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[ IUS SIT www.iussit.eu ] . “Ubi tu ibi ego” : il reato di atti persecutori nei suoi aspetti fenomenici e profili giuridici di Vincenzo Ianni SOMMARIO. 1. Premessa.- 2. La figura dello stalker: profili sociologici e psichiatrici.- 3. Il reato di atti persecutori.- 3.1. Gli stilemi definitori.- 3.2. Le questioni applicative.- 3.2.1. La valenza della clausola di apertura dell’art. 612-bis c.p.- 3.2.2. La problematica dell’interazione tra il reato di atti persecutori e la figura del reato continuato.- 3.2.3. La configurabilità del tentativo nel reato di cui all’art. 612-bis c.p.- 3.2.4. L’incidenza delle cause di non imputabilità nell’ambito del delitto di atti persecutori.- 4. La casistica giurisprudenziale in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 612-bis c.p.- 5. L’ammonimento all’autore della condotta di atti persecutori.- 6. Il risarcimento del danno da stalking. 7. Profili di diritto comparato. 1. Premessa. Nell’ambito del diritto penale una problematica di non poco momento è quella relativa al compiuto inquadramento del reato di atti persecutori, contemplato dall’art. 612-bis c.p.1 1 Sul tema si segnala la lettura di: Forum – Associazione Donne Giuriste, Stalking e violenza alle donne. La risposta dell’ordinamento, gli ordini di protezione, Franco Angeli, 2009; AA. VV., Violenza e stalking, Due facce della stessa medaglia, AIPC, 2010; AA. VV., Stalking. Forma/e di abuso sulle donne abituate a subire in silenzio senza tutela legale. Quali gli interventi (a cura di A. Amore), Editori Riuniti, 2009; AA. VV., Stalking: aspetti, psicologici, sociologici e giuridici, AIPC Editore, 2009; F. ANGELI – E. RADICE, Rose al veleno, stalking, Bompiani, 2009; M. BONA, Stalking: una nuova cornice giuridica per i molestatori insistenti, in Danno e Responsabilità, 2004, 11, pp. 1049 ss.; E. DI SABATINO, Dal mobbing allo stalking allo straining, in Resp. civ., 2007, 2, pp. 171 ss.; AA. VV., Stalking. Quando la relazione diventa molesta, Contesti.eu, 2010; L. TERZI, Il nuovo reato di stalking: prime considerazioni, in Riv. Pen., 2009, 7-8, pp. 779 ss.; L. PISTORELLI, Sicurezza penale e sicurezza pubblica: le riforme del 2009; Ipsoa, 2009; ID., Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, reperibile all’indirizzo internet http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=775; A. LUINI, Il reato di stalking o atti persecutorie ex art. 612-bis c.p. Brevi note, in Riv. pen., 2009, 9, pp. 939 ss.; C. COLOMBO, Lo stalking. La donna come vittima privilegiata e le tipologie di nuova emersione, in Riv. pen., 2010, 6, pp. 571 ss.; F. PISANO, Stalking: il giudice civile non può ordinare la cessazione della condotta persecutoria (nota a Trib. Cagliari, 10 ottobre 2007), in Persona e Danno (www.personaedanno.it), pubblicato il 23/04/2009; R. 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Dalle indagini 1 Il legislatore con la norma de qua è intervenuto per colmare una vacatio legis alla luce delle dimensioni allarmanti assunte dal fenomeno sociale dello stalking, vale a dire quella condotta morbosa ed assillante posta in essere da un soggetto che polarizza la propria attenzione (attraverso l’invio di sms, e-mails, lettere, l’effettuazione di ripetute telefonate, etc…) su di un altro individuo, costringendolo a modificare le proprie abitudini di vita e, dunque, ad una qualità di vita dimensionata. Lo stalking sottende un pattern comportamentale complesso, caratterizzato dalla imposizione reiterata e non consensuale di interazioni relazionali, che destabilizzano l’equilibrio psico-fisico della vittima, impedendogli di attendere alle normali occupazioni quotidiane. Il termine, mutuato dal linguaggio venatorio anglosassone, indica letteralmente l’atto del braccare effettuato dal predatore sulla propria preda (to stalker) e viene trasposto, con un adattamento figurato, sul piano giuridico per indicare una pletora di comportamenti, insuscettivi di una aprioristica perimetrazione, che attentano ad una vasta gamma di profili della persona alterandone le normali e spontanee dinamiche relazionali. Si pensi al diritto alla libertà, al diritto alla salute, al diritto alla privacy - la cui tutela è variamente riferibile al tracciato costituzionale ed alla normativa di rango inferiore, così come a quella comunitaria - che sono suscettivi di essere incisi per effetto di una condotta, quella di stalking, che adesso trova compiuta allocazione nel corpus codicistico attraverso la previsione di cui all’art. 612-bis c.p. Si tratta di una norma che richiede, in sede giurisprudenziale e dottrinale, che siano tracciate le coordinate applicative stante l’essere una fattispecie di recente conio; problematica, questa, sulla quale si è misurata la giurisprudenza della Suprema Corte al difensive agli ordini di protezione, Giuffrè, 2006; P. PANARELLO, L’analisi del delitto di atti persecutori, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 1, pp. 36 ss.; AA. VV., Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 (a cura di S. Tovani – A. Trinci), DIKE, 2009; C. PARODI, Stalking e tutela penale. Le novità introdotte nel sistema giuridico dalla L.38/2009, Giuffrè, 2009; F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile, La Tribuna, 2009; F. CESARI, Custodia in carcere per il marito molestatore. Prime applicazioni del reato di stalking (nota a Trib. Milano, 31 marzo 2009), in Fam. e diritto, 2009, 11, pp. 1039 ss.; S. BEDESSI – F. PICCIONI, Ronde, stalking, videosorveglianza. Commento alle misure d’impatto contenute nel pacchetto sicurezza, Experta, 2009; R. MARINO, Violenza sessuale. Pedofilia. Stalking. Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.Commento organico al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11; A. CALDARONI, Stalking e atti persecutori, Edizioni Univ. Romane, 2009; F. SARNO, Il nuovo reato di atti persecutori (art. 612-bis), Giuffrè, 2010; A. SORGATO, I reati del c.d. molestatore assillante in attesa di una norma ad hoc (nota a Trib. Milano, 2 luglio 2008 e Trib. Milano, 21 febbraio 2009), ne Il merito, 2008, n. 59 ss.; ID., Stalking, Giappichelli, 2010; A. NATALINI, La pena è maggiorata per gli atti persecutori commessi dal partner, in Fam. e minori, 2009, 7, pp. 67 ss.; G. BENEDETTO - M. ZAMPI – M. RICCI MESSORI – M. CINGOLATI, Stalking: aspetti giuridici e medicolegali, in Riv. it. medicina legale, 1, 2008, pp. 127 ss.; A. GALANTI, Prime considerazioni in ordine al reato di stalking: se diventasse (anche) mobbing?, in Giust. pen., 1, 2010, pp. 57 ss.; M. J. FONTANELLA, Una nuova fattispecie penale: lo stalking, in Iustitia, 2009, 4, pp. 421 ss.; R. MARINO, Violenza sessuale pedofilia stalking, Edizioni Giuridiche Simone, 2009; ID., Il reato di atti persecutori, in Relazione Consiglio superiore della Magistratura, Violenza di genere mobbing e stalking, pp. 1 ss. (http://appinter.csm.it/incontri/relaz/19241.pdf); A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Atti persecutori: una normativa necessaria, in Guida al diritto, 2009, 19, pp. 49 ss. (http://www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com/Doc.aspx?Numero=19&cmd=GuidaDiritto_Archivio&IdDocume nto=10531251&Data=2009-0509&IdFonteDocumentale=53&Sezione=na&Image=tit_guida.gif&MenuOn=menu_gd_archivio); ID., Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, ivi, pp. 52 ss. (http://www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com/Doc.aspx?Numero=19&cmd=GuidaDiritto_Archivio&IdDocume nto=10531229&Data=2009-0509&IdFonteDocumentale=53&Sezione=na&Image=tit_guida.gif&MenuOn=menu_gd_archivio). 2 fine di addivenire ad un assetto ermeneutico che consenta di governare compiutamente le implicazioni teorico-pratiche del reato. Un reato, che, attesa la latitudine che ne caratterizza la tecnica redazionale, implica un ineludibile vaglio di coerenza con la sistemica penalistica. Il presente scritto intende riflettere gli echi dell’elaborazione giurisprudenziale in materia, in uno alle posizioni assunte dalla dottrina in merito alla definizione della trama degli elementi qualificanti il delitto di atti persecutori. Preliminarmente alla disamina del tenore letterale della norma si rende necessario porre una premessa di natura psico-sociologica che, pur trascendendo aspetti prettamente giuridici, risulta acconcia al fine di inquadrare la figura dello stalker e le dinamiche psichiche che ne orientano l’agire2. Difatti, la previsione di cui all’art. 612-bis c.p. nella sua fisionomia criminologica si impernia su fenomeni di tipo psicologico, costituendo questi, pertanto, la sede elitaria per un compiuta comprensione del delitto oggetto del presente scritto. Tuttavia, è bene precisare che, attesa la trasversalità dei contesti umani e sociali in cui si radica lo stalking, esso si caratterizza come un campo di studio multidisciplinare ed interdisciplinare, che coinvolge competenze sociologiche, medico-legali, psichiatricoforensi nonchè legali. 2. La figura dello stalker: profili sociologici e psichiatrici. Lo stalking, sebbene avuto riguardo ai suoi tratti essenziali possa dirsi un fenomeno datato3, rappresenta un prodotto degenere dell’odierna temperie4. 2 Si segnala la lettura di “Stalking e psicopatologia”, reperibile al seguente indirizzo internet: http://www.psyinstitute.org/1/stalking_e_psicopatologia_1188042.html. 3 Il dott. Enrico Maria Secci, psicologo e psicoterapeuta, ha affermato: «Stalking è il nome nuovo di un problema vecchio, sempre esistito, che consiste nella persecuzione da parte di un individuo di una persona (generalmente di sesso opposto) con motivazioni di solito amorose o sessuali» (http://enricomariasecci.blog.tiscali.it/2010/07/01/stalking-denunciare-denunciare-denunciare/). 4 A. C. BALDRY, Dai maltrattamenti all’omicidio. La valutazione del rischio per la prevenzione della recidiva e dell’uxoricidio, Franco Angeli, 2008; S. MASTROBERANDINO – A. PROIETTI VALENTINI, Dio li fa poi li accoppia. Complessità e circolarità nella relazione di stalking, AIPG, Newsletter, 2010, n. 41, pp. 9 ss., reperibile all’indirizzo internet http://www.aipgitalia.org/media/pdf/Newsletter%2041.pdf; C. MABERINO – A. BERTI – F. MABERINO, Nec sine te nec tecum. Lo stalking:aspetti psicopatologici e giuridici, in Rass. it. criminologia, 2005, 10, pp. 581 ss.; D. D’ANZEO - C. IANNONE, Stalking. Conoscerlo e difendersi, Helicon, 2010; AA. VV., Donne che sbattono contro le porte. Riflessioni su violenze e stalking (a cura di T. Ravazzolo – S. Valanzano), Franco Angeli, 2010; AA. VV., La sindrome delle molestie assillanti (stalking) (a cura di P. Curci – G. M. Galeazzi – C. Secchi), Bollati Boringhieri, 2003; A. FERRARIS OLIVIERO, Stalker il persecutore, in Psicologia contemporanea, 2001, 164, pp. 18 ss.; B. FABBRONI – M. A. GIUSTI, Vittima. Persecutore. Il mondo dello stalking, Edizioni Universitarie Romane, 2009; B. C. GARGIULLO – R. DAMIANI, Lo stalker, ovvero il persecutore in agguato. Classificazione, assessment e profili psicocomportamentali, Franco Angeli, 2008; H. EGE, Al centro della persecuzione. Analisi, conseguenze e valutazioni del comportamento persecutorio, Franco Angeli, 2010; N. BRAN, Quando la passione diventa ossessione. Stalking, Ananke, 2009; I. MASCIA – G. ODDI, Storie di ordinaria persecuzione, Ma. Gi., 2005; A. DEL DEBBIO – E. DI FIORINO – M. FONTANA, Mobbing. Hazing. Stalking. Bullismo. Una guida pratica, Psichiatria e Territorio, 2009; F. BRUNO – L. OHANIAN, Stalking. Cronaca di un abuso, Curcio, 2010; M. FILIPPO CALIÒ, Stalking & Stalkers (da una ricerca criminologica internazionale e un pattern operativo per la identificazione di anonimi molestatori a mezzo di telefonate e lettere anonime), LiberiStampautori, 2007; V. MASTRONARDI, Stalking o sindrome delle molestie assillanti, in AA. VV., Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica ( a cura di V. Volterra), Masson, 2010; G. M. GALEAZZI - K. ELKINS – P- CURCI, The stalking of mental health professionalsby patients, in Psychiatric Services, 2005, 56 (2), pp. 137 ss.; G. M. GALEAZZI – P. CURCI, The tormenting harasser syndrome (stalking): a review, in Giorn. it. psicopatologia, 2001, 7 (4), pp. 434 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP – V. DE VRIES, Informant Personality Descriptions of 3 L’evo moderno registra l’emersione di dinamiche