53 news 55 passodopopasso

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passodopopasso
news
www.pdponline.it
Ad agosto
nonostante
tutto
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EDITORIALE
Il Trittico chiude
on è una bella notizia. Il Trittico non ce la fa più ad andare avanti e chiude i battenti. Era una manifestazione molto familiare a noi del PdP, eravamo affezionati
N
a quelle tre gare autunnali collegate tra di loro con un simpatico e stimolante mecca-
nismo che portava a concorrere a tutte e tre, la nostra corsa di Sormano 1000, il cross
del Parco di Monza e la gara di Skiroll della Colma. Serviva per risvegliare dal letargo
estivo il sopito ardore agonistico, era una occasione per rivedere e salutare in anteprima gli amici-avversari e per cominciare a prendere le loro e le nostre misure con tempi
e classifiche.
Il Trittico aveva una lunga storia datata almeno da 25 anni che il PdP aveva contribuito a far nascere, Enzo ne sa qualcosa, mettendo in comune con altre società dello
sci nordico il desiderio di promuovere lo sci di fondo provinciale soprattutto a livello
giovanile, per cui si è “inventata” la formula di raggruppare i risultati delle tre gare con
una classifica finale a se stante che designava il miglior atleta skirollista e corsaiolo.
La FISI stessa aveva poi ritenuto interessante questa idea e si era proposta come pro-
Piero Radovan
motrice dell’iniziativa dando un ulteriore lustro e stimolo alla partecipazione.
Poi cosa è successo? È successo quello che sta succedendo a tutto il mondo dello sci di
fondo italiano (e mi azzardo a dire a tutto lo sport in generale) da qualche anno a questa parte. Interessa poco e quindi è praticato sempre meno, i giovani e i meno giovani
sono allettati da altro, chi ha più voglia di far fatica? Sono bombardati da altri modelli,
da altri miti fatti di comodo, di “faccio quello che mi pare e piace”.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ragazzi, giovani, adolescenti il sabato e la dome-
nica hanno in mente ben altro che correre, sudare e faticare. E gli effetti sul Trittico ne
sono stati una conseguenza lampante, proprio le categorie giovanili, quelle per cui era
stato pensato inizialmente, hanno cominciato a disertare la partecipazione alle gare:
allievi, aspiranti, juniores sia maschili che femminili, si sono rarefatti come neve al
sole, in taluni casi senza nessun partecipante. Che tristezza. Le tre gare che facevano
parte del Trittico rimarranno vive come singole manifestazioni, almeno così si spera,
ma ciascuna farà la sua strada.
Il problema vero non è il Trittico che chiude, sono i giovani che stanno perdendo il
senso e il gusto della bellezza dello sport come elemento portante di una sana costituzione umana fatta di corpo e di anima.
È vero che i ragazzi sono sempre più figli del mondo e della sua mentalità edonistica
ma è pur vero che, almeno nella maggioranza dei casi, vivono in una famiglia, hanno
dei genitori da cui, poco o tanto, imparano, vengono educati. E qui salta fuori l’altra
grossa questione: che tipo di educazione sportiva respirano tra le mura domestiche, se
guardano a mamma e papà cosa vedono? Persone attive, positive, costanti nel praticare
uno sport qualunque esso sia, o persone col telecomando in mano, dal lamento facile,
frustrate, indifferenti, preoccupate solo di barcamenarsi alla meno peggio?
I nostri ragazzi sono figli per metà del mondo e per l’altra metà della famiglia, le
conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Non solo avremo sempre meno sportivi ma
avremo sempre meno uomini veri. Ho l’impressione che quì al PdP siamo come all’ultima spiaggia, stiamo subendo l’attacco finale, aiutiamoci a resistere finchè possiamo.
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Sommario
4 Mille grazie a Sormano 1000
5 I migliori del PdP
6 Parata di campioni alla Colma
7 Attenti agli orari!
8 I nostri giovani triatleti crescono
10 Andata e ritorno
11 Sull’Adamello con Giovanni Paolo II
12 Una vacanza indimenticabile
14 Sulla via Lauretana
15 Grazie Armin
16 Sempre più sù
18 La mia coppetta
20 Sepp, la montagna, la guerra
24 Ciao Camillo
25 Si fa skiroll a Sesto
26Fotografondo
27 La nuova tuta
28 Punti Fisi
6
29 Calendario Fisi
30 Calendario Granfondo
31 News
5
10
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GARA SOCIALE
Un momento
della
premiazione
dei piccoli
Mille grazie
a Sormano1000
Ancora una volta ci è stata regalata una splendida giornata di sole,
di amicizia e di sport genuino.
omenica 19 ottobre si è svolta la nostra gara di corsa in
D
montagna a Sormano 1000. Le
premesse non erano delle migliori,
alcuni nostri soci che nelle precedenti edizioni avevano gareggiato
e/o prestato un’importante opera di
assistenza e lavoro sul campo, causa condizioni fisiche non ottimali,
hanno dovuto dare forfait. Non
ultimo, si temeva l’impatto sulla
partecipazione del posticipo della
gara di skiroll Ballabio-Resinelli
in sovrapposizione di data, così
come il mancato effetto-traino del
Trittico.
Il morale quindi del consiglio direttivo pre-gara, era un po’ preoccupato per la riuscita della manifestazione. Invece, la buona sorte
dei fondisti ci ha dato una mano
regalandoci una bella giornata di
sole, con temperature ideali e con
un buon afflusso di concorrenti di
ogni età, alcuni nostri ospiti per la
prima volta. Quelli tra noi presenti sono riusciti a sopperire ai soci
mancanti con forte spirito di squadra ed entusiasmo. Luca Ingrillì
ha seguito da neofita esperto la
parte informatica, poi si è tramutato in un preparatissimo speaker.
Luisa Mauri e Paolo Pozzi hanno
gestito la distribuzione dei pettorali e le iscrizioni. Luisa ha anche
organizzato la premiazione con i
pacchi premio (per tutti i concorrenti) e le coppe. Donato Carcano
e Mara Rigamonti hanno svolto
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con precisione il compito di giudici di arrivo. Marco Emanuelli ha
monitorato i passaggi al giro di boa
insieme a Ortensio Frigerio. Ivano
Bergamaschini, un amico del PdP,
ha ritirato i pettorali ai concorrenti alla fine della fatica. Enzo Vai e
signora si sono preoccupati di dar
da bere agli assetati dopo il traguardo e nella gestione del buffet
post gara, Enzo ha dimostrato di
avere formidabili doti da barista
nel preparare i caffè. Gigi Meroni,
grande sponsor, si è dato da fare a
premiare i migliori. Marco Pea e
Alessandra Panvini hanno svolto
bassa ma utilissima manovalanza
dove richiesta. Particolare menzione anche per coloro come Stefano
Battaglia, Enrico Mauri, Alessandro Carcano, Luca Ingrillì (ancora lui!) e il sempre presente Enzo
che si sono prestati a organizzare
il percorso di gara il giorno precedente. Quando si è al “via” e si corre trovando tutto fatto, a volte non
ci si rende conto del lavoro che sta
a monte e, trattandosi di una corsa in montagna… è proprio il caso
di dirlo! Insomma, tutto è andato
molto bene, tutto ha funzionato a
meraviglia (ad esclusione dell’ambulanza che è rimasta inoperosa) e
si sono visti soltanto sorrisi e facce
soddisfatte.
Dopo le fatiche fisiche, un mo-
mento di elevazione religiosa con
la Santa Messa preparata da Luisa
Frigerio con don Bassano puntualmente presente. Celebrata all’aperto, in un ambiente così armonioso,
tra amici, sotto un cielo azzurro ottobrino, la spiritualità aleggiava tra
i fedeli. Poi, gambe sotto al tavolo
– chi fuori al sole e chi dentro al
fresco – gozzovigliando tra insalate di pasta, formaggi, salumi, pane
fatto in casa, frittate e dolci a volontà… e naturalmente ottimo vino
in abbondanza. Tra i tavoli si potevano ascoltare di tutto, racconti di
vacanze appena trascorse, malanni
e acciacchi ormai all’ordine del
giorno tra gli over 40, barzellet-
te, programmi per le gare future, i
prossimi allenamenti con skiroll o
a piedi, in attesa che Madre Natura
ci regali un altro inverno pieno di
neve come quello passato. Si ma, e
la competizione?
Alcuni tra i nostri hanno ottenuto ottimi piazzamenti (le classifiche sul nostro sito) e tra le società
il PdP ha primeggiato, facilitato
forse dalla limitata partecipazione
dei tradizionali amici-rivali, i Camosci di Seregno. Due citazioni
del tutto speciali: per il nostro Davide Ingrillì, categoria Allievi, che
nei suoi due giri ha seguito come
un’ombra lo stravincitore Andrea
Pozzi. E per i tre partecipanti della
famiglia Pozzi, tre ori. Per tutti la
grande soddisfazione di aver concluso la gara, ciascuno secondo
le proprie capacità, ricordiamoci
sempre che: “Per vincere bisogna
rischiare di perdere…”
Un piccolo e graditissimo riconoscimento l’abbiamo ricevuta da
un messaggio inviatoci da una famiglia partecipante, da solo ci ha
abbondantemente ripagato di tutte
le fatiche.
A nome di tutti i componenti
della mia famiglia desidero ringraziarvi per la bellissima mattinata
che ci avete permesso di trascorrere ieri in occasione dell’evento
Sormano 1000. È la prima volta
che partecipiamo a tale evento e
non mancheremo di farne pubblicità positiva presso parenti e amici
per assicurare una partecipazione
ancora più numerosa nella prossima edizione. Un grazie particolare al signor… e alla sua consorte
signora… che hanno permesso a
me e a mio marito di partecipare
entrambi alla manifestazione, offrendosi da “nonni adottivi” per i
nostri figli!
I migliori del PdP
Un po’ di vetrina per chi è salito sul podio nella “nostra” gara.
Splendida giornata di sole per un picnic
Baby M
3°- Dozio Niccolò
Master 40
1°- Pozzi Andrea
Cuccioli F
1°- Citterio Emma
Master 50
2°- Battaglia Stefano
Ragazzi F
1°- Pozzi Alice
Master 60
2°- De Nitto Giuseppe
Ragazzi M
1°- Pozzi Pietro
3°- Ingrillì Davide
Master 70
1°- Radovan Piero
Senior M
2°- Carcano Alessandro
Dame C1
1°- Mauri Luisa
3°- Panvini Alessandra
Premiazione dame C1, prima classificata Maria Luisa Mauri
Emma Citterio, prima classificata categoria Cuccioli femminile
Mara, Donato e Luca stilano la classifica finale
Santa Messa
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SKI ROLL
Parata di campioni
alla Colma
Tutti presenti i nostri skirollisti alla gara di fine stagione.
Davide Ingrillì
Luca Ingrillì
Andrea Pozzi
Carlo Nirni
Emma Citterio
Pietro Pozzi
Alessandro Carcano
Angelo Fraschini
Alice Pozzi
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LE COMICHE
Attenti agli orari!
La disavventura di Giorgio Bianchini è un monito per tutti noi.
Di Giorgio Bianchini
osa fa un fondista in crisi di
astinenza da neve? Ski roller
C
da aprile a novembre, ottimo sur-
rogato…e cosa fa uno sciatore che
ha nostalgia della scivolata e di un
pettorale? In completo spirito decubertiano partecipa a competizioni che si dividono in gare in piano e
in salita, già... salita, promozionali
e coppa Italia Fihp. E ogni gara è
un’avventura, iniziamo. Gara pomeridiana del sabato su uno dei
tanti stupendi pendii delle nostre
prealpi, leggo sul volantino: partenza 16.30, facciamo conto, mio
figlio ed io, di essere lì un’ora prima, alle 15.30, così è.
È la prima volta che partecipo a
questa gara, non conosco il percorso. Arrivati in partenza vediamo
già grande frenesia, mah... il tempo per trovare il parcheggio, vado
a ritirare i pettorali, gli addetti mi
guardano stralunati, con un filo di
imbarazzo “guardi che la partenza
è tra pochi minuti” - “ma come,
non è alle 16.30?”- “no, la partenza in paese è alle 16.00 e la prepartenza alle 15.45”. Pre-partenza?
Sono veramente confuso, non capisco. In affanno torno alla macchina, Alessandro è già pronto, gli
spillo il pettorale e parte, lo vedrò
solo all’arrivo, io mi muovo qualche minuto dopo a seguito di tutte
le operazioni necessarie. Passo la
linea della pre-partenza, non c’è
più nessuno, gli addetti stanno già
smontando gli striscioni. Il vialone
largo, diritto e in leggera salita mi
induce a partire al (mio) massimo
per cercare di arrivare alla partenza vera e propria in tempo, la gente
sui marciapiedi mi guarda male.
