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passodopopasso news www.pdponline.it Ad agosto nonostante tutto 55 53 EDITORIALE Il Trittico chiude on è una bella notizia. Il Trittico non ce la fa più ad andare avanti e chiude i battenti. Era una manifestazione molto familiare a noi del PdP, eravamo affezionati N a quelle tre gare autunnali collegate tra di loro con un simpatico e stimolante mecca- nismo che portava a concorrere a tutte e tre, la nostra corsa di Sormano 1000, il cross del Parco di Monza e la gara di Skiroll della Colma. Serviva per risvegliare dal letargo estivo il sopito ardore agonistico, era una occasione per rivedere e salutare in anteprima gli amici-avversari e per cominciare a prendere le loro e le nostre misure con tempi e classifiche. Il Trittico aveva una lunga storia datata almeno da 25 anni che il PdP aveva contribuito a far nascere, Enzo ne sa qualcosa, mettendo in comune con altre società dello sci nordico il desiderio di promuovere lo sci di fondo provinciale soprattutto a livello giovanile, per cui si è “inventata” la formula di raggruppare i risultati delle tre gare con una classifica finale a se stante che designava il miglior atleta skirollista e corsaiolo. La FISI stessa aveva poi ritenuto interessante questa idea e si era proposta come pro- Piero Radovan motrice dell’iniziativa dando un ulteriore lustro e stimolo alla partecipazione. Poi cosa è successo? È successo quello che sta succedendo a tutto il mondo dello sci di fondo italiano (e mi azzardo a dire a tutto lo sport in generale) da qualche anno a questa parte. Interessa poco e quindi è praticato sempre meno, i giovani e i meno giovani sono allettati da altro, chi ha più voglia di far fatica? Sono bombardati da altri modelli, da altri miti fatti di comodo, di “faccio quello che mi pare e piace”. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ragazzi, giovani, adolescenti il sabato e la dome- nica hanno in mente ben altro che correre, sudare e faticare. E gli effetti sul Trittico ne sono stati una conseguenza lampante, proprio le categorie giovanili, quelle per cui era stato pensato inizialmente, hanno cominciato a disertare la partecipazione alle gare: allievi, aspiranti, juniores sia maschili che femminili, si sono rarefatti come neve al sole, in taluni casi senza nessun partecipante. Che tristezza. Le tre gare che facevano parte del Trittico rimarranno vive come singole manifestazioni, almeno così si spera, ma ciascuna farà la sua strada. Il problema vero non è il Trittico che chiude, sono i giovani che stanno perdendo il senso e il gusto della bellezza dello sport come elemento portante di una sana costituzione umana fatta di corpo e di anima. È vero che i ragazzi sono sempre più figli del mondo e della sua mentalità edonistica ma è pur vero che, almeno nella maggioranza dei casi, vivono in una famiglia, hanno dei genitori da cui, poco o tanto, imparano, vengono educati. E qui salta fuori l’altra grossa questione: che tipo di educazione sportiva respirano tra le mura domestiche, se guardano a mamma e papà cosa vedono? Persone attive, positive, costanti nel praticare uno sport qualunque esso sia, o persone col telecomando in mano, dal lamento facile, frustrate, indifferenti, preoccupate solo di barcamenarsi alla meno peggio? I nostri ragazzi sono figli per metà del mondo e per l’altra metà della famiglia, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Non solo avremo sempre meno sportivi ma avremo sempre meno uomini veri. Ho l’impressione che quì al PdP siamo come all’ultima spiaggia, stiamo subendo l’attacco finale, aiutiamoci a resistere finchè possiamo. 2 passodopopassonews55 24 Sommario 4 Mille grazie a Sormano 1000 5 I migliori del PdP 6 Parata di campioni alla Colma 7 Attenti agli orari! 