2010-2 - parrocchia di Gemona
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2010-2 - parrocchia di Gemona
ANNO LXXVIII - N. 2 GIUGNO 2010 «Io faccio nuove tutte le cose» Oggi i dati sono i seguenti: Parrocchie: 374 Parroci: 188 Presbiteri sotto i 40 anni: 15 dai 40 ai 50 anni: 19 dai 50 ai 60 anni: 37 dai 60 ai 70 anni: 92 dai 70 agli 80 anni: 94 oltre gli 80 anni: 64 Totale: 321 Seminaristi: 14 E chi si occuperà dei nostri bambini? E chi seguirà i nostri giovani? E chi visiterà le nostre famiglie? E chi incontrerà i nostri vecchi? E chi pregherà per i nostri morti? Non possiamo assolutamente aspettare il 2020 per cercare una soluzione a questa situazione. Anche per Gemona è arrivato il tempo per ripensare la propria storia di comunità di fede. Non possiamo ammirare il “nostro” duomo, orgogliosi di averlo restaurato e non sentirci noi comunità di pietre vive che edificano il tempio vivo dello Spirito. Non possiamo ammirare il battistero, gioiello di fede, senza scoprire la dignità regale, sacerdotale e profetica FOTO PIGNAT. G.C. ARCHIVIO FOTOGRAFICO MUSEI CIVICI UDINE Da qualche tempo nel mese di giugno, alla fine dell’anno pastorale, il clero friulano assieme all’Arcivescovo si incontra per una pausa di riflessione e di programmazione. Quest’anno l’incontro si è svolto a Lignano. Il tema proposto di quest’anno è stato: Presbiteri dono di Dio per il mondo. Noi preti stiamo riflettendo sul nostro essere preti oggi, in un mondo che è in continuo cambiamento, trasformazione, evoluzione. Un mondo che ignora o trascura i cardini di una fede vissuta nei secoli, testimoniata dalle generazioni passate, trasmessa con fedeltà e ricchezza di forme e arte. Un mondo che non nega l’esistenza storica dell’uomo Gesù, ma semplicemente lo ignora e al massimo ne ammira alcune proposte di buone maniere e lo annovera tra i filantropi del passato (un po’ sopravvalutato, ma comunque finito male). Un mondo dove la “sacralità” della vita, delle famiglie, delle tradizioni, dell’appartenenza ad una terra che ha la sua storia di luci e di ombre, è in profonda crisi. Mentre i relatori sviluppano i temi con dovizia di citazioni bibliche e di riferimenti all’oggi e l’Arcivescovo ci presenta la lettera pastorale sull’urgenza di proporre ai nostri ragazzi-giovani la scelta vocazionale al sacerdozio, noi preti ci guardiamo attorno e con amarezza constatiamo che il colore dei capelli (di chi ancora li ha) ricalca i dati anagrafici e il numero dei sacerdoti operanti in diocesi. Fra un decennio, sotto i 75 anni (l’età in cui un sacerdote rassegna le dimissioni), in diocesi saranno in servizio sì e no un centinaio di preti, impegnati sia sul territorio sia al centro, nella curia e nei servizi diocesani. Fra dieci anni circa trecento parrocchie saranno senza prete! che ci è stata donata con il battesimo. Non possiamo dirci cristiani se in noi non c’è una ricerca della Verità, una frequenza costante all’Eucaristia della domenica, una trasmissione coerente della fede ai nostri piccoli, in attento ascolto della Parola di Dio. Non possiamo aspettarci dal prete (e fra qualche anno a Gemona ce ne sarà uno, forse due) tutti quei servizi che finora sono stati offerti alla comunità! Ma in tutta questa lettura negativa del presente bisogna con ottimismo guardare quello che di positivo sta nascendo nelle nostre coscienze. Stanchi di tante illusioni, cerchiamo qualcosa che ci parli di Dio, di eterno, di bello, di ineffabile. Non osiamo ancora chiamarlo Gesù Cristo, ma ci piacerebbe che potesse essere Lui la risposta positiva alle nostre angosce, che potesse essere Lui, la sua parola, la sua presenza nella storia, il collante delle nostre comunità. Occorrono allora annunciatori di una nuova primavera dello Spirito. Nuovi profeti come Isaia, che dall’alto delle torri dei campanili e castelli gridino «Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Non ve ne accorgete?». E allora bisogna che tutti i laici, uomini e donne, giovani e anziani, si riapproprino del loro ruolo di testimoni. Guardando con amarezza alla moda attuale dei matrimoni, solo civili, e delle convivenze, le poche coppie sposate in chiesa dovranno essere lievito e sale della pastorale familiare di Gemona. E dovranno essere i genitori e i padrini i primi e più autorevoli educatori della fede dei loro bambini. E dovranno essere i giovani-adulti gli animatori più (segue alla pagina successiva) l’arciprete monsignor Gastone Candusso 1 E allora, cosa possiamo fare? «Io faccio nuove tutte le cose» (dalla pagina precedente) adatti per simpatia e competenza per i nostri ragazzi. E dovranno essere gli adulti che prendono a cuore le situazioni di disagio e sofferenza delle nostre comunità… Certamente il prete rimane indispensabile per la comunità cristiana, ma la comunità deve, con coraggio, assumersi ruoli e servizi che spettano a lei. Non so cosa accadrà nei prossimi anni, ma sono certo che lo Spirito inventerà con la sua fantasia situazioni inedite, farà sorgere persone coraggiose, darà ardore e forza a giovani e famiglie. Lo Spirito farà ancora grande la Chiesa che vive, spera e ama nella nostra terra di Gemona. E allora, fra qualche tempo, correggeremo il tema dell’incontro di quest’anno. Non più Presbiteri dono per il mondo, bensì Presbiteri e comunità cristiana di Gemona, dono di testimonianza e di collaborazione per il mondo intero. l’arciprete monsignor Gastone Candusso Che cosa possono fare i laici – uomini e donne, anziani e giovani – per essere veramente testimoni e profeti di una nuova primavera dello Spirito? Ecco, tra i molti, alcuni spunti per contribuire – anche noi! – a far nuove tutte le cose: • I genitori organizzino la domenica, giorno del Signore, in modo che possano partecipare con i loro bambini alla Messa. • I genitori dei battezzandi scelgano come padrini/madrine persone che siano testimoni credibili del Vangelo (non conviventi o sposati civilmente: non possono essere garanti di un sacramento e negarne un altro!). • Incominciamo a frequentare durante l’anno uno dei tanti incontri di formazione che la parrocchia propone. • Rendiamoci disponibili per formare un gruppo di famiglie che organizzino e animino momenti di formazione-condivisione-gioco con figli, nonni, amici (presso la casa di Forni). • Giovani adulti che si affianchino ai nostri ragazzi delle superiori nel cammino di Cresima (gli animatori attuali stanno boccheggiando). • Aderire al prezioso “Coro 118” (sempre disponibile in mille occasioni!) per animare il canto delle varie liturgie. Attualmente il coro rischia di estinguersi. • Ascoltare e possibilmente aderire alle tante iniziative che ogni domenica vengono proposte. • Verificare la possibilità di animare la liturgia della Parola nelle borgate (ovviamente dopo una congrua preparazione). Sono impegni che ogni cristiano può assumere ed affrontare con serenità, in un clima di fraterna e generosa collaborazione, nella certezza di poter sempre contare sulla presenza e sull’ausilio dello Spirito. l’arciprete Forni: una casa aperta a tutta Gemona Ringraciament par don Gastone Sin partîs in corierute A lʼinvît di Monsignôr, Par mangià ʼne pastessute. Cé speravino di miôr? Un grant pranzo àn preparât: Vevin Ruben diretôr, E di ajût lis femenutis Chʼa si mèritin lʼonôr! ʼNe bielissime zomade Vin passat in compagnie, Bal e ciante armonicade... Peciât: ore di la vie. Ripartîs barsaletant, Cun che plebe no bessole, Ma in legrie ringraceant Sin tornâs a Campagnole! Il gruppo degli anziani di Campagnola in gita a Forni. Voleva essere una battuta e invece è stata presa sul serio: in dicembre sono andato a fare gli auguri di buon Natale al gruppo anziani di Campagnola e, visto e considerato che avevo due blocchetti della lotteria in tasca, li ho venduti dicendo che se avessero vinto qualcosa li avrei portati in gita a Forni. E hanno vinto il quarto premio: un buono spesa di 150 euro presso la macelleria Contessi. Quindi tutti in gita 2 il 22 maggio nella grande casa di Forni! Complice il clima gioioso del gruppo, il pranzo ottimo e abbondante, i giri di walzer a suon di armonica… insomma: nessuno voleva tornare a Gemona. Per convincerli al rientro è stato promesso un campo per il gruppo anziani di Campagnola, da lunedì 12 a giovedì 15 luglio, e tantissimi hanno accolto l’invito. Ma anche le altre borgate possono organizzare qualche giornata di soggiorno Livute nella nostra casa. Il gruppo dell’Azione Cattolica propone quattro giorni, dal 5 all’8 luglio. Non si tratta di un ritiro spirituale, ma di un bellissimo modo di stare assieme, dimenticando i problemi e i malanni di salute per godere la solidarietà, l’amicizia e l’armonia del creato. La stessa esperienza viene proposta dal 9 all’11 luglio: le iscrizioni in canonica fino ad esaurimento posti. 