comunicative improntate a moduli impersonali, in cui il contatto fisico, la componente umana autentica, è posta in second’ordine. Si pensi ai cd. social-networks (Facebook, MySpace, Badoo, Sonico, etc…), che consentono in tempo reale lo scambio di un enorme flusso di comunicazioni, assai carenti, però, da un punto di vista qualitativo. Proprio l’accantonamento degli usuali schemi di relazione comporta delle anomalie affettive e comportamentali nelle relazioni interpersonali. In particolare, l’assetto comunicativo surriferito talvolta porta, soggetti dalle ridotte capacità comunicative, ad enfatizzare i rapporti vissuti al di fuori del contesto virtuale, al cui distacco subiscono una sorta di smarrimento esistenziale. In dottrina è stato significativamente osservato: «Lo “stalking” è un fenomeno in primis di tipo relazionale, che trova la sua genesi in equivoci ed incomprensioni nei rapporti interpersonali, nella non accettazione dell’atteggiamento altrui, in difetti di comunicazione oppure nella volontà pervicace del molestatore d’imporre sull’altra persona un particolare tipo di rapporto che, per chi ne è destinatario, risulta essere altamente indesiderato»5. Sebbene non sia possibile adottare in via aprioristica schemi ed etichettature, è innegabile che in un certo senso sussistono dei fattori predisponenti allo stalking, come si dirà nel prosieguo, tra i quali rientrano le difficoltà interazionali e disturbi di varia natura che, da soli od associati a particolari accadimenti, costituiscono l’humus in cui alligna lo stalking. Come evidenziano studi medici, sovente lo stalker ha subito un trauma affettivo in età relativamente giovane, che ne compromette un armonico sviluppo psichico destabilizzandone l’equilibrio interiore. Ciò posto, è bene precisare, tuttavia, che nell’ambito della scienza psichiatrica si registrano posizioni concordi circa l’impossibilità di individuare tratti patognomonici propri ed esclusivi dello stalker, non esistendo disturbi psichiatrici peculiari di questa figura. Come si evince dalle statistiche in materia, quello dello stalking è un fenomeno che riguarda soprattutto persone di sesso maschile (secondo l’Osservatorio Nazionale Stalking circa il 70% delle condotte di stalking sono poste in essere da uomini). La Direzione centrale della Polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza evidenzia che, avuto riguardo al numero complessivo delle persone denunciate per atti persecutori, l’85% è di nazionalità italiana e l’incidenza delle persone di sesso maschile sul Postintimate Stalkers Using the Five Factor Profile, in Journal of Personality Assessment 2004, 82 (2), pp. 169 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP – V. DE VRIES, Individual differences in posttraumatic stress following post-intimate stalking: Stalking severity and psychosocial variables, in British Journal of Clinical Psychology, 2003, 42 (2), pp. 145 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP, Stalking – a contemporary challenge for forensic and clinical psychiatry, in British Journal of Psychiatry, 2000, 176, pp. 206 ss.; J. H. KAMPHUIS - P. M. G. EMMELKAMP Traumatic distress among supportseeking female victims of stalking, in American Journal of Psychiatry, 2001, 158 (5), pp. 795 ss.; D. V. JAMES - F. R. FARNHAM, Stalking and serious violence, in Journal of the American Academy Psychiatry and the Law, 2003, 31 (4), pp. 432 ss.; F. R. FARNHAM – C. V. RITCHIE – D. V. JAMES – H. G. KENNEDY, Pathology of love, in The Lancet, 1997, 350, pp. 710 ss.; AA. VV., The psychology of stalking. Clinical and Forensic Perspectives (edited by J. R. Meloy), Academic Press, 1998; P. E. MULLEN – M. PATHÈ – R. PURCELL – G. STUART, A study of stalkers, in American Journal of Psychiatry, 156 (8), 1999, pp. 1244 ss. 5 M. BONA, cit. 4 fenomeno si attesta intorno al 90%, considerando cittadini di nazionalità italiana e straniera6. Volendo tentare una classificazione della tipologia di soggetto agente in commento, può dirsi che solitamente si tratta di persone che non riescono ad accettare la fine di una relazione affettiva. In sostanza, la conclusione di un rapporto sentimentale non viene elaborata nelle giuste misure e diviene l’embrione per una condotta molesta nei confronti dell’ex partner7. Orbene, «laddove vi sia stato un pregresso rapporto sentimentale la persecuzione attuata rappresenta una sorta di “surrogato” della relazione persa. In tale evenienza lo stalking è una sorta di strumento attraverso cui vincolare a sé una persona, facendola rimanere nella propria quotidianità»8. Si consideri che, avuto riguardo al periodo 2002-2007, il 50% degli episodi di stalking è riconducibile entro lo schema di una relazione amorosa terminata9. Ad esserne vittima solitamente sono donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni. Abitualmente il molestatore in tali casi oscilla tra il desiderio di ricongiungimento e quello di vendetta per la ferita narcisistica subita. Significativamente è stato osservato che «Vi sono contesti umani in cui lo stalking […] sembra sovrapponibile al cosiddetto vecchio “delitto d’onore”»10. È possibile, poi, individuare soggetti in relazione ai quali lo stalking si innesta in un quadro caratterizzato dalla sussistenza di disturbi psichici di varia tipologia, quali il disturbo cd. bipolare (soprattutto nella cd. fase maniacale)11, i disturbi della personalità (in particolare i quadri border-line, paranoidi e narcisistici), la schizofrenia, il delirio erotomanico12. Tale ultimo termine nella psichiatria, avuto riguardo alla sua concezione più autentica, indica la convinzione infondata ed ossessiva che un’altra persona provi, segretamente, sentimenti amorosi nei propri confronti. Il precario equilibrio interiore porta tali soggetti ad interpretare sguardi, gesti, parole in senso distorto ed a dare loro una direzionalità univoca secondo schemi mentali prestabiliti. L’affezione nella variante più diffusa (quella in cui oggetto delle attenzioni è una persona nota) è conosciuta anche con la denominazione di “sindrome di de Clerambault”, 6 V. R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 50. Stando ai dati in possesso del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, il 50% degli episodi di stalking si innesta nel contesto di una relazione affettiva cessata (V. R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 50). 8 V. IANNI, Le unioni di fatto: responsabilità civile eso ed endo, in AA. VV., Trattato dei nuovi danni (diretto da P. Cendon), vol. -, Cedam, 2011, in corso di pubblicazione. 9 Osservatorio Nazionale Stalking, periodo di riferimento: 2002-2007. Dall’indagine denominata “Sicurezza sulle donne”, condotta dall’ISTAT, è emerso che in Italia le donne vittime di comportamenti persecutori al termine della loro relazione sentimentale sono state 2.077.000. 10 In tali termini si esprime la psicologa e psicoterapeuta Maristella Buonsante (http://maristellabuonsante.wordpress.com/stalking-radici-relazioni-eventi/). 11 Il cd. disturbo bipolare è una patologia nella quale i normali stati dell’umore, tristezza e felicità, si presentano ciclicamente amplificati ed alternati a periodi di normalità. 12 In passato per indicare il disturbo erano invalsi i termini “paranoia erotica” ed “illusione erotica autoreferenziale”. Si segnala la lettura di: M. ZONA – K. SHARMA – J. LANE, A comparative study of erotomanic and obsessional subjects in a forensic sample, in Journal of Forensic Sciences, 1993, 38 (4), pp. 894 ss.; R. B. HARMON – R. ROSNER – H. OWENS, Obsessional harassment and erotomania in a criminal court population, in Journal of Forensic Sciences, 1995, 40 (2), pp. 188 ss. 7 5 dallo psichiatra francese Gaëtan Gatian de Clerambault, che nel 1921 pubblicò un trattato sull’argomento, dal titolo “Les psychoses passionelles”. Frequentemente nell’ambito degli stalkers si riscontrano disturbi variamente riferibili alla personalità (problemi di autostima, difficoltà a gestire le relazioni interpersonali e, più in particolare, i rapporti con l’altro sesso). Si tratta della tipologia di stalkers più pericolosa, in quanto talvolta detti soggetti non presentano una esteriorizzazione delle loro problematiche e risulta pertanto difficoltoso approntare tempestivamente efficaci misure di tutela. Vi è, inoltre, una categoria di stalkers che, ritenendo, più o meno fondatamente, di avere subito un torto, tentano di farsi giustizia da sè arrecando nocumento alla serenità di un soggetto, spesso vittima incolpevole di deliri incoscienti. Infine, vi sono motivazioni legate ad impulsi sessuali che spingono determinati soggetti a porre in essere delle condotte di stalking. In tali casi breve è il passo dal compimento di atti di violenza, omicidio, aggressione fisica. Analizzando i dati contenuti nel rapporto internazionale sulla violenza contro le donne, curato dal Centro “Reina Sofía” para el estudio de la violencia di Valencia13, ci si avvede che in Italia, delle circa 200 donne uccise ogni anno per motivi passionali, circa 80 sono state precedentemente vittime di comportamenti persecutori posti in essere dall’assassino14. Proprio in ragione dell’incidenza di tali condotte degeneri il legislatore ha previsto, quale aggravante del reato di omicidio, la circostanza dell’avere posto in essere condotte di atti persecutori in pregiudizio della persona uccisa (art. 576, comma 1, n. 5.1. c.p.)15. In tale caso è prevista la comminazione della pena dell’ergastolo. Solitamente nell’ambito della categoria di stalkers di cui si discorre è dato ravvisarsi la sussistenza di parafilie, termine scientifico invalso per indicare l’insieme di quelle perversioni o deviazioni sessuali che, trascendendo l’eventuale singolarità delle personali inclinazioni, vengono classificate tra i disturbi del comportamento sessuale. Per essere definita “parafiliaca” una condotta umana deve causare un disagio clinicamente significativo ed una compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altri comparti relazionali, in cui si esplica la normale attività quotidiana. Ciò posto, diffusi sono gli episodi di stalking che originano da situazioni di conflitto in ambito lavorativo16. In tale caso sovente alla condotta di stalking se ne affianca una di mobbing. 13 Si legge nel sito internet www.centroreinasofia.es: «El Centro Reina Sofía, denominación de la Fundación de la Comunidad Valenciana para el Estudio de la Violencia, es una institución que, bajo la Presidencia de Honor de S. M. la Reina Doña Sofía, se dedica desde 1997 al análisis de la agresión en sus distintas formas». 14 V. J. SANMARTÌN,“Violencia contra la mujer en las relaciones de pareja. Estadísticas y legislación”, 2 n d International Report Partner Violence against Women. Statistic and Legislation, DISEÑARTE – Goaprint, 2003, pp. 1 ss. Per quanto concerne ulteriori studi condotti sul fenomeno dello stalking si rimanda alle seguenti documentazioni: National College Women Sexual Victimization study (NCWSV) (http://www.ncjrs.org/pdffiles1/nij/182369.pdf); - British Crime Survey del 2001 (BCS) (http://www.homeoffice.gov.uk/rds/pdfs04/hors276.pdf); - National Violence Against Women Survey 1995 (NVAWS) (http://www.ncjrs.gov/pdffiles/169592.pdf). 15 Si segnala la lettura di R. BRICCHETTI – L. PISTORELLI, Decreto anti-violenze, Sulla circostanza aggravante dell’omicidio c’è il rischio di interpretazioni forzate, in Guida al diritto, 19, pp. 43 ss. 16 Si segnala la lettura di H. EGE, Oltre il mobbing: Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, Franco Angeli, 2005. 