Reloaded Febbraio 2013
Transcript
Reloaded Febbraio 2013
Ambiente Precari Acque inquinate negli Iblei Chi sono gli esodati? Elezioni Dove andiamo generazionezero.org o i a r 20 12 Migranti, giovani, precari, ambiente b b e F Morte e arte: Pasolini Disastro in Mali Università allo sfascio Sesso sicuro Dio non lo vuole anno I n°8 Immagine di copertina di Alaskan Dude| Alcuni diritti riservati | Per ricevere direttamente la nostra rivista, invia una mail a [email protected] | o visita il nostro sito: http://www.generazionezero.org | Reloaded Migranti, giovani, precari, ambiente Contenuti del numero 4. Com’è bello far l’amore- Attilio Occhipinti 6. “Ce l’hai?”- Una piccola indagine- Attilio Occhipinti 7. La contraccezione in ItaliaSimone Bellitto 9. Intervista a Simona Zecchi e Martina Di Matteo- Giulio Pitroso 15. Un cinema impossibile- Giulio Pitroso 18. Rubrica Ambiente: Acqua da tutte le parti- Simone Lo Presti 19. Rubrica Precari: Gli esodatiFederica Monello 21. Rubrica Giovani: A Scordia un palazzo per i giovani- Attilio Occhipinti 23. Rubrica Migranti: La guerra in Mali- Giuseppe Cugnata 24. Non ci resta che piangere- Sebastiano Cugnata 27. Rubrica Satira: Vaticano 3.0 2| Generazionezero Reloaded Direttore Responsabile: Giacomo Pisani; Editore, Proprietario: Associazione Generazione Zero; Direttore Editoriale: Giulio Pitroso; ViceDirettore Editoriale: Attilio Occhipinti; Condirettore Editoriale: Simone Lo Presti; Redazione: Simone Bellitto, Federica Monello, Sebastiano Cugnata, Giuseppe Cugnata; Collaboratori: Gianni Scifo; Impaginazione e Grafica: Gianni Scifo. Per la copertina sono state usate immagini disponibili sul web, di cui gli autori rimangono titolari di tutti i diritti, salvo dove diversamente indicato. Generazione Zero Reloaded: download mensile dell’allegato dal sito di Generazionezero.org T ESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI RAGUSA N. 05/11 editoriale | Come si fa a non parlare di…? Lo scorso mese abbiamo inaugurato il nuovo anno con un dossier su alcuni partiti italiani. Le curiosità, i nomi, le controversie giudiziarie e diverse altre informazioni tutte raccolte in una serie di schede, in vista delle elezioni di questo mese. Si è trattato di un lavoro di ricerca, di dati da confrontare, che informasse su più punti e nella maniera più cristallina possibile riguardo allo stato attuale di questi benedetti partiti che, a breve, si daranno di nuovo battaglia. Entriamo in una nuova fase (l’ennesima) della nostra politica. Ormai ci siamo quasi. Dato che, quando si parla di politica, si pensa spesso a chi ce l’ha messo in quel posto (scusate il francese), automaticamente ci è venuto in mente di proteggerci, di preservare la nostra salute. Protezione – preservare – preservativo: l’associazione di idee è cosa fatta. Uno, due, tre ed eccovi una nostra indagine sul sesso sicuro. Sì, forse questa parabola dalla politica al sesso non è molto efficace, ma l’essersi occupati di un tema così vicino a tutti noi, così attuale, così discusso, è scaturito proprio da questo intimo e personale pensiero. Il sesso tra i giovani, mentre fra pochissimo si vota. Fate l’amore, non fate la guerra, si diceva. E così questo mese abbiamo pensato di aprire il nostro numero di Reloaded senza alcun riferimento alle imminenti elezioni, concentrandoci invece su un altro argomento chiave della nostra generazione. Uno sguardo rivolto all’uso dei contraccettivi, ai distributori automatici di preservativi nelle scuole, alla storia dei contraccettivi in Italia con, sullo sfondo, l’eterna battaglia tra i sostenitori e gli oppositori dei metodi di contraccezione. Sembrerebbe un ottimo spunto per una sana conversazione. Come abbiamo fatto lo scorso anno, anche quest’anno continueremo ad interessarci di quelle categorie sociali che compongono il grado zero della generazione del duemila: le difficoltà dei precari, il mondo dei migranti, la tristezza dell’inquinamento. Ci sono così tante cose da raccontare, tante storie delle quali parlare, mentre, giorno dopo giorno, si staccano i fogli che compongono il calendario della nostra generazione. Un occhio al presente, difficile e incerto, e un occhio al futuro, incerto anch’esso, ma con qualche sfumatura di speranza, necessaria per andare avanti, per poter scrivere, per imporsi in questo mondo complicato. Dobbiamo, comunque, sempre qualcosa al passato, soprattutto se si tratta di un passato lontano, che non abbiamo potuto vivere, fatto di persone che l’hanno segnato, al di là del bene e del male. In questo numero abbiamo voluto dedicare alcune nostre pagine alla figura di Pier Paolo Pasolini. Del resto, come si fa a non scrivere qualcosa su Pasolini? Scrittore, giornalista, poeta, regista, intellettuale dai tanti volti che ha influenzato la cultura europea del Novecento. Una personalità controversa, che ha acceso tanti di quei dibattiti che ancora oggi ricorrono nelle discussioni, sui libri, nei servizi in tv in tarda serata. Come si fa, appunto, a non parlare di Pasolini? Come si fa a non parlare di sesso sicuro? Come si fa a non parlare degli esodati? Come si fa a non parlare dell’acqua inquinata? Parliamone allora. Attilio Occhipinti Generazionezero Reloaded | 3 Com’ è bello far l’amore L’abbiamo visto nei film, l’abbiamo letto sulle riviste, l’abbiamo sentito nelle discussioni tra amici, incuriositi e un po’ imbarazzati, consapevoli del suo fascino, rapiti dalla voglia di scoprirlo. Sì, parliamo di sesso. Una parolina magica che ci fa chiudere gli occhi, catapultandoci in un mondo pieno di ricordi, fantasie, voglie inappagate, desideri mai rivelati e chissà quante altre cose. Un’esperienza chiave delle natura umana, intrisa di emozione, carnale e al tempo stesso colma di passione interiore. L’unione di due corpi, di due amanti, due ragazzi che, magari, aspettavano questo momento da tempo e, ora, con i genitori fuori città e la casa libera, sono pronti a buttare al vento ogni inibizione e a tuffarsi tra le lenzuola. Come nei film per adolescenti o nelle serie televisive. Il cinema d’altronde ci ha raccontato milioni di scene come questa e noi stiamo sempre lì, a guardare. Fare l’amore si dice. Guardi negli occhi il tuo partner, stuzzicando la sua fantasia, poi ti prepari a farti travolgere dalla passione. Come è bello far l’amore diceva la Carrà, ed è bello davvero. Bellissimo. 4| Generazionezero Reloaded Le due facce Quando si affronta un tema come questo, di natura così intima e dall’impatto sociale molto forte, non si può non parlare di sicurezza del rapporto. L’altra faccia del sesso. Un’analisi sul fenomeno sessuale include di conseguenza il “modo” in cui si consuma il rapporto fisico in questione, sia per motivi sociologici, cioè di natura puramente sondaggistica, sia per motivi legati alla salute, la trasmissione di malattie veneree, per l’appunto. Questioni che, naturalmente, interessano il campo dell’etica sociale, segnata dalla dialettica tra chi è favorevole all’uso dei contraccettivi e chi, invece, è contrario. Due posizioni che sono in lotta perenne da tempo. Da una parte la chiesa condanna l’uso dei contraccettivi, fermamente convinta che il sesso debba avere una finalità procreativa e non ricreativa, motivo per cui l’atto sessuale deve essere consumato solo dopo il matrimonio; dall’altra la posizione laica ritiene che il sesso, essendo una componente imprescindibile della natura umana, può essere praticato anche senza il bisogno di sposarsi. Lo scontro fra queste due posizioni, che poi si ripresenta fatalmente per altre questioni affini, come l’aborto o la gravidanza assistita, è un fatto sociale e culturale di grande interesse e di grande attualità. D’altronde stiamo parlando di sesso, del coito. Esiste qualcosa che sia più attuale di questo? Esiste qualcosa che interessi più di questo? Parlavamo di contraccettivi comunque. La contraccezione non è qualcosa di nuovo o figlia di questo secolo. Certamente oggi rappresenta un tema quasi banale: chiunque ha un’idea di che cosa sia il profilattico o la pillola. La cosa curiosa è che il sesso protetto è un’idea vecchia di secoli. Già nell’antico Egitto venivano utilizzati dei tamponi da lasciare per un certo periodo di tempo nella vagina oppure, dopo il rapporto, si raccomandava una lavanda a base di vino. Nell’epoca romana si utilizzavano degli amuleti o dei profilattici ricavati dalle vesciche di animali (si dice che anche Casanova usasse questo antenato del condom). La storia dei contraccettivi ha insomma un’antica tradizione che, comunque, conobbe una sorta di arresto nel periodo medievale, la possibilità per via della presenza di installare cristiana, ormai nelle scuole dilagante, nella vita superiori i di tutti i distributori di giorni. Dal Rinascimento profilattici, in poi l’uso di questi metodi contracettivi fu più incalzante, soprattutto in risposta alla diffusione delle malattie veneree come la sifilide e, in seguito, la sperimentazione di nuove tecniche e di nuovi strumenti per combattere queste malattie si intensificò, fino alla realizzazione del profilattico moderno, partorito da un’idea del tedesco Julius Fromm (a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900). A partire dagli anni sessanta del secolo scorso la pillola anticoncezionale troverà diffusione in tutto il mondo. Preservativi e polemiche Tornando al nostro tempo, al nostro secolo, siamo consapevoli del fatto che le nuove generazioni, rispetto a quelle di qualche decennio fa, hanno conosciuto una diffusione abbastanza larga del fenomeno sessuale. La rivoluzione sessuale, che ha investito i paesi occidentali tra gli anni sessanta e gli anni settanta, ha dato il proverbiale la all’effetto domino che ha coinvolto la caduta di determinati tabù, svestendo così il sesso di ogni connotazione impura e profana. O almeno, in teoria, questo è stato il tentativo. E’ notizia infatti, di questi ultimi giorni, la possibilità di installare nelle scuole superiori i distributori di profilattici, con prezzi più bassi rispetto a quelli delle farmacie. Una proposta avanzata e poi approvata sia dal consiglio provinciale di Roma, sia da