Mentre gli Usa aspettano le elezioni presidenziali anche la Cina è
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Mentre gli Usa aspettano le elezioni presidenziali anche la Cina è
Mondo | Mercati strategici e leadership politiche Il Dragone Mentre gli Usa aspettano le elezioni presidenziali anche la Cina è alle prese con il cambio della guardia ai vertici del partito e dello Stato di Ugo Bertone n origine galeotto fu il ping pong, occasione della prima missione americana nella Cina di Mao. Poi, a segnare l’evoluzione dei rapporti tra il Drago e gli Stati Uniti, ci ha pensato il basket, probabilmente lo sport più seguito sulle due rive del Pacifico. Nel 2008, l’onore di portare la bandiera cinese dentro lo stadio di Pechino in occasione dell’avvio dell’Olimpiade toccò al giocatore di basket Yao Ming, 2,29 centimetri per un talento sconfinato (ha partecipato a otto All Star Games ed è stato per cinque volte nei migliori quintetti di fine anno Nba, la lega sportiva più sofisticata e professionale del pianeta). Entrato nel cuore del pubblico di Houston, e reso miliardario dai contratti della Nba, si è dovuto ritirare dai Rockets per problemi fisici l’anno scorso. Ma continua a essere il simbolo del capitalismo rosso, pronto a conquistare il mon- I «Arricchirsi è rivoluzionario» ammise Deng Xiaoping un quarto di secolo fa do a suon di export e di acquisti di bond Usa. Ora, cinque anni dopo, il copione cambia. L’ultima versione del sogno americano veste gli occhi a mandorla di Jeremy Lin, personaggio che sembra tratto di peso da un film di Frank Capra se non fosse per quella faccia da cinese cui un tempo Hollywood affidava solo i ruoli del cattivo. Lin, una laurea ad Harvard in tasca, ha sconvolto gli schemi Nba. Giocatore scartato da più di una squadra, ha avuto contatti anche con due club della serie A italiana, Teramo e Roma, ma alla fine ha rifiutato un ingaggio al di qua dell’Atlantico nel testardo tentativo di trovare spazio nel campionato più famoso (e remunerativo) del mondo. È infine approdato ai Knicks di New York, dove nelle prime 23 partite ha giocato in totale solo 55 minuti. Ma Salvo sorprese clamorose a Pechino è già tutto deciso. Al vertice del partito approderà Xi Jinping mentre il nuovo premier sarà Li Keqiang. Il compito che li attende è garantire un adeguato tenore di vita a un miliardo abbondante persone. Per farlo è necessario ricucire le crepe che la crescita economica e l’impatto con il mondo esterno hanno provocato nel monolito cinese 34 OUTLOOK alla prova d’autunno Mondo | Mercati strategici e leadership politiche Xi Jinping succederà a Hu Jintao alla guida del Partito comunista cinese e della Repubblica. Figlio di un eroe dell’Esercito popolare, trascinato nella polvere dalla rovina del padre vittima delle purghe di Mao, al momento della riabilitazione chiede di iscriversi al partito. Dopo quattro no la sua tenacia paga. E da lì comincia un’ascesa silenziosa ma costante che lo porta ai vertici del potere cinese una serie di infortuni, a febbraio, convince l’allenatore a utilizzarlo di più, e da quel momento la squadra, fanalino di coda della Eastern League, ha infilato una serie incredibile di vittorie, mentre Lin sbriciola record su record. Con grande imbarazzo di Pechino, perché la Linmania esplosa a New York si è trasferita immediatamente anche nella Repubblica popolare. Ma il partito non è contento e cerca di frenare: la nuova star, infatti, ha almeno due lati oscuri agli occhi dei padroni della città proibita. È cristiano, quindi un figlio non solo della tecnologia ma della cultura occidentale, ma soprattutto i suoi genitori sono sbarcati a Silicon valley da Taiwan. Insomma, se Yao Ming era l’espressione del capitalismo rosso in grado di conquistare il mondo senza L’attuale modello di sviluppo cinese, basato sul sostegno da parte delle banche di Stato a un sistema economico elefantiaco e spesso inefficiente rischia di non funzionare più. Diventa impellente rafforzare l’economia di mercato, aumentando la competizione anche in settori strategici finora non toccati. Nell’industria si dovrà avviare un gigantesco programma di privatizzazioni, accompagnato dalla riforma del sistema finanziario. Ma ancora più urgente