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Oncoematologia Pediatrica Palermo Azienda Civico ARNAS L’immunità innata e l’insorgenza delle patologie ematologiche maligne in età pediatrica: studio dei polimorfismi dei geni TLRs e prospettive di immunoterapia. BORSA DI STUDIO FONDAZIONE ALAZIO 2009 Dott. Antonino Trizzino Introduzione Le patologie ematologiche maligne sono le malattie tumorali più frequenti in età pediatrica con una incidenza di circa 80 casi anno di leucemia per milione di soggetti dai 0 ai 14 anni e 22 casi per milione di linfoma dai 0 ai 14 anni8. Un recente studio epidemiologico condotto nel nord dell’Inghilterra ha messo in evidenza un trend in aumento del tasso annuo di incidenza dello 0.6% per le leucemie nei maschi, e dello 0.9% per i linfomi nei maschi ed addirittura del 3.5% per le femmine, nella fascia di età 0-14 anni. Nella fascia di età 15-24 anni si osserva viceversa un trend in lieve riduzione8. È possibile che tale dato dipenda dal ruolo delle infezioni particolarmente frequenti nella fascia di età 0-14 anni o dalla combinazione con l’esposizione ad altri agenti ambientali. In uno studio condotto in Svizzera che esplorava tutte le possibili associazioni fra caratteristiche familiari e rischio di leucemia linfoblastica acuta (LLA), si osservò un’associazione tra l’aumento dell’età materna ed il rischio di LLA (Odds Ratio 1.18)9. Numerosi fattori ambientali sono chiamati in causa e sono stati oggetto di intenso dibattito come fattori di rischio per lo sviluppo delle emopatie maligne. Tra questi la radiazioni ionizzanti avrebbero un ruolo in epoca prenatale, preconcezionale e postnatale.53 Secondo il lavoro di Sohrabi et al. vivere a meno di 600 metri da una linea elettrica ad alto voltaggio conferisce un rischio significativo per LLA (OR 2.61) che decresce man mano che aumenta la distanza35. L’esposizione ai policlorobifenili (PCD) aumenta il rischio di LLA con un OR di 1.97.37 Come in tutte le patologie multifattoriali, un ruolo fondamentale è giocato oltre che dagli agenti ambientali, anche dalle caratteristiche proprie dell’ospite. La sceneggiatura prevede almeno due personaggi principali: il complice, ossia la predisposizione genetica che determina una condizione di suscettibilità, e l’assassino ossia il trigger ambientale che crea un danno ed innesca la patologia nei soggetti predisposti. L’arma del delitto, cioè la modalità con cui agisce il fattore ambientale è l’elemento che rimane tuttora troppo spesso nell’ombra. Negli ultimi anni è stata sottolineata anche l’importanza dell’immunità innata. I suoi recettori Toll-like receptors (TLRs) capaci di riconoscere potenzialmente tutti i patogeni, sono un argine pronto ed immediato alla loro disseminazione, influenzano le risposte infiammatorie e condizionano anche l’immunità adattiva3,4,17. Il rapporto ospite patogeno è stato chiamato in causa nella patogenesi non solo delle patologie infettive ma anche delle patologie infiammatorie, autoimmuni e dei tumori. Numerose ricerche stanno esplorando l’ipotesi che i polimorfismi dei geni dei recettori dell’immunità innata o delle molecole coinvolte nei pathways di trasduzione del segnale, possano conferire suscettibilità e/o protezione verso tali patologie1,2,5,6,7,10,11,13,15,16. Il nostro studio si inserisce in questo contesto con lo scopo di verificare se polimorfismi dei geni che codificano per i Toll-like receptors possano o meno conferire una suscettibilità genetica alle patologie ematologiche maligne in età pediatrica. L’immunità ed i tumori È ormai chiaro che il sistema immunitario svolge un ruolo chiave non solo nella difesa dai patogeni ma anche nella patogenesi di patologie autoreattive/autoimmuni e tumorali ed è sempre più spesso riconosciuto, proprio nella complessità delle interazioni fra patogeno e sistema immunitario, l’anello debole che può, se alterato, innescare la patogenesi di tali patologie. È noto che soggetti immunodeficienti hanno un maggior rischio di sviluppare un tumore. L’attività citotossica mediata dalle cellule natural killer (NK) e dai linfociti citotossici (CTL) è coinvolta nei meccanismi di immunosorveglianza nei confronti delle cellule tumorali. La variabilità genetica del sistema immunitario, strategia necessaria a garantire la risposta efficace nei confronti di tutti i potenziali patogeni, è quindi alla base sia della variabilità individuale della capacità di risposta alle infezioni, che della suscettibilità allo sviluppo di malattie autoimmuni e tumori. Il virus di Epstein Barr (EBV) fu identificato per la prima volta nel 1964 in colture cellulari di pazienti affetti da linfoma di Burkitt endemico africano e solo successivamente fu riconosciuto come il patogeno implicato nella più frequente mononucleosi infettiva41. Negli anni è stato poi confermato il suo