quello di Milano che ha diviso l’opinione pubblica. Alcuni presidi si sono mostrati favorevoli a questa mozione, così come i ragazzi delle scuole e alcuni insegnanti, mentre altri, soprattutto i genitori, raccolti nell’associazione di “categoria”, l’AGe (Associazione italiana genitori), hanno mosso pesanti polemiche. L’idea che a scuola si possano acquistare dei preservativi è, secondo l’AGe, inopportuna, in quanto significa contraddire i doveri educativi della scuola. L’associazione dei genitori ha chiarito la sua posizione, ritenendo che la lotta a gravi malattie come l’Aids non debba essere combattuta così. Anzi, la presenza di questi distributori sarebbe causa di disagio e imbarazzo per gli studenti e la scuola in questo modo porrebbe i ragazzi in situazioni ambigue. Una posizione di questo genere è la prova che la cultura che ruota attorno al sesso tra i giovani, all’educazione sessuale e, cosa più importante, alla prevenzione di gravi malattie o di gravidanze inattese, è ancora deficitaria. Il sesso è un fatto storico, sociale e culturale che ha visto una sua evoluzione, una sua trasformazione che riguarda tutti noi, nessuno escluso. E’ strano pensare che nel 2013 si possa frenare un processo di tale portata con la repressione. Reprimere a prescindere, affermare che un distributore automatico di preservativi sia “sconveniente e fuori luogo per un ambiente destinato alla formazione”, sembra contraddire del tutto l’idea stessa di formazione. La scuola è un’ambiente sociale, fatto di relazioni, di insegnanti e di studenti, ma soprattutto di esseri umani che convivono accomunati da una serie di valori quali la democrazia, la legalità, l’importanza di Generazionezero Reloaded | 5 Attilio Occhipinti Ce l’hai? Una piccola indagine tra i giovani una buona istruzione. Ora, pensare che la sessualità e, soprattutto, i rischi che questa può comportare a causa dell’ignoranza sui modi e sugli usi del sesso protetto, non sia un valore degno della formazione scolastica sembra alquanto anacronistico. La sessualità ha raggiunto ai nostri giorni una dignità ben definita, che l’ha portata ad una centralità di cui non si può non tenere conto. Un distributore automatico di preservativi a scuola è il simbolo di una svolta culturale, poiché tiene conto di un fatto innegabile: il sesso tra le giovani coppie. Forse non è ancora sufficiente per debellare il rischi che un rapporto sessuale può generare (non tutti usano dei contraccettivi), ma è pur sempre un passo in avanti. Perché fare dei passi indietro? Spinti dalla curiosità, abbiamo voluto fare una piccola indagine sociale. Abbiamo infatti domandato a dieci ragazzi e a dieci ragazze se usano o meno dei contraccettivi. Si tratta di giovani tra i diciotto e i venticinque anni, attualmente impegnati in un rapporto sentimentale o da poco finito. Particolare è il fatto che nessuno ha mostrato imbarazzo alla domanda “quando fai sesso usi dei contraccettivi?” Dalla nostra indagine è risultato che su un campione di 10 ragazzi, 6 usano il profilattico, mentre gli altri si affidano al coito interrotto (per la serie “scherzi? E’ come farsi la doccia con l’impermeabile!”); invece, su 10 ragazze, 4 prendono o hanno preso la pillola anticoncezionale e 2 affermano che il proprio ragazzo usa il preservativo. Si tratta solo di domandare e rispondere, non c’è nessuna voglia di giudicare: lo scopo di questa indagine è puramente informativa. Un po’ di curiosità e qualche numero. Sono dati significativi? Sono da buttare? Sta a voi rispondere. Dalla nostra indagine è risultato che su un campione di 10 ragazzi, 6 usano il profilattico 6| Generazionezero Reloaded La contraccezione in Italia In Italia, nella penisola a forma di stivale, affrontare certi temi è sempre stato decisamente ostico. Un sostrato culturale che ha avuto sempre la supervisione della Chiesa Cattolica e delle associazioni ad essa collegate, che siano movimenti religiosi veri e propri o associazioni “civili” pro-life. Ovviamente il tema della contraccezione è stato uno degli argomenti più spinosi nel nostro paese, soprattutto nelle decadi passate o più vicine. In una nazione che della famiglia e della procreazione all’interno del matrimonio ha fatto il proprio vessillo, le radici storiche del risentimento anti-contraccettivo affondano molto nel passato. Nelle nazioni egemoni dell’età degli Imperi già si parlava di condom (termine inglese che indica il nostro corrispettivo italiano profilattico) già dal 1717. L’ondata di “pensiero contraccettivo” ebbe il suo fiorire nella seconda metà dell’800, nelle teorie sulla sovrappopolazione propinato da Owen e Stuart Mill. Nella prima metà del ‘900 si ha la consacrazione di questo delicato tema nell’opinione pubblica grazie agli studi sul controllo delle nascite di Margareth Sanger, che diede vita, assieme alla sorella Ethel, dopo campagne politiche energiche ed un periodo di carcerazione, alla International Planned Parenthood Federation. Ricerche scientifiche accurate, per la prima volta dunque, al fine di realizzare un contraccettivo ormonale in grado di soddisfare il bisogno di contenere una crescita demografica, già negli anni precedenti al secondo dopoguerra, divenuta insostenibile. Muoveranno gli stessi passi, negli anni successivi, in questa direzione paesi anche aldilà della cortina di ferro, quali URSS e Cina comunista. E in Italia? Indietro tutta Negli anni conclusivi dell’800 l’Italia era ancora a metà fra la nostalgia borbonica e il liberalismo monarchico della nuova indipendenza da poco acquisita. Dopo lo sfacelo della prima guerra mondiale arriverà il capitolo tragico dell’avvento del fascismo. Il regime, ancorato all’ideale di trasformazione autarchico, che auspicava un ruolo centrale della “famiglia pura italiana”, puniva con la reclusione la diffusione di idee contro la procreazione. La situazione, ovviamente, viene blindata in questo senso con i patti di “non belligeranza” nei confronti della Chiesa di Roma del 1929. Di certo, il paese che cercava di rialzarsi dalle macerie, all’indomani del secondo conflitto mondiale nel 1945, non aveva ancora il potenziale per un nuovo sguardo su queste realtà. Gli anni ’50, figli della Democrazia Cristiana, non fecero altro che inasprire questo senso di sdegno nei confronti dell’amore “libero”. Basti considerare l’art. 553 del Codice Penale: “Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione e fa propaganda a favore di essa è punito con la reclusione.” Misura repressiva che verrà abolita dalla Corte Costituzionale solo nel 1971. Ancora nel 1965, Il Vaticano contrasta, con successo, la proposta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di dare assistenza ai paesi in via di sviluppo, in tema di pianificazione familiare. Dio non voglia! Generazionezero Reloaded | 7 Cambiamenti Si respirerà una nuova ventata, infatti, solamente negli anni successivi alla contestazione sessantottina ed ai referendum sul divorzio e sull’aborto. Dopo l’eliminazione del reato di “propaganda anti-procreativa” nel ’71, il 1975 è l’anno in cui nella nostra penisola aprono i primi Consultori Pubblici e Familiari, nei quali è possibile fare informazione e prescrivere quel materiale semplicemente bandito fino a qualche anno prima. Tre anni dopo, nel 1978, viene per la prima volta, regolamentata a norma di legge l’interruzione volontaria di gravidanza. I decenni successivi, dai rampanti anni ’80 fino ad oggi, saranno sconquassati da varie emergenze mondiali sanitarie, fra le quali quella più endemica è quella relativa al virus HIV, o meglio conosciuto col mortale nome di AIDS. Nel mondo dunque, una tempesta di campagne di sensibilizzazione sul tema porterà all’attenzione di tutti la necessità di proteggere i rapporti sessuali attraverso il profilattico. Il cattolicesimo, scontato a dirsi, nonostante tutto, ne vieta ancora categoricamente l’uso, da sostituirsi con la necessità dell’astinenza sessuale prima di aver conseguito il vincolo del matrimonio. Incredibile a dirsi, ma sembrerebbe che altre confessioni religiose, quali la Chiesa Evangelica Valdese o i Testimoni di Geova non considerino l’uso della guaina di lattice incriminata un problema di natura etica. Il profilattico, comunque sia, non è l’unico metodo per evitare una gravidanza. Negli anni ’60 dagli Stati Uniti arrivò la pillola anticoncezionale, divenuto in Italia e nel mondo il metodo contraccettivo più 8| Generazionezero Reloaded utilizzato e più sicuro, per la consecuzione dello scopo prefisso, in assoluto. Altri metodi conosciuti sono il diaframma, il cappuccio cervicale o la spirale intrauterina, misure più invasive e meno efficaci della sopra citata pillola. Per concludere la nostra analisi, segnaliamo uno dei metodi più controversi, a livello etico, di contraccezione: la cosiddetta pillola del giorno dopo. La Chiesa Cattolica considera l’assunzione della Pillola del Giorno dopo quasi un succedaneo dell’aborto, peccato gravissimo da “scontare” attraverso il sacramento della Riconciliazione (?). Sono nate iniziative, opinabili, nel mondo medico, per la costituzione, nel 2006, di un codice di deontologia medico, volto a preservare un “obbligo morale” in difesa del proprio sentimento di coscienza. Nascono così medici e farmacisti obiettori. Il contraddittorio civile, fortunatamente, è garantito, dal 2008, grazie all’iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni in collaborazione con l’associazione Vita di donna. Il nome del nuovo progetto è Soccorso Civile - Pillola del giorno dopo, diretto a portare immediatamente ausilio a “tutte quelle donne cui è stata negata la prescrizione della pillola del giorno dopo in una struttura pubblica”. Il percorso “anticoncezionale” italiano è una vera e propria corsa ad ostacoli. Chissà se un giorno una mentalità più aperta e dalle larghe vedute garantirà un diritto pari che oltrepassi le barriere di arretratezza culturale che ancora, ci spiace dirlo, affollano l’opinione pubblica nostrana. Simone Bellitto Simona Zecchi – Martina Di Matteo “Viaggio nella Notte all’Idroscalo” Simona Z ecc h i e M art ina D i M at t eo sono coau t rici