News letter - Il Quinto Cielo
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Il Quinto Cielo News letter Aprile 2013 – N°7 Edward Hopper (e il realismo americano) Da: www.wikipedia.it Pittore statunitense (1882 – 1967) famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea. Formatosi a New York, dopo lunghi soggiorni in Europa, tornò stabilmente negli Stati Uniti, che non lasciò più. Hopper abbandonò le nostalgie europee che lo avevano influenzato sino a quel momento, ed iniziò ad elaborare soggetti legati alla vita quotidiana americana, modellando il suo stile alla vita di tutti i giorni. Tra i soggetti che prediligeva vi erano soprattutto immagini urbane di New York e le scogliere e spiagge del vicino New England. Nel 1913 si tenne a New York l'Armory Show, la prima mostra che introduceva al pubblico degli Stati Uniti la pittura delle avanguardie europee. Hopper partecipò a questa mostra con il suo dipinto Sailing, che non incontrò tuttavia il favore del pubblico. Edward Hopper, “Summer Interior”, olio su tela, 1909, Dal 1915 The Whitney Museum of American Art, New York abbandon ò temporaneamente la pittura per perfezionarsi nella tecnica dell'incisione (di cui poi dirà che gli era stata utile per "cristallizzare" il suo stile pittorico), eseguendo puntesecche e acqueforti, grazie alle quali ottenne numerosi premi e riconoscimenti, anche dalla prestigiosa National Academy of Design. Nel 1918 fu uno dei primi membri del Whitney Studio Club, il più vitale centro per gli artisti indipendenti Edward Hopper, “Cafè with two Women (Chop Suey)”, 1929, Collection of Barney A. Ebsworth americani dell'epoca. Proprio al Whitney Studio nel 1920 tenne la sua prima personale, dove fra gli altri lavori venne esposto Soir bleu. Il titolo del dipinto si ispira al primo verso di Sensation, poesia di Arthur Rimbaud che parla dei piaceri del vagabondaggio. Questo lavoro segna in qualche modo l'addio all'atmosfera felice che aveva segnato i suoi soggiorni Edward Hopper, “Nighthawks”, olio su tela, 1942, Art francesi e all'Europa che lo aveva fino ad allora Institute, Chicago ispirato. Fortemente criticata e perciò disconosciuta dall'autore, la tela, arrotolata e dimenticata, fu ritrovata nel suo studio solo dopo la sua morte ed è stata 35 Il Quinto Cielo News letter Aprile 2013 – N°7 oggetto di un'attenta rivalutazione alla luce delle successive esperienze dell'artista e delle sue influenze europee. Nel 1924 alcuni suoi acquerelli furono esposti a Gloucester nella galleria di Frank Rehn. La fortuna critica e il successo di pubblico diedero una significativa svolta alla carriera di Hopper, che finora si era guadagnato da vivere come illustratore di riviste. In quello stesso anno Hopper sposò Josephine Verstille Nivison, anch'ella ex-studente di Robert Henri alla New York School of Art. Josephine fu l'unica modella per tutti i personaggi femminili che avrebbe dipinto da allora in poi. Il successo ottenuto con la mostra alla Rehn Gallery contribuì a fare di Hopper il caposcuola dei realisti che dipingevano la "scena americana". Nel 1925 la sua tela intitolata Apartment Houses venne acquistata dalla Pennsylvania Academy. Questo fu il suo primo lavoro a olio a entrare in una collezione pubblica e il primo quadro Edward Hopper, “Gas”, 1940, The Museum of Modern venduto dal 1913 in poi. Nel 1930 la famosa House by the Art, New York Railroad, che sarebbe servita ad Alfred Hitchcock come modello per la casa in stile "secondo impero americano" di Psyco, venne donata dal collezionista Stephen C. Clark al MoMA di New York, entrando a far parte della collezione permanente del museo. Dopo tre anni, lo stesso MoMA gli dedicò la prima retrospettiva. La sua evocativa vocazione artistica si rivolgeva sempre più verso un forte realismo, che risulta la sintesi della visione figurativa combinata con il sentimento struggente e poetico che Hopper percepiva nei suoi soggetti. Diceva: "non dipingo quello che vedo, ma quello che provo". Nel 1934 Hopper acquistò una casa a Truro (Massachusetts), nella penisola di Cape Cod, dove da allora iniziò a passare regolarmente i mesi estivi. Il paesaggio di Cape Cod, con le sue dune, case e fari, si ritrova in molti suoi dipinti, come The House on The Hill, Cape Cod Evening o Cape Cod Morning. Il Whitney Museum of American Art gli dedicò la seconda retrospettiva nel 1950, e nel 1956 la rivista TIME gli rese omaggio con una copertina. Hopper morì a 85 anni il 15 maggio 1967 nel suo studio nel centro di New York. Oggi è considerato uno dei grandi maestri americani, citato in qualche caso come precursore Edward Hopper, "Hotel Room", 1931, Tyssendella Pop Art. Il corpus di opere di Hopper non comprende Bornemisza Museum, Madrid più di un centinaio di dipinti eseguiti tra il 1924 e il 1966. Un numero decisamente esiguo per un artista del XX secolo, giustificato tuttavia dalla sua metodica attività, che prevedeva l'esecuzione di non più di uno-due dipinti all'anno, tutti della stessa dimensione (100 x 70 cm circa), tranne alcune eccezioni. 