dovrà essere la riforma dell’agricoltura che preveda maggiori diritti ai contadini 36 OUTLOOK Li Keqiang sostituirà Wen Jiabao come primo ministro. Economista di rilievo, per sei mesi ha lavorato al fianco del Development Research Center e degli esperti della Banca mondiale al «Rapporto Cina 2030», analisi che descrive senza censure problemi e rimedi per evitare che il Paese oggi invincibile finisca per inabissarsi in una profonda crisi economica e finanziaria farsi conquistare dall’Occidente in crisi, il successo di Lin è la metafora del cambiamento cui non può sottrarsi nemmeno il Celeste impero. Un preciso messaggio per il futuro segretario del partito, Xi Jinping che, appassionato di basket, passa il poco tempo libero a seguire le partite della Nba a ricordo del suo passato di studente in Iowa. Ma non è solo il sogno americano di Lin a tenere banco sulla prima pagina del New York Times. L’inchiesta dell’anno della Bibbia del giornalismo Usa ha avuto per teatro Shenzhen, la metropoli di 16 milioni di abitanti, la Silicon valley della tecnologia cinese alle spalle di Hong Kong, popolata di grattacieli e di startup in fila per entrare nel Nasdaq d’Oriente. Qui, meno di un quarto di secolo fa, Deng Xiaoping lanciò lo slogan «arricchirsi è rivoluzionario». E il Drago avviò una formidabile ascesa che, massimo entro il 2030, lo porterà a essere la prima potenza economica del mondo. A pochi chilometri da lì, a Chengdu, capitale della provincia del Sichuan, come ha testimoniato l’inchiesta del giornalista David Barboza, si sta consumando il lato oscuro del matrimonio d’interesse tra le due potenze. Nell’immensa catena di stabilimenti (oltre 470.000 operai) della multinazionale Foxconn vengono prodotti gli iPhone, gli iPad e le altre meraviglie concepite a Cupertino. Ma anche i prodotti di Dell, Hewlett Packard, Sony, Nokia, Samsung e di centinaia di altre aziende: nessun posto al mondo è tanto efficiente quanto questo distretto tecnologico edificato con capitali di Taiwan nel sud est della Cina. Ma nessun posto al mondo si è guadagnato un appellativo più sinistro: la fabbrica dei suicidi. Qui, infatti, decine di operai, pur pagati meglio della media, si sono gettati da ponti e finestre. Qui, nell’edificio A5, è scoppiato un incendio devastante nel reparto di lucidatura dei gusci di iPad che ha provocato diverse vittime (totale non accertato), tra cui Lai Xiaodong, 22 anni, figlio di contadini, la cui storia è stata seguita dal quotidiano americano fino alla consegna di 150.000 dollari a titolo di indennizzo da parte dei dirigenti di Foxconn. Ma non è la ditta di Taiwan a sedere sul banco degli imputati del New York Times, semmai Apple, corteggiata e amata icona della tecnologia Usa. «L’unico interesse di Apple», dichiara un ex dirigente di Foxconn, «è migliorare la qualità dei prodotti e abbassarne il costo. Non ricordo una sola richiesta sulle condizioni di lavoro». Accusa ingiusta, replicano gli eredi di Steve Jobs, citando protocolli e indagini. Ma la logica del mercato globale è implacabile: «Dopo l’assegnazione della commessa», si legge nell’inchiesta, «cominciano le richieste di Apple per abbassare il prezzo. Ai fornitori non resta che un margine molto basso, che li costringe a cer- care scorciatoie. Sostituiscono i prodotti chimici con alternative più economiche o chiedono agli operai di lavorare più ore e più velocemente». L’anno dopo, rivela un dirigente di un’impresa che ha lavorato alla realizzazione dell’iPad, «Apple torna e ci chiede uno sconto del 10 per cento». E se a questo si aggiunge la necessità di tenere il passo con una domanda sempre più sostenuta per i prodotti dell’azienda o la strategia di sfornare sempre nuovi aggiornamenti per sfamare la smania dei milioni di Apple-dipendenti in giro per il pianeta, si spiega l’incubo di Foxconn, che i vertici del gruppo intendono risolvere in maniera radicale e inquietante: entro il 2022, si legge, l’azienda vuole sostituire gli operai con robot. Le storie di Lin, la superstar del basket, e di Lai, la vittima della lunga marcia tecnologica cinese, aiutano a dare conto dei grandi nodi che le due potenze più importanti del pianeta debbono affrontare nell’anno della svolta politica più importante. Ad