della recen t e inc h iesta de I Q uaderni dell’O ra sul caso Pasolini Perché parlare di Pasolini, oggi? Simona: Parlare di Pasolini, occuparsi dei suoi scritti, leggerli... non c’è mai un tempo definito o ultimo per interessarsi a lui e questo al di là dei fatti legati all’indagine tuttora aperta (la riaprì la procura della Repubblica di Roma nel 2010 sulla base di nuove testimonianze che l’avvocato Stefano Maccioni con la collaborazione della criminologa Simona Ruffini, e soprattutto sulla spinta di un’interpellanza parlamentare da parte di Veltroni all’allora Ministro Alfano, scaturita dalle dichiarazioni di Marcello Dell’Utri sull’Appunto 21 di “Petrolio”). In merito invece all’inchiesta e alla ricerca della verità sulla sua morte, nel passato giornalisti più autorevoli hanno già svolto importanti inchieste sul tema. Alcuni di loro sono presenti nel numero 8 della rivista “I Quaderni de l’Ora (edizioni Ila Palma Palermo, 2012) che ospita il nostro lavoro: come Walter Rizzo, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, lo stesso Gianni Borgna (che insieme a Carlo Lucarelli completò un’inchiesta esaustiva sul contesto che portò alla morte di Pasolini). Nel numero, poi, sono legati altri percorsi già presenti nel libro di Lo Bianco – Rizza “Profondo nero” (Chiarelettere, 2009) che vedono nella morte di Mattei e nella scomparsa di Mauro de Mauro un filo conduttore con l’uccisione di Pasolini. La nostra inchiesta rimane però nelle strade romane e più precisamente nella borgata da cui comunque spesso tutto parte e a cui tutto torna… L’omicidio barbaro di Pasolini conosce ad oggi un’unica verità processuale (quella che ha riconosciuto come unico colpevole un allora minorenne Pino Pelosi la cui pena è ormai scontata). Ma come spesso ci dimostra questo nostro Paese, la verità processuale non è e non può essere l’unica, specie se nel corso degli anni (38 ormai) e, nonostante precedenti inchieste aperte e richiuse di fretta sul caso, alcuni fatti in buona parte già molto chiari allora sono stati ritenuti irrilevanti, oppure, come ritengo, dopo il lavoro svolto insieme alla collega, l’emersione di alcuni elementi poteva risultare scomoda se fosse uscita allora. Come lo sarebbe tuttora. Martina: Parlare di Pasolini oggi vuol dire anche parlare di un’intera epoca del nostro Paese. È un tentativo di recuperare anche la nostra coscienza critica partendo da uno degli episodi oscuri che hanno segnato l’Italia degli anni ‘70 e ’80. Il tentativo di ristabilire una nuova verità, se non processuale quanto meno giornalistica, è utile per poterci finalmente riappropriare anche dell’immagine di Pasolini in quanto intellettuale e basta. Personalmente credo che il mio desiderio sia nato da un’urgenza narrativa ambivalente: da un lato la volontà di fare luce in una storia fin troppo poco chiara, anche con l’ingenuo bisogno di ottenere un po’ di giustizia, se così si può dire; dall’altra l’amore per Pasolini in quanto intellettuale e il bisogno di provare a conoscere fino in fondo la realtà da cui egli stesso era circondato. Una realtà che amava e che in un modo o nell’altro è stata artefice del suo assassinio. Come si è sviluppata la vostra inchiesta e da dove? Generazionezero Reloaded | 9 Simona: Intanto mi hanno spinto l’interesse sulle vere motivazioni che hanno portato a tendere un agguato a Pier Paolo per poterlo aggredire in un posto buio isolato e in un contesto che avrebbe infangato la sua memoria (come tuttora accade) e la curiosità su cosa e chi avrebbe eventualmente ordinato la sua morte vista la particolarità di quel momento storico. Un giorno a Roma nel 2010, mentre presentavo un libro, ho incontrato il testimone che aveva appena fatto riaprire l’inchiesta, Silvio Parrello, conosciuto come “Pecetto” dal nome che lo stesso Pasolini gli diede in “Ragazzi di Vita”(il romanzo-verità sulla borgata romana di allora specchio anche della povertà che soffocava tutto il Paese a pochi anni dalla fine della guerra). In quel momento scrivevo per una testata on line sulla quale raccontai poi la storia di Silvio poeta e pittore, e su Pasolini stavo leggendo e raccogliendo elementi di cronaca, insieme ovviamente a tutte le pubblicazioni che riguardavano la storia cercando di trarre un senso dai fili intrecciati emersi sino ad allora. Poi ho incontrato Martina, che era invece da tempo sul caso e per questo l’avevo contattata. Abbiamo così pensato di unire le forze ripartendo solo ed unicamente dai fatti senza basarci su tesi già precostituite. Nel novembre del 2011 feci un servizio sul mensile “Nuovo 10 | Generazionezero Reloaded Paese Sera” in merito al film che sarebbe dovuto uscire di lì a breve del regista Federico Bruno e, parallelamente addentrandomi nel lavoro d’inchiesta, venni anche in contatto con il musicista e scrittore Guido Mazzon cugino di Pier Paolo, tra i familiari la persona più disponibile a rispondere ad alcune domande. L’unica controinchiesta cui a noi è parso utile ricondurci e alla quale in parte ci riferiamo nel nostro lavoro è quella svolta, subito dopo l’omicidio, da Oriana Fallaci e il suo collaboratore Mauro Volterra per l’Europeo (Volterra morì dopo alcuni anni, nel 1989, in circostanze per noi poco chiare). In un certo senso anche il lavoro di Marco Tullio Giordana (film e libro – “Pasolini, un delitto italiano” - 1995) ha rappresentato un po’ un riferimento. Ma il punto fondamentale cui arrivammo entrambe è stata la dinamica sulle ore immediatamente successive all’aggressione finita in massacro, coperta da vari buchi e ombre e poco approfondita nei lavori precedenti, dando per scontati alcuni fatti che così scontati non sono e non erano a nostro parere: l’arresto del Pelosi in contromano, il ruolo di Giuseppe Mastini, alias Johnny Lo Zingaro, che attraverso altre testimonianze sembra essere stato un po’ particolare nonostante la sua giovane età allora, e inoltre la dinamica del ritrovamento o furto della macchina di Pelosi, nebulosa e contraddittoria già dalla lettura dei verbali. Martina: Per me è stato casuale. Avevo chiesto di potermi laureare con una tesi sulla sua ultima produzione letteraria. Raccogliendo il materiale mi sono imbattuta in alcuni articoli sul suo omicidio e in alcune pagine di atti processuali del tempo. Poi mi venne regalato “Profondo Nero”, di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Lì mi si è aperto un mondo. Più leggevo e raccoglievo materiale, ancora con atteggiamento molto didattico, più era come se questa storia mi si attaccasse addosso. Così quasi per gioco, tre anni fa, chiesi all’avvocato Nino Marazzita, avvocato di parte civile del tempo, e a Veltroni un’intervista. Quando entrambi me le accordarono, sono partita per Roma e ho iniziato a lavorare all’inchiesta riuscendo a sentire tutti i personaggi della storia, da Silvio Parrello a Dino Pedriali (autore di alcune foto che dovevano essere inserite in “Petrolio”), Furio Colombo, Gianni Borgna, Ninetto Davoli, Pino Pelosi, e Guido Calvi, che poi mi diede l’intero fascicolo del processo che mi ha permesso di studiare a fondo l’inchiesta e provare a riscriverla. Quando diverso tempo dopo ho incontrato Simona, avevo già fatto un enorme lavoro e accumulato molta stanchezza dovuta anche al fatto di non riuscire a mettere un punto. Più andavo avanti più cercavo altro materiale, «Più andavo avanti più cercavo non altro materiale, non riuscivo a riuscivo a fermarmi perché era come se non fermarmi mi bastasse mai nulla di tutto perché quello a cui potevo arrivare» era come altra di qualcuno che aveva se non mi bastasse mai nulla interesse a spegnere quella di tutto quello a cui potevo voce corsara. arrivare. In questo senso il nostro incontro è stato Martina: Questa è una provvidenziale, perché insieme risposta difficile. Sicuramente siamo riuscite a essere più io e Simona abbiamo raggiunto efficienti. In più lavorare i traguardi che ci eravamo insieme a un’altra persona mi preposte insieme, tra cui quello ha aiutata a disciplinarmi un fondamentale di riuscire a po’ e a farmi accettare il fatto riscrivere una verità sulla notte che prima o poi avrei dovuto del 2 novembre del 1975. Dirmi chiudere questa inchiesta. soddisfatta mi sembrerebbe troppo definitivo. Per carattere Siete soddisfatte del lavoro sono incline alla maniacalità e svolto su Pasolini? probabilmente finché non sarò certa che gli anni e il tempo Simona: Ritengo che siamo spesi su questa inchiesta giunte a buon punto ma abbiano una valenza oggettiva, che il lavoro non sia ancora non sentirò di aver concluso finito. Siamo giunte a un definitivamente questo punto nodale fra gli elementi percorso. La cosa di cui sono e i personaggi coinvolti nel realmente soddisfatta però, bene e nel male in questa e lo dico senza arroganza, storia (quando di “bene” c’è è il modo in cui ho lavorato. però solo la volontà di alcune So di essere stata onesta persone che hanno conosciuto durante tutto il mio percorso e a Roma lo scrittore e che di aver fatto un enorme sforzo hanno fatto parte della sua di comprensione verso ogni vita o che hanno fatto, come il persona che ho incontrato professore e membro del CSM anche se spesso è stato Guido Calvi, parte della difesa difficile. Non mi sono mai del primo processo. Calvi limitata a quello che sembrava ha sempre creduto in un’altra ovvio, ecco. storia testimoniando per primo sulle incongrue perizie Come pensate di continuare effettuate allora e sposando sin il vostro percorso su da subito la testimonianza del Pasolini? regista Sandro Citti (deceduto nel 2005) sull’esistenza di Simona: Beh, questo seppure un’altra macchina simile a fosse già tracciato non potrei quella dell’intellettuale, e quindi rivelarlo. Ciò che conta però individuando già la presenza è che il lavoro di autori e di altre persone sul luogo giornalisti può essere utile ad del crimine, come del resto altri come spunto o fonte per la sentenza ha confermato proseguire nella ricerca della addebitando anche a “ignoti” verità. Pasolini è “patrimonio” il grave omicidio) e la mano culturale e anche giornalistico di tutti, gli unici che hanno il dovere di