiunto il Mondo Spirituale. Per questo motivo, si raccomanda di non cominciare a studiare direttamente il Libro dello Zohar, Ma di cominciare a leggere i libri di introduzione e i libri di Baal ha-Sulàm, i quali ci insegnano a comprendere ciò che è scritto nello Zohar. Il Libro dello Zohar non è il libro col quale potrete raggiungere la Spiritualità, è stato scritto solo per coloro che vi sono già. Per capirlo correttamente, dobbiamo prima di tutto studiare numerosi altri testi, come «La prefazione alla Saggezza della Kabbalah», «L’introduzione al libro dello Zohar» e «La prefazione del Libro dello Zohar». Senza prima acquisire una conoscenza chiara e corretta, grazie a queste introduzioni, il libro resterà ermetico. Recentemente sono apparsi diversi gruppi di studio della Kabbalah. Sarebbe utile verificare chi sono? È sempre proficuo fare delle verifiche, almeno per quanto riguarda la persona che insegna come apprendere la Kabbalah. La ricerca vi aiuterà a conoscervi meglio. Questo è il motivo per cui vi consiglio di verificare e decidere se ciò vi conviene. Esiste una differenza di studio tra gli uomini e le donne? Gli uomini, come le donne, dovrebbero svilupparsi Spiritualmente, la sola differenza che risiede in essi è nel metodo. Lo scopo di questo processo di studio è lo stesso. Questo è il motivo per il quale i nostri corsi di introduzione presentano lo stesso metodo sia per gli uomini che per le donne. In seguito, se una persona vuole approfondire lo studio della Kabbalah, la differenza nel metodo gli diviene chiara. Sia gli uomini che le donne cominceranno a percepire il mondo differentemente, poiché essi sono mondi differenti e hanno una percezione differente della Creazione. Cosa vogliono intendere i Kabbalisti per «Accesso»? Nella Kabbalah, comprendere il Pensiero della Creazione – il livello più profondo della comprensione – si chiama «realizzazione» o «raggiungimento», o, se preferite, «l’acquisizione dell’ultimo grado di comprensione». Raggiungere uno stato (o un grado) significa percepire ciascun elemento che lo compone. Che cos’è la preghiera? Le preghiere sono i sentimenti nei vostri cuori. Tuttavia, la preghiera più potente, come scrive Baal ha-Sulàm, è la sensazione che il cuore prova quando si studia, il desiderio ardente di comprendere la materia e di raggiungere le qualità di ciò che si studia. Poiché tutto Lassù è determinato, dov’è la libertà di scelta? La sola libertà dell’uomo è la scelta dell’ambiente, della società che ci influenza. Potete leggerlo nell’articolo «La Libertà» di Baal ha-Sulàm. Il cammino di ciascuno di noi è interamente predeterminato, la sola maniera di progredire è quella di andare avanti, verso il Creatore. Dovremmo volerlo noi, coscientemente, ma se ciò non sarà possibile, la Natura ci forzerà ad avanzare. Se il Creatore ha creato la Creazione con lo scopo di compiacere le Sue creature, perché ci ha negato il piacere? Il Creatore non ci ha negato il piacere. Il motivo delle nostre sofferenze è che siamo opposti a Lui nella forma. Egli è il bene assoluto e, quando cerchiamo di assomigliarGli, vediamo che tutto ciò che Egli fa è donarci abbondanza e piaceri. Tuttavia, fintanto che ci troviamo in opposizione a Lui, non possiamo ricevere questi piaceri. Chi può studiare questa Saggezza? Quando veniva chiesto al Rav Kook: «Chi può studiare la Kabbalah?», egli rispondeva: «Tutti coloro che lo desiderano». Se una persona vuole veramente studiare è segno che è pronta. Corpo, anime e reincarnazione Il Creatore ha un corpo? Non solo il Creatore non ha corpo, anche noi e la Creazione, non ne abbiamo uno. Una creatura non è un corpo fisico, biologico, ma un desiderio di essere riempito dalla Luce del Creatore. Questo desiderio esiste in ciascuno di noi e ciò è quello che i Kabbalisti chiamano «un’anima». L’anima è suddivisa in parti che portano il nome degli organi del corpo. Purtuttavia non v’è un rapporto tra le parti e l’anima che si rifà ai nomi degli organi del corpo umano. I Kabbalisti hanno semplicemente trovato un modo per