RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 6 febbraio 2015 Indice
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 6 febbraio 2015 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli REGIONE (pag. 2) Sì a 200 milioni per rilanciare le imprese (Piccolo, 2 articoli) Alloggi popolari, entrano 13 milioni da Roma (Piccolo) Jobs act-capestro per i lavoratori “appaltati” (M. Veneto) Sul tetto di Insiel contro 24 licenziamenti (Piccolo) È legge il taglio degli assegni. Ma gli ex pronti a fare ricorso (M. Veneto, 2 articoli) E il Pd Moretti bacchetta Belci (M. Veneto) La Uilm: nel contratto dei metalmeccanici soldi per la produttività (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 9) Ecco il piano della coop. “A caccia” di 4 milioni (M. Veneto Pordenone) Firmati i dodici mesi di cassa integrazione alla Metro (M. Veneto Pordenone) L’Electrolux Professional ha fatto shopping in Cina (Gazzettino Pordenone) La crisi di Mercatone Uno. «Si cercano finanziatori» (M. Veneto Pordenone) Caos sull’Unione dei Comuni. Sindaci del Carso in rivolta (Piccolo Trieste) Pisus, ecco gli 8,5 milioni: via ai cantieri (Piccolo Trieste) «Nomina in ritardo, danno per lo sviluppo» (Piccolo Trieste) Ferriera, Sossi contro Lauri: «Non parla per Sel» (Piccolo Trieste) «Servizi intatti nei quattro ospedali» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Per Britannia la festa raddoppia: due giorni (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Adesso sono gli italiani ad avere più fame di casa (Gazzettino Udine) «Nessun taglio ai servizi negli ospedali della Bassa» (M. Veneto Udine) Mercatone, quindici società si sono fatte avanti (Gazzettino Udine) REGIONE Sì a 200 milioni per rilanciare le imprese (Piccolo) di Gianpaolo Sarti TRIESTE Duecento milioni di euro per il sistema produttivo, l’accorpamento dei consorzi, una revisione dell’Ezit di Trieste. E, ancora, una nuova Agenzia per gli investimenti. Il Rilancimpresa di Sergio Bolzonello è legge con i 25 voti favorevoli della maggioranza, l’astensione delle opposizioni e nessun contrario. Va quasi tutto liscio alla giunta, che incassa l’ok delle categorie e pure il sostegno di parte del centrodestra che, a partire dalla norma sul tagli dell’1% dell’Irap per gli imprenditori che aprono aziende, dà una mano per rafforzare la portata del provvedimento. Ma i problemi Serracchiani li trova in casa, inaspettatamente. Succede tutto in pochi minuti: M5S porta in aula un emendamento per garantire controlli sull’efficacia della norma, Sel lo appoggia senza avvertire il Pd e il centrosinistra, per la prima volta in questa legislatura, va sotto. Serracchiani interrompe i lavori e pretende un faccia a faccia con Lauri. I fondi L’iniezione per i prossimi tre anni è di quasi 200 milioni di euro. Una lista grande come due fogli A3. Nell’ordine: la giunta sostiene le convenzioni con le partecipate Friulia e Finest per i programmi di marketing , concede incentivi per i piani di rilancio delle aree più colpite dalla crisi, per le filiere produttive, i consorzi, l’innovazione e le start-up. Una ventina di interventi in tutto aperti tanto alle piccole unità produttive, quanto le grandi fabbriche. In particolare la filiera dell’elettrodomestico che, da sola, ottiene, 10 milioni di euro. La Regione consegna al tessuto produttivo 67,6 milioni, di cui 34 milioni nel 2015; altri 88 sono attesi dalle casse Ue, ulteriori 40 saranno assegnati nelle prossime due Finanziarie. Gli sgravi fiscali Se per il taglio all’Irpef le decisioni sono rimandate con un ordine del giorno all’assestamento di bilancio, per l’Irap la giunta è già riuscita a chiudere il cerchio. Oltre allo sgravio per chi fa innovazione, grazie alla spinta di Ncd-FdI e di parte del Pd, Bolzonello mette in legge la riduzione dell’1% dell’imposta, in regime “de minimis”, per tutti quegli imprenditori che aprono nuove aziende in Fvg. Uno sgravio di 400 mila euro raggiungibile in 5 anni. I consorzi e l’Ezit Per i consorzi, pur conservando lo status di enti pubblici economici, il ddl avvia processi di fusione con l’obiettivo di creare contenitori più snelli e funzionali. Hanno sei mesi di tempo per adeguarsi, altrimenti scatta il commissariamento. Anche l’Ezit di Trieste, l’ente istituito nel ’49 dagli Alleati, mantiene la stessa natura giuridica, ma entra nell’organizzazione dei consorzi con compiti di accompagnamento a favore delle imprese e un ruolo pilota per attrarre nuovi investimenti; gestirà l’area di crisi complessa, nei Comuni di Trieste, S.Dorligo e Muggia. Il ddl dà vita all’Agenzia degli investimenti in Fvg che, in seno alla direzione Attività produttive, si occuperà di preparare i programmi di marketing territoriale, gestirà i contributi, informerà sui siti dismessi e opportunità di investimento. La maggioranza battuta M5S porta in aula un emendamento, inizialmente firmato anche da Stefano Pustetto di Sel, che propone una clausola valutativa sull’intera norma in modo da verificare l’efficacia degli interventi. Per i grillini è «una battaglia di civiltà». La vincono, consegnando la prima sconfitta politica alla coalizione guidata da Serracchiani. Questione di numeri: 20 sì, 19 no. Insieme al M5S e centrodestra, l’appoggio è dell’intero gruppo di Sel. Il capogruppo Pd Shaurli, come risulta dagli atti, in quel momento non ha potuto contare su Da Giau, Liva (ammalato), Gabrovec di Slovenska Skupnost ed Edera dei Cittadini, che non erano presenti in Consiglio. Le reazioni «Un incidente di percorso, ma che non si deve ripetere», dichiara Serracchiani, che sposta l’accento sulla capacità del Fvg di «saper prendere le contromisure necessarie». D’accordo il capogruppo Pd Shaurli: «Diamo a questa regione e alle sue imprese una riforma vera del sistema manifatturiero, condivisa dalle categorie e dalle parti sociali». Mentre la deputata Sandra Savino critica la giunta «per non aver accolto la richiesta di istituire in Fvg le zone franche urbane», Colautti di Ncd e Riccardi di FI rivendicano gli obiettivi raggiunti sul fronte delle imposte. Plauso anche da Confindustria Udine e Confcooperative Fvg. Debora s'infuria e tira le orecchie a Lauri TRIESTE La maggioranza che si frantuma con un emendamento M5S, peraltro innocuo, per Debora Serracchiani è inaccettabile. Sel, che vota con i Cinque Stelle, non la passa liscia. Quando i display sulla parete certificano la sconfitta, la presidente si alza di scatto dai banchi, fa sospendere i lavori e punta dritto la porta. «Tu fuori, con me», dice additando il povero capogruppo vendoliano Giulio Lauri. Dieci minuti di confronto fitto fitto. Poi Debora riprende l’aplomb e dichiara alle telecamere: «C’è stata un’incomprensione su un passaggio ininfluente – scandisce – resta una riforma importante, non vorrei passasse soltanto questo messaggio rispetto a una legge sulle politiche industriali che questa regione attendeva da tempo. Dobbiamo parlare un po’ di più, nulla di grave». Ma lo scivolone non è piaciuto affatto e in quel faccia a faccia Serracchiani non ha mancato di sottolinearlo, tanto più se di mezzo c’è Alessio Gratton di Sel, il relatore dell’intero provvedimento sul “Rilancimpresa” designato dal centrosinistra. E, tanto più se in aula, in quel momento, mancava più di un consigliere della coalizione. «L’attenzione deve sempre restare alta – puntualizza poco dopo la presidente – la maggioranza non può permettersi bucce di banana, perché se accade su cose del genere di poco conto, può succedere anche su punti più importanti». Riccardo Riccardi si sfrega le mani: «Il patto del Nazarone», ironizza. «L’emendamento tendeva al controllo della norma – commenta il forzista – sono sorpreso che il Pd non fosse d’accordo, evidentemente è abituato a fare le cose e poi raccontarle come meglio comoda... Ma stavolta ho visto il Consiglio avere un sussulto tanto che Serracchiani ha alzato il ditino per chiamare fuori chi ha votato in difformità della maggioranza. Sono andati sotto, abbiamo registrato un dato politico mai accaduto in questa legislatura». Certo, dopo che Renzi è riuscito a rafforzare l’asse con la sinistra di Vendola sull’affaire Mattarella, la mossa di Sel assume i contorni di uno sgarro politico. Il capogruppo Pd Cristiano Shaurli vorrebbe sorvolare, ma ammette che «non fa piacere andare sotto in aula, ognuno ora risponda delle sue scelte». Lauri minimizza e metterebbe la mano sul fuoco sulla compattezza della coalizione. «Eravamo d’accordo con l’emendamento M5S, tutto qua, mi sembrava una norma ragionevole che, anzi, avrei dovuto portare io in aula», ribatte il capogruppo. «Non ci sono letture di altro tipo». Sulla stessa