8 I nostri giovani triatleti crescono 10 Andata e ritorno 11 Sull’Adamello con Giovanni Paolo II 12 Una vacanza indimenticabile 14 Sulla via Lauretana 15 Grazie Armin 16 Sempre più sù 18 La mia coppetta 20 Sepp, la montagna, la guerra 24 Ciao Camillo 25 Si fa skiroll a Sesto 26Fotografondo 27 La nuova tuta 28 Punti Fisi 6 29 Calendario Fisi 30 Calendario Granfondo 31 News 5 10 passodopopassonews55 3 GARA SOCIALE Un momento della premiazione dei piccoli Mille grazie a Sormano1000 Ancora una volta ci è stata regalata una splendida giornata di sole, di amicizia e di sport genuino. omenica 19 ottobre si è svolta la nostra gara di corsa in D montagna a Sormano 1000. Le premesse non erano delle migliori, alcuni nostri soci che nelle precedenti edizioni avevano gareggiato e/o prestato un’importante opera di assistenza e lavoro sul campo, causa condizioni fisiche non ottimali, hanno dovuto dare forfait. Non ultimo, si temeva l’impatto sulla partecipazione del posticipo della gara di skiroll Ballabio-Resinelli in sovrapposizione di data, così come il mancato effetto-traino del Trittico. Il morale quindi del consiglio direttivo pre-gara, era un po’ preoccupato per la riuscita della manifestazione. Invece, la buona sorte dei fondisti ci ha dato una mano regalandoci una bella giornata di sole, con temperature ideali e con un buon afflusso di concorrenti di ogni età, alcuni nostri ospiti per la prima volta. Quelli tra noi presenti sono riusciti a sopperire ai soci mancanti con forte spirito di squadra ed entusiasmo. Luca Ingrillì ha seguito da neofita esperto la parte informatica, poi si è tramutato in un preparatissimo speaker. Luisa Mauri e Paolo Pozzi hanno gestito la distribuzione dei pettorali e le iscrizioni. Luisa ha anche organizzato la premiazione con i pacchi premio (per tutti i concorrenti) e le coppe. Donato Carcano e Mara Rigamonti hanno svolto 4 passodopopassonews55 con precisione il compito di giudici di arrivo. Marco Emanuelli ha monitorato i passaggi al giro di boa insieme a Ortensio Frigerio. Ivano Bergamaschini, un amico del PdP, ha ritirato i pettorali ai concorrenti alla fine della fatica. Enzo Vai e signora si sono preoccupati di dar da bere agli assetati dopo il traguardo e nella gestione del buffet post gara, Enzo ha dimostrato di avere formidabili doti da barista nel preparare i caffè. Gigi Meroni, grande sponsor, si è dato da fare a premiare i migliori. Marco Pea e Alessandra Panvini hanno svolto bassa ma utilissima manovalanza dove richiesta. Particolare menzione anche per coloro come Stefano Battaglia, Enrico Mauri, Alessandro Carcano, Luca Ingrillì (ancora lui!) e il sempre presente Enzo che si sono prestati a organizzare il percorso di gara il giorno precedente. Quando si è al “via” e si corre trovando tutto fatto, a volte non ci si rende conto del lavoro che sta a monte e, trattandosi di una corsa in montagna… è proprio il caso di dirlo! Insomma, tutto è andato molto bene, tutto ha funzionato a meraviglia (ad esclusione dell’ambulanza che è rimasta inoperosa) e si sono visti soltanto sorrisi e facce soddisfatte. Dopo le fatiche fisiche, un mo- mento di elevazione religiosa con la Santa Messa preparata da Luisa Frigerio con don Bassano puntualmente presente. Celebrata all’aperto, in un ambiente così armonioso, tra amici, sotto un cielo azzurro ottobrino, la spiritualità aleggiava tra i fedeli. Poi, gambe sotto al tavolo – chi fuori al sole e chi dentro al fresco – gozzovigliando tra insalate di pasta, formaggi, salumi, pane fatto in casa, frittate e dolci a volontà… e naturalmente ottimo vino in abbondanza. Tra i tavoli si potevano ascoltare di tutto, racconti di vacanze appena trascorse, malanni e acciacchi ormai all’ordine del giorno tra gli over 40, barzellet- te, programmi per le gare future, i prossimi allenamenti con skiroll o a piedi, in attesa che Madre Natura ci regali un altro inverno pieno di neve come quello passato. Si ma, e la competizione? Alcuni tra i nostri hanno ottenuto ottimi piazzamenti (le classifiche sul nostro sito) e tra le società il PdP ha primeggiato, facilitato forse dalla limitata partecipazione dei tradizionali amici-rivali, i Camosci di Seregno. Due citazioni del tutto speciali: per il nostro Davide Ingrillì, categoria Allievi, che nei suoi due giri ha seguito come un’ombra lo stravincitore Andrea Pozzi. E per i tre partecipanti della famiglia Pozzi, tre ori. Per tutti la grande soddisfazione di aver concluso la gara, ciascuno secondo le proprie capacità, ricordiamoci sempre che: “Per vincere bisogna rischiare di perdere…” Un piccolo e graditissimo riconoscimento l’abbiamo ricevuta da un messaggio inviatoci da una famiglia partecipante, da solo ci ha abbondantemente ripagato di tutte le fatiche. A nome di tutti i componenti della mia famiglia desidero ringraziarvi per la bellissima mattinata che ci avete permesso di trascorrere ieri in occasione dell’evento Sormano 1000. È la prima volta che partecipiamo a tale evento e non mancheremo di farne pubblicità positiva presso parenti e amici per assicurare una partecipazione