Living – 7 maggio 2014

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Living – 7 maggio 2014
L’INDIRIZZO
Torino
IL PIACERE DEL CAMBIO
RIAPRE IL RISTORANTE PREFERITO DI CAVOUR.
TRA I DECORI OT TOCENTESCHI SPUNTANO I MOBILI DEL
FALEGNAME DESIGNER MARTINO GAMPER E UN’INSTALL AZIONE
SITE SPECIFIC DI MICHEL ANGELO PISTOLET TO
TESTO — PEPPE AQUARO
FOTO — ALESSANDRO ALBERT PER LIVING
Vista della sala
Pistoletto, in cui
domina l’Evento,
l’installazione
dell’artista biellese
Michelangelo
Pistoletto composta
da otto lastre
specchianti:
protagonista una
folla di curiosi
Benvenuti al Cinque stelle dell’arte. L’unico ristorante
dove è possibile pranzare allo stesso tavolo di Cavour,
e brindare alla sua faccia, ritratta in versione putto da
Roberto Bonelli nel 1875, in un angolo dell’Allegoria
delle Quattro Stagioni. Siamo tra gli specchi decorativi
della sala Risorgimento, simbolo del ristorante Del
Cambio di Torino, al numero 2 di piazza Carignano,
a pochi passi dall’omonimo teatro e di fronte al primo
Parlamento d’Italia. Dopo un anno di restauri, Del
Cambio riapre sposando leggende e tempi moderni.
Nella sala successiva a quella di Cavour, Michelangelo
Pistoletto – fra i cinque artisti e designer invitati
a dare una nuova identità al ristorante – riflette fra
passato e presente: pensa uno spazio in cui «otto lastre
specchianti descrivono una fila di persone incuriosite,
con lo sguardo verso un unico punto, lo spettacolo
in corso, l’Evento». Che è anche il titolo dell’opera
in sala. Se lo specchio è «l’espressione dell’esistente»,
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L A MAGNIFICENZ A
DELL A SAL A RISORGIMENTO
È STATA RIPORTATA
ALL’ANTICO SPLENDORE
DOPO UN ANNO DI
RESTAURI
LO CHEF
Matteo Baronetto, 37 anni, è nato a Giaveno, alle porte
di Torino. Per uno scherzo del destino il suo è un ‘ritorno’
al Del Cambio, dopo l’apprendistato nel celebre ristorante
di piazza Carignano ai tempi della scuola alberghiera. Il suo
passato storico è all’Albereta Gualtiero Marchesi a Erbusco
(BS), dove incontra Carlo Cracco, col quale collaborerà
diventandone vice fino al Cracco-Peck, oggi Ristorante
Cracco, a Milano. La sua ‘improvvisazione ragionata’ lo ha
spinto nella culla della tradizione gastronomica piemontese
«per creare qualcosa che duri nel tempo».
i personaggi ritratti esistono davvero, basta riconoscerli,
appoggiati a una balaustra («La balconata di un teatro», secondo
Pistoletto), o addirittura su una scala, per vedere l’effetto che
fa. Sbirciando da una finestra dell’ex sala del cambio dei cavalli
(nomen omen), tra uno specchio e l’altro, si notano lampadari,
tessuti e decorazioni in foglia oro della sala Risorgimento. Ma
per spiare il passato, l’ideale è starsene comodamente seduti
sul classico vittoriano in versione 2014 del meranese Martino
Gamper: poltroncine in velluto rosso e tavoli di legno. «Ho
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utilizzato banchi di scuola dei primi del 900, presi nelle aule
di fisica dei licei londinesi», dichiara il designer falegname, già
allievo di Pistoletto all’accademia di Belle arti di Vienna. Per
i tavoli, realizzati in essenze diverse con effetto patchwork,
ha scelto «una forma conviviale, tra il tondo e l’ovale, comunque
accogliente». Come la cucina dello chef Matteo Baronetto
chiamato da Michele Denegri, l’imprenditore torinese che ha
sposato la causa Del Cambio. Baronetto promette sì, risotto
di Cavour (20 euro) e finanziera alla piemontese (35 euro), ma la
Specchi decorativi,
stucchi oro, un immenso
lampadario di cristallo:
è la sala Risorgimento,
simbolo del ristorante
(sopra). Lo chef Matteo
Baronetto davanti al
ritratto di Camillo Benso
conte di Cavour, storico
habitué del ristorante
(pagina accanto)
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Piano superiore:
il camino
ottocentesco
all’ingresso del bar
Cavour (a sinistra).
In sala Pistoletto
tavoli e poltroncine
in velluto rosso
disegnati da Martino
Gamper (in alto)
tradizione andrà a braccetto col nuovo. Magari dalle tinte Pop.
Uscendo dalla sala Pistoletto-Gamper, prima di scendere sotto
le volte seicentesche della cantina (16mila bottiglie per 1.600
etichette), si resta abbagliati dai 150 sottopiatti, anch’essi Pop,
realizzati dalla manifattura francese di porcellane Sèvres
e personalizzati dall’artista israeliano Izhar Patkin con il logo
del Cambio, ‘1757’. Da una scala progettata ex novo si accede
al piano superiore. Sulla destra, un camino sopra cui sono
appesi foto e menù d’epoca; di fronte, un disegno dell’argentino
Pablo Bronstein che si è divertito a slabbrare i resti della città
ideale settecentesca di Guarino Guarini, il progettista di Palazzo
Carignano. E siamo al bar Cavour (light lunch da 15 a 60 euro),
bancone in stile newyorkese, a due passi dal quadro ex voto del
ristorante: un ritratto dello statista dipinto da Giuseppe Giani.
Se Camillo Benso fece l’Italia, il venezuelano Arturo Herrera ha
rifatto la volta, immaginando linee astratte tra danza, musica
e la tipica doratura con foglia oro. Fine del tour. L
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