linea il collega Gratton. «Non abbiamo intenzione di mettere in difficoltà la maggioranza». Sta di fatto che l’ordine di scuderia, in casa Pd, è chiaro: dopo il tentativo (fallito) della mozione di sfiducia contro Serracchiani sulla questione Coop, non si vota niente che provenga dai Cinque Stelle. Ma se la tenuta della coalizione ieri ha scricchiolato, il Pd può forse contare su Ncd? E quelle in corso sono prove di nuova maggioranza, sul modello nazionale, dopo la rottura del patto del Nazareno tra Pd e FI? Nella legge sul “Rilancimpresa” c’è più di qualche traccia. Almeno una decina gli emendamenti di Alessandro Colautti accolti dal Pd, a partire da quello fondamentale, un po’ lo snodo dell’intera legge: il taglio Irap dell’1%, una proposta partita dal tandem Ncd-FdI e su cui la giunta ha messo il timbro. «Mah – riflette Colautti – ciò che avviene a Roma non può essere traslato subito qui, in Friuli Venezia Giulia. Se la maggioranza fosse caduta proprio sull’Irap, allora saremmo qui a commentare un’altra storia e ci sarebbe un vero caso politico. Devo dire che trovo imbarazzante che il relatore di maggioranza, Gratton, abbia appoggiato una norma su cui il Pd non era d’accordo. Non so cosa accadrà nelle prossime settimane o nei prossimi mesi. Quanto avviene a Roma – prosegue Colautti – non ha effetti a cascata qui, lì ci sono le larghe intese, qui è diverso. Ma la politica, si sa, evolve...». (g.s.) Alloggi popolari, entrano 13 milioni da Roma (Piccolo) Tredici milioni di euro dal Piano nazionale dell’Edilizia residenziale pubblica. Il Friuli Venezia Giulia potrà contare su questo stanziamento dallo Stato per il recupero e la manutenzione straordinaria di alloggi popolari. Ad annunciarlo è stata l’assessore regionale alle infrastrutture e lavori pubblici, Mariagrazia Santoro, intervenuta alla presentazione del Bilancio sociale dell’Ater di Udine. «Il tema della casa è al centro dell’attenzione regionale – ha affermato Santoro – sia perché da un lato stiamo portando avanti il ddl di riforma complessiva del sistema casa, sia perché d’altro lato abbiamo confermato il nostro impegno finanziario su questo tema, ad esempio con il mantenimento di 11,5 milioni di euro sul Fondo sociale per l’abbattimento dei canoni degli alloggi Ater o con l’introduzione di un nuovo Fondo per le manutenzioni di 2,3 milioni di euro per gli alloggi oggi non assegnabili». (r.u.) Jobs act-capestro per i lavoratori “appaltati” (M. Veneto) UDINE Dopo la contrazione delle retribuzioni operata a seguito della spending review, una nuova “mazzata” si profila per i lavoratori degli appalti. Nel passaggio tra aziende, i “vecchi” dipendenti rischiano infatti di vedersi proporre un contratto a “tutele crescenti” perdendo diritti contrattualmente acquisiti come l’articolo 18. Colpa del Jobs act, bocciato dalla segretaria regionale di Filcams Cgil, Susanna Pellegrini, come «un’enorme ingiustizia perpetrata a danno dei lavoratori degli appalti». Da qui la richiesta di un intervento immediato a correzione dell’articolo 7, rivolta dalla sindacalista alla politica regionale, affinché prema sul Governo e in particolare «sulla commissione lavoro parlamentare per porre rimedio a questa vergognosa ingiustizia». Per effetto della norma, in caso di cambio di appalto i vecchi assunti rischiano come detto di trovare lavoro nell’azienda subentrante solo accettando un contratto a tutele crescenti. «Parliamo di lavoratori con anzianità di servizio significativa – spiega Pellegrini –, che hanno la sola colpa di lavorare in regime di appalto e che per questo potranno trovarsi nella condizione di essere licenziati loro malgrado e forse riassunti ma in ogni caso senza le tutele dell’articolo 18. Il che significa – aggiunge la dirigente sindacale – che una volta riassunti possono essere licenziati subito dopo e questo vale ad ogni passaggio». Gli occupati negli appalti, sia pubblici che privati, in regione sono alcune migliaia. Per lo più donne operanti nelle mense, nei servizi, nelle imprese di pulizia, negli autogrill, nella vigilanza privata, negli aeroporti. «La norma – prosegue la sindacalista – vanifica la contrattazione collettiva nazionale e la clausola sociale che prevede la salvaguardia del posto di lavoro in caso di cambio di appalto. È inaccettabile che questi lavoratori paghino ancora una volta, dopo aver già subito il peggioramento delle condizioni economiche e di lavoro grazie ai tagli della spending review». Pellegrini fa sapere che l’organizzazione sindacale si sta attivando a tutti i livelli per contrastare il dettato normativo, «figlio solo un enorme errore e non, almeno speriamo, dell’ennesimo favore del Governo ad alcune lobby a danno dei lavoratori. Negli appalti – conclude la sindacalista – c’è bisogno di legalità, di responsabilità del committente, di garanzie per i lavoratori nel passaggio di appalto, di contrasto al massimo ribasso e di qualità del servizio erogato». Anche per questo la Filcams sostiene la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare promossa dalla Cgil per migliorare le regole degli appalti, con banchetti e assemblee nel territorio regionale. (m.d.c.) Sul tetto di Insiel contro 24 licenziamenti (Piccolo) di Marco Ballico TRIESTE Il nuovo corso di Simone Puksic alla presidenza di Insiel parte con 24 licenziamenti e una protesta eclatante, quella di Alexander Vecchiet (Fiom), ieri mattina sul tetto della sede triestina della società informatica, in via San Francesco. Neve e bora, ma anche un telefono in mano per trasmettere via Twitter veleno contro l’azienda e la Regione. Per quattro ore Vecchiet comunica in una surreale diretta, mentre il telefono di Puksic rimane spento. «Ecco il nuovo che avanza, il nuovo padrone delle ferriere», attacca il sindacalista rivolto al presidente. E ancora: «In direzione per discutere dei licenziamenti, Puksic sceglie di non gestire la situazione ma di farsi pubblicità». La Regione? «Peggiore di Marchionne». «Io non mollo», tiene duro il sindacalista all’ora di pranzo. Ma, quando il freddo diventa insopportabile (nel pomeriggio si renderà necessario il trasferimento in ambulanza per un controllo al pronto soccorso), Vecchiet si fa convincere da Loredana Panariti, l’assessore al Lavoro delegata della giunta a gestire lo scontro. La clamorosa protesta è effetto delle tre sentenze del Tribunale di Trieste favorevoli a 26 lavoratori che avevano contestato per vie legali la nascita nel 2009 di Insiel Mercato, “costola” di Insiel. Ma soprattutto della successiva decisione della partecipata regionale, la firma è del direttore del personale Luca Valerii in data 2 febbraio, di licenziare 24 di loro (altri 2 sono invece stati reintegrati in azienda). La motivazione? L’assenza dall’ufficio per un mese nonostante l’invito a riprendere il servizio dopo le sentenze del Tribunale. Motivo più che sufficiente, scrive il dirigente di Insiel, per recedere dal rapporto di lavoro per giusta causa. La versione dei sindacati è diversa. L’antefatto, ricorda uno dei licenziati, Maurizio Dagnelut, è il decreto Bersani del 2006 (contenente l’obbligo per le società pubbliche regionali di operare in via esclusiva con enti costituenti, partecipanti o affidanti) che finì con l’imporre alla Regione, in era Tondo, lo scorporo da Insiel di Insiel Mercato, che pochi mesi dopo sarebbe stata ceduta (per oltre 13 milioni), compresi i 133 dipendenti ex Insiel, a Ital Tbs. Fiom e Uilm hanno dato il patrocinio a due delle tre cause di lavoro – sostanzialmente contro l’operazione di scorporo e la cessione dei contratti di lavoro – vinte dai dipendenti a fine novembre, con il conseguente obbligo per Insiel di ripristinare il rapporto con 26 persone. «Eravamo pronti a rientrare in ufficio – spiega Dagnelut –, ma Insiel ha fatto ricorso. Di qui, su suggerimento dei nostro legali, l’invito all’azienda a congelare tutto fino all’appello del prossimo luglio. Il rientro avrebbe infatti implicato le dimissioni al buio da Insiel Mercato e il rischio di perdita di entrambi i posti di lavoro nel caso di ribaltamento della sentenza. Una posizione chiara, che abbiamo spiegato anche a Paolo Panontin». Niente da fare. Il 27 gennaio l’assessore assicurava di seguire da vicino il problema ed evidenziava l’opportunità di «dare certezze ai dipendenti di Insiel Mercato». Pochi giorni dopo, ecco invece le lettere di licenziamento. Se ne riparla lunedì dopo che ieri, fino a sera, Puksic e Panariti si sono confrontati con le categorie. Il presidente di Insiel, che continua a parlare solo via ufficio stampa, si rende disponibile a discutere delle questioni aperte ma ribadisce che «la