6 Non di rado episodi di stalking avvengono in ambito condominiale; di recente conio è, al proposito, il cd. stalking condominiale, terminologia con cui si indicano le sistematiche vessazioni ed i soprusi subiti da un soggetto per opera di un condomino. Talvolta le attenzioni moleste sono rivolte nei confronti dell’amministratore, il quale polarizza un pò le tensioni che si creano nell’ambito del “microcosmo” condominio. Come si evince da quanto sopra riferito il fenomeno dello stalking sottende un substrato umano molto variegato (e dal punto di vista della vittima e sul versante del persecutore), che rende approssimativa ogni rigida etichettatura17. Come tutti i fenomeni umani anche lo stalking risulta interessato dalla simultanea coesistenza ed interazione di una vasta gamma di variabili comportamentali, diverse tra loro, la cui combinazione secondo modulazioni sempre differenti osta ad un compiuto inquadramento della fattispecie di cui si discorre. Il dato che appare certo è quello per cui le vittime di stalking solitamente sono donne (circa l’80,03%)18 di età relativamente giovane (18-35 anni). Nonostante la trasversalità del fenomeno sembra che chi esercita talune professioni di assistenza (medici, psicologi, infermieri, educatori) incorre in un rischio maggiore di divenire vittima di stalking. La ragione di ciò è da individuare nel fatto che detti soggetti instaurano una peculiare dinamica relazionale, divenendo i collettori di sentimenti, aspettative, idealizzazioni che, una volta traslati da un piano ideale in uno reale, possono degenerare in condotte moleste e persecutorie. Posta questa parametrazione disquisitiva, può adesso passarsi in rassegna il dato letterale della norma di cui all’art. 612-bis c.p. 3. Il reato di atti persecutori. 3.1. Gli stilemi definitori. La nuova fattispecie di reato è stata introdotta nell’ordinamento penale italiano dal decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito, con modifiche, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38), sulla scorta dell’esperienza dei Paesi di Common law in cui la figura era già presente da diverso tempo19. Il reato è stato inserito nel capo III del titolo XII, parte II del codice penale, nella sezione relativa ai delitti contro la libertà morale. Scelta, questa, indicativa di quale sia il referente ermeneutico al fine di un compiuto inquadramento del delitto in commento20. Assoluta centralità, difatti, riveste il presidio della libertà di determinarsi, secondo le proprie inclinazioni ed aspirazioni personali, circa la propria sfera affettiva e relazionale. Venendo al versante letterale, a mente dell’art. 612-bis, comma 1° c.p., rubricato “Atti persecutori”: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 17 F. MACRÌ, Modifiche alla disciplina delle circostanze aggravanti dell’omicidio e nuovo delitto di “Atti persecutori”, in Dir. pen. e proc., 2009, 7, pp. 815 ss.: «Lo stalking non è un fenomeno unitario ed omogeneo e - al di la della sua descrizione con locuzioni come ‘atti persecutori’o ‘molestie assillanti’ - è particolarmente arduo racchiuderlo in una formula generale e tassativa». 18 Dati del Servizio Analisi Criminale della Direzione centrale della Polizia criminale. 19 La prima normativa in materia di stalking risale al 1991 e fu varata in California. Questi i Paesi europei, oltre l’Italia, in cui lo stalking è normativamente contemplato: Austria, Belgio, Danimarca, Olanda, Germania, Irlanda, Malta, Regno Unito. 20 In dottrina è stato sottolineato che la collocazione risulta «probabilmente condizionata dalla selezione della minaccia come forma di manifestazione tipica della condotta materiale» (L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.). 7 sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita»21. A differenza delle esperienze estere il legislatore non ha adottato un approccio analitico nella tipizzazione delle condotte di stalking, operando un demando a fenomeni più o meno empiricamente afferrabili sulla scorta dei dati acquisiti dalla comune esperienza. Nella loro sequenza i tre eventi cui il legislatore subordina la punibilità della condotta di atti persecutori, indicano una progressione in cui il vulnus va via via scemando nella sua oggettivizzazione per assumere contorni marcatamente personalizzabili. Il primo, il grave disagio psichico, è accertabile con l’ausilio delle conoscenze mediche22; il secondo si presenta dalla connotazione più soggettiva ma comunque rapportabile a parametri oggettivizzati nell’esperienza comune23; il terzo, infine, costituisce un elemento che si modula in maniera diversificata in ragione della tipologia di vissuto e di carattere di ogni singola persona. In dottrina è stato osservato che detta personalizzazione palesa difficoltà di accertamento, ragion per cui sarebbe stato preferibile che il legislatore avesse posto l’accento sull’“idoneità” degli atti persecutori a determinare tali ripercussioni di tipo psicologico24. Ad avviso della dottrina in commento: «In questo modo, il giudizio di disvalore sarebbe stato incentrato sulla idoneità della condotta (dato maggiormente oggettivo) e non sull’effetto della condotta stessa sulla psiche della vittima (dato maggiormente soggettivo)». La stessa dottrina ha evidenziato il rischio che la valorizzazione della dimensione psicologica possa dar luogo ad un’applicazione lasca della norma. Può ricordarsi che durante i lavori parlamentari del d.d.l. n. C1440, la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, partendo dal dato delle difficoltà di accertamento in sede processuale dello stato di ansia o di paura, aveva riformulato la lettera della previsione nel senso che la condotta dovesse essere concretamente idonea a determinare tale stato. Tuttavia, si ritenne, poi, di riportare il delitto alla sua struttura originaria, recepita dal decreto legge e dalla legge di conversione. 21 Trib. Bari, 6 aprile 2009. In dottrina è stato osservato: «Per soddisfare il requisito di determinatezza (nella parte in cui esprime l’esigenza che le norme penali descrivano fatti suscettibili di essere accertati e provati attraverso i criteri messi a disposizione dalla scienza e dall’esperienza attuale) deve ritenersi che la formula normativa intenda riferirsi a forme patologiche caratterizzate dallo stress e specificamente riconoscibili proprio come conseguenza del tipo di comportamenti incriminati, le quali, sebbene non sempre compiutamente codificate, trovano riscontro nella letteratura medica» (L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.). Prosegue la stessa dottrina: «il legislatore […] ha descritto lo stato indotto nella vittima attraverso il ricorso a connotazioni come “grave” e “perdurante”, le quali, per l’appunto, sembrano evocare una situazione di disequilibrio psicologico che assume carattere patologico e dunque obiettivo». 23 In una recente pronuncia si legge: «Si tratta, senza dubbio, di condotte che, per numero e modalità, sono verosimilmente suscettibili di comportare un “perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva» (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639). 24 A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, cit. 22 8 Quanto alla nozione di prossimi congiunti la norma rinvia implicitamente a quella prevista dal quarto comma dell’art. 307 c.p. (che attribuisce detta qualifica agli ascendenti, ai discendenti, al coniuge, ai fratelli ed alle sorelle, agli affini nello stesso grado (salvo che il coniuge sia deceduto e non vi sia prole), mentre non fornisce elementi utili ad approntare una perimetrazione utile all’individuazione del soggetto legato da relazione affettiva alla vittima delle condotte persecutorie. Lo scrivente opina nel senso che detta dicitura debba interpretarsi in senso particolarmente rigido, potendosi valorizzare unicamente rapporti di una certa intensità ed ai quali presieda un significativo ed apprezzabile coinvolgimento emotivo, quale, ad esempio, un rapporto di convivenza more uxorio25. Ciò posto, il requisito che presenta maggiori difficoltà definitorie è sicuramente quello concernente l’alterazione dei modi di vivere della persona vittima di stalking. Con la suddetta terminologia deve intendersi l’apprezzabile modificazione di ogni modulo in cui si esplica la normale, consueta dinamica relazionale, dovendosi valorizzare, però, eventuali peculiarità caratteriali od esperenziali. In definitiva, sembra potersi condividere quella dottrina la quale ha osservato: «In fondo rinchiudere una realtà criminologia così vasta e complessa, come quella cui intende fare riferimento la nuova incriminazione, in formule di maggior dettaglio, ma anche più rigide, avrebbe rischiato di renderla inefficace e dunque il punto di equilibrio raggiunto, tra principi costituzionali ed esigenze di tutela, pare ragionevole. Del resto la prospettiva comparatistica dimostra come anche gli ordinamenti stranieri che hanno deciso di dotarsi di incriminazioni analoghe, hanno incontrato simili difficoltà nel confezionare sintesi normative completamente soddisfacenti nella prospettiva segnalata»26. Da un punto di vista strutturale può dirsi che il reato abituale di atti persecutori si pone come raccordo di una vasta gamma di condotte, autonomamente perseguibili sulla base del tracciato normativo, ma che in sede di contestazione processuale divengono suscettive di reductio ad unum mercè la nuova previsione di legge. Segnatamente, si tratta di una fattispecie che ricalca il delitto di minaccia e la previsione di cui all’art. 660 c.p., che contempla la contravvenzione rubricata “molestia o disturbo alle persone”27, caratterizzandosi, rispetto ad esse, per elementi di specificità quali la 25 In dottrina è stato posto in rilievo: «l’orizzonte della “relazione affettiva” è potenzialmente indefinito e avrebbe richiesto ben altro sforzo definitorio da parte del legislatore» (L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.). Sul tema delle convivenze more uxorio si rimanda, avuto riguardo alle pubblicazioni più recenti, alla lettura di V. IANNI, Coppie di fatto e conviventi more uxorio: profili giuridici e soluzioni giurisprudenziali, Nel Diritto, 2010; ID., Le convivenze more uxorio: un progetto di vite convissute (nota a Cass. civ., sez. I, 28 settembre 2009 – 22 gennaio 2010, n. 1096), in Nel Diritto, 2010, 5, pp. 638 ss.; F. TAVANO, La famiglia di fatto, Faq, 2010; E. FALLETTI, Famiglie di fatto e convivenze, Cedam, 2009; S. ASPREA, La famiglia di fatto, Giuffrè, 2009; L. BARBIERA, Le convivenze. Diritto civile nazionale e orientamenti europei, Cacucci, 2010. 26 L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit. 27 L’art. 660 c.p., rubricato “Molestia o disturbo alle persone”, recita: «Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a € 516». 9 necessaria reiterazione della condotta per un tempo giuridicamente apprezzabile e la pervasività della stessa28. In dottrina è stato osservato che «la nuova norma incriminatrice intende colmare una lacuna di tutela determinata dall’incapacità delle incriminazioni di minaccia, molestie, e violenza privata a fornire una adeguata risposta repressiva al peculiare profilo criminologico di colui che pone in essere comportamenti consimili in maniera seriale»29. In sede applicativa gli operatori del diritto potranno accedere alle risultanze dei repertori giurisprudenziali, frutto di un’esperienza consolidata, in merito alla definizione degli elementi qualificanti i due reati summenzionati. Circa il concetto di minaccia, essa consiste essenzialmente nella prospettazione di un danno o di un male futuro, il cui verificarsi, legato ad un facere o ad un non facere, è percepito come verosimile da una persona di media avvedutezza. La molestia, in via di massima semplificazione, consiste nel porre in essere una condotta - che può assumere una vasta gamma di modulazioni - atta a turbare la serenità di un soggetto. Ciò posto, il reato contemplato dall’art. 612-bis c.p. è un reato plurioffensivo, in quanto attenta, da un lato alla libertà morale e di autodeterminazione, dall’altro al bene della salute laddove la condotta determini, sul soggetto che ne è vittima, un “perdurante e grave stato di ansia o di paura” ovvero un fondato timore per la propria incolumità, per quella di un prossimo congiunto o finanche per quella di una persona ad esso legata da “relazione affettiva”30. Tuttavia, non può trascurarsi che particolari aspetti della condotta di atti persecutori sono suscettivi di arrecare un vulnus al diritto alla privacy (si pensi all’accesso non autorizzato in spazi privati od alla diffusione di dati personali, quest’ultima perseguibile sulla scorta dell’art. 167 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196). In sostanza, come affermato da taluna dottrina, la previsione di cui all’art. 612-bis c.p. «cerca di tutelare nel suo complesso una fascia composita di interessi individuali, non necessariamente omogenei»31. La stessa dottrina prosegue: «Quello di atti persecutori sembra dunque essere un reato (eventualmente) plurioffensivo». In realtà pare che si tratti di un reato “normalmente” plurioffensivo, atteso che i vulnus sopra descritti sono solitamente compresenti nelle condotte di stalking. 