50 GIOVANI A FORNI A CONCLUSIONE DI UN PERCORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI Bolle di ossigeno: accogliere, ascoltare, narrare L’incontro di Forni ha dato modo di tirare le somme di un percorso di formazione per animatori e di programmare i prossimi impegni. Non sono mancati spunti per riflessioni personali sui principali temi trattati durante l’anno. Eccone alcuni. Accogliere È la virtù cristiana di chi sa riconoscere la diversità come una ricchezza, e lascia che la propria vita venga cambiata dall’incontro con l’altro. È la virtù di chi sa creare, inventare uno spazio per l’altro. La virtù di chi vuole cercare e sa trovare un linguaggio comune, luoghi e spazi di condivisione. È una virtù dell’arricchimento: che valorizza e mette insieme le reciproche ricchezze. Lo stile accogliente chiede d’esercitare l’amore nell’atto d’accettare l’altro, di riconoscerlo per tutto quello che è; comporta di rispettare l’altro, di accoglierlo nella nostra vita e nella nostra casa, con ospitalità piena e delicata Accoglienza vuol dire... arricchirci a vicenda. Ascoltare Un esempio?.... Cellulare sempre in tasca, messaggi continui... sempre fonte di grande distrazione e di non ascolto verso il prossimo. A volte però l'abitudine o la semplice curiosità di leggere quella risposta, distoglie la nostra attenzione e ci pone in uno stato, in un atteggiamento di non ascolto e di non rispetto nei confronti degli altri. Anche un gesto così piccolo, così banale, come resistere a questa tentazione tanto forte, sebbene non sia molto facile, potrebbe aiutarci a ridurre la distanza tra noi e in tal modo avvicinarci… anche a Lui. Narrare Ci è stato chiesto di pensare dove abbiamo potuto sentire la presenza del Signore nella festa di sabato sera che aveva come tema l’Africa. Ora, per capire ciò, più che concentrarci su ciò che abbiamo fatto, bisogna partire dalle emozioni e sensazioni suscitate dalle varie attività svolte; esse sono uniche e assolutamente personali, ma hanno un punto in comune: sono state provate da persone, da giovani ac corsi quassù per fare un’esperienza di Fede, di comunità e di condivisione. E di certo non siamo venuti quassù per caso: c’è Qualcuno che ha pensato a ciascuno di noi singolarmente, ha messo in ciascuno dei nostri cuori il desiderio di fare qualcosa per gli altri, di mettersi al servizio della comunità di Gemona, aiutando i più piccoli a crescere. Molti potrebbero dire di essere venuti fin qua solo per curiosità o per voglia di stare con gli amici del cuore, ma alla fine questa è la vocazione che abbiamo ricevuto, magari inconsapevole, mascherata da termini comuni perché una chiamata così grande non ha parole che la possano descrivere. Ed è proprio questo che ci rende comunità cristiana: un insieme eterogeneo di persone – con personalità, esperienze, limiti e forze diversi – accomunate da una volontà e da una chiamata che Gesù rivolge a ciascuno. Paura Ho una fortissima paura di parlare in pubblico: la stessa paura – credo – che provano i ragazzi che erano nel gruppo-gioco insieme a me. È la paura di essere giudicati e di non fare bene una cosa; in questo caso pensare e poi spiegare un gioco ad altri ragazzi. Però stamattina quando li ho visti contenti e soddisfatti del loro lavoro, ho capito che quel coraggio aveva un perchè. Vedere i loro sorrisi, la loro forza nel dire ce l'ho fatta, ho fatto qualcosa di nuovo, che non avevo mai provato, di fronte a tutti, è stato prezioso. Nel coraggio che hanno avuto, lì c'era Dio. E Dio c’era anche nella preghiera: in quel silenzio, in quella luce, in quei meravigliosi gesti lenti ed in particolare nel Padre Nostro, lì Dio c’era. Quando abbiamo recitato il Padre Nostro io non l'ho detto a voce alta, ma l'ho sussurrato. Mi sono dedicata all'ascolto. Sentire quelle voci, quell'unione di tutti noi che ci tenevamo per mano: lì c'era il Signore. Quando eravamo una sola anima, un solo cuore. Nelle cose semplici si trovano le cose più grandi. Semence di amôr Signôr, i ûl fâti une prejere par nô zovins animadôrs. A nô, che i sin mandâts a contâ di Te ai piçui par che a imparin a ricognossi lis maraveis dal to amôr intai fradis, intal Creât, inta Glesie, a nô insegne a saveiti cjatâ in dutis lis robis, piçulis e grandis, e a savei cjalâ cun sperance ducj i events, biei e mancul biei: parceche in dut Tu tu nus sês dongje, in dut il to amôr a nus condûs e nuje intal to progjet al è dibant. Se i savarin vê cheste consapevolece, che no sin mai dibessoi parceche Tu tu sês simpri cun nô, alore i podarin ancje puartâ cheste biele gnove a chei altris… E i contarin di Te e chei fruts che a nus scoltaran a podaran viodi in nô une piçule semence dal to amôr. 3 IL 2 MAGGIO IN DUOMO UNO STUOLO DI BAMBINI E LE LORO FAMIGLIE Prima Comunione 2010: solo un episodio? Dal Vangelo di Matteo: Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, [i Magi] per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Da un Vangelo molto apocrifo di origine gemonese: I Magi nel XIV secolo, prima di approdare nella cattedrale di Colonia, si fermarono a Gemona dove, dall’alto della facciata del Duomo, continuano ad osservare e commentare gli eventi ecclesiali della parrocchia. Anche quest’anno domenica 2 maggio così borbottavano guardando i settantadue bambini che commossi entravano in chiesa per la Prima Comunione. Baldassarre: «Gaspare, ti ricordi di questi bambini? Sono stati presentati alla comunità lo scorso novembre». Gaspare: «Certamente! Ricordo anche l’inizio del loro cammino di preparazione a questa giornata. In seconda elementare erano piccolini, ma sono cresciuti con l’aiuto delle famiglie e delle catechiste. E ricordo anche il giorno della loro Prima Confessione. Erano splendenti nella loro veste bianca battesimale». Melchiorre: «E io so che a Forni, il 10 e 11 aprile, hanno vissuto un fine settimana molto intenso. Hanno impastato e cotto il pane riflettendo sugli ingredienti giusti per essere loro stessi un pane fragrante. E poi la paraliturgia dell’ultima cena con la lavanda dei piedi». Baldassarre: «Guarda come sono belli oggi! Sembrano perfino buoni!». Gaspare: «E guarda guarda… Mai visti tante mam4 me e tanti papà entrare in Duomo per la Messa. Questi bambini oggi hanno fatto un miracolo!». Melchiorre: «Se va avanti così dovremo ampliare il Duomo». Intanto il coro dei bambini e giovani intona il canto Siamo arrivati da mille strade diverse… e inizia la Messa di Prima Comunione. *** Domenica 30 maggio, fuori onda registriamo il dialogo dei re magi in lingua aramaica con inflessioni celtiche: Gaspar: «Ma dulà sono finîs i fruts de Prime Comunion?». Baldasar: «Al è quasi un mês che no ju viôdin a Messe. No ju varà migo copâts Erode?». Melchior: «No, no! A stan benon… ma la domenie e àn simpri masse robis di fâ e cussì la Messe e salte». Gaspar: «Alore nol covente slargjâ il Domo?». Baldasar: «No sta preocupâti. Lis cjadreis dai fruts a son simpri vueidis e a spietin ch’a tornin. Sperin che dopo lis vacancis, quant ch’a laran in cuinte, a podaran vignî a Messe». Melchior: «Puar Gjesù! Tante confusion, tante pice di viodi, di fotografâ. Sbruntâsi par jessi devant… E cumò mieç Domo vueit». E nel silenzio del sagrato semivuoto si sente il sospiro dei due saggi Pense e Maravèe: «Continuate a seminare con fiducia e costanza. Anche Gesù ha detto che il Regno di Dio cresce nella pazienza. Cresce di giorno e di notte, cresce con la pioggia e il sole… L’importante è affidarsi a Lui e affidarli a Lui». 72 FELICITÀ Elena Anzilutti Sabrina Aquilani Valentino Baldassi Alan Baradel Andrea Barbano Kevin Baschino Anna Berra Giulia Bierti Mauro Bierti Nicola Cantin Alessia Cargnelutti Daniel Cargnelutti Nicole Castellarin Giacomo Cereghin Ilaria Cereghin Riccardo Ceschin Evelin Colussi Alessandro Cucchiaro Thomas Danelutti Maria De Laurentis Riccardo Dereani Stefano Del Missier Lorenzo Di Giusto Davide Digianantonio Anna Ellero Leonardo Ellero Martina Ellero Anna Faleschini Emiliano Fallilone Eleonora Fiorini Giulia Forgiarini Paolo Forgiarini Ruben Genoni Giada Gubiani Giovanni Laratro Luna Lepore Mattia Linossi Monica Londero Michela Lostuzzo Gregorio Macor Luca Madotto Maoi Madussi Riki Madussi Chiara Marchetti Davide Marchetti Emanuele Marchetti Siria Marchetti Simone Martina Marco Marzona Luca Mazzoleni Marzio Meot Megan Palese Siria Palese Nicholas Pascolo Lorenzo Pastrello Beniamino Perri Iris Piaquadio Davide Picco Gabriele Pischiutti Emanuele Pittini Alex Pretto Alessia Rossi Davide Rossi Valentina Rumiz Arianna Scinto Thomas Sommaro Eleonora Stroili Elia Taverna Jacopo Urbani Ellison Vacca Luca Venudo Lorenzo Zanella 9 MAGGIO 2010: CELEBRAZIONE DELLA CONFERMAZIONE Un Sacramento per testimoniare una scelta di vita Pubblichiamo le parole rivolte ai cresimandi rispettivamente dalla direttrice