posizione del cda sui licenziamenti di 24 ricorrenti, peraltro ancora impiegati in Insiel Mercato, non muta». «Gli spazi di discussione ci sono», aggiunge l’assessore al Lavoro. Ma i sindacati, con il segretario Fiom Stefano Borini, auspicando il contributo lunedì di Panontin, ribattono che il problema «rimane». Via comunicato anche Fiom Cgil e Uilm Uil di Trieste aprono un fronte rispetto alla prevista riorganizzazione della società: «Questo fatto di estrema gravità potrebbe avere forti ripercussioni negative sulla trattativa». Solidarietà ai licenziati arriva anche dalle Rsu Insiel di Udine. È legge il taglio degli assegni. Ma gli ex pronti a fare ricorso (M. Veneto) di Anna Buttazzoni TRIESTE Passano i tagli ai vitalizi di 212 ex consiglieri e l’innalzamento dell’età della pensione da 60 a 65 anni. Passa la norma della presidente Debora Serracchiani che non consente il doppio lavoro ai portaborse. Passano due emendamenti del M5s che prevedono di sospendere il vitalizio nell’eventualità che chi lo percepisce venga nominato assessore regionale o componente del Governo. È basata un’oretta ai consiglieri regionali per dare il via libera alla legge – senza nessun contrario – che limita i benefit e che sarà operativa dal 1º marzo. Mugugnano gli ex. Pietro Arduini, presidente dell’associazione che raccoglie gli ex inquilini di palazzo, spiega che riunirà il gruppo e, a maggioranza, sarà deciso se promuovere il ricorso. «Resta il fatto – commenta Arduini – che il Consiglio non ha tenuto conto dei sacrifici che abbiamo già fatto, come il taglio del 10 per cento dal 1º gennaio 2006. E poi non capisco perché i sacrifici dobbiamo farli solo noi e non anche gli attuali consiglieri, i parlamentari, i giornalisti, i magistrati». Affermazioni che spalancano le porte dei tribunali. La legge approdata in Aula è bipartisan, si p sfilato solo il M5s. Non c’è da discutere, nè da cambiare strada. I 13 articoli spiegano che le riduzioni alla pensione pagata dalla Regione saranno in vigore fino al giugno 2018, termine della legislatura. I tagli potranno arrivare fino al 22,5 per cento. La reversibilità resta fissata al 60 per cento e non si tocca per vedove e vedovi, ma ai figli sarà concessa fino a 18 anni (non più 26), mentre i conviventi non avranno più alcun diritto. I cali sono stati stabiliti a scaglioni. Fino a mille 500 euro mensili gli ex non sborseranno alcun “contributo di solidarietà”. Fino a 2 mila euro la riduzione sarà del 6 per cento; da 2 mila a 4 mila del 9; da 4 mila a 6 mila del 12 e oltre i 6 mila del 15. I tagli salgono, in misura maggiore rispetto a quanto previsto all’inizio, per chi cumula più vitalizi. A loro l’assegno della Regione sarà tagliato del 9 per cento fino a 2 mila euro; del 13,5 da 2 mila a 4 mila; del 18 da 4 mila a 6 mila e 22,5 se supera i 6 mila. Chi invece oltre al vitalizio incassa anche lo stipendio da presidente, vicepresidente o amministratore delegato di enti e società regionali dovrà scegliere quale assegno mensile incassare. I pochi consiglieri rimasti che potranno ancora godere del vitalizio – cioè quelli in carica fino al maggio 2013, perché da questa legislatura la pensione è cancellata – dovranno aspettare i 65 anni, non più i 60, e se vorranno anticipare la riscossione del vitalizio dovranno accettare una riduzione del 2,5 per cento per ogni anno anticipato, fino al limite invalicabile di 60 anni e quindi con un taglio del 12,5 per cento. «È stata approvata una legge giusta – dice la presidente Debora Serracchiani –, che è nelle corde di tanti cittadini. E poi introduce il principio che chi ha qualche fortuna in più oggi pensa a quelli che stanno peggio». Alla fine i pentastellati in Aula – quattro su cinque – si astengono. Avrebbero voluto usare la mannaia, ma da soli non ce la possono fare. «È un provvedimento un po’ codardo e palliativo – spiega la grillina Elena Bianchi –, ma condividiamo alcune norme». Nessuna discussione, nessun dubbio, nessun intervento sull’emendamento presentato da Serracchiani – è una rarità – per applicare la clausola di esclusività ai collaboratori dei gruppi consiliari, cui sono sottoposti tutti i dipendenti della Regione. I partiti non condividono, ritengono che non sia giusto piegare alla regola chi ha un impegno a tempo determinato. Ma in Aula nessuno cerca lo scontro. E la presidente passa all’incasso. Il senatore Pd Sonego non arretra: il vitalizio è un diritto di Maurizio Cescon UDINE Il senatore del Pd Lodovico Sonego (con una lunga militanza in Consiglio regionale) non arretra di un centimetro: sulla questione del vitalizio ritiene di essere nel giusto. Secondo lui si tratta di un diritto acquisito, che non deve essere assolutamente intaccato. In questa intervista spiega le sue ragioni. Senatore Sonego, lei intanto gode già della ricca indennità di palazzo Madama... «Giusto, partiamo dal mio stipendio di senatore. Il reddito di un parlamentare è di 4.800 euro netti per dodici mesi. Non sono pochi, ma non sono tutti quei soldi di cui si favoleggia». Ha suscitato perplessità e scalpore la sua richiesta di vitalizio da ex assessore regionale. «Confermo. Ho chiesto che mi venga assegnato il vitalizio di assessore perché ho i requisiti previsti dalla legge e io stesso nella richiesta ho ricordato che non potrà essere pagato fintanto che sono in Senato, sempre perché lo stabilisce la legge. Quindi nessun doppio introito, ma solo l’assegnazione, che è un atto dovuto. Se la Regione avrà convincimenti diversi dai miei ci affideremo alla decisione di un terzo, c’è un giudice a Berlino e aiuterà me, la Regione e l’opinione pubblica a garantire il rispetto della legge. Il clamore era scontato e i giornali hanno il dovere di riferire. Non sono mai andato di notte, chi fa una diffida ad adempiere mette nel conto di andare in giudizio, il che non è cosa che si fa di nascosto. Chi agisce in modo tanto trasparente deve per forza avere buone ragioni». Però adesso c’è di mezzo una questione, diciamo, di opportunità. I politici sono nel mirino per i loro compensi. «E’ vero, non è popolare chiedere il vitalizio per quanto sia dovuto per legge e da sospendere. Ho servito la mia Regione per tanti anni amministrando enormi risorse e con rispetto sacrale per ciò che non è mio e lasciando le cose meglio di come le ha trovate. Quel rispetto sacrale mi dà il titolo morale a chiedere ciò che la legge mi assegna e a guardare chiunque dritto negli occhi». Ma alla gente che magari non arriva a fine mese, cosa vuole dire? «All’opinione pubblica voglio dire due cose. La questione dei vitalizi è da anni un facile strumento di lotta politica, anche nel caso che ora mi riguarda. Aggiungo che in Friuli Venezia Giulia chi esprime il suo pensiero oltre la soglia consentita mette a rischio il reddito o il patrimonio della famiglia. Però io vorrei proseguire. La seconda cosa la dico da cittadino il quale chiede che la Regione continui a essere governata come lo fu da grandi presidenti come Comelli, Biasutti e Illy. Se sarà così io e la mia famiglia avremo ospedali di qualità. Ciò richiede grandi professionisti dell’amministrazione, anche persone disponibili a lasciare un avviato studio di avvocato o di commercialista per servire il cittadino mettendo a disposizione la loro professionalità. La volgare demagogia della carica a titolo gratuito va in direzione opposta». Dunque la pensione per i politici è giusta? «Proprio così, chi va a fare leggi in Regione deve avere anche un trattamento previdenziale, per quanto di tipo contributivo: un parte a carico dell’eletto e una parte a carico della Regione. E’ una cosa che hanno anche gli amministratori di condominio, figurarsi chi governa sei miliardi all’anno e deve garantire buoni ospedali». Adesso però la Regione ha cancellato i vitalizi, è stata una delle primissime mosse del centrosinistra, schieramento del quale lei fa parte. «Infatti, in Consiglio regionale a queste condizioni vedo un futuro di spiantati che vanno lì perché altrove non li vogliono. La Regione fa finta di pagarli e loro fanno finta di governare. Gli spiantati mi preoccupano per gli ospedali di cui avrò bisogno». E il Pd Moretti bacchetta Belci (M. Veneto) UDINE «A ogni soggetto deve spettare un ambito di intervento che è bene non scavalcare. Per questo motivo mi aspetto che i sindacati si occupino, come stanno facendo, dei lavoratori. La questione di come e se destinare i fondi a comparti come quello del carburante resti una competenza del Consiglio, del quale, auspico tutti abbiano il dovuto rispetto». Replica così, il consigliere regionale del Pd, Diego Moretti, all’intervento del segretario della Cgil, Franco