rendere ufficiale questa verità attraverso un riscontro processuale però sono inquirenti e magistratura. I fatti che hanno portato alla sua morte sono direttamente proporzionali alla situazione politica sociale ed economica che sta attraversando il nostro Paese e insieme frutto di verità chiare storicamente ma poco chiare ai nostri politici attuali e passati. Martina: Sto ultimando il mio libro, che avrà in appendice l’inchiesta con Simona. Ho raccolto talmente tanto materiale negli anni da sentire il bisogno di mettere insieme i pezzi e creare qualcosa di definitivo, almeno per me. Spesso si tende a trascurare il fatto che quando si lavora a un’inchiesta si ha a che fare con delle persone, che hanno delle storie. Nella maggior parte dei casi quello che se ne cava fuori è un enorme quantitativo di dati ma per me è stato differente, perché a un tratto è diventato fondamentale dare anche una voce e un volto alle singole persone che ho incontrato in questa esperienza. E gettarsi in una storia come questa in maniera totalizzante vuol dire dover fare i conti con le persone che incontri e con i loro vissuti anche quando è doloroso. Probabilmente il modo più giusto per mettere un punto è quello di raccontare, oltre che l’inchiesta, le storie che ho incontrato lungo la strada di Pasolini. Intervista di Giulio Pitroso Generazionezero Reloaded | 11 Un cinema impossibile I documentari in una farsa grottesca La storia di Pier Paolo Pasolini è una storia di freni e censure, di contraddizioni interne allo stesso artista, ma anche e principalmente di contraddizioni italiane. Perché, prima di essere ridotto a un silenzio eterno, Pasolini fu consumato dalla censura e dall’autocensura. Non solo nei film, ma anche nel documentario. Il contesto in cui voleva far emergere il proprio genio non lo aiutava; i soldi pubblici erano spesi per finanziare altri tipi di pellicola. E’ un quadro grottesco, che fa il paio con la forbice censoria dell’Italia democristiana e cementizia di quegli anni. Se ne può parlare oggi con maggiore distacco, quasi con il sorriso 12 | Generazionezero Reloaded sulle labbra, un sorriso isterico: parliamo di una forma più sottile e particolare di bavaglio, conformista e massificata. Dal 1945 al 1957 sono le case di produzione più grosse a farla da padrone, grazie ai soldi pubblici. Astra, Corona, Documento Film, Edelweiss, INCOM si assicurano “quasi l’80% dei contributi statali” (Bertozzi, Storia del documentario italiano, 2008, Marsilio). Insomma, un’autostrada aperta verso conseguenze nefaste. Le altre risorse principali, del resto, le mette in campo la politica di partito, Pci e Dc principalmente, che vanno a contendersi valori-cardine dell’immaginario nazionale, insistendo in particolare sulla pace (vedi La colomba contesa. Appunti di lavoro sul pacifismo nella comunicazione audiovisiva del PCI e della DC, Mauro Morbidelli, in Bertozzi, Schermi di pace). Così, nonostante il Piano Marshall, il sempregrigio Istituto Luce, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si aprono spiragli di condizionata libertà, in cui possono agire, ad esempio, Lizzani- si ricordi Modena città dell’Emilia Rossa- e De Santis. I documentari hanno, in questo periodo, una rilevanza strategica dal punto di vista dell’educazione di massa, ma anche una funzione di complemento per l’industria cinematografica: sono spesso affiancati a una pellicola, al cui inizio vengono proiettati. Con il decreto n. 678 del 5 ottobre 1945 si riserva al documentario il 3% dell’introito lordo dello spettacolo; la legge n. 379/1947 rafforza questo meccanismo di controllo. La legge Andreotti del ’49 aggiunge un altro 2% per cortometraggi di eccezionale valore tecnico e culturale. Questo corso di cose porta a un generale appiattimento dei prodotti. Si apre un dibattito. Sul tema dei finanziamenti Lizzani si esprime su Filmcritica nel 1951, chiarendo che annullarli non sarebbe una cosa buona: «è come dire: per eliminare la speculazione, eliminiamo il documentario. Poiché i ladri rubano, aboliamo il denaro!». Formula 10 Si va così conformando un sistema che è detto “Formula 10”. I documentari vengono prodotti su base standardizzata, secondo un meccanismo seriale- da qui il nome di “formula”-, e la durata viene rigidamente fissata sui 10 minuti, corrispondente a un solo rullo di pellicola. Questo procedimento consolida, come ha modo di notare Marco Bertozzi, “l’associazione automatica fra formato breve e film documentario” (Storia del documentario italiano) nell’immaginario italiano. Nel 1965, dopo una serie di norme in materia, la 1213 del 4 novembre fissa un numero annuo di 120 premi di qualità di dieci, sette, cinque milioni e mezzo di lire, purché il film risulti proiettato in almeno 500 sale cinematografiche. E, fin qui, il meccanismo non rivela interamente la propria natura. A un più attento esame, emerge che i documentari non vengono più proiettati, il pubblico li fischia e “per un tacito accordo fra produttori, distributori ed esercenti- e nell’apparente rispetto delle leggi- vengono eliminati dalla programmazione” (Ivi). A livello artistico, lo scarto estetico è impeditissimo: ci si spende per essere graditi alle commissioni ministeriali, non per tirare fuori dei capolavori. Si pensi, addirittura, che le musiche finiscono a volte per essere scritte senza che i compositori vedano la pellicola. La situazione forza gli indipendenti a vendersi per pochi spicci all’oligopolio delle case produttrici. Così, già nel ’49 Emilio Sereni, onorevole, intellettuale e partigiano, denuncia la bassa qualità dei documentari italiani nel discorso Per la difesa del cinema italiano, in cui emerge una chiara denuncia allo sfruttamento patologico dei fondi pubblici. Contro questo magheggio intervengono anche i documentaristi dell’ANAC nel ’66 con Libro bianco sul cortometraggio. Una mentalità disarmante, fuori e dentro la Rai peso, perché segnato dalla firma di Joris Ivens. Si chiama L’Italia non è un paese povero e lo partorisce la mente di Enrico Mattei. Collaborano, Ivens con Hemingway e Renn E la mentalità oscurantista e grossolana regala delle chicche da manicomio. Un caso di grottesca insoddisfazione da far cadere le braccia è quello di Massimo Sani, collaboratore Rai sul luogo della tragedia di Marcinelle dell’agosto ’56. Dei 262 morti della miniera di carbone belga 136 sono italiani. Le sue immagini scompaiono, non vengono proiettate e sono perdute per sempre. Forse, sono troppo forti. Potrebbe essere questa la causa e il deterrente alla visione di uno spettacolo troppo crudo e verace? A pochi anni da quando si sono gettate le basi dell’Europa unita nella Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, la verità dei minatori italiani sacrificati sull’altare del progresso rappresenta un boccone tanto amaro da meritare l’oblio? Ancora più sardonica e triste è la storia di un documentario concepito per la tv, di un certo tra gli altri, Alberto Moravia, Tinto Brass, i fratelli Taviani. A prodotto finito, la Rai non vuole mandarlo in onda. Troppo crudo. Eppure non è un film di denuncia. In sostanza “è significativo che il problema, per la dirigenza RAI, risieda invece nelle immagini che raffigurano al di fuori degli stilemi folklorici (ma ben lontane da procedimenti in stile cinèma-verité) le condizioni della popolazione meridionale” (Maurizio Corbella, Musica elettroacustica e cinema in Italia negli anni Sessanta). Il film verrà proiettato, seppur sottoposto a mutilazioni e rimodulazioni: ma si può prendere uno dei più grandi documentaristi di sempre, Ivens, che ha lavorato con Orson Wells e Hemingway nella propaganda antifascista durante la guerra civile in Spagna e umiliarne tutto il genio in questo modo? Sì. Generazionezero Reloaded | 13 La rabbia Come sorprendersi, se si premette tutto questo, quando si parla delle censure a Pasolini? E’ questa pressione che lo spinge a essere coautore di La rabbia, dove, insieme al conservatorissimo Guareschi, costruisce un mostro bicefalo? O è solo l’idea del produttore Gastone Ferranti di fare un film con una doppia visione del mondo, che fa perdere a Pasolini ben 20 minuti di girato? La rabbia è una pellicola disarmante, dove Guareschi arriva a sostenere istanza assolutamente contrarie al suo comprimario. Il film scompare pochi giorni dopo l’uscita in sala nel ‘63. La Cineteca di Bologna lo restaura e viene proiettato al Festival del cinema di Roma del 2007. Da qui parte l’idea di recuperare un film interamente e originariamente pasoliniano, che viene presentato a Venezia nel 2008. Tatti Sanguineti e Giuseppe Bertolucci sono gli alfieri di questa ricostruzione. Quest’ultimo dichiara alla Gazzetta di Parma: “Guareschi è un autore che ha avuto i suoi meriti. Ma qui il suo testo è insostenibile, addirittura razzista. Una delle sue cose peggiori. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo”. Scoppia una polemica. Gli eredi di Guareschi chiedono e ottengono le dimissioni del regista dal Comitato nazionale per il centenario della nascita di Giovannino Guareschi, autore comunque apprezzato e promosso da Bertolucci. Per il resto, la storia di amore e odio, di censure e conflitti di Pier Paolo Pasolini è ben nota. Sa regalare momenti di collaborazione con la Rai, come in Appunti per un film sull’India o La forma di Orte, momenti di critica alla televisione di massa, autocritica e spinta al limiti dello scabroso nel cinema di finzione. D’altronde, il genio pasoliniano finisce per essere frustrato anche post mortem, nel solco della solita farsa italiana, quando il gesuita Della Vedova imbratta i manifesti funebri del poeta con scritte volgari. Giulio Pitroso 14 | Generazionezero Reloaded HISTORY | Sights and Landscapes Pier Paolo Pasolini I tre volti di un genio dimenticato “L e masc h ere ripugnan t i c h e i giovani si me t t ono in faccia , rendendosi laidi come vecc h ie pu t tane di una ingius ta iconografia , ricreano ogge t t ivamen t e sulle loro fisionomie ciò c h e essi solo verbalmen t e hanno condannat o per sempre . . . C io è la condanna radicale e indiscriminata c h e essi hanno pronunciat o con t ro i loro padri , risusci tando nella loro anima t errori e conformismi e , nel loro aspe t t o fisico, convenzionali tà e miserie c h e parevano superat e per sempre . . .” (Pier Paolo Pasolini) Di Pier Paolo Pasolini, nel bene e nel male, si è sempre parlato, argomentato e discusso. Il più delle volte senza cognizione di causa. Certamente risulta difficile tracciare un ampio ed estemporaneo ritratto di questo grande personaggio della cultura italiana. Per semplicità abbiamo partizionato in tre sezioni la vita, i dolori e le rivelazioni di questo martire della logica duplice, gretta ed ambigua di un belpaese cristallizzato nella sua ineluttabile arretratezza. 