esprimere i concetti del Mondo Spirituale, servendosi delle parole di questo mondo. Essi hanno usato il linguaggio abituale per descrivere le forze Spirituali, che sono le radici, le origini di questi oggetti. Queste forze possono essere espresse solo utilizzando il linguaggio delle radici e dei rami. Qual è il significato della diffusione della Kabbalah? L’umanità acquisisce la conoscenza di sé stessa e del mondo grazie alla ricerca. Noi immaginiamo ogni sorta di cose che non possiamo comprendere ma che ci auspichiamo di raggiungere. Queste fantasie si basano sull’analogia, sulla speculazione e sulle congetture calcolate, di ciò che già conosciamo. Tuttavia, anche se ci proviamo in tutti i modi, non possiamo immaginare né tantomeno comprendere una parte dell’universo che non abbiamo mai percepito. Non ci aiuterà neanche l’uso delle analogie perchè i nostri sensi non hanno mai sperimentato qualcosa di simile. La Kabbalah crea, o, più esattamente, sviluppa un nuovo senso in noi. Solo sviluppandolo noi cominceremo a percepire questo mondo e così sarà per noi evidente che la sola immaginazione non avrebbe potuto aiutarci a percepirlo. Una persona non può trasmettere tali emozioni a coloro che non dispongono di questi sensi. La trasmissione di queste sensazioni spirituali può avvenire solo in relazione al grado di sviluppo di questo senso negli altri. Dunque, da una parte, la Kabbalah è una scienza volta a sviluppare un senso nello spazio che ci circonda ed esamina la realtà utilizzando un metodo strettamente scientifico. Dall’altra parte, la Kabbalah differisce dagli altri metodi naturali perchè è impossibile analizzare questo mondo senza prima avere acquisito un senso preposto a questo scopo. È solo nella misura in cui una persona percepisce questo mondo, che essa comincia a sentire e a percepire le cose in modo differente. Coloro che non lo sentono non possono immaginarselo. Il significato e lo scopo della «diffusione della Kabbalah» sono di condurre tutte le persone a percepire il bisogno di sviluppare le loro anime e di vivere i Mondi Spirituali giungendo a questo tramite un percorso personale. Diffondere la Kabbalah è un metodo per giungere a un tale sviluppo, nello stesso tempo ci insegna come servirci di questo nuovo senso. La Kabbalah è, infatti, una scienza particolare e non una religione. È scritto nella Haggadàh (il testo della notte di Pasqua) che Faraone ha fatto in modo che Israele si avvicinasse al Creatore. Come una forza talmente negativa può lavorare per il Creatore contro sé stessa? Faraone è la forza del Creatore. È una forza benefica che ha un’apparenza per noi negativa, come è scritto : «Due angeli ci conducono verso la meta – il bene e il male». Tutto ciò che è scritto nella Kabbalah è per acquisire nuove forze d’Ashpaà (la qualità del Dono assoluto). Se noi avessimo solo buone inclinazioni, non saremmo mai stati capaci di avanzare. Faraone, l’indole maligna, ci permette di provare grandi desideri di piacere, correggendo questi desideri abbiamo l’occasione e il modo per innalzarci sempre più in alto. Di conseguenza è molto importante vedere il Faraone come una forza del Creatore, inviata per aiutarci. Faraone ci incoraggia da principio ad evocare un desiderio nel nostro ego per avanzare e svilupparci materialmente. Piano piano comprendiamo, quindi, che l’avanzamento materiale non ci darà e non ci porterà a niente e che il vero sviluppo è solo Spirituale. Quando sotto l’influenza del Faraone cominciamo a sviluppare la Spiritualità, noi cerchiamo nel Mondo Spirituale un recipiente che si possa colmare del desiderio del piacere. Così risulta sempre più chiaro come il nostro proprio egoismo, Faraone, è la forza che motiva ogni cosa. Tutto ciò è dovuto al fatto che non possiamo ricevere la Luce Superiore nel nostro desiderio di ricevere senza avere un’intenzione di Dare, senza essere come il Creatore. Nel nostro mondo non possiamo gioire che di piccolissimi piaceri, i quali, una volta raggiunti, lasciano in noi una sensazione di vuoto ancora più grande e ancor