ancora più numerosa nella prossima edizione. Un grazie particolare al signor… e alla sua consorte signora… che hanno permesso a me e a mio marito di partecipare entrambi alla manifestazione, offrendosi da “nonni adottivi” per i nostri figli! I migliori del PdP Un po’ di vetrina per chi è salito sul podio nella “nostra” gara. Splendida giornata di sole per un picnic Baby M 3°- Dozio Niccolò Master 40 1°- Pozzi Andrea Cuccioli F 1°- Citterio Emma Master 50 2°- Battaglia Stefano Ragazzi F 1°- Pozzi Alice Master 60 2°- De Nitto Giuseppe Ragazzi M 1°- Pozzi Pietro 3°- Ingrillì Davide Master 70 1°- Radovan Piero Senior M 2°- Carcano Alessandro Dame C1 1°- Mauri Luisa 3°- Panvini Alessandra Premiazione dame C1, prima classificata Maria Luisa Mauri Emma Citterio, prima classificata categoria Cuccioli femminile Mara, Donato e Luca stilano la classifica finale Santa Messa passodopopassonews55 5 SKI ROLL Parata di campioni alla Colma Tutti presenti i nostri skirollisti alla gara di fine stagione. Davide Ingrillì Luca Ingrillì Andrea Pozzi Carlo Nirni Emma Citterio Pietro Pozzi Alessandro Carcano Angelo Fraschini Alice Pozzi 6 passodopopassonews55 LE COMICHE Attenti agli orari! La disavventura di Giorgio Bianchini è un monito per tutti noi. Di Giorgio Bianchini osa fa un fondista in crisi di astinenza da neve? Ski roller C da aprile a novembre, ottimo sur- rogato…e cosa fa uno sciatore che ha nostalgia della scivolata e di un pettorale? In completo spirito decubertiano partecipa a competizioni che si dividono in gare in piano e in salita, già... salita, promozionali e coppa Italia Fihp. E ogni gara è un’avventura, iniziamo. Gara pomeridiana del sabato su uno dei tanti stupendi pendii delle nostre prealpi, leggo sul volantino: partenza 16.30, facciamo conto, mio figlio ed io, di essere lì un’ora prima, alle 15.30, così è. È la prima volta che partecipo a questa gara, non conosco il percorso. Arrivati in partenza vediamo già grande frenesia, mah... il tempo per trovare il parcheggio, vado a ritirare i pettorali, gli addetti mi guardano stralunati, con un filo di imbarazzo “guardi che la partenza è tra pochi minuti” - “ma come, non è alle 16.30?”- “no, la partenza in paese è alle 16.00 e la prepartenza alle 15.45”. Pre-partenza? Sono veramente confuso, non capisco. In affanno torno alla macchina, Alessandro è già pronto, gli spillo il pettorale e parte, lo vedrò solo all’arrivo, io mi muovo qualche minuto dopo a seguito di tutte le operazioni necessarie. Passo la linea della pre-partenza, non c’è più nessuno, gli addetti stanno già smontando gli striscioni. Il vialone largo, diritto e in leggera salita mi induce a partire al (mio) massimo per cercare di arrivare alla partenza vera e propria in tempo, la gente sui marciapiedi mi guarda male. Dopo tre chilometri il viale si trasforma in una stradina stretta in discesa…incomincio a preoccuparmi, però mi dico: “se alla fine spiana, dovrei essere in grado di gestirla”, la discesa non finisce anzi... cerco di frenare, vedo i puntali dei bastoncini fare letteralmente scintille sull’asfalto, in fondo alla discesa c’è una bella curva decisa a 90°... in tre secondi decido, mi butto per terra cercando di atterrare con il fondo schiena, sono fermo in mezzo alla strada (aperta al traffico), sento un po’ di bruciore al fianco, al malleolo della caviglia e al braccio, mi rialzo, grazie a Dio nulla di rotto, finisco la discesa a piedi, rimetto i roller, passo la partenza, uno mi dice: “Ehh cosa fa qua? Saranno partiti da almeno 5 minuti”. Tra me e me un turbinio di pensieri, tra cui: “Forse adesso capisco il perché della pre-partenza”. Risalgo la colonna di macchine in coda, mi sembra di essere un ciclista al Giro che cerca di tornare in gruppo dopo aver forato, passo qualche concorrente, uno mi fa: ” Ma cosa fai qui così fresco?”“Sono partito in ritardo, ma la partenza non era alle 16.30?” - “No, cosa dici, alle 16”. Salendo mi dò sempre più del pirla “Ma come c… ho fatto a leggere male il volantino? Chissà cosa dirà Alessandro e gli altri, basta, sono vecchio, è meglio che me ne stia a casa, proprio oggi che avevamo il tifo, mio fratello e la sua famiglia devono essere su qualche tornante”. In qualche modo arrivo, si fa avanti uno sconosciuto (grazie!) che mi dice “Beh, sei venuto su bene visto che sei partito in ritardo, in effetti la partenza è stata anticipata di mezz’ora” - “cosa? Grazie mille!”