19. Hayek e il miglior test per riconoscere un buon economista1
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19. Hayek e il miglior test per riconoscere un buon economista1
19. Hayek e il miglior test per riconoscere un buon economista1 Una lettura attenta delle citazioni che Hayek ci ha lasciato prima della sua morte su centinaia di schede ci fa capire qual è, secondo lui, il test definitivo per riconoscere un vero economista. È curioso il fatto che Hayek avesse già fatto riferimento a questa questione nell’Appendice III al suo The Pure Theory of Capital, scritto nel 1941, che termina con le seguenti parole: «Mi sembra più che mai vero che la completa comprensione della dottrina che afferma che la domanda di beni non significa per forza domanda di lavoro sia “il miglior test per riconoscere un buon economista»2. Qui Hayek intende evidenziare uno dei punti chiave della teoria del capitale: la struttura produttiva reale è molto complessa ed è formata da molte tappe, in modo tale che un aumento nella domanda di mercanzie sarà sempre pregiudizievole per l’occupazione nelle fasi più lontane dal consumo (che è precisamente là dove viene impiegata la maggioranza dei lavoratori). O, in altre parole, i datori di lavoro possono perfettamente continuare a guadagnare, anche se le loro entrate (ovvero la «domanda globale») crollano, a patto che riducano i costi rimpiazzando la mano d’opera con investimenti in attrezzature, generando in tal modo indirettamente una significativa domanda di mano d’opera nelle fasi di produzione di beni di capitale più lontane dal consumo3. Ciò dimostra come Hayek, nelle citazioni sulla teoria economica che ci ha lasciato circa cinquant’anni dopo quella che stiamo analizzando, volle fare riferimento, ancora una volta, a queste idee chiave della teoria del capitale. Effettivamente, Hayek ora ci dice che «gli investimenti sono più scoraggiati che stimolati da un’alta domanda di beni di consumo, e lo stesso vale per l’occupazione, poiché in un’economia florida viene impiegato un numero più consistente di lavoratori, che lavorano più per il futuro che per il presente» (il 1. Pubblicato originariamente in «Procesos de Mercado: Revista Europea de Economía Política», vol. I, n. 2, autunno 2004, pp. 121-124. 2. F.A. Hayek, The Pure Theory of Capital, London: Routledge, 1976, p. 439. 3. J. Huerta de Soto, Money, Bank Credit, and Economic Cycles, Auburn, AL: Ludwig von Mises Institute, 2006, pp. 265-395. 408 La Teoria dell’Efficienza Dinamica corsivo è mio). Egli afferma anche che «in fin dei conti, è la diminuzione della domanda finale ai prezzi correnti ciò che porta a nuovi investimenti per ridurre i costi». Perciò, Hayek giunge alla conclusione che «l’occupazione non è determinata dalla domanda globale». In breve, secondo Hayek il miglior test per riconoscere un vero economista è verificare se questi riesce davvero a comprendere l’errore implicito contenuto nelle teorie del sottosviluppo e in ciò che viene chiamato il paradosso del risparmio: «non è la domanda dei consumatori che assicura le entrate. Ciò che le mantiene elevate è l’investimento delle eccedenze sulle spese dei consumatori». Un ampio numero di economisti non è in grado di capire questi principi perché essi adottano l’approccio degli aggregati macroeconomici che Hayek considera un grave sbaglio e che porta, in ultima analisi, all’ingegneria sociale e al socialismo («il socialismo si basa sulla macroeconomia – un errore scientifico»). L’unico modo per capire ciò che avviene a livello «macro» è attraverso la microeconomia: «Possiamo comprendere la macrosocietà solo attraverso la microeconomia». Inoltre, anche i monetaristi della Scuola di Chicago sono vittime di questo stesso errore: «Pare che anche Milton Friedman una volta abbia detto: “ora siamo tutti keynesiani”». L’approccio basato sul modello di equilibrio e della macroeconomia è sbagliato perché «una scienza che parte dal concetto di possedere informazioni che in realtà non può ottenere non è una scienza». Lo stesso può dirsi dell’economia del welfare che, per Hayek, è «il fondamento scientifico spurio delle politiche socialiste». Il test del buon economista può ampliarsi per includere la comprensione del ruolo essenziale del calcolo economico e la valutazione dei costi di opportunità resa possibile dai prezzi di mercato, nell’ordine più esteso della cooperazione sociale. In effetti, «prima della comprensione dei costi di opportunità (vale a dire, delle alternative cui si è rinunciato) non c’è stata una scienza economica adeguata». Questa idea fondamentale non fu mai capita dagli economisti classici e ancor oggi è «oscurata dal compromesso marshalliano» o, come Hayek fa capire ancor meglio in un’altra citazione, «dal lungo dominio dell’inconsistente modello marshalliano». Per Hayek, inoltre, «l’economia è la scienza che può dimostrare che il razionalismo è un errore perché la conoscenza razionale dei fatti non è sufficiente» e che ci permette di arrivare alla conclusione che «i veri distruttori della civiltà occidentale furono alcuni dei maggiori pensatori razionalisti del diciannovesimo secolo: Bentham, Mill, Russell e Keynes». Così, «i grandi corruttori non sono più Marx ed Engels, Proudhon o Lenin, ma Keynes, Tinbergen, Galbraith e Myrdal, Leontieff e Dworkin, ecc., ecc. Sono per me i nemici della grande società estesa». Tutti costoro condividono, in maggiore o minor misura, Hayek e il miglior test per riconoscere un buon economista 409 L’idea che senza l’esistenza di un mercato gli uomini avrebbero la stessa consapevolezza che hanno in un sistema di mercato [che] è l’errore fondamentale di coloro che, come Oskar Lange, asseriscono la possibilità di un calcolo economico efficace in un’economia socialista. In breve, per Hayek, «gli sciocchi sono coloro che credono di sapere più di quanto sanno, e questi sono i razionalisti». In una occasione, Ludwig von Mises ha scritto che «ciò che distingue la Scuola Austriaca, e che le darà fama immortale, è proprio il fatto di aver creato una teoria dell’azione economica e non dell’equilibrio economico o della non-azione»4. Hayek, successivamente, riprende l’idea di Mises e la porta a un livello più generale, affermando in uno dei suoi appunti che La principale conquista della Scuola Austriaca è aver aiutato in maniera decisiva a chiarire le differenze che inevitabilmente devono esistere tra una scienza che ha a che fare con fenomeni relativamente semplici [macroeconomia, modello di equilibrio] e una scienza di fenomeni altamente complessi [i reali processi di mercato]. E, forse, oggi il miglior test per riconoscere un vero economista è la sua piena comprensione di questa differenza essenziale. 4. L. von Mises, Notes and Recollections, South Holland, IL: Libertarian Press, 1978, p. 36.
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