Dopo tre chilometri il viale si
trasforma in una stradina stretta in
discesa…incomincio a preoccuparmi, però mi dico: “se alla fine
spiana, dovrei essere in grado di
gestirla”, la discesa non finisce
anzi... cerco di frenare, vedo i puntali dei bastoncini fare letteralmente scintille sull’asfalto, in fondo
alla discesa c’è una bella curva decisa a 90°... in tre secondi decido,
mi butto per terra cercando di atterrare con il fondo schiena, sono
fermo in mezzo alla strada (aperta
al traffico), sento un po’ di bruciore
al fianco, al malleolo della caviglia
e al braccio, mi rialzo, grazie a Dio
nulla di rotto, finisco la discesa a
piedi, rimetto i roller, passo la partenza, uno mi dice: “Ehh cosa fa
qua? Saranno partiti da almeno 5
minuti”. Tra me e me un turbinio di
pensieri, tra cui: “Forse adesso capisco il perché della pre-partenza”.
Risalgo la colonna di macchine in
coda, mi sembra di essere un ciclista al Giro che cerca di tornare
in gruppo dopo aver forato, passo
qualche concorrente, uno mi fa:
” Ma cosa fai qui così fresco?”“Sono partito in ritardo, ma la partenza non era alle 16.30?” - “No,
cosa dici, alle 16”. Salendo mi dò
sempre più del pirla “Ma come c…
ho fatto a leggere male il volantino? Chissà cosa dirà Alessandro e
gli altri, basta, sono vecchio, è meglio che me ne stia a casa, proprio
oggi che avevamo il tifo, mio fratello e la sua famiglia devono essere su qualche tornante”.
In qualche modo arrivo, si fa
avanti uno sconosciuto (grazie!)
che mi dice “Beh, sei venuto su
bene visto che sei partito in ritardo,
in effetti la partenza è stata anticipata di mezz’ora” - “cosa? Grazie
mille!”. Allora avevo ragione io!
“Dov’è la giuria?”, arrivo a parlare con un suo componente e ne
scaturisce un, come si dice? proficuo, franco e intenso scambio di
opinioni al termine del quale sono
stato “caldamente” invitato a starmene a casa l’anno prossimo. Nel
frattempo ritrovo mio fratello e Ale
che mi fa “Guarda un po’ quà” uno
sbrego sanguinante sulla coscia,
mi tocco la mia, mi accorgo solo
ora che ce l’ho anch’io e anche sul
gomito e sulla caviglia, poi mi fa
“e questa?” scarpa rotta, guardo la
mia, anche lei rotta, morale: ab-
Giorgio
Bianchini
ha caldo
biamo fatto esattamente le stesse
cose nella discesa! Solo adesso mi
ricordo di andare all’ambulanza a
farmi medicare.
Premiazioni: torno sull’argomento “partenza anticipata” con un altro membro dell’organizzazione,
hanno dovuto anticipare la partenza su pressante richiesta della
Questura, al chè gli ho suggerito di
mettere sul prossimo volantino un
“orario sicuro” che possa essere,
nel caso, posticipato ma non anticipato. Alla fine ci hanno consegnato
due bei marsupi con borraccia incorporata, non ho capito se come
premio di partecipazione o di consolazione, in ogni caso mi ha fatto
molto piacere.
L’anno prossimo? Chissà, a
Dio piacendo. Per completezza
di informazione su 4 gare che ho
frequentato dopo ferragosto: la prima ha avuto partenza regolare, la
seconda descritta con mezz’ora di
anticipo, la terza rinviata un’ora
prima della partenza per pioggia
(che non è arrivata), la quarta con
un’ora di ritardo, quindi... attenti
agli orari e non solo a quelli!
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SETTORE GIOVANILE
I nostri giovani triatleti
crescono
Fortissimi d’inverno con lo sci di fondo, fortissimi d’estate
con il nuoto, la bici e la corsa. Il segreto dei nostri 4 giovanissimi?
Stanno bene insieme e si divertono. Di Luca Ingrillì
rmai la trama è sempre la stessa, fondisti d’inverno, triatleti
O
d’estate. Accantonati gli sci stretti
i nostri quattro moschettieri sono
subito pronti ad affrontare l’impegnativo calendario della multidisciplina, forti dell’ottima preparazione costruita anche sulle piste
innevate, con la differenza che nel
triathlon hanno la possibilità di
esprimersi al meglio e senza timori
riverenziali da cittadini.
Davide
Ingrillì
Quest’anno in particolare Davide, il più grande del gruppo, si
è trovato a fare da apripista nel
mondo dell’agonismo vero e proprio con l’ingresso nella categoria “Youth A” che prevede il raddoppio delle distanze di gara con
un massimo di 400 mt. di nuoto,
10 km di bici e 2.5 km di corsa.
Dopo un’annata 2013 straordinaria, con ben 11 vittorie e un secondo posto, la quinta piazza nel primo duathlon interregionale di aprile, nonostante la consapevolezza di
avere a che fare con i più grandi, è
dura da digerire.
Ma lo sport insegna che non bi-
sogna mai arrendersi, e così dalla
seconda gara in poi Davide riuscirà ad inanellare una lunga serie di
risultati positivi, con in particolare
due titoli regionali rispettivamente
di aquathlon e triathlon, culminata nel secondo posto dei campionati italiani di aquathlon svoltisi a
giugno a Porto Sant’Elpidio nelle
Marche, bissato dal secondo posto
dei campionati italiani di triathlon
svoltisi a luglio in quel di Levico
Terme in Trentino. La costanza di
risultati lo porterà inoltre a giocarsi la vittoria nel circuito di Coppa
Italia in occasione della finale di
Campogalliano a fine settembre.
Questa volta la vittoria gli sfu-
girà davvero di un soffio. Partito bene nella frazione natatoria e
dopo aver tentato una fuga a due
nella frazione ciclistica, si troverà
spalla a spalla col diretto avversario della classifica generale agli ultimi cento metri della frazione podistica. Lui che velocista proprio
non è riuscirà comunque a piaz-
zare un’avvincente volata, persa
purtroppo sul filo di lana per soli
settanta centesimi. Dovrà quindi
“accontentarsi” di un altro secondo
posto anche in Coppa Italia.
Insomma, un 2014 senza dubbio al
di sopra delle migliori aspettative.
Ma a ruota del più grande del gruppo abbiamo gli altri tre più giovani
moschettieri, quest’anno ancora
nellacategoria “ragazzi”.
Per loro gli appuntamenti principali del 2014 erano le gare nazionali
di Acqui Terme, Porto Sant’Elpidio e Campogalliano, che pur
non assegnando titoli individuali,
consentono di confrontarsi con i
migliori avversari provenienti da
tutt’Italia.
Nel duathlon svoltosi in aprile
ad Acqui Terme, Alice sfrutterà
appieno le proprie eccezionali doti
ciclistiche tramandate da mamma
Tiziana chiudendo con un fantastico secondo posto.
Molto bene anche Pietro 13°, all’esordio nella categoria superiore, e
Flavio 15°. Sarà poi la volta del
Trofeo Italia di Porto Sant’Elpidio,
dove era in programma un aquathlon a cronometro la domenica e
un triathlon il lunedì festivo del 2
giugno.
Le condizioni di mare mosso e decisamente freddino (solo 17°) del
sabato esaltano il nostro cavallo
pazzo Flavio che chiude al 7° posto, mentre penalizzano decisamente Alice che deve accontentarsi
del 20°. La diminuzione del moto
ondoso permetterà ad Alice di riscattarsi prontamente nel triathlon
dove otterrà il 3° posto ed a Flavio di migliorarsi di una posizione
finendo 6°. Assente purtroppo per
questa bella trasferta in centro Italia Pietro.
Dopo la pausa estiva che vedrà
Pietro rompersi il polso e Flavio
la clavicola entrambi non in gara
bensì giocando a calcio, anche per
i “ragazzi”, teatro della chiusura di
fine settembre sarà la riserva natu-
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rale di Campogalliano nei pressi di
Modena. Finiremo con un 5° posto
che non soddisfa appieno Alice,
la quale nonostante la sua solita
miglior prestazione ciclistica non
riesce però a colmare il distacco
accumulato nella lunga frazione di
nuoto, mentre Flavio, proprio grazie al secondo tempo parziale del
nuoto riuscirà a chiudere 8° limitando i danni nella frazione podistica a lui non congeniale, che vede
invece Pietro risalire al 10° posto
con una delle sue classiche cavalcate con tanto di bava alla bocca
per impressionare gli avversari.
Grazie agli ottimi risultati conseguiti, sia Alice che Davide coroneranno l’annata con la convocazione per la rappresentativa regionale
che parteciperà alla staffetta mista
2 maschi + 2 femmine della Coppa delle Regioni, ultimo atto della
lunga stagione.
da fare invece per
quest’anno non certo fortunato
per Flavio e Pietro, ma certamente
hanno stoffa ed avranno modo di
rifarsi. Per la cronaca, nella categoria “ragazzi” Alice contribuirà
alla conquista del prestigioso secondo posto dietro al fortissimo
quartetto Veneto, mentre Davide
nella categoria “youth A e B” che
comprende ragazzi dai 14 fino ai
17 anni lascerà tutti col fiato sospeso fino alla fine nel tentativo di
controllare la rimonta dell’ultimo
fortissimo frazionista dell’Emilia
Romagna, reduce da un settimo
posto alle olimpiadi giovanili, ma
sarà bruciato anche questa volta
in volata finendo ai piedi del podio dietro Lazio, Veneto e appunto Emilia… questa volta Golia ha
avuto la meglio.
Alice
e Pietro Pozzi
Niente
Flavio Ingrillì
Ma eccoci già arrivati ad ottobre
a rispolverare gli skiroll e preparare l’attrezzatura per la nuova
sfida che ci attende per l’inverno
2014/2015.
Si riparte!
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ALLENAMENTO
Andata e ritorno
Il nostro maestro Fabio ci propone una sua esperienza valdostana
proficua, allenante, salutare e divertente. Andata con skiroll
e ritorno sul sentiero. Ma vuoi mettere la pace che si trova a fare
skiroll nel bel parcheggio del cimitero di Lambrate? Di Fabio Soresi
C
ambio di stagione, ripartiamo
con gli skiroll. Si avvicina la
stagione invernale e dopo un’estate
dedicata alle nostre attività estive
che ci hanno tenuti in forma fisicamente, cominciamo a sentire la necessità di allenarci per lo sci, giusto
per non arrivare troppo arrugginiti
tecnicamente.
traffico automobilistico. Alcuni di
noi si sono trovati a girare come dei
criceti in parcheggi ed ex piste di atletica, che rende l’attività dopo poco
un po’ alienante, oppure scegliamo
di andare a fare una bella salita ma
il problema di trovare un’auto per
scendere può scoraggiare i meno
motivati.
Mettere gli skiroll ai piedi è si-
A questo punto dobbiamo organizzarci, bisogna trovare un percorso in salita dove si possa scendere
per un sentiero, o una strada che
possa tagliare parecchio il percorso
fatto con gli skiroll e magari trasformare questo allenamento in una gita
in montagna.In estate mi capita di
allenarmi in Valle d’Aosta ma non
curamente la cosa migliore per simulare il gesto tecnico, non sempre
però è facile trovare percorsi adatti,
divertenti e pratici soprattutto per
i tratti in salita, visto che poi non
possiamo scendere con gli skiroll ai
piedi (anche se qualche temerario lo
fa) e non ultimo ostacolo quello del
avendo soci mi sono organizzato,
basta avere uno zainetto leggero con
i cambi dove poter legare gli skrioll
e si parte.
Guardando bene la cartina si
possono trovare parecchi percorsi
adatti e anche poco trafficati, basta
evitare le strade principali. Io ho
scoperto la strada che porta al Gran
San Bernardo che viene chiusa al
traffico da metà ottobre ai primi di
giugno. Parto con gli skiroll da Saint
Remi con una salita di 11.5 km e una
discesa per il sentiero di 5 km.
La salita non è durissima, la
pendenza non supera il 9 %, è una
strada di alta montagna con il fondo stradale molto buono, in un’oretta si sale e si arriva ai 2400 metri
dell’Ospizio. Soprattutto nel periodo di chiusura della strada al traffico vedo altri skirollisti che faticano
come me, così come diversi ciclisti.
Nella stagione autunnale i colori e
il panorama sono meravigliosi,
qualche volta già in ottobre si può
trovare la neve al passo. Si scende
poi a piedi percorrendo l’antico
percorso della via Francigena (che
porta a Roma), tutta su sentiero, tra
torrenti, laghetti e bosco di larici, di
tanto in tanto si attraversa la strada asfaltata. Io la faccio di passo in
circa 50 minuti, ma non posso chiedere di meglio, arrivo e sono soddisfatto. In attesa della prima neve,
buon allenamento a tutti!
10 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
STORIA
Sull’Adamello
con Giovanni Paolo II
30 anni fa il Papa Santo era salito al Rifugio Lobbie con il Presidente
Sandro Pertini per farsi una bella sciata. Era accompagnato
da un giovane maestro di sci, Lino Zani, un tipo veramente speciale.
