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L’EVOLUZIONE DELLA
CONGIUNTURA ECONOMICA NEI
SETTORI DEL COMMERCIO E DEI
SERVIZI IN LOMBARDIA
Anni 2007-2012
Informazione Economica – a cura di Luca Pellegrini
Aprile 2013
Informazione economica
0. Premessa
Le indagini congiunturali del commercio e dei servizi fanno parte dell’analisi
congiunturale trimestrale che Unioncamere Lombardia realizza anche sul settore
manifatturiero e artigiano. Esse sono iniziate nel 2006 e offrono un prezioso
strumento per l’analisi di settori assai poco esplorati da rilevazioni analoghe, in
particolare in ambito regionale e provinciale, coinvolgendo per ogni rilevazione 1.100
unità locali di imprese del commercio e 1.200 unità locali attive nei servizi.
Grazie a questi dati nel seguito verrà condotta una rilettura della risposta delle
imprese del commercio al dettaglio e di quelle di alcuni altri rilevanti comparti dei
servizi al ciclo economico assai difficile che esse hanno vissuto fra il 2007 e il IV
trimestre del 2012. Poiché il primo anno in cui sono state condotte le rilevazioni, il
2006, ha avuto un ruolo di “rodaggio”, i commenti che seguono si riferiscono al
periodo che inizia con il I trimestre 2007.
1. L’indagine congiunturale sul commercio
Il complesso di indicatori offerto dalle indagini Unioncamere Lombardia riguarda sia le
aspettative delle imprese sia le loro valutazioni puntuali sull’andamento delle più
rilevanti grandezze
aziendali: fatturato, prezzi, addetti, ordini e scorte. Essi
consentono quindi un’approfondita verifica dell’impatto della congiuntura economica
sulle imprese commerciali al dettaglio. Queste sono inoltre suddivise sia per classi di
addetti (3-9; 10-49; 50-199; 200 e più) sia per tre comparti: alimentare, non
alimentare e despecializzato (che corrisponde in larga misura alla grande distribuzione
despecializzata a base alimentare). Limitatamente al dato aggregato per il totale del
settore commercio, sono poi disponibili disaggregazioni provinciali. Nel seguito non
verranno considerati tutti i dati disponibili - per comparto, classe di addetti e provincia
– ma ci si limiterà invece a commentare le diverse grandezze rilevate con l’indagine
facendo riferimento di volta in volta alla segmentazione che risulterà più rilevante,
talvolta quella relativa al comparto di riferimento, altre volte alla dimensione di
impresa e in alcuni casi anche a quella della loro localizzazione per provincia. Per
quanto riguarda quest’ultima griglia di lettura, ci si limiterà al commento dei dati di
fatturato, poiché, dato il numero di provincie oggi presenti in Lombardia, 12,
un’analisi a fondo richiederebbe ben altro spazio e una conoscenza di dettaglio delle
problematiche locali.
Informazione economica
Il periodo di riferimento delle rilevazioni, dal 2007 al IV trimestre 2012, permette una
verifica della risposta delle imprese commerciali lombarde ad uno dei periodi più
difficili dell’economia italiana ed è forse utile richiamare brevemente qualche dato in
merito. Il Grafico 1.1 riporta l’andamento del PIL per l’intero Paese negli anni in
esame. L’inversione del ciclo, con la prima fase di recessione, inizia nel II trimestre
2008 e continua per 7 trimestri fino al I trimestre 2010. La crescita rimane positiva,
seppure a tassi contenuti, fino al III trimestre 2011, quando inizia la seconda fase di
recessione tuttora in corso. Va in merito ricordato che l’andamento congiunturale del
PIL italiano presenta un profilo mediato da quanto accade nelle diverse aree del
Paese. Il Sud e il Centro mostrano infatti variazioni meno accentuate del PIL rispetto
al Nord-Ovest e al Nord-Est (Grafico 1.2) e di ciò è necessario tenere conto nel
leggere la congiuntura lombarda e il modo in cui essa ha impattato sulle imprese
commerciali. Va rilevato, in particolare, come l’impatto della prima fase della crisi nel
Nord-Ovest sia stato ritardato rispetto alle altre macro aree, abbia poi avuto effetti
negativi più marcati nel 2009, sia stato seguito da un rimbalzo positivo più accentuato
nel 2010 e da una caduta dell’attività molto forte già nel 2011.
Grafico 1.1
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Informazione economica
Grafico 1.2
Variazioni annue del PIL (Macro-aree, anni 2006-2011)
Dati annuali a valori concatenati 2005
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Mezzogiorno
6
4
2
0
-2
-4
-6
-8
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Istat
Questo è lo scenario di fondo che ha influenzato i comportamenti delle imprese
commerciali al dettaglio lombarde tra il 2007 e il 2012. Per dare conto della loro
reazione un primo indicatore offerto dalle indagini Unioncamere Lombardia è costituito
dalle aspettative sul fatturato (Grafico 1.3). Per avere un termine di confronto, nel
Grafico, oltre al dato riferito alla Lombardia, è riportato anche un dato per l’intero
Paese. Si tratta delle attese a tre mesi delle imprese del commercio al dettaglio (con
esclusione di quelle del commercio di autoveicoli) raccolte da Istat. Poiché la serie è
mensile, si è fatto riferimento alle attese espresse nello stesso mese in cui vengono
fatte le rilevazioni Unioncamere. A prescindere dal diverso riferimento territoriale, la
confrontabilità degli indicatori è quindi parziale. Ciò non di meno, il confronto mette in
luce
alcune
significative
differenze,
che
mostrano
anzitutto
un
profilo
complessivamente più negativo delle aspettative delle imprese commerciali in
Lombardia rispetto alla media del Paese. Esse sono infatti già negative a partire dal IV
trimestre 2007 e rimangono tali fino al III trimestre 2009, quando mostrano, rispetto
alla media del Paese, una più marcata risposta all’inversione del ciclo. Si tratta, però,
di saldi che anche nel periodo che segue, fino al III trimestre 2011, solo raramente
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Informazione economica
entrano in territorio positivo. Le imprese del commercio lombardo, nel loro complesso,
hanno quindi vissuto la ripresa del 2010-2011 in modo assai più tiepido di quanto
avvenuto per il complesso del Paese. Lo stesso vale per le loro anticipazioni sulla
seconda fase della recessione che sono state più nette.
Grafico 1.3
A prescindere dall’impatto che le due fasi della recessione in corso hanno avuto per le
diverse aree del Paese, i dati dell’indagine Unioncamere Lombardia per classi di
addetti consentono di valutare meglio la risposta complessiva del commercio al
dettaglio regionale. L’intensità del segno delle aspettative è infatti fortemente
correlato alle dimensioni di impresa (Grafico 1.4). Le maggiori mostrano risposte al
ciclo più contrastate e in parte diverse da quelle delle più piccole. Tenendo conto sia
del ritardato allineamento dei consumi al calo del PIL nella prima fase di caduta
dell’attività economica sia dell’impatto meno forte della recessione nel Nord-Ovest nel
2008, l’inversione delle aspettative per le imprese maggiori si verifica dopo quella
degli operatori più piccoli: avviene infatti in modo molto marcato nel IV trimestre
2008, mentre per quelle di minori dimensioni il saldo fra giudizi di aumentodiminuzione è già negativo a partire dal IV trimestre 2007, un anno prima. L’impatto
della crisi è stato quindi sin dall’inizio diverso. Le grandi hanno retto meglio, poiché
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Informazione economica
hanno potuto e saputo dare risposta al tentativo dei consumatori di sostenere il loro
potere d’acquisto attraverso la ricerca di canali distributivi che offrissero loro prezzi
più bassi, occasioni promozionali e prodotti alternativi (marche commerciali) con un
favorevole rapporto prezzo-qualità. Solo nei 3 trimestri di più forte caduta dei redditi,
nel 2009, le aspettative si allineano. Lo scostamento assai marcato fra le aspettative
di grandi e piccole imprese riprende infatti a manifestarsi subito dopo, con la ripresa
del 2010 e dei primi 3 trimestri del 2011, e poi ancora nella seconda fase di
recessione che inizia a fine 2011. Per tutto questo secondo periodo, la percezione
delle prospettive economiche è sempre fortemente correlata alla dimensione di
impresa, con un differenziale positivo a vantaggio delle maggiori.
