Flatlandia: testo e contesto nelle utopie matematiche
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Flatlandia: testo e contesto nelle utopie matematiche Marianna Forleo ISFOL (Italia) Riassunto Il connubio tra scienza e letteratura nei secoli ha avuto molteplici manifestazioni e una delle interpretazioni più interessanti è l’utilizzo del linguaggio scientifico nelle rappresentazioni utopistiche. Funzione prima dell’utopia come genero letterario è la critica delle realtà sociali e il suo potere intrinseco deriva dalle denuncie di carattere politico sopportabili per il sistema solo se elaborate in termini metastorici. Nella descrizione delle città utopiche la letteratura si serve della scienza perché metafora chiara di organizzazioni razionali ed elemento strategico di veicolazione di messaggi subliminali. In particolari le utopie matematiche sono testi “a più dimensioni” e l’utilizzo di strutture geometriche per la descrizione di città utopiche o di organizzazioni sociali offre una molteplicità di livelli di lettura e varie interpretazioni. Nonostante ciò la scienza si fonde con la letteratura ma non si confonde, acquistando nel testo una propria autonomia; infatti il primo e più evidente livello di lettura, dal quale ogni successiva interpretazione prende forma, à la descrizione di un mondo matematico. L’analisi di Flatlandia, di Edwin A. Abbott è lo spunto per una riflessione sull’argomento. Marianna Forleo è ricercatrice presso l’ISFOL. Studiosa di utopia e matematica, collabora con riviste scientifiche e umanistiche sui rapporti tra scienza e letteratura. Marianna Forleo L 1 Abbott E. A., Flatland, a Romance of Many Dimensions, Seeley & Co., London, 1884; Mursia, Milano, 1990, Adelphi, Milano, 1993. 118 ’utilizzo delle categorie matematiche nelle rappresentazioni utopistiche ha avuto nei secoli molteplici manifestazioni come connubio tra matematica e letteratura ma l’opera più esemplare dello sviluppo di un ipertesto scientifico in un testo letterario è Flatlandia di Edwin Abbott Abbott1 (1882); qui un gioco matematico è un’utopia, una favola in cui la scienza è metafora della cultura e della società inglese del tempo. Il racconto è ambientato in un mondo definito tra due assi cartesiani, un piano infinito su cui giacciono figure geometriche delimitate da contorni luminosi. Il Quadrato A Square è il narratore e descrive il popolo del Piano durante la prigionia a vita cui é costretto, avendo osato sfidare le leggi di Flatlandia, sorte questa che, qui come altrove, tocca agli eretici e ai profeti. La società del Piano é strutturata secondo come una piramide basata sulla complessità di configurazione degli individui: al gradino inferiore c’è il Segmento-Donna, umiliata e messa ai margini in quanto totalmente privata di alcun angolo, a Flatlandia necessario perché testimonianza di intelligenza razionale e così patrimonio esclusivamente maschile, successivamente ci sono i Triangoli Isosceli, classe inferiore in quanto figure non ancora regolari, con angolo acuto e pericoloso, quindi i Triangoli Scaleni ed Equilateri, che rappresentano la classe media; i Quadrati, la borghesia; i Poligoni regolari, la nobiltà, il cui potere aumenta in misura proporzionale all’aumento del numero dei lati salendo nella scala sociale. Al vertice della piramide sociale ci sono sommi sacerdoti e organizzatori di tutte le arti e le scienze: i Cerchi. Questi impongono alla società una condizione di immobilismo politico con leggi razionali, durissime e irrevocabili che garantiscono a Flatlandia un governo oligarchico al riparo da sommosse. Aimarginidellasocietàvisonolefigureirregolari,nellaformaenelcomportamento; figure imprevedibili, fantasiosi, anarchici. Il regno di Flatlandia non ha altezza, è un mondo sottile, in cui la mancanza di profondità è fisica e simbolica. Una luce perenne confonde il giorno e la notte e rende il paese sempre uguale, privo di chiaroscuri o sfumature ed è un mondo senza ombre, in cui tutto é definito in maniera netta e inesorabile. Un intreccio apparentemente inusuale come quello tra utopia e la scienza in Flatlandia se avulso da un contesto definito risulta invece assolutamente tipico nel panorama