del Consiglio Pastorale Parrocchiale e dagli animatori che li hanno condotti a questo importante traguardo. L’arciprete mi ha chiesto di dirvi qualche parola di benvenuto nella comunità dei cristiani, che è qui a Gemona. Vi dico solo poche cose. La prima che non avrei mai pensato d’essere qui a parlare a nome del Consiglio Pastorale a voi cresimati. Ma lo Spirito, che continua a vivere nella Chiesa, ci sorprende con le sue proposte, in altre parole ci prende in contropiede e poi spetta a ciascuno, in piena libertà, dare la propria risposta. Io ho detto SÌ all’inaspettato invito ad essere il direttore del Consiglio Pastorale, anche se mi sento inadeguata. Anche voi avete risposto SÌ di fronte ad una scelta. Quella di oggi è una scelta di vita: essere dei cristiani adulti. La seconda cosa che desidero esprimervi è un grande GRAZIE a nome della parrocchia. Grazie del vostro sì, libero e consapevole, alla proposta di un cammino di fede, percorso assieme agli animatori e sacerdoti don Gastone, padre Luigi, don Federico, don Oscar, che vi ha portato qui oggi a ricevere la Cresima: la vostra personale Pentecoste. Ma oggi è solo una tappa, o meglio, è una nuova partenza verso una proposta di vita, quella cristiana, una proposta contro corrente, in un mondo che ci viene presentato dai media come superficiale, ma in cui in realtà è presente una vivacità di servizi e di attenzione ai bisogni dell’uomo. La vostra presenza qui è la conferma di questa vivacità. Il terzo e ultimo pensiero è: ricordatevi che non siete mai lasciati soli in questa avventura. La parrocchia continua ad offrirvi gli incontri del giovedì sera anche nei prossimi anni, con proposte stimolanti per una crescita personale. Noi cristiani crediamo che la Chiesa, di cui tutti noi facciamo parte, o meglio come si legge nella Bibbia, di cui siamo “ pietre vive” (1 Pt), esiste nello Spirito, che dona una speciale forza per testimoniare la fede cristiana, in ogni tempo e in tutti i luoghi della terra. Lo Spirito Santo oggi vi ha dato un biglietto d’ingresso nella comunità, per donare qualcosa di voi stessi, del vostro tempo, della vostra creatività, del vostro giovanile entusiasmo. E non abbiate paura, perché è la vitalità dello Spirito che dà il coraggio nell’affermare con orgoglio che siamo cristiani. Con la vostra preziosa testimonianza Gemona sarà migliore, perché crescerà nella nostra comunità il potenziale d’amore e di servizio, inseriti nel filone di antica tradizione cristiana di questa città. Gesù Tutti insieme dopo la Cresima con monsignor Igino Sciff, vicario dell’arcivescovo. continua ad alitare il suo soffio vitale su di noi, e ciò di cui abbiamo bisogno, lo Spirito ce lo dona: dobbiamo averne forte la consapevolezza. Termino con questo augurio: lasciatevi stupire dall’imprevedibilità dello Spirito. Grazie ragazzi! La comunità cristiana di Gemona vi accoglie, con simpatia ed affetto, in un simbolico abbraccio. Adelina Cavallari Fazzini direttrice del Consiglio Pastorale Parrocchiale Come animatori sentiamo il desiderio di ringraziare il Signore per averci messo su questa strada, che ci ha portati a stare accanto e a relazionarci, pur con tutti i nostri limiti, con diversi giovani e ci ha permesso di costruire passo passo un prezioso rapporto con Lui. Un grazie a chi ha continuato a rimanere vicino a noi, a parlarci, pensarci, fidarsi, pregare, spendere tempo con noi e per noi. Grazie a padre Luigi, don Gastone, don Federico e don Oscar che in questo percorso ci hanno stimolati, provocati e soprattutto ci hanno portato la loro testimonianza di fede vissuta nella quotidianità. Un pensiero anche a tutti gli animatori, gli amici, le persone della comunità, i genitori dei ragazzi che non hanno mancato di farci sentire la loro presenza e il loro sostegno e sono stati davvero acqua preziosa sul e per il nostro cammino. E un grazie e un augurio a voi, ragazzi, che abbiate ancora voglia di fare metri insieme, di approfondire e rinnovare il vostro legame con la fede, di trovare stimoli per giocarvi nella comunità e per la comunità, continuando a rimanere uniti ma anche ad aprirvi agli altri, cercando ECCO I CRESIMATI Alessio Agnolet Robert Argenta Marco Buzzolini Claudia Carafoli Ambra Cargnelutti Debora Cariolato Martina Cariolato Simone Carnelutti Francesca Collini Manuel Colomba Mattia Colussi Rosa Contin Alessandro Copetti Lucio Cragnolini Giulia Cucchiaro Alberto Della Signora Bruno Della Vedova Sandy Del Missier Marco De Mezzo Andrea Di Bernardo Rebecca Di Bernardo Federico Di Giusto Martina Goi Damiano Gurisatti Valentina Lepore Francesca Londero Nicola Londero Andrea Madile Arianna Marchetti Eva Marini Maria Maroelli Marta Maschio Antonella Micossi Alessia Molino Sebastian Morales Mattia Nenis Francesco Nucci Federico Palla Fabio Pascolo Federico Patat Simonetta Perini Federica Piazza Francesco Piazza Federica Picco Laura Picco Carla Pulsiano Moira Rosso Paolo Russian Matilde Sabidussi Mauro Sabidussi Ana Scalera Alessandro Scinto Denis Silverio Andrea Stefani Debora Stroiazzo Simone Tonetto Maria Tonino Anna Tosetto Alessandro Varisco Marta Vidoni Paolo Zingaro insieme quella verità che renderà bella, gioiosa e preziosa la vostra vita. A ognuno di voi vorremmo riuscire a sussurrare ciò che Dio vuole dirvi: «Tu sei prezioso ai miei occhi perché sei degno di stima e io ti voglio bene!». Gli animatori 5 ALLA SCOPERTA DELLA VERA BELLEZZA, DENTRO DI NOI Il percorso di quelli di quinta Con la Comunione si diventa grandi e noi abbiamo deciso di dedicare del tempo, accanto allo sport, alla musica, alla danza, anche a GESÙ continuando perciò il nostro cammino di catechismo. Siamo dunque ri-partiti in quinta e abbiamo aderito al progetto della Diocesi dal titolo Lo pose nel giardino per ricordare che all’inizio della Creazione del mondo Dio ci pose nel giardino dell’Eden e ci affidò il compito di prendercene cura. Noi della squadra ALFA, (perché A è l’iniziale di Amici) abbiamo aiutato la squadra K: quattro Supereroi le cui iniziali formano la parola kalos – bellezza, a contrastare le malefatte del perfido dottor Lecstenio, che si divertiva a fare del male e non voleva che nessuno fosse contento. Lui era diventato a poco a poco cattivo, quasi senza accorgersi, perché è più facile, divertente e soprattutto meno faticoso fare il male. Piano piano è talmente cambiato che, persino il suo nome, da Celestino, è diventato Lecstenio. Per fargli riscoprire la bellezza, anche noi nella prima tappa abbiamo cercato di vedere con occhi nuovi le persone e le cose che ci circondano e, con le nostre attività, abbiamo fatto sbocciare i fiori per 6 realizzare il “nostro” Giardino della Bellezza. Siamo partiti partecipando tutti assieme alla veglia di preghiera a Udine. È stato bello vedere che eravamo in tanti, tutti uniti nella stessa Avventura. Prima di Natale, siamo andati a visitare gli anziani e il centro CSRE con le persone diversamente abili. Assieme a loro abbiamo potuto vedere e capire quanto è più importante essere che apparire. Per conoscere meglio gli altri e capirli bisogna andare oltre alle apparenze e guardare le Qualità, il Cuore che sono la vera Bellezza. Questo lo abbiamo capito anche durante l’incontro con la signora Teresa Zearo che ci ha parlato della sua avventura con i bambini del Burundi. Abbiamo cercato la Bellezza anche nelle opere d’arte, ammirando nel Museo del Duomo l’Ostensorio. Per ve dere tutte le cose che don Gastone ci diceva, bisognava guardare proprio con attenzione!! A gennaio, sfidando il mal tempo, abbiamo passato un fine settimana a Forni. Siamo stati premiati: c’era tanta neve e ci siamo divertiti a giocare, ballare e capire meglio che Gesù ci guarda e ci chiama a seguirlo. Se sappiamo dire sì ci cambia la vita perché riusciamo ad essere veramente felici. Sa quali sono le nostre difficoltà e ci è sempre vicino per aiutarci; Lui vede nel nostro cuore ed è attento anche ai nostri piccoli gesti. Queste riflessioni ci hanno permesso di realizzare il nostro cartellone e far sbocciare un altro fiore! Alla sera ci siamo poi ritrovati in cappella e con la Veglia abbiamo visto che quando ascoltiamo la parola di Gesù e la mettiamo in pratica, la sua luce ci illumina e la possiamo donare anche a chi ci è vicino. Quando le mani accolgono, il cuore ama; e scopro che la vera gioia è: donare! I Santi hanno capito che donare dà la felicità e con la loro vita ci indicano la strada, come Sant’Antonio che abbiamo conosciuto visitando il nostro Santuario di Gemona, guidati da padre Luigi. Abbiamo cercato di capire cos’è un desiderio, un desiderio vero, quello che dà la felicità; e poi abbiamo realizzato l’acchiappa-desideri per non cadere nel tranello di Lecstenio! Lui per imbrogliare regalava a tutti gli occhialieti, gli occhiali per realizzare