Grafico 1.4
Aspettative sul fatturato
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi aumento-diminuzione per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
150
100
50
0
-50
-100
-150
-200
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
E’ un’evidenza che va letta ricordando che la Lombardia è la regione italiana con la più
forte presenza di grande distribuzione, rappresentata assai più che altrove da grandi
strutture di vendita (ipermercati e centri commerciali) e da imprese a succursali (nel
resto del Pese prevale il commercio associato e la cooperazione) (Tabella 1.1). La
concorrenza è stata quindi particolarmente forte e gli sforzi dei maggiori operatori per
sostenere il venduto hanno avuto un impatto negativo sulle piccole imprese
commerciali.
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Informazione economica
Tabella 1.1
La struttura della grande distribuzione
Lombardia, Nord Ovest, Italia - anno 2011
Superfici (in mq), quote di mercato (QdM) e superficie lorda affittabile (Gla)
Lombardia
Ipermercati: mq per 1.000 abitanti
Nord
Ovest
Italia
85
80
48
Supermercati: mq per 1.000 abitanti
150
138
142
Ipermercati e supermercati: mq per 1.000 abitanti
235
218
190
66,0%
62,9%
59,6%
344
319
245
Concentrazione iper+super: QdM dei primi 5 distributori
Centri Commerciali: Gla per 1.000 abitanti
Fonte: SymphonyIRI e Tradelab
Dai dati Unioncamere Lombardia non emergono invece sostanziali differenze nella
risposta al ciclo economico dei tre comparti del commercio al dettaglio considerati.
Alimentare, non alimentare e despecializzato seguono lo stesso profilo di aspettative
con intensità simile, intensità se mai un po’ più ridotta per il despecializzato che
intermedia prodotti di largo consumo. Si tratta di beni di uso quotidiano che non
presentano un’elevata elasticità al reddito e che quindi non registrano elevate
variazioni di venduto al mutare del ciclo economico. Più che le attese, per le imprese
di questo comparto è interessante, e lo si farà subito, valutare l’andamento del
fatturato.
Come anticipato, le rilevazioni di Unioncamere Lombardia raccolgono anche le
dichiarazioni delle imprese al dettaglio sulle effettive variazioni di fatturato, oltre che
di prezzi, addetti e ordini. In questo caso, relativamente al fatturato, più che il dato
aggregato per l’intero commercio al dettaglio, è interessante anzitutto l’andamento
per comparto (Grafico 1.5). Si evidenzia infatti con chiarezza la diversa reazione al
ciclo delle imprese del largo consumo despecializzato e di quelle alimentari e non
alimentari. Le prime sono entrate nella fase di recessione del 2008-2009 più tardi
delle altre e, in particolare nel 2009, hanno denunciato variazioni negative del
fatturato più contenute. Peraltro, la loro risposta alla debole ripresa del 2010 e della
prima parte del 2011 è stata limitata, con variazioni tendenziali che, seppure piccole,
rimangono negative. Trattandosi di imprese che offrono prevalentemente prodotti di
largo consumo quotidiano, i dati mostrano quanto sia stato e continui ad essere forte
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Informazione economica
l’impatto della crisi anche su questo comparto, che per sostenere il volume delle
vendite in un contesto fortemente concorrenziale ha dovuto sacrificare i margini di
intermediazione. Le variazioni tendenziali delle imprese del commercio alimentare
sono invece da leggersi in rapporto a quanto già visto in merito all’impatto della crisi
per dimensione aziendale. Poiché nell’alimentare sono rilevati in prevalenza punti
vendita specializzati indipendenti, le variazioni del fatturato rispecchiano una doppia
difficoltà, quella comune che nasce dall’impatto della crisi e quella specifica
determinata della concorrenza che su di esse esercita la grande distribuzione
despecializzata. Infine, per il non alimentare, i dati riportati nel Grafico 1.5 mettono in
evidenza quanto profondo sia stato l’effetto della recessione sia nella prima che nella
seconda fase di caduta dell’attività economica e dei consumi. Nel 2008-2009 la caduta
del fatturato è infatti assai più marcata che negli altri due comparti, la reazione alla
tenue ripresa del 2010-2011 più forte e, di nuovo, la risposta alla seconda inversione
del ciclo economico molto netta e già visibile dal I trimestre 2011. Trattandosi di beni
durevoli e semi-durevoli, i consumatori reagiscono a una riduzione del reddito
disponibile posponendo gli acquisti e quindi determinano variazioni di venduto molto
più accentuate da parte della distribuzione.
Se i dati appena commentati vengono tradotti in numeri indice (Grafico 1.6), il diverso
effetto della congiuntura per dimensione d’impresa appare ancora più chiaro e
permette, con tutte le cautele che richiedono i risultati puntuali di un’indagine che si
basa sulle dichiarazioni spontanee delle imprese, di visualizzare meglio l’ordine di
grandezza dei fenomeni appena commentati. Anche scontando, per le più piccole, una
minore precisione nella risposta all’indagine Unioncamere Lombardia e, quindi, una più
marcata tendenza “pessimista”, è di nuovo evidente, come già visto per le aspettative,
che esse sono quelle che più hanno risentito della crisi: nei cinque anni considerati la
caduta del venduto dichiarata è pari quasi al 30%. Se mai, rispetto ai dati di
aspettativa, ciò che emerge da quelli sui consuntivi di venduto è la posizione migliore
delle imprese di medie dimensioni (50-199 addetti) che mostrano di essere quelle che
hanno risentito meno, e quindi risposto meglio, alla caduta dei consumi. Nel loro caso
l’indice segnala una sostanziale stabilità, mentre le imprese più grandi mostrano una
riduzione di vendite a doppia cifra.
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Informazione economica
Grafico 1.5
Variazioni tendenziali fatturato
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Dati trimestrali per comparto merceologico
Alimentare
Non alimentare
Non specializzato
5
0
-5
-10
-15
-20
-25
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Grafico 1.6
Numeri indice del fatturato (2006=100)
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
115
110
105
100
95
90
85
80
75
70
65
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
Fonte: Unioncamere Lombardia
9
Informazione economica
Con riferimento, infine, ai dati rilevati per provincia, una lettura analitica delle
previsioni di fatturato delle imprese è resa difficile dall’influenza di fattori locali molto
specifici. Si tratta infatti di mercati diversi, in alcuni casi con bacini di consumo
rilevanti e con bassa evasione della spesa (acquisti di residenti effettuati in altre
provincie), in altri che hanno caratteristiche opposte. Ci si limiterà quindi a valutare
l’effetto complessivo sul fatturato di quanto avvenuto negli ultimi cinque anni. Delle 12
provincie lombarde quella nella quale il commercio al dettaglio denuncia un minore
effetto cumulato di riduzione dei fatturati è Varese, che facendo pari a 100 il livello
delle vendite per il 2006 registra un punto di minimo nella media dei quattro trimestri
del 2012 di 93. Seguono Sondrio, con valori dello stesso indicatore inferiore di 3 punti,
e poi Como, Lecco e Mantova (tra 85 e 88). L’indice si riduce a 83 per Pavia e Brescia,
e tocca il minimo nelle restanti cinque provincie (Milano, Bergamo, Cremona, Lodi,
Monza e Brianza) con valori fra il 78 e il 80. Sembrerebbe quindi che le provincie dove
il commercio al dettaglio ha più risentito della crisi siano quelle dove l’esposizione ai
flussi di consumo interprovinciali è più forte, mentre quelle più isolate ne hanno
risentito meno.