dell’Inghilterra vittoriana, in cui non sono rari i momenti di evasione fantastica della produzione letteraria, e in cui il fermento scientifico si accompagna alla tranquillità della società borghese e puritana; del resto in seguito alla speculazione scientifica di Charles Darwin che culmina ne L’Origine della specie, fiorisce una letteratura fitta di fantasie scientifiche, presentata spesso come favola, per divulgare la portata delle nuove scoperte, come comunicazione della scienza. Ma mentre nella letteratura la scienza è nascosta, utilizzata come citazione o come riferimento, le discipline scientifiche nei discorsi utopici non restano a latere, ma anzi si integrano al testo letterario, arricchendolo di sfumature e di strumenti necessari per la definizione del messaggio utopico. Non a caso il metodo scientifico come modello epistemologico diventa un fortissimo stimolo al diffondersi e al rafforzarsi del genere utopico, affermandosi proprio in un’epoca in cui il dibattito scientifico filosofico è molto acceso e la scienza diventa argomento da divulgare. Da questo periodo la scienza Flatlandia: testo e contesto nelle utopie matematiche è insita in una serie di discipline e domina la vita sociale come strumento efficace per la rappresentazione di organizzazioni sociali trasparenti. La matematica è in Flatlandia metafora sociale e politica dell’Inghilterra vittoriana; il testo di Abbott è anzi specchio delle contraddizioni dell’epoca; oltre a vari riferimenti alla condizione della donna e alle strategie politiche inglesi del tempo è evidente nel testo come la perfetta corrispondenza tra vita politica e vita sociale che segnava la società industriale è nella corrispondenza geometrica del piano di Flatlandia. Non a caso la piramide sociale del piano richiama l’organigramma della fabbrica inglese e la sua struttura organizzativa rigidamente gerarchica che rispecchiava una divisione sociale del lavoro e dei ruoli. La piramide sociale anticipa la fabbrica taylorista, che, come Flatlandia, è un microcosmo che non interagisce con l’esterno e validata da regole scientifiche – efficienza, standardizzazione, pianificazione e controllo – ignorando del tutto gli aspetti umani e creativi dell’organizzazione. L’organizzazione scientifica del lavoro teorizzata da Friedrich Taylor, (1911) con il one best way imponeva un modello matematico di lettura unico della realtà, sostenendo il primato assoluto dell’organizzazione su ogni componente e si propone come teoria scientifica universale valida in tutti i contesti organizzativi e in tutte le epoche; nello stesso modo la società di Flatlandia legittima il concetto di one best way taylorista nelle regole della geometria euclidea piana, e, non considerando logiche di carattere emotivo o contingente, afferma il primato del sistema sul singolo2. Del resto nell’età industriale il concetto di dimensioni acquista una nuova valenza; lo spazio agricolo subisce una traslazione; lo “spazio” non è più quello aperto e infinito delle campagne, ma si chiude, si delimita, si circoscrive; lo spazio industriale coincide unicamente con gli spazi limitati fisicamente dei reparti della fabbrica, in cui luogo di lavoro e luogo di vita coincidono. Anche il tempo lavoro, che sino ad allora dipendeva esclusivamente dall’alternarsi delle stagioni ed era assolutamente subordinato a queste, ora è unico sempre uguale, scandito da orari fissi che prescindono dal giorno e dalla notte, dal caldo e dal freddo; l’unità aristotelica di luogo di tempo e di azione della fabbrica inglese di fine secolo è la stessa dell’utopia del regno del piano. L’approccio scientifico nel testo di Abbott, come nelle teorie tayloriste, fa così da garante di un processo coerente e razionale ma soprattutto, controllabile in ogni aspetto, che, da una parte rende il testo limpido e leggero, e dall’altra dà origine ad un ipertesto e ad una pluralità di livelli di lettura. La matematica è la rappresentazione di società trasparenti; come i processi matematici ammettono solo un’interpretazione coerente dei risultati, nello stesso modo nelle utopie l’organizzazione sociale deve essere interamente percepibile e controllabile in ognuna delle sue parti. Tale trasparenza di processo e di pensiero è voluta, rappresentata e affermata come principio fondamentale della società ideale, che, in quanto tale, non dissimula mai i propri meccanismi; l’utopia nasce proprio con l’illusione di poter portare all’interno degli eventi umani la stessa chiarezza che vige nel campo delle scienze e si propone di razionalizzare il mondo umano-sociale, 2 Si veda Taylor, F. W., Principles of Scientific Management, 1911, e anche Weick, K. Senso e significato nell’organizzazione, Raffaello Cortina editore, Milano, 1997. 