ottobre, infatti, cambia il vertice dello Stato e del partito della Repubblica popolare cinese. Un mese dopo, Barack Obama cercherà la riconferma alla Casa Bianca contro lo sfidante repubblicano. A Pechino, almeno salvo sorprese clamorose, è già tutto deciso: al vertice del partito approderà, come detto, Xi Jinping mentre il nuovo premier sarà Li Keqiang. In Usa, ovviamente, la scelta tocche- OUTLOOK 37 Mondo | Mercati strategici e leadership politiche Alessandro Rompianesi | Comunicazione Anche nel basket Nba si scoprono modelli per interpretare la Cina: se Yao Ming (a sinistra) era l’espressione del capitalismo rosso in grado di conquistare il mondo senza farsi conquistare dall’Occidente in crisi, il successo di Jeremy Lin, cristiano e figlio di cinesi di Taiwan, è il sintomo del cambiamento cui non può sottrarsi nemmeno il Celeste impero rà agli elettori, al temine della maratona elettorale già in atto. Ma i nuovi leader si troveranno di fronte a questioni enormi e simili. Per la Cina si tratta di garantire un adeguato tenore di vita a un miliardo abbondante di mister Lai, cosa probabilmente impossibile se non si trova un modo per affrontare in maniera adeguata le crepe che la crescita economica e l’impatto con il mondo esterno hanno provocato nel monolito cinese, per tradizione storica insofferente ai cambiamenti. Per gli States, una volta superata almeno in parte l’emergenza finanziaria della crisi subprime, il problema si chiama lavoro. Ovvero convincere (o costringere) le grandi corporation a investire in casa, senza far conto solo sul lavoro (o lo sfruttamento) di mister Lai. Una mission delicata da cui dipende, date le dimensioni dei contendenti, il futuro dell’intera economia mondiale. I nuovi governanti cinesi si sono preparati per l’impresa con la massima attenzione. Xi Jinping è già stato accolto a Washington con gli onori del capo di Stato. Di lui, in realtà, si sa poco. La nota più rilevante della sua biografia consiste nel fatto di avere sposato Peng Liyuan, una Laura Pausini su scala asiatica che sui rotocalchi di Shanghai ha raccontato che «di Xi mi so- 38 OUTLOOK no innamorata subito: ho capito che, intelligente e buono com’era, non poteva che essere il marito ideale». Di sicuro la scalata al potere di Xi ha tutti gli ingredienti del romanzo: figlio di un eroe dell’Esercito popolare, abituato da bambino a stare sulle ginocchia di Deng Xiaoping e di Chou En-lai e poi trascinato nella polvere dalla rovina del padre, vittima di una delle rituali purghe di Mao. Durante la Rivoluzione culturale viene spedito in una comune di montagna, al momento della riabilitazione fa la fila, nonostante tutto, per iscriversi al partito. La sua domanda viene respinta quattro volte, poi la tenacia paga. E da lì comincia un’ascesa silenziosa ma costante che lo porterà, tra l’altro, al ruolo di commissario del partito a Shanghai, dopo lo scandalo delle mazzette nella metropoli dei grandi affari. C’è chi lo giudica un riformista, chi un uomo di apparato. Di sicuro risulta essere un grande mediatore che guiderà e sarà guidato da un comitato centrale diviso tra più correnti. Non meno rilevante il tirocinio di Li Keqiang. Per sei mesi il futuro leader ha lavorato al fianco del Development Research Center (Drc, il centro studi più influente) e degli esperti della Banca mondiale al Rap- INCARICOTECH S.r.l. Viale Europa, 26 41011 Campogalliano (Modena) Tel. +39 059 520 415 Fax +39 059 527 094 www.incaricotech.com [email protected] Importatore Italia Magazzini verticali automatici Hanel, impianti automatici e soluzioni con strutture metalliche Rosss. Studio ed analisi per l’ottimizzazione del magazzino ed organizzazione logistica aziendale e distributiva. Incaricotech, partner ideale per la logistica industriale, è un’azienda del Gruppo Rosss. Mondo | Mercati strategici e leadership politiche Negli Usa, novembre sarà il mese in cui Barack Obama cercherà la riconferma alla Casa Bianca contro lo sfidante repubblicano. Una volta superata almeno in parte l’emergenza finanziaria, per gli States il problema vero è ancora creare lavoro, convincere le grandi corporation a investire nelle industrie entro i confini di casa porto Cina 2030, un volume di quasi 500 