Una conferma dei dati appena commentati sul fatturato viene da quelli sulle
aspettative relative agli ordini, che mostrano andamenti molto simili (Grafico 1.7). Se
mai, nella previsione degli ordini le imprese tendono a ridurre le punte che si sono
viste in rapporto alle attese sui fatturati: effettuano ordini un po’ più elevati di quanto
non ci si aspetterebbe dalle previsioni di vendita nei periodi di caduta dell’attività e un
po’ meno consistenti in quelli dove le previsioni sono opposte. Ma si tratta di
differenze contenute e ciò non sorprende se si considera che il tipo di operatori in
esame, imprese commerciali al dettaglio, oggi si muovono con lead time stretti e
scorte molto contenute. Ciò emerge in particolare per le imprese di maggiori
dimensioni, che reagiscono in modo molto pronunciato alle previsioni sull’andamento
del ciclo economico.
10
Informazione economica
Grafico 1.7
Aspettative sugli ordini
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi aumento-diminuzione per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
100
80
60
40
20
0
-20
-40
-60
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Grafico 1.8
Variazioni tendenziali degli ordini
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
100
50
0
-50
-100
-150
-200
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
Fonte: Unioncamere Lombardia
11
Informazione economica
Le considerazioni appena fatte sono confermate se si fa riferimento non alle
aspettative, ma agli ordini effettivi (Grafico 1.8). I maggiori operatori hanno adattato
gli ordini, riducendoli in modo assai pronunciato a partire dal II trimestre 2008, ma
sono stati altrettanto rapidi nel variarli in direzione opposta nel IV trimestre 2009 e
nei successivi. Gli ordini si dimostrano invece meno reattivi – diminuiscono in modo
meno marcato - alla ricaduta dell’economia a partire dal IV trimestre 2011, un dato
che si può interpretare come segnale di un alleggerimento del livello delle scorte,
effettuato in base all’esperienza della prima fase della crisi e a fronte di un ciclo
economico incerto che poi si rivelerà fortemente negativo.
Grafico 1.9
Livello delle scorte
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi esuberanza-scarsità per comparto merceologico
Alimentare
Non alimentare
Non specializzato
25
20
15
10
5
0
-5
-10
-15
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Aspettative
su
fatturato
e
ordini
consentono
una
lettura
dei
saldi
(esuberanza/scarsità) relativi allo stato delle scorte (Grafico 1.9). Più che i dati per
classi di addetti, è in questo caso interessante osservare l’andamento per comparto. Il
Grafico mostra infatti la netta differenza fra l’alimentare e il despecializzato, da un
lato, e il non alimentare, dall’altro. I primi due, a motivo delle merci intermediate,
lavorano
ormai
con
scorte
contenute
e
nel
periodo
considerato
il
saldo
(esuberanza/scarsità) rimane sempre su valori negativi, seppure molto contenuti.
Diverso il comportamento del non alimentare dove le scorte giocano ancora un ruolo
12
Informazione economica
rilevante e i dati rilevati segnalano una situazione di costate esubero di scorte, che si
accentua verso la fine del periodo.
Aspettative e, poi, effettiva riduzione dei fatturati hanno portato le imprese a
modificare anche il numero di occupati. Già a partire dal II trimestre 2007 e per tutto
il periodo considerato le aspettative sull’occupazione sono infatti negative (Grafico
1.10). Le aspettative occupazionali anticipano dunque l’andamento delle vendite nel
primo anno considerato, il 2007, e non mutano neppure durante la tenue ripresa del
2010-2011, per poi scendere e toccare i livelli più bassi a partire dal III trimestre
2011. Se si considerano i valori assoluti dei saldi relativi a fatturato e occupazione,
questi ultimi appaiono più contenuti e ciò è coerente con le caratteristiche del settore,
dove una parte del personale è comunque necessario per consentire il presidio delle
funzioni centrali d’impresa e l’apertura del o dei punti vendita, e solo con la crescita
dimensionale il lavoro impiegato diventa una variabile che acquisisce flessibilità.
Grafico 1.10
Aspettative sull'occupazione
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi aumento-diminuzione
2
0
-2
-4
-6
-8
-10
-12
-14
-16
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Ciò emerge in modo chiaro esaminando le aspettative sull’occupazione dichiarate dalle
imprese suddivise per classi di addetti (Grafico 1.11). Quelle delle più piccole, ma
anche delle medio-piccole (10-49 addetti), mantengono un costante profilo negativo,
13
Informazione economica
che mostra però una risposta assai meno accentuata all’andamento della congiuntura
rispetto alle due classi di imprese di maggiori dimensioni. Ciò è spiegabile se si
considera che le aspettative occupazionali incorporano sia valutazioni relative al medio
periodo sia di risposta immediata alla congiuntura. Le piccole imprese commerciali
hanno maggiori difficoltà ad adattare la quantità di lavoro nel breve e possono farlo
nel medio periodo attraverso una progressiva ridefinizione dell’attività. Al contrario, le
più grandi, oltre a rispondere a previsioni di medio periodo, sono anche in grado di
variare il lavoro impiegato in risposta ad aspettative di breve, in particolare a ragione
del più elevato ricorso al part-time. Non si registrano invece differenze rilevanti nelle
aspettative
occupazionali
per
comparto,
se
non
per
quello
del
commercio
despecializzato dove è maggiore la presenza di imprese di grandi dimensioni, che
possono trarre vantaggio da un uso più flessibile del fattore lavoro.
Le variazioni effettive dell’occupazione dichiarate dalle imprese (Grafico 1.12)
confermano quanto emerge dalle aspettative. Le piccole riducono lentamente
l’occupazione per tutto il periodo e a fronte di una variazione dichiarata del fatturato
di quasi 30 punti riducono l’occupazione di 15 punti. E’ l’effetto di una revisione
progressiva del perimetro di attività. Le maggiori, che perdono circa 15 punti di
fatturato, riducono di 10 punti l’occupazione. E’ l’effetto di una riduzione al margine
del lavoro impiegato che segue assai più da vicino l’andamento delle vendite. Le
imprese di medie dimensioni si trovano in condizioni ancora diverse. Come si era già
visto commentando i dati di fatturato, le aziende di distribuzione che occupano da 50
a 199 addetti (che per il commercio al dettaglio già costituisce una dimensione
aziendale di rilievo) sono state quelle che meno hanno risentito della crisi,
mantenendo i livelli di venduto pre-crisi: ciò ha consentito una maggior conservazione
della base occupazionale, che si è ridotta di soli 2 punti. Quelle della classe di addetti
10-49 hanno invece perso oltre 10 punti di fatturato e ridotto il lavoro impiegato di
soli 4 punti. Sembrano dunque le imprese che più hanno sofferto della mancanza di
flessibilità nell’uso del fattore lavoro.
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Informazione economica
Grafico 1.11
Aspettative sull'occupazione
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi aumento-diminuzione per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
80
60
40
20
0
-20
-40
-60
-80
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Grafico 1.12
Numeri indice dell'occupazione (2006=100)
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
105
100
95
90
85
80
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
Fonte: Unioncamere Lombardia
15
Informazione economica
Nel commentare i dati sin qui esposti si è fatto spesso riferimento alla forte pressione
che la caduta della domanda ha esercitato sulla politica di prezzo delle imprese. E’ una
leva che le grandi possono usare meglio, potendo almeno tentare di compensare
prezzi più bassi con l’aumento dei volumi di venduto, e che invece le più piccole, in
grado di attrarre una domanda che proviene da un intorno fisico molto circoscritto,
riescono più difficilmente a gestire nello stesso modo. Anzi, spesso mostrano la
tendenza a recuperare una caduta del venduto con un incremento di margini e prezzi.