K
arol Wojtyla era un uomo vero fino in fondo, un
grande sacerdote, scriveva poesie, libri, faceva
teatro ma non era solo un grande intellettuale, gli piaceva molto anche lo sport. Un uomo incredibilmente
attivo e contemplativo. Portava in giro per la Polonia
i suoi ragazzi con la canoa, giocava al pallone, faceva
grandi escursioni in montagna e belle sciate sui monti
Tatra. Diventato Papa non aveva voluto rinunciare a
tutto questo, lo chiamavano “l’atleta di Dio” e continuò a praticare sport finchè la salute glielo permise.
Un bel giorno del luglio 1984 aveva deciso di concedersi un week end sciistico sulle nevi estive dell’Adamello, ai 3000 metri del Rifugio Lobbie. L’intenzione originale di fare una uscita in sordina era stata
vanificata dal focoso Presidente Pertini che, saputolo,
ha voluto partecipare (ovviamente solo come spettatore) all’evento dandone però molta pubblicità. Furono tre giorni fantastici, il Papa era accompagnato nelle
sue sciate da un giovane maestro di sci e guida alpina,
figlio dei gestori del rifugio, Lino Zani con il quale
nacque subito uno spontaneo rapporto di simpatia e di
amicizia aperto a reciproche confidenze, che continuò
per tutta la vita. Il Papa aveva eletto Lino suo accompagnatore speciale, uomo di fiducia sulla montagna,
sia d’estate durante le escursioni estive nei luoghi di
vacanza, che nel periodo invernale quando di tanto in
tanto si concedeva delle “fughe”, di solito il martedì,
per andare in gran segreto a farsi qualche bella sciata
sulle piste vicine a Roma.
Lino non parlò mai con nessuno di questo suo rapporto privilegiato con il Papa che ha trattato con grande
riservatezza fino a quando è stato beatificato nel 2011.
Poi, ottenute le opportune autorizzazioni dal Vaticano, ha voluto comunicare a tutto il mondo la bellezza
di quell’incontro che ha cambiato la sua vita. Ha rac-
Il letto di
Giovanni
Paolo II
contato la storia di questa sua lunga amicizia in un
libro “Era santo, era uomo” che vi consiglio, si entra
nella personalità privata e nella santità di quest’uomo
che ha scosso le coscienze del mondo. Sono racconti
inediti attraverso i quali Lino racconta del suo privilegio di aver accompagnato il Santo Padre nei suoi
momenti di maggiore libertà. E poi un “segreto”, un
aspetto inedito di come Giovanni Paolo II, proprio
durante quelle giornate, mentre sciava, ha acquisito
chiara consapevolezza del Terzo Segreto di Fatima
che lo avrebbe visto drammatico protagonista dell’attentato in Piazza S. Pietro.Ma Lino non si è limitato
a scrivere il libro, voleva raccontare in prima persona
quello che gli è successo tanto è stato grande e decisivo per la sua vita, incontra e parla con tutti, instancabilmente. Inoltre organizza una volta all’anno a metà
luglio, proprio a ricordo di quei giorni, un giro sui luoghi dell’Adamello e al Rifugio Lobbie, per parlare,
far vedere, testimoniare dal vivo quella sua esperienza
così sconvolgente.
Ho avuto la fortuna di partecipare con alcuni ami-
ci a questo giro, accompagnati “passo dopo passo”
da Lino, girando nello splendore del ghiacciaio dell’Adamello e sostando per due notti al Rifugio del Santo
Padre. Lui è ancora lì presente e vivo, ogni angolo ne
ricorda la presenza, c’è un piccolo museo con gli sci
che utilizzava ed è conservata con religiosa cura la
stanzetta che occupava, un piccolo locale 3 x 2 senza
bagno, con un letto, un inginocchiatoio, un piccolo
tavolo e una sedia. Lino che era l’unico a seguire il
Papa nelle sue sciate, ci diceva che il Santo Padre
(così lo chiamava sempre) era instancabile, sciava
mattino e pomeriggio per 2-3 ore, era sicuro sugli sci,
non andava veloce ma si divertiva a fare grandi curve
con gli sci paralleli. Poi gli piaceva molto il minestrone e lo strudel che gli preparava la mamma di Lino,
oltre a un buon bicchiere di vino.
Un uomo vero, un santo.
Lino indica
dove il Papa
sciava
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GRANDI VIAGGI
Una vacanza
indimenticabile
E dove se non sulle magiche Dolomiti? Erica se le è gustate fino
in fondo senza un attimo di pausa. Ne valeva proprio la pena.
Prendiamo nota dei suggerimenti sportivi e culinari. Di E. Camnasio
ari soci PdP, come da qualche anno a questa parte, ecco
C
pronto per voi il resoconto delle
mie vacanze estive, sperando che
qualcuno di voi possa ricavarne
qualche indicazione e suggerimento utile per le proprie vacanze
all’insegna dello sport e del movimento in generale.
Nell’estate appena trascorsa,
io ed Angelo (che ormai si è decisamente avviato, per “colpa” mia,
sulla via dello sport), abbiamo deciso di trascorrere le nostre vacanze a Dobbiaco, una perla delle Dolomiti in fondo alla Val Pusteria,
una decina di chilometri prima del
confine con l’Austria. Dobbiaco è
posta alle porte di ben due parchi
naturali: il Parco delle Dolomiti di
Sesto, che comprende le famosissime Tre Cime di Lavaredo, e il parco di Fanes-Sennes-Braies. Inutile
è ribadire l’eccezionale bellezza
dei paesaggi dolomitici, con le alte
guglie rocciose che si stagliano
all’improvviso sopra le numerose
vallate che si intrecciano tra loro.
Sia gli amanti del trekking, sia gli
appassionati di roccia (come la nostra Alessandra, che ormai “è di
casa” a Dobbiaco), possono trovare pane per i loro denti e innumerevoli alternative per vivere belle
esperienze all’aria aperta.
Una
nota
molto
piacevole
della vacanza è stata la compagnia di Alessandra, della famiglia
Goldwurm e di Walter, i quali
stavano alloggiando a Dobbiaco
proprio nel nostro stesso periodo,
intorno alla metà di agosto. Da
quest’ultima informazione, forse
avrete già capito che purtroppo il
nostro soggiorno non è stato allietato dal bel tempo, come d’altronde è successo un po’ ovunque in
questa pazza estate 2014. Le giornate di cielo terso si possono contare sulle dita di una mano, forse
anche di meno… però nonostante
questo non ci siamo fatti scoraggiare e siamo riusciti a portare a
12 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
termine un bel po’ di “imprese”,
sia di trekking, sia in sella alle nostre mountain-bike.
In particolare, riguardo alle gite
in bici possiamo assolutamente
consigliarvi:
• La ciclabile Dobbiaco - Cortina
che vi porta nel cuore delle Dolomiti, toccando il lago di Dobbiaco
e il lago di Landro, sul percorso
dell’antica ferrovia (sono ancora
presenti due buie gallerie, attraversate proprio dalla ciclabile) che
è anche il percorso della famosa
granfondo Dobbiaco – Cortina.
• La ciclabile Dobbiaco - San Candido - Lienz, che in poco più di
50 km vi conduce nell’austriaca
Lienz, costeggiando la spumeggiante Drava. Per il ritorno, che
sarebbe costantemente in salita, è
possibile salire, con le vostre bici
al seguito, su un comodo treno
che vi riporta al punto di partenza.
Quest’anno io e Angelo abbiamo
dovuto ripetere due volte il tentativo di raggiungere Lienz, perché
la prima volta abbiamo dovuto desistere a causa della pioggia eccesiva e del freddo (nonostante fossimo equipaggiati). Ci siamo però
consolati con qualche dolcetto alla
Loacker il cui spaccio di dolciumi
è posto proprio lungo la ciclabile
per Lienz, poco dopo il confine
con l’Austria e merita di sicuro una
sosta.
• Il percorso Dobbiaco – Monte
Rota – Val Casies, fino a S.Martino
di Casies. Il ritorno prevede una
discesa per la ciclabile della Val
Casies fino a Monguelfo e poi un
tratto della ciclabile della Val Pusteria (che arriva da Brunico) fino
a Dobbiaco. Questo percorso è
meno conosciuto dei due famosissimi giri di cui vi ho parlato prima,
ma è altrettanto bello e permette di
passare in luoghi meno frequentati,
dove la pace del bosco regna sovrana. Il primo tratto, fino a monte
Rota (un bellissimo balcone panoramico sopra Dobbiaco) è in salita,
poi inizia una parte di saliscendi
un po’ impegnativi nel bosco, seguiti da una lunghissima discesa
che porta nella bellissima Val Casies. In teoria, la ciclabile della Val
Casies proseguirebbe anche oltre
san Martino, ma per stavolta noi ci
siamo accontentati di fermarci lì,
visto che ci aspettavano ancora un
bel po’ di chilometri di ritorno con
la ripida salita finale fino a Santa
Maria, frazione di Dobbiaco, e il
tempo non prometteva granchè.
Fortunatamente, però, fino alla fine
della nostra gita il tempo ha retto,
nonostante le nuvole.
Prendo spunto da qui per par-
larvi del bellissimo Garni dove
io e Angelo abbiamo soggiornato nella piccola frazione di Santa
Maria, sopra Dobbiaco, da dove
si può godere di un fantastico panorama sulla piana di Dobbiaco e
sulle cime circostanti.
Il Garni si chiama Wiesenhof, gestito dalla gentilissima signora Hildegard Oberhammer; la colazione
è abbondante e deliziosa, con dei
dolci preparati direttamente dalla
proprietaria, le camere sono confortevoli e con vista panoramica
sulle Dolomiti, l’ambiente tranquillo e c’è addirittura la sauna!
Perciò lo consiglio vivamente a
quanti di voi vogliano trascorrere
un periodo di vacanza nella zona.
Uno dei lati positivi di soggiornare in un Garni è quello di poter
“testare” alla sera per cena vari
ristorantini della zona, come di
certo saprete in Alto Adige si mangia benissimo un po’ dovunque e
l’ospitalità e la cortesia sono la
regola. Durante questa vacanza io
e Angelo abbiamo potuto gustare
molte specialità, e vi consigliamo soprattutto l’agriturismo Weberhof, il ristorante Winkelkeller,
il rifugio Genziana e la pizzeria Da
Hans, con la sua famosa pizza ai
finferli.Venendo ora a parlare delle
nostre gite con scarponi ai piedi,
sicuramente la più bella (graziata
anche da un cielo terso e lumino-
Erica
e Angelo;
sullo sfondo
le Tre cime
di Lavaredo
so) è stata quella alle Tre Cime di
Lavaredo. Per raggiungere le Tre
Cime io e Angelo abbiamo scelto
di partire dal lago di Landro e percorrere i 1000 metri di dislivello
che conducono al rifugio Locatelli,
posto in una stupenda posizione di
fronte alle tre Cime. Da lì siamo
abbiamo compiuto il giro delle Tre
Cime, ammirandole da tutte le angolazioni, passando per il rifugio
Lavaredo e Auronzo, andando tra
l’altro in senso opposto rispetto
alla fiumana di gente che percorreva il facile sentiero dall’Auronzo
al Locatelli. Dopo una piacevole
sosta di ristoro all’alpe Langalm,
siamo ridiscesi per la valle della
Rienza fino a tornare al lago di
Landro. Totale chilometri del giorno: almeno 26, ma sospettiamo che
fossero anche di più, 28 o 29…per
un totale di 6 ore e 30’ di cammino, comprese le soste fotografiche
assolutamente d’obbligo vista la
bellezza dei luoghi. Un’altra nota
particolare da sottolineare è la
temperatura che abbiamo dovuto
affrontare all’inizio della gita alle
8 del mattino: 1° C! Abbiamo fatto
altre gite, che vi cito solo brevemente per non dilungarmi troppo.
Il museo all’aperto della Grande
Guerra sul monte Piana (italiano)
e monte Piano (austriaco) dove si
possono ammirare moltissimi resti della prima guerra mondiale, in
particolare le trincee scavate nella
roccia dai soldati. La gita al rifugio
Bonner, sopra Dobbiaco e al Corno
Fana, dalla cui cima la vista spazia
a 360°, sia sulle Dolomiti sia sulle
Alpi austriache. La Val Fiscalina
fino al rifugio Comici e al rifugio
Carducci, dove Angelo ha potuto
sperimentare per la prima volta
l’attraversamento di un nevaio su
un pendio abbastanza scosceso.
E per finire, l’immancabile gita al
pittoresco lago di Braies e a Prato
Piazza, luoghi resi ancor più noti
ultimamente di quanto non fossero già in passato, a causa della fiction con protagonista Terence Hill.
Sicuramente in futuro torneremo
volentieri a Dobbiaco, la prossima
volta magari in periodo invernale,
chissà. Tanti sono ancora i paesaggi nascosti e le belle esperienze
che questi luoghi magici potranno
offrirci quindi…non ci resta altro
che aspettare la prossima volta in
Dolomiti!
