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JAUFRE' RUDEL Jaufré Rudel, principe di Blaia (1125 – 1148), è stato un poeta e trovatore* francese. La poesia di Jaufre Rudel, come quella di altri trovatori, si basa sul concetto di lirica del desiderio, fondata sull'indeterminatezza dei significati. La semplicità della forma, enunciata come cifra del suo stile già dagli stessi che hanno allestito e "antologizzato" la sua produzione poetica, potrebbe tuttavia nascondere una pluralità di livelli di significazione. La sua produzione, inoltre, risente molto della tradizione liturgica, sia sotto il profilo metrico e retorico sia sotto quello tematico. Tra i riferimenti è forse possibile individuare l'insegnamento di Bernardo di Chiaravelle e una polemica contro Ovidio (l'amore scelto da Jaufre non vuole e non ha bisogno di remedia). La tradizione vuole che il poeta si sia innamoratro di una donna senza averla mai vista, Melisenda, e che per lei abbia scritto le sue opere. Sempre per lei, per incontrarla, partecipa alla seconda Crociata, ma si ammala durante il viaggio. Sempre secondo la tradizione sarebbe morto sulla spiaggia di Tripoli nelle braccia della contessa che tanto aveva amato, avvertita dell'arrivo del poeta morente. *compositore ed esecutore di poesia lirica occitana Poesia di Jaufrè Rudel Quando il rio della sorgente I Quando il rio della sorgente si fa chiaro, come suole, e sboccia la rosa canina, e l'usignolo sul ramo svolge, riprende e forbisce il dolce suo canto e lo affina, è bene ch'io riprenda il mio. II Amore di terra lontana, per voi il cuore mi duole, e non posso trovar medicina, se non nell'eco del vostro nome, al male di esser privato di dolce amore nel verziere o dietro cortina, in compagnia beneamata. III Poiché non ne ho mai l'occasione, non c'è da stupirsi se lo bramo: non vi fu mai, né Dio lo vuole, più bella cristiana, né giudea o saracena. È ben pagato con manna chi guadagna un po' del suo amore. IV Il mio cuore non finisce di desiderare colei che amo più d'ogni altra cosa, e credo che la volontà m'inganni, poiché la concupiscenza me la sottrae: è più pungente della spina il dolore che la gioia d'amore risana; dunque non voglio che mi si compianga. V Quando ho modo di pensare a lei, allora la bacio e l'abbraccio, ma poi torno e mi rigiro: mi esaspera e m'infiamma che il fiore non dia frutto*. La gioia che mi tormenta abbatte le mie fierezze. VI Senza foglio di pergamena invio questi versi cantando, in schietta lingua romanza, a Messer Ugo Bruno, per mezzo di Filhòl. Sono lieto che la gente del Poitou, del Berry e di Guienna da lei sia rallegrata, e anche la gente di Bretagna. COMMENTO N.B. I versi in giallo sono quelli che ci hanno colpito e ci sono piaciuti, mentre quelli in verde non ci sono piaciuti. Il primo verso ci sembra ripetitivo per l'abbondanza di congiunzioni “e”. Nella seconda e quarta strofa, abbiamo sottolineato quelle frasi perchè ci fanno capire quanto amasse quella donna. L'ultima strofa non è di nostro gradimento perchè troviamo che sia un finale banale per una poesia d'amore. "M'infiamma che il fiore non dia frutto"*, è il verso che ci piace di più perchè c'è una metafora tra l'amore e il fiore,e siccome non è ricambiato, esso non dà frutto.
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«Senza lettera di pergamena invio la canzone, che cantiamo in pia...