119 Marianna Forleo 3 Colombo A., L’Utopia. Rifondazione di un’idea e di una storia, 1997; Trousson R., Viaggi in nessun luogo. Storia del pensiero utopico, Ravenna, Longo, 1992, Baccolini R., Fortunati V. e Minerva N., Viaggi in utopia, Ravenna, Longo, 1996 e il Dictionary of Literary Utopias a cura di Fortunati V. e Trousson R., Paris, Champion, 2000. 4 Cfr. Bianchi R., Alice non abita più qui, in E. A. Flatlandia, Fantasia a più dimensioni, Mursia, Milano, 1990. 120 di eliminare quello stato di disordine e accidentalità che deriva dall’azione spontanea e non coordinata di molti individui e dall’imprevedibilità delle passioni umane e di ridurlo allo stesso rigore che vige nel mondo fisico3; la matematica è qui strumento consapevole e autonomo di veicolazione di tali messaggi subliminali. Ma l’aspetto che rende questo testo uno dei racconti più rappresentativi del felice connubio tra scienza e letteratura utopica è evidente soprattutto nella seconda parte del testo, che ha da sempre interessato molto più gli scienziati che gli umanisti. Il Quadrato ci narra dei suoi viaggi, topoi fondamentali nella letteratura utopica, che sono sbalzi dimensionali, delle visioni, dei viaggi nel pensiero nel mondo di Linealandia e di Pointlandia e di una effettiva traslazione nello spazio, nel momento in cui una sfera interseca il piano e stacca il quadrato dal piano, questi nello spazio diventa un cubo e finalmente guarda la sua città dall’alto. Nei viaggi del Quadrato narratore la metafora geometrica si nutre di nuove organizzazioni sociali ma i regni incontrati da A Square esistono giacciono nella sua mente: i mondi di Pointlandia e Linealandia sono compresi nel Piano di Flatlandia e sono parte di uno sbalzo dimensionale. Nella prima visione, un sogno, c’è Linealandia, mondo che giace in equilibrio su una retta. A Linealandia tutti i sudditi del regno sono allineati, precisi e immobili come soldatini sul sentiero stretto della loro realtà; in un mondo-città monodimensionale in cui non neanche esiste destra e sinistra come minimo orientamento possibile; gli abitanti pur vicinissimi non si toccano e non percepiscono alcun movimento al di fuori della retta su cui sono disposti per sempre. Nel mondo delle linee l’unica attività possibile é la misurazione del proprio movimento; un moto perpetuo che si esaurisce nella direzione verso una delle estremità e che definisce lo spazio individuale. Se Flatlandia, intersezione di ascisse e ordinate che originano il piano, rimanda ad un mondo cartesiano, Linealandia suggerisce invece un mondo pitagorico, nel quale la riproduzione stessa rimanda al suono, alla musica, al numero4. Il secondo viaggio è la visione di un ipotetico mondo confinato in un baratro adimensionale in cui esiste solo il puro Punto. Pointlandia, monade leibniziana nel nulla, é un mondo che coincide con l’Essere, soddisfatto e unico, che si esprime riferendo tutto a sé e a sé solo. Con questa entità non è possibile alcun contatto: “It” porta con sé la sua casa e il suo universo nell’isolamento più assoluto, è l’Essere sferico di Parmenide, non ha esperienza che dell’unità. Con il Punto la comunicazione è a senso unico, il suo monologo non prevede spettatori, perché vi è una totale identificazione dell’essere con il linguaggio e con l’universo; una coincidenza di significante e significato, di contenente e contenuto, di parlante e linguaggio; la struttura scarna ma essenziale del mondo puntiforme è la base per la costituzione di altre geometrie e di altri mondi, una sintesi della forma e del pensiero da cui si origina tutto e anche questa utopia positiva e generatrice. Il terzo viaggio