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13
GRANDI VIAGGI
Sulla Via Lauretana
È il tratto che storicamente collegava Assisi a Loreto, un percorso
di 160 km dal fascino unico che unisce i luoghi di S. Francesco
e la casa dove ha vissuto Maria.
che ha fatto crollare l’abside della
basilica di S. Francesco ad Assisi.
Abbiamo attraversato posti molto
belli, alcuni da noi poco conosciuti, Spello, Scanzano, Colfiorito,
Tolentino, Macerata, Recanati.
Piero e Franca
in compagnia
di due amici
Ovunque passavamo si veni-
a quando sono andato in pensione ho scoperto la bellezza
D
e l’utilità dell’essere pellegrini,
non perdo occasione per farlo, se
possibile ogni anno, con Franca ed
alcuni amici. Le due cose che più
mi aiutano e che col tempo ho maturato con questa esperienza sono:
affrontare l’imprevisto e chiedermi cos’è essenziale.
L’imprevisto per il pellegrino è
tutto quello che capita nella giornata che spesso non si può prevedere ma che si impara ad accettare
come situazione “normale”, anche
se non è positiva, è così e va bene
così: il tempo atmosferico che fa
le bizze, il percorso che c’è e non
c’è, gli incontri, alcuni graditi altri
meno, i punti di sosta serale, alcuni comodi altri spartani, i “dolorini” vari (vesciche e infiammazioni) che saltano fuori nei momenti
meno opportuni e tanti altri. Si
accetta quello che capita, fa parte
della giornata cioè della vita e si
dice sempre “grazie”. E poi si impara che cosa è veramente essenziale a cominciare da quello che
si mette nello zaino e che diventa
peso sulle spalle. Ti viene spontaneo chiederti, ma questo mi serve
proprio?
L’esperienza dice che lo zaino
pieno non supera gli 8 kg. Inoltre
14 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
ci si rende conto di quante cose
siano superflue e se ne possa fare
tranquillamente a meno, io per
esempio nella settimana di cammino non ho guardato un solo minuto
la TV da cui talvolta si rischia di
dipendere. Dunque con Franca e
due amici siamo arrivati in treno
ad Assisi dove è iniziato il nostro
pellegrinaggio con una preghiera
a S. Francesco perché interceda
per la pace nelle nostre famiglie
e nel mondo intero. La giornatatipo prevedeva un cammino di 20
– 25 km che si percorreva in 6 – 7
ore incluse alcune soste per rapide visite ai posti più interessanti
e ovviamente per il frugale pasto
di mezzogiorno, di solito un panino con formaggio e un frutto. Ma
è molto più importante bere, che
sollievo trovare per strada delle
fresche fontanelle! Per lo stomaco di solito ci si rifaceva alla cena
quando non mancava mai un bel
piatto di pasta, il dolce e il vino.
Il percorso attraverso l’Umbria e
le Marche era un dolce collinare
nel verde ricco di ulivi, anche se
purtroppo avevamo diversi tratti di
fastidioso e trafficato asfalto, ci si
metteva con pazienza in fila indiana sulla sinistra della strada.
Di tanto in tanto in campagna si
vedevano le casette prefabbricate
di legno per accogliere i rifugiati del terremoto del 1997, quello
va immediatamente riconosciuti
come pellegrini e questo faceva
scattare una sorta di solidarietà, la
gente si fermava volentieri a chiacchierare, ci offriva generi di conforto, ci dava suggerimenti per la
strada oppure ci chiedeva una preghiera davanti alla Madonna.
Il pellegrino è visto ovunque come
un amico, una persona di cui ti
puoi fidare, una persona a cui puoi
liberamente dare o chiedere. Tutto quello che ci succedeva nella
giornata veniva riportato nel diario
personale perché rimanga traccia
nel tempo dell’esperienza vissuta.
Abbiamo avuto la grossa fortuna,
dopo un’estate molto poco estiva,
di essere accompagnati dal bel
tempo per tutta la settimana, sole
non troppo caldo, con solo una
“benedizione” dal cielo di una
mezz’oretta che ci ha permesso di
collaudare la nostra tenuta da pioggia.
Siamo quindi arrivati a Loreto,
alla Santa Casa, quella dove Maria
ha ricevuto dall’Angelo l’annuncio
che sarebbe diventata la mamma di
Dio. La tradizione raccontava che
era stata misteriosamente trasportata da Nazaret a Loreto da “angeli”, in realtà la storia ha appurato
che nel 1300 la devota famiglia
Angeli, per evitare che la dimora
di Maria venisse profanata e distrutta dai mori, si era premurata
di salvaguardare la preziosa reliquia smontandola pietra su pietra e
trasportandola in un luogo sicuro.
Tra queste mura abbiamo pregato,
ciascuno portava le proprie intenzioni, abbiamo chiesto a Maria che
interceda presso il Signore perché
le esaudisca o ci aiuti a dire “sia
fatta la Tua volontà”.
Il più grande slittinista di ogni tempo ha annunciato il suo ritiro
dall’attività agonistica. Un grande campione, un grande maestro.
Di Alessandra Panvini
ALTRI SPORT
Grazie Armin
“È arrivato il tempo di annunciare la fine della mia
carriera agonistica. Dopo le Olimpiadi di Sochi, mi
sono preso tempo per decidere e riflettere assieme alla
mia famiglia. Il mio istinto, dopo le Olimpiadi, mi ha
detto che è il momento giusto per ritirarmi ma volevo
essere sicuro al 100% che ciò non fosse dettato dall’emozione. Ci sono giovani bravi e tecnicamente dotati
come Dominik Fischnaller e il doppio Rieder/Rastner che si toglieranno delle soddisfazioni in futuro, la
squadra azzurra potrà contare su di loro. Io ho svolto
sempre con passione il mio lavoro, non ho mai fatto
fatica ad alzarmi presto al mattino per allenarmi.
Il mio sogno? Ho molti obiettivi, adesso voglio pensare
a creare una squadra che vinca medaglie ai Mondiali
e alle Olimpiadi, guardando sempre avanti”.
rmin Zoeggeler, in divisa dei Carabinieri, ha annunciato ufficialmente il ritiro agonistico durante
A
la “FISI in Tour” (manifestazione che apre la stagio-
ne invernale 2014/2015 degli Azzurri) all’Expo Gate
di Milano. Queste le parole misurate e commosse del
più grande slittinista di tutti i tempi.
Una carriera iniziata 25 anni fa durante la Coppa
del Mondo di Calgary ed era il 1989.
Questo il suo medagliere personale:
- 1 bronzo a Lillehammer 1994
- 1 argento a Nagano 1998
- 2 ori a Salt Lake 2002
- 1 oro a Torino 2006
- 1 bronzo a Vancouver 2010
- 1 bronzo a Sochi 2014
- 6 ori individuali ai Mondiali
- 3 titoli europei
- 103 podi individuali
- 57 gare vinte in Coppa del Mondo, la prima nel 1995
a Oberhof, l’ultima nel 2014 a Sigulda poco prima
delle Olimpiadi.
Armin non è sportivo da prime pagine dei giornali
ogni lunedì, il suo è uno sport di nicchia soprattutto
in un Paese che unisce troppo spesso la parola “sport”
alla parola “calcio”.
Altoatesino, si racconta che andava a scuola in slitta
e che iniziò a gareggiare nelle competizioni regionali.
Karl Brugger (tecnico della squadra juniores, a quei
tempi) ebbe la vista lunga e propose al giovanissimo
Armin di cimentarsi con la pista artificiale.
Cosa che Armin fece, dando iniziò alla sua leggenda.
La prima vittoria importante fu la CdM Juniores a 15
anni. Ormai scelta la sua strada, si organizzò una palestra in casa, nel maso, per allenarsi con tranquillità
e comodità. Non solo, per non essere da meno dei più
forti avversari (tedeschi), studiava e perfezionava le
modifiche alle slitte e ai materiali.
In una recente intervista ha dichiarato che una tra le
sue medaglie più belle è l’oro di Torino 2006, e non
fatichiamo a credergli!
Sapevamo che il suo ritiro era nell’aria. Armin ha
quasi 41 anni, non si potrebbe pretendere di più da un
atleta che ha dimostrato una continuità di prestazione
quasi irreale: quando lui scendeva in pista, gli altri
tremavano… sempre. Ci mancheranno le sue gare
perfette, le partenze esplosive con i guanti chiodati
che aggredivano il ghiaccio, le sue discese a più di
120 km/h in cui diventava un tutt’uno di aerodinamicità con la sua slitta.
Ci auguriamo comunque di vederlo “dietro le
quinte” per allenare e portare a medaglia i giovani
che con lui avranno un Maestro eccezionale. Tra tutti,
uno in particolare che già si è distinto: Dominik Fischnaller.
Grazie Armin!
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GRANDI VIAGGI
Sempre più sù
Capo Nord e il sole di mezzanotte sono la meta estiva dei Carcano
con il fidatissimo camper e tanta voglia di scoprire novità.
Di Silvio Carcano
rmai la diagnosi è chiara: la
famiglia Carcano soffre del
O
“mal di Norvegia”. Ci siamo ritornati per la quinta volta questa
estate, con il camper fino al punto
più settentrionale d’Europa. Dopo
le vacanze delle estati 2002 e 2010
e due brevi incursioni invernali
per le gare Worldloppet, la scorsa
primavera decidiamo di organizzare un ritorno in Norvegia, questa
volta percorrendola sia all’andata
che al ritorno, visitando luoghi non
visti e rivedendo sotto nuove prospettive ciò che ci aveva colpito
maggiormente le scorse volte.
Partiamo il 21 giugno e dopo il
La simpatica
pulcinella
noioso trasferimento attraverso la
Germania, la prima tappa è la cascata Voringfossen, una delle più
alte (180 metri di salto) e spettacolari. A seguire carichiamo il camper sul traghetto turistico per percorrere il selvaggio e stretto fiordo
Naerøy, con tanto di spiegazioni
multilingue essendo un sito Patrimonio dell’Unesco. Tra Flåm e Laerdal 4 anni fa percorremmo la galleria stradale più lunga del mondo
(24 km) mentre questa volta, visto
il bel tempo, decidiamo per la vecchia strada del passo, molto stretta e dagli incroci difficoltosi (per
fortuna il traffico è praticamente
16 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
assente). Si arriva a “soli” 1400 m.
ma l’altipiano è quasi tutto ancora innevato e le foto si sprecano.
Successivamente ci trasferiamo in
fondo ad una vallata per una breve escursione a piedi per vedere il
ghiacciaio Briksdalsbreen, oramai
anche lui indietreggiato paurosamente rispetto alle foto di qualche
decennio fa.
Una delle tappe a cui tenevamo di più è la visita dell’Isola di
Runde, un paradiso naturale sulla
costa Atlantica per osservare varie
specie di uccelli marini, tra cui le
simpatiche pulcinelle di mare.
L’accoglienza dell’unico campeggio è ottima e nel pomeriggio facciamo una gita organizzata in barca, riuscendo a vedere l’aquila di
mare, i cormorani, le pulcinelle
ancora in acqua e tanti altri uccelli.
Alla sera saliamo a piedi in cima
alle scogliere per vedere le pulcinelle che dal mare risalgono verso
i loro nidi, arrivano talmente vicino a noi che si riescono a fotografare e filmare agevolmente, anche
grazie alla luce del sole che tarda a
tramontare.
Di seguito ci fermiamo nella graziosa cittadina di Ålesund, dove
saliamo al punto panoramico di
Aksla, con un percorso pedonale di oltre
400 scalini, per vedere
tutto l’arcipelago. Proseguiamo verso Nord
attraversando il Circolo Polare Artico sotto
un cielo minaccioso
e freddo. Da Narvik
facciamo una breve
incursione nella vicina
Svezia per andare ad
Abisko dove prendiamo una seggiovia molto vintage, che viene
messa in funzione dalle
22 alla una di “notte”,
per poter vedere il sole
di mezzanotte dalla
cima della montagna,
da quì si gode una bellissima vista
sul parco naturale e il vasto lago di
Abisko. Proseguiamo per Tromsø,
dove c’è la famosa cattedrale artica, con le vetrate rivolte giuste per
essere illuminate dal sole di mezzanotte ma purtroppo un fronte nuvoloso che sopraggiunge in fretta
ci nega lo spettacolo. Transitiamo
per Alta, dove la volta precedente
avevamo visitato le incisioni rupestri simili alle nostre della Valcamonica, e poi visitiamo Hammerfest, che vanta il titolo di città
abitata più a Nord nel Mondo.