meno soddisfacente di prima. Faraone ci motiva per la Spiritualità, infatti è il nostro egoismo che ci fa desiderare le delizie Spirituali. Nel nostro mondo Faraone ci incita a ricevere il Piacere servendosi dei piaceri abituali che possiamo normalmente soddisfare da noi stessi. Nella Haggadàh di Pasqua, ciò viene chiamato il «vecchio Faraone». In seguito, è detto che un nuovo re è salito al trono d’Egitto, questo è il Faraone che ci conduce verso la Spiritualità, desiderandola per sé stesso. La scienza è già arrivata a clonare dei corpi biologici. Che ne è dell’anima? L’anima non ha nessun rapporto col corpo fisico. Quest’ultimo può esistere come un corpo «vivente» biologico con una forza animata, chiamata «l’anima vivente». Comunque, ciò non ha niente a che vedere con l’Anima Superiore. Noi non ci chiediamo perchè esistono i buoi, le galline o i gatti e quale genere d’anima è in essi. In effetti, anche loro hanno delle anime, queste ultime, però, non sono altro che semplici forze viventi che le mantengono in vita, la stessa forza che mantiene in vita i nostri corpi. Questo è il motivo per cui un corpo può essere clonato senza alcun problema. In avvenire, tutti gli organi o i corpi interi potranno essere clonati. L’anima quindi non dipende da un corpo. L’uomo riceve un’anima secondo leggi spirituali molto precise, con le quali le scienze fisiche e biologiche non hanno niente a che vedere Ne risulta, di conseguenza, che non possiamo clonare un’anima. Vi sono numerose persone nel nostro mondo la cui Anima Superiore è inesistente. Quest’anima è l’ormai noto «punto nel cuore». Alcuni lo avvertono già, altri no. A questo proposito però non possiamo sapere con certezza chi ce l’ha e chi no. Come un’anima si trasferisce nell’anima collettiva di Adamo? L’anima in effetti non ha mai abbandonato l’anima universale, essa semplicemente non ha più questa sensazione di appartenenza da quando ha acquisito i desideri egoisti. Perciò, nel processo della correzione dei desideri, l’anima corregge questa mancanza di percezione e riscopre il suo vero stato nell’anima collettiva. Ritrovare questa sensazione si chiama «l’ascensione dei gradini della Scala Spirituale», dal nostro mondo fino al mondo di Atzilùt. In che modo l’anima individuale si è separata dell’anima collettiva? Quando l’anima consegue dei desideri supplementari, non corretti ed egoisti, essa perde la sensazione del Mondo Spirituale. L’anima, allora, interpreta questa sensazione come una separazione dall’anima collettiva. Di conseguenza, essa comincia a sentire un desiderio più grossolano per se stessa, chiamato «corpo». L’anima percepisce questo desiderio come una «nascita» dentro un corpo biologico. In che modo l’anima vive in un corpo ? Se pensate a un corpo biologico, allora l’anima non ha niente a che vedere con esso. Tuttavia, se per «corpo» intendete un «desiderio», allora se questo è un desiderio egoistico, si chiamerà «un corpo di questo mondo», se il desiderio è invece altruistico, si chiamerà «un corpo Spirituale». Tutte queste domande sono trattate ne «L’introduzione al libro dello Zohar». (3) A proposito di Bnei Baruch B nei Baruch è un’associazione a scopo non lucrativo, che si dedica interamente all’insegnamento e alla divulgazione della saggezza della Kabbalah al fine di accelerare il processo di Spiritualizzazione dell’umanità. Le fonti e la loro storia Nel 1991, dopo il decesso del suo maestro (il Rav Baruch Shalom Ashlag, 1907-1991), il Rav Dr. Michael Laitman fondò l’istituto di Ricerca e d’Insegnamento della Kabbalah Bnei Baruch. Bnei Baruch accoglie le persone di ogni età e stili di vita differenti invitandole a scoprire la Kabbalah. Il Rav Baruch Ashlag, ha proseguito il cammino tracciato da suo padre, il Rav Yehuda Ashlag (1884-1954). Il Rav Yehuda Ashlag, altrimenti soprannominato il «Baal ha-Sulàm» è uno dei più grandi Kabbalisti del XX secolo. Egli è l’autore del commentario in 18 volumi del Libro dello Zohar, così come altre numerose opere kabbalistiche. Bnei Baruch fonda il suo metodo di studio