coinvolgimento nella patogenesi non solo di tumori ematologici della linea B e T cellulare o dei Natural Killer, ma anche di tumori dei muscoli lisci, del carcinoma del rinofaringe e degli adenocarcinomi gastrici41,42. La sieroprevalenza dell’EBV nel mondo raggiunge anche il 95% della popolazione, viceversa il numero dei soggetti portatori di EBV che sviluppa un tumore è molto basso. Ciò dipende proprio dall’estrema variabilità genetica dell’ospite che conferisce a ciascuno un rischio differente. È ormai riconosciuto che numerosi altri patogeni hanno un ruolo nello sviluppo del cancro. HTLV1 e HTLV2 sono retrovirus intensamente studiati nelle ultime 3 decadi per la loro capacità di trasformare le cellule T e la loro associazione con la leucemia a cellule T dell’adulto (HTLV1) e con la leucemia a cellule capellute (HTLV2 – pochi casi accertati).32,31 Più recentemente anche alcuni virus epatotropi come l’HCV ed il TTV (virus a DNA di recente identificazione) sono stati coinvolti nello sviluppo di patologie linfoproliferative.29,30 È noto che i pazienti affetti da AIDS presentano un rischio elevato di linfoma di Burkitt. Tale associazione non dipende unicamente dall’immunodeficienza T cellulo-mediata; in questi soggetti infatti, il linfoma di Burkitt si manifesta più spesso come sintomo precoce quando ancora la competenza dell’immunità cellulo-mediata è conservata.42 HIV come pure EBV posseggono piuttosto la capacità di attivare i B linfociti. Nella lotta tra ospite e patogeno il nostro organismo, per difendersi dalle infezioni virali, ha escogitato l’astuto stratagemma di innescare l’apoptosi delle cellule infettate. Il virus di Epstein Barr ha imparato con l’evoluzione ad evadere questo meccanismo producendo una particolare proteina BHRF 1 che ha un effetto antiapoptotico e favorisce l’instaurarsi della latenza del virus all’interno dei linfociti B.40 La disregolazione dell’oncogene c-myc, che è un segno distintivo del linfoma di Burkitt, determina un aumento della proliferazione della cellula ed anche dell’apoptosi. L’EBV complementa quindi il ruolo della disregolazione di c-myc ed inibendo l’apoptosi aumenta il rischio di linfoma di Burkitt. Alterazioni genetiche ed epigenetiche addizionali sono importanti nella patogenesi. Il 55% dei soggetti con Linfoma di Burkitt presenta alterazione anche di ARF e P53 che sono oncosoppressori e di MDM2 che è un regolatore negativo di p53.42 Ciò a confermare che il patogeno è solo uno dei tanti fattori che intervengono nella patogenesi tumorale. (Box 1) Box 1 – EBV e tumori • Il 100% dei linfomi di Burkitt endemici sono EBV positivi • Solo il 15-20% dei linfomi di Burkitt sporadici sono EBV positivi • Il criterio indispensabile per sospettare il ruolo dell’EBV nella patogenesi è la dimostrazione della presenza degli acidi nucleici o delle proteine del virus nelle cellule • Il golden standard rimane la ricerca di EBER (piccolo RNA non codificante) o EBNA1 • PTLD (post transplantation lymphoproliferative disease) associata con EBV • Nei tumori derivati dalle cellule T e NK l’associazione con EBV è così alta che l’assenza di quest’ultimo esclude la diagnosi. • BHRF1 inibisce l’apoptosi indotta dai chemioterapici e condiziona la prognosi Negli anni è emerso con chiarezza come il polimorfismo dei geni dell’HLA necessario per la protezione nei confronti degli agenti infettivi fosse coinvolto nella suscettibilità ad un gran numero di patologie. I Toll-like receptors rappresentano la controparte del sistema maggiore di istocompatibilità, nella immunità adattiva. Si aggiungono sempre più studi che dimostrano come la variabilità dei TLRs conferita da alcuni polimorfismi sia un fattore di rischio per alcune patologie tumorali. Lo studio approfondito dei recettori dell’immunità innata può aprire nuove prospettive sia nell’individuazione nel di chiarire nuove la patogenesi modalità della terapeutiche malattia che attraverso una immunoregolazione selettiva, targeting dei TLR o delle molecole che intervengono nella trasmissione del segnale33 (figura 1). Figura 1. Esempio di targeting del recettore TLR7 con Imidazoquinoline, sostanze analoghe all’agonista naturale ssRNA33 Toll-like receptors I Toll-like receptors sono elementi critici del braccio innato dell’immunità dei vertebrati. Hanno un ruolo chiave nella identificazione precoce dei patogeni e nell’innesco dell’immunità innata ed adattiva e permettono di identificare virtualmente ogni patogeno essendo simultaneamente espressi in una data cellula, principalmente nelle cellule che presentano l’antigene. Nell’uomo sono stati identificati sinora 11 TLR4,17(tabella 1). Tabella 1. Toll-like receptors (TLRs) Recettore toll-like Ligandi TLR1 Lipoproteine batteriche TLR2 Acido lipotecoico, peptidoglicano, zymosan, lipoproteine batteriche TLR3 RNA a doppia elica TLR4 