di A Square è invece un vero spostamento nello Spazio; inevitabile, assoluto, che definisce una rottura nel testo e nel Flatlandia: testo e contesto nelle utopie matematiche pensiero5. La descrizione di un mondo tridimensionale sconosciuto, che abbraccia valori diversi da quelli dominanti bidimensionali, si configura e prende forma secondo un metodo narrativo che segue anch’esso regole matematiche, servendosi del contrasto o della dimostrazione per assurdo; è un disorientamento forzato che inevitabilmente porta alla ricerca di una nuova via di pensiero e alla nascita di un nuovo paradigma. La rivelazione della Sfera dell’esistenza di nuovi mondi provoca stupore, rifiuto e poi una crisi che, superata, porta il Quadrato ad accettare appieno realtà inconoscibili come vere e proprie utopie e addirittura ad ipotizzarne altre, secondo un criterio di progressione aritmetica6. Da questo momento narrativo il testo segue contemporaneamente due linee complementari; da una parte il livello della bidimensionalità, della certezza, dell’induzione, della localizzazione del regno del piano; dall’altra una nuova struttura tridimensionale di testo e di pensiero che coinvolge il lettore secondo una logica di complessità, di deduzione, di globalizzazione e di complementarità. La rivelazione del concetto di spazio, e quindi della possibilità di nuovi mondi e nuove idee, può essere qui letta come metafora dell’accettazione di una geometria nuova, non-euclidea, attorno a cui all’epoca vi era un acceso dibattito. Nikolaj Lobacevskij e Yànos Bolyai separatamente tra il 1830 e il 1850 costruiscono i primi sistemi di geometrie non euclidee7, ma le loro teorie rimangono ai margini della geometria ortodossa dell’epoca, come una curiosità da non prendere troppo sul serio. Infatti nella storia della fisica a partire da Galileo e da Cartesio, da Bacone e da Newton, tutto era suddivisibile, misurabile e misurato, quantificabile secondo l’idea di orientamento, tipica di epoche che vivono nella consapevolezza e nel controllo. Una appagante sensazione di equilibrio era diffusa nelle scienze fisico-matematiche e pareva di essere a un passo dalla rappresentazione, descrizione e spiegazione “vera” del mondo. Ma proprio la visione del mondo, fin lì caratterizzata da una tendenziale staticità, acquistava dinamicità solo con l’accettazione di nuovi paradigmi, nuovi e destabilizzanti. L’accettazione della geometria non euclidea, che si differenzia da quella classica per la mancanza del quinto postulato, secondo il quale, dati una linea retta e un punto, esiste una ed una sola retta che passi attraverso il punto e non intersechi la prima, implicava una nuova posizione rispetto alla geometria classica. Questa è ancora perfettamente valida, ma solo in determinate circostanze, non é annullata del tutto; Riemann nel Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria (1854)8, sostiene per la prima volta una visione globale della geometria come studio di varietà di un numero qualsiasi di dimensioni in qualsiasi genere di spazio, evidenziando che la geometria euclidea e non euclidea sono due distinte branche della matematica. Del resto Albert Einstein dimostrò successivamente come la geometria dell’universo sia non-euclidea e appaia euclidea solo se il punto di osservazione é ristretto, come la superficie della Terra sembra piatta in uno spazio limitato, dimostrando conseguentemente che il V postulato di Euclide non é valido nel caso di una superficie curva. La convivenza di questi due aspetti fa sì che la matematica classica non poteva più essere assunta come modello di una verità assoluta che la mente umana era stata capace di cogliere. Si rendono 5 Si veda Imperiale, A. New Flatness: Surface Tension in Digital Architecture, Birkhauser, 2000, Forleo M., Il Gioco delle Dimensioni, in “Lettera Matematica Pristem”, n. 49, 2003 e Forleo, M., “L’ordine regna a Flatlandia” in “Sapere”, anno 70º, n. 2. 6 Per approfondire i numerosi riferimenti matematico-logici del testo si veda Rucker R., La Quarta Dimensione, Adelphi, Milano, 1984; Emmer M., Mathland. Dal mondo piatto alle ipersuperfici, Testo & Immagine, Torino 2004; Banchoff T., From Flatland to Hypergraphics; Interaction with Higher Dimensions, in “Interdisciplinary Science Reviews”, vol. 15, n. 4, 1990, Dewdney A., Il Planiverso. Il computer e un mondo bidimensionale, Bollati Boringhieri, Torino, 2003; Barrow, J.D., Il mondo dentro il mondo, Adelphi, Milano, 1991. 