15 | Magazine First Edition L’artista Del Pasolini artista si sa quasi tutto. Si è detto tutto ed il contrario di tutto. Scrittore, regista, poeta. Il suo è stato uno sguardo intellettuale trasversale sui difetti evidenti dell’italianità nostra. La of youth battaglia 67% di posizione all’interno delle logiche da guerra fredda worldwide ne è stata l’indegna cornice. Ha scandalizzato un’Italietta love AND EAT bigotta, ipocrita e materialista. Ha svelato la faccia nascosta tomatoes and di una società perbenista, figlia del consumismo e falsamente apples SCHOOL moralista. In evidenza è stata messa l’inopinabile doppiezza STUDY SHOWS del boom economico, del miracolo italiano: la retrograda mentalità dei nuovi arricchiti contrapposta alla spaventosa miseria delle masse, soprattutto di quel sottoproletariato a lui tanto caro, utilizzando come campione quello delle indigenti borgate romane. Malessere che ha dipinto con magistrale tocco in svariati film, Accattone e La ricotta su tutti. Uno sguardo impietoso mai domo, che si è profuso con costanza in Uccellacci ed Uccellini, Porcile ed in conclusione raggiunge l’apoteosi a quel Salò o le 120 giornate di Sodomia che attinge dal Marchese De Sade per affondare gli artigli Generazionezero Reloaded | 15 HISTORY | Sights and Landscapes sulla consistenza feroce della crudeltà umana. Un habitat, un humus crudele. Deturpato, inoltre, dai forti poteri. Il tutto emerge, come se non bastasse, dalle sue epiche narrazioni dello smarrimento indotto ai danni dei suoi amici della bassa plebe, come appare evidente nei romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta. Vita violenta(ta) dal feroce potere d’acquisto delle multinazionali dell’energia, di cui lo scritto Petrolio è la prova più evidente, come vedremo anche più avanti. Infine nelle sue nostalgiche liriche che provano ad affacciarsi, inutilmente, su un mondo politico e civile che oramai non esiste più. Le ceneri di Gramsci ne sono il lapalissiano postulato già dal titolo. Un’opera, dunque, multidimensionale, acuta e profonda. L’unica risposta della società “civile” a tutto questo materiale divulgato con cotanta cura è stata di terrore, di accuse di propaganda omosessuale e blasfema, di becere intimidazioni. Processi su processi, insensati ed intentati ad arte, durante la sua travagliata esistenza. Il sociologo Il potere. I suoi rapporti con la criminalità organizzata e le devianze dei servizi segreti. Petrolio. I nuclei centrali del Pasolini studioso e critico della società partono da questi spiacevoli presupposti. Il suo sguardo è direzionato sulle magagne del governo e della burocrazia statale, dandogli la veste di vero e proprio sociologo della realtà. Le sue Lettere Luterane, gli 16 | Generazionezero Magazine First EditionReloaded Scritti Corsari e la sua ultima opera assoluta, Petrolio appunto, un manifesto civile e politico rimasto incompiuto per svariati motivi quali la morte e l’insabbiamento, rappresentano ad hoc questo ruolo intellettuale parallelo ed allo stesso momento intrinseco alla sua carriera di artista vero e proprio. Le sue prese di posizioni sono sempre radicali, dure ed incisive. Mai banali. Le invettive contro l’efferato consumismo, lo stragismo di stato e la corruzione politica non cadono nel vuoto, osteggiate dunque molto duramente dal sistemastato. Sono gli anni di Piazza Fontana, Piazza della Loggia, della nascita del terrorismo nero e di quello rosso. Gli anni della contestazione che, purtroppo, subiranno degenerazioni inconciliabili con la civiltà chiamate Ordine Nero e Brigate Rosse. Momenti in cui il nostro intellettuale prenderà la dura ed ardua posizione di schierarsi con gli agenti di polizia, figli di proletari e non con gli studenti, figli della borghesia, durante gli scontri violenti di piazza. Ne emerge la conclusione che Pier Paolo è una vera e propria scheggia culturale indomita. Le critiche nei suoi confronti piovono da qualsiasi schieramento. Da destra, da 67% of youth centro e anche da sinistra, da quella sinistra cui lui, worldwide nonostante tutto si sentiva di appartenere. Quel comunismo love AND EAT italiano ancora atrocemente succubetomatoes dello stalinismo and e degli anni staliniani, che nel secondo dopoguerra, apples SCHOOL lo espellerà dal Partito Comunista Italiano per condotta indegna. STUDY SHOWS Parafrasando, a causa della sua omosessualità. Ci sarà persino Palmiro Togliatti fra i critici più convinti del suo modus vitae e delle sue fatiche letterarie e cinematografiche. Questo inesplicabile diniego a sinistra del valore pasoliniano sarà forse la ferità più aperta di quei tempi nel suo cuore. Dall’altro lato della barricata l’establishment della Democrazia Cristiana, ovviamente, ne sarà il più belluino persecutore. Saranno forse le sue critiche all’apparato burocratico dello stato, di cui la DC fu capostipite, e le pesanti accuse riportate in Petrolio a costargli la vita? La vittima Il 2 novembre 1975 arriverà la falce mortale a mieterne via in modo tragico l’esistenza nei pressi dell’idroscalo romano di Ostia. Delitto passionale a sfondo omosessuale. Sarà questa la prima e per molti anni unica ipotesi dietro al disumano fatto di sangue che coinvolgerà l’intellettuale. Non ci soffermeremo sui dettagli per non incorrere in quel sensazionalismo del sangue tanto riprovevole e grandguignolesco. Unico imputato e condannato fu Giuseppe Pelosi, detto Pino. Dovranno passare molti decenni prima che questo drammatico evento potrà liberarsi da quell’insopportabile alone che lo aveva relegato, agli occhi dell’opinione pubblica, purtroppo, ad una “questione tra froci”. Le lunghe ombre della criminalità organizzata si allungheranno minacciosamente su questo caso, infittendone il mistero. Chi furono i mandanti? Lo Stato? La Mafia? Il campo HISTORY | Sights and Landscapes d’interesse e di studio pasoliniano negli ultimi anni della sua vita si era insistentemente centrato su casi scottanti. Il caso Enrico Mattei, con la conseguente “irresistibile ascesa” del suo successore all’ENI, Eugenio Cefis, che diverrà anche padrone assoluto del colosso Montedison. Il rapimento e lo scomparsa, come polvere al vento nel nulla, del giornalista Mauro De Mauro, che, guarda caso, stava indagando da tempo sull’attentato all’aeroplano in cui Mattei trovò la morte. Tutto materiale trovato nel libro Questo è Cefis, L'altra faccia dell'onorato presidente di Giorgio Steimetz, che sarà quasi una stampella per le accuse sonanti rivolte allo stesso Cefis nel suo Petrolio. Infine, le ipotesi sulle stragi degli anni precedenti. Fasciste le prime. Alla ricerca di una verginità antifascista le seguenti. Il tutto diretto forse dagli uomini di stato più in vista del momento, Andreotti e Fanfani su tutti. "IO SO, ma non lo posso dimostrare" è una sorta di epitaffio. Un’insegna scolpita nel legno della croce cui Pasolini stava per essere inchiodato. Domande, domande. Cui ancora non è stata data risposta alcuna a mezzo secolo di distanza. “In tutta la mia vita non ho mai esercitato un atto di violenza, né fisica, né morale. Non perché io sia fanaticamente per la non violenza. La quale, se è una forma di auto-costrizione ideologica, è anche essa violenza. Non ho mai esercitato nella mia vita alcuna violenza, né fisica 17 | Magazine First Edition né morale, semplicemente perché mi sono affidato alla mia natura, cioè alla mia cultura...” (Pier Paolo Pasolini) Pier Paolo Pasolini era tutto questo e molto altro. Bardo della verità nascosta. Cantore del malaffare. Triste maschera umiliata all’interno della tragedia umana personale che lo ha coinvolto. Un genio dimenticato, uno di quei personaggi le cui citazioni sono di moda. Spesso a sproposito e sulla bocca di chi non dovrebbe. Questa è l’Italia, verrebbe da dire, purtroppo. Pasolini, però, avrebbe voluto uno stivale diverso. Per questo, le sue parole ed il suo pensiero lo renderanno comunque sempre attuale ed immortale. In eterno. Simone Bellitto 67% of youth worldwide love AND EAT tomatoes and apples SCHOOL STUDY SHOWS Generazionezero Reloaded | 17 Acqua da tutte le parti Nelle ultime settimane la città di Ragusa è stata colpita da una grave piaga, di biblica memoria, che ha precluso l’utilizzo di quattro pozzi per la distribuzione dell’acqua. Alcune fonti parlano di punizione divina contro i ragusani, colpevoli di non partecipare assiduamente alle funzioni religiose; tuttavia, pare più plausibile, l’opinione che ricerca la colpa nell’indifferenza delle istituzioni, soprattutto dell’ex Sindaco, Nello Dipasquale, ora Consigliere Regionale, ai continui richiami del Circolo Legambiente Ragusa “Il Carrubbo”, in principale modo nella persona del biologo Antonino Duchi. Ma quali sono i fatti? Da alcuni anni, il Circolo Legambiente Ragusa “Il Carrubbo” ha continuamente segnalato l’inquinamento delle acque delle fonti di Cava Misericordi e Oro dovuto alle infiltrazioni dei liquami, delle scorie delle aziende agricole limitrofe, ma le orecchie istituzionali erano ben turate. Inoltre, il pluriennale reinserimento della trota macrostigma (una particolare specie, tipica delle nostre zone) è stato reso vano: il pesce, votato alla sua funzione sociale, ha segnalato, con la morte dei suoi esemplari (in foto), l’inquinamento delle acque. Ma ancora niente. Il caso scoppia un paio di settimane fa, quando, finalmente, si riscontra l’alto livello di inquinamento delle acque di quattro pozzi di approvvigionamento