Lipopolisaccaride, proteina MMTV dell’envelope virale TLR5 Flagellina TLR6 Acido lipotecoico, lipopeptidi diacilici, zymosan TLR7 RNA a singola elica, imidazoquinoloni TLR8 RNA a singola elica, imidazoquinoloni TLR9 CpG DNA non metilato TLR10 Non noto TLR11 Non noto Sono stati isolati nelle cellule dendritiche, nei monociti, nei neutrofili nei linfociti B ed anche nelle cellule endoteliali, nei fibroblasti, negli pneumociti e negli astrociti17,36. I TLRs riconoscono strutture molecolari conservate dei patogeni (Pathogen Associated Molecular Patterns - PAMPS) che non possono essere modificate per sfuggire all’identificazione, in quanto sono essenziali per la sopravvivenza del patogeno stesso. Intervengono quindi in uno stadio molto precoce dell’infezione ed attraverso un’identificazione grossolana del germe ne bloccano la disseminazione3,4,17. I TLRs riconoscono anche molecole endogene che sono rilasciate in seguito al danno cellulare ed alla necrosi (damage associated molecular patterns DAMPs; tra queste anche il DNA che viene riconosciuto dal TLR933. E’ stato ipotizzato che DAMPs e PAMPs inneschino vie di segnalazione intracellulari differenti. I ligandi esogeni indurrebbero la trascrizione di geni coinvolti nell’infiammazione, nella riparazione dei tessuti e nell’attivazione del sistema adattivo. Le sostanze endogene, viceversa, indurrebbero geni coinvolti nell’infiammazione e nella riparazione dei tessuti ma non nell’attivazione del sistema adattivo48. Un’alterazione del meccanismo di riconoscimento ed attivazione di questi recettori da parte di sostanze endogene potrebbe essere quindi uno dei meccanismi coinvolti nella patofisiologia delle malattie autoimmuni34,48. Il primo membro di questa classe di recettori, TOLL fu descritto per la prima volta come componente dello sviluppo embrionale della drosofila e solo successivamente si scoprì che era coinvolto anche nella risposta di questo organismo ad i funghi ed ai batteri Gram positivi.51 I TLRs attivano risposte infiammatorie e modulano l’immunità attraverso diversi pathways di traduzione del segnale che determinano in ultima analisi la trascrizione di diversi geni innescata da NF-kB4,17 (figura 2). Figura 2. I Toll-like receptors innescano una cascata di segnalazione che porta all’attivazione del fattore di trascrizione NF-kB. Alcuni TLRs sono localizzati sulla plasma membrana (TLR 1-2-6-4-5) mentre altri sono per lo più localizzati all’interno della cellula su endosomi (TLR 3-7-8-9)17 (figura 3). Figura 3. Distribuzione dei Toll-like receptors Il sistema è organizzato in maniera tale che la segnalazione dei vari TLRs nei confronti di un dato patogeno risulti ridondante; in tal modo il difetto di segnalazione di uno dei recettori o delle molecole del pathway di segnalazione può essere compensato da altri recettori o vie di trasmissione. Sono state però identificate patologie a trasmissione mendeliana patogeno specifiche in cui l’alterazione di una delle molecole del sistema innato, deputate alla risposta verso uno specifico patogeno, non può essere vicariata da altri elementi e pertanto tali soggetti “sani” e competenti verso la stragrande maggioranza dei germi presentano un difetto immunitario selettivo verso uno spettro strettissimo di patogeni (Box 2)24,25,26,52. Box 2 - Malattie mendeliane monogeniche “patogeno specifiche”: encefalite erpetica26,52 Il virus herpes simplex 1 è un virus a DNA della famiglia delle herpesviridae e rappresenta la causa più frequente di encefalite sporadica fatale (70% di mortalità se non trattata) e cecità nell’uomo. Si diffonde dall’epitelio al SNC attraverso i nervi cranici. Il nervo olfattorio deriva dall’ectoderma e non è mielinizzato. Il dsRNA è un comune prodotto intermedio della replicazione virale. Sino ad oggi solo in una piccola percentuale dei pazienti con encefalite erpetica è stata identificata una causa genetica: • • • • TLR3 (mutazione 1660C>T – P554S) Unc93B Tank Binding Kinase 1 (G159A – Casanova) STAT1 Studio personale Razionale Vi sono ormai numerose conferme che l’abilità di alcuni individui a rispondere adeguatamente ai ligandi dei TLRs può esser compromessa da polimorfismi nei geni che codificano per gli stessi, e ciò dà luogo ad una aumentata suscettibilità a malattie infiammatorie e/o autoimmuni ed allo sviluppo di neoplasie44,23. IL TLR2 gioca un ruolo cardine nella risposta dell’ospite all’Helicobacter pylori e ciò può spiegare l’associazione tra polimorfismi di TLR2 e cancro gastrico e con i linfomi del MALT (tessuto linfatico delle mucose). Alcuni polimorfismi di TLR2 conferiscono anche una predisposizione a sviluppare il cancro della cervice ed il cancro della colecisti.18,21,28 Il TLR4 lega il lipopolisaccaride della parete batterica. I polimorfismi Asp299Gly e Thr399Ile del TLR4, tra i più studiati negli ultimi anni, conferiscono un’aumentata suscettibilità alle infezioni da batteri gram negativi ed alle sepsi, alle infezioni da funghi nel paziente trapiantato, e si associano ad una carica virale più alta nei pazienti con infezione da HIV49,50 Il polimorfismo Thr399Ile riduce inoltre la risposta all’Helicobacter pylori ed è associato ad una maggiore incidenza di gastriti, lesioni precancerose e tumori gastrici.22,27 È stata dimostrata un’associazione tra il polimorfismo Asp299Gly ed i linfomi del MALT ed i linfomi di Hodgkin. 