Questo diverso comportamento è particolarmente accentuato nel caso del commercio
despecializzato a confronto con lo specializzato alimentare, come emerge dai dati sulle
variazioni congiunturali di prezzo del campione Unioncamere Lombardia (Grafico
1.13). La reazione alla prima fase della crisi è comune a tutti i tre comparti indagati,
rimane simile fino al II trimestre 2010, ma poi tende a seguire andamenti diversi.
L’alimentare specializzato, che come si è visto risulta il comparto più in difficoltà,
aumenta significativamente i prezzi per tutto il periodo successivo. Lo fa anche il
despecializzato, ma rimanendo con poche eccezioni al di sotto dell’alimentare. Più
contenuto invece il profilo delle variazioni dei prezzi del non alimentare, che mostra, in
particolare, una risposta più netta in termini di contenimento dei prezzi nel momento
di ricaduta in recessione che inizia con il IV trimestre 2011. Una risposta che non
stupisce se si mettono a confronto i dati sui prezzi con quelli di fatturato, che assai più
che per alimentare e despecializzato risentono della caduta della domanda.
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Informazione economica
Grafico 1.13
Variazioni tendenziali dei prezzi
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Dati trimestrali per comparto merceologico
Alimentare
Non alimentare
Non specializzato
6,00
5,00
4,00
3,00
2,00
1,00
0,00
-1,00
-2,00
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Calcolando, sulla base delle variazioni appena viste, il numero indice dei prezzi a base
2006=100 (Grafico 1.14), la lettura dei trend appena evidenziata è ancora più
immediata. Le imprese dell’alimentare hanno dichiarato un consistente aumento dei
prezzi, che vengono mantenuti a un livello pressoché costante solo nel 2009 e nei
primi due trimestri del 2010. Da allora essi salgono in modo marcato. Nel complesso,
un aumento di 24 punti nel periodo considerato. Le imprese del despecializzato
seguono un trend sostanzialmente simile, ma la crescita dei prezzi è più contenuta (17
punti) e si nota un periodo di sostanziale stabilità più lungo, che va dal III trimestre
2008 al III trimestre 2010. Un evidente tentativo di risposta alle difficoltà dei propri
clienti. Il non alimentare, infine, mostra un’inflazione assai più bassa (7 punti nel
periodo), in parte dovuta a una minore tensione dei prezzi dei prodotti intermedi
incorporati nei beni venduti (le commodity alimentari hanno avuto forti incrementi di
prezzo) e in parte al tentativo di contrastare il calo della domanda.
17
Informazione economica
Grafico 1.14
Numeri indice dei prezzi (2006=100)
Lombardia, imprese del commercio - anni 2007-2012
Dati trimestrali per comparto merceologico
Alimentare
Non alimentare
Non specializzato
125,00
120,00
115,00
110,00
105,00
100,00
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
2. La demografia d’impresa nel commercio al dettaglio
A conclusione del commento relativo alla congiuntura così come fotografata dalle
dichiarazioni delle imprese è interessante valutare anche un’ulteriore fonte statistica
messa a disposizione dal sistema camerale, ossia l’anagrafe del Registro Imprese, che
permette di capire se il forte impatto della recessione sulle imprese commerciali al
dettaglio ha anche portato ad una riduzione del loro numero. Va avvertito che
verranno considerati solo gli anni dal 2009 al 2012 poiché all’inizio di questo periodo
viene recepita la classificazione Ateco2007 che rende non confrontabile la serie con gli
anni precedenti. Si commenteranno, inoltre, solo i dati relativi agli stock delle imprese
e delle unità locali attive. Le modalità di registrazione delle nuove imprese, che
comportano spesso un ritardo nell’attribuzione del codice Ateco, rende infatti poco
affidabili i dati di flusso (sottostima delle nuove iscrizione in attesa dell’attribuzione del
codice). Con queste premesse, le imprese attive del commercio al dettaglio in
Lombardia (escluso quello di autoveicoli e di motocicli) nel IV trimestre 2009 erano
90.528 e sono diventate 92.279 alla fine del IV trimestre 2012, con un incremento di
18
Informazione economica
1.750 unità (+1,9%). Alle stesse date, le unità locali erano pari a, rispettivamente,
122.720 e 126.381, con una crescita di 4.465 unità (+3,0%). Malgrado la crisi le
imprese e, significativamente di più, le unità locali sono quindi aumentate. Il Grafico
2.1 riporta le variazioni dello stock di imprese e di unità locali alla fine del trimestre
per i quattro anni considerati, serie che mostra una forte stagionalità, con picchi che
coincidono con il secondo e il quarto trimestre e punti di caduta nel primo (l’uscita dal
mercato si concentra a fine anno e viene registrata all’inizio del successivo) e nel terzo
trimestre (minori nuove iscrizioni nel periodo estivo). Il Grafico mostra inoltre come
questo
andamento dello
stock
di imprese
commerciali attive
si accentui
in
corrispondenza del III trimestre 2009, quindi nel momento di più forte caduta
dell’attività economica, e si modifichi in corrispondenza del IV trimestre del 2012 e del
2013 (non si verifica il picco stagionale di nuovi ingressi). La differenza fra lo stock di
imprese a fine 2011 e quello di fine 2012 mostra un saldo attivo di sole 133 imprese
(679 unità locali) a dimostrazione del forte impatto della seconda fase della recessione
in corso, fase, va ricordato, che ha visto una caduta dei consumi delle famiglie assai
più forte di quella del PIL (nel 2012, -2,4% contro -4,3%).
Grafico 2.1
N. imprese attive nel commercio al dettaglio
(esclusi autoveicoli e m otocicli)
Lombardia, anni 2009-2012
Variazioni congiunturali trimestrali delle sedi d'impresa e delle unità locali
Sedi di'impresa
Unità locali
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
-0,2
-0,4
-0,6
-0,8
-1,0
-1,2
2009
II
III
IV
2010
II
III
IV
2011
II
III
IV
2012
II
III
IV
Fonte: Infocamere
19
Informazione economica
I dati delle anagrafi camerali permettono una lettura degli stock di imprese e unità
locali fino alla quarta cifra della classificazione Ateco, con l’avvertenza che in alcuni
casi è disponibile solo la seconda o la terza cifra. Limitandosi, per questa ragione, ad
una valutazione delle imprese attive con riferimento alla terza cifra Ateco, la Tabella
2.1 riporta le consistenze e le variazioni assolute e percentuali delle imprese del
commercio al dettaglio attive a fine 2009 e alla fine del periodo considerato. Un primo
elemento che emerge è la concentrazione della crescita nel commercio ambulante
(interamente attribuibile a quello non alimentare), in quello che non opera con negozi
(vendita per corrispondenza e, in particolare, e-commerce), e nell’intermediazione di
prodotti per l’informatica e le Ict. L’alimentare risulta stabile, mentre tutte le altre
forme tradizionali di commercio al dettaglio non alimentare hanno un saldo negativo.
