«Quelle ore nel covo del bandito: così riuscii a fotografare Mesina»
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«Quelle ore nel covo del bandito: così riuscii a fotografare Mesina»
28 SABATO 21 SETTEMBRE 2013 IL CITTADINO IN PIAZZA il Cittadino DA OGGI LA MOSTRA BESCAPÈ RACCONTA UNA LODI CHE NON C’È PIÙ IN PROVINCIA n L’APPASSIONANTE RACCONTO DEL FOTOREPORTER LODIGIANO GABRIELE MILANI «Quelle ore nel covo del bandito: così riuscii a fotografare Mesina» «Prima fui costretto a seminare la polizia poi lo convinsi a condurmi nel suo “antro” nei boschi» ROSSELLA MUNGIELLO n Sembrano due amici in uno scatto della primavera del 1967. Giovani e sorridenti. Uno era il bandito più ricercato d’Italia, Graziano Mesina, l’altro un fotografo coraggioso e determinato, Gabriele Milani, fotoreporter per la Domenica del Corriere, lodigiano d’adozione, da anni residente a Graffignana. Lo scenario di quell’incontro storico, che ha cambiato per sempre la vita del fotografo, erano i boschi del Gennargentu, il verde selvaggio dell’isola in cui il pluriricercato si nascondeva, sfuggendo a polizia e carabinieri, per poi comparire, sconvolgendo militari e opinione pubblica, sulla copertina della Domenica del Corriere, il 2 aprile 1967, che titolò: «Nel covo del bandito». Una storia incredibile, raccontata in prima persona da Milani ieri sera, nella Sala dei Comuni della Provincia di Lodi, ospite della kermesse Cittadino in Piazza e intervistato dal direttore Ferruccio Pallavera. Figlio di un artigiano veneto, ha vissuto nel cuore di Milano l’adolescenza, scoprendo, nelle strade colpite dalla seconda guerra mondiale, la passione per la macchina fotografica e la cronaca. Assunto dalla Publi Foto nel 1956, nel 1962 è arrivato al Corriere della Sera, con il compito di fondare la prima équipe fotografica del quotidiano, che subiva la concorrenza del Giorno di Mattei. «Ma il Corriere mi stava stretto ha raccontato Milani - : loro pubblicavano una foto, io avevo bisogno di più spazio per esprimermi e poi ero avventuroso, non mi bastava la quotidianità». E di certo l’avventura vissuta in Sardegna sulle tracce del bandito Mesina ha dello straordinario. «Ero con un collega che si era finto giornalista sportivo con la scusa del Giro di Sardegna, perché la polizia gli stava addosso - ha raccontato ancora Milani - e aveva messo anche sotto controllo i porti, perché aspettava l’arrivo di un fotografo. Io sono arrivato con l’aereo postale, tra pile di lettere e nessuno se n’è accorto». Hanno atteso un mese in Costa Smeralda, prima di avere il via libera dall’avvocato di Mesina per l’incontro, ma la polizia intanto aveva capito le loro mosse. «Loro però avevano le 128, noi prendevano macchine a noleggio e siamo riusciti a seminarli e abbiamo raggiunto l’appuntamento a Cagliari - ha raccontato ancora il fotoreporter, classe 1931 -: ci hanno portato nei boschi, in una casa che sembrava semi abbandonata. Dopo un paio di stanze buie, ce n’era una con una tavola imbandita. Lui si è seduto lì, sorridente, con la pistola infilata nella cintura, ben vestito. Era la sua sfida alla polizia perché, in fondo, siamo tutti un po’ gigioni». Milani però, da fotografo di razza, non si sarebbe mai accontentato di due o tre foto in posa: «O mi porti con te o mi spari nel polpaccio - gli disse -: almeno posso dire al giornale che non ti ho potuto seguire per un valido motivo». Il seguito della storia è contenuto in una serie di scatti unici del bandito, ritratto mentre mangia pane e salame, o mentre dorme con il fucile o maneggia una bomba a mano; quelli sopravvissuti al seque- INCONTRO IN PROVINCIA Alcune immagini dall’iniziativa di ieri sera con il fotografo Gabriele Milani (foto qui sopra); più in alto due foto del pubblico stro della procura dopo la pubblicazione del reportage. Non certo l’unico lavoro pericoloso e avvincente della lunga e prestigiosa carriera del fotoreporter, che ha anche portato testimonianza della marcia di 600 chilometri nel deserto dell’Eritrea, a tu per tu con i guerriglieri con una collega, men- tre la Domenica del Corriere pubblicava articoli sulla loro scomparsa. «Un uomo che è stato testimone di eventi che hanno fatto la storia dell’Italia e del mondo - ha chiuso il direttore Pallavera, invitato da Milano a scrivere delle sue avventure in un libro - e che la sua storia sa raccontarla». n Stampe, cartoline e