46 Il genotipo 1237C e 2848A di TLR9 è associato ad un rischio di linfoma di Hodgkin negli adulti OR 2.53.20 Lo studio cristallografico dei TLRs ha permesso di interpretare le modalità di funzionamento degli stessi e di prevedere l’effetto di eventuali mutazioni o polimorfismi sulla struttura e sulla funzione3. Il modello più frequentemente osservato prevede che in seguito al riconoscimento delle molecole conservate dei patogeni, da parte degli ectodomini o domini del TLR che si trovano all’esterno della membrana, venga stimolata la formazione di omo o eterodimeri3 (figura 4). Figura 4. I TLRs in seguito al legame con il loro agonista formano dimeri: TLR1/TLR2, TLR2/TLR6, TLR3/TLR3, TLR4/TLR4, TLR5/TLR5, TLR8/TLR8, TLR9/TLR9 Questi eventi determinano modificazioni conformazionali che innescano la trasduzione del segnale da parte dei domini citoplasmatici (TIR) che reclutano molecole adattatrici (MyD88, MAL/TIRAP, TRIF, TRAM, SARM)3,17. Il TLR3 ad esempio, localizzato su endosomi acidici all’interno del citoplasma, presenta un ectodomino formato da 23 spire con sequenze ricche di leucina, ed assume una forma solenoide che ricorda un ferro di cavallo3 (figura 5). Figura 5. A sinistra spira ricca di leucina. A destra l’ectodominio di TLR3 assume una forma simile ad un ferro di cavallo. In presenza di RNA a doppia elica della lunghezza minima di 45bp si formano dei dimeri di TLR3 e si instaura un legame tra il core idrofobico formato dai due ectodomini di TLR e lo scheletro di ribofosfati del RNA (figura 6). Ciò spiega il motivo per cui il legame è indipendente dalla specificità delle basi azotate. Il legame è fortemente cooperativo, cioè aumenta d’intensità a mano a mano che procede il contatto fra le due molecole, ed è condizionato dal pH che deve essere inferiore a 6.53. Figura 6. Legame tra dsRNA e TLR3 Il DNA non può legarsi perché assume una conformazione dell’elica differente rispetto all’RNA. I dominio intracitoplasmatico TIR (Toll-like IL-1- Resistance, omologo con il dominio di segnalazione del recettore dell’IL-1) innesca la trasduzione del segnale reclutando proteine adattatrici (TRIF nel caso di TLR3) che a cascata in ultima analisi determinano la trascrizione di alcuni geni3. Sono stai identificati nell’uomo più di 136 polimorfismi di TLR3. Di questi quattro alterano la sequenza della proteina. Dalla posizione del residuo nella proteina si può cercare di desumere l’effetto sulla funzione della stessa. I due residui più conservati (dal pesce ad i mammiferi) sono quelli in cui la sostituzione dell’amminoacido connessa al polimorfismo (N84I e L412F) determina verosimilmente una alterazione dell’assemblaggio della proteina che ne abolisce o annulla l’attività. Gli altri due residui conservati solo nei mammiferi si trovano in punti meno critici tanto che la funzione della proteina non viene alterata dal cambio di aminoacido (Y307D e S737T). Secondo questa teoria “evolutionary tracing” dal grado di conservazione di un residuo nelle diverse specie si può desumere l’importanza di un’alterazione dello stesso44. I polimorfismi N284I ed L412F non compromettono né la traduzione né la stabilità della proteina, ma interferendo con l’espressione di superficie ne compromettono l’attività funzionale44(figura 7). Figura 7. Posizione dei polimorfismi nella proteina TLR3 Confermato che questi polimorfismi si associano ad un difetto funzionale della proteina, il passo successivo è quello di verificare se sono coinvolti in una o più patologie. Nel topo, i polimorfismi di TLR3 si associano ad una predisposizione alle infezione da enterovirus ed ad un aumentato rischio di patologia cardiaca correlata (miocardite e cardiomiopatia dilatativa)13. Nell’uomo le mutazioni missense P554S e F303S si associano rispettivamente all’encefalite erpetica ed alla encefalopatia associata al virus dell’influenza19,26. Il ruolo dei polimorfismi è stato evidenziato per la prima volta da Ishizaki et al hanno che hanno notato nel 2008 un’associazione tra il polimorfismo di TLR3 Phe412Leu (L412F) e la panencefalite sclerosante subacuta confermando l’ipotesi di un danno neurologico indotto dal virus del morbillo verosimilmente favorito da un alterazione di TLR312,11. IL polimorfismo 829A>C di TLR3 è associato con l’infezione da EBV ed il carcinoma