28 L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit.: «Quelle di minaccia e di molestia sono […] nozioni elastiche, idonee a provocare qualche tensione dei principi di tassatività e determinatezza, ma la selezione da parte del legislatore di una terminologia che vanta una robusta tradizione interpretativa può ritenersi tutto sommato tranquillizzante argine contro pericolose estensioni dell’ambito della norma incriminatrice nella prassi applicativa». 29 L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit. 30 Presso il Dipartimento per le Pari Opportunità è stato istituito il Nucleo Carabinieri – Sezione Atti Persecutori – composto da 13 carabinieri tra criminologi, psicologi, sociologi, biologi e informatici, con il compito di monitorare il fenomeno dello stalking ed individuare gli stilemi che caratterizzano la figura dello stalker e le sue condotte. La predetta attività di ricerca si prefigge la finalità di predisporre un protocollo operativo per inquadrare la nuova tipologia di reato. L’ADOC, ossia l’Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori, degli utenti, dei risparmiatori, dei malati e dei contribuenti ha predisposto uno sportello on-line al quale ci si può rivolgere per avere informazioni e assistenza in materia stalking (sito web reperibile all’indirizzo www.adoc.org.) 31 L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit. 10 In ossequio a quanto evidenziato dal CSM in sede di parere espresso nel corso del procedimento legislativo che ha condotto al varo della normativa in questa sede in commento, deve opinarsi nel senso che quello di atti persecutori sia un reato di danno32, ancorato al verificarsi di tre situazioni alternative (sebbene solitamente compresenti): - «un perdurante e grave stato di ansia o di paura»; - un fondato timore per l’incolumità, propria o di un prossimo congiunto, ovvero per quella di persona alla quale si è legati da relazione affettiva; - l’alterazione delle consuete dinamiche di vita. In relazione al presente discorso può ricordarsi che in coloro che sono state vittime di condotte di stalking si sono osservati: insonnia, frequenti risvegli, incubi notturni; facile irritabilità ed un costante stato di tensione, attacchi di panico, difficoltà di concentrazione, apatia; cefalea, gastroenteriti, tachicardia, dolore osteoarticolare, disturbi dell’equilibrio, svenimenti improvvisi; anoressia, bulimia, farmacodipendenza, fobie, depressione; assunzione di alcool e di tabacco, od aumento della quantità usualmente assunta precedentemente al verificarsi dei comportamenti molesti; episodi di flashback che rinnovano il ricordo di accadimenti particolarmente traumatici; condotte di evitamento verso tutto ciò che possa essere riconducibile (anche simbolicamente) all’esperienza vissuta; tentativi di suicidio. Talvolta le vittime di stalking hanno sensi di colpa per quello che è successo, rimproverandosi di aver tenuto un dato comportamento che non ha impedito le condotte persecutorie. Significativo è ricordare che il colloquio con le vittime di atti persecutori spesso ha evidenziato in esse una serie di cambiamenti, talmente pregnanti da potersi dire che gli stessi avessero prodotto un vero e proprio snaturamento della personalità. Ciò posto, sembra potersi precisare che il reato pare caratterizzarsi come potenzialmente prodromico alla commissione di una vasta pletora di reati (omicidio, violenza fisica o sessuale ( anche in pregiudizio di soggetti terzi), danneggiamento, violazione di domicilio). Significativo è, al proposito, ricordare che sulla scorta dei dati dell’Osservatorio Nazionale Stalking, relativi al periodo 2002-2007, il 39% dei crimini commessi da ex partners è stato preceduto dal compimento di atti persecutori. Alla luce di quanto sopra detto quello previsto dall’art. 612-bis c.p. è dunque un reato che si caratterizza come volto a sanzionare condotte attuali o pregresse ed a prevenirne delle altre. Circa l’elemento soggettivo, sembra da preferirsi la tesi per cui si richiede la sussistenza di un dolo generico, comprendente l’integrazione di una condotta unitamente alla rappresentazione del verificarsi di una delle tre condizioni previste dal legislatore33. 32 Cass. pen., sez. V, 7 maggio 2010, n. 17698. Nel senso che il reato sottenda un dolo generico v. Trib. Napoli, 30 giugno 2009; Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2010, n. 11945. 33 11 Ritenere necessaria l’integrazione di un dolo specifico significa restringere la portata applicativa della norma, in contrasto con l’intento del legislatore di fornire copertura legislativa ad un ampio spettro di condotte. La dicitura “in modo da cagionare”, che sottende una stretta correlazione tra rappresentazione, volizione ed accadimento, porta ad escludere che possa ritenersi bastevole un dolo eventuale. La Suprema Corte ha osservato che la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo sul giudice, in tale ipotesi, un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’eventus damni34. L’art. 612-bis c.p. reca un catalogo di aggravanti riferibili sostanzialmente a quelle situazioni che in sede applicativa dei reati di molestia e minaccia si erano riscontrate con maggiore frequenza. Una prima situazione che giustifica un inasprimento del trattamento sanzionatorio (aumento fino a due terzi della pena) è quella per cui «il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa» (comma 2). In relazione alla portata applicativa di tale ultima previsione, potrà valorizzarsi ogni vincolo affettivo, sia esso sentimentale ovvero amicale, purchè stabile e duraturo, senza che detta relazione implichi necessariamente la convivenza od una comunanza di vita che involga finanche aspetti attinenti alla sfera sessuale. In relazione al comma 2 dell’art. 612-bis c.p. in dottrina è stato evidenziato: «non si comprende perché il legislatore abbia incluso nel fuoco dell’aggravante colui che in passato abbia intrattenuto una relazione affettiva con la vittima, ma abbia invece escluso il coniuge separato solo di fatto. Per altro verso discutibile appare anche la scelta di ritenere più grave solo la posizione di colui che ha in passato intrattenuto una relazione coniugale o affettiva con il soggetto passivo del reato, ma non anche chi tale tipo di relazione intrattenga al momento della consumazione dello stesso»35. Può ricordarsi che durante il corso dell’iter della legge di conversione alla Camera è stato respinto l’emendamento dell’On.le Vietti, volto a circoscrivere l’operatività dell’aggravante esclusivamente all’ipotesi in cui l’omicidio fosse stato consumato nel mentre veniva commesso il reato di stalking. Si ha, poi, un aumento di pena fino alla metà se il fatto è commesso «a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata» (comma 3). Un’altra aggravante è prevista dall’art. 8, comma 3° del d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito dalla della legge n. 38/2009, ai sensi del quale la pena è aumentata se il fatto è commesso da un soggetto già ammonito dal questore secondo la misura di pubblica sicurezza prevista dalla medesima norma. 34 Cass. pen., sez. V, 5 febbraio 2010, n. 17698. L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit. 35 12 Il delitto è punito a querela della persona offesa, proponibile nel termine di sei mesi dall’ultima condotta riferibile al reato di atti persecutori. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona diversamente abile, nonché quando il fatto è connesso con altro reato per il quale si deve procedere d’ufficio ovvero qualora sia stato commesso da soggetto nei confronti del quale, in precedenza, il questore ha proceduto all’ammonimento di cui sopra. Il Consiglio superiore della Magistratura nella delibera del 2 aprile 2009 ha criticato il fatto che, diversamente da quanto previsto in relazione ai reati in materia sessuale, per il delitto di atti persecutori possa esservi remissione della querela, esponendosi di tal guisa la vittima a possibili pressioni per coartarne la volontà. 3.2. Le questioni applicative. Attorno alla portata applicativa dell’art. 612-bis c.p. gravitano una serie di questioni poste al vaglio della giurisprudenza e della dottrina. Segnatamente, una prima problematica concerne la latitudine da assegnare alla clausola con cui si apre l’art. 612-bis c.p.; si pone, poi, quella relativa alla gestione delle possibili interferenze dell’istituto del reato continuato con l’applicazione del delitto di atti persecutori. Infine, discussa è la possibilità di ravvisare il tentativo nella fattispecie di reato di recente introduzione. 3.2.1. La valenza della clausola di apertura dell’art. 612-bis c.p. L’art. 612-bis c.p. condiziona l’applicabilità della previsione di atti persecutori alla non rinvenibilità di altro reato. In tal senso depone la lettera dell’articolo che reca testualmente “Salvo che il fatto costituisca più grave reato”. La clausola di apertura, presente nell’originario progetto, era stata soppressa dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e successivamente è stata reintrodotta dall’Aula in sede di approvazione del disegno di legge, accogliendosi il parere espresso in tal senso dalla Commissione affari costituzionali. Stante l’incipit dell’articolo in commento il reato di atti persecutori assorbe le fattispecie di molestia, ingiuria, minaccia, illecito trattamento di dati personali ed anche quella di violenza privata, atteso che l’alterazione delle abitudini di vita può considerarsi una peculiare ipotesi di violenza privata. Epperò, deve ritenersi che le incriminazioni di minaccia, molestia, violenza privata, etc… possano essere apprezzabili quale autonome ipotesi di incriminazione laddove vi sia un singolo episodio, non riscontrabile nell’ambito della usuale condotta di stalking ed a questa non immediatamente collegabile per tempistica e modalità. Si pensi ad uno stalking nel cui ambito non siano ravvisabili minacce di alcun tipo ma solamente molestie; si ponga, poi, il caso che venga posta in essere una singola condotta di minaccia che, pur temporalmente innestandosi in un contesto di atti persecutori, con esso non presenti connessione. Assai raramente sembra possa configurarsi una condotta di stalking non sorretta da molestia. Deve, poi, ritenersi che restino assorbiti nella fattispecie di atti persecutori quei reati, non aprioristicamente individuabili se non avuto riguardo al singolo caso concreto, che per 13 la tipologia e le modalità della lesione arrecata siano sussumibili nello schema di cui all’art. 612-bis c.p. Ciò premesso, condivisibile è quella dottrina ad avviso della quale la clausola di sussidiarietà, «in quanto relativamente indeterminata, non può […] trovare una indiscriminata ed aprioristica applicazione, che risulterebbe in definitiva irragionevole»36. Prosegue la stessa dottrina affermando che la clausola «potrà paralizzare l’operatività dell’art. 612-bis cod. pen. solo in quei casi in cui il reato più grave richiamato dalla clausola risulti in grado di assorbire effettivamente il disvalore dell’evento di quello di atti persecutori. E ciò potrà avvenire solo quando l’offesa arrecata riguardi il medesimo bene giuridico o, quantomeno, beni giuridici omogenei». Conclude la dottrina di cui si discorre: «In tutti gli altri casi la clausola in questione non dovrebbe pertanto ritenersi idonea ad impedire il concorso tra il reato di nuovo conio e i reati anche più gravi consumati attraverso le condotte persecutorie». Conserva, dunque, una autonoma apprezzabilità il reato di atti persecutori, rispetto a reati più gravi - laddove questi ultimi non siano connotati dalla medesimezza del vulnus, avuto riguardo alla tipologia del bene leso ed alle modalità con cui avviene la lesione - che potrebbero verificarsi nell’escalation della condotta persecutoria e che hanno un’autonoma specifica previsione normativa. Discusso è se i reati di violenza privata o di minaccia aggravate possano dirsi comunque assorbiti nella fattispecie degli atti persecutori, o se piuttosto debba ammettersi un concorso di reati, anche in considerazione del dato per cui la fattispecie astratta di cui all’art. 612-bis c.p. potrebbe non includere le forme