fotografie storiche per ricordare la Lodi del passato e capirne l'evoluzione. Come è cambiata la nostra città nel corso degli angoli? Quali sono i luoghi che non esistono più? Domande che troveranno risposta oggi pomeriggio (sabato, ore 15.30) quando nel salone Bianca Maisano in via Callisto Piazza andrà in scena la videoproiezione fotografica "Comeravamo. Immagini di una Lodi che non c'è più", promossa dal Centro culturale San Cristoforo di Lodi e allestita grazie allo sterminato archivio di Silvano Bescapè, fotografo, collezionista, ma anche storico del Lodigiano e conservatore della nostra memoria. Nel corso del pomeriggio, il pubblico potrà ammirare circa 150 immagini della città del Barbarossa, dall'inizio dell'800 fino a metà del secolo successivo. «Partiremo presentando alcune stampe, come per esempio quella del monumento a Napoleone andato distrutto - spiega Bescapè -. Dopo di che verranno proiettate le cartoline storiche della città, fino ad arrivare a foto vere e proprie che raccontano pezzi della nostra storia e angoli che nessuno ha potuto vedere». La lunga e affascinante carrellata mostrerà per esempio com'era il vecchio ponte in legno sull'Adda, sopra il quale sorgeva anche la statua del santo protettore dei fiumi; oppure come si presentavano gli attuali Giardini Barbarossa, dove un tempo scorreva la roggia Molina; o ancora, l'antico mercato coperto in piazza mercato. Tra i "reperti" più suggestivi della suggestiva esposizione spicca la prima foto (datata 1863) del vecchio ponte sull'Adda, alle spalle del quale si può notare il cantiere per la costruzione del nuovo. Non mancheranno quindi immagini di vedute cittadine, di feste ormai scomparse (come il corso dei fiori o la cavalcata storica pro Fanfulla), e della vita sociale e commerciale dell'epoca. Il tutto per non dimenticare, e comprendere meglio le nostre radici. STASERA INCONTRO CON IL GRUPPO PROGETTO IMMAGINE “Ludesan Life”, l’anima del Lodigiano in un obiettivo PROGETTO IMMAGINE Da sinistra, Alberto Prina e Aldo Mendichi, responsabili del gruppo fotografico n «L'accostamento di due parole che più diverse non potrebbero essere, il dialetto lodigiano e la lingua inglese, nasce per creare uno strumento nuovo, moderno e al contempo vicino a una realtà, quella del Lodigiano, presentata agli occhi del pubblico per immagini: una rivista di fotogiornalismo on line che racconterà le storie della Provincia di Lodi attraverso reportage fotografici.». Così i responsabili del Gruppo Fotografico Progetto Immagine spiegavano le ragioni che hanno accompagnato la nascita di “Ludesan Life”, progetto iniziato ad aprile 2012 che ha già conquistato centinaia di sostenitori grazie al suo stile assolutamente originale: raccontare piccole e grandi storie legate al territorio, spaccati di vita quotidiana, luoghi e vicende di persone che quotidianamente cercano di rendere migliore la nostra terra. La genesi, lo sviluppo e gli obiettivi futuri della rivista verranno svelati questa sera (sabato, ore 21, nel Salone della Provincia di Lodi) con un incontro condotto da Alberto Prina e Aldo Mendichi del Gruppo Fotografico Progetto Immagine. «Inizieremo proiettando uno spot sul progetto "Ludesan Life" presentando tutti i fotografi che hanno aderito all'iniziativa - spiega Prina -. Dopo di che presenteremo alcuni reportage che riguardano varie storie del nostro territorio, come per esempio la passione per l'hockey, la festa di San Bassiano, l'incendio scoppiato alla Società operaia di mutuo soccorso, i giorni che hanno preceduto le ultime elezioni e un lavoro sulla banda di Castiglione d'Adda». Tante immagini per approfondire la "lodigianità" in tutti i suoi aspetti: «Ludesan Life - continua Prina - è il risultato di un progetto partito oltre dieci anni fa. Non è solo una vetrina: alla base c'è una filosofia complessa, la volontà di raccontare e di approfondire». Finora sul web (indirizzo www.ludesanlife.it) sono stati pubblicati sei numeri ma in cantiere ci sono ancora molte idee: «Abbiamo materiale per altri due o tre numeri. Molti di questi lavori, inoltre, stanno diventando mostre vere e proprie e iniziano a girare per i bar della città. L'obiettivo è trasformare il nostro archivio in un patrimonio per il Lodigiano e tra qualche tempo pubblicare un volume che raccolga tutte le immagini». Fa. Ra.
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