pagine in cui si descrivono, senza censure, problemi e rimedi per evitare che il Drago oggi invincibile finisca per inabissarsi in una bolla finanziaria e in una crisi economica dalle proporzioni inedite. Il rapporto è firmato dalla Banca mondiale ma condiviso ai più alti livelli, così come le analisi ufficiose di intellettuali vicini alle leve di comando della Banca centrale che appaiono sempre più di frequente sulle colonne del Caijing, il settimanale economico indipendente più influente del Paese, da cui partirono gli scoop sull’influenza aviaria frutto delle mancanze della burocrazia centrale. Cina 2030 parte da una considerazione impietosa: l’attuale modello di sviluppo, basato sul sostegno da parte delle banche di Stato a un sistema economico elefantiaco e spesso inefficiente, rischia di non funzionare più. Senza una correzione di rotta, il tasso di sviluppo rischia di scivolare dal 10 per cento e più degli ultimi anni al 4-5 per cento, un tasso inaccettabile per garantire uno sviluppo decente in un Paese il cui reddito annuo pro-capite non supera i 5.000 dollari. Di qui la necessità di rafforzare l’economia di mercato, aumentando la competizione anche in settori strategici finora non toccati. Nell’industria questo significa avviare un gigantesco programma di privatizzazioni, che dovrà essere accompagnato da una riforma non meno profonda del sistema 40 OUTLOOK finanziario: «Sarà necessario», si legge nel rapporto, «che i tassi di interesse siano progressivamente stabiliti dalle forze del mercato». Ma ancora più urgente dovrà essere la riforma dell’agricoltura, basata sui diritti dei contadini. L’intero rapporto si basa su un assunto preciso: la Cina del futuro deve tenere conto di un aumento dei consumi interni, cosa che impone una crescita sensibile dei salari e dei diritti dentro e fuori il posto di lavoro. Non è una sfida facile: dalla morte di Mao in poi dopo decenni di sviluppo all’insegna della gradualità, il Drago medita il ritorno alla politica del «grande balzo in avanti», che spesso non ha funzionato. Ma la Cina ha dalla sua «una capacità impressionante di assorbire i problemi, gli shock e gli sprechi» ha scritto l’ex direttore dell’ «Economist» Bill Emmott. A partire dalle possibilità offerte da un Paese enorme per vastità e varietà, come le gigantesche migrazioni interne, cosa che conferisce una flessibilità sconosciuta altrove. Con l’eccezione degli Stati Uniti, che nella loro storia hanno più volte riscoperto il mito della frontiera. E, a questo proposito, decisamente impegnativo sarà anche il compito che dovrà affrontare Barack Obama o il suo successore. È stato calcolato che, se si fosse mantenuta invariata la divisione dei profitti tra capitale e lavoro vigente negli anni Cinquanta, i dipendenti Usa, colletti bianchi o blu, avrebbero ricevuto 740 miliardi di dollari in più in busta paga nel 2011. Invece, sui consumi (il vero motore dell’economia Usa) ha pesato una doppia incognita: il forte aumenti dei risparmi privati, reso necessario dalla crisi dei mutui su case e altri beni durevoli e la minore forza contrattuale dei lavoratori, resa possibile dalla concorrenza di migliaia e migliaia di mister Lai. Il risultato è stato un aumento vertiginoso della quota di ricchezza destinata a remunerare, sotto varie forme, i manager delle big corporation. Il credo della «creazione di valore» ha portato a privilegiare tutto quanto potesse servire ad aumentare il valore delle azioni, a partire dai buy back, anche a scapito degli investimenti, soprattutto sul mercato domestico. Circostanza che getta una luce sinistra sul futuro del colosso Usa, che pure sembra essere il primo a riuscire a rimettersi in piedi. Anche in questo caso, pur con tutte le cautele del caso, bisogna dare credito a un Paese che ha ancora la forza di offrire un sogno. Tipo quello di Lin, il laureato in informatica che ha avuto l’opportunità di scendere in campo al Madison Square Garden per dimostrare il suo valore. Una bella lezione per un Paese come l’Italia, dove perfino nel calcio è difficile trovare posto in squadra perché si «è troppo giovani» o non si dispone del «procuratore giusto». • C M Y CM MY CY CMY K
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