aggravate dei reati di cui agli artt. 610 e 612 c.p. Sul punto deve sottolinearsi che non può escludersi aprioristicamente il concorso tra questi ultimi ed il reato di atti persecutori. Tale situazione può verificarsi allorché l’illecito più grave censuri solamente una parte della condotta dell’agente oppure, più in generale, non esaurisca l’intero disvalore penale del fatto. In conclusione del presente paragrafo può riportarsi quella dottrina ad avviso della quale la clausola di riserva «non appare opportuna, dal momento che lo stalking […] è un reato che ha una propria specificità criminologica, per cui non appare collocabile in una posizione gerarchicamente inferiore o diversa rispetto ad altre fattispecie, che invece possono benissimo con esso concorrere»37. Dottrina, questa, la cui ermeneutica non sembra obliterabile, atteso che la condotta di stalking può essere definita come una sorta di molestia o di minaccia “qualificata”, e 36 L. PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel d.l. n. 11/2009 conv. in l. n. 30/2009, cit. 37 A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, cit. Osserva l’Autore: «va sottolineato il fatto che gli atti persecutori richiedono condotte reiterate di minaccia o di molestia: in altre parole, il delitto è un delitto abituale proprio. Il fatto costitutivo di questo delitto, dunque, implica reiterazione di condotte e abitualità; ben difficilmente lo stalker realizzerà con lo stesso fatto un altro più grave reato, visto che nella normalità delle ipotesi il più grave reato eventualmente commesso dallo stalker potrà essere costituito da reati di carattere istantaneo costituiti da un unico atto. In questi casi, lo stalking, nonostante la clausola di riserva, concorrerà sicuramente con tali reati. Altro reato che potrebbe in teoria concorrere con lo stalking ma di natura abituale potrebbe essere quello di cui all'articolo 572 del Cp («maltrattamenti in famiglia»). Si tratta di un reato più grave dello stalking; ma che probabilmente prevarrebbe comunque sullo stalking a prescindere da una qualsiasi clausola di riserva». 14 dunque situantesi in una dimensione sovrastante. Detta caratterizzazione, che risulta immediatamente percepibile in relazione ai reati di molestia e minaccia, vale, sebbene in maniera più attenuata, anche per gli altri reati “affini” a quello di atti persecutori (violazione di domicilio, etc…). Significativo, a supporto della ricostruzione testè prospettata, è il dato che in epoca anteriore all’introduzione dell’art. 612-bis c.p., la giurisprudenza aveva ravvisato il reato di molestia nella condotta del marito separato che aveva pedinato, si sottolinei, più volte, la ex moglie, appostandosi per ore sotto l’abitazione della stessa. Si era, poi, valorizzato il comportamento dell’ex fidanzato della vittima il quale, in un’opera di continuo ed insistente corteggiamento, aveva posto in essere per diverso tempo un atteggiamento molesto nei suoi confronti, nonostante le espresse e ripetute rimostranze della stessa38. Ancora, il reato in commento era stato ravvisato nelle continue telefonate sull’utenza della vittima39. Nei casi più gravi, poi, dottrina e giurisprudenza avevano ritenuto configurabile il reato di violenza privata. Atteso il dato che nei casi di reiterazione le predette condotte non ricevevano adeguata risposta sul piano sanzionatorio, il legislatore ha predisposto, per tale evenienza, una puntuale cornice normativa, introducendo una fattispecie delittuosa - quale quella di atti persecutori - che sanziona in maniera congiunta (e compiuta sul versante sanzionatorio) le surriferite condotte, perimetrandone la censura alla luce di un significativo disvalore dato dalla serialità, dalla intensità e, sovente, dalla simultanea coesistenza. Dal rapporto contenente-contenuto che è dato cogliersi sul piano logico-struttrale tra il reato di atti persecutori e le condotte di molestia, minaccia, violenza privata, può agevolmente ricavarsene la loro posizione “deteriore”. Ad opinare diversamente sarebbe svilita, sul piano simbolico, l’introduzione della previsione di cui all’art. 612-bis c.p. e si disconoscerebbe autonomia concettuale a tale ultima norma. 3.2.2. Le problematica dell’interazione tra il reato di atti persecutori e la figura del reato continuato. In sede di applicazione del reato di atti persecutori si è posto il problema di quale distinguo valga ad escludere che le condotte di violenza privata, minaccia, molestia, etc… possano essere sussunte nell’alveo del reato continuato anziché essere ricondotte sotto le insegne del reato di cui all’art. 612-bis c.p. L’istituto del reato continuato costituisce una particolare figura di concorso materiale, tradizionalmente disciplinata in maniera autonoma in ragione del fatto che la pluralità di violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge appare riconducibile ad un «medesimo disegno criminoso»40. 38 Cass. pen., sez. I, 18 maggio 2007, n. 19438. Cass. pen., sez. I, 23 aprile 2004, n. 19071. 40 L’origine storica del reato continuato suole farsi risalire all’opera dei Pratici medievali, i quali avrebbero escogitato tale istituto per ovviare alle conseguenze eccessivamente rigorose cui dava luogo l’applicazione del cumulo materiale delle pene. Il fatto che i reati siano sussumibili nell’alveo di un medesimo disegno criminoso, disvelerebbe una minore riprovevolezza complessiva dell’agente e, di conseguenza, giustificherebbe un trattamento penale più mite che non nei normali casi di concorso materiale di reati. Si rammenti che la sanzione prevista per il reato continuato è la «pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo». 39 15 Si registra, sostanzialmente, una unificazione quoad poenam di una serie di reati che, pur mantenendo piena autonomia concettuale per quanto afferisce alla prescrizione e ad altri peculiari aspetti, sono inquadrabili in un processo deliberativo unitario atteso l’essere legati da un rapporto di interdipendenza funzionale rispetto al conseguimento di un unico fine41. In ossequio alle cristallizzazioni ermeneutiche dottrinali e giurisprudenziali, più azioni in senso naturalistico e giuridico sono suscettive di essere sussunte in un’azione giuridicamente unitaria se unico è lo scopo che le sorregge e se si susseguono nel tempo senza apprezzabile interruzione. Proprio valorizzando tale ultimo dato ad avviso di chi scrive deve ritenersi che sussista il reato di atti persecutori laddove le condotte di molestia o di minaccia si susseguano in un lasso di tempo relativamente ampio. Può ricordarsi che proprio la sussistenza di un arco temporale significativo, rende difficile, in sede processuale, inquadrare i reati sotto le insegne del reato continuato. Al dato temporale occorre affiancare un vaglio sostanziale circa la pervasività del prisma di comportamenti di stalking. Può ragionevolmente presumersi che il reato di atti persecutori involga un considerevole numero di episodi di molestia e di minaccia, tali da comportare un vulnus assai più pregnante di quello che potrebbe derivare dalla commissione di reati di molestia e di minaccia inquadrati nello schema del reato continuato. A tale conclusione si perviene considerando la serialità che connota gli atti persecutori ed il protrarsi nel tempo dei loro effetti sulla persona della vittima. 3.2.3. La configurabilità del tentativo nel reato di cui all’art. 612-bis c.p. Una delle questioni più discusse in relazione al reato di atti persecutori è quella relativa alla configurabilità di una fattispecie tentata. Astrattamente non sembra potersi escludere la ravvisabilità del tentativo; tuttavia, la sua portata applicativa è assai dimensionata. Dovrebbero, infatti, concretarsi atti di molestia, minaccia, etc… idonei ad ingenerare una delle condizioni alternativamente previste dall’art. 612-bis c.p., ma che tuttavia non si verificano poiché, ad esempio, dalla vittima Si tratta, tuttavia, di un assunto politico-criminale non assolutamente pacifico: non mancano autori inclini a ravvisare nella medesimezza del disegno criminoso un motivo di aggravamento piuttosto che di attenuazione della colpevolezza. 41 In una recente pronuncia della Suprema Corte si legge che le singole violazioni devono «costituire […] parte integrante di un unico programma, deliberato fin dall'inizio nelle linee essenziali: iniziale programmazione e deliberazione, generiche, di compiere una pluralità di reati, in vista del conseguimento di un unico fine prefissato sufficientemente specifico» (Cass. pen., sez. III, 20 marzo 2008, n. 12409). I Giudici hanno altresì osservato: «La prova dell’unicità dei disegno criminoso, riferendosi alla interiorità psichica dell’agente, può fondarsi anche su elementi presuntivi ed indiziari, ma, rispetto ad essi, il giudice è tenuto a fornire adeguata motivazione, essendo indispensabile la esplicitazione del ragionamento attraverso il quale egli sia pervenuto alla individuazione di dati ed aspetti, anche di tipo logico, che consentano di ricondurre le singole azioni criminose nell’alveo di una originaria ed unitaria ideazione complessiva iniziale (vedi, tra le decisioni più recenti Cass., sez. I, 11.3.2005, n. 1158)». Inoltre, la Corte di cassazione ha puntualizzato: «Gli indici dal quali l’unicità del disegno criminoso può essere desunta devono essere significativi alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Essi hanno un carattere sintomatico e non direttamente dimostrativo, ma il correlato accertamento deve assurgere ad effettiva dimostrazione, logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni (vedi Cass., sez. I, 25.10.2006, n. 35797)». 16 non vengono percepiti come molesti, o comunque non influenzano le sue dinamiche di vita e non ne compromettono lo stato di salute. Il tentativo, in altri termini, sarebbe relegato su di un piano meramente di “percezione”; spingendosi più in là si avrà il reato di atti persecutori consumato. 3.2.4. L’incidenza delle cause di non imputabilità nell’ambito del delitto di atti persecutori. Una delle problematiche più significative nell’ambito della presente disamina è quella di definire i rapporti di interazione del reato di atti persecutori con le previsioni di cui agli artt. 88 ss. del codice penale, che contemplano le cd. cause di non imputabilità. La quaestio si pone poiché sovente chi pone in essere condotte di atti persecutori presenta una compromissione, più o meno significativa, della capacità di relazionarsi coscientemente, a causa di fattori patologici o, più in generale, esperenziali, di varia natura. Posta tale premessa, sembra opportuno richiamare gli stilemi definitori della categoria penalistica delle cd. cause di non punibilità. La volontà umana nel suo interagire con la realtà fenomenica è soggetta a molteplici condizionamenti. In questo contesto potenzialmente “condizionante” l’agire dell’uomo può essere non più libero bensì “indotto”, in una misura che varia in ragione dell’incisività delle sollecitazioni dell’ambiente esterno. Il presente dato empirico impone al giurista di vagliare se ed in quale misura una data condotta sia rispondente ad una scelta consapevole. Il sistema penale italiano individua nella capacità di autodeterminarsi una condizione insopprimibile di civiltà giuridica affinchè ad un soggetto possa essere comminata una sanzione. Questo status di autocontrollo è tradizionalmente espresso con il termine “imputabilità”, che attesta una sorta di “idoneità alla pena”. Il referente normativo della presente tematica è rappresentato dall’art. 85 c.p. che recita: «Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento in cui l’ha commesso, non era imputabile». La suddetta norma, poi, specifica: «È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere», vale a dire l’attitudine ad orientarsi nel mondo esterno secondo una percezione non distorta della realtà, unitamente alla capacità di scegliere in modo consapevole tra motivi antagonistici, tenendo in debito conto la possibile incidenza delle proprie condotte sulle sfere giuridiche altrui. Alla luce di quanto detto, può dirsi, dunque, che l’imputabilità è il “presupposto” della pena. Nel capo I del titolo IV del codice penale sono disciplinate le cause che escludono o diminuiscono l’imputabilità. Queste possono essere distinte nelle seguenti categorie: - condizioni di natura fisiologica o parafisiologica dipendenti rispettivamente dalla minore età [v. artt. 97 e 98] e dal sordomutismo [v. art. 96]; - condizioni di natura psicologica dipendenti da infermità mentale [v. artt. 88 e 89]; - condizioni di natura tossica derivanti da abuso di alcool o di sostanze stupefacenti [v. artt. 91, 93, 95]. Prescindendo, per ragioni di economia espositiva, dalla trattazione dell’apparato argomentativo che gravita intorno alle singole cause, qui si consideri che ai fini del presente discorso occorre prendere in considerazione quelle che la prassi giudiziaria ha evidenziato potenzialmente valorizzabili nell’ambito delle dinamiche dello stalking. 