nasofaringeo.47 IL TLR3 è infatti il recettore che riconosce il virus di Epstein Barr. I polimorfismi dei TLRs sono coinvolti anche nella storia naturale della malattia e condizionano la risposta alla terapia e la prognosi. Ad esempio la variante rs3775291 di TLR3 è un fattore prognostico indipendente del cancro del colon retto al 2° stadio; il genotipo TT è connesso con un rischio aumentato del 93% di morte rispetto al genotipo CC.14 È stato dimostrato che il polimorfismo Asp299Gly di TLR4 condiziona un outcome peggiore di alcuni tumori, in quanto l’attivazione e la funzione di questo recettore sono fondamentali per l’effetto della radioterapia e della chemioterapia; in particolare queste terapie inducendo la lisi delle cellule tumorali liberano una grande quantità di antigeni tumorali che attivano il sistema immunitario che partecipa alla distruzione del tumore. Basandoci su questi presupposti, abbiamo quindi deciso di verificare l’ipotesi che polimorfismi di alcuni TLRs potessero conferire una suscettibilità genetica alle emopatie maligne in epoca pediatrica. La totalità degli studi sinora pubblicati sono stati eseguiti su adulti. Il dato di aumento di incidenza di queste patologie proprio nelle primissime epoche della vita (1-4 anni) potrebbe essere messo in relazione ad una maggiore incidenza delle infezione proprio in questa fascia di età.8 Obiettivo secondario dello studio, con una osservazione dopo un periodo di follow-up adeguato di almeno 5 anni, sarà inoltre la valutazione dell’effetto dei polimorfismi studiati sugli indicatori di prognosi della patologia: Event free survival ed overall survival. Abbiamo preso in considerazione inizialmente 2 polimorfismi di TLR3 che è il recettore di EBV, e successivamente anche alcuni polimorfismi di TLR2, TLR4, TLR7 e TLR9. Disegno dello studio e Metodologia Popolazione in studio I pazienti arruolati nello studio sono stati selezionati secondo i criteri diagnostici dell’AIEOP Associazione Italiana Ematologia ed Oncologia Pediatrica); la diagnosi citofluorimetrica è stata confermata mediante analisi e citogenetica su sangue da aspirato midollare all’esordio di leucemie linfoblastiche acute e mieloblastiche acute e dall’istologia e citogenetica su campioni di tessuto nei Linfomi di Hodgkin e non Hodgkin. Questi accertamenti sono stati effettuati presso i laboratori di riferimento e centralizzazione AIEOP dell’Università di Padova ed in doppio cieco presso il laboratorio di citofluorimetria dell’Ospedale Civico di Palermo e l’Istituto di Anatomia patologica del medesimo Ospedale. I pazienti sono stati arruolati a partire dal Gennaio del 2009 presso l’Unità Operativa di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale Civico, centro che si occupa della diagnosi e della cura delle patologie ematologiche per tutta la Sicilia occidentale in ambito pediatrico. I campioni di sangue periferico sono stati raccolti dai pazienti alla diagnosi o durante il follow-up della malattia. Le informazioni cliniche necessarie per la conferma della diagnosi sono state analizzate mediante un modulo appositamente sviluppato. I primi 53 pazienti arruolati nello studio hanno completato l’analisi dei polimorfismi scelti dei TLR3, TLR7 e TLR9. L’end point finale sarà quello di raggiungere un campione costituito da circa 100 pazienti affetti dal leucemia linfoblastica acuta e mieloblastica acuta ed altri 100 affetti da linfoma di Hodgkin e non Hodgkin. Undici dei 53 pazienti sono affetti da linfoma (6 linfoma di Hodgkin e 5 con linfoma non Hodgkin) e 42 da leucemia acuta. Sono stati successivamente raccolti i campioni di 113 neonati sani da utilizzare come gruppo di controllo. Tutti i pazienti ed i controlli sono di origine siciliana. La numerosità del campione e dei controlli era stata decisa considerando la frequenza attesa del polimorfismo più frequente tra quelli scelti per l’analisi, cioè Phe412Leu di TLR3, circa il 27% nella popolazione europea. L’end point prefissato era quello di verificare una differenza statisticamente significativa di almeno il 15% tra il gruppo analizzato e quello controllo. Lo studio molecolare del gene TLR3 è stato eseguito presso il nostro laboratorio di biologia molecolare tramite sequenziamento delle regioni esoniche. Sono state escluse dall’indagine le regioni introniche e regolatrici dei geni, per cui eventuali mutazioni riguardanti tali sequenze non sono state considerate. Le sequenze dei primers sono state dedotte dalla sequenza genomica del gene TLR3 del National Center for Biotechnology Information NCBI. Il DNA genomico dei pazienti è stato ottenuto dal sangue periferico e amplificato mediante Reazione di Polimerizzazione a Catena (PCR) utilizzando enzimi ad alta specificità (HotStart-PCR). Il gene TLR3 è stato amplificato in 7 reazioni. L’analisi di sequenza è stata eseguita