della città: «C’è il fallimento della politica e dell’amministrazione iblea, - si legge in una nota del Circolo di Legambiente Ragusa “Il Carrubbo”- che in un colpo solo è riuscita a dare il peggio di sé: incapacità (o disinteresse) per una gestione territoriale sostenibile, che prevenisse il problema; incapacità della gestione delle risorse idriche, visto che l’inquinamento si è presentato e addirittura probabilmente l’acqua inquinata per un certo periodo è stata immessa in rete, cioè fatta bere ai cittadini ragusani». La città di Ragusa si è trovata di colpo a secco e i cittadini non hanno potuto fare altro che “comprare” camion di acqua i quali, viste le enormi richieste, non riuscivano a coprire l’intera zona (quasi tutta la città). «Siamo dovuti ricorrere – dice un cittadino- a questo espediente perché non avevamo acqua nemmeno per lavarci, per cucinare, per niente. Abbiamo chiamato, e pagato, cinque camion d’acqua. Ora ho conservato a c ri tutte le ricevute, speriamo che il Comune me li rimborsi». Nel frattempo, i vari enti hanno fatto controlli giornalieri sulla salute dell’acqua, ma ancora non è risultata potabile, con rischi di salmonellosi per chi l’avesse bevuta. Per questo, infatti, il Commissario, M. Rizza, non ha dato il via libera all’apertura dei pozzi con le dovute informazioni sulla “impotabilità” dell’acqua, come l’Asl aveva suggerito. La soluzione momentanea è stata quella di chiudere, temporaneamente e con una turnazione settimanale, i pozzi delle altre zone della città per fornire l’acqua ai quartieri prima irrorati dai quattro pozzi inquinati. Tuttavia, la situazione rimane critica, «un disastro – continua la nota di Legambiente- che è forse il frutto più avvelenato lasciato alla comunità iblea dalla malagestione comunale: una vera e propria bomba ad orologeria che è deflagrata quando alcuni dei principali responsabili sono volati verso altri lidi». e b t u R en i b m A Simone Lo Presti ca i br Ru Esodo: partenza volontaria di un gruppo numeroso o di una comunità dal proprio paese per motivi economici, politici, religiosi. Nella storia si sono succeduti quello ebraico, istriano, nizzardo e palestinese. Esodato è quindi colui che compie l’azione appena descritta. Ma recentemente il termine ha esteso il suo significato indicando un altro tipo di esodati, quelli della generazione zero. Se i “vecchi esodati” nel compiere il loro viaggio portavano con sé le speranze di futuri floridi, la stessa cosa non possiamo al momento dire per quelli di nuova generazione. Ma di chi stiamo parlando? Esodato è il lavoratore senza lavoro e senza pensione in età compresa tra i 50 e i 65 anni. Sono lavoratori che hanno volontariamente interrotto il loro rapporto di lavoro, per accordi di ristrutturazione o crisi aziendali. Ma conseguentemente alla riforma pensionistica del 2011 non vi rientrano per l’innalzamento dell’età pensionabile a 62 anni e la modifica dei requisiti. Rappresentano una fascia sociale molto debole, data la difficoltà di reperimento di posti lavoro per i giovani. Aggrava la loro condizione il fatto che di solito sono padri e madri di famiglia. Il decreto emanato ne ha contati 65mila, mentre l’Inps Entro la fine in un primo momento ha parlo di febbraio di 130mila per poi dovrebbero dichiararne 390mila. I arrivare le provvedimenti restanti 40mila di salvaguardia nei loro missive ad confronti sono tre: il altrettanti decreto del 1 giugno 2012 esodati con cui sono stati “salvati” i primi 65mila; Gli esodati ri a ec r p Generazionezero Reloaded | 19 il decreto 5 ottobre 2012 con cui sono state stanziate le risorse per altri 55mila lavoratori; infine altri 10mila sono stati inseriti nella legge di Stabilità. Sulla carta ci sono 130.300 persone tutelate a fronte dei 390mila. Il 24 luglio del 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il primo decreto e gli uffici provinciali dell’Inps hanno tempo fino al 7 gennaio del 2013 per individuare gli aventi diritto. I comitati degli esodati hanno lamentato due problemi. Il primo sull’individuazione dei 65mila, affidata alle Direzioni territoriali del lavoro che hanno istituito un’apposita commissione composta da due loro funzionari e uno dell’Inps. I comitati denunciano scarsa trasparenza e invitano a fare chiarezza. Anche perché, dovendo “salvaguardare” solo i primi 65 mila, la lista delle priorità è quanto mai delicata. Il secondo problema è il numero delle domande. Quelle giunte finora, infatti, e che riguardano alcune categorie di lavoratori (lavoratori esonerati, genitori di disabili, esodati con accordi individuali o collettivi) sono circa il triplo rispetto ai numeri preventivati. Per quanto riguarda il decreto del 5 ottobre, quello dei 55mila, manca l’emanazione 20 | Generazionezero Reloaded solo una piccola frazione, circa un decimo dei lavoratori coinvolti. Entro la fine di febbraio dovrebbero arrivare le restanti 40mila missive ad altrettanti esodati, sistemando così definitivamente il primo plotone. Pochi giorni fa Mauro Nori, direttore generale dell’Inps, ha dichiarato che nei prossimi giorni prenderà il via l’istruttoria degli altri 55mila salvaguardati del secondo decreto. Da dove sono stati presi i fondi per salvaguardare questi lavoratori? Per quanto riguarda i primi 65mila i soldi vengono dal risparmio ottenuto con la riforma Fornero, circa 77miliardi. Le risorse per la copertura del secondo gruppo provengono dai tagli della spending review , cioè dai tagli sulla spesa delle amministrazioni. Il terzo gruppo di esodati si inserisce nella legge di Stabilità. In conclusione il tetto di copertura pensionistica per i 130 mila lavoratori vale sino al 2020. del decreto ministeriale necessario all’avvio della procedura di salvaguardia. La legge di Stabilità è, infine, l’ultimo provvedimento approvato e con la sua votazione il governo Monti ha rassegnato le dimissioni. La legge ha previsto di stabilire un diritto alla salvaguardia, indipendente dai numeri, per chi ha diritto alla pensione entro il 2014. Ha spostato di sei mesi il termine dell’effettiva cessazione di lavoro. Sul piano delle Federica Monello risorse, invece, è stato istituito un fondo nel quale confluiranno le eventuali il tetto di eccedenze messe a copertura bilancio per gli esodati e pensionistica non utilizzate. A fine gennaio per i 130 mila lo stesso ministro, Elsa lavoratori vale Fornero, ha dichiarato sino al 2020. che nei primi di febbraio sarebbe stata inviata la prima tranche di lettere ai 25mila ex lavoratori con l’atteso trattamento pensionistico. Questa è, però, A Scordia un palazzo per i giovani Scordia, provincia di Catania. In occasione della nascita del Palazzo dei Beni Comuni di Scordia, abbiamo chiesto a Eugenio Russo (Scordia Bene Comune) di parlarci dei giovani scordiensi e delle possibilità che questo palazzo offrirà loro. Com’è nata l’idea del palazzo dei beni comuni? E’ stato lungo l’iter che vi ha portato fino all’inaugurazione? L’idea del palazzo la portiamo avanti da un annetto quasi, in contemporanea con la nascita di Scordia Bene Comune(vedi manifesto http:// www.scordiabenecomune. com/index.php/manifesto). Ci siamo prefissati lo scopo di creare, all’interno della nostra comunità, degli spazi fisici da poter destinare alla libera espressione delle culture e dei saperi in tutte le sue sfaccettature (dal teatro, alla lettura, dalla radio radiorebeldescordia.com, alla politica), sostituendoci, ad un’amministrazione incapace di pensare al ruolo della cultura come perno centrale per la crescita civile e sociale di un’intera comunità. Non ti nascondo che inizialmente, sia per motivi economici che tecnici, eravamo quasi scoraggiati, ma fortunatamente la partecipazione è stata molto ampia e dividendoci i compiti in base alle competenze, nel giro di un mese siamo riusciti a ristrutturare e “vestire” il palazzo con tutta la nostra creatività. Con l’aiuto di tutti i compagni, amici e conoscenti attraverso donazioni, non solo economiche, ma anche prettamente materiali come sedie, divani, scrivanie ecc... Siamo riusciti ad organizzare una due giorni piena di eventi, senza mai accantonare l’attività politica. Secondo noi il progetto del palazzo racchiude in pieno il significato più nobile della parola Politica cioè partecipazione, difesa dei beni comuni e della cultura. I giovani sono una risorsa necessaria e importantissima per il nostro Paese, ma come sappiamo non stanno vivendo un periodo storico esaltante. Che ruolo hanno i giovani di Scordia? La disarmante sorpresa scaturita della massiccia risposta della comunità scordiense, in occasione dell’inaugurazione, è motivo di orgoglio per tutti quelli che come me hanno lottato e speso ogni risorsa per la realizzazione di quello che, fino a qualche mese fa, sembrava un miraggio per la nostra realtà. Il degrado culturale che ormai da molti anni affligge l’Italia, e di conseguenza anche il nostro piccolo centro, adesso ha una chance concreta di rivalsa. Da adesso in poi Scordia ha la possibilità di dar voce a tutti i giovani come noi, che vogliono fortemente dire la loro ed esprimere al meglio le loro capacità artistiche, politiche e culturali, sino ad oggi rimaste sopite per la mancanza concreta di luoghi di Libera espressione. Secondo te il palazzo dei beni comuni sarà al centro di un nuovo rilancio giovanile di Scordia? In che modo? Credo fermamente che il “Palazzo” sia un nuovo centro di rilancio giovanile, e sottolineo nuovo perché basta tornare indietro di una quindicina d’anni per scoprire che tutto ciò era possibile. Con questo mi riferisco agli anni in cui personalità come Salvo Basso (poeta, ex assessore alla cultura di Scordia) e luoghi come l’Arci Scordia attestarono un fervore culturale da sempre latente nella nostra comunità. Intervista di Attilio Occhipinti Generazionezero Reloaded | 21 Il fantasma radioattivo di una guerra C’è una guerra, in Africa, che merita di non essere raccontata dai media occidentali. Una guerra che penetra il deserto e chi lo abita, portandosi dietro la solita carovana di deboli ideologie e di enormi interessi economici, per poi andare via, fuggire, nascosta