17 Le condotte persecutorie sovente si innestano in un equilibrio psichico alterato dall’infermità mentale, dall’abuso di sostanze stupefacenti o di alcool. L’infermità mentale, avuto riguardo al combinato disposto degli articoli 88 e 89 c.p., può escludere o ridurre la capacità di intendere o di volere, a seconda di quanto comprometta l’agire consapevole, distinguendosi al proposito tra vizio totale e parziale di mente. Per quanto riguarda il trattamento penale può ricordarsi che: - il vizio totale di mente comporta il proscioglimento dell’imputato, al quale di regola si applica la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario; - il vizio parziale di mente, invece, importa solamente una diminuzione della pena, a cui normalmente si aggiunge la misura di sicurezza dell’assegnazione ad una casa di cura e custodia, che si esegue una volta scontata la pena. Ciò detto, è bene precisare che a mente dell’art. 220 c.p. il giudice, tenuto conto delle particolari condizioni di infermità psichica del condannato, può disporre che il ricovero sia effettuato prima che sia iniziata od abbia termine l’esecuzione della pena. Lo schema testè prospettato viene trasposto dal legislatore nella gestione processuale dello stato di incapacità legato all’abuso di sostanze stupefacenti od alcool, purchè detta condizione sia l’effetto di caso fortuito o forza maggiore, dunque non sia volontariamente o colposamente indotta, non risulti preordinata alla commissione di un reato e non si caratterizzi come uno stato in cui si versi abitualmente. In tali casi il legislatore dispone che occorra vagliare quanto risulti compromessa la capacità di determinarsi coscientemente, per poi, in esito a tale verifica, determinare il trattamento sanzionatorio similmente a quanto sopra descritto circa la causa di non imputabilità dell’infermità mentale. Ciò posto, con una significativa frequenza gli episodi di stalking si ricollegano a peculiari avvenimenti che destabilizzano un equilibrio psichico, magari già precario, quale ad esempio il termine di una relazione sentimentale. Il presente discorso mette in esponente i cd. stati emotivi e passionali. Stato emotivo è quello che importa un turbamento improvviso e transeunte nella psiche del soggetto; stato passionale è uno stato affettivo intenso e perdurante, come certe forme di amore, di gelosia, di odio, etc… Giusta la previsione di cui all’art. 90 c.p., gli stati emotivi e passionali non escludono né tampoco diminuiscono l’imputabilità. La rigidità di tale disposizione rinviene la propria ratio nella preoccupazione politico-criminale di evitare di dichiarare incapace di intendere e di volere ogni autore di delitto «impulsivo» e stimolare, così, il dominio della volontà sulle proprie emozioni e passioni. Accedendo alle acquisizioni della dottrina più recente e della giurisprudenza maggioritaria ci si avvede che anche uno stato emotivo molto intenso (es. shock, panico, esaltazione, etc…) può provocare un turbamento psichico tale da incidere sulla capacità di autodeterminazione responsabile. A tale conclusione si perviene considerando che l’affettività ha una importanza fondamentale, atteso che le passioni e le emozioni muovono gran parte delle determinazioni umane, orientando e talora trasformando il contenuto del pensiero. 18 Alla luce di quanto detto deve riconoscersi che anche gli stati emotivi e passionali possano avere una qualche incidenza, più o meno significativa, sul trattamento penale dello stalker. Acciocchè possa valorizzarsi, nell’ottica di escludere o mitigare la capacità di intendere o di volere, uno stato emotivo o passionale, occorrerà verificare: a) che lo stato di coinvolgimento emozionale si innesti nel quadro di una personalità per altro verso già debole; b) che lo stato emotivo o passionale si presenti contiguo, se non perfettamente sovrapponibile, ad una infermità - sia pure transitoria (ad es. squassi emotivi, raptus, etc…) - e pertanto escluda o diminuisca l’imputabilità ai sensi degli artt. 88 e 89 c.p. Gli stati emotivi non costituenti manifestazione di uno stato patologico, nonostante il loro interferire con la capacità di intendere e di volere, non sono riconducibili all’infermità e, perciò, non incidono sull’imputabilità. Conclusivamente può dirsi che spesso lo stalker potrebbe presentare degli elementi per cui si è in presenza di una vera e propria infermità mentale; di detta circostanza occorrerà tenerne conto in sede di determinazione del trattamento penale. 4. La casistica giurisprudenziale in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 612-bis c.p. Attesa la formulazione generica della norma di cui all’art. 612-bis c.p. si pone la necessità di addivenire ad una piattaforma disquisitiva universalmente condivisa alla cui luce armonizzare, in punto di applicazione, il reato di cui all’art. 612-bis c.p. con imprescindibili referenti ordinamentali quali il principio di sufficiente determinatezza e quello di offensività. Sia in ambito dottrinale sia in quello giurisprudenziale si è registrato un acceso dibattito circa la sussumibilità, nella previsione di cui all’art. 612-bis c.p., di condotte realizzate in epoca anteriore all’entrata in vigore di detta disposizione (avvenuta il 24 febbraio 2009). Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, sostenuto da alcuni giudici di merito, erano da ricondursi entro l’alveo applicativo dell’art. 612-bis c.p. condotte “persecutorie” realizzate sia prima che dopo l’introduzione della nuova figura di reato, non configurandosi in ipotesi di tal fatta alcuna violazione del principio di irretroattività, atteso che la nuova fattispecie, in quanto integrante un’ipotesi di reato abituale, era da ritenersi legittimamente applicabile - pur se recante un trattamento sanzionatorio più sfavorevole se parte della condotta fosse stata posta in essere in epoca successiva all’entrata in vigore della norma42. La dottrina prevalente ha opinato nel senso che non potessero essere valorizzate condotte poste in essere in epoca antecedente all’entrata in vigore della norma. Detto 42 Trib. Nola, 28 gennaio 2010; Trib. Milano, 17 aprile 2009, (in Corr. merito, 2009, n. 6, pp. 650 ss.): «Il reato stalking dopo l’entrata in vigore del dl 24.2.2009 qualora anche un solo atto di minaccia o di molestia sia compiuto dopo quel momento, e sempre che vi siano tutti gli elementi costitutivi previsti, anche grazie ad atti precedenti all’ultimo, ad essi legato da un vincolo di abitualità, ne consegue che il nuovo reato può applicarsi in relazione a condotte poste in essere reiteratamente in parte prima in parte dopo la sua introduzione»). 19 indirizzo ermeneutico è stato seguito anche da alcune pronunce di merito intervenute sulla nuova fattispecie di stalking43. Altra problematica palesatasi in sede di applicazione del reato è stata quella relativa al numero di comportamenti necessari ad integrare la condotta di atti persecutori. Il mancato riferimento a detto aspetto nella lettera dell’art. 612-bis c.p. ha palesato dubbi di compatibilità con il principio di sufficiente determinatezza, per cui si impone al legislatore di predisporre il dato letterale in maniera che siano individuabili gli elementi fondanti l’illiceità penale o, comunque, la contrarietà all’ordinamento di una data fattispecie comportamentale. La Corte di cassazione, similmente alle esperienze estere (v. infra), in una decisione ha stabilito che finanche due condotte sono sufficienti ad integrare il reato di cui all’art. 612bis c.p.44 Soluzione, questa, condivisibile in quanto anche due singoli episodi molesti possono condurre alla verificazione quantomeno delle prime due delle tre situazioni alternativamente contemplate dall’art. 612-bis c.p. La stessa Suprema Corte in un’altra pronuncia ha osservato che nell’ambito del reato di atti persecutori possono essere valorizzate anche le iniziative gravemente diffamatorie, assunte presso i datori di lavoro della vittima al fine di indurre questi ultimi al licenziamento45. I Giudici di Piazza Cavour hanno anche ritenuto che il delitto di atti persecutori possa attuarsi mediante il danneggiamento di beni di proprietà della persona offesa46. In un altro decisum i Giudici di legittimità hanno osservato che integra il reato di atti persecutori la condotta di colui il quale, in seguito alla cessazione di una relazione sentimentale, invii alla propria ex compagna, tramite il social-network Facebook, messaggi, filmati e fotografie che li ritraggono durante i loro rapporti sessuali47. Nel caso sottoposto al vaglio della Corte uno di tali filmati era stato inviato anche al nuovo compagno della donna. Ciò posto, altra significativa pronuncia della Suprema Corte è quella in cui il Collegio di legittimità ha confermato un provvedimento con cui erano stati disposti gli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto, il quale si era appostato più volte nei pressi dall’abitazione di una dodicenne e dell’istituto scolastico da questa frequentato, guardandola insistentemente, rivolgendole alcuni apprezzamenti e, in un’occasione, invitandola a salire sulla propria autovettura. Questo comportamento aveva turbato molto la minorenne, tanto da indurla a manifestare ai propri genitori l’intenzione di non volersi più recare a scuola. Secondo la Corte nei suesposti comportamenti era dato ravvisarsi gli estremi del reato di stalking48. Tanto detto, può osservarsi che il reato di atti persecutori presenta una possibile connessione con la tematica cd. dell’abuso del diritto. Con tale locuzione, portato delle 43 In una pronuncia giurisprudenziale si legge che la norma “potrà applicarsi esclusivamente agli episodi commessi dopo la sua entrata in vigore, a meno di non voler intaccare il fondamentale principio dell’irretroattività della norma penale (art. 2 c.p.)” (Trib. Reggio Emilia, 12 marzo 2009). 44 Cass. pen., sez. V, 21 gennaio 2010, n. 6417. 45 Cass. pen., sez. V, 21 settembre 2010, n. 34015. 46 Cass. pen., sez. V, 7 marzo 2011, n. 8832. 47 Cass. pen., sez. VI, 30 agosto 2010, n. 32404. 48 Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2010, n. 11945. 20 recenti acquisizioni giurisprudenziali, si intende la necessità di esercitare un diritto con modalità che non siano lesive della posizione di altro soggetto, benché questi sia tenuto a “subire” l’esercizio di quel diritto49. Detta costruzione ermeneutica si impone in ossequio al canone della buona fede ed al dovere di solidarietà ex art. 2 Cost., imprescindibili referenti ordinamentali che accedono alle dinamiche relazionali quale ontologico corollario. Ai fini che interessano può dirsi che il Tribunale di Varese in un recente decisum ha stigmatizzato il comportamento di un soggetto che, ad avviso dei Giudici, integrava “abuso” del processo50. Nella pronuncia si legge: «L’abuso del processo causa un danno indiretto all’erario (per l’allungamento del tempo generale nella trattazione dei processi e, di conseguenza, l’insorgenza dell’obbligo al versamento dell’indennizzo ex lege 89/2001) e un danno diretto al litigante (per il ritardo nell’accertamento della verità) e va dunque contrastato (v. Trib. Varese, sez. Luino, ord. 23 gennaio 2010 in Foro Italiano, 2010, 7–8, I, 2229)». Proseguono, poi, i Giudici: «E’ […] certo che le liti temerarie contribuiscono ad un danno all’intera collettività, poiché il carico del lavoro giudiziario rallenta inevitabilmente la trattazione di tutti i procedimenti sul Ruolo con riflessi negativi di impatto elevatissimo (si pensi ai costi ingenti che lo Stato versa per i ritardi ex lege 89/2001)». Nell’ambito del presente discorso può dirsi che ad avviso dello scrivente finanche una condotta volta ad arrecare nocumento - attraverso l’instaurazione di giudizi non sorretti da una fondata pretesa, o rendendo l’iter di questi più complesso senza avere in tal senso alcun interesse giuridicamente apprezzabile - può integrare gli estremi del reato di atti persecutori. 