La sera del primo luglio arriviamo a Capo Nord dove termine la
strada con un ampio piazzale per
la sosta dei numerosi camper. La
prima notte è completamente nuvolosa e quindi niente spettacolo,
ma la seconda sera un cielo terso
con forte vento e temperatura fissa a +7° ci regalano lo spettacolo
naturale del sole di mezzanotte dal
famoso mappamondo sulla scogliera di Capo Nord. Eravamo stati fortunati a vederlo nello scorso
viaggio del 2002 e poterlo rivedere
anche questa volta è stato molto
emozionante. Mentre facciamo le
foto di rito, notiamo due giovani
cicloturisti appena arrivati e scopriamo che sono di Cremona, sono
partiti da Rovaniemi in Finlandia
(raggiunta in aereo) e riescono anche loro a vedere il sole alto sull’orizzonte del mare. Da sportivi quasi ci vergogniamo di essere arrivati
“comodamente” motorizzati, mentre loro hanno faticato pedalando
su strade sempre in sali-scendi.
Li ospitiamo nel camper per offrire un caffè italiano e ci mettiamo
a chiacchierare, ci salutiamo alle
due di “notte” e, visto il bel tempo,
decidono di non dormire e continuare a pedalare incominciando il
ritorno verso Sud. Noi invece chiudiamo le tende per fare buio, perché qui nel Grande Nord, a cavallo
del periodo del solstizio d’estate,
non esiste tramonto-notte-alba, c’è
sempre luce e per andare a dor-
mire bisogna guardare l’orologio.
Ripartiamo la mattina seguente e
con rapidi trasferimenti ci portiamo verso Bodø, qui ripercorriamo
la Strada Atlantica dei Fiordi, già
fatta nel 2010, ma in senso inverso
in modo da vedere i paesaggi sotto
una nuova angolazione. Per poterla percorrere è necessario prendere 7 traghetti e tutti gli anni viene
stampato un apposito libricino per
i turisti con gli orari di tutti gli attraversamenti. Continuiamo verso
Sud e poco prima di Åndalsnes
prendiamo la Strada dei Troll, un
piccolo Stelvio, stretto, trafficato
ma davvero spettacolare. In cima
c’è anche una piattaforma pedonale a sbalzo per ammirare il panorama. Prendiamo un altro traghetto
turistico, questa volta per percorrere il Fiordo Geiranger, Patrimonio
dell’Unesco e ricco di cascate tra
cui la famosa “Sette sorelle” perché sono 7 cascate affiancate e parallele che si tuffano direttamente
nel fiordo. Dopo aver visto il fiordo dall’acqua, saliamo a 1500 m.
per vederlo dal punto panoramico
Dalsnibba.
programma di quest’anno abbiamo incluso molte Strade
Turistiche Nazionali e quindi non
poteva mancare la n. 258 sull’al-
Nel
tipiano di Stryn, volutamente lasciata stretta e sterrata, per ricreare
il fascino dei viaggi di una volta.
Nonostante queste caratteristiche,
la strada è aperta a tutti i veicoli e
infatti incrociamo ben due pullman
turistici svizzeri. Per chiudere in
bellezza percorriamo anche la stra-
da n. 55 che ci porta sull’altipiano
del Sogne ancora abbondantemente innevato e sede di un centro di
sci estivo, la pista da fondo è perfettamente battuta, ci sono fondisti
norvegesi che si allenano e noi…
facciamo i turisti che guardano il
panorama perché non abbiamo gli
sci, sarà per la prossima volta.
Famiglia
Carcano
al gran
completo
Il giro Norvegese è finito ma
per spezzare il lungo trasferimento verso l’Italia, deviamo
per visitare il parco giochi Legoland in Danimarca, dove per
un giorno torniamo bambini immersi nei famosi mattoncini.
Dopo 3 settimane, più di 10.000
km e 19 traghetti, siamo a casa
ma la voglia di tornare è sempre
tanta, paesaggi mozzafiato, fiordi
selvaggi, cascate ovunque, ghiacciai e altipiani innevati e nuove strade da percorrere: per noi
un paradiso dove tutto è ordinato,
pulito, accogliente e a pagamento.
A presto “cara” (in senso sentimentale ed economico) NORVEGIA!
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GRANDI IMPRESE
La mia coppetta
Senza alcun timore reverenziale Lorenzo Meciani sfida i lupi
nella loro tana e va a cercarsi avversari in due gare di fondo, dove?
In Norvegia. Di Lorenzo Meciani
orreva l’anno… beh non ricordo con precisione, erano
C
parecchi anni fa, doveva essere il
periodo in cui uscivo spesso con il
Carlo, il Carlo Cudega.
Vivevo allora in Norvegia e avevo
da poco iniziato a fare sci da fondo, con grande entusiasmo e giovanile vigore ma attrezzatura e tecnica ancora da perfezionare. Avevo
però acquistato la bellissima tuta
della nazionale norvegese, blu e
rossa che mi conferiva un aspetto
molto agonistico.
Detti giovanile entusiasmo e vigore, assieme al mio battagliero spirito competitivo, mi avevano portato
sin dalle primissime uscite a cimentarmi in competizioni contro i
locals vichinghi. Le sonore legnate
prese nelle prime garette serali di
5 km sulla nervosa pista illuminata
di Brekko (sempre rigorosamente
ultimo) non avevano spento il mio
entusiasmo, anzi mi avevano convinto che per far uscire pienamente
il mio valore erano necessarie gare
di maggior lunghezza.
Così quando avevo trovato un fogliettino in norvegese in cui le
uniche parole comprensibili erano
10 km e 30 km, oltre alla data e ad
un numero di telefono, avevo capito che poteva essere l’occasione
dell’atteso riscatto. Era giunto il
momento di far valere la mia naturale superiorità sulle lunghe distanze.
Al telefono la voce con forte
accento norvegese era riluttante ad accettare l’iscrizione di uno
sconosciuto italiano (forse ancora
memore della sonora legnata avuta
alle olimpiadi di Lillehammer, Silvio Fauner che supera Bjorn Delhie nella 4 x 10, davanti a 100.000
bandiere norvegesi…?), ma alla
fine ero riuscito a convincerlo e
cosi il sabato mattina successivo
ero l’unico non norvegese presente
al briefing pre-gara, in cui le uniche parole che mi era sembrato di
capire erano “International competition” ed “Italian”.Studiando il fo-
18 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
glietto in norvegese ero giunto alla
certezza che la 10 km del sabato
sarebbe stata in skating, mentre la
30 km del riscatto in alternato, con
una classifica cumulata per somma
di tempi.
La classifica era solo per categorie e nella mia categoria, una delle
più numerose, eravamo in 5, cosa
che mi aveva subito messo di buon
umore, un podio sarebbe stato certamente possibile soprattutto avendo dalla mia la 30 km del secondo
giorno.
Non ero ancora uso alle finezze della preparazione degli sci e il
sabato mattina stesso avevo preparato i miei Rossignol Combi per la
prova a skating con l’unica bustina
di una specie di cera F a freddo che
avevo comprato all’ultimo momento ad una stazione di servizio lungo
la strada, e che ero certo mi avrebbe dato un considerevole grosso
vantaggio sugli ignari 4 Norvegesi
compagni di categoria, certo meno
avvezzi alle finezze del pattinato.
Detta pseudo-Cera F andava spremuta sulla soletta tipo dentifricio e
poi spalmata con apposito fogliettino. Dava l’impressione di durare
per pochi chilometri, alla peggio
avrei sracchettato un po’ di più negli ultimi chilometri.
Mi avvio alla partenza osservan-
do le poche decine di concorrenti,
sembra più un allegro ritrovo di
contadini che consumati agonisti,
tutti molto sorridenti.
Sono palesemente l’unico con la
tuta della nazionale norvegese.
Cerco di capire quali erano gli altri
miei 4 avversari di categoria. Che
strani sci da skating hanno tutti,
così lunghi e con le punte ricurve,
sarà che i norvegesi non conoscono
bene lo skating, sarà che… SARA’
CHE LA 10 km È IN ALTERNATO E NON A SKATING!
Aaaagh! Di corsa torno alla borsa,
è umido e sgocciola, quanti gradi
saranno? Metto un po’ di stick rossa sulla pseudo-Cera F senza ave-
re il tempo di tirala bene e corro
alla partenza appena in tempo...
disastro! La cera F dentifricio si
dimostra ottima per le condizioni umide della giornata e repelle
come una intrusa la stick rossa, costringendomi a scalciare come un
mulo in salita ad ogni passo perso.
Dopo un po’ ripiego sulla lisca di
pesce sulle salite, anche se grazie
alle velocità da lippa che raggiungo nelle discese riseco a contenere
i distacchi. Morale, ultimissimo su
5, il primo mi ha dato un quarto
d’ora ma il podio è comunque ad
una manciata di minuti e con la 30
km che adesso so per esclusione
essere sicuramente a skating, e la
mia naturale e superiore resistenza,
il podio non è ancora del tutto fuori
portata.
Passo la serata a spremere il dentifricio di Cera F ormai quasi vuoto
per tirarne fuori i miseri avanzi che
spalmo tristemente avanti e indrè
sulla soletta. Speriamo che basti,
non ho mai fatto una gara di 30 km.
Il mattino successivo nevica
di traverso, tira vento e fa sempre
caldo, la neve ricopre la traccia che
entra ed esce in un bosco di betulle.
Visibilità di pochi metri. Saranno 3
giri da 10 km, mi pare di capire.
Essendo una classifica combinata
immagino che faranno una partenza secondo l’ordine di arrivo
del giorno precedente, come alle
olimpiadi, così il pubblico può capire subito chi sta vincendo, immagino. A parte che non c’è nessuno
a guardare (non contando i 2 cronometristi imbacuccati seduti di
fianco allo striscione START tenuto su da 2 pali provvisori), scopro
invece che la mia categoria partirà
per ordine inverso cioè l’ultimo
del giorno prima - io - per primo
e a seguire gli altri 4 (saggiamente hanno fatto partire per primo il
più lento – io - per non stare tutto
il giorno sotto la neve ad aspettare,
ma lì per lì non l’avevo capito…).
Pronti, via: i Combi Rossignol
sembrano andare inizialmente
bene, anche se dopo pochi attimi
mi passa a velocità tripla il primo
classificato di categoria. Però poi
non vengo più sorpassato da nessuno per un bel po’, evidentemente
sto andando bene, sto tenendo a
distanza gli altri avversari di categoria, bene così… In una grande
radura la pista gira e riesco a veder
dietro: non c’è nessuno, gli altri 3
non sono partiti! Siamo solo in 2
nella categoria, e io sono l’ultimo.
O meglio, il secondo! Ad ogni passaggio nelle vicinanze del traguardo sento nella tormenta lo speaker
alzare il tono della voce alle parole “Internazional Competition” e
“Italian”, cosa che comincia un po’
ad infastidirmi. A metà del secondo giro smette un po’ di nevicare
e si alza un po’ la nebbia, la pista
appare deserta, sembra sia rimasto
solo un gruppetto di tre, formato
da un signore che oggi forse definirei di mezza età ma che allora
avevo definito “il vecchio”, un ragazzo con un braccio solo (ma due
cosce così) ed il sottoscritto. Con
la mia tuta della nazionale sono
l’unico ad avere una tuta aderente da gara. Prendo il comando del
terzetto vecchio-monobraccio-sottoscritto cercando di fare il vuoto,
ma invano. Nelle discese mi metto
a uovo ma non riesco a staccare i
due che stando in posizione eretta
mi superano sorridendo filando su
sci velocissimi. Al salitone provo
un ultimo allungo, guadagno forse 3 metri sui due ma dopo poco
si spegne la luce, complici anche i
miei sci ormai lentissimi, e i 2 mi
superano e sorridendo se ne vanno
scomparendo nella tormenta.
L’ultimo giro da 10 km lo com-
pio in solitudine, con l’impressione di essere l’unico rimasto in pista
– e forse non era solo un’impressione. Finalmente l’arrivo. È ormai
tardi e la visibilità è sempre minore, arriva la penombra che alle 3
precede il tramonto in Norvegia
d’inverno. Lo speaker non c’è più,
sono stravolto. Ci sono solo 2 persone di fianco ai 2 pali che sostengono lo striscione di arrivo. Appena attraverso la riga del traguardo
i 2 smontano lo striscione e non
resta più nulla, solo nebbia e neve.
Raccolgo gli sci e sudato e semicongelato entro con gli sci in mano
nella palestra che bisogna attraversare per andare allo spogliatoio.
Sono tutti cambiati e docciati, con
camicia di flanella a quadrettoni
che stanno mangiando salamelle.
Riconosco il vecchio, il ragazzo
senza un braccio e il vigoroso primo della mia categoria.
Tutti sorridono.
Voglio cambiarmi ma vengo
portato così come sono nella zona
premiazione, dove mi affiancano al primo della mia categoria,
che riceve una coppa gigantesca.
Lui in camicia e io bagnato e con
la tuta della nazionale incrostata
di neve. Segue un lungo discorso
in Norvegese di cui non capisco
nulla (International competition,
Italian…), alla fine un grande
applauso. Compare un signore
e mi allunga con un gran sorriso
una coppa. Piccolissima. La tengo
ancora sul comodino.
passodopopassonews55
19
STORIA
Sepp, la montagna,
la guerra
proprio nella zona di “lavoro” di
Sepp. Si abbandonano diverse località (fra cui Cortina d’Ampezzo),
perché considerate indifendibili
o problematiche ma riducendo il
fronte a meno di 350 km.