7 Lobacevskij si riferirà alla sua geometria definendola “immaginaria”, tanto era in contrasto con il senso comune e con la geometria classica. 8 Riemann B., Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria ed altri scritti scientifici e filosofici, a cura di R. Pettoello, Bollati-Boringhieri, Torino, 1994. 121 Marianna Forleo 9 Kuhn T., La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche, Einaudi, Torino, 1978. 10 Si veda Hofstadter D. R, Goedel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano, 1984, in particolare il capitolo IV “Coerenza, Completezza , Geometria”, pp. 90-113. 11 A tale proposito si veda Kuhn T., cit., e anche gli Atti del XVII Seminario d’Estate, “Il Disorientamento”, Ravello, 30 giugno - 3 luglio 2002; vedi in particolare Longo G. O., Il disorientamento nella scienza e AA. VV. La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1995. 12 Forleo, M., Matematica e livelli di realtà, in “Prometeo”, giugno 2004. 122 così evidenti o possibili nuovi punti di vista, sino ad allora occultati dalla geometria classica ed è proprio la prospettiva relativistica che contribuisce in modo fondamentale a erodere la fiducia nella verità assoluta e nella natura assoluta della conoscenza umana9. Il viaggio nello spazio è un passaggio culturale. Nel periodo in cui Abbott scrive le sue elucubrazioni geometriche l’Inghilterra è l’epicentro di una rivoluzione scientifica e sociale. L’energia allo stato puro subisce una serie di trasformazioni, l’energia termica diventa meccanica ed elettrica, introducendo un massiccio uso delle macchine a vapore che sconvolge i canoni della realtà rurale, la cui sopravvivenza dipendeva incondizionatamente dai cicli stagionali. L’uomo instaura un nuovo rapporto con la natura attraverso la macchina, e dall’industrializzazione scaturisce una rivoluzione sociale che sconvolgendo le gerarchie secolari e i rapporti umani porta con sé una nuova immagine del mondo. Lo sbalzo dimensionale nello spazio è l’annullamento del punto archimedico, una necessaria perdita di valori assoluti, matematici e filosofici, e l’accettazione di nuove categorie come crisi della verità intesa come insieme di concetti chiari e distinti, e impossibilità di stabilire demarcazioni chiare tra scienza e non scienza, fra soggetto e oggetto, fra autonomia e dipendenza10. E’ rifiuto dell’esattezza e dell’oggettività e l’accettazione della complessità come tensione essenziale tra una vecchia e una nuova epistemologia11. Nonostante l’utopia e la matematica siano categorie mentali apparentemente distanti, entrambe sono rappresentazioni della realtà, ed entrambe si riferiscono ad un concetto di realtà che non è statico, ma è la rappresentazione di una delle possibili realtà esistenti, una delle letture plausibili relative ad un testo; ecco che il connubio tra letteratura utopica e matematica porta con se infinite altre implicazioni. Una delle certezze dominanti nell’epoca era dettata dal progressivo avvicinamento dell’uomo all’onniscienza attraverso un irreversibile progresso fatto di conoscenze descrittive ed esplicative acquisite osservando il proprio campo d’indagine da un punto di vista oggettivo e neutrale. Quest’opera è esemplare della assoluta autonomia della scienza rispetto ai discorsi utopici, nel racconto la matematica si fonde perfettamente con la rappresentazione utopistica ma non si confonde, esplode nel testo e diventa non più codice ma messaggio e da significante diventa essa stessa significato; il primo e più evidente livello di lettura, dal quale ogni successiva eventuale interpretazione prende forma, è la descrizione di un mondo matematico. La narrazione si biforca ulteriormente, sviluppandosi su più piani di lettura; da una parte il livello testuale utopico, una città ideale descritta in Flatlandia, una proiezione in uno spazio senza tempo e senza coordinate e dall’altra il livello ipertestuale, quello matematico della città del