e d’insegnamento principalmente su queste due guide spirituali. Il metodo d’insegnamento Il metodo d’insegnamento, fondato da Rabash e da Baal ha-Sulàm, è basato sulle opere tradizionali ed autentiche della Kabbalah: il Libro dello Zohar, gli scritti dell’Ari, Lo studio delle Dieci Sfiròt, e le opere scritte da Baal ha-Sulàm. Il messaggio principale Bnei Baruch accoglie migliaia di studenti in Israele, in Europa e in tutto il mondo, che sono iniziati allo studio della Kabbalah. Ciascuno sceglie il quadro che a lui si confà di più in base alle sue capacità personali. In questi ultimi anni, Bnei Baruch si è sviluppata come corpo dinamico d’insegnamento, proponendo al suo pubblico le fonti della Kabbalah in un linguaggio chiaro. Il messaggio principale diffuso da Bnei Baruch è l’importanza dell’amore per il prossimo come valore essenziale per l’esistenza dell’umanità. I Kabbalisti, in tutte le generazioni, hanno sempre insegnato che l’amore per il prossimo è la prima e ultima condizione della realizzazione dell’uomo. La Kabbalah è un metodo che dà agli individui gli strumenti necessari per intraprendere un cammino alla scoperta di sé stessi e dell’elevazione Spirituale. Baal ha-Sulàm ha trasmesso un metodo di studio per la nostra generazione che permette agli individui di progredire interiormente. Il Kabbalista è infatti un ricercatore che studia la propria natura grazie a questo metodo. A proposito di Baal ha-Sulàm Il Rav Yehuda Ashlag è principalmente conosciuto sotto il nome di Baal ha-Sulàm (Proprietario della Scala) per il suo commentario del Sulàm (la Scala) sul Libro dello Zohar. Il Baal ha-Sulàm ha consacrato tutta la sua vita ad interpretare la saggezza della Kabbalah, rinnovandola e diffondendola a tutta la nazione. Egli sviluppò un metodo unico per insegnare la Kabbalah permettendo a ciascuno di studiare la realtà nella quale noi viviamo, e le radici di questa realtà e conoscerne il suo ultimo scopo. Il Baal ha-Sulàm è nato in Polonia. A 19 anni, fu qualificato rabbino dai più grandi rabbini di Varsavia e per il periodo di 16 anni, esercitò in qualità di maestro e di giudice, addetto agli affari religiosi. Il suo maestro fu il rabbino Yehoshua di Pursov. Nel 1921, egli emigrò in Israele, dove presto divenne un’autorità nella saggezza della Kabbalah. Poco a poco, un gruppo di studenti si formò intorno a lui, e poco dopo andò a risiedere a Ghivat Shaùl, quivi fu rabbino per molti anni. Egli scrisse il commentario di Panim Meirot e Panim Masbirot sul L’Albero della Vita dell’Ari pubblicato nel 1927. Parallelamente, intratenne un’importante corrispondenza con gli studenti che fu pubblicata un po’ più tardi con il titolo di Pri Khakhàm (il Frutto del Saggio). In 1933, pubblicò i trattati di Matàn Toràh (il Dono della Toràh), L’Arvùt (La Garanzia Spirituale) e Ha-Shalòm (La Pace). A proposito del Rav. Prof. Michael Laitman Rav Laitman studia la Kabbalah da più di trent’anni. Ha pubblicato più di 30 libri di Kabbalah e numerosi articoli relativi alla Kabbalah e alla scienza. Consegue la laurea in Filosofia e Kabbalah presso l’Istituto di Filosofia all’Accademia delle Scienze di Mosca, e una specializzazione in biocibernetica all’Università Politecnica di San Pietroburgo. Il Rav Laitman, oltre ad essere uno scienziato e un ricercatore, fu anche uno studente e assistente personale del Rav Baruch Ashlag, il figlio di Baal ha-Sulàm, e segue i passi del suo maestro lavorando, insegnando e diffondendo la saggezza della Kabbalah. Bnei Baruch in Israele e nel mondo Bnei Baruch trasmette giornalmente lezioni di Kabbalah e programmi su differenti canali in tutto il mondo. Le lezioni audio e video trasmesse ogni giorno in diretta attraverso Internet sono tradotte simultaneamente dall’ebraico in inglese, in russo, in spagnolo in tedesco, in turco, in francese e in italiano. L’associazione ha costruito e mantiene un sito internet di Kabbalah tradotto in 30 lingue e archivi completi di testi e media, il tutto con libero accesso.
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