direttamente sui prodotti di amplificazione purificati applicando la metodologia di Sanger modificata (Big Dye Terminator Cycle Sequencing Kit, Applied Biosystem), può essere distinta in due fasi, una prima di “cycle sequencing”, seguita dall’ acquisizione della sequenza stessa. Ogni frammento è stato sequenziato sia dal primer forward che dal reverse, in maniera tale da confermare l’eventuale mutazione su entrambi gli strand. In una seconda fase è stato eseguito lo studio delle mutazioni dei geni TLR7 e TLR9 in tutti i soggetti mediante minisequenziamento e sequenziamento, dopo amplificazione delle regioni d’interesse. Il DNA genomico dei pazienti e dei controlli è stato ottenuto dal sangue periferico e amplificato mediante Reazione di Polimerizzazione a Catena utilizzando enzimi ad alta specificità (HotStart-PCR). Minisequenziamento: questo tipo di tecnica viene utilizzata per l’individuazione di mutazioni puntiformi e polimorfismi noti. La reazione è basata sull’ estensione di una singola base di un primer oligonucleotidico utilizzato per la minisequenza “single nucleotide extension”. La reazione è stata standardizzata per l’identificazione contemporanea di diverse posizioni nucleotidiche di interesse (ABI PRISM SNaPshot Multiplex Kit). Durante la reazione di sequenza il primer con il 3’ prossimale alla posizione da indagare, in presenza di dideossinucleotidi marcati con fluorocromi che fungono da terminatori della reazione, potrà incorporare un singolo nucleotide; i prodotti di reazione vengono visualizzati come picchi di emissione di fluorescenza mediante elettroforesi capillare (ABI PRISM 3130 – Applied Biosystems) ed analizzati con un software specifico (GeneMapper – Applied Biosystems). Il colore dei picchi di emissione permette di individuare la base nucleotidica incorporata. Le sequenze dei primers sono state dedotte dalla sequenza genomica del gene PRF1 (National Center for Biotechnology Information NCBI). Sequenziamento : l’analisi di sequenza è stata eseguita direttamente sui prodotti di amplificazione purificati (GFX- PCR purifcation columns – Amersham) applicando la metodologia di Sanger modificata (Big Dye Terminator Cycle Sequencing Kit, Applied Biosystem). I prodotti di sequenza sono stati visualizzati mediante elettroforesi capillare e l’analisi è stata effettuata mediante software specifici (ABI PRISM 3130Sequencing Analysis, SeqScape). Le sequenze ottenute sono state comparate a quelle esistenti in banca dati (NCBI-BLAST). Qui di seguito riportiamo i polimorfismi dei TLRs presi in considerazione. In grassetto sono riportati i “polimorfismi non sinonimi” che determinano un cambio dell’aminoacido, e che quindi potenzialmente alterano la funzione della proteina, su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione. TLR7: Gln11Leu ed Ala448Val. TLR9: Arg311Gln e Arg905His. In una terza fase prenderemo in considerazione anche i polimorfismi di altri due TLRs (TLR2 e TLR4) che sono stati implicati nella patogenesi e nell’outcome di diverse patologie tumorali. Risultati Abbiamo preso in considerazione la prevalenza dei due polimorfismi più frequenti di TLR3: 1234C>T che determina la sostituzione della fenilalanina da parte di una leucina al residuo 412, ed il polimorfismo 1377C>T che non determina cambio di aminoacido. Il polimorfismo 1234 C>T è stato identificato nel 50.4% dei controlli (figura 8). Figura 8. Polimorfismo 1234C/T Il polimorfismo 1377C>T è stato identificato nel 51% dei controlli (figura 9). Figura 9. Polimorfismo 1377C/T La frequenza del polimorfismo Phe412Leu descritta in letteratura viene riferita intorno al 20% globalmente e 27% nella popolazione europea44. Abbiamo quindi osservato una differenza statisticamente significativa dell’incidenza di tale polimorfismo nella popolazione siciliana che è spiegata dalla peculiarità genetica della nostra popolazione. La frequenza così alta di questi due polimorfismi ci ha obbligato a sospendere l’analisi nei pazienti in quanto la numerosità del campione per osservare una differenza significativa tra casi e controlli dovrebbe essere troppo alta. Abbiamo quindi concentrato la nostra attenzione sui polimorfismi non sinonimi di TLR7 e TLR9. Il polimorfismo Gln11Leu è presente nel 24.5% dei 53 pazienti analizzati e nel 14% dei controlli con un OR di 1,996 (0.864,64). IL SNP Ala448Val di TLR7 è presente nello 0% dei 50 pazienti analizzati e nel 4% dei controlli. Figura 10. IL SNP Arg399Gln di TLR9 era presente nel 6.4% dei 47 pazienti analizzati e nell’1% dei controlli. Mentre il SNP Arg905His era presente nello 0% dei pazienti e nell’1% dei controlli. Figura 11. Figura11. Le differenze osservate non raggiungono un livello di significatività statistica. Il polimorfismo Gln11Leu era presente in omozigosi nel 5.6% dei pazienti e nello 0% .Tale dato non raggiunge