piano, perfettamente coerente e rispondente a delle regole geometriche implicite e condivise; un livello di astrazione e di ipoteticità che evidenzia l’aspetto utopico delle discipline matematiche. Tali proiezioni, che risultano divergenti e nello stesso tempo coincidenti e derivate dallo stesso testo, rendono questa letteratura reticolare e fonte generativa di una serie di livelli di lettura e di percorsi di pensiero12. Flatlandia: testo e contesto nelle utopie matematiche L’accettazione della relatività dei punti di vista definisce in questo testo un nuovo importantissimo approccio; la descrizione del mondo del piano non è più finita, unica, ma plausibile di interpretazioni e di variazioni; è un approccio generativo13, strumento con cui nell’utopia la matematica diventa utopia essa stessa, conducendo dalla dimensione della certezza alla dimensione della possibilità, dal testo all’ipertesto e diventando fonte di ulteriori utopie. Anche l’incipit di Flatlandia rimanda ad un concetto di generatività implicito nel testo: Be patient, for the world is broad and wide”14, è una chiave di lettura dell’opera e più in generale dei testi utopici matematici; l’opera di Abbott, un racconto fantastico davvero a più dimensioni, è un monito ad essere paziente e in qualche modo anche un invito alla lungimiranza, perché la vastità del mondo è metafora delle infinte possibilità che ci sono date come utopie da seguire. Bibliografia Abbott E. A., Flatland, a Romance of Many Dimensions, Seeley & Co., London, 1884; Mursia, Milano, 1990, Adelphi, Milano, 1993. AA. VV. La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1995. Baccolini R., Fortunati V. e Minerva N., Viaggi in utopia, Ravenna, Longo, 1996. Banchoff T., From Flatland to Hypergraphics; Interaction with Higher Dimensions, in “Interdisciplinary Science Reviews”, vol. 15, n. 4, 1990. Barrow, J.D., Il mondo dentro il mondo, Adelphi, Milano, 1991. Bianchi R., Alice non abita più qui, in E. A. Flatlandia, Fantasia a più dimensioni, Mursia, Milano, 1990. Colombo A., L’Utopia. Rifondazione di un’idea e di una storia, 1997. Dewdney A., Il Planiverso. Il computer e un mondo bidimensionale, Bollati Boringhieri, Torino, 2003. Emmer M., Mathland. Dal mondo piatto alle ipersuperfici, Testo & Immagine, Torino, 2004. Forleo M., Il Gioco delle Dimensioni, in “Lettera Matematica Pristem”, n. 49, 2003. Forleo, M., L’ordine regna a Flatlandia in “Sapere”, anno 70°, n.2. Forleo, M., Matematica e livelli di realtà, in “Prometeo”, giugno 2004. Fortunati V. e Trousson R., Dictionary of Literary Utopias, Paris, Champion, 2000. Hofstadter D. R, Goedel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano, 1984. Imperiale, A. New Flatness: Surface Tension in Digital Architecture, Birkhauser, 2000. Kuhn T., La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche, Einaudi, Torino, 1978. Longo G. O., Il disorientamento nella scienza in Atti del XVII Seminario d’Estate, “Il Disorientamento”, Ravello, 30 giugno - 3 luglio 2002. Riemann B., Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria ed altri scritti scientifici e filosofici, a cura di R. Pettoello, Bollati-Boringhieri, Torino, 1994. 13 Per approfondire il concetto di arte generativa si veda Soddu C., Città aleatorie, Milano Masson 1989 e, dello stesso autore, L’immagine non euclidea: la rappresentazione prospettica computerizzata dello spazio-tempo in architettura, Roma, Gangemi, 1987. 14 Incipit della prima parte di Flatland ripreso da Giulietta e Romeo di W. Shakespeare (Garzanti, Milano, 1993) III, iii, 16, p. 156. 123 Marianna Forleo Rucker R., La Quarta Dimensione, Adelphi, Milano, 1994. Shakespeare W. Giulietta e Romeo, Garzanti, Milano, 1993. Soddu C., Città aleatorie, Milano Masson 1989 e, dello stesso autore, L’immagine non euclidea: la rappresentazione prospettica computerizzata dello spazio-tempo in architettura, Roma, Gangemi, 1987. Taylor, F. W., Principles of Scientific Management, 1911. Trousson R., Viaggi in nessun luogo. Storia del pensiero utopico, Ravenna, Longo, 1992. Weick, K. Senso e significato nell’organizzazione, Raffaello Cortina editore, Milano, 1997. 124
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