5. L’ammonimento all’autore della condotta di atti persecutori. Una delle previsioni più significative, in un’ottica di efficace presidio della posizione della vittima di stalking, è quella relativa alla possibilità di richiedere, ex art. 8 del d.l. n. 11/2009, convertito dalla legge n. 38/2009, una sorta di diffida al questore nei confronti di colui che ha posto in essere dei comportamenti persecutori. Risulta di meridiana evidenza la finalità deterrente di tale previsione, mercè la quale si mira a bloccare quell’escalation verso condotte più violente, che la prassi evidenzia essere assai frequenti nell’ambito del fenomeno dello stalking. In relazione al presente discorso può richiamarsi quanto si legge in una recente decisione del T.A.R. Lombardia: «La finalità dell’ammonimento è di dissuadere il persecutore dal persistere nel suo atteggiamento in una fase prodromica in cui, pur non attingendo la sua condotta la soglia della rilevanza penale, tuttavia, già si intravedono elementi di rischio di una possibile escalation criminale; ovvero ancora, per dare alla vittima, familiare del persecutore o comunque ad egli legata da vincolo affettivo, restia ad una denuncia penale per motivi di solidarietà ed affetto, la possibilità di richiamare l’aggressore ad una condotta non lesiva»51. 49 Cass. civ., S.U., 15 novembre 2007, n. 23726; Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106; Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2010, n. 13208. 50 Trib. Varese, 22 gennaio 2011. 51 T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639. 21 La Questura di Napoli, avuto riguardo al periodo 13/02/2009-30/03/2010, ha emesso 83 provvedimenti di ammonimento, cui hanno fatto seguito 26 denunce. Alla luce di tale dato può concludersi l’incidenza deterrente dell’ammonimento nel 70% circa dei casi52. Alla predetta finalità inibente se ne aggiunge una di tipo meramente pratico: in attesa di reperire o mettere insieme materiale utile a sorreggere la presentazione della querela, il soggetto destinatario delle attenzioni moleste può comunque attivarsi dinanzi all’Autorità di pubblica sicurezza. La richiesta, formulata innanzi all’Autorità di pubblica sicurezza, è trasmessa senza ritardo al questore che, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ritenendo fondata l’istanza ammonisce oralmente il soggetto nei confronti del quale è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme ai dettami della legge. Sul vaglio compiuto dal questore, cui è demandata anche la valutazione circa l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, illumina quella giurisprudenza per la quale questi «deve soltanto apprezzare discrezionalmente, sulla base dei fatti esposti, degli elementi probatori forniti dal richiedente e delle altre notizie che ritenga di acquisire dagli organi investigativi e dall’audizione delle persone informate sui fatti, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice»53. Copia del processo verbale all’uopo redatto è rilasciata al richiedente l’ammonimento ed al soggetto ammonito. A tenore dei commi 3 e 4 dell’art. 8 laddove il soggetto ammonito continui a molestare la vittima, si procederà d’ufficio nei suoi confronti e la pena sarà aumentata di almeno un terzo. In ambito dottrinario si è posta in rilievo l’assenza di sufficienti garanzie per l’ammonito, atteso che il questore è facultato a procedere all’ammonimento anche dopo la semplice assunzione di sommarie informazioni. Taluna dottrina evidenzia, tuttavia, la necessità di considerare «che l’entità della compressione della libertà dell’ammonito a seguito dell’ammonimento appare decisamente risibile, nel senso che questi viene semplicemente invitato, come detto, a tenere una condotta «conforme alla legge». Per questo motivo le critiche appaiono infondate»54. Prosegue la stessa dottrina: «D’altra parte […] l’ammonimento - utilizzato anche in altre giurisdizioni sotto il nome di injunction - è misura assai utile nell’ambito dello stalking, perché mira a bloccare quell’escalation verso forme più violente di manifestazione del reato che si vogliono a tutti i costi evitare». Venendo al versante giurisprudenziale, il T.A.R. Lombardia ha osservato: «il ben diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustificano il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi»55. 52 R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 48. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639. 54 A. CADOPPI, Decreto anti-violenze, Efficace la misura dell’ammonimento del questore, cit. 55 T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 28 giugno 2010, n. 2639. 53 22 Ai fini della diffida non risulta necessaria la prova del reato, potendosi valorizzare «elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura». Osservano i Giudici, che, «Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti lo stalking, per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteri-doveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma “se necessario informazioni dagli organi investigativi” e senta “le persone informate dei fatti”, al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza (TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. IV – sentenza 29 aprile 2010 n. 1289)». In ambito dottrinario si è posta la questione relativa alla valenza da assegnare agli atti che si inseriscono nella valutazione compiuta ai fini dell’ammonimento (informazioni, memorie difensive, eventuali dichiarazioni della persona ammonita). Deve ritenersi che questi possano essere utilizzati unicamente nella fase delle indagini preliminari, legittimando eventualmente l’adozione di una misura cautelare e confluendo nel fascicolo del P.M. Detta conclusione è condivisa da quella dottrina la quale osserva come non possano valere in sede dibattimentale atteso l’essere prive di contradditorio56. Il reato di atti persecutori rientra tra quelli per i quali è consentito procedere ad intercettazione telefonica ed è possibile l’adozione di misure cautelari. In merito a queste ultime può ricordarsi che per effetto dell’art. 9, comma 1, lett. a) del d.l. n. 11/2009, convertito dalla legge n. 38/2009, nel codice di procedura penale è stato introdotto l’art. 282-ter, rubricato “Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”. Il primo comma della norma recita: «Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa». Il secondo comma dispone che «Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone». A termini del terzo comma il giudice può vietare all’imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui sopra. A tenore dell’ultimo comma: «Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni». 6. Il risarcimento del danno da stalking. 56 R. MARINO, Il reato di atti persecutori, cit., p. 46. 23 Il reato di atti persecutori è suscettivo di significative implicazioni sul versante civilistico, legittimando una richiesta risarcitoria a titolo di ristoro dei danni subiti a cagione delle condotte moleste57. In particolare, in presenza del reato contemplato dall’art. 612-bis c.p. potrà configurarsi innanzitutto un danno patrimoniale, laddove, ad esempio, il soggetto vittima delle “attenzioni moleste” abbia dovuto sostenere delle spese per tutelare la propria persona (es. installazione di sistemi di sicurezza, assunzione di guardie del corpo, cambiamento della scheda sim, mutamento dell’utenza telefonica di rete fissa, etc…). Quanto al profilo di cui si discorre si considerino, inoltre, eventuali spese sostenute per riparare oggetti di proprietà che siano stati eventualmente danneggiati (automobili od altro mezzo di locomozione, etc…). Ulteriori esborsi economici potranno essere correlati al ricorso a consulenze legali per vagliare le misure di tutela da intraprendere, od alla necessità, al fine di fronteggiare le conseguenze dello stalking, di seguire un percorso riabilitativo che implichi l’assunzione di farmaci o la sottoposizione a sedute di psicoterapia. Ciò premesso, è la fattispecie del danno non patrimoniale che spiega maggiore valorizzabilità nell’ambito del reato di atti persecutori. Si tratta di «quella voce di danno che attiene alla lesione di aspetti variamente riferibili alla persona umana nella sua dimensione socio-relazionale ed alla sua integrità psicofisica»58. Sul versante del danno non patrimoniale la condotta di atti persecutori potrà legittimare in primo luogo il risarcimento del danno biologico, intendendosi con tale locuzione una «lesione psicofisica, empiricamente accertabile in quanto avente substrato organico, conseguenza diretta di un dato evento fenomenico»59. Al proposito può ricordarsi che sovente nelle vittime di stalking è stato riscontrato il cd. disturbo post-traumatico da stress. Il termine indica la risposta di un soggetto ad un evento critico abnorme (incidenti stradali, sismi, incendi, nubifragi, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di cui si è stati testimoni, attentati, azioni belliche, etc...). Lungi dal caratterizzarsi come temporanea, detta reazione dispiega i propri effetti per un arco temporale significativo, richiedendo la sottoposizione a cicli di psicoterapia di tipo psicotraumatologico, unitamente alla somministrazione di una terapia farmacologica. Venendo al versante esistenziale, non di rado la vittima di stalking è costretta a modificare significativamente le proprie abitudini di vita (in un certo numero di casi è costretta a cambiare lavoro e finanche l’abitazione di residenza); evenienza, questa, nella quale potrà invocarsi il ristoro del cd. danno esistenziale. Questo indica «ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto inducendolo a scelte di vita diverse, quanto all’espressione e alla realizzazione 57 L. LEVITA, I danni da stalking, in AA. VV., Il risarcimento del danno in famiglia – Casistica e rimedi (a cura di L. D’Apollo), Giuffrè, 2010. 58 V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, in AA. VV., Trattato dei nuovi danni (diretto da P. Cendon), vol. I, Cedam, 2011, p. 101. 59 V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, cit., pp. 101-102. 24 della sua personalità nel mondo esterno, da quelle che avrebbe compiuto ove non si fosse verificato il fatto dannoso»60. In ottica definitoria spiega significativa valenza la decisione del Tribunale di Napoli in cui il danno esistenziale viene definito come quella «lesione che coinvolge il fare areddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per l’espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno»61. I cambiamenti cui è costretta la vittima di stalking importano uno snaturamento progressivo della sua personalità, legittimando il risarcimento del cd. danno morale, vale a dire quel vulnus transeunte riferibile al tono dell’umore e, più in generale, alla vitalità di una data persona. L’autonoma valorizzabilità delle voci di danno biologico, morale ed esistenziale, deve ritenersi sia rimasta impregiudicata a seguito della sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 26972/2008, nella quale i Supremi Giudici hanno proceduto ad una reductio ad unum delle categorie di danni sopra tratteggiati. La decisione della Suprema Corte «disvela una portata più declamatoria che effettiva perché, pur essendo ricondotti, in ottica unificatrice, sotto le insegne del danno non patrimoniale, risulta di palmare evidenza che i tre profili (biologico, morale ed esistenziale) nella definizione del quantum risarcitorio mantengono un’autonomia se non formale quanto meno sostanziale. Una valenza, questa, che deriva dal fatto che il danno non patrimoniale è ontologicamente composito»62. In chiusura del presente paragrafo può dirsi che i tre profili in cui si articola il danno non patrimoniale, «pur denotando evidenti punti di contatto, se sovrapposti non sono perfettamente coincidenti»63. 