Sepp
Innerhoffer
epp Innerkofler nasce a Sesto
di Pusteria nel 1865, da una
S
famiglia di alpinisti. Nel 1889 di-
venta Guida Alpina insieme al
fratello Christl. Dopo la scalata
della parete nord della Piccola di
Lavaredo (28 luglio 1890), ritenuta
impossibile, la sua popolarità cresce e diventa la guida più ricercata
della zona. Gestisce con la moglie
il Rifugio sul Monte Elmo poi il
Rifugio Zsigmondy per finire con
il Rifugio Drei Zinnen, ora Locatelli - posto ai piedi delle Tre Cime,
della Torre Toblin e del Monte Paterno (Paternkofel).
L’inizio della Prima Guerra Mon-
diale, alla fine di luglio del 1914,
sconvolge popoli, nazioni, il
mondo intero ed anche le Dolomiti. Sepp, non più giovane, non
è richiamato alle armi. Trascorre
in apparente tranquillità, nel suo
rifugio, il primo inverno di guerra. I clienti però scarseggiano, c’è
ben altro cui pensare che a scalar
montagne… l’epoca d’oro dell’alpinismo s’interrompe bruscamente. Allo scoppio delle ostilità con
l’Italia, nel maggio del 1915, le
cose cambiano di punto in bianco
costringendo il Comando di difesa
del Tirolo a predisporre un fronte,
20 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
Il grosso problema è la mancanza cronica di truppe e di soldati
addestrati da impiegare nella zona
dolomitica. Nel 1914, infatti, sui
campi di battaglia della Galizia, si
decimano i reggimenti tirolesi dei
Kaiserjäger e dei Landesschützen.
Di conseguenza, gli uomini disponibili sono più che altro guardie di
confine o reclute in addestramento,
di certo non esperte in tecniche militari. Sepp, con il figlio Gottfried
e ai fratelli, si arruola fra i volontari. È uno Standschütze. Gli Standschützen - presenti fin dal 15° e
16° secolo come corpo volontario
in ogni valle del Tirolo per la difesa
del territorio - sono allo stato delle
cose, legato agli arruolamenti per
la guerra, ragazzi troppo giovani e
uomini troppo vecchi compresi gli
inabili. Sepp si trova a combattere
nel punto cardine del sistema difensivo tirolese: tra il Passo Monte
Croce e la Valle di Landro punti
di accesso strategici ed importanti che fanno gola agli italiani. Lo
sfondamento di questi punti di passaggio è percepito come un disastro perché consentirebbe agli Alpini di interrompere i rifornimenti
austriaci, raggiungere il Brennero
e arrivare fino a Innsbruck senza
trovare resistenza.
L’ordine è uno: resistere ad ogni
costo lungo le creste delle montagne. Si formano delle pattuglie costituite anche da altre guide alpine
della zona. La pattuglia di Sepp
inizia la sua attività in guerra il
21 maggio, proprio con la scalata
del Monte Paterno. Sepp conosce
quelle rocce come le sue tasche e
non ha problemi ad affrontare scalate in condizioni difficili; lo ha
fatto accompagnando i suoi clienti…lo fa ora per difendere la sua
Patria. Compie azioni mirabolanti
che fanno ottenere alla squadra
promozioni e decorazioni; per lui,
che non è nemmeno un vero militare, la cosa è ancor più meritoria.
A Sepp è assegnata proprio l’occupazione della cima del Paterno,
da dove assiste impotente alla distruzione del suo rifugio, da parte
degli italiani che avanzano inesorabilmente. Il 29 maggio 1915, gli
italiani riescono tuttavia a conquistarne la cima. I tirolesi cercano di
riconquistarla con ripetuti attacchi.
Non ci riescono. Infatti, la cima del
Paterno è piccola e per riprenderla
si deve provare a scalare il monte.
Può farlo solo un piccolo gruppo di
uomini in modo da sorprendere gli
Alpini, appostati saldamente dietro
un muretto quasi ridicolo. L’unica
cordata che può avere un margine
di riuscita è la “Pattuglia Volante”
di Innerkofler. Sepp e i suoi iniziano la salita all’una di notte del 4
luglio 1915. Arrivano in cima ma
sono scoperti dai nemici che li respingono, con fucilate e lanci di
pietre. Sepp muore. “L’uomo caduto durante l’azione di pattuglia
sul Monte Paterno è la Guida Alpina Sepp Innerkofler…”. Questo il
dispaccio inviato il 4 luglio 1915.
Informava della morte di un mito
dell’alpinismo.
Le versioni della sua morte sono
tre, così riportate da articoli dell’epoca e/o libri recenti che trattano
la sua storia:
1) Sepp si erge dietro un sasso,
lancia tre o quattro bombe a mano,
delle quali forse solo una esplode.
Viene poi visto dai suoi compagni
colpito alla fronte precipitare con
un urlo giù per la parete e cadere
sulla ghiaia.
2) D’improvviso appare, dritta sul
muretto della vedetta della cima, la
figura di un soldato alpino - Pietro
De Luca del battaglione Val Piave
- campeggiante nel tersissimo cielo, alte le mani armate di un sasso,
rigata la fronte di rosso della prima bomba. «Ah! No te vol andar
Un piccolo contributo alla memoria della Grande Guerra, rivissuto
e attualizzato da Alessandra Panvini attraverso il ricordo di un
mito dell’alpinismo, apparente “nemico” ma a cui gli stessi alpini
riconoscono onore e gloria, e la propria esperienza personale
salendo quelle stesse rocce, il monte Paterno. Di Alessandra Panvini
via?». Prende giusto la mira, scaglia con le due mani il sasso! Il
Sepp alza le braccia al cielo, cade
riverso, piomba, s’incastra nel camino Oppel, morto.
3) scrive il figlio Sepp Jr: “… Mio
padre si mise a maneggiare il fucile e nello stesso tempo la mitragliatrice sulla Torre di Toblin
(austriaca) iniziò a sparare. Venne subito messa a tacere, ma era
già troppo tardi, perché all’istante
vidi mio padre scivolare giù per la
parete e giacere presso il camino
Oppel. All’esumazione sul Paterno (agosto 1918) non ero presente. Alla seconda esumazione nel
camposanto di Sesto ero presente
e vidi come la testa fosse perforata
diagonalmente dalla fronte verso
l’occipite. M’immagino che mio
padre si accorse che gli sparavano
addosso da dietro e che si voltò. Infatti, ho esattamente accertato che
l’uscita della pallottola avvenne da
dietro”.
Il 9 luglio l’Arciduca Eugenio
d’Asburgo conferisce a Sepp Innerkofler la medaglia d’oro al valor militare. Gli Alpini italiani recuperano la salma – esponendosi
al tiro nemico – e la seppelliscono
in vetta al Paterno come gesto di
stima. Egli deve giacere là, sulla
cima del Paterno, per la quale e
sulla quale è morto. Pongono sulla
sua tomba una lapide con la scritta:
“Al morto re delle Dolomiti, i suoi
nemici!” Alla fine della Guerra, le
spoglie di Sepp vengono traslate
nella tomba di famiglia, nel cimitero di Sesto. La notizia della morte di Innerkofler addolora intensamente tutti gli ambienti alpinistici
del tempo, austriaci, tedeschi e
italiani. Pur essendo un fatto storico, diventa subito leggendaria. Il
21 settembre 1997 presso il rifugio
Drei Zinnen / Locatelli si inaugura
un cippo alla memoria di Sepp Innerkofler, alla presenza di Autorità
e convenuti. La storia di Sepp Innerkofler è tragica, come solo una
morte in guerra può essere. Fonte
Dida
d’insegnamento per chi ha ancora
un barlume di senso dell’onore e
del rispetto. I suoi nemici hanno
rischiato anch’essi la vita, pur di
recuperarne la salma e onorarlo da
morto: per cosa era stato da vivo
e per cosa aveva saputo affrontare
per tornare sul “suo” Paterno. Se le
sorti si fossero capovolte, lui e la
sua pattuglia avrebbero compiuto
lo stesso gesto.
Quando mi reco in Val Pusteria,
trovo sempre il tempo per andare
a rendergli omaggio nel piccolo e struggente cimitero di Sesto. Quest’anno, centenario dello
scoppio della Grande Guerra, ho
sentito come un mio personalissimo dovere il salire sul Paterno,
seguendo la salita classica, lo spigolo Nord Ovest (Wolf-Bolte). Nel
romanticismo dei miei desideri, mi
piaceva pensare che fosse l’esatta
via percorsa da Sepp nella fatidica
notte del 4 luglio. So bene che non
è così perché quella via porta la
data degli anni ’30 ma, su scalate
alpine di gradi relativamente bassi, i passaggi non sono quasi mai
così obbligati; perché non lasciarmi il dubbio che Sepp passò, magari per qualche metro, proprio da
lì? Telefono quindi al mio amico e
Guida Alpina (proprio come Sepp,
tirolese doc) Luis Strobl, che da
anni sopporta le mie titubanze e i
garbugli che solo io riesco a creare
sulle corde appena fatte passare…
Gli chiedo di allenarsi, ovviamente con ironia: quest’anno potrà
portarmi dove vuole a patto che
mi accompagni anche sul Paterno.
Il secondo da trascinare nell’impresa è già pronto: Jean Luc, un
caro amico che da Annecy – regno
del granito - viene apposta per arrampicare con noi su calcare. Luis
mi chiede il motivo di una richiesta così singolare; sul Paterno porta tanta gente ma dalla via Ferrata
delle Gallerie. Non sono molte le
guide che fanno vie di roccia su
quel monte e ancora meno i “clienti” che le richiedono. Rispondo che
posso ormai vantare un bel po’ di
passodopopassonews55
21
Rifugio Auronzo saliamo
alla forcella Lavaredo. Salutiamo
alcuni amici che gireranno a sinistra verso l’attacco dello Spigolo
Dibona alla Grande di Lavaredo
(per un attimo ci viene la nostalgia!). Proseguiamo verso il Paterno, è ancora l’alba. Gli ultimi 25
minuti per arrivare al vero e proprio attacco sono il solito sentiero
per capre ubriache e frana tutto, ah
che bello. Superiamo un canalino
ancora innevato, con qualche minima difficoltà, siamo all’attacco
già belli sudati. La via è a nord,
nord-ovest, quindi mentre indossiamo scarpette e tutto il kit da
bravo alpinista già capiamo che la
sensazione di calore dovuta allo
sforzo aerobico durerà il tempo
di fare un mezzo barcaiolo. Ok, ci
siamo. Luis attacca e se ne sale con
maestria invidiabile. Noi lo seguiamo concentrati. Il tiro offre roccia
fredda e poco compatta, bisogna
stare attenti a ogni appiglio e ogni
appoggio. È pericoloso. Io sono tra
il taciturno e il meditabondo, sento
che nell’aria c’è qualcosa.
Dal
scalate in queste zone. Lui sa bene
che ricerco via classiche, storiche, che non fanno curriculum e i
gradi che si misurano sono quelli
dell’importanza storica più che
degli strapiombi superati. Sono
il cliente ideale che dice sempre:
“portami dove vuoi - portami dove
sai che posso farcela” (come da
vecchio insegnamento, in alpinismo i gradi sono solo due: o passi
o non passi). Per questa volta, mi
dovrà accontentare: quest’anno si
sale al Paterno per ricordare tutti
i soldati che hanno combattuto su
quel fronte - da una parte e dall’altra - e per onorare un suo predecessore: il grande Sepp. Luis accetta,
non avevo dubbi. Conosce questi
monti meglio di chiunque altro e,
forse, il motivo per cui ho posto
una tale richiesta lo ha stimolato
e anche per lui sarà una scalata di
preghiera e memoria. Lui, un tirolese che non potrà mai sentirsi italiano (una cultura non si cancella
con un nuovo tratto di penna su
una cartina – parole sue e parole
giuste) arrampicherà con Jean Luc,
francese, che ha avuto un nonno
ucciso nella Grande Guerra sul
fronte di Francia ed una italiana,
che non ha alcun parente legato a
quei tragici momenti, ma che vive
profondamente il dovere del ricordo. Spiego a Jean Luc (con estrema fatica linguistica) - che mi ha
22 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
raggiunto a Dobbiaco - il perché
di questa scelta. racconto la storia
di Sepp e lo accompagno sulla sua
tomba. Ormai anche lui è entrato
nell’onda della rimembranza. Paterno : oui, définitivement.