comunque significatività statistica a causa della consistenza del campione. Tabella 2. Tabella 2 Pazienti Controlli TLR7: Gln11Leu 13/53 14/100 TLR7: Ala448Val 0/50 4/100 TLR9: Arg311Gln 3/47 1/101 TLR9: Arg905His 0/43 1/100 TLR3: 1377C>T - 58/113 TLR3: 1234C>T - 54/107 Analisi future Verrà continuata l’analisi dei polimorfismi già studiati sino al completamento del campione. Verranno inoltre avviate le analisi dei polimorfismi non sinonimi di TLR2 e TLR4 e l’analisi del polimorfismo N284I di TLR3 che ha mostrato nei controlli una frequenza di circa il 4%. Tale percentuale rende possibile rilevare una differenza statisticamente significativa tra casi e controlli in relazione alla numerosità del campione attesa. Verranno compilate le schede di follow-up per consentire alla fine dello studio (tra 5 anni) una valutazione della correlazione tra il genotipo e la prognosi della malattia. Discussione Le leucemie ed i linfomi sono le patologie tumorali più frequenti in età pediatrica e costituiscono un modello di malattia multifattoriale in cui è necessaria l’azione combinata di un fattore ambientale scatenante su un substrato genetico predisponente. Come in ogni patologia ad eziopatogenesi multifattoriale è spesso complesso attribuire l’esatto rischio a ciascuno fattore potenzialmente coinvolto. Ciò è connesso con l’eterogeneità presente anche all’interno di un medesimo gruppo di patologie. Un ampio ed acceso dibattito ha interessato il ruolo dei vari fattori ambientali di volta in volta coinvolti nella patogenesi (radiazioni, agenti chimici, onde elettromagnetiche etc.) Negli ultimi anni è emerso anche il ruolo determinante della multifattorialità genetica. La citogenetica ha consentito di caratterizzare i tumori fornendo dati preziosi per la diagnosi, per la prognosi e per l’adattamento dell’intensità della terapia alle fasce di rischio. Le percentuali di cura della leucemia linfoblastica acuta in età pediatrica sono aumentate da meno del 10% nel 1960 a più dell’80% ai giorni nostri.43 La prognosi resta però cattiva nei pazienti che recidivano. La caratterizzazione genetica della leucemia ha contribuito ad una migliore stratificazione del rischio ed ad un adattamento della intensità del trattamento. I soggetti le cui cellule leucemiche presentano la traslocazione TEL/AML (ETV6-Runx), circa il 20-25% dei casi di leucemia linfoblastica acuta B, hanno una bassa incidenza di recidive di morti ed un più lungo EFS.43 La presenza del cromosoma Philadelphia, dovuto alla traslocazione dei cromosomi 9 e 22, è generalmente correlata ad una cattiva prognosi. L’affinamento delle metodiche di citogenetica che consente lo studio dei polimorfismi, sta implementando le possibilità di identificare caratteristiche ancora più fini delle cellule neoplastiche, permettendo un’ancora migliore stratificazione del rischio. Whole sequencing genome è una tecnica che consente di studiare in modo relativamente semplice l’intero genoma per mettere in evidenza difetti che non potevano essere visti dalla citogenetica classica di metafase. La disomia uniparentale UPD che origina da un errore della meiosi fa si che entrambe le copie di un cromosoma o di una regione cromosomica derivino da uno stesso genitore; ciò determina la perdita di eterozigosi per vari geni che saranno presenti in quel soggetto in omozigosi.43 La presenza di UDP segmentale nelle sindromi mielodisplastiche è alta (47%) ed ancora di più nelle leucemie mieloidi acute (87%). In quest’ultimo gruppo di pazienti ad esempio, l’UDP nei loci 19q, 11p, 13q e 21q corrisponde alla presenza di mutazioni in omozigosi rispettivamente dei geni CEBPA, WT1, FLT3 e AML1 che sono state identificate come fattori prognosticamente negativi.43 La storia naturale e la prognosi di un tumore può dipendere oltre che dalle caratteristiche intrinseche della neoplasia (alterazioni genetiche della cellula neoplastica) anche dalle caratteristiche dell’ospite. La variabilità del sistema immunitario innato ed i polimorfismi di TLRs e delle molecole dei pathways di segnalazione, possono essere fattori determinanti nelle capacità dell’individuo di eliminare le cellule concerose condizionando sia il targeting delle stesse da parte dei CTL che la risposta alla terapia (chemio/radioterapia). Lo studio dei TLRs offre l’opportunità di percorrere una strada innovativa per intervenire sul sistema immunitario in maniera mirata e selettiva in modo da evitare i gravi effetti collaterali connessi alle terapie attualmente disponibili. L’uso di agonisti dei TLRs può aumentare la capacità del sistema immunitario di riconoscere gli antigeni tumorali ed eliminare le cellule cancerose. L’immunoterapia per le leucemie acute è una strategia promettente per eradicare le cellule residue dopo una terapia standard, per prevenire le recidive ad aumentare