Tabella 2.1
Imprese attive nel commercio al dettaglio
(esclusi autoveicoli e motocicli)
Lombardia, IV trimestre 2009 - IV trimestre 2012
Consistenze, variazioni percentuali e assolute per gruppi ATECO 2007
ATECO
2007
2009 -IV
471
Esercizi non specializzati
472
Alimentari, bevande e tabacco in esercizi specializzati
473
Carburante per autotrazione in esercizi specializzati
474
Prodotti per l’informatica e Ict in esercizi specializzati
475
Altri prodotti per uso domestico in esercizi specializzati
476
Articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati
477
2012-IV
Var %
Var
assoluta
9.201
8.960
-2,6
-241
10.888
11.112
2,1
224
2.598
2.559
-1,5
-39
986
1.141
15,7
155
10.038
9.306
-7,3
-732
7.958
7.698
-3,3
-260
Altri prodotti in esercizi specializzati
26.422
26.168
-1,0
-254
478
Commercio al dettaglio ambulante
18.853
20.374
8,1
1.521
479
Al di fuori di negozi, banchi e mercati
3.468
4.691
35,3
1.223
368
270
-26,6
-98
90.780
92.279
1,7
1.499
Esercizi non classificati a tre cifre
47
Totale
Fonte: Infocamere
La stabilità dell’alimentare sembra testimoniare di un ormai raggiunto equilibrio fra
grande distribuzione e commercio specializzato: anche se questo secondo ha, come si
è visto, subito in modo assai forte la crisi, l’effetto non è stato tale da portare a una
riduzione del numero di operatori. Ciò invece è avvento nel non alimentare, dove
l’unica eccezione è costituita dalle imprese specializzate nei prodotti informatici,
20
Informazione economica
comparto dove l’aumento delle imprese è interamente da attribuire alla telefonia.
L’andamento del commercio “a distanza” e, in particolare, di quello che opera via
internet, costituisce un dato atteso. Forse meno scontato il forte aumento del dettaglio
ambulante (non alimentare) che va probabilmente riferito alla consistente entrata di
operatori extra-comunitari. In merito sono disponibili alcuni dati per il 2011 e il 2012,
sempre di fonte Infocamere, che permettono almeno una provvisoria valutazione del
fenomeno. Alla fine del IV trimestre 2011 le imprese commerciali al dettaglio riferibili
a soggetti extra-comunitari erano in Lombardia 12.793 e sono diventate 13.756 alla
fine del IV trimestre 2012. Una crescita del 7,5% a cui fa da riscontro una diminuzione
delle altre imprese (totale meno extra-comunitarie) pari all’1,0%. Il contributo degli
imprenditori extra-comunitari, che gestiscono ormai il 15% delle imprese attive in
regione, è dunque stato di non piccolo rilievo nel garantire una sostanziale stabilità
della capillarità del commercio al dettaglio lombardo.
3. L’indagine congiunturale sui servizi
Gli indicatori congiunturali delle indagini Unioncamere Lombardia relativi al settore dei
servizi hanno una struttura simile a quelli appena visti per il commercio al dettaglio.
Sono quindi disponibili sia le aspettative delle imprese sia le loro valutazioni puntuali
sull’andamento di fatturato, prezzi e addetti. Nel caso dei servizi sono considerati
quattro comparti: commercio all’ingrosso; alberghi, ristoranti e servizi turistici (per
brevità, nel seguito, pubblici esercizi); servizi alla persona; servizi alle imprese. Per il
totale del campione sono poi disponibili gli indicatori sia per classi di addetti (3-9; 1049; 50-199; 200 e più) sia per provincia. Poiché i comparti monitorati sono molto
diversi, nel commentare i dati ci si limiterà ad un esame generale dei risultati
aggregati - per il totale delle imprese, per classi di addetti e per localizzazione
provinciale delle imprese – e ci si soffermerà poi sui risultati relativi ai quattro
comparti.
21
Informazione economica
Grafico 3.1
Nel Grafico 3.1 sono riportate le aspettative (saldo aumento/diminuzione) sul fatturato
dell’intero campione considerato da Unioncamere Lombardia e confrontate con i
risultati di un’analoga indagine Istat sulla fiducia delle imprese dei servizi attive nel
Nord-Ovest relativamente
a ordini e domanda in generale. Anche in questo caso,
come per il commercio al dettaglio, si tratta di indicatori mensili, utilizzati nei mesi di
corrispondenza con le indagini Unioncamere. Pur con le differenze delle due fonti, le
risposte che le imprese campionate hanno via via dato nei cinque anni considerati
sono molto simili e gli scostamenti di maggiore rilievo emergono nel periodo più
negativo della prima fase della recessione, tra il IV trimestre 2008 e il III trimestre
2009, quando l’indicatore Unioncamere Lombardia registra previsioni peggiori di quelle
Istat. Rispetto a quanto visto nel caso della distribuzione al dettaglio, le aspettative di
calo del fatturato si consolidano con due trimestri di ritardo (rispettivamente il IV
trimestre 2007 e il II 2008). Inoltre, la ripresa del 2010-2011 è più netta, mentre la
ricaduta in recessione viene anticipata di un trimestre, con un saldo negativo già nel II
trimestre 2011.
Anche per il complesso dei servizi la risposta alla crisi è fortemente correlata alle
dimensioni di impresa: sono quelle di minori dimensioni ad averne risentito di più,
22
Informazione economica
mentre le maggiori mostrano di essere riuscite ad adattarsi meglio alla crisi (Grafico
3.2). Più ancora che nel commercio al dettaglio, le imprese con più di 200 addetti
hanno cominciato ad esprimere attese negative dopo le piccole e medio-piccole (il
primo saldo negativo è registrato nel IV trimestre 2008) e sono poi state in grado di
trarre vantaggio dalla ripresa del 2009-2010 in modo assai più marcato. Anche le
aspettative relative agli ultimi quattro trimestri sono, nel complesso, meno negative di
quanto ci si potrebbe aspettare. Su tutto il comparto dei servizi di mercato la
dimensione d’impresa ha quindi giocato un ruolo rilevante nel consentire di fare fronte
allo sfavorevole ciclo economico.
Grafico 3.2
Aspettative sul fatturato
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi aumento-diminuzione per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
150
100
50
0
-50
-100
-150
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Ciò appare con anche maggiore chiarezza se si considerano le valutazioni che le
imprese del campione Unioncamere Lombardia hanno dato sulla variazione effettiva
del fatturato (Grafico 3.3). La dimensione d’impresa è infatti correlata a risposte assai
diverse al ciclo economico, che per le maggiori ha avuto un impatto minore e più
ristretto temporalmente rispetto alla più piccole. Le prime entrano in recessione con
cinque trimestri di ritardo (nel I 2009 invece che nel IV 2007) e ne escono dopo soli
quattro trimestri (nel I 2010 sono già in positivo), registrando di nuovo variazioni
negative del fatturato, peraltro molto contenute, nel I trimestre 2012. Le imprese più
23
Informazione economica
piccole segnalano invece riduzioni di fatturato per tutto il periodo successivo al III
trimestre 2007 e, in particolare, nel IV trimestre 2011 segnalano una nuova forte
flessione dell’attività. Esprimendo questi andamenti in numeri indice (Grafico 3.4) si
può ricavare una sintetica misura del diverso impatto della recessione ancora in corso
per le diverse classi di impresa. La riduzione cumulata del fatturato dichiarato dalle
imprese di servizi è pari a 30 punti per quelle con 3-9 addetti, di 16 punti per quelle
con 10-49 addetti, di 5 punti per quelle con 50-199 addetti e la classe residua, quella
con più di 200 addetti, registra persino un guadagno di oltre 10 punti. Si può quindi
concludere che nei servizi ancora più che nel commercio al dettaglio, la lunga crisi in
corso sta portando ad una selezione delle imprese a vantaggio di quelle più
consolidate, che escono da questi cinque anni in condizioni, almeno per quanto
riguarda il volume di attività, non troppo diverse da quelle in cui ci erano entrate.