È deciso. Il meteo non è da sotto-
valutare quest’anno; bisogna attendere il giorno giusto. Arriva. Sono
emozionata. La notte prima dormo
poco, scrivo un biglietto che lascerò nel libro di vetta. Preparo i ferri
del mestiere e decido che indosserò la mia giubba con distintivo
ufficiale di AE del CAI. Non ha
alcun valore fuori dal mondo CAI,
né io tengo particolarmente a vantarmi dei titoli conseguiti. Non so
perché lo faccio, mi voglio vestre
bene in segno di rispetto per la
simbologia di ciò che sto per compiere. Come se ci fossimo messi
d’accordo,Jean Luc si presenta con
la giubba del mio stesso colore!
Anche lui meglio vestito del solito.
Luis è invece sempre impeccabile,
porta la giubba con lo stemma di
Bergfuhrer. Così, noi tre, sembriamo una piccola pattuglia alpina,
se il paragone non risultasse irriverente. Come al solito, partiamo
prestissimo. In ambiente e su certe
pareti, poco frequentate e quindi
sporche, la regola è partire prima
per essere i primi (rimarremo comunque gli unici).
Quando in certi luoghi sono
accadute vicende particolari, resta
sospeso ed immanente il soffio del
ricordo, il peso opprimente di ciò
che è stato, lì. Provate ad andare a
Varsavia, dove c’era il ghetto o ad
Auschwitz/Birkenau... un disagio
nell’aria vi opprimerà fino a farvi
avere voglia di scappare via. I tiri
si susseguono e arriviamo a un terrazzino poco prima di un camino.
Ricordo anche una fettuccia che
mi pare si trovi in una posizione
che non serve alla progressione.
Mi sbaglierò, magari qualcuno
abituato alle falesie e alla sicurezza del trovare (anzi, dell’avere)
il chiodo sempre ad altezza testa,
è arrivato fin qui e poi ha desistito…? Il freddo gradisce la nostra
compagnia, non se ne va. Alle
soste Jean Luc ed io cerchiamo
di parlare, piano… Luis non gradisce che ci si deconcentri. Io mi
sento come in “Totò, Peppino e la
“Muore soltanto chi viene dimenticato”
Malafemmina” nella mitica scena
davanti al Duomo di Milano. Jean
Luc parla francese, solo quello. Io
l’ho studiato anni fa ma non sono
praticante. Finisce che mischio inglese, italiano, milanese, francese.
La conversazione è delirante, ma
ci capiamo lo stesso. Abbiamo imparato almeno i termini di base per
un nostro personalissimo dizionario francese – italiano per scalatori. Comunque il “Noio voulevon
savuar le barcaiol e me racumandi
tu tiens la corde bièn tirèe…” resta
un’antologia dell’arte di arrangiarsi. Arriviamo ai tre tiri finali che da
soli valgono la salita.
Un tiro è strapiombante ma non
difficile, un muretto è ostico ma
si fa. Dobbiamo spostarci sullo spigolo con un bel traversino
con spaccata nel vuoto in discesa
(i traversi, la mia passione). Sia-
mo ad un tiro lungo; la mia corda
è bloccata da qualche parte e Luis
non riesce a recuperarla né sente i
miei urli per avvisarlo. Jean Luc va
avanti fin dove riesce a farsi sentire e, sperando che Luis capisca il
suo linguaggio di cui sopra, spiega
la situazione. I due liberano la mia
corda, bloccata dal solito spuntone
ed io, molto ma molto delicatamente, supero il passaggio davvero
aereo e delicato. Da lì, mi volto per
guardare la Toblin, il Locatelli e il
mare di gente che ormai lo assale
(dopo 100 anni, in pace). Io non ci
credo ma, se dovesse mai esistere
un paradiso, spero sia esattamente
così o anche un po’ meno.
Mi fermo un minuto, ad asciugar-
mi gli occhi inumiditi o rischio di
non vedere gli appigli. La roccia
ora è più solida, il sole finalmen-
te ci viene a trovare. Mi arrampico bene, lo so… oggi sto andando
sull’onda della motivazione interiore. Arriviamo sulla caratteristica cresta orizzontale. Innerkofler
ci deve esser passato davvero, per
forza, chissà quante volte con i
suoi clienti o con amici. Vediamo
la Croce, siamo fuori. Luis ci attende con un sorriso che la dice
lunga sul perché abbia scelto di diventare una Guida. Io sono sicura
che oggi anche lui si sia divertito,
abbia pensato e onorato la memoria di chi, qui, ha perso la vita.
Nascondo la mia commozione e
inserisco il biglietto, scritto la notte prima, nel libro di vetta. Il mio
Bergfuhrer approva. Foto, foto e
foto… anche con l’immagine di
mia nonna Maria, morta da tempo,
nata proprio alla fine della Guerra,
nel 1917. Su ogni ascensione importante lei è con me. Iniziano ad
arrivare le orde di ferratisti dalle
gallerie. Meglio tornare giù, chiusi
nei nostri pensieri. Il tempo ci ha
regalato una finestra di sole e panorami.
Il testo del biglietto che si trova nel
libro di vetta è questo:
“È un dovere, per noi che ammiriamo queste cime spinti da puro
spirito estetico ed alpinistico, pensare almeno per un momento a tutti coloro che, 100 anni fa, proprio
qui combatterono e spesso non fecero ritorno a valle. Divise diverse
ma stesso coraggio, stesse paure,
stessa sorte. Nel vento, mi par di
ascoltare le loro voci…
Un pensiero speciale alla Guida
Alpina Sepp Innerkofler, morto sul
Paterno il 4.7.1915.
Agosto 2014”.
Un pensiero sul
libro di vetta
passodopopassonews55
23
Ciao Camillo
È andato avanti un grande dello sport. Tutto il PdP è onorato e grato
della sua amicizia.
gni volta che il consiglio PdP
si riuniva nella sede dell’ AreO
na, di solito il giovedì, Camillo
Camillo
e Luisa
nella sede
dell’Arena
un anno fa
veniva sempre a salutarci, cordiale, sorridente, gioviale e scherzoso. Non mancava mai all’appuntamento, ogni volta sempre più
curvo e affaticato ma con la sua
immancabile battuta milanese ravvivava subito l’atmosfera. Arrivava all’Arena alla guida del suo
scooter Scarabeo con lo spirito di
un baldanzoso giovincello, l’ultima volta che l’abbiamo visto è stato a settembre. Si era ripreso bene
da un brutto incidente in auto di un
paio di anni fa da cui era uscito con
le ossa rotte ma guardava sempre
avanti in modo positivo, ci diceva di aver fatto quest’estate delle
belle camminate in montagna e
sperava di poter presto riprendere
a correre e di farsi anche qualche
sciatina quest’inverno. Non mancherà certamente di farle, sulle
dolci colline del Paradiso dove le
piste sono perfette e la neve è sempre da verde stick.
A lui tutto il PdP è grato e ri-
conoscente per averci accolto nella
sede dell’Arena tre anni fa quando
ci siamo trovati in difficoltà, dovevamo lasciare la nostra vecchia
sede e non sapevamo dove andare. Grazie a quella sana e profonda
amicizia sportiva con Paolo Pozzi
e Enzo Vai, Camillo ci ha subito
aperto le porte della suggestiva e
accogliente sede del Fior di Roccia
che stiamo utilizzando per le riunioni del consiglio e per qualche
festa conviviale. Quando tre anni
fa gli ho telefonato per presentargli la nostra richiesta, mi ha detto
“Vediamoci alle 13 al campo XXV
Aprile, ne parliamo mentre facciamo una corsetta”. Così è stato e,
trotterellando, in due giri di pista
abbiamo trovato l’accordo. Grazie,
Camillo.
Camillo Onesti era un milanese
doc, nato nel 1926 a Porta Ticinese.
Sempre tirato, scattante, abbronza-
24 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
to come può esserlo chi passa metà
del suo tempo al sole dell’alta
quota, era l’essenza del moto perpetuo. Si allenava alla Montagnetta, dietro il centro sportivo XXV
Aprile, correva le maratone, girava
per Milano in motorino e, appena
poteva, se la filava in montagna, il
suo mondo. L’agonismo ce l’aveva
nel sangue. Il primo pettorale l’aveva messo a 5 anni, a Cuveglio,
nel Varesotto, dove andava in villeggiatura con i genitori. Una corsetta di paese. Corse campestri nel
periodo delle medie inferiori, calcio (stranamente come portiere),
finché a 16 anni aveva scoperto la
bicicletta e ci ha corso fino a 26,
quando ha fatto una scoperta che
lo ha poi tenuto legato per tutta la
vita, la montagna.
Da ciclista era forte in salita ma
non aveva sprint non tanto per una
questione organica, ma perché tirava sempre alla morte e quando
veniva il momento della volata
era cotto. Poi conobbe una compagnia di accademici del CAI che se
l’erano tirato dietro in montagna.
Una folgorazione. Da quel momento basta bici e solo montagna:
le Grigne, il Gruppo del Brenta, la
Valmasino d’estate, e corsa e sci di
fondo in inverno. Diplomato geometra, essendo impossibile trovare
lavoro a Milano nell’immediato
dopoguerra, si era improvvisato
impresario edile. Con mezza città
distrutta dai bombardamenti il lavoro non mancava alla squadretta di operai bresciani che aveva
messo insieme e nell’edilizia ci
sarebbe rimasto fino a 67 anni. Ha
imparato a sciare e ha cominciato
a sfogare il suo spirito competitivo
nelle prime gare con il Fior di Roccia, la società leader a Milano nello sci e nella corsa e la montagna,
della quale è stato presidente fino
all’ultimo. Ma il meglio Camillo
l’ha dato come dirigente sportivo,
prima nel Comitato Alpi Centrali
poi nella FISI quando Gattai gli offrì nell’86 la direzione agonistica
del fondo femminile che guiderà
fino al 2000.
Onesti costruì la più forte squadra che il fondo azzurro abbia mai
avuto facendo coesistere due leonesse come la Di Centa e la Belmondo ma valorizzando anche la
Dal Sasso, la Paruzzi, la Vanzetta
e portando all’Italia titoli olimpici, mondiali e Coppe del Mondo.
Anche l’atletica gli deve molto, fu
l’ideatore oltre 40 anni fa insieme a
Renato Cepparo, della Stramilano,
popolarissima non solo tra i campioni ma che richiama a correre per
le strade della città 50.000 persone.
Adesso, non c’è dubbio, Camillo
starà discutendo con San Pietro
come lanciare la Straparadiso.
SKIROLL
Si fa skiroll a Sesto
Da settembre è accessibile per lo skiroll la pista del centro sportivo
Manin di Sesto S. Giovanni, frutto di un ottimo lavoro di squadra tra
il Gruppo Sportivo Alpini e il PdP.
inalmente ce l’abbiamo fatta. Dopo una lunga e
paziente trattativa con il Comune di Sesto S. GioF
vanni durata almeno un paio d’anni, è stata concessa
l’autorizzazione all’utilizzo per gli skirollisti della pista di atletica del Centro Sportivo Manin. Dobbiamo
dire grazie al Gruppo Alpini di Sesto, in particolare
al suo presidente Luigi Ponti, ad Enrico Gottardi e
da parte nostra a Paolo – Dameno Sport e ad Alberto
Gandolfi, che si sono prodigati in un lavoro oscuro
e non facile per destreggiarsi nei meandri delle carte
e delle regole comunali. L’autorizzazione per il momento è concessa il mercoledì dalle 17 alle 19 e il
sabato mattina ma l’importante era cominciare, poi da
cosa nasce cosa.
La pista in tartan, praticamente inutilizzata da anni,
fiancheggia il campo di rugby della squadra di Sesto
che necessitava di lavori di manutenzione impedendo
quindi, per una questione di sicurezza, l’accesso all’
l’impianto. Adesso tutto è a posto.
Il fondo in tartan è buono, c’è qualche piccola crepa
e qualche ciuffetto d’erba, un ottimo spunto per fare
un po’ di cambi di direzione. Lo sviluppo della pista è
di 400 metri ma girando larghi se ne fanno 440 e chi
l’ha provata assicura che è davvero allenante sia per
le braccia che per le gambe, non c’è confronto con
l’asfalto, qualcuno dice che equivale a un 3 – 4% di
salita. Poi la presa dei puntali è garantita, non si perde
un colpo e se per caso, malauguratamente si inciampa
(non capita quasi mai ma qualche volta può succedere), si cade su un fondo elastico e non sul duro.
sestesi, anche dai milanesi, molto vicina all’uscita Cologno Sud della tangenziale est, in via Manin appunto.
Sembra dunque terminato il girovagare degli sparuti
skirollisti milanesi negli ultimi anni alla costante ricerca di un luogo decente, sicuro, senza macchine, facilmente accessibile. Siamo passati dal piccolo centro
sportivo Sporting del S. Raffaele, al lugubre parcheggio del cimitero di Lambrate, al frequentato (in tutti i
sensi) Parco Lambro, l’appuntamento settimanale con
gli amici era sempre atteso, ovunque fosse.
Ci risulta che qualcuno del PdP sia interessato a questa novità, spargiamo la voce, vi aspettiamo per allenarci insieme e, perché no, anche per fare due chiacchere in compagnia mentre si gira.