sotto il velo della sabbia dello stesso deserto da cui è venuta, lasciandosi alle spalle le solite vittime e i soliti carnefici, a spartirsi le macerie di un altro pezzo di storia del mondo andata in frantumi. E’ la guerra del Mali. Un semi-Stato nell’ex Africa francese Indipendente dalla Francia dal 1960, il paese africano è stato sempre al centro di un’intensa faida interna tra le varie fazioni politiche e tra le numerose etnie, separate dai propri territori natii e confinate entro i nuovi perimetri dettati dal colonialismo di fine Ottocento. Faida sfociata, da un lato, nel colpo di Stato del marzo scorso, e, dall’altro, nell’inasprimento della rivolta dei tuareg nella zona settentrionale del Paese, in quell’area conosciuta sotto l’accezione di “Azawad”, regione autoproclamatasi indipendente, ma non riconosciuta dall’autorità statale, nell’aprile dell’anno passato. L’Azawad, l’enorme tavola desertica dai confini geometrici, che prima sembrava non avere alcun ruolo nella politica mondiale, si trova ad essere al centro di un’operazione dalle dimensioni globali, l’occhio di un ciclone che coinvolge almeno tre fazioni militari: i gruppi indipendentisti e laici, come l’MNLA (Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad), alcune formazioni islamiste, raggruppate in maniera molto generica sotto la denominazione AQMI (Al-Qaeda in Maghreb), e l’esercito francese, coadiuvato dalle milizie dell’ECOWAS (l’accordo tra i Paesi dell’Africa centrooccidentale), operante sotto l’egida dell’ONU. Una sorta di stallo alla messicana, quello tra le formazioni militari, con il MNLA in grado di proclamare indipendente la regione, seppur con una potenza militare minore rispetto a quella degli avversari, per poi perdere la propria autorità ed essere spodestato dai terroristi, che della regione hanno fatto la propria roccaforte, applicando alla lettera la legge coranica (con tanto di amputazioni e velo per le donne), disseminando un clima di terrore e trasformando la zona in un fortino da cui monitorare i traffici capillari di armi, droga e uomini verso i Paesi limitrofi, con i confini indefiniti e inespugnabili del deserto a fare da sfondo alla scena. i t n a r g a c i R r b u mi Sabbia, uranio e migranti A questo punto i motivi che istigano il combattimento tra gli indipendentisti e i terroristi sembrerebbero chiari: ma cosa spinge la Francia ad entrare in scena? Formalmente Hollande, che di questa guerra ha fatto il proprio trampolino di lancio per spiccare nuovamente il volo nei sondaggi, in calo subito dopo le elezioni, ha dichiarato che l’obbiettivo principale sia quello di salvaguardare i 6mila cittadini francesi residenti nel Paese saheliano e di “sostenere le unità maliane nella lotta contro i terroristi”. Motivi virtuosi, certo, ma troppo deboli per schierare sul campo 4mila militari (con un costo di missione che si aggira sui 70 milioni di euro). Che cosa c’è, allora, di così importante in Mali? Si dia il caso che il Paese europeo viva per il 78% grazie all’energia prodotta da impianti nucleari e che il sottosuolo maliano sia sede di ingenti giacimenti di uranio, senza contare quelli di petrolio e di oro. La paura di poter perdere tali giacimenti, in favore delle lanciatissime imprese orientali (su tutte quelle cinesi), ha giocato, quindi, un ruolo fondamentale nella volontà francese (ed europea) di porre le basi per una nuova ondata di colonizzazione nell’ex Africa Occidentale Francese, mascherata e legalizzata, però, dalla “minaccia qaedista di un nuovo Afghanistan”. Al tempo stesso anche l’eventuale riconoscimento di un nuovo Stato laico e democratico (tracciato e promosso dal MNLA), avrebbe innescato la rivolta nei Paesi confinanti, come il Niger (quarto Paese per giacimenti di uranio), la Mauritania o l’Algeria, considerati, ancora, come il giardino di casa delle multinazionali. I poteri economicomilitari occidentali hanno, dunque, preferito far procedere l’avanzata terrorista all’interno della regione settentrionale, per poter poi comodamente assestare la missione militare, continuando a mantenere sotto scacco la ricca e vasta zona, a discapito dei più basilari diritti civili per le popolazioni. Il risultato dell’intera operazione è stato l’esodo forzato di centinaia di migliaia di abitanti verso i territori limitrofi. Un dato, questo, che unito alla certezza che l’occupazione militare sarà piuttosto duratura, fa presagire una strumentalizzazione della situazione, a vantaggio dei cartelli del traffico di vite umane. Alle drammatiche circostanze, si aggiunge il fatto che l’Europa, già posta alla gogna per la cattiva amministrazione della questione migratoria, ha risposto tagliando i fondi relativi alle politiche di asilo, immigrazione e gestione delle frontiere, che passano da 16 a 15 miliardi per il bilancio 2014-2020 (basti pensare che la sola spesa italiana per la difesa si aggira attorno ai 20 miliardi all’anno, ndr). L’Europa, quindi, già moralmente debitrice nei confronti delle popolazioni africane, e complice nell’aver fatto implicitamente incrementare i guadagni delle organizzazioni criminali dei traffici di vite, reinnescando ad ogni giro il processo di migrazione clandestina, attraverso lo sporco gioco dei respingimenti, ha appoggiato il progetto di una nuova militarizzazione e neocolonizzazione di un’altra area del continente africano. Soliti errori o mosse pianificate? Giuseppe Cugnata Generazionezero Reloaded | 23 Non ci resta che piangere Niente di strano. Cosa volete ci sia di inaspettato nel quadro sugli ultimi dati riguardanti le iscrizioni alle università pubbliche? Cinquantottomila (da 338.482 a 280.144) le matricole che nel breve lasso di tempo, tra l’inizio degli anni zero al 2013, sono venute a mancare all’università pubblica. Vale a dire un ateneo grande come la Statale di Milano. Ai 58 membri del Cun, (Consiglio Universitario Nazionale) va il merito dell’indagine che ha portato alla luce dati a dir poco allarmanti. Le cause e il prezzo da pagare Il Consiglio Universitario rileva tra le cause scatenanti la diaspora degli studenti, in primo luogo, il disastroso andamento dell’economia, incapace di dare garanzie sufficienti ad un neolaureato, fatto ampiamente dimostrato già pochi anni dopo la riforma Berlinguer- Zecchino varata dal centrosinistra nel 2000, a seguito della quale, l’Italia aveva già registrato una riduzione della quota di occupati tra i laureati, in controtendenza rispetto al complesso dei paesi dell’Unione Europea, bloccando la nostra nazione al 34° posto (su 36) della classifica dei paesi Ocse. Tremonti e Gelmini, sono stati successivamente i principali complici dei crimini perpetrati nei confronti del diritto allo studio, attraverso la manovra che in sei anni, ha fatto fuori 1195 corsi di laurea, 84 corsi triennali e 28 corsi specialistici/magistrali, fino 24 | Generazionezero Reloaded ad arrivare, quindi, ai giorni nostri, infuocati da un dato a dir poco sconcertante: il taglio di 960 milioni di euro del governo Berlusconi e i 300 della legge di stabilità voluto da Monti che porteranno nel 2013 il default di almeno 20 atenei. I singoli atenei quindi, non riusciranno, tramite la quota annuale stanziata dallo Stato per le università statali, a far fronte alla spese minime fisse. Stessa sorte (ovviamente) non è toccata alle università private, debitrici da più di dieci anni nei confronti di tutti i governi intervallatisi in parlamento, da D’Alema a Monti. Lo stesso Monti, proclamandosi paladino dell’austerity e dei tagli al superfluo ha, prima della fine del 2012, deliberatamente dirottato 200 milioni di euro, prelevati direttamente dalla tasche di tutti i cittadini tramite la spending rewiew, verso le scuole private italiane (in maggioranza cattoliche). E il ciclo si ripete L’emendamento in questione è stato promosso dalla parlamentare Simonetta Rubinato (PD). Non c’è da stupirsi che la stessa sorte si ripete in modo ciclico da più dei dieci anni, quando, nel 2000, il governo D’Alema bis, a seguito dei DM 261/98 ed il DM 279/99 (Ministero della Pubblica istruzione preseduto allora da Luigi Berlinguer, Democratici di Sinistra), e del testo unico «concessione di contributi alle scuole secondarie legalmente riconosciute e pareggiate» che li ha convertiti in legge, ha costituito il presupposto per la regolare concessione di finanziamenti alle scuole private, sancendo la completa parificazione, anche e soprattutto a livello economico, di quest’ultime, con quelle statali, non curandosi minimamente dell’art. 33 Cost. il quale dà il diritto “ad Enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato”. Come se ciò non fosse già grave, il governo Berlusconi IV (Ministro dell’istruzione Letizia Moratti), con il DM 27/2005 ha apportato alcune modifiche alla norme precedenti: non si parla più di “concessione di contributi”, ma di vera e propria “partecipazione alle spese delle scuole secondarie paritarie”. Ora è proprio Andrea Lenzi, presidente del Cun, in una delle sue ultime dichiarazioni, a chiedere alla politica di rifinanziare le università. Secondo Domenico Pantaleo, segretario FlcCgil i dati del Cun «danno la misura dell’impoverimento culturale del paese». Dopo la pubblicazione dei dati, è proprio (udite, udite!) il PD, infine a prendere parola sulla questione, attribuendo la colpa di questo disastro a Berlusconi e al governo Monti e impegnandosi nel proporre una nuova legge sul diritto allo studio. Gli studenti di Link, denunciano indignati l’aumento delle tasse di 283 milioni di euro in cinque anni, mentre parlano di emergenza nazionale i ragazzi dell’Udu. Sebastiano Cugnata Abbiamo perso la rotta «Sono stanca, davvero incazzata. Scusate ragazzi per il linguaggio, ma non so cosa dire». Questa sono le parole della mia professoressa all’indomani delle elezioni. Parole dette in un’aula universitaria di Torino. Parole che hanno riscontrato un consenso immediato, parafrasato con un annuire generale, da parte di tutti noi studenti. Prima di pubblicare questo numero di Reloaded, mi è stato chiesto di scrivere un pezzo d’opinione. Sapete, uno di quei pezzi che ha in