la sopravvivenza dei pazienti. Risposte immuni efficaci contro la leucemia sono ostacolate dalla scarsa immunogenicità delle cellule leucemiche, quindi bisognerebbe investire per i identificare fattori capaci di aumentare l’immunogenicità delle stesse per ottenere un migliore effetto antileucemico. Gli agonisti di TLR3-4-7-8-9 rappresentano i più promettenti agenti immunoterapici contro il cancro. Sono già stati approvati 2 TLR-agonisti che vengono utilizzati in monoterapia. Il primo costituito da una miscela di Bacillo di Calmette e Guarin è approvato per l’uso intravescicale e si è dimostrato più efficace delle antracicline topiche nella terapia del carcinoma vescicale, inducendo lo sviluppo di una immunità specifica T cellulare attraverso l’attivazione di TLR2, TLR4 e TLR9.9 Il secondo è una imidazoquinolina sintetica che agisce come agonista di TLR7 ed è utilizzata sotto forma di crema al 5% per la terapia dei papillomi genitali e perianali, dei basaliomi superficiali e delle metastasi cutanee di melanoma.9 Purtroppo l’uso sistemico di tali sostanze rimane limitato perchè il loro effetto immunostimolatorio necessario per l’efficacia antitumorale determina una tossicità sistemica significativa costringendo alla riduzione delle dosi. Gli agonisti dei TLRs sono stati utilizzati in vari protocolli come adiuvanti di vaccini antitumorali ed in associazione alla chemioterapia convenzionale. Ad esempio il CpG ODN agonista di TLR9 induce un upergolazione di CD20 nelle cellule maligne di origine B che può essere sfruttato per la terapia con l’anticorpo monoclonale anti CD20 (rituximab).9 La più recente strategia è quella del vaccino basato sulle cellule dendritiche. La Deoxypodophyllotoxina estratta dall’Anthriscus sylvestris agisce inducendo la maturazione delle cellule dendritiche attraverso la stimolazione di TLR4; queste cellule acquisiscono una capacità potenziata di presentare gli antigeni tumorali. 39 Il nostro studio ha evidenziato una suscettibilità genetica allo sviluppo delle emopatie maligne legato al polimorfismo di TLR7 Gln11Leu. Questo è un dato promettente che andrà confermato con il completamento del campione. La possibilità di agire sul recettore TLR7 tramite agonisti potrà, se tale dato verrà associato anche alla prognosi, esser utilizzata in associazione alle terapie convenzionali. Abbiamo osservato, nella popolazione siciliana, una differenza statisticamente significativa (50,4% vs 27%). della prevalenza del polimorfismo 1234C>T di TLR3, rispetto a quanto era segnalato in letteratura e non abbiamo quindi proceduto all’analisi nei pazienti perché il campione sarebbe dovuto essere estremamente più grande per poter rilevare una differenza statisticamente significativa. Gli studi che analizzano l’associazione con polimorfismi delle molecole del sistema adattivo devono tenere in considerazione la possibile variabilità genetica da regione a regione. Lo studio dei polimorfismi Ala448Val di TLR7 e Arg399Gln e Arg905His di TLR9 non ha evidenziato alcuna suscettibilità genetica. Lo studio dei TLRs offre l’opportunità di percorrere una strada innovativa per intervenire sul sistema immunitario in maniera mirata e selettiva in modo da evitare i gravi effetti collaterali connessi alle terapie attualmente disponibili. In questo affascinante scenario il targeting di TLRs potrebbe essere utilizzato nella terapia delle patologie ematologiche maligne per potenziare gli effetti dell’attuale terapia. L’uso degli agonisti dei TLRs può avere a volte un effetto negativo ad esempio nei pazienti con mieloma multiplo gli agonisti di TLR9 proteggono le cellule tumorali dall’apoptosi indotta dal desametasone. Bisogna quindi avere molta cautela ed è auspicabile che lo studio dei SNPs ed del loro effetto sulla funzione della proteina venga ulteriormente implementato. Ringraziamenti Si ringraziano la Dott.ssa Giuseppa Bruno e la Dott.ssa Sonia Cannella che hanno svolto tutto il lavoro di biologia molecolare presso il laboratorio dell’U.O. di Oncoematologia pediatrica dell’Azienda Civico di Palermo. La Fondazione Giuseppe Alazio per aver contribuito al finanziamento del progetto di ricerca. Bibliografia 1) Jun-Fang He, Wei-Hua Jia, Qin Fan, Xin-Xi Zhou, Hai-De Qin, Yin Yao Shugart and Yi-Xin Zeng. Genetic polymorphisms of TLR3 are associated with nasopharyngeal carcinoma risk in Cantonese population. BMC Cancer 2007, 7:194. 2) Ueta M, Sotozono C, Inatomi T, Kojima K, Tashiro K, Hamuro J, Kinoshita S. Toll-like receptor 3 gene polymorphisms in Japanese patients with StevenJohnson syndrome. Br J Ophtalmol 2007;91:962-965. 3) Botos I, Liu L, Wang Y, Segal DM, Davies DR. The Toll-like Receptor 3:dsRNA signalling complex. Biochim Biophys Acta. 2009;1789(9-10):667-674. 4) Georgel P, Macquin C, Bahram S. 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