gratis e senza sforzo i desideri. Ma era una trappola perché senza fatica niente di bello e importante si può realizzare. Per comprendere che l’impegno e la fatica vengono sempre ripagati alla grande, siamo andati a Sant’Agnese. Una camminata diversa, con tante attività che ci hanno fatto esclamare: «È stata proprio una bella fatica!». Per prepararci alla Pasqua, abbiamo visto con quanto amore ci ama Gesù e lo abbiamo confrontato con il nostro. Abbiamo guardato dentro il nostro cuore: lo abbiamo donato, così com’è, a Gesù rappresentandolo su un cartoncino. Tutti i nostri cuori hanno formato il cuore grande di Gesù che ci ama tutti e ci dice: «Làsciati amare!». Abbiamo così risolto l’indovinello “Italsica Arema” e aiutato la squadra K a vincere le malefatte di Lecstenio durante la seconda tappa del percorso. L’Amore vince sempre, lo abbiamo visto anche nel passaggio di Gesù dalla morte sulla croce alla nuova vita nel giardino della resurrezione. Come all’inizio il mondo è stato creato in un giardino, così sempre in un giardino è stato salvato. Il seme delle parole sentite, di tutto quello che è stato fatto e visto con occhi nuovi, ha fatto fiorire la nostra bellezza. Per questo ognuno di noi ha realizzato un fiore che spunta dalle rocce, perché vogliamo che la nostra fede – l’amicizia con Dio – sia solida (segue alla pagina successiva) CON L’INGRESSO NELLE PARROCCHIE DI OSPEDALETTO E CAMPOLESSI Triplice incarico a don Federico La chiesa di San Marco, stracolma di fedeli di Campolessi, di Ospedaletto e della nostra pieve, ha accolto domenica 11 aprile don Federico Grosso che ha fatto il suo ingresso quale parroco delle due borgate gemonesi, rinnovando il suo impegno di obbedienza sacerdotale all’arcivescovo e presiedendo la solenne messa d’insediamento. Come i nostri lettori ricorderanno, dopo la partenza di don Maurizio Stefanutti destinato al santuario di Lourdes, don Federico, pur mantenendo il suo incarico di vicario arcipretale nella nostra pieve, ha assunto anche la cura pastorale delle altre due parrocchie, ponendo le basi per un’azione pastorale comune. Ciò non significa – e lo ha ribadito nel suo intervento monsignor arciprete che a nome dell’arcivescovo ha immesso don Federico nella sua nuova funzione – fondere le tre realtà gemonesi per costituire un’unica super-parrocchia, annullando quelle minori: si tratta invece di imparare, ancora più di quanto già accade, a coordinarsi e a camminare insieme, a proporsi obiettivi comuni, a mettere assieme le forze. Il nuovo pastore è stato accolto dalle rappresentanze delle due parrocchie che, per bocca dei direttori dei Consigli pastorali, hanno espresso il più caloroso benvenuto affermando che le comunità di Lessi e di Ospedaletto «intendono cogliere l'opportunità e la sfida di collaborare insieme e di collaborare con lei, condividendo i progetti e affrontando unite le difficoltà che si presenteranno». L’obiettivo è quello di divenire «una comunità unica, che accoglie nella nuova guida spirituale la persona a cui fare riferimento per un tempo che tutti ci auguriamo lungo; che vuole trovare in lei il pastore, il sacerdote al quale rivolgersi con fiducia». Nella sua appassionata omelia (nella foto) don Federico ha innanzi tutto chiesto al Signore che questa esperienza sia accompagnata dalla sua grazia ma ha sottolineato che toccherà alle comunità dei fedeli impegnarsi a «cambiare in modo radicale il nostro stile parrocchiale. La situazione, che abbiamo sempre considerato futuribile, di comunità cristiane che vivono quasi completamente senza preti, è infatti ormai alle porte e ci interpella: fra non molto in tutta Gemona forse si riuscirà a garantire solo le messe nelle tre chiese parrocchiali – duomo, Campolessi e Ospedaletto – e per il resto... chissà». Come reagire a questa situazione? «Senz’altro occorre chiedere allo Spirito – ha continuato don Federico – che ci spinga ad agire e che stimoli la fantasia di tutti i fedeli per un coinvolgimento diretto nella gestione della parrocchia. Non so se sia opportuno aspettare che siano gli eventi a costringerci a cambiare le cose: forse è più utile mettersi nella direzione giusta fin da subito, dando alle cose le precedenze che meritano». Il percorso giardini realizzati ma voi, ragazzi, per Dio siete quelli più preziosi e se vi guardate negli occhi scoprirete la bellezza incarnata – fatta carne. La vera bellezza è quella che è dentro ognuno di noi». Anche Lecstenio piano piano guardando nel suo cuore ha trovato: Costanza, Entu sia smo, Lavoro, Educazione, Studio, Tranquillità, Impegno, Novità, Ottimi smo: erano le qualità di Celestino. Per non farle morire, ma farle crescere gli è venuta voglia di impegnarsi per cambiare e ritornare ad essere il buon Celestino! È stato entusiasmante anche il momento della premiazione; quanta attesa, quanti sospiri nel vedere gli altri premiati e poi, quando non ci speravamo più, ecco chiamare tra i top five anche il nostro gruppo. Tra tutti siamo arrivati quarti con il premio Per un pelo e possiamo dire: «è stata proprio una bella fatica!». (dalla pagina precedente) proprio come la casa sulla roccia e ci accompagni nel cammino della vita. Questo è il significato dell’Arcobaleno che abbiamo realizzato. Ogni volta che lo vedremo dopo il temporale, ricorderemo il patto d’amore tra Dio e ciascuno di noi. Per concludere questo percorso, domenica 16 maggio abbiamo partecipato alla bellissima festa di Kalopolis. Qui abbiamo sperimentato la vera gioia lasciandoci coinvolgere da balli, canti, giochi, storie. Eravamo in tantissimi gruppi che rappresentavano i ragazzi di tutta la nostra Diocesi. Vederci tutti assieme ci ha fatto sentire Chiesa viva. Molto bello è stato anche l’incontro con don Ivan che ci ha detto: «Sono belli i «Per le comunità cristiane – ha concluso don Federico – certamente la messa è la priorità assoluta, e poco importa se ce l'ho sotto casa o se devo andare a cercarla dove viene celebrata». Ma ai cristiani oggi viene chiesto «di farsi carico anche delle difficoltà che sta attraversando la Chiesa intera, sotto un tiro incrociato di critiche e di accuse, alcune giustificate, altre meno. E senza rimpiangere antichi privilegi, occorre prendere coscienza di ciò che è veramente fondamentale, come fecero i discepoli, annichiliti dalla condanna e dall’esecuzione del loro Maestro: seppero intraprendere la strada dell'annuncio e della testimonianza di Colui che, disprezzato e reietto dagli uomini, con le sue piaghe ha guarito l'umanità intera». Al termine della messa, prima dell’incontro conviviale nella sala parrocchiale, il sindaco di Gemona, Paolo Urbani, con un gesto ricco di profondi significati, ha voluto donare a don Federico un tallero di Maria Teresa, con l’auspicio che il suo ministero vada a beneficio dell’intera comunità gemonese. Da 60 anni insieme Nella stessa data e nello stesso luogo di sessant’anni fa i coniugi Elisa e Aldo Forgiarini, circondati dai familiari e dagli amici, hanno voluto ricordare le loro nozze celebrate in duomo il 4 marzo 1950. Agli sposi di diamante le congratulazioni per l’invidiabile traguardo raggiunto e l’augurio di poter festeggiare ancora tanti anniversari insieme. 7 A FORNI CON LE FAMIGLIE DEI BAMBINI DEL PRIMO ANNO DI CATECHISMO Chi ben comincia è alla metà dell’opera Il 24 ed il 25 aprile si è svolto il primo fine settimana a Forni Avoltri per le famiglie dei bambini del primo anno di catechismo (che frequentano la seconda elementare). 18 famiglie (per un totale di 45 persone sabato e 65 domenica), hanno partecipato all'iniziativa. Uno splendido sole ha fatto da cornice alle attività, pensate appositamente per far star bene tutti e per far scoprire a chi ancora non le conosceva tutte le risorse, soprattutto umane, su cui può contare la parrocchia durante i campi estivi ed i ritiri in montagna. Ecco il racconto dei genitori: Nel cartellone che un papà ha spontaneamente scritto riportando i commenti di ciascuno al termine dell'esperienza a Forni, si possono trovare tante belle parole, tra cui: costruttiva, coinvolgente, luminosa, emozionante, fortemente voluta, nostra! Abbiamo fatto bene, dunque, a lanciarci con entusiasmo in quest'avventura. Tutto ciò che è stato presentato durante l'anno dalle catechiste (ci riferiamo in particolare alle riunioni per noi grandi) ci è piaciuto, per cui non è stato difficile avere fiducia anche in questo progetto. Volevamo soddisfare il desiderio dei nostri figli e invece, a posteriori, siamo noi che dobbiamo ringraziare loro che ci hanno dato la possibilità (grazie al loro catechismo) di scoprire questo stile nuovo di vivere la comunità. I modi di fare il campeggio sono cambiati: ora possiamo contare su molte comodità e tecnologie che 25 anni fa – cioè quando alcuni di noi prendevano parte ai primi