Belci che ha commentato positivamente la mozione presentata dal centrodestra per spostare i finanziamenti ai contributi carburante (il sindacalista aveva dichiarato di non essere «pregiudizialmente contrario» alla sospensione delle erogazioni del fondo per la benzina agevolata per destinare le risorse ad altri capitoli di spesa, anche alla luce del fatto che incombe sempre su quel provvedimento la scure della Ue). Per Moretti invece quella mozione che Moretti sarebbe «provocatoria perché la legge attuale, già così è ingiusta in quanto garantisce benefici indiscriminati anche a coloro che non risiedono a ridosso dei confini con Austria e Slovenia». Secondo Moretti, «la mozione, se approvata, rischierebbe di provocare un drastico spostamento oltre confine dei nostri cittadini per l’acquisto di carburante e indirettamente metterebbe in ginocchio un intero comparto, quello dei distributori delle province di Trieste e Gorizia e di tutte le zone di confine», peraltro in forte sofferenza. Contraria alla mozione è anche Confcommercio. La Uilm: nel contratto dei metalmeccanici soldi per la produttività (M. Veneto) UDINE La Uilm inizia il percorso verso il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Un percorso che si preannuncia “accidentato” per diverse ragioni. Il tentativo di alcune aziende (Fiat docet) di uscire dal contratto nazionale, e non parliamo solo della meccanica se si ricorda la disdetta data dall’Abi ai sindacati dei bancari; la questione mai risolta della Fiom, che non ha firmato gli ultimi rinnovi; la certificazione della rappresentanza che potrebbe rendere di fatto impossibile concludere l’accordo. Sono alcuni dei temi affrontati ieri a Pordenone nel corso di un incontro tra il nazionale della Uilm, Rocco Palombella, la segreteria provinciale guidata da Roberto Zaami, e allargata all’organizzazione. «Abbiamo iniziato la discussione sull’imminente rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici che si presenta con tutte le sue difficoltà, tentando di mettere in fila le questioni che rientreranno nella piattaforma», dichiara Palombella. Alla luce di quel che è accaduto nella categoria dei bancari, con l’Abi che ha dato la disdetta del contratto, non teme un’estendersi di queste scelte? «Un rischio emulativo direi che c’è sempre, ma lo definirei un suicidio, da parte delle imprese, l’uscire dal contratto nazionale e immaginare una negoziazione individuale. Potrebbe avere un senso in momenti di crisi, ma quando si delinea una ripresa è inevitabile che il contratto rappresenti una garanzia per i lavoratori, ma anche per le imprese. L’alternativa sarebbe una giungla e l’avvio di un processo conflittuale che danneggerebbe le aziende stesse. Il nostro compito è fare in modo che, con la ripresa, ci siano le regole necessarie per un giusto riconoscimento economico dei lavoratori e per garantire l’attività produttiva». Venendo alla preparazione della piattaforma, come vi muovete? «Cercheremo di coinvolgere Fim e Fiom, e soprattutto cercheremo di spiegare alla Fiom che deve evitare di perdere questa occasione. Il rischio è che in assenza di regole sul rinnovo, penso alla certificazione degli iscritti per misurare la rappresentanza, ci sia la messa in mora, che significherebbe non rinnovare il contratto. Mi auguro che la Fiom si assuma le sue responsabilità». Che cosa ci sarà necessariamente in piattaforma. «Una parte importante di welfare aziendale e incrementi salariali estesi ai lavoratori che non fanno contrattazione di secondo livello». Infine Electrolux... «Il 18 al Mise ci sarà l’incontro di verifica sull’attuazione del piano. E’ un momento importante per vedere a che punto siamo». (e.d.g.) CRONACHE LOCALI Ecco il piano della coop. “A caccia” di 4 milioni (M. Veneto Pordenone) Idealscala è a caccia di 4 milioni di euro. Il piano industriale della coop parla chiaro: per l’avvio dell'attività, l'investimento stimato ammonta a 5 milioni. A oggi, però, Idealscala ha a disposizione esclusivamente un milione, ossia il capitale derivante dalla somma delle mobilità dei primi 50 lavoratori-soci. Un capitale che non è sufficiente. Da qui la necessità di reperire risorse e quindi trovare investitori, disposti a scommettere, concretamente, su questa nuova realtà industriale. Le istituzioni, ministero compreso, hanno assicurato sostegno: garantiti l’intervento di Coop Fond e incentivi dal fondo di rotazione del Mise (Cfi). Impegni, per ora, verbali. «Il budget che abbiamo a disposizione necessita di essere rimpinguato – ha detto il presidente di Idealscala, Gian Mario Petozzi –. Inutile parlare di futuro, se non abbiamo una struttura finanziaria certa e solida. Ora la priorità è trovare fondi. I confronti sono già partiti: stiamo proseguendo su quel percorso di squadra che vede al nostro fianco sindacati, Confcooperative, Unindustria e istituzioni. Servirà un ragionamento con le realtà locali, tra cui le banche. Intanto, siamo fiduciosi che quanti hanno sinora annunciato il proprio sostegno al progetto rimangano in campo e alle dichiarazioni d'intenti facciano seguire i fatti». In poche parole, è tempo di concretizzare e quindi di stanziare finanziamenti. Ma in che modo Idealscala intende rilanciare il sito di Orcenico e sfidare i mercati? A svelare alcuni dettagli del progetto, che si compone di una quindicina di pagine, è Petozzi. «Partiremo con la produzione di cinque serie di medio e basso di gamma, con marchio Senesi (il cui uso gratuito è stato concesso da Ideal Standard, ndr) – ha fatto sapere –. L'obiettivo è svilupparne altre cinque di nuove, con marchio nostro, ancora da progettare». Ogni serie si compone, in media, di sei articoli per il bagno, dal lavabo al bidet, dal vaso alle colonne, con linea e nomi differenti. Idealscala, insomma, punta a mettere sul mercato dieci serie complete di articoli. Il piano industriale si sviluppa in tre anni: nel primo, l'obiettivo è produrre 80 mila pezzi, per raggiungere quota 300 mila nei due successivi, implementando così l'organico di 100 unità. Ma dove si comincerà a produrre? Gli spazi a disposizione, a Orcenico, sono notevoli e, almeno all'inizio, è impensabile utilizzarli per intero. «Inizieremo a lavorare nel reparto colatura tradizionale, dove sono presenti gli stampi in gesso e i banchi che vengono gestiti manualmente – ha risposto Petozzi –. In un secondo tempo, è prevista un'estensione al Fast e all'area in cui sono installate le presse Hpc». E i mercati? Il debutto sarà su quello italiano, ma Idealscala punta a essere presente anche all’estero. «Partiamo col mercato interno, ma il nostro sguardo è rivolto anche altrove – ha annunciato –. Abbiamo già contatti commerciali con il Sud America. Siamo aperti a qualsiasi opportunità e faremo il possibile per guadagnarci clienti a livello internazionale». Quanto agli aspetti occupazionali e legati alla selezione delle professionalità, Petozzi ha chiarito che «è prematuro parlarne. Ora bisogna concentrarsi sui fondi. Il resto è secondario. E' chiaro che daremo la priorità a ex dipendenti Ideal Standard, anche per posizioni dirigenziali». Nei giorni scorsi, infatti, si vociferava di un possibile coinvolgimento di Mario Grillo, che ha diretto lo stabilimento Electrolux a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, ma che soprattutto ha tentato assieme ai lavoratori della Zanardi di Padova, realtà di cui era ad, la strada della coop per salvare l'azienda. Tutte voci, di fatto. «Non ne so nulla – ha tagliato corto Petozzi –. Ribadisco, comunque, che tra gli ex dipendenti della multinazionale ci sono profili manageriali che coinvolgeremo». Intanto ieri sono stati tolti i blocchi ai cancelli del sito di Orcenico per consentire a Ideal Standard di portare via i macchinari da trasferire negli stabilimenti di Trichiana e Roccasecca. Nulla, però, è stato ancora toccato. Giulia Sacchi Firmati i dodici mesi di cassa integrazione alla Metro (M. Veneto Pordenone) E' stato messo nero su bianco, ieri nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia a Trieste, il futuro dei quarantotto dipendenti della Metro Pordenone. Trascorsi venti giorni dall’annuncio choc della chiusura del punto vendita, le parti sociali si sono incontrate nel capoluogo giuliano per la firma del verbale di attivazione della cassa integrazione per cessata attività. Quest'ultima avrà una durata di dodici mesi, a partire dal giorno seguente la serrata, fissata per il 2 aprile prossimo. Contestualmente, è stata avviata la procedura di mobilità volontaria per coloro che intenderanno risolvere anticipatamente i rapporti con la multinazionale di origine tedesca. Con