Grafico 3.3
Variazioni tendenziali del fatturato
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
20
10
0
-10
-20
-30
-40
-50
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
24
Informazione economica
Grafico 3.4
Numeri indice del fatturato (2006=100)
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
120
110
100
90
80
70
60
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Rimandando a più oltre un approfondimento per comparto, vanno ancora considerati i
dati per provincia. Se si considera la differenza fra il valore dell’indice del fatturato nel
2006 e nella media del 2012, la provincia che denuncia il calo più contenuto è quella
di Milano (12 punti), seguita da Sondrio e Varese (13 punti), da Cremona e Mantova,
(15 punti), e quindi dalle restanti provincie che vedono l’indice ridursi fra 16 e 18
punti. Cinque province si collocano quindi sotto alla media regionale (perdita di 16
punti), sette poco al di sotto. Nel complesso, l’impatto della recessione sulle imprese
di servizi della regione è stato abbastanza uniforme.
25
Informazione economica
Grafico 3.5
Aspettative sull'occupazione
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Saldi trimestrali giudizi aumento-diminuzione per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
40
30
20
10
0
-10
-20
-30
-40
-50
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Se si considerano le aspettative e le effettive variazioni dichiarate sull’occupazione
(Grafico 3.5), quanto sin qui detto trova conferma con alcune qualificazioni. E’ di
nuovo palese il diverso andamento delle aspettative a seconda della dimensione
d’impresa. Sono infatti solo le maggiori che evidenziano attese nel complesso meno
negative, con riduzioni dell’occupazione previste solo per il 2009 e ancora, in modo
marcato, per il II e IV trimestre 2012. Per le altri classi di addetti il profilo delle
aspettative sull’occupazione è complessivamente assai peggiore: il saldo è negativo
già a partire
dal II trimestre 2008 e rimane tale fino al I trimestre 2011, quando
ritorna assai modestamente in positivo, per poi muoversi di nuovo verso il segno
meno. Ciò vale, in particolare, per le imprese più piccole e medio piccole (3-9 e 10-49
addetti).
I saldi occupazionali effettivi evidenziano anche meglio questo diverso andamento
(Grafico 3.6). I numeri indice calcolati sulle variazioni congiunturali mostrano una
sostanziale invarianza dell’occupazione per il complesso del campione, che però è
effetto di andamenti opposti per le imprese piccole e medio piccole e per le medio
grandi e grandi. Le prime denunciano un vero e proprio crollo dell’occupazione: l’indice
per le imprese con 3-9 addetti arriva a fine periodo sotto il valore di 60, quello per
26
Informazione economica
quelle con 10-49 addetti a 82. Al contrario, le imprese delle altre due classi di addetti
considerate guadagnano entrambe poco meno del 10% dell’occupazione. Anche
scontando la minore precisione dei dati dichiarati dalle imprese più piccole, i dati
relativi al fatturato e quelli sull’occupazione non lasciano dubbi sulla forte asimmetria
dell’impatto della crisi ancora in corso su piccoli e grandi operatori dei servizi.
Grafico 3.6
Numeri indice dell'occupazione (2006=100)
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
Totale
115
105
95
85
75
65
55
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Per quanto riguarda, infine, i prezzi (Grafico 3.7), il numero indice a fine periodo
segna un aumento di 4 punti percentuali. L’andamento non è però costante. Si rileva
con chiarezza un primo periodo di sostenuta crescita (fino al III trimestre 2008), una
caduta di circa 3 punti percentuali fino al IV trimestre 2009, poi un anno di sostanziale
stabilità, seguito dalla ripresa dei prezzi nel I trimestre 2011 che continua di nuovo
per un anno fino al I trimestre 2012, quando l’indice si appiattisce e poi flette. Se si
confronta la dinamica appena commentata con quella dei prezzi al consumo (l’indice
relativo ai prezzi del commercio al dettaglio visto più sopra) appare evidente che le
imprese di servizi hanno risposto alla crisi con un complessivo contenimento dei prezzi
che, rispetto all’esperienza dell’economia italiana, indicherebbe un’inversione di
comportamento e un più attenuato contributo all’inflazione rispetto al passato.
27
Informazione economica
Grafico 3.7
Numeri indice dei prezzi (2006=100)
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali
106
105
104
103
102
101
100
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Grafico 3.8
Numeri indice dei prezzi (2006=100)
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali per classi di addetti
3-9 addetti
10-49 addetti
50-199 addetti
Più di 200 addetti
108
106
104
102
100
98
96
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
Fonte: Unioncamere Lombardia
Come si vedrà più avanti, ciò media comportamenti non omogenei tra i comparti qui
considerati. Va invece notato il diverso contributo inflattivo delle imprese a seconda
28
Informazione economica
del numero di addetti (Grafico 3.8). Sembra, ma qualche cautela in merito è d’obbligo
se si tiene conto della presumibile diversa precisione delle risposte, che le imprese più
piccole abbiano cercato di reagire al calo del fatturato con variazioni dei prezzi più
contenute rispetto a quelle più grandi: invarianza contro 5 punti nel periodo
considerato. Il fatto che queste ultime abbiano potuto rivedere i prezzi verso l’alto più
delle prime e nel contempo ottenere risultati di vendita migliori, sembra indicare che
nei servizi in Lombardia la dimensione d’impresa ha costituito in questi anni un deciso
e strutturale vantaggio. Un segnale di consolidamento delle imprese di servizi a favore
degli operatori che hanno la possibilità di sfruttare economie di scala e forse anche di
accedere con meno difficoltà al credito. Meno facile leggere il diverso comportamento
delle imprese medio-piccole, che è simile a quello della grandi, e delle medio-grandi,
che si collocano a metà strada. Si può forse ipotizzare che le prime abbiano reagito
alle difficoltà con aumenti dei prezzi, ma che ciò abbia anche avuto effetti sui fatturati,
mentre le seconde siano riuscite solo in parte a trarre vantaggio dalle economie di
scala che hanno avvantaggiato gli operatori più consolidati.
L’analisi per comparti permette di precisare ulteriormente la reazione delle imprese di
servizi lombarde alla congiuntura degli ultimi cinque anni. Le aspettative che gli
operatori hanno via via espresso non differiscono in modo marcato, fatta salva una
minore negatività di quelle dei servizi alle persone. Più interessante confrontare invece
l’andamento del fatturato dichiarato. Come riportato nel Grafico 3.9, i pubblici esercizi
sono la componente settoriale che più ha risentito della crisi, con una caduta costante
dell’attività che non si è invertita neppure nei due anni, il 2010 e il 2011, di ripresa del
ciclo economico. Al contrario, è il comparto dei servizi alle imprese che sembra avere
risentito (relativamente) meno della riduzione dell’attività, con un inizio di flessione
nel III trimestre del 2008. Servizi alle persone e commercio all’ingrosso si collocano in
posizione intermedia fra questi due estremi. Va invece sottolineato come, per tutti i
comparti e, in particolare, come si è detto, per i pubblici esercizi, la ripresa del 2010 e
dei primi tre trimestri del 2011 non abbia consentito alle imprese di incrementare il
livello di attività, ma solo di arrestarne pro tempore il declino, che riprende con una
brusca caduta dei fatturati alla fine del 2011.
29
Informazione economica
Grafico 3.9
Numeri indice del fatturato (2006=100)
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali per settore di attività
Comm. Ingrosso
Pubb. Esercizi
Servizi persona
Servizi imprese
110
105
100
95
90
85
80
75
70
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Grafico 3.10
Variazioni congiunturali dell'occupazione
Lombardia, imprese dei servizi- anni 2007-2012
Dati trimestrali per settore di attività
Comm. Ingrosso
Pubb. Esercizi
Servizi Persone
Servizi Imprese
20
15
10
5
0
-5
-10
-15
-20
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
Fonte: Unioncamere Lombardia
30
Informazione economica
L’andamento dell’occupazione conferma solo in parte questi andamenti (Grafico 3.10).