campi estivi parrocchiali dopo il terremoto – non c'erano…Ma una cosa non è cambiata: il modo di STARE INSIEME. I due giorni dedicati ai nostri bambini, anzi alle nostre famiglie, hanno significato ancora più del semplice passare qualche ora in compagnia. Non è stata solo l’occasione per fare festa, per ricordarci che basta poco per rallegrare l'atmosfera e sentirsi alleggeriti dal peso della routine. La cosa più bella è stata che pur non sapendo molto l'uno dell'altro, ci siamo, dopo tanto tempo, sentiti accolti. Mamme, papà, nonni, sacerdote, animatrici, catechiste, cuoche e bambini… davvero una bella compagnia, variegata in tutti i sensi, ma che si è subito dimostrata compatta nel desiderio di condivisione. La buona riuscita di questo mini-campo famiglie non è solo dovuta alla casa nuova, così spaziosa, né agli incantevoli luoghi che circondano l'abitazione. Il merito è soprattutto delle emozioni genuine che sono nate dall'incontro tra tutti noi durante la passeggiata, le sane mangiate, le chiacchierate, i momenti di gioco e soprattutto di preghiera. In particolare ricordiamo il dolce risveglio di domenica mattina e l'intenso momento della Santa Messa, che abbiamo vissuto come un risveglio dei cuori. Abbiamo avuto l'opportunità di parlare a tu per tu con le catechiste, mentre i bimbi giocavano e si divertivano con le bravissime Simonetta, Claudia e Anna. Qualche genitore ha raccontato come il proprio figlio ha vissuto questi primi mesi di catechismo: diverse ma molto positive le esperienze, che hanno sottolineato la gioia e la serenità con cui i bambini hanno intrapreso questo percorso. Sicuramente giornate come queste rinsaldano il legame con la comunità e fanno sentire anche noi adulti, come i nostri figli, parte di una Chiesa viva. È proprio vero ciò che abbiamo scritto sul cartellone: abbiamo sentito questa esperienza nostra e siamo sicuri che, quando torneremo a Forni Avoltri in estate, vivremo un'esperienza ancora più bella! + La Comunità di S. Maria Assunta grata per i doni spirituali ricevuti da Monsignor Luciano Felice e da Don Giovanni Zearo innalza al Signore una preghiera affettuosa e riconoscente affinché li accolga nella pace e nella gloria eterna. Voce Amica li ricorderà nel prossimo numero 8 In alto: una parte dei partecipanti. Qui sopra: tre papà in un momento di relax e... l’affetto per l’animatrice Claudia letteralmente sommersa in un abbraccio gioioso. LE RELAZIONI E I CONTATTI CON LE MISSIONI “SORELLE” IN INDIA, BOLIVIA E BURUNDI Brevi dal Gruppo Missionario Martedì 25 maggio, nella sala riunioni della canonica, il gruppo missionario ha incontrato padre Push Panadam, amico della Parrocchia oramai da alcuni anni. Con la sua grande energia, padre Push è riuscito a costruire una salda rete di contatti con alcune comunità friulane, tra cui Gemona, con lo scopo di creare un altrettanto saldo legame tra i ragazzi a cui lui si dedica in India e noi. In questa sua visita, padre Push ci ha aggiornati sullo stato di avanzamento del suo ultimo progetto: una scuola-convitto che ospiterà 40 bambini le cui famiglie versano in condizioni disagiate. Ci ha molto colpiti sapere che sono arrivate centinaia di richieste di iscrizione alla scuola e che quindi non tutti potranno accedervi. Il nostro impegno per sostenere le iniziative di padre Push continuerà senza sosta, in modo che lui possa entro il minor tempo possibile ospitare nuovi ragazzi e dar loro la certezza di un futuro migliore. L’incontro è stato anche l’occasione per festeggiare i 40 anni di sacerdozio di padre Push, che ringraziamo di cuore per il grande esempio di missionarietà che dà a tutti noi. Gemona e Morochata, cominciato due anni fa con “l’adozione“ di questo villaggio della diocesi di monsignor Tito Solari. L’arcivescovo, che si trova in Italia per una permanenza che si protrarrà fino al 18 ottobre, verrà presto a trovarci per illustrare i frutti del nostro lavoro in aiuto al piccolo centro. Morochata, isolato paesello sull’altipiano, ha già realizzato molto grazie al sostegno della nostra parrocchia: ha acquistato un mezzo di trasporto di seconda mano per permettere al sacerdote di raggiungere il villaggio (che dista 4 ore da Cochabamba, sede della diocesi) e ha ristrutturato una stanza del centro giovanile. Monsignor Solari, missionario salesiano, è da 36 anni in Bolivia e vi è andato a patto di rimanerci tutta la vita, per gettare ponti di fraternità ed amicizia che uniscono i popoli, per creare – come lui stesso dice – “una grande famiglia: sogno di Dio e sfida per ogni cittadino“. “Las golondrinas nunca migran de Cochabamba” (le rondini non vanno mai via da Cochabamba): è un noto detto per sottolineare il clima di eterna primavera di cui gode il distretto boliviano. Noi godiamo soprattutto della primavera spirituale che ci offre il bellissimo gemellaggio tra Mercoledì 9 giugno, una rappresentanza del Gruppo Missionario ha incontrato don Protasio, missionario burundese, che proprio in questo periodo è in visita in Friuli. Dopo la celebrazione della santa messa nella chiesa di Santa Lucia, don Protasio si è intrattenuto per rispondere alle nostre domande sulla situazione della sua parrocchia a Kaninija. Ci ha raccontato che in questo anno di festeggiamenti per il suo 25° anniversario di ordinamento sacerdotale, sono successe tante cose. Cose belle ed importanti, che lo hanno portato a riflettere molto sul suo ruolo. «Non sono sacerdote per me stesso, bensì vivo il mio essere prete come un dono per gli altri». Ha poi continuato: «Il termometro della Chiesa è il senso di missionarietà presente in ogni comunità cristiana. Noi a Kaninija abbiamo percepito, misurato ed imparato il vostro senso di missionarietà!». Con il ricavato delle offerte raccolte qui l’anno scorso, don Protasio ha potuto ingrandire l’orfanotrofio, gestito dalle Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa che ospita 120 bambini; ha costruito un santuario dedicato alla Madonna e ha progettato e realizzato un impianto di bio-gas per poter cucinare. Infatti, avendo già sfruttato tutte le risorse lignee del territorio, lui e i suoi parrocchiani hanno pensato di utilizzare una fonte abbondante di energia (il letame, tanto per intenderci) in attesa che i boschi si rinnovino. Dovremmo imparare noi da loro! Ci ha inoltre illustrato il progetto della sua diocesi, che prevede l’autofinanziamento per ogni parrocchia; in quest’ottica è nata l’idea di creare una casa d’accoglienza, per ospitare in cambio di una piccola cifra chiunque visiti la comunità di Kaninija. Speriamo di poter essere presto anche noi ospiti di don Protasio! G.M.P. Don Protasio con i bimbi dell’orfanatrofio di Kaninija e, a destra, con alcuni amici del Gruppo Missionario Parrocchiale. In alto: monsignor Solari e padre Push. 9 AFFINCHÉ L’AMORE NELLA FAMIGLIA SIA SEMPRE UN GENEROSO DONO DI SÉ Novità nei “rosari” di Maggio Quest’anno le borgate (compreso il Duomo) sono state invitate ad una iniziativa: ospitare nella propria chiesa, secondo un opportuno calendario settimanale, la statua lignea della Madonna che apparteneva alla chiesa eretta nel Seicento in località Loreto, anticamente chiamata Roburetum (= bosco di farnie, una sorta di querce) da cui il friulano Loreit poi italianizzato in Loreto. La chiesa, distrutta dal terremoto del 1976, era stata edificata tra il 1660 ed il 1680 ad imitazione della Santa Casa di Loreto, ed apparteneva alla famiglia Abrami, passata poi in proprietà alla famiglia De Carli e dalla stessa donata alla parrocchia. La statua (foto a lato, durante la sosta nella chiesa di San Valentino), opera dell’inizio del XX secolo, è copia della Madonna Nera che si venera nel santuario della Casa di Loreto. La sua particolarità è il volto scuro perchè rappresenta quanto è citato nel Cantico dei Cantici, dove la protagonista dice: «Bruna sono, ma bella» e più avanti, rivolgendosi alle amiche: «Non state a guardare che sono bruna perchè mi ha abbronzato il sole» (Ct 1,5-6). E quel sole è la raffigurazione di Dio. Queste parole sono all’origine del fenomeno delle Madonne Nere venerate a Loreto, Czestochowa, Terlizzi e forse anche in Friuli, a Castelmonte. Sulla testa della Madonna e di Gesù sono poste due corone di metallo argentato, realizzate a traforo e sbalzo, che recano una firma incisa a mano: Eugenio Pascuttino di 10 Gimona, opera del XVII secolo. Con questa peregrinatio mariana, che speriamo porti positività e sia riproposta negli anni futuri, si vuol richiamare quel valore e quel sentimento di speranza che accomunava i rosari di maggio di una volta: come tanti figli desiderosi della protezione materna, dai bambini agli anziani, in un’armonia di umiltà e pace, le borgate erano ben attente a non trascurare questi incontri con la Madre Maria, eccelsa mediatrice presso il