l’occasione, le organizzazioni sindacali e l'azienda si sono accordate sugli aspetti tecnici legati all’attivazione dei percorsi di ricollocamento del personale. «Il processo di reinserimento dei lavoratori – ha spiegato la segretaria provinciale della Filcams Daniela Duz – sarà monitorato con incontri periodici tra parti sociali e istituzioni: il primo tavolo, da attivare nell'ambito della Provincia, è fissato per inizio marzo, un mese prima della serrata. Ci consentirà di fare un punto iniziale della situazione». Nel frattempo, i lavoratori hanno dalla loro la sicurezza di accedere agli ammortizzatori sociali e la possibilità di cominciare a guardarsi intorno. La Metro ha ribadito anche ieri la possibilità di ricollocamento interno al gruppo, anche oltre i confini italiani. «A fronte di una manifesta volontà dei dipendenti – ha affermato Duz –, l’azienda si è resa disponibile a reinserimenti transfrontalieri: spetterà al personale decidere in quali Paesi ha eventualmente piacere di trasferirsi». Altro punto definito a seguito della vertenza riguarda gli incentivi all'esodo. A chi uscirà in mobilità volontaria prima di un anno sono stati garantiti quelli standard: 9 mila euro lordi per i lavoratori sotto i 40 anni (35 sul totale di 48 dipendenti), 14 mila per gli over 40 e 18 mila per gli over 50. Tra un anno, le parti si ritroveranno per ridiscutere gli esuberi rimasti. Da tempo, lo ha ribadito più volte il direttore di Metro Italia Maurizio Cossu, Pordenone era sotto la lente d'ingrandimento: un punto vendita con il bilancio costantemente in rosso e inserito in un territorio «che non offre potenzialità future». La chiusura della Metro cittadina – al momento l’unica, su 49 sedi della multinazionale in Italia, a subire questo destino – è il sintomo di «una situazione generale oltremodo preoccupante per il Pordenonese», sottolinea la segretaria provinciale della Filcams. Diversi i fronti aperti per il settore del commercio: alla Metro vanno aggiunti Mercatone Uno, Cooperative operaie di Trieste e CoopCa. «Senza tener conto – ha proseguito nella sua analisi Duz – delle tante chiusure silenti di attività e negozietti che ci sfuggono. Il piccolo e medio commercio, nella nostra provincia e più in generale in regione, rischiano di morire. Per questo i sindacati chiedono uno sforzo alle istituzioni: l’attuazione di un tavolo di crisi dedicato al settore, dal quale emergano proposte concrete e costruttive». Miroslava Pasquali L’Electrolux Professional ha fatto shopping in Cina (Gazzettino Pordenone) PORDENONE - La divisione Professional Products di Electrolux è un leader mondiale nella produzione e distribuzione di soluzioni per la cottura e il lavaggio professionale. L’acquisizione rafforza ulteriormente la posizione della divisione Professional in Cina e in Asia, aree in cui l’azienda vede una potenzialità di crescita rilevante per i prossimi anni. «Acquisendo Veetsan, rispondiamo alla domanda crescente, in questa regione, di soluzioni professionali che possono garantire risultati qualitativi e di igiene in linea con gli standard internazionali. Il lavaggio stoviglie professionale rappresenta una delle categorie di prodotto più promettenti anche per ragioni legate ad una minore penetrazione rispetto ad altre categorie, come la cottura e la refrigerazione». A parlare Alberto Zanata, presidente di Electrolux Professional Products. Nata nel 2003, con una crescita costante negli ultimi 10 anni, Veetsan ha un fatturato annuo di circa 90 milioni di Yuan cinesi (circa 12 milioni di Euro). L’azienda distribuisce i suoi prodotti in tutta la Cina e ha circa 200 dipendenti. La chiusura dell’accordo è prevista per la prima metà del 2015 e sarà soggetta all’approvazione delle autorità competenti. La crisi di Mercatone Uno. «Si cercano finanziatori» (M. Veneto Pordenone) SACILE Presidio dei lavoratori a Bologna e tavolo aperto sulla crisi del Mercatone Uno: chiesto il recupero immediato dei salari congelati dal primo al 19 gennaio. Trasferta emiliana, ieri, per Susanna Pellegrini vertice Filcams Cgil con due rappresentanti dei lavoratori del centro mobile e arredo di Sacile. Salvare 42 posti di lavoro è la priorità sindacale per il punto vendita sulla Pontebbana: «L’incontro con l’amministratore delegato Pierluigi Bernasconi ha chiarito la situazione nel gruppo: la perdita di fatturato si è fatta sentire nel secondo semestre 2014. Entro il 19 maggio 2015 dovrà essere presentato il piano salvezza aziendale: si cercano finanziatori e anche acquirenti per i punti vendita». Il tavolo. Il nuovo incontro della direzione aziendale del gruppo Mercatone Uno (79 stabilimenti in Italia con 3.500 dipendenti) con i sindacati è in programma il 16 febbraio. «Siamo preoccupati – Pellegrini ha confermato lo stato di mobilitazione dei lavoratori con i colleghi sindacalisti della Fisascat Cgil e Uiltucs Uil - L’incontro, dopo la richiesta di ammissione ai concordati preventivi avanzata sinora da quattro società del gruppo, ha messo a fuoco i problemi. Il gruppo, al centro di riorganizzazioni negli anni scorsi, sta facendo ricorso alla cassa integrazione, ma nella sede centrale di Imola è aumentato in maniera esponenziale il numero dei lavoratori posti in cassa a zero ore. A Sacile i contratti di solidarietà scadranno a maggio». Oltre ai dipendenti diretti, la crisi del Mercatone Uno avrà pesanti ricadute sui lavoratori dell’indotto: logistica e servizi. La situazione è aggravata dal fatto che, per quasi tutte le società, si utilizzano ammortizzatori in deroga prorogabili unicamente sino a maggio. Perché il commercio (nelle aziende con meno di 50 dipendenti) e le attività di servizio non rientrano tra i settori a cui spettano la cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Per il gruppo Mercatone Uno è convocato il 27 febbraio un tavolo di crisi della Regione Emilia Romagna. Le proteste. «I venti di crisi soffiano da tre anni sul gruppo» evidenziano i dipendenti sacilesi. L’azienda, leader nella distribuzione di mobili, complementi d’arredo e prodotti casa, ha comunicato a gennaio di avere «presentato al tribunale di Bologna domanda prenotativa di ammissione alla procedura di concordato preventivo – recita il documento - Si tratta di scelta imposta dal perdurare della crisi e dal continuo calo dei consumi: grave nel settore dei beni durevoli. Questo ha determinato, a partire dalla ripresa autunnale dell’attività, una costante riduzione del fatturato. Il tutto è aggravato dal contesto deflazionistico a cui conseguono prezzi di vendita sempre più bassi e perdita di marginalità». Il concordato preventivo serve a evitare il fallimento e garantire l’attività. Quello che preoccupa 42 lavoratori a Sacile, l’indotto e le banche liventine è che l’azienda possa essere venduta dividendo le unità produttive. «Auspichiamo che venga venduta a un unico acquirente – dicono i lavoratori sacilesi dopo l’incontro a Bologna – evitando un pericoloso spezzatino». La situazione di crisi di Mercatone Uno ha ostacolato l’originario piano di rilancio del gruppo, che negli ultimi 24 mesi aveva rinnovato 26 punti vendita. Non è bastato a risolvere la crisi. Chiara Benotti Caos sull’Unione dei Comuni. Sindaci del Carso in rivolta (Piccolo Trieste) di Maddalena Rebecca La Regione gioca d’anticipo e disegna la nuova geografia istituzionale del Fvg, inserendo tutti i Municipi della provincia di Trieste all’interno di un’unica Unione territoriale intercomunale? Le amministrazioni interessate rispondono. Muovendosi, però, in ordine sparso: Trieste e Muggia da una parte della barricata - quella favorevole all’aggregazione con i “cugini” dell’Altipiano, in linea con le indicazioni della giunta Serracchiani -, i Comuni del Carso dall’altra. Un copione già visto, che ripropone le stesse identiche posizioni espresse sei mesi fa. Come se di mezzo non ci fosse stata un’estenuante mediazione politico-istituzionale sfociata poi nell’approvazione del “regime differenziato”, una sorta di trattamento su misura per il territorio della provincia triestina, studiato per assicurare a tutti gli attori, anche ai più piccoli, significativi margini di autonomia. E, soprattutto, come se la riforma Panontin, quella che appunto introduce le Unioni, non fosse nel frattempo diventata legge a tutti gli effetti. Per i “contras” del Carso, insomma, i margini di azione sembrano essere pochi. La protesta contro il nuovo assetto amministrativo, accusato di non tenere nella giusta considerazione la specificità legata alla presenza della minoranza slovena, appare cioè quasi fuori tempo massimo. Come riconosce, non senza una punta di amarezza, anche