Adesso, forse, avremo un po’ di pace, abbiamo un
punto fermo al centro Manin, con la speranza che
duri. Lui e noi.
Una condizione molto favorevole è la posizione del
centro sportivo, comodo da raggiungere, oltre che dai
Skirollisti
degli Alpini
di Sesto
e del PdP
passodopopassonews55
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CONCORSO
Fotografondo
Grande successo del nostro concorso “Fotografondo estate”
con una trentina di scatti e numerosa partecipazione alla votazione.
La foto vincente è quella di Fabio Soresi che si merita la copertina
del nostro giornalino, salgono sul podio anche “Dalle gallerie Paterno”
di Alessandra Panvini e “La stella alpina”, sempre di Fabio.
Ad agosto nonostante tutto
prima classificata,
di Fabio Soresi
Stella alpina
terza classificata,
di Fabio Soresi
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Dalle gallerie Paterno
seconda classificata,
di Alessandra Panvini
Il nostro nuovo coprituta
Anche noi finalmente abbiamo uno splendido coprituta sociale,
giubbino e pantalone, supertecnico ed elegante da usare per allenamenti
e riscaldamento pre gara. Pare che il tessuto utilizzato sia in grado di assorbire
la fatica prelevandola dai muscoli, non per niente il nostro fornitore si chiama
Energia Pura. Provare per credere. A cura di Paolo Pozzi, “Dameno Sport”
Il pantalone è il modello Oslo a salopette,
stesso tessuto nella parte anteriore, nella
parte posteriore il tessuto è Termo Drytex
elasticizzato, idrorepellente. Zip completa
su entrambe le gambe per indossare
o togliere il pantalone senza togliere le
scarpe. Nessun logo. Colore: blu e nero.
Il giubbino è il modello Lathi in tessuto
Windtex Full elasticizzato, anti vento,
idrorepellente, con zip completa sul
davanti, due tasche con zip. Logo PdP
ricamato sulla schiena e logo Dameno
Sport sulla spalla anteriore sinistra.
Colori: giallo e blu.
passodopopassonews55
27
FISI
I nostri punti FISI
Il gruppetto dei punteggiati PdP resiste e si fa onore. Perdiamo
Alberto Calegari dopo un lungo e onorato servizio in FISI,
compensato dalla new entry
Alessandra Panvini a cui auguriamo
una duratura permanenza. Andando
in controtendenza rispetto agli
ultimi anni, in diversi si migliorano
(BRAVI!). I nostri primi della classe
sono i fratellini Mauri con Enrico
e Luisa. Lei continua a crescere
e occupa la posizione assoluta 35
nel ranking nazionale, niente male.
COGNOME
NOME
COD. ATLETA
FISI 2014
FISI 2013
BATTAGLIA
Stefano
148RJ
462,65
426,65
BIANCHINI
Giorgio
0DMTE
487,17
528,80
CALEGARI
Alberto
4HAEF
0
599,80
CALEGARI
Sara
4HAEE
257,99
227,99
CAMNASIO
Erica
86H0K
444,48
408,48
CARCANO
Alessandro
3WHNL
182,49
158,49
CARCANO
Silvio
3WMY0
308,03
312,63
CITTERIO
Marco
3X35N
513,99
463,99
COCCIOLETTI
Piero
81FHX
551,90
578,28
FRIGERIO
Ortensio
4H5YF
471.91
496,75
INGRILLI’
Gianluca
3E7H2
328.29
298,29
MAURI
Enrico
02KX8
157.65
173,14
MAURI
Maria Luisa
4H7DT
85,20
87,64
MECIANI
Lorenzo
81FTE
446,58
410,58
PANVINI
Alessandra
M083A
482,48
0
POZZI
Andrea
0DL0C
433,52
397,52
SORESI
Fabio
04WRJ
263,39
269,09
VANZAN
Roberto
4L78F
580,92
530,92
28 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
In grassetto le gare raccomandate
Tipo
RQ S - RQ G
CR S - CR G
CR S - CR G
CR S - CR G
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
CI CIT MAS
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
LIBERA
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
CIT MAS
CIT MAS
CIT MAS
LIBERA
RQ S - RQ G
CI CIT MAS
CI CIT MAS
LIBERA
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
CI CIT MAS
CI CIT MAS
RQ S - RQ G
RQ S - RQ G
GARA SOCIALE
Data
28-Dec
4-Jan
5-Jan
6-Jan
11-Jan
11-Jan
11-Jan
18-Jan
18-Jan
18-Jan
24-Jan
25-Jan
25-Jan
1-Feb
1-Feb
1-Feb
1-Feb
7-Feb
8-Feb
8-Feb
8-Feb
21-Feb
22-Feb
22-Feb
1-Mar
1-Mar
7-Mar
8-Mar
15-Mar
29-Mar
22-Mar
Km. F
5
5
5
5
5
15
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
10
5
5
5
10
5
5
5
15
5x3
5
7,5
Km. M
10
10
10
10
10
30
10
7,5
10
10
10
10
10
10
10
10
10
15
10
10
10
15
10
10
10
30
7.5 x 3
10
15
Località
Devero
Valdidentro
Valdidentro
Valdidentro
Roncobello
S. Michele Formazza
Folgaria
Cunardo
Schilpario
Val Formazza
S. Maria Maggiore
Conca dell’Alben
Piana di Gaver
Brinzio
Clusone
Val Sozzine
Ceci le Vallette
Folgaria
Folgaria
Schilpario
Ceppo Morelli
Vermiglio
Vermiglio
Val Vigezzo
Roncobello
Chiesa Valmalenco
Passo Coe
Passo Coe
Piani di Bobbio
Piani di Bobbio
Riale
sc roncobello
ski pool brianza
sc folgaria
sc folgaria
sc lissone
sc comunita’ montana valsassina
passo dopo passo
sc valle anzasca
sci fondo val di sole
sci fondo val di sole
sc valle vigezzo
sc valserina
sc bagolino
sci nordico varese
sc 13 clusone
sc adamello av
sc bobbio
gronlait orienteering
sc terme euganee
Organizzazione
sc antigorio
sc alta valtellina
sc alta valtellina
sc alta valtellina
sc roncobello
sc formazza
gronlait orienteering
sc cunardo
sc schilpario
Il calendario delle gare FISI 201 - 2015
passodopopassonews55
29
Denominazione
memorial attilio giboni
campionato regionale
campionato regionale
campionato regionale
trofeo nikolajewka
trofeo crosetti
camp. it. citt. mas. granfondo
trofeo ilop
trofeo togni
criterium brianza
trofeo s. silvestro
trofeo angela e maurizio
memorial cosi laura
memorial ivo baraldi
tr. città di clusone
trofeo altavalcamonica
trofeo reposi
trofeo del barba
trofeo euganeo
criterium brianza
trofeo sc valle anzasca
camp. it. citt. master
camp. it. citt. master
criterium brianza
tr.veterani sportivi e valerio milesi
coppa gigi mariani-coppa Lombardia
camp. it. citt. mas. granfondo
camp. it. citt. staffetta
trofeo mariani-coppa Lombardia
coppa valsassina-coppa Lombardia
TL
TL
TL
TL in linea
TC
TC
TL
TL in linea
TC
TL
TL in linea
staffetta mix
TL
TL
staffetta TL
TL
TL
TC
TC
TC in linea
TC
TL
TL in linea
TL hr 15:00
TC
Tecnica
Gimkana
Le nostre Granfondo
Il calendario è ricco e vario con qualche novità per renderlo sempre
più interessante. Chi avrà modo di collaudarle, ci faccia sapere
come è andata, a beneficio degli amici PdP.
Data
Denominazione
Località
Distanza
Tecnica
12.12.2014
La Sgambeda Marathon
Livigno
42
TL
13.12.
Pro Team Tempo
Livigno
15
TC a squadre
14.12
La Sgambeda Classic
Livigno
42
TC
21.12.
Turmasi
Vermiglio
22
TL
11.1.2015
Pustertaler Ski Marathon
Dobbiaco
60
TC
11.1.
Monterosalauf
Gressoney St. Jean
30
TL
17.1
Millegrobbe
Lavarone
10
TC a cronometro
18.1
Millegrobbe
Lavarone
40
TC
18.1
Promenade Valle Stura
Vinadio
45
TL
4.2
Moonlight Classic
Alpe di Siusi
20 - 36
TC
22.1
Lavazeloppet
Passo Lavazè
22
TC
25.1
Marcialonga
Val Fiemme e Fassa
70
TC
1.2
Comelgo Loppet
Padola Comelico
42
TC
1.2
Granfondo Val di Vizze
Val di Vizze
25-42
TL
4.2
Moonlight Classic
Alpe di Siusi
15-30
TC
7.2
Dobbiaco - Cortina
Dobbiaco
30
TL
8.2
Cortina-Dobbiaco
Cortina
42
TC
7.2
Marciagranparadiso
Cogne
25 - 45
TL
8.2
Marciagranparadiso
Cogne
25 - 45
TC
14.2
Granfondo Val Casies
Val Casies
30 - 42
TC
15.2
Granfondo Val Casies
Val Casies
30 - 42
TL
21.2
Marciabianca
Enego
25 - 50
TL
1.3
Granfondo Val Ridanna
Val Ridanna
25 - 42
TL
13.3
Campi di Battaglia
Gallio
25
TL a squadre
30 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5
News
ISCRIZIONE ALLE GARE FISI
Si devono fare entro il giovedì sera:
- con mail a: [email protected]
- con SMS o chiamando il 331 7214227.
Si ricorda che le iscrizioni per tutti
i soci alle gare FISI (escluse le Granfondo) e al Criterium
della Brianza sono a carico del PdP.
Attenzione!
Se ci si iscrive ad una gara e poi non si partecipa, la quota
di iscrizione deve essere rimborsata alla società.
TESSERAMENTO FISI E PDP
Chi è interessato alla tessera FISI deve farne richiesta
alla società entro dicembre, sempre via email o cellulare.
Dopo la festa del 29 novembre le tessere sono disponibili
presso DAMENO SPORT – viale Affori,11 – Milano.
Per il versamento della quota sociale è possibile (e raccomandabile) fare un bonifico con IBAN IT 35 W 05428
01602 0000000 19791 intestato al nostro tesoriere
Alessandro Carcano.
AGENDA DELLO SCIATORE
Il link per vederla www.fisi.org/federazione/agenda.
WEEK END AD ASIAGO
Il Criterium della Brianza il 28 febbraio e 1 marzo organizza
un fine settimana sciistico sulle piste di Campomulo,
pernottamento ad Asiago.
Sul sito del Criterium tutte leinformazioni.
MONDIALI MASTER IN RUSSIA
Si svolgeranno dal 14 al 20 marzo 2015, a Syktyvkar capitale
della Repubblica di komi, 1400 km oltre Mosca.
Non sono proprio fuori porta, ma come sempre il PdP sarà
presente con qualche suo degno rappresentante che non mancherà di farsi onore.
SKIPASS DI MODENA
È stato presentato allo
Skipass di Modena,
tradizionale rassega di
inizio stagione dello sci,
il nuovo “Manuale di
allenamento per lo sci
di fondo” scritto dalla
Scuola Tecnici Federali
Coni. Duecento pagine che coprono tutti
gli aspetti dello sci di
fondo:dalle caratteristiche della disciplina ai
principi dell’adattamento
e dell’allenamento, ai
principi metodologici, alla determinazione dell’intensità di
allenamento e della classificazione dei mezzi di allenamento,
allo sviluppo delle capacità motorie fino all’organizzazione
e costruzione del processo di allenamento. Il libro costa 50
euro, per informazioni scrivere a [email protected]. Il PdP
era ovviamente presente a Modena con una sua inviata speciale e con il nostro giornalino in bella vista.
Arena Civica
viale Repubblica Cisalpina, 3
20154 Milano
Telefono 331 7214227
Fax 02 2629 760
www.pdponline.it
[email protected]
CONSIGLIO DIRETTIVO
Piero Radovan Presidente
Fabio Soresi Vice Presidente
Alessandro Carcano
Luca Ingrillì
Luisa Mauri
Alessandra Panvini
Paolo Pozzi
Hanno contribuito a questo pdpnews:
Bianchini Giorgio
Carcano Silvio
Camnasio Erica
Ingrillì Luca
Meciani Lorenzo
Panvini Alessandra
Pozzi Paolo
Radovan Piero
Soresi Fabio
Progetto grafico: ’48
Impaginazione: Giulia Bertotti
Novembre 2014
“All’uomo che soffre, Dio non dona
un ragionamento che spieghi tutto,
ma offre la sua risposta nella forma
di una Presenza che accompagna”.
Papa Francesco
Buon Natale a tutto il PdP!
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31
Marchi e Loghi - Depliant
Modulistica - Cataloghi
Pubblicità - Packaging
Siti internet - Allestimenti
[email protected] - www.quarantotto.it