Figlio. Il fare un pezzo di strada assieme, l’incontrarsi nei più o meno piccoli sagrati scambiandosi, prima e dopo rosario, un mandi e qualche pettegolezzo, la partecipazione numerosa, il senso di appartenere e formare una piccola comunità, dipingono un quadro di vera fede, di vita umile e semplice, che sarebbe straordinario nei colori di quelle serate di maggio, nei mille particolari e nelle tante sfumature come una vera e propria opera d’arte ma che, purtroppo, rischia di appartenere solo al passato e nei ricordi dei nostri vecchi. Un quadro ben diverso, quello di oggi, in cui altri impegni e soprattutto un’altra madre ha un richiamo più forte: la televisione. Soprattutto si avverte la mancanza dei bambini (ma in qualche borgata, come mostra la foto scattata nella chiesetta di via Venuti, in Taboga, si sono visti, e speriamo che l’anno prossimo sia accolto l’invito, loro rivolto, di partecipare al rosario del venerdì, in Duomo) e, di fatto, i Pater, Ave e Gloria sono spesso voce solo dei fedelissimi adulti e anziani ancora saldi nel tradizionale appuntamento con la Vergine Madre. Ci manca la presenza e la voce di coloro che sono il futuro e con loro anche quella spontaneità e animosità che li caratterizzava quando, usciti tra i primi da chiesa, schizzavano via, chi di qua, chi di là, per un po’ di divertimento, prima di rientrare a casa (quanta vita, in Godo, attorno alla fontana di Silans!). Tempi distanti, quel- li, per vari motivi ma principalmente perché ci si sentiva più bisognosi di Dio, consapevoli di poter usufruire dell’intercessione di Maria e conseguentemente più ricchi di speranza. Oggi, probabilmente, tra comodità e qualcos’altro, ci sentiamo già soddisfatti di noi stessi per cui la preghiera a cosa serve? Facciamo da soli e preferiamo, alle abitudini e tradizioni di una volta, una fede fai da te e tendiamo ad emarginare quei valori morali e spirituali che costituivano il perno delle famiglie gemonesi. Ma non è mai troppo tardi per fermarsi, leggere i segni dei tempi e, anziché sorvolare su essi, meditarli, come Maria, nei nostri cuori, per poter operare di conseguenza in vista di un futuro che possa parlare ancora di speranza e salvezza. Iniziamo, allora, dai nostri rosari, da Maria che sempre veglia su di noi col suo amore di Mamma con la stessa premurosa attenzione delle nozze di Cana di Galilea e che, nell’essere stata prescelta Madre del Salvatore, ci invita a queste parole: «Fate tutto quello che vi dirà» (Gv 2,5). Maria ci chiama! Corriamo in tanti da Lei ed incontreremo suo Figlio Gesù. Paolo e Paola A SCOPRIRE L’ IMPRONTA DI GESÙ In Terra Santa È difficile cercare di sintetizzare in un breve articolo quanto in noi ha suscitato questo viaggio-pellegrinaggio in terra santa… tali e tanti sono stati i momenti, le emozioni, le riflessioni personali, intime o condivise col gruppo. Chi eravamo alla partenza? Un gruppo eterogeneo di una quarantina di persone di Gemona, Osoppo, Artegna, Udine… Alcuni erano amici, altri si conoscevano appena, l’età era abbastanza avanzata con solo alcuni più giovani e c’era la presenza fresca e vivace di un tredicenne. Quali erano le nostre aspettative alla partenza? Sicuramente attesa e curiosità... andavamo in un paese di cui avevamo due diversi tipi di informazione: quella derivante dalla nostra fede, e quella dell’informazione che ci forniva invece i dettagli su una zona di guerra. E noi... che ci andavamo a fare? Che cosa cercavamo ? Probabilmente volevamo scoprire in questa terra l’impronta di Gesù… lo volevamo trovare, sentire che la sua presenza era ancora lì, pronta a sostenere il nostro cammino o a indicare la via migliore per fare la volontà del Padre... Abbiamo camminato e viaggiato in corriera, accompagnati da una guida locale preparata e sensibile (israeliano, palestinese, cristiano). In lui, Hussam, si concentravano parte di tutte quelle contraddizioni che rendono quel paese ricco di umanità in un continuo e quotidiano confronto di fedi, abitudini, esigenze diverse e spesso inconciliabili. Abbiamo guardato spesso in atteggiamento critico luoghi per noi sacri, lottizzati fra le diverse chiese cristiane, spazi-proprietà delimitati da muri e cancelli controllati, luoghi in cui era evidente una distinzione fra un dentro e un fuori... fra un nostro e un loro. Ma in ciascuno di questi luoghi le parole di don Gastone e della nostra guida riuscivano a riportare il nostro pensiero e la nostra attenzione alla verità. Il primo impatto è avvenuto alla basilica dell’Annunciazione a Nazareth: in cerchio, al centro della chiesa – quel silenzio ravvivato dai nostri canti e preghiere – ma in cui ci sentivamo soli o, meglio, in sintonia con Maria che per prima aveva saputo rispondere SÌ, senza troppi se o ma. Momento forte è stata anche la sosta nel cortile della chiesa di Canaa, dove la proposta di don Gastone di rinnovare le Tutti i partecipanti a Gerusalemme alla Spianata delle Moschee, davanti alla moschea Cupola della Roccia. In alto: canto natalizio a Betlemme nella chiesa della Natività e momento di preghiera a Gerusalemme sul monte degli Ulivi. promesse matrimoniali ci ha lasciato inizialmente perplessi... Come!? Molti, fra noi, di lustri ne avevano già abbastanza alle spalle! Invece dal ricordo del primo miracolo pubblico di Cristo durante un matrimonio, in un momento di gioia e di festa, siamo passati a riflettere sul nostro rapporto affettivo e relazionale con la persona che in questi anni ci è vissuta accanto. Che dire poi del santuario delle Beatitudini, inserito in un ambiente quasi idilliaco, all’ombra degli alberi secolari, dall’alto di una collina che spaziava sul paesaggio della Galilea, risuonavano le sue Parole: beati... beati... E ci chiedevamo come mai le parole giustizia, pace non sembrassero assurde in questo paese in cui tre religioni, due popoli sembrano non trovare la capacità di parlarsi e di superare le differenze. Ma poi non è la stessa realtà delle nostre comunità? Non usiamo muri e bombe, ma gli steccati esistono e la nostra incapacità di dialogo si fa sempre più evidente: quindi dobbiamo dire che le parole di Cristo sul monte erano utopie? Lassù non parevano tali, anzi il vento che ci soffiava alle spalle sembrava suggerire che quanto da Lui affermato non solo era possibile, ma reale: bastava volerlo! Ed è nella quotidianità del nostro impegno che vedremo se le forti parole delle Beatitudini riescono a migliorare pure il nostro modo di rapportarci agli altri. Silvana, Chiara, Giovanna. 11 UN VIAGGIO A TORINO E UNA VISITA A BERGAMO E ALLA CASA DI PAPA GIOVANNI XXIII L’ostensione della sacra sindone Quarantacinque giorni di ostensione: venerdì 14 maggio eravamo presenti anche noi: abbiamo avuto la possibilità di soffermarci a pregare per qualche minuto e riflettere davanti alla reliquia più importante della cristianità. Reliquia e non icona perché non è opera della mano dell’uomo ma della mano di Dio. Sono stati momenti e sensazioni indescrivibiIi, momenti che lasciano il segno, emozioni che non dimenticheremo mai. Il nostro gruppo di pellegrini ci ha visto accompagnati da monsignor Gastone e dalle amate catechiste Antonietta e Lucia che ormai da cinque anni ci accompagnano in modo costruttivo e propositivo in questo continuo procedere alla ricerca, spesso inconscia, di cogliere le occasioni più pregnanti per stare assieme, con i nostri figli e con i nostri cari, per trarne nuova energia interiore, per rinnovare lo spirito, costruire insieme. Anche questo pellegrinaggio ci ha aiutato a prendere le distanze dal rumore della vita quotidiana. Non era, il nostro solito gruppo, al completo: la necessità di concretizzare il pellegrinaggio in tempi molto rapidi, la brevissima durata e l’utilizzo di giornate normalmente dedicate alla scuola ed al lavoro ci hanno impedito di coinvolgere tutti e di questo, che ci duole, ci scusiamo. Abbiamo però pensato a tutti perché abbiamo colto l’occasione per porre le basi dell’usuale pellegrinaggio di fine agosto che avrà la meta più significativa a Torino. Il nostro viaggio lampo è stato preceduto da una serata di informazione e di condivisione, con la proiezione a Salcons di un interessante filmato che ci ha consentito di mettere in ordine notizie ed informazioni che non tutti avevamo presenti in modo coerente. La sindone evangelica è il lenzuolo (segue alla pagina accanto) La sindone esposta e, in alto, il particolare del volto. A fianco: l’artistica cupola della cappella del Guarini che normalmente ospita il sacro lenzuolo nel duomo di Torino. Nella pagina accanto: il giardino e il gruppo di pellegrini nella casa di papa Roncalli a Sotto il Monte. 