Stefano Ukmar, consigliere regionale Pd espressione di quella stessa minoranza. «Se tratti per un anno intero con la concessionaria in vista dell’acquisto di una macchina, al momento della consegna non puoi tornare indietro e dire “ci ho ripensato, non la voglio più perché credo non funzionerà bene” - spiega l’esponente dem -. Credo che portando avanti questa linea, i sindaci dei Comuni del Carso non facciano un favore alle ragioni delle loro autonomie. Il loro è uno sbaglio, che rischia di tradursi in un suicidio amministrativo, visto che la non adesione all’Unione comporterà il taglio del 30% dei fondi regionali, come previsto dalla riforma». Uno sbaglio tanto più evidente, rincara la dose Roberto Cosolini, se si considera il risultato raggiunto per l’area giuliana poco prima dell’approvazione della legge. «Il regime differenziato introdotto per le Unioni sopra i 100mila abitanti come la nostra, prevede che ben 9 delle 20 funzioni assegnate ai Comuni vengano gestite in maniera indipendente - chiarisce il sindaco -. Prendiamo i servizi educativi: Trieste, in qualità di Comune maggiore, se li gestirà da solo, mentre gli altri Municipi li amministreranno in forma associata all’interno dell’Uti. Un importante elemento di garanzia, che disegna una sorta di Unione a geometria variabile e tutela sia le esigenze di una realtà come la nostra, che conta l’87% della popolazione della nuova forma aggregata, sia le specificità dei Comuni minori. Tornare a mettere in discussione questo modello, peraltro condiviso dal Pd che partecipa al governo di tutte le amministrazioni del Carso - conclude Cosolini -, non aiuta nessuno». Dello stesso avviso il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek. «La legge di riordino degli enti locali scrive nel testo dell’ordine del giorno, concordato con il suo partito, che lunedì verrà sottoposto per l’approvazione in Consiglio comunale - avvia il necessario percorso di modernizzazione e razionalizzazione del sistema amministrativo, rafforzando in senso positivo i rapporti tra Comuni minori e città capoluogo e valorizzando quella vocazione europea che i Comuni della fascia di confine sono chiamati a svolgere. Le aggregazioni previste dalla riforma, quindi - conclude Nesladek - non solo non possono essere ridotte, ma vanno addirittura estese nelle forme collaborative, per comprendere se possibile anche l’area isontina». Pisus, ecco gli 8,5 milioni: via ai cantieri (Piccolo Trieste) di Piero Rauber Da possibile eterna incompiuta, scivolata come l’olio verso il dimenticatoio senza che nessuno quasi se ne accorgesse, a maxi-pratica da aprire in fretta perché sennò ci si dovrà mettere una pietra sopra per davvero. Il treno Pisus sta finalmente passando, col suo carico imperdibile di otto milioni e mezzo di euro per una serie di progetti mirati alla riqualificazione urbana e al rilancio turistico. E il Comune ci sale di corsa dopo averlo chiamato e aspettato invano fin dai primi mesi del mandato Cosolini. LA DELIBERA È di questi giorni una delibera della Giunta Cosolini che dà mandato alla dirigenza del Municipio di firmare subito la convenzione con la Regione con cui vengono sostanzialmente sbloccati (con un travaso contabile resosi necessario altrimenti tutto rischiava di finire in cavalleria, si legga qui sotto, ndr) gli eurofondi Pisus conservati finora sotto vetro. Erano i fondi per la realizzazione dei progetti per i quali proprio la Regione aveva già detto sì a suo tempo al Comune di Trieste, arrivato secondo dopo Tarvisio nella graduatoria degli enti del Friuli Venezia Giulia che per l’appunto avevano chiesto e ottenuto dei finanziamenti previsti dal cosiddetto Bando Pisus. I SOLDI Entrano nelle reali disponibilità di spesa dell’amministrazione cittadina, dunque, i cinque milioni e 748mila euro già ammessi a finanziamento dalla Regione, per cantieri e progetti turistici in chiave ecosostenibile, secondo la graduatoria uscita quasi due anni fa che prevedeva da regolamento un tetto di sei milioni. Poco sotto il massimo consentito insomma. A questi, ed ecco la novità che sta nei numeri oltre che nello sblocco dei soldi, vanno aggiunti i due milioni e 762mila euro (sempre esistiti a loro volta ma molto meno citati negli annunci del passato) che il Comune viene chiamato a dare contribuendo nella misura dovuta secondo il bando medesimo, vicina in questo caso a un terzo del totale. I CANTIERI URBANI Ma a cosa servirà questo maxi-fondo? Anzitutto a lanciare una serie di cantieri, tra Cittavecchia, Borgo Giuseppino e Borgo Teresiano: centro e non periferie perché il bando imponeva questo. In attesa che se ne conoscano i dettagli (Cosolini cova l’idea di una conferenza stampa nei prossimi giorni, in seguito alla controfirma della Regione sulla convenzione attesa per oggi, alla presenza dei quattro assessori coinvolti, Elena Marchigiani per i Progetti complessi, Andrea Dapretto per i Lavori pubblici, Edi Kraus per lo Sviluppo economico e Paolo Tassinari per la Cultura) si sa al momento, anche in base a quanto era stato comunicato all’epoca dal Municipio, che parte dei fondi sarà impiegata per cinque interventi prioritari. Il primo: dieci nuove stazioni di “bike sharing”, per l’utilizzo comune di bici che già tira in altre città europee. Il secondo porterà al rinnovo di tre tracciati stradali anche in chiave ciclo-pedonale: in via Duca d'Aosta (da piazza Hortis al Museo Sartorio di largo Papa Giovanni), eppoi in via XXX ottobre e via Ghega, in una sorta di prosecuzione ideale dei progetti di riqualificazione, coperti invece da altre poste ministeriali, di Ponterosso e via Trento, che finora si sono concretizzati nel celeberrimo Ponte Curto. Il terzo intervento sarà l’annunciata copertura del Salone degli incanti con pannelli solari (il cui costo dell’operazione si aggira sui 500mila euro), il quarto la ristrutturazione del piano terra di Palazzo Biserini, il quinto il rilancio degli spazi verdi di piazza Hortis e Campagna Prandi, sopra il giardino di via San Michele verso l’Orto lapidario. TURISMO E BANDO PRO-PMI I due successivi filoni di finanziamento Pisus hanno invece l’obiettivo dichiarato di spingere e far girare il volano turistico. Uno si richiama specificatamente alla cultura e prevede in primo luogo una cosiddetta “certificazione museale”, da accompagnare a un ampliamento di orari e servizi in genere per qualificare l’offerta triestina, oltre che un coordinamento più stretto tra i vari poli museali. L’altro filone, legato alla dicitura “risorse economiche”, contempla per l’appunto una serie di finanziamenti per progetti mirati a coordinare e migliorare l’attività del comparto turistico. Si va dunque dal futuro piano di marketing per le crociere (dove evidentemente il Comune intende ribattere un colpo in casa Ttp) ad altre iniziative meno settoriali di promozione turistica e pubblicizzazione d’eventi. Ed è proprio qui che s’inserisce una delle “pensate” più attese del Pisus. È il bando da un milione e 200mila euro dedicato a Pmi e imprese artigiane per contributi a fondo perduto da investire proprio in vari progetti di supporto all’attività e alla promozione turistica. I TEMPI Il bando per le Pmi sarà pubblicato a inizio marzo e darà a sua volta un mese per la presentazione delle domande, in modo tale da consentire al Municipio di chiudere l’istruttoria per l’autunno e staccare gli assegni entro l’anno. Ma è tutta l’operazione Pisus che l’amministrazione Cosolini punta a “istruire” e far partire tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, prima delle prossime elezioni amministrative chiaramente. La chiusura dell’intera “partita”, anche se alcuni cantieri potranno finire pure molto prima, è fissata quindi per il 2019. Da lì non si scappa, anche perché è proprio quello il termine ultimo per la rendicontazione. Pena la perdita della pecunia. «Nomina in ritardo, danno per lo sviluppo» (Piccolo Trieste) «La questione dei ritardi nella nomina del commissario del porto di Trieste assume ormai rilievo nazionale, soprattutto alla luce della recente sdemanializzazione dell'area del Porto Vecchio che richiede assetti istituzionali stabili per poter decollare». Già in questa premessa vengono messi in rilievo i motivi che hanno indotto ieri la stessa segretaria generale della Cgil Susanna Camusso a scendere in campo assieme al segretario regionale del Friuli Venezia Giulia Franco Belci per tentare di risolvere una questione, quella della nomina alla Torre del Lloyd del commissario Zeno D’Agostino, che è andata acquisendo contorni quasi kafkiani, nonostante continue rassicurazioni di interventi immediati alle quali qualcuno