sé un po’ i caratteri dello sfogo, un po’ quelli dell’analisi personale su un tema particolarmente vicino alla nostra quotidianità. Solitamente quando ci cimentiamo nella scrittura di un articolo o quando facciamo un’inchiesta, ci preoccupiamo di non calcare troppo la mano su quelle che possono essere le nostre opinioni in merito alla faccenda trattata. Cerchiamo di dare un nostro punto di vista, ma con un certo distacco, poiché il nostro obiettivo è di informare nella maniera più trasparente possibile, senza utilizzare il giornale come mezzo di diffusione per le opinioni personali. Abbiamo scelto da che parte stare, chi ci legge da qualche tempo lo sa bene, ma rivolgersi ai lettori raccontando il fatto nella sua onestà, è il nostro obiettivo principale. Ci sono però dei momenti in cui scrivere diventa, più delle altre volte e con più forza, un’estensione di noi stessi. Momenti in cui ci incazziamo davvero tanto, tutto qua. Pensiamo sempre che il futuro sia lontano, soprattutto quando si sta tra i banchi di scuola o quando la sera ci beviamo una birra con gli amici. Ci dicono che siamo l’avvenire di questo Paese e dell’Europa, ma nel frattempo alcuni di noi sono andati via, lontano, nella speranza di un futuro migliore. Mi chiedo se questi ragazzi un giorno ritorneranno. Quando poi davanti alla televisione becchiamo un programma di politica, magari lo guardiamo, incuriositi dai tizi seduti su quelle comode poltrone. Sinceramente non è uno spasso. Dopo Crozza di solito cambiamo canale. Queste elezioni ci hanno lasciato l’amaro in bocca e in cuor mio devo dire che mi aspettavo dei risultati di questo tipo, ma sicuramente non di queste proporzioni. Lo scontento del Paese legato ai disastrosi governi, che si sono succeduti in questi ultimi anni, credevo fosse sufficiente a far cambiare il vento. Il vento invece è sempre lo stesso. Eppure quanta rabbia c’era nelle parole delle persone, quanta stanchezza si leggeva nei volti dei giovani, buttati a studiare sui libri, consapevoli della futura sconfitta dei loro sforzi. Erano parole vuote? Era una falsa stanchezza? Non sembra vero che siamo allo stesso punto di prima, e forse siamo pure più indietro, poiché eravamo consapevoli del disastro. L’abbiamo vissuto sulla nostra pelle e lo viviamo tuttora. Sento che il mio spirito è fiacco. Provo ad arrabbiarmi, ma ci riesco male. Tutto va in malora e da troppi anni camminiamo lungo un tunnel che sembra non avere uscita. Se riflettiamo un attimo sulla nostra condizione che cosa vediamo? Non so voi, ma io vedo tanti miei coetanei che sono emigrati per studiare o per lavorare; vedo mio padre che si spezza la schiena e troppa gente, invece, neanche suda, pensando che sia una cosa normale; vedo mia madre che mi domanda preoccupata che cosa voglio fare dopo la specialistica; vedo i miei amici che non sanno che pesci pigliare; sento i discorsi di alcuni genitori che fanno fatica a fare la spesa. Brucio allora all’idea di una rivoluzione, di un disgusto generale nei confronti del nostro tempo. Poi Generazionezero Reloaded | 25 però tutto tace. L’intenzionalità verso il futuro è quanto di più umano possa esserci nell’uomo e la preoccupazione per il proprio benessere e per quello degli altri dovrebbe appartenerci, ma così non sembra. Siamo come una nave che ha perso la rotta, costretta a navigare per tanto tempo nella speranza di ritrovare quella dannata direzione. Il momento democratico per eccellenza è rappresentato dalle elezioni ed è qui che un popolo sceglie una rotta da seguire. Il momento della scelta è preceduto dai mesi di campagna elettorale, dai manifesti che ricoprono le città, dalle interviste in televisione, dai programmi politici dei partiti. Mi chiedo se tutto questo sia servito a qualcosa e mi chiedo da che cosa sia dipeso un risultato elettorale come questo. Quale rotta abbiamo scelto? La nostra nave è davvero così ingovernabile? Ci troviamo in una situazione particolarmente assurda. E’ stato bravo Berlusconi o Bersani ha fatto una pessima campagna elettorale? Che cosa ha sbagliato Ingroia? Prendiamo atto del boom del Movimento 5 stelle, che ha lasciato sicuramente a bocca aperta molte persone. Ma c’è ancora così tanta confusione, per non parlare del “pareggio” elettorale tra il Pdl e il Pd, con Bersani che vorrebbe aprire a Grillo e con il resto del partito di centrosinistra che aprirebbe a Berlusconi. Quali sono le nostre colpe? Insomma, siamo stati noi a votare, come al solito, del resto. Una parte d’Italia ha ancora a cuore il berlusconismo, un’altra parte non crede abbastanza in questo centrosinistra, un’altra ancora dà fiducia al movimento grillino, e Ingroia non ha convinto tutti gli altri. Siamo completamente spaccati e queste elezioni puzzano d’inutilità, complice un’oscena legge elettorale che è il simbolo del fallimento della democrazia. Ma noi forse ci 26 | Generazionezero Reloaded meritiamo tutto questo. Diciamolo chiaramente, una grande parte di noi è vittima di una pigrizia intellettuale inquietante. Ci secca riflettere, ci secca leggere, ci secca informarci. Altro che rotta, non ne siamo capaci. Quanto siamo italiani… La soluzione? Non saprei. L’augurio è sempre lo stesso, quello cioè di cambiare, di avere i mezzi e gli strumenti per operare delle scelte consapevoli, di aver imparato ormai la lezione. Siccome sono un romanticone, mi piace pensare che a qualcuno importi di questo Paese. Noi intanto continuiamo a fare il nostro, nella speranza, sicuramente ingenua, che il vento possa cambiare, che i miei amici possano tornare dalla Germania o dalla Francia, e che altri non partano, compreso il sottoscritto. Attilio Occhipinti Ru vaticano 3.0 br ic a sa ti r a A nc h e per la C h iesa è arrivat o il momen t o delle riforme in t erne . D opo duemila anni di oscuran t ismo inin t erro t t o, le port e del Vat icano si aprono al cambiamen t o. M olt i gli scenari possibili . L a C h iesa comincer à a seguire la ragione , come nel rest o del mondo, sme t t endo di credere alle s t orie t ramandat e da allevat ori di capre c h e vivevano nel desert o africano duran t e la preist oria , oppure verranno apert e le port e ad un nuovo, s t riscian t e oscuran t ismo ? E cco le principali propos t e per un Vat icano finalmen t e rinnovat o. Vaticano 3.0. Il Movimento 5 Stelle ha dimostrano quanto internet sia importante per conquistare consenso e quanto sia facile conquistarlo quando il mondo è pieno di persone che credono a tutto ciò che sentono, il Vaticano ha così incaricato un manipolo di nerd di costruire un social network ufficiale del cattolicesimo. Il nome è Paradise. Al posto del classico “mi piace”, gli utenti possono cliccare il tasto “Ti Benedico” o “Ti Scomunico”. per andare incontro allo stato dell’istruzione pubblica, che, a causa dei tagli, non può più permettersi di insegnare alle giovani generazioni che è la Terra a girare attorno al sole. Si tornerà dunque al più economico sistema Tolemaico e chiunque dimostrerà di conoscere la tabellina del sei verrà tacciato di stregoneria. « A quanto pare, di questi tempi, il potere di rimettere i debiti è più forte di quello di rimettere i peccati. » (Arcivescovo Gilday) Gerusalemme. Da anni la Terra Santa versa nel caos. I più eminenti teologi hanno stabilito che ciò può essere risolto seguendo la tradizione della Chiesa. Il nuovo Papa, Purtroppo nella prima settimana dalla messa online del sito web, molti minorenni sono già stati molestati e, in risposta, il Vaticano è stato costretto ad alzare le spalle come fa di solito. Galileo. La makumba condanna, già revocata, verrà invece rinnovata, F on t e d’ ispirazione per la riforma della c h iesa cat t olica sar à la t rama de il Padrino Generazionezero Reloaded | 27 appena eletto, indirà una nuova Crociata alla volta di Gerusalemme. Babbo Natale. La Chiesa non ha mai confermato l’esistenza di Santa Claus, ma nemmeno ha mai negato la cosa, temendo forse che molti leggessero i facili parallelismi con altre figure miracolose, altrettanto risibili, ma più vicine all’ortodossia. È così che Babbo Natale, da mascotte della Coca Cola, entrerà ufficialmente nel novero dei santi di Santa Romana Chiesa, accanto a Padre Pio, Sant’Ermenegildo e Sant’Ubalubatirulero. IOR. La potente istituzione economica cambierà nome in “Terzo Mondo”. A chi accuserà la Chiesa di non fare abbastanza per combattere la povertà dei paesi sottosviluppati e di aver accumulato invece grandi ricchezze, i cardinali potranno così rispondere: “Ma se abbiamo reso il Terzo Mondo ricchissimo!”. Folle esultanti si raduneranno in piazza per festeggiare l’evento epocale. Internazionale Immobiliare. Ispirandosi alla trama del Padrino parte terza, i cardinali eleggeranno come nuovo Papa un esponente della ‘Ndrangheta. Il nuovo pontefice s’insedierà con il nome di Totò Decimosesto e, come primo atto, dietro consiglio dell’ala più conservatrice del Conclave, chiederà di cancellare la Rivoluzione Francese dai libri di scuola. Professori e maestri elementari risponderanno: “Cancellare che cosa?” Matrimonio Gay. La nuova Chiesa consentirà il matrimonio tra esponenti dello stesso sesso, ma a patto che i preti possano sposare minorenni, che non si tocchi l’esenzione dall’Imu e si chiuda un occhio sulla mania di Toto XVI di dare fuoco alle persone o scioglierle nell’acido. Particolare scalpore farà la notizia dell’enciclica De Mentula Canis, nella quale ai sacerdoti sarà conferito il potere di sposare anche membri di specie diverse, come i macachi e gli umani o come i cani e gli umani o come i politici del Pdl e gli umani, a patto che ci sia sempre un sacerdote testimone dell’amplesso. Gianni Scifo 28 | Generazionezero Reloaded Generazione Zero Reloaded: download mensile dell’allegato dal sito di Generazionezero.org TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI RAGUSA N. 05/11 Generazionezero Reloaded | 29
Documenti analoghi
Scarica Reloaded Maggio
progetti extracurriculari che fa
l’antimafia a scuola, perché a
scuola insegnare l’antimafia
non è ancora considerata una
cosa di importanza vitale. Ma
tornerà in mente a quel vecchio che si è rott...