12 (segue dalla pagina accanto) (sindon in greco) nel quale, secondo la narrazione degli evangelisti, fu avvolto il corpo di Gesù al momento della sua deposizione nel sepolcro, dopo la morte in croce. Secondo i sindonologi autenticistici – gli studiosi, cioé, che ritengono la sindone autentica – il lenzuolo della deposizione coincide con la sindone di Torino, anche se non vi sono prove irrefutabili al riguardo: infatti, mentre tutti gli storici sono d’accordo nel ritenere documentata con sufficiente certezza la storia della Sindone di Torino a partire dalla metà del XIV secolo, non vi è accordo sulla sua storia precedente e sulla sua autenticità. Comunque questa immagine, misteriosa per la scienza – sfida per l’intelligenza, come l’ha definita Giovanni Paolo II – è per i credenti il grande attestato della passione di Cristo: il corpo ed il volto dell’uomo della sindone riportano, con impressionante chiarezza, i segni di quelle sofferenze cui fu sottoposto Gesù, così come ci sono state tramandate dalla testimonianza dei Vangeli. Per noi credenti la Sindone è oggi richiamo forte a contemplare, nel- Anagrafe parrocchiale BATTESIMI 3 DʼAronco Giulia di Michele e Perosa Anna, n. il 9.10.09 batt. il 21.2.10 4 De Corti Gaia di Andrea e Merluzzi Caterina, n. il 15.8.09 batt. il 21.2.10 5 Pecoraro Elisa di Gabriele e Carisello Roberta, n. il 23.12.09 batt. il 21.2.10 6 Londero Caterina Anna di Gabriele e Bianco Alberta, n. il 21.7.09 batt. il 17.4.10 7 Scolaris Sara di Michele e Kogoi Giusi, n. il 2.12.05 batt. il 17.4.10 MATRIMONI 1 Del Torre Francesco – Cugini Francesca sposati in Duomo lʼ1.5.10 2 Contessi Manuel – Tranchi Daniela sposati in Duomo il 22.5.10 3 Cragnolini Lucio – Tonino Maria Angela sposati in Duomo il 29.5.10 4 Brollo Luca – Anzil Stefania sposati in Duomo il 29.5.10 DEFUNTI 15 Favaro Maria ved. Nardi di anni 90 il 20.2.10 16 Cargnelutti Maria ved. Federico di anni 84 il 21.2.10 17 Forgiarini Ida ved. Contessi di anni 90 il 23.2.10 18 Urbani Mario di anni 73 il 9.3.10 19 Zamboni suor Ausilia di anni 88 il 14.3.10 20 Marinelli Edmondo di anni 86 il 15.3.10 21 Sangoi Giorgio di anni 45 il 16.3.10 22 Urbani Carlo di anni 74 il 19.3.10 23 Ursella Maria Ermacora di anni 66 il 20.3.10 24 Bizi Ida ved. Copetti di anni 103 il 24.3.10 25 Forgiarini Rita ved. Madile di anni 79 il 24.3.10 26 Forgiarini Celso di anni 68 il 26.3.10 27 Lestuzzi Andreina Padovan di anni 56 lʼ11.4.10 28 Bertossi Maria ved. Patat di anni 83 il 17.4.10 29 Morandini Anna ved. Melchior di anni 90 il 20.4.10 30 Forgiarini Alessandro di anni 69 il 23.4.10 31 Del Fabro Severino di anni 95 il 29.4.10 32 Bizi Impervio di anni 81 il 2.5.10 33 Venturini Assunta ved. Ursella di anni 97 il 6.5.10 34 Buzzi Quintina ved. Peccol di anni 89 lʼ8.5.10 35 Cracogna Fiorina Copetti di anni 80 lʼ11.5.10 36 Contessi Ida ved. Baldassi di anni 85 il 13.5.10 37 Marini Anna Russian di anni 79 il 20.5.10 Carlo Urbani n. 30.10.1935 m. 19.03.2010 l’immagine, il dolore di ogni uomo, le sofferenze a cui spesso non sappiamo neppure dare un nome. Ma di fronte alla Sindone la preghiera, come la riflessione, è anche provocata alla speranza. Speranza di una vita senza dolore e speranza nell’amore fraterno degli uomini, speranza di gioia che ci accomuna nella fede in Cristo. *** Questi, frutto delle emozioni vissute, i pensieri che ci hanno accompagnato durante il viaggio di ritorno, incapaci com’eravamo di trovare le parole adatte ad esternare con compiutezza i nostri sentimenti e consapevoli dei limiti umani dinnanzi ad un mistero così coinvolgente. Al rientro ancora assonati, increduli, frastornati dalle emozioni del giorno precedente, abbiamo ricercato un mondo più consono alle nostre modeste abitudini. Un ambiente familiare in cui ritrovarci pur arricchiti dalle esperienze ed emozioni vissute. Cosa di più sereno e distensivo che respirare l’aria semplice e genuina della casa del Papa Buono, il pontefice Giovanni XXIII, a Sotto il Monte? Lì ci siamo ritrovati assieme ai nostri cari, alle nostre famiglie anche con quella di monsignor Gastone: la sorella Pina, il nipote e la deliziosa piccola Benedetta ci hanno accompagnato e ci hanno consentito di trascorrere qualche ora in piacevole compagnia. Ci siamo lasciati con un cordiale arrivederci a Gemona dove stavamo andando a concludere anche questo eccezionale pellegrinaggio di primavera, in attesa di quello, ormai prossimo, dell’estate. Enzo 13 FOTO PIGNAT. G.C. ARCHIVIO FOTOGRAFICO MUSEI CIVICI UDINE Santa Maria la Bella Riprendiamo per concluderla la storia della chiesetta di Santa Maria la Bella che avevamo interrotto, nell’ultimo numero di Voce Amica, con la notizia di un’ipotetica ricostruzione, nel 1366, a seguito della probabile distruzione del sacro edificio causata dal terremoto del 1348. Ma prima di riprendere il discorso ci pare doveroso ricordare, con rimpianto e affetto, Maria Ursella Ermacora, scomparsa il 20 marzo scorso, proprio tra i giorni di stampa e quelli di distribuzione di Voce Amica nelle nostre case. Ci pare doveroso perché Maria era – è – l’anima del comitato popolare “Tornìn a fâle su”, nato per non lasciar cadere nell’oblio la chiesetta di Santa Maria la Bella come, purtroppo, è accaduto ad altri edifici, di culto e no, che avevano un posto insostituibile nel panorama – fisico ma soprattutto spirituale, sentimentale e civico – della nostra città. A lei, ma anche a quanti insistono nel lavorare per rimarginare le lacerazioni ancora aperte dopo il 1976, dedichiamo questo piccolo lavoro di rammento storico. Dunque: la chiesa, cinta da un nastro – cerato come uno stoppino, pensa il Baldissera – viene riconsacrata e riaperta al culto. È probabile che i muri perimetrali vengano ricostruiti sulle fondazioni precedenti e che quindi l’aula e il presbiterio mantengano le stesse dimensioni di prima. La chiesa, comunque, dispone di beni che fruttano rendite sufficienti a mantenere un sacerdote officiante mentre alle spese di gestione e a quelle di dotazione delle suppellettili liturgiche pensano i fedeli della minuscola comunità di Maniaglia ma anche quelli della città: nel 1367, ad esempio, Jacopo della Massaria lascia con testamento il contributo di una marca di denari per la fusione della campana e suo figlio Michele assegna una donazione di eguale valore per i lavori; donna Flora Carbone – sorella di pre’ Nicolutto, al tempo vicario del pievano di Gemona Marquardo di Randek e suo successore nel 1392 – dona alla chiesa, nel 1387, l’argento necessario a far un calice e dieci anni più tardi mastro Henrico tessitore di Fusea, con bottega a Gemona, lascia alla chiesa la rendita di un terreno purché la sua morte vi venga ricordata ogni anno con una messa di suffragio. L’assegnazione di proprietà dirette e di rendite si fece evidentemente consistente tanto che la loro amministrazione, affidata dapprima ai cappellani del duomo, passò sul finire del ’300, ad un cameraro (= amministratore) di nomina comunale. Il motivo di tante elargizioni va forse individuato nel fatto che la chiesa, già in quei tempi, ospitasse un’ancona o un altare dedicato a Sant’Anna, la mamma della Vergine, particolarmente venerata dalle gestanti e dalle partorienti e, comunque, nell’immaginario popolare di tutta Europa, nel XIV secolo, nonna amorevole del Bambino Gesù. Ma la devozione a Sant’Anna potrebbe anche essere una piccola conferma della originaria dedicazione della chiesa alla Maddalena. Maria la Bella, festeggiata il 22 luglio, potrebbe esser stata sostituita da una santa meno problematica come Sant’Anna, che la Chiesa festeggia il 26 dello stesso mese. E ciò potrebbe essere ac caduto quan do i Templari vennero soppressi da papa Clemente V, sobillato dal re di Francia Filippo IV il Bello, e i loro beni dispersi (1312). Ma, si sa: queste, se non si troveranno prove documentarie, non sono altro che fantasie. È invece certezza la crescita delle prebende della chiesa nei decenni successivi anche derivanti da beni collocati fuori Gemona tanto che nel 1479 due sacerdoti, che vantavano contemporaneamente la titolarietà delle stesse, non trovarono di meglio che rivolgersi al giudizio patriarcale per dirimere la lite. Sul finire del ’400 la storia della chiesa incrocia quella di Paul Enzperger, un torvo mercante di Stiria, da alcuni anni esercente a Gemona, più volte accusato di minacce ed estorsioni a danno di mercanti concorrenti e dei loro trasportatori. Forse ravveduto – altre volte Gemona accoglie il pentimento di individui dalla condotta non proprio limpida e ne fa dei magistrati di grande prestigio – sul finire del 1491 viene nominato cameraro di Santa Maria la Bella, forse dopo aver acquistato il ronco a monte per mettere in sicurezza la chiesa o dopo aver curato un qualche restauro del sacro edificio. E il fatto potrebbe essere stato ricordato dalla lapide, posta sul muro del terrapieno, che recitava: LAVS DEO PAV LVS.ENZPER GER.DE.STEYR FOTEGAR.I.GLEMONA M.CCCC.L.XXXX