L’ingrosso segnala variazioni contenute e inizia e chiude il periodo con un’occupazione
invariata; i servizi alle persone vedono crescere e poi stabilizzarsi gli occupati fino al
IV trimestre 2011, momento a partire dal quale il lavoro impiegato nel settore si
riduce per chiudere al di sotto del livello del 2006; i servizi alle imprese mostrano un
profilo occupazionale stabile con una perdita nel periodo di circa 3 punti. In tutti questi
comparti, la riduzione del fatturato non è quindi stata seguita da una proporzionale
riduzione degli addetti, probabilmente per la rigidità che in molte imprese di servizi ha
il fattore lavoro, con presumibili effetti negativi anche sulla redditività delle imprese.
Ciò vale, in modo particolare, per i pubblici esercizi che, pur con variazioni di breve
periodo anche forti, hanno mantenuto i livelli occupazionali di inizio periodo, o li hanno
persino incrementati, fino alla fine del 2011. Da allora questa tenuta viene meno e nel
2012 la diminuzione del lavoro impiegato nel comparto si dimostra di gran lunga la più
netta di tutti i comparti di servizi considerati.
Grafico 3.11
Numeri indice dei prezzi (2006=100)
Lombardia, imprese dei servizi - anni 2007-2012
Dati trimestrali per settore di attività
Comm. Ingrosso
Pubb. Esercizi
Servizi Persone
Servizi Imprese
115
110
105
100
95
90
2007 II
III
IV 2008 II
III
IV 2009 II
III
IV 2010 II
III
IV 2011 II
III
IV 2012 II
III
IV
Fonte: Unioncamere Lombardia
Infine, per quanto riguarda i prezzi, si osserva per tutti i comparti, con l’eccezione
dell’ingrosso, una sostanziale stabilità (Grafico 3.11). Quest’ultimo mette invece a
segno una crescita molto elevata, pari a 13 punti, che, se si fa eccezione per il 2009,
31
Informazione economica
quando essi decrescono, continua per tutto il periodo. L’andamento dei prezzi
dell’ingrosso segue quindi assai da vicino quello visto più sopra per il commercio al
dettaglio: 12 punti per quest’ultimo contro 13 per l’ingrosso.
4. La demografia d’impresa nei servizi
Anche per i servizi è interessante confrontare i dati raccolti con le indagini
congiunturali con quelli messi a disposizione dagli archivi camerali sul numero di
imprese attive. Poiché i dati aggregati sulle imprese di servizi ricomprendono un
insieme di settori assai più vasto di quello considerato sin qui, la Tabella 4.1 riporta
alcune evidenze relative ai comparti che più si avvicinano a quelli considerati.
L’ingrosso è l’unico a registrare un debole regresso (-1,2%), mentre tutti gli altri
mostrano crescite anche elevate. La maggiore è quella di alberghi e pubblici esercizi
(+8,4%) che vede aggiungersi alle 47.602 imprese attive nel IV trimestre 2009 altre
4.000 unità. Si tratta per la gran parte di pubblici esercizi (3.800 su 4.000), attività
che per il loro basso costo di impianto tendono ad aumentare nei momenti di ciclo
negativo, con l’entrata di piccole imprese marginali. Questa tendenza può spiegare
l’apparente contraddizione fra la performance negativa
che emerge dall’indagine
congiunturale e la crescita delle imprese attive ed è probabilmente connotata da
fenomeni simili a quelli rilevati per il commercio al dettaglio in rapporto all’entrata di
imprenditori extra-comunitari. Considerazioni analoghe possono essere fatte in merito
ai servizi alla persona, per i quali si registra un consistente aumento delle unità attive
(+3,7%) a fronte di uno sfavorevole andamento dei fatturati.
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Informazione economica
Tabella 4.1
Imprese attive in alcuni comparti dei servizi
Lombardia, IV trimestre 2009 - IV trimestre 2012
Consistenze, variazioni percentuali e assolute
ATECO
2007
G46
S55+
S56
S95 +
S96
Commercio all'ingrosso (escluso autoveicoli/motoveicoli)
Alberghi e pubblici esercizi
Riparazioni e altri servizi alla persona
Servizi alle imprese
H52
Magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti
H53
Servizi postali e attività di corriere
2009 IV
2012 IV
82.649
81.627
-1,2
-1.022
47.602
51.615
8,4
4.013
36.032
37.352
3,7
1.320
73.629
78.849
7,1
5.220
4.662
4.964
6,5
302
Var %
Var
assoluta
682
814
19,4
132
9.535
7,4
655
J62
Produzione di software, consulenza informatica
8.880
J63
Attività dei servizi d'informazione
7.370
7.675
4,1
305
M69
Attività legali e contabilità
2.845
2.417
-15,0
-428
M70
Attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale
11.747
13.580
15,6
1.833
5.187
5.014
-3,3
-173
712
814
14,3
102
M71
Attività degli studi di architettura e d'ingegneria
M72
Ricerca scientifica e sviluppo
M73
Pubblicità e ricerche di mercato
9.078
9.083
0,1
5
N77
Attività di noleggio e leasing operativo
2.455
2.444
-0,4
-11
362
-6,0
-23
N78
Attività di ricerca, selezione, fornitura di personale
385
N80
Servizi di vigilanza e investigazione
514
461
-10,3
-53
N81
Attività di servizi per edifici e paesaggio
10.389
12.366
19,0
1.977
N82
Attività di supporto per le funzioni d'ufficio
8.723
9.320
6,8
597
Fonte: Infocamere
Qualche parola in più è necessaria per i servizi alle imprese. Nella Tabella 4.1 è
riportato un dato complessivo che risulta dalla somma delle tipologie di attività più
vicine a quelle esaminate più sopra attraverso l’indagine congiunturale di Unioncamere
Lombardia. L’andamento generale è positivo (+7,1%) e diventa ancora più tale se si
considerano alcuni comparti specifici. Fra questi vanno citati quelli delle attività di
servizio per edifici e paesaggio (+19%, con 1.977 nuove imprese), della consulenza
direzionale e gestionale (+15,6%, con 1.833 nuove imprese) e della ricerca scientifica
(+14,3%, 102 nuove imprese). Fra le attività che sono invece in regresso si segnalano
quelle
legali e di contabilità (-15%, 428 imprese in meno) e i servizi di vigilanza
(-10,3%, 53 imprese in meno). Un quadro quindi molto differenziato, che rivela
comportamenti anche radicalmente opposti nei diversi comparti, ma nel complesso di
forte vitalità, come si evince dal dato per il complesso delle imprese di servizi
lombarde che fra il 2009 e il 2012 passa da 391.151 a 404.094: 12.943 unità in più,
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Informazione economica
pari al 3,3%, in un periodo caratterizzato dalla più profonda crisi economica dal
secondo dopo guerra.
5. Sintesi: commercio e servizi in Lombardia attraverso le indagini di
Unioncamere Lombardia
Le considerazioni fatte nei paragrafi precedenti sulle imprese commerciali e di servizi
lombarde che, è bene sottolineare, si basano su indagini che registrano le
dichiarazioni spontanee delle imprese e quindi non sempre coincidenti con i dati di
consuntivo, fanno emergere un elemento comune e alcuni andamenti specifici di
rilievo.