fa difficoltà a continuare a dar fede. «Dopo settimane di attesa, con le istituzioni locali e i parlamentari triestini ridotti a fare la questua per tentare di sbloccare la situazione fanno rilevare nella nota congiunta Camusso e Belci - questo ulteriore rinvio non solo evidenzia le modalità di una politica che appare ancora legata a vecchie e vituperate abitudini, ma rappresenta per Trieste e l'intero Friuli Venezia Giulia l'ennesimo danno alle potenzialità di sviluppo economico e alle prospettive occupazionali». Il vuoto completo di potere all’Authority (la presidente è scaduta, il segretario generale non è stato mai nominato e quello facente funzioni ha dato le dimissioni, i dirigenti sono stati invitati a smaltire le ferie arretrate, il Comitato portuale non viene convocato) non crea solo un danno al principale polmone dell’economia cittadina, ma si riverbera per qualche verso sull’intero panorama regionale. In questo senso giunge l’invito dei due responsabili della Cgil che si rivolgono direttamente al governo nazionale. «Pensiamo occorra dire forte e chiaro - sottolinea infatti la nota che la città e la regione non possono più attendere. La nomina del commissario è diventata una necessità improcrastinabile e chiama in causa i vertici istituzionali. È ora che il governo superi i propri ritardi e, se ci fossero, le proprie riserve dando al porto piena operatività con la nomina da tempo attesa». Va ricordato che proprio l’altro ieri lo staff del ministro di Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi, colui che deve emanare il decreto, aveva fatto sapere che la nomina è questione di giorni e a propria volta il senatore del Pd Francesco Russo e il deputato Ettore Rosato avevano assicurato che «la situazione si sta sbloccando». (s.m.) Ferriera, Sossi contro Lauri: «Non parla per Sel» (Piccolo Trieste) Ancora bagarre politica sulla Ferriera. «Giulio Lauri è fuori dalla linea del partito. Esiste la mozione da noi depositata in Consiglio comunale e bocciata dall’aula - in cui chiedevamo che alla fine del percorso di riconversione della Ferriera venisse superata l’area a caldo». Lo sostiene Marino Sossi: il capogruppo di Sel in Comune non ha gradito che in Consiglio regionale il collega di partito Lauri, assieme al Pd, abbia affossato l’altro ieri l’emendamento con cui M5S mirava alla chiusura dell’area a caldo della Ferriera. Quella cui punta il gruppo di Sel in Comune. «Questa linea - afferma Sossi - è stata concordata col responsabile nazionale di Sel per l’ambiente Marco Furfaro. Continueremo questa battaglia, che sta nel programma di coalizione della maggioranza. Lauri? Una posizione personale». «La salute dei lavoratori e dei cittadini è, assieme all’occupazione e alla sua difesa, una delle priorità di questa maggioranza. Questo vale in particolare per tutta l’area di crisi industriale complessa di Trieste e per la Ferriera di Servola» replica invece Lauri, rispondendo alle accuse rivolte alla giunta regionale da parte del consigliere del M5s Andrea Ussai. «Oltre ai 26,1 milioni di euro già previsti in finanziaria, con il Rilancimpresa - precisa - la maggioranza ha stanziato altri 10 milioni di euro, e queste risorse, su proposta della maggioranza, primi firmatari il capogruppo del Pd Shaurli e il sottoscritto, saranno utilizzate per le esigenze di risanamento ambientale e di riconversione industriale dell’area previste nell’accordo di programma. Per la riduzione delle emissioni dell’area a caldo l’accordo prevede che vengano realizzati da subito per la cokeria e per l’altoforno il revamping, il tamponamento e l’adeguamento della torre di spegnimento, e la captazione localizzata delle polveri e delle emissioni diffuse, il potenziamento del sistema di aspirazione e di irrorazione dell’agglomerato e la pavimentazione delle aree di messa a parco e delle strade interne». «Le dichiarazioni del M5S sulla Ferriera si possono definire solo come ricerca di visibilità. Credo sia irresponsabile giocare su salute e aspettative lavorative, chiedendo l’immediata chiusura della cokeria»., aggiunge Cristiano Shaurli (Pd) rispondendo a sua volta alle accuse di Ussai. Ma ancora dai grillini, i portavoce del Movimento in Comune Stefano Patuanelli e Paolo Menis precisano che «la proposta del M5S di convocare un Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera con la presenza del cavalier Arvedi e della presidente Serracchiani è stata sottoscritta da molti altri consiglieri (di maggioranza e opposizione) ed è stata protocollata il 4 febbraio. Ora il presidente Furlanic ha 20 giorni di tempo per fissare la data del Consiglio». «Servizi intatti nei quattro ospedali» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain «Non cambierà nulla sotto il profilo squisitamente operativo. Le funzioni di base verranno garantite in tutti e quattro gli ospedali: Gorizia, Monfalcone, Palmanova e Latisana. In altre parole, il percorso diagnostico verrà effettuato, come succede già oggi, nei 4 nosocomi, poi a seconda della gravità si farà ricorso a centri specializzati perché l’intento deve essere quello di garantire massima sicurezza al paziente». Rassicurante. E non poteva essere diversamente. Giovanni Pilati, direttore generale della neocostituita Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina, ha voluto tranquillizzare l’uditorio sulla riorganizzazione dei servizi. Ha definito subito la realtà che dirige «un’Azienda sanitaria nuova di zecca e non la sommatoria di due realtà vecchie. Si tratta di una sfida organizzativa importante e le opportunità di miglioramento dei servizi sono enormi. Selezioneremo il meglio dell’ex Ass 2 Isontina e della ex Ass 5 Bassa Friulana». L’occasione per parlare di strategie? La conferenza stampa di ieri mattina durante la quale Pilati ha presentato tutto il suo staff, composto dal direttore sanitaria Laura Regattin, da quello amministrativo Antonio Poggiana e dal coordinatore socio/sanitario Gianfranco Napolitano. «Una squadra di tecnici», ha sottolineato più volte Pilati. Tecnici che avranno il compito di tradurre in realtà le scelte della riforma regionale che lo stesso neodirettore generale ha contribuito a scrivere, a redarre. «La fusione - parole di Pilati - è avvenuta senza scossoni. E non è stata una partita facile perché si trattava di rendere unici apparati doppi. Abbiamo costruito in maniera provvisoria una nuova organizzazione, identificando una responsabilità per ogni unità. Sono stati individuati 11 dirigenti: nei prossimi giorni nomineremo i responsabili del dipartimento di prevenzione e di igiene mentale e il coordinatore che si occuperà di dipendenze». Insomma, un lavoro intenso. Caldamente sollecitato dai cronisti, Pilati ha affrontato anche il nodo dei Punti nascita, non dando (in realtà) grosse indicazioni. «Per l’Isontino la decisione è già stata presa da parecchio tempo: sopravvive Monfalcone, Gorizia ha visto la chiusura del suo reparto. Ora si tratterà di definire la nuova sede del reparto materno-infantile fra Palmanova e Latisana. La decisione verrà presa nei prossimi mesi e sarà di competenza della Regione, non certamente dell’Ass. In questa fase, si stanno monitorando i flussi delle nascite per arrivare ad assumere la decisione migliore». La nuova Ass subentrerà in tutto e per tutto nei progetti del Gect, compreso quello delle casa del parto. Ma ci sarà anche un’altra novità. «Gli ospedali verranno organizzati a coppie. Cosa significa? I presìdi di Gorizia e Monfalcone verranno considerati come un unico ospedale, stesso discorso per Palmanova e Latisana. Ciò accadrà anche da un punto di vista amministrativo ma non ci saranno conseguenze per i pazienti che vedranno confermati tutti i servizi e le funzioni di base». Last but not least, la riorganizzazione «per liberare risorse - parole dei vertici della nuova Ass - da indirizzare all’assistenza sul territorio. Sono stati riconfermati i quattro distretti e ci sarà un piano di “distribuzione” del personale deciso di concerto con i sindacati. Il nostro obiettivo è di migliorare la qualità del servizio, facendo scelte ponderate, tecniche e in perfetta linea con gli indirizzi regionali». Per Britannia la festa raddoppia: due giorni (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Laura Borsani Stabilita la data per la tradizionale consegna nello stabilimento di Panzano della nuova unità passeggeri da 141mila tonnellate di stazza lorda. La “Britannia”, infatti, verrà assegnata alla società armatrice P&O Cruises domenica mattina 22 febbraio. La comunicazione ufficiale è giunta dalla stessa Fincantieri. L’azienda ha anche confermato la partecipazione