L’iscrizione risulta interessante anche per un altro motivo: Paolo Enzberger si dice fontegaro in Gemona ma il termine è utilizzato impropriamente: un fondaco, a Gemona, non sarà mai istituito, così almeno risulta fino ad ora. Già i primi anni del secolo seguente si mostrarono nefasti: dopo le tensioni diplomatiche degli anni precedenti, nel 1508 scoppiarono le ostilità tra la Serenissima e la Lega di Cambrai – dopo il 1510, con un ribaltamento degli schieramenti, tra Venezia e l’Im pero – che durarono fino al 1516 e che ebbero il Friuli come campo di battaglia. Più volte Gemona passò in possesso di uno o dell’altro dei contendenti che spesso la trattarono come preda imponendo pesantissime taglie e dal 1515 al 1518 la città perse anche i proventi del Niederlech che Venezia, grata degli aiuti di Gerolamo Savorgnan, dirottò su Osoppo. Ma il peggio accadde nel 1511 quando, come dice il Chronicon glemonense del Mullione, alla ventesima ora del 26 marzo, 28 di luna, si scatenò un terribile terremoto che devastò ogni contrada [del Friuli] e soprattutto Gemona dove distrusse un numero incalcolabile di abitazioni (...) Delle chiese di Santa Maria la Bella e di San Biagio, crollate su se stesse, non rimase pietra su pietra. Ci furono diversi morti (...) Rovinarono anche le mura fortificate (...) e la torre dell’orologio [del castello]. E l’anno dopo, alle tragedie della guerra e del terremoto si aggiunse il terribile flagello della peste che angosciò Gemona con un altissimo numero di vittime: 390, su una popolazione complessiva non superiore a 3000 abitanti! Vista la durissima situazione, dobbiamo pensare che la ricostruzione della città sia avvenuta lentamente e che quella di Santa Maria la Bella sia stata ritardata negli anni. Tuttavia i lavori devono essere iniziati prima del 1528 (tale data, affiancata da tre stemmi, si trovava scolpita sugli stipiti della porta) e completati entro la metà del secolo se è da attribuirsi a Gian Paolo Thanner – come pensa il Marchetti – l’affresco della Madonna con il Bambino, riaffiorato dagli intonaci nel 1940. È probabile che la chiesa abbia assunto in quell’occasione la forma che conosce(segue alla pagina successiva) 15 vamo, con quel portico singolare, aperto lateralmente da due fornici a tutto sesto e frontalmente da un fornice più piccolo, da cui si inquadrava armoniosamente Gemona (foto a p. 1); con le capriate a vista sull’aula e con le volte a crociera sul presbiterio, forse allungato rispetto al precedente. Anche nel secolo successivo si fecero dei lavori a cura non più di un cameraro ma del sacerdote rettore: Vincenzo Lugaro dipinse la pala di un altare laterale dedicato a Sant’Anna (Sant’Anna e San Gioacchino, la Sacra Famiglia, San Giovanni Battista e angeli). La pala, firmata e datata 1612 e recante il nome del committente, il rettore don Pietro Leporeo – Lepore, diremmo oggi –, fu in seguito inserita in un altare a portale, opera dell’altarista gemonese Gerolamo Comuzzo, completato con una predella dipinta da Melchior Widmar con gli episodi dell’Annunciazione, dell’Annuncio a Gioacchino della prossima paternità, dell’Incontro tra Gioacchino e Anna e la rappresentazione dello Spirito Santo. La parte superiore dell’altare con la pala e la predella sono attualmente ospitate nella cappella battesimale del duomo. Il rettore Leporeo curò anche la costruzione del piccolo campanile a vela, una pietra del quale recava inciso il suo stemma (una piccola lepre), la sigla del nome e l’anno di costruzione (1614). La stessa data era incisa sulla campana che sarà requisita tre secoli dopo, durante l’invasione del 1917. Dal punto di vista religioso e devozionale la chiesa assunse in quel secolo un ruolo importante per i fedeli gemonesi: papa Paolo V concesse nel 1618 un’indulgenza a quanti vi si sarebbero recati a pregare devotamente il giorno dell’Annunciazione. E anche nel secolo successivo (1739) un altro papa, Clemente XII, conferì a Gemona la facoltà di celebrare il Giubileo delle sette chiese, indetto straordinariamente quell’anno. Con tale privilegio i fedeli avrebbero potuto lucrare le stesse indulgenze dei pellegrini recatisi a Roma in visita devozionale alle sette basiliche maggiori della città eterna, purché partecipassero, il venerdì santo, in commemorazione dei sette dolori della Madonna, e il 2 luglio, ricorrenza della visita della Vergine a Santa Elisabetta, ad una processione che, partendo dal duomo, faceva sosta nella chiesa di Santa Maria di Fossale, a Santa Maria la Bella, Madonna della Salute (Maniaglia), Annunziata di Taboga, Madonna di Loreto e Madonna della Pace (Gleseute). Notizie dei privilegi menzionati si hanno rispettivamente in una bolla papale dell’Archivio arcivescovile di Udine e nelle 16 annotazioni del registro del rettore Tommaso Passavolante (1714-1752; Archivio Comune di Gemona), reperite dal Comitato per la ricostruzione. Nel suo Libro delle Elemosine ritrovate nella Chiesa di Santa Maria la Bella pre’ Tommaso annota per quasi un quarantennio le entrate – offerte in denaro o in natura, di preferenza galletta di casa (bozzoli di seta) – e le spese ordinarie e quelle della manutenzione straordinaria, rese necessarie sia per i danneggiamenti da intemperie sia per le effrazioni di ladri, ladruncoli e marioli; e non trascura di ricordare accadimenti portentosi – il velo della statua della Madonna (al tempo vestita con abiti di tessuto), spostandosi da solo, va a coprire l’intera figura del Bambino – che in qualche modo alimentano fedi, speranze e... carità. Passano gli anni e, dopo la costruzione della chiesetta della Madonna della Salute, nel cuore di Maniaglia, all’inizio del ’700, per Santa Maria la Bella viene un po’ meno la consuetudine delle funzioni e delle messe festive e conseguentemente delle offerte dei fedeli. Inesorabilmente, nell’Ottocento, la chiesa invecchia e s’impolvera e ammuffisce, con macchie di umido che s’estendono sempre di più sulle pareti dell’aula e del portico. Dopo Caporetto le portano via anche la campana. Non basta che nel 1921 gliela sostituiscano con un’altra, oltretutto più piccola: la chiesa oramai si apre solamente per la sagra di Sant’Anna e per qualche rara messa domenicale. Poi, nel 1931, un terremoto di poco conto la mette a soqquadro e sarà salvata solo con le arpe che la incatenano. Quelli che seguono sono anni di miserie e fatiche; e, dopo, vengono le annate della pazzia, con la guerra sulla porta di casa... È in qul frangente che, incredibilmente, avviene la rinascita di Santa Maria la Bella: nel breve prato a fianco della chiesa viene allestita una postazione contraerea e il portico, previa otturazione dei fornici, adibito a dormitorio. I militi, quasi tutti gemonesi, per non stare con le mani in mano – gli aerei nemici, per fortuna, non passano ancora – decidono di medicare le magagne dell’edificio e un po’ per mantenere in forma i loro mestieri, un po’ per guadagnare qualche merito – non si sa mai – ripassano il tetto, rifanno le malte interne, intagliano legni e marmi, decorano e dipingono, recuperano un altare ligneo e due statue un tempo a Sant’Agnese, imbiancano l’aula e puliFOTO BRISIGHELLI. G.C. ARCHIVIO FOTOGRAFICO MUSEI CIVICI UDINE (dalla pagina precedente) scono le capriate, modellano e fondono candelieri e lampade, rifanno l’altare con il paliotto abbellito da un’Annunciazione. I lavori (foto in alto) destano l’ammirazione di tutti e resteranno un bell’esempio della generosa sensibilità degli esecutori: Bonitti falegname, Londero e Venturini muratori, Rizzi scultore e Pittini pittore. A quest’ultimo, Giovanni Pittini, si deve il progetto complessivo dell’intervento e l’esecuzione degli affreschi nei fianchi del presbiterio (Annunciazione e Visita a Santa Elisabetta). Dopo la fine della guerra, anche per Santa Maria la Bella la vita riprende, pur se fioca: qualche messa, qualche novena, qualche rosario, qualche sagra... fino a quel maggio del 1976... *** Qualcuno, dopo, salverà il salvabile e alzerà la campana a segnare l’antico sedime. I volontari dell’Associazione Ostermann metteranno mano a cercarne le tracce e – che sia del fontegaro stiriano? – scopriranno anche una sepoltura... Qualcuno sogna ancora Santa Maria la Bella. Fer Periodico parrocchi ale fondato nel 1933 Proprietà: Pieve di Santa Maria Assunta Parrocchia di Gemona – Periodicità trimestrale – Direttore resp. Mauro Vale – Aut. Tribunale Tolmezzo n. 163 del 04-04-2006 – Stampa: Arti Grafiche Friulane / Imoco spa, Tavagnacco (Ud) Spedizione in abbonamento postale art. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filiale di Udine In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a corrispondere la tassa prevista TAXE PERÇUE 33013 GEMONA (UD) TASSA RISCOSSA ITALY
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