L’elemento comune riguarda la diversa risposta da parte di piccole e grandi imprese
alla recessione che ha caratterizzato il periodo considerato. Tutti gli indicatori
mostrano infatti una correlazione assai forte fra la dimensione d’impresa e
l’andamento congiunturale. Anche tenendo conto che le valutazioni degli operatori più
piccoli risentono maggiormente di percezioni influenzate da fattori psicologici
(l’impresa coincide con l’imprenditore), appare evidente che su di essi una crisi così
forte, con due successive cadute dell’attività economica, ha avuto un impatto
particolarmente pesante. Essi si sono dimostrati più fragili di fronte alla diminuzione
della domanda e al conseguente aumento della concorrenza. Scarse economie di scala
e una maggiore fragilità finanziaria, causata anche dalla difficoltà di ricorso al credito,
hanno creato problemi acuti alla piccole imprese.
Per il commercio al dettaglio, nella regione a maggiore presenza di grandi imprese di
distribuzione, ciò ha significato riduzioni assai marcate di fatturato (quasi il 30% nelle
dichiarazioni di chi ha risposto all’indagine Unioncamere Lombardia) e perdita di
occupazione (15%). Le maggiori imprese sono riuscite a reagire alla caduta dei
consumi e, significativamente, ciò è vero soprattutto per le medio-grandi (50-199
addetti), che hanno conservato i propri livelli di fatturato e occupazione. E’
un’evidenza coerente con un trend che si è andato consolidando in questi anni, che
vede le medie imprese commerciali, di norma collegate a centrali o organizzazioni
d’acquisto comuni, rispondere meglio delle grandi alla frammentazione dei mercati e,
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Informazione economica
nel despecializzato alimentare, al ritorno verso l’offerta di prossimità. Queste evidenze
trovano sostegno anche dai dati forniti dalle anagrafi camerali. Le imprese attive nel
dettaglio lombardo crescono, seppure di poco, e ciò è il risultato di una stabilità
dell’alimentare, di una riduzione del non alimentare in sede fissa e invece di una
crescita, anche marcata, di ambulantato e commercio “a distanza” (e-commerce). Nel
caso dell’ambulantato, e anche di piccole attività marginali in sede fissa, vi è stato un
evidente e rilevante contributo degli imprenditori extra-comunitari che, come si è
visto, sono oggi titolari del 15% delle imprese del commercio al dettaglio.
La correlazione fra capacità di risposta alla crisi e dimensione d’impresa emerge anche
più nettamente per le imprese di servizi. Le maggiori e quelle medio-grandi chiudono
il 2012 con livelli di fatturato sostanzialmente uguali a quelli di inizio periodo. Al
contrario, la perdita per le più piccole raggiunge il 30% e per le medio-piccole supera
il
15%.
Una
polarizzazione
ancora
più
forte
se
si
considera
l’andamento
dell’occupazione, che per le due prime classi di addetti è cresciuta mentre per le due
rimanenti si è ridotta rispettivamente di oltre il 40%, più di quanto avvenuto per il
fatturato, e di oltre il 15%, quindi in parallelo al fatturato. Considerando che l’attività
si è ridotta, se pure in modo non omogeneo, per tutti i quattro comparti monitorati
dall’indagine Unioncamere Lombardia, ciò significa che le difficoltà delle piccole
imprese sono comuni a tutto il settore dei servizi. Un dato negativo, ma che può
anche essere letto come premessa verso un consolidamento delle dimensioni
d’impresa in grado di portare a un aumento della produttività.
A questo dato comune, si aggiungono poi andamenti specifici dei diversi comparti
analizzati. Quelli che più hanno risentito della recessione sono stati i pubblici esercizi e
il commercio al dettaglio non alimentare, che hanno registrato una diminuzione di
attività di circa il 25%. Nel primo caso si tratta dell’effetto della riduzione dei consumi
extradomestici e della spesa per vacanze, quest’ultima rilevante in particolare per gli
operatori che fanno riferimento alla domanda locale e servono solo marginalmente
quella estera, che si concentra nelle aree e nelle città a maggiore vocazione turistica.
La distribuzione al dettaglio non alimentare ha invece subito la riduzione della
domanda di beni semi-durevoli e durevoli, che in questi anni è stata particolarmente
forte. Segue il commercio al dettaglio alimentare, che ha visto una flessione del
fatturato di circa il 20%, dovuta alla caduta della domanda e al contemporaneo
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Informazione economica
spostamento di clientela verso la grande distribuzione despecializzata. Vengono poi,
per entità della riduzione delle vendite, i servizi alla persona (quasi il 20% in meno),
il commercio all’ingrosso (intorno a -15%, con un dato coerente a quello medio del
dettaglio) e i servizi alle imprese (-10%). Quest’ultimo comparto, particolarmente
forte in Lombardia, è riuscito a reagire meglio alla crisi, potendo probabilmente
contare su un mercato più ampio, non solo limitato all’ambito regionale, ma che si
estende a tutto il Paese e anche all’estero. Infine il commercio al dettaglio
despecializzato (circa il 7% in meno) risulta il comparto che ha subito la riduzione di
fatturato più contenuta. Come per il commercio al dettaglio, anche per i servizi i dati
delle anagrafi camerali sul numero di imprese attive consentono di aggiungere alcune
qualificazioni a quelli delle indagini congiunturali. Viene confermata la crescita dei
servizi alle imprese, in alcuni comparti anche rilevante, aumentano, ma in misura più
contenuta, i servizi alla persona, e diminuiscono, di poco, le attività di ingrosso. Pur a
fronte di fatturati in calo, aumentano invece molto i pubblici esercizi, ma in questo
caso si tratta probabilmente di imprese marginali, di cui una parte non trascurabile
sono con ogni probabilità iniziative di imprenditori extra-comunitari.
Relativamente al diverso andamento del complesso di tutti i comparti analizzati, sia
del commercio che degli altri servizi coperti dall’indagine, le performance migliori a
livello provinciale, con un calo dei fatturati che in entrambi i casi si colloca attorno al
10%, sono quelle di Varese e Sondrio. Vengono poi Mantova, Como e Lecco, con
valori attorno al 15%, seguite da Milano, Bergamo, Brescia, Pavia e Cremona, con
perdite fra il 17 e il 18%, e, all’ultimo posto, Monza e Brianza e Lodi, che nella media
dei due settori, il commercio al dettaglio e i servizi, vedono una riduzione dei fatturati
vicina al 20%. Relativamente a Milano, va notato che il dato media una delle peggiori
performance per il commercio al dettaglio e una delle migliori nei servizi, segno che il
primo ha dovuto fare fronte ad una caduta della domanda dei residenti superiore a
quello della gran parte delle altre provincie, mentre i secondi hanno potuto giovarsi di
un mercato di riferimento più ampio, servito da imprese con dimensioni medie più
elevate della media regionale.
Infine, il confronto fra l’andamento delle variabili rilevate per la Lombardia e quelle
relative all’intero Paese evidenzia una risposta delle imprese localizzate in regione più
contrastata e, per quelle più piccole, più negativa nel periodo di riferimento. E’ un
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Informazione economica
dato che può essere letto tenendo conto che rispetto alla media nazionale le imprese
della regione sono più esposte alla congiuntura proprio a ragione della loro maggiore
integrazione con il mercato. Introducendo l’analisi sul commercio al dettaglio, si è
sottolineato come la reazione dell’area Nord-Ovest al ciclo economico sia stata in
questi anni più elevata della media nazionale, influenzata da un profilo con una
varianza più contenuta di Centro e Sud. Le imprese dei servizi di mercato lombarde e,
più in generale del Nord-Ovest e del Nord-Est, operano in un contesto più reattivo ed
esposto alle modificazioni del reddito disponibile delle famiglie (che attiva il
commercio e i servizi turistici e alla persona) e della domanda delle imprese (per i
servizi alle imprese). Proprio perché inserite in un contesto economico mediamente
più solido, esse si trovano anche a dover rispondere a variazioni più accentuate della
domanda in momenti, come quelli vissuti in questi anni, di così accentuata recessione.
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