36 Il Quinto Cielo News letter Aprile 2013 – N°7 La pittura di Hopper predilige architetture nel paesaggio, strade di città, interni di case, di uffici, di teatri e di locali. Le immagini hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità, gli spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa di metafisico che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine. Non a caso André Breton, nel suo esilio a New York, lo accostava a Giorgio De Chirico in un'intervista pubblicata su View nel 1941. La composizione dei quadri è talora geometrizzante, sofisticato il gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente "artificiali", sintetici i dettagli. La scena è spesso deserta, immersa nel silenzio; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti spesso "escono dal confine del quadro", nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede. Di lui è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Particolare spazio nelle sue opere trovano le figure Edward Hopper, “A Woman in the Sun”, 1961, femminili. Cariche di significato simbolico, assorte nei Whitney Museum of American Art, New York loro pensieri, con lo sguardo perduto nel vuoto o nella lettura, si offrono spesso seminude ai raggi del sole trasmettendo solitudine, attesa, inaccessibilità. Una dimensione psicoanalitica che ha permesso di interpretare meglio le emozioni dell'artista. Hopper utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, ma di fatto il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi. Carl Sandburg (e il folk americano) Da: www.wikipedia.it Nato a Galesburg (Illinois) nel 1878, morì a Connemara, North Carolina, nel 1967. Figlio di poveri immigrati svedesi, visse una giovinezza dura e avventurosa: fu sguattero, contadino, soldato durante la guerra ispano-americana del 1898. Iniziò l'attività letteraria come collaboratore di «Poetry», poi giornalista e inviato speciale. Nel 1904 pubblicò una raccolta di versi, Nell'estasi sfrenata (In reckless ecstasy). Le Poesie di Chicago (Chicago poems, 1916) lo consacrarono cantore della città nell'era industriale, bardo della sua "Chicago ventosa, macellaia del mondo". Scrisse poi Fumo e acciaio (Smoke and steel, 1920), Buon giorno america (Good morning America, 1926), La gente sì (The people yes, 1936). Attento studioso del folklore, egli raccolse, e interpretò accompagnandosi con la chitarra, i canti popolari del nord america. La monumentale biografia di Lincoln ("The prairie years" 1926, "The war years" 1939) sancì in campo storico la visione democratico-populista che aveva caratterizzato la sua poesia. Prigioniero del suo stesso mito, il giovane whitmaniano ribelle senza la grandezza di Whitman, divenne il poeta della Casa Bianca, simbolo stereotipato della nazione. Alcuni suoi salmi laici, i più spogli e asciutti, pur esaurita la funzione di rottura, gli sopravvivono. 37 Il Quinto Cielo News letter Aprile 2013 – N°7 Carl Sandburg, dalla raccolta poetica “Smoke and Steel” La poesia della nebbia La nebbia viene con piccoli piedi di gatto. Si siede, sogguardando il porto e la città, sui fianchi silenziosi. Poi prosegue. Essi diranno Di te, mia città, il peggio che gli uomini diranno è che i bimbi hai strappato al sole, alla fresca rugiada, alla luce che scherzava sull’erba sotto l’aperto cielo, alla pioggia monotona, e li hai chiusi tra fredde mura, li hai costretti al lavoro, snervati e stanchi, per un poco di pane e di salario, a inghiottire la polvere e a morire così, con il cuore sfibrato, per una manciata di spiccioli, in poche notti di sabato. Alla finestra Datemi fame, o voi déi che sedete e date ordini al mondo. Datemi fame, dolore e mancanza, chiudetemi fuori dalle vostre porte d’oro e fama con vergogna e fallimento, datemi la vostra più meschina, sfinita fame! Ma lasciatemi un po’ d’amore, una voce che mi parli sul finire del giorno, una mano che mi tocchi nella stanza buia a spezzare la lunga solitudine. Nel crepuscolo dello spettro del giorno che offusca il tramonto, una piccola errante stella d’occidente che mi spinga fuori dalle mutanti rive dell’ombra. Lasciatemi andare alla finestra, e là guardare le figure del giorno all’imbrunire, e aspettare, sapendo dell’arrivo di un po’ d’amore. 38
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