nell’organizzazione della festa popolare “in anteprima” in città, raccogliendo la proposta lanciata dall’amministrazione comunale. L’iniziativa, che si articolerà in due momenti, è prevista sabato 21 febbraio. Si procede, dunque, nell’allestimento dell’inedito e significativo evento, che vedrà portare in centro l’atmosfera della festa e l’emozione di condividere la presentazione della “Britannia” assieme alla comunità. I dettagli della manifestazione saranno resi noti in una conferenza stampa fissata per giovedì 12 febbraio alle 12, in sala consiliare, quando l’amministrazione assieme a Fincantieri, illustreranno le iniziative rivolte a tutti i monfalconesi. Quella di sabato 21 febbraio sarà una giornata speciale, che per certi versi rimanda al passato, quando il momento della consegna di una nave veniva vissuto profondamente e direttamente dalla città. La giornata sarà divisa in due momenti, uno di carattere culturale, ospitato al Palaveneto durante la mattinata di sabato, mentre nel tardo pomeriggio al Teatro comunale andrà in scena lo spettacolo e la presentazione alla cittadinanza del nuovo gioiello di Fincantieri. L’evento battezzato “Welcome Britannia” è aperto a tutti i monfalconesi. L’assessore alla Promozione territoriale Omar Greco, che ha promosso l’iniziativa, ha osservato: «Prosegue il percorso di collaborazione con Fincantieri, che ha dato la disponibilità all’organizzazione della festa fissata il 21 febbraio per presentare la “Britannia” alla città. Si tratta di un esperimento - ha aggiunto - per il quale esprimo evidente soddisfazione. Voglio ringraziare l’azienda che ha raccolto la nostra proposta, permettendo di realizzare l’iniziativa. L’intento è quello di proporre una manifestazione a carattere popolare, per questo invito già ora i monfalconesi a partecipare numerosi». Greco anticipa, inoltre, che si sta lavorando per poter ospitare alla festa in Teatro l’armatore di P&O Cruises, assieme ai dirigenti di Fincantieri. Anche dall’azienda è giunta la conferma all’adesione al progetto. La festa in centro, è stato spiegato, va nella direzione di una maggiore collaborazione all’insegna del dialogo tra il cantiere e la città. Adesso sono gli italiani ad avere più fame di casa (Gazzettino Udine) In Friuli c'è fame di alloggi e veste la bandiera tricolore. Certo gli alloggi non sono tra i più moderni, anzi, il 71,79% risale a prima degli anni '80, ma le risorse sono quelle che sono come ha sottolineato il presidente dell'Ater Udine Luciano Aita illustrando il bilancio consuntivo 2014, anno in cui sono stati recuperati 253 alloggi e «grazie al consolidamento dell'avanzo - ha precisato Aita - per il 2015 avremo a disposizione oltre 4 milioni di euro per recuperi ordinari e straordinari». Accanto al virtuosismo dell'ente, anche la Regione ha fatto la sua parte con uno stanziamento da 13 milioni derivanti dal Piano nazionale dell'edilizia residenziale pubblica, da destinare al recupero e alla manutenzione straordinaria di alloggi. «Il tema della casa è al centro dell'attenzione regionale sia perché da un lato stiamo portando avanti il disegno di legge sulla Riforma complessiva del sistema Casa - è intervenuta l'assessore regionale ai Lavori pubblici Mariagrazia Santoro - sia perché abbiamo confermato il nostro impegno finanziario su questo tema con il mantenimento di 11,5 milioni sul Fondo sociale per l'abbattimento dei canoni degli alloggi Ater o con l'introduzione di un nuovo Fondo per le manutenzioni di 2,3 milioni per gli alloggi oggi non assegnabili». Sul fronte degli investimenti, nel 2015 l'Ater Udine può programmare interventi per 4,4 milioni di euro nella costruzione di 91 nuovi alloggi dislocati tra il capoluogo e la provincia (13 a Udine, 16 a Palazzolo dello Stella, sei a Manzano, 56 a Latisana) mentre ammonta a oltre 12 milioni il valore degli interventi già in corso di esecuzione per 116 alloggi: 30 a Palazzolo dello Stella, 50 a Palmanova, 36 a Udine. «Nessun taglio ai servizi negli ospedali della Bassa» (M. Veneto Udine) LATISANA Capitolo chiuso nella guerra fra i due ospedali della Bassa. Latisana e Palmanova non si divideranno i servizi, ma entrambi sono e rimangono ospedali di rete, a tutti gli effetti. Entrambi con un Pronto Soccorso e un’Area di Emergenza, operativi H 24 e con tutti i servizi d’urgenza che ne conseguono, dalla Chirurgia, all’Ortopedia, alla guardia anestesiologica: «Saremmo dei folli – ha detto ieri pomeriggio l’assessore regionale alla salute, Maria Sandra Telesca, ospite all’auditorium di Precenicco, del sindaco Andrea De Nicolò – a tenere dei Pronto Soccorso H 24 senza garantire le urgenze». Una dichiarazione che dovrebbe mettere fine alle polemiche e agli allarmismi degli ultimi mesi, perché come confermato ieri dall’assessore, rispetto a una prima ipotesi la Regione ha deciso di confermare su quelli che la riforma ha definito “ospedali in coppia” tutti i servizi. E rimane anche la pediatrica: «Non bisogna confondere la Pediatria con le altre urgenze - ha chiarito il direttore generale dell’Ass 2, Giovanni Pilatti - perché anche il bambino in caso di emergenza, viene valutato dallo stesso personale medico che si occupa dell’adulto e che ha una preparazione anche per i casi pediatrici. Su entrambi gli ospedali della Bassa viene garantito un servizio di consulenza ambulatoriale». L’unica questione sospesa riguarda il punto nascita, che comunque, ha ribadito la Telesca, non condiziona il mantenimento delle altre urgenze e dalla pediatria: «Abbiamo preso tempo - ha detto a una platea di cittadini, operatori sanitari e amministratori locali, fra i quali i sindaci di Latisana, Salvatore Benigno, Lignano, Luca Fanotto e Palmanova, Francesco Martines - perché vogliamo fare una scelta, più seria e responsabile possibile, per non andare a togliere servizi». Una pausa di un semestre per capire i flussi dell’utenza, nell’ambito della nuova geografia sanitaria. E ancora - ha confermato la Telesca - per capire come si sta muovendo l’utenza del Veneto e degli altri ospedali». Una tematica, quella delle urgenze, che diventa importante soprattutto in un’ottica di distanza dai grandi centri per una località come Lignano Sabbiadoro, dove la Regione è intenzionata ad attivare una guardia medica pediatrica fissa e dove il Pronto soccorso, svincolato dal patto di stabilità, diventerà realtà nel 2016. «È una riforma che non taglia, ma che studia le esigenze per dare risposte efficienti». Paola Mauro Mercatone, quindici società si sono fatte avanti (Gazzettino Udine) REANA - (PT) È fortemente indebitato il gruppo "Mercatone Business" che in provincia di Udine vende arredo e articoli per la casa nel negozio all'insegna "Mercatone Uno" di Reana. È quanto è emerso ieri, in occasione di un incontro che si è tenuto nella sede di Confindustria di Bologna cui hanno preso parte, oltre ai vertici della società, anche Francesco Buonopane della FilcamsCgil e Athos Di Stefano della FisascatCisl, insieme a un referente della Provincia. «La situazione ci preoccupa molto - hanno riferito in serata i sindacalisti -; il quadro finanziario dell'azienda è serio ma speriamo che la realtà possa essere rilevata da qualche altra catena». Fino a oggi hanno manifestato il loro interessamento una quindicina di società ma resta da capire se tutta la struttura si possa salvare e quanti, alla fine, saranno i dipendenti che manterranno il loro posto di lavoro. In Friuli, oltre a Reana, ci sono anche i negozi di Sacile e di Monfalcone, per un totale di circa cento addetti diretti, di cui una trentina in provincia di Udine. Le maestranze, in contratto di solidarietà da tre anni, si sono viste bloccare la retribuzione dei primi 19 giorni di gennaio, per effetto della richiesta di ammissione al concordato preventivo "in bianco" di "Mercatone Business". L'azienda ieri ha comunicato ai sindacati che farà il possibile, tramite una specifica istanza al Tribunale, per saldare i dipendenti. Per i prossimi salari, invece, l'azienda liquiderà le ore lavorate; la parte della solidarietà, invece, sarà erogata direttamente dall'Inps. Dal vertice di Bologna, che è stato aggiornato al 16 febbraio prossimo, è emersa una situazione di maggiore criticità per la società del gruppo "Tre Stelle" che però non conta negozi in FriuliVg. "Mercatone Business" dovrà presentare il piano industriale entro il mese di marzo, con eventuale proroga di 60 giorni, se accolta dal Tribunale. «Fino ad allora la situazione resta incerta dicono Di Stefano e Buonopane -; abbiamo chiesto di diventare parte attiva nel complesso procedimento».
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