BRECCIA DI PORTA PIA: IL DESTINO DI UNA CAPITALE Mi ha
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BRECCIA DI PORTA PIA: IL DESTINO DI UNA CAPITALE Mi ha
BRECCIA DI PORTA PIA: IL DESTINO DI UNA CAPITALE Mi ha colpito una frase che reputo efficace sul modo di intendere la storia: “Se è vero che in un giorno non si fa la Storia è altrettanto vero che la Storia è fatta di date significative che racchiudono l’essenza degli eventi”. Una data, 20 settembre 1870, l’essenza di un evento: la breccia di Porta Pia. Luogo simbolo non solo della città di Roma, ma di un’intera Nazione. Quel giorno si decide il destino di Roma capitale, la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale del Papa. Porta Pia era una delle principali vie d’accesso a Roma, costruita sulla base di un disegno di Michelangelo Buonarroti, la cui facciata, che si ammira ancora oggi, è stata terminata esattamente un anno prima l’evento della presa di Roma. La fierezza unica di questo monumento quel 20 settembre è stata messa in discussione dal fuoco dell’artiglieria che aprì una breccia di circa 30 metri nelle Mura, e così il tratto di mura adiacente la porta fu lo scenario che portò alla definitiva presa di Roma. Quel giorno, che pose fine alla “questione romana” è stato importante per il compimento dell’unità nazionale, prima ancora del trasferimento della capitale da Firenze a Roma, avvenuto l’anno dopo. Già dal 1861 il governo italiano, aveva proclamato simbolicamente Roma capitale del Regno, e nell’ottobre 1860, il Conte di Cavour, Camillo Benso, in un discorso rimasto famoso al Parlamento, aveva affermato: “La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico”. Roma nonostante tutto rimaneva la capitale dello Stato pontificio, sotto la protezione di Napoleone III, fino a che la guerra franco-prussiana, destituendo l’imperatore francese, eliminò ogni ostacolo alla presa della città. Incaricati dell’attacco alla città, i bersaglieri penetrarono attraverso “la breccia di Porta Pia”, dopo una breve resistenza dell’esercito pontificio. Solo pochi giorni prima Pio IX aveva pronunciato un frase significativa che dimostrava l’incapacità di rinunciare al proprio potere: “Io non sono profeta, né figlio di profeta, ma in realtà vi dico che non entrerete in Roma”. Entrati in città, i bersaglieri non trovano resistenza, nel frattempo, il Papa Pio IX si chiude nei palazzi vaticani, definendosi “prigioniero fino alla morte”. Quel luogo simbolo, Porta Pia, si erge ancora maestosa nella città eterna, quell’evento, la presa di Roma, suggella simbolicamente la fine di un’epoca e l’inizio dell’unità d’Italia. Quell’unità tanto cercata e di cui tanto si parla. Trovo eloquente il modo in cui nel libro “La Patria bene o male” di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini, si parli dell’Italia, Nazione unita proprio in quel giorno: “L'impressione finale è che questa Patria sia una difficile Patria, più volte sull'orlo del baratro, più volte nel baratro precipitata, con continue riprese anche stupefacenti, anche ammirevoli. C'è di che inorgoglirsi, ma purtroppo anche di che vergognarsi. Un Paese irritante, fastidioso, quasi sempre dilaniato da emotività contrapposte e che potrebbe fare molto di più, come dicevano gli insegnanti alle nostre mamme. E ovviamente molto di più avremmo potuto fare anche noi, narrando questa Patria nel bene e nel male.” Maria Concetta Di Giovanni
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