7. Profili di diritto comparato. Il fenomeno dello stalking è stato variamente attenzionato sul piano legislativo nell’ambito degli ordinamenti esteri. La prima normativa in materia fu introdotta nel codice penale della California ed in particolare nella section 646.9. In Canada il 1° agosto del 1993 è stato inserito nel criminal code il reato di molestia criminale (criminal harassment), al fine di un efficace contrasto al fenomeno della violenza contro le donne. L’articolo 264 censura la condotta di chi intenzionalmente molesta un soggetto (attraverso pedinamenti, ricerche di contatto), ingenerando in questi un timore per la propria sicurezza personale ovvero per quella di soggetti terzi, o pone in essere condotte di minaccia anche all’indirizzo dei familiari. In relazione al reato di criminal harassment è prevista la pena della reclusione fino ad un massimo di 10 anni. In Danimarca il codice penale, già all’epoca dell’entrata in vigore avvenuta nel 1930, conteneva una previsione riferibile allo stalking, emendata una prima volta nel 1964 ed una seconda nel 2004. 60 Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2546. Trib. Napoli, 4 maggio 2007. 62 V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, cit., p. 104. 63 V. IANNI, Danno patrimoniale e danno non patrimoniale, cit., p. 104. 61 25 In particolare, il codice fa riferimento alla violazione, attraverso la reiterazione di una serie di condotte moleste, della quiete di una persona. È prevista la possibilità di un ordine restrittivo e, sul versante sanzionatorio, è contemplata la pena della reclusione fino ad un massimo di 2 anni. Il Regno Unito è stato il primo Stato europeo in cui è stata varata una normativa in tema di stalking. Il Protection from Harrasment Act del 1997 contempla una figura di reato corrispondente a quella dell’art. 612-bis c.p. A mente della normativa in commento: “una persona non deve attuare una condotta che sa o che dovrebbe sapere essere causa di molestia ad un’altra. Se una persona ragionevole in possesso delle medesime informazioni può concludere che la condotta dell’imputato corrisponde a molestia, si può ritenere che il crimine sia stato commesso. Occorre inoltre dimostrare che l’imputato sapeva o avrebbe dovuto sapere che la sua condotta avrebbe causato timore di violenza nella vittima”. Più in particolare, nell’ordinamento del Regno Unito sono previste due diverse tipologie di comportamento: la molestia vera e propria - denominata “harassment” - ed il provocare in altri la paura di subire azioni violente, definito “putting people in fear of violence”. Lo stalking è punito con la reclusione fino a sei mesi o con una multa fino a 5.000 Sterline (ca. 7.400 euro). Venendo all’ordinamento penale belga, nel 1998 nel codice penale è stato inserito l’art. 442-bis che recita: «Chiunque abbia molestato una persona, mentre era a conoscenza o avrebbe dovuto comunque sapere che il suo comportamento era tale da violare la tranquillità di un’altra persona, sarà punito con la reclusione da 15 giorni a due anni e con una multa da 50 a 300 euro o con una di queste sanzioni Il comportamento descritto in questa Norma può essere punito solo su denuncia della persona molestata». La norma presenta una definizione molto generica del fenomeno dello stalking, denominato “belaging”, il che fornisce ai giudici un elevato potere discrezionale in sede applicativa. In Irlanda dal 1997 è in vigore il The Non-Fatal Offences Against Person Act, che mira a coprire normativamente tutte le forme di molestie. Affinchè possa perseguirsi una persona sono necessarie due o più circostanze di intrusioni indesiderate. In ottica sanzionatoria, fermo restando che l’Autorità giudiziaria può emettere un ordine restrittivo, in relazione alla fattispecie di cui si discorre è prevista la pena della reclusione fino a 7 anni ed il pagamento di un’ammenda. Il 12 luglio del 2000, grazie ad una legge denominata “Anti-stalkingswet” o “Wet Belaging”, nel codice penale olandese è stato introdotto l’art 285b (“Wetboek van Strafrecht”), a termini del quale: «Chi illegittimamente, volontariamente e sistematicamente viola la vita privata di una persona con l’intenzione di costringere la stessa a fare, non fare o tollerare qualcosa, o a spaventarla , è punito, se colpevole di belaging, con la reclusione sino ad un massimo di tre anni o ad una sanzione di quarta categoria Il soggetto è perseguito solo a seguito di denuncia da parte della vittima». Lo stalking (o waylaying) viene definito come la violazione della privacy di una persona ed il suscitare in essa uno stato di paura. Detta condotta, fatto salvo il potere dell’Autorità giudiziaria di emettere un ordine restrittivo, viene punita con la reclusione fino ad un massimo di 3 anni o con un’ammenda. 26 L’intervento di tipo penale rappresenta, tuttavia, una sorta extrema ratio, atteso che i soggetti coinvolti nella vicenda sono tenuti preliminarmente a cercare di risolvere la situazione attraverso una conciliazione, con l’aiuto ad esempio di un mediatore. Successivamente, laddove questo primo tentativo non abbia a sortire effetti, la vittima è legittimata ad attivarsi in sede civile e, solo nel caso in cui anche tale soluzione si riveli inefficace, potrebbe darsi corso ad un procedimento penale. Nell’ordinamento penale maltese due articoli del codice penale – introdotti nel 2005 – sono riferibili al fenomeno dello stalking. La definizione della fattispecie include il suscitare nella vittima uno stato di tensione e la paura del compimento di atti di violenza nei confronti della stessa ovvero di condotte di danneggiamento dei suoi beni. Quanto al versante sanzionatorio, è prevista la comminazione di una pena fino a sei mesi di reclusione ed un’ammenda, così come ordini di protezione specifici. In Austria dal 2006 è entrata in vigore una normativa in tema di stalking (sezione 107 del codice penale). Quanto alla condotta incriminata, sono valorizzabili le ricerche di contatto, anche attraverso terze persone, così come tutte le forme di violazione della privacy della vittima, compresa l’ordinazione di beni o servizi utilizzando i suoi dati personali. Lo stalking è punibile con la pena della reclusione fino ad un anno e sono previsti anche ordini di restrizione. Un dato significativo è quello per cui durante il procedimento penale la vittima ha diritto ad un supporto legale e psicologico; può ricordarsi, inoltre, che sono contemplati corsi di formazione professionale specifici. In Svizzera in data 1 luglio 2007 è entrata in vigore una normativa che ha introdotto l’art. 28b nel codice civile, volto alla protezione delle vittime di violenza, minaccia od insidia. In base a tale articolo la persona molestata può richiedere al giudice di vietare allo stalker di avvicinarsi ai luoghi da essa frequentati e di porre in essere qualsivoglia forma di contatto. La prescrizione di tali divieti avviene attraverso provvedimenti giudiziari assimilabili a quelli di cui all’art. 700 c.p.c. In caso di inosservanza di quanto in essi preveduto il giudice può comminare all’autore delle molestie la pena prevista dall’art. 292 del codice penale. Quanto alla Germania, al culmine di un dibattito iniziato alla fine del secolo scorso, il legislatore tedesco ha proceduto ad introdurre nel codice penale teutonico - con la legge di riforma penale (Strafänderun-gsgesetz) del 22 marzo 2007 - una nuova fattispecie incriminatrice precipuamente rivolta alla repressione penale delle condotte di stalking. Segnatamente, si tratta del reato contemplato dal § 238 dello Strafgesetzbuch, rubricato “Nachstellung” (letteralmente “persecuzione”), inserito nel 18 Abschnitt della codificazione tedesca, dedicato ai reati contro la libertà personale (“Straftaten gegen die persönliche Freiheit”). Detta norma censura la condotta di chi: - perseguita una persona cercando insistentemente la sua vicinanza; - tenta di stabilire con essa un contatto tramite i mezzi di comunicazione o l’ausilio di soggetti terzi; - ordina merci o servizi utilizzandone abusivamente i dati personali oppure induce un terzo a mettersi in contatto con essa; 27 - attenta, con lesioni corporali, all’incolumità, alla salute ed alla libertà della vittima o di una persona ad essa vicina. È prevista, infine, la sanzionabilità di chi compia azioni similari a quelle sopra descritte, che arrechino grave pregiudizio alle normali dinamiche di vita di una persona64. La dottrina tedesca ha sollevato delle perplessità in ordine alla compatibilità della presente norma, laddove reca la punibilità di condotte “similari” a quelle analiticamente descritte, con il principio di determinatezza (Bestimmtheitsgrundsatz) di cui all’art. 103, secondo comma della Carta costituzionale tedesca (Grundgesetz). Ciò posto, quello previsto dalla disposizione in commento è un delitto di evento (erfolgsdelikt), in cui quest’ultimo è dato dal “grave danneggiamento della qualità della vita della persona offesa”; detto evento presenta una latitudine descrittiva similare a quella che si rinviene nell’art. 612-bis del codice penale italiano. In Slovenia non esiste una norma che censuri in maniera puntuale lo stalking; tuttavia, al fine di fornire copertura normativa a taluni aspetti che tradizionalmente caratterizzano la condotta persecutoria, è possibile valorizzare talune previsioni legislative. In Portogallo non vi è una legge specifica in tema di stalking, ma la proposta di un nuovo codice penale contiene alcune misure che posso essere applicate anche ai casi di stalking. Nell’ordinamento penale spagnolo, benché non sia prevista una norma specifica che sanzioni lo stalking, nel código penal sono contemplate due fattispecie a cui ricorrere onde perseguirlo65. Nei casi meno gravi lo stalking viene considerato alla stregua di una condotta diretta ad insultare, minacciare, umiliare una persona e, pertanto, viene ricondotto nell’ambito dell’art. 620, comma 2 del codice penale, che prevede in proposito una contravvenzione. Tale fattispecie, tuttavia, è applicabile solamente quando tra autore e vittima non sussiste una relazione sentimentale od un rapporto professionale; inoltre, sono esclusi gli approcci di tipo sessuale. Per tali ipotesi, infatti, il codice penale prevede specifiche fattispecie di reato: la violenza domestica laddove vi sia un legame affettivo tra i due soggetti, il mobbing nel caso in cui ci si trovi in un contesto lavorativo, la molestia sessuale nell’ipotesi in cui l’agere dell’autore sia sorretto da motivazioni di tipo sessuale. Nei casi di stalking più gravi il giudice è solito ricorrere all’art. 173 del codice penale, contenuto nel titolo VII, rubricato “Torture ed altre offese contro l’integrità morale”. Tale norma viene frequentemente richiamata in relazione a reiterati episodi di violenza domestica, molestia o minaccia, in grado di arrecare un significativo vulnus alla vittima. Vincenzo Ianni (Reggio Calabria) 64 «Chiunque perseguita ostinatamente senza autorizzazione taluno, in modo tale da: 1. invadere la sua intimità spaziale, 2.tentare di contattarlo avvalendosi di mezzi di telecomunicazione o comunicazione o di terze persone, 3. rinunciare ad ordinazioni di merci o servizi a nome della persona offesa o indurre terze persone a interrompere i propri contatti con la stessa, mediante l’utilizzazione abusiva dei dati personali di quest’ultima, 4. minacciare la persona offesa o una persona a questa vicina di un danno alla vita, all’integrità fisica, alla salute o alla libertà, o 5. porre in essere una condotta analoga a quelle di cui ai nr. 1-4, e con tali condotte danneggia gravemente la qualità della vita della persona offesa, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la pena pecuniaria». 65 V. C. VILLACAMPA ESTIARTE, Stalking y derecho penal: relevancia juridico-penal de una nueva forma de acoso, Iustel, 2009. 28 *** PREMIO GIURIDICO NAPOLI CULTURAL CLASSIC CONCORSO indetto dall’ASSOCIAZIONE CULTURALE “NAPOLI CULTURAL CLASSIC” con i Patrocini - Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Parthenope” - Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola - IUS SIT - www.iussit.eu – (rivista on-line di Informazione Giuridica) III edizione (anno 2011). __________( )__________ Autore dell’elaborato: VINCENZO IANNI. - Categoria di gara prescelta: sezione “B” - diritto penale. - Titolo dell’elaborato: “Ubi tu ibi ego”: il reato di atti persecutori nei suoi aspetti fenomenici e profili giuridici. - Numero di pagine: 26. - Note: a piè pagina. 29
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