. Allora avevo ragione io! “Dov’è la giuria?”, arrivo a parlare con un suo componente e ne scaturisce un, come si dice? proficuo, franco e intenso scambio di opinioni al termine del quale sono stato “caldamente” invitato a starmene a casa l’anno prossimo. Nel frattempo ritrovo mio fratello e Ale che mi fa “Guarda un po’ quà” uno sbrego sanguinante sulla coscia, mi tocco la mia, mi accorgo solo ora che ce l’ho anch’io e anche sul gomito e sulla caviglia, poi mi fa “e questa?” scarpa rotta, guardo la mia, anche lei rotta, morale: ab- Giorgio Bianchini ha caldo biamo fatto esattamente le stesse cose nella discesa! Solo adesso mi ricordo di andare all’ambulanza a farmi medicare. Premiazioni: torno sull’argomento “partenza anticipata” con un altro membro dell’organizzazione, hanno dovuto anticipare la partenza su pressante richiesta della Questura, al chè gli ho suggerito di mettere sul prossimo volantino un “orario sicuro” che possa essere, nel caso, posticipato ma non anticipato. Alla fine ci hanno consegnato due bei marsupi con borraccia incorporata, non ho capito se come premio di partecipazione o di consolazione, in ogni caso mi ha fatto molto piacere. L’anno prossimo? Chissà, a Dio piacendo. Per completezza di informazione su 4 gare che ho frequentato dopo ferragosto: la prima ha avuto partenza regolare, la seconda descritta con mezz’ora di anticipo, la terza rinviata un’ora prima della partenza per pioggia (che non è arrivata), la quarta con un’ora di ritardo, quindi... attenti agli orari e non solo a quelli! passodopopassonews55 7 SETTORE GIOVANILE I nostri giovani triatleti crescono Fortissimi d’inverno con lo sci di fondo, fortissimi d’estate con il nuoto, la bici e la corsa. Il segreto dei nostri 4 giovanissimi? Stanno bene insieme e si divertono. Di Luca Ingrillì rmai la trama è sempre la stessa, fondisti d’inverno, triatleti O d’estate. Accantonati gli sci stretti i nostri quattro moschettieri sono subito pronti ad affrontare l’impegnativo calendario della multidisciplina, forti dell’ottima preparazione costruita anche sulle piste innevate, con la differenza che nel triathlon hanno la possibilità di esprimersi al meglio e senza timori riverenziali da cittadini. Davide Ingrillì Quest’anno in particolare Davide, il più grande del gruppo, si è trovato a fare da apripista nel mondo dell’agonismo vero e proprio con l’ingresso nella categoria “Youth A” che prevede il raddoppio delle distanze di gara con un massimo di 400 mt. di nuoto, 10 km di bici e 2.5 km di corsa. Dopo un’annata 2013 straordinaria, con ben 11 vittorie e un secondo posto, la quinta piazza nel primo duathlon interregionale di aprile, nonostante la consapevolezza di avere a che fare con i più grandi, è dura da digerire. Ma lo sport insegna che non bi- sogna mai arrendersi, e così dalla seconda gara in poi Davide riuscirà ad inanellare una lunga serie di risultati positivi, con in particolare due titoli regionali rispettivamente di aquathlon e triathlon, culminata nel secondo posto dei campionati italiani di aquathlon svoltisi a giugno a Porto Sant’Elpidio nelle Marche, bissato dal secondo posto dei campionati italiani di triathlon svoltisi a luglio in quel di Levico Terme in Trentino. La costanza di risultati lo porterà inoltre a giocarsi la vittoria nel circuito di Coppa Italia in occasione della finale di Campogalliano a fine settembre. Questa volta la vittoria gli sfu- girà davvero di un soffio. Partito bene nella frazione natatoria e dopo aver tentato una fuga a due nella frazione ciclistica, si troverà spalla a spalla col diretto avversario della classifica generale agli ultimi cento metri della frazione podistica. Lui che velocista proprio non è riuscirà comunque a piaz- zare un’avvincente volata, persa purtroppo sul filo di lana per soli settanta centesimi. Dovrà quindi “accontentarsi” di un altro secondo posto anche in Coppa Italia. Insomma, un 2014 senza dubbio al di sopra delle migliori aspettative. Ma a ruota del più grande del gruppo abbiamo gli altri tre più giovani moschettieri, quest’anno ancora nellacategoria “ragazzi”. Per loro gli appuntamenti principali del 2014 erano le gare nazionali di Acqui Terme, Porto Sant’Elpidio e Campogalliano, che pur non assegnando titoli individuali, consentono di confrontarsi con i migliori avversari provenienti da tutt’Italia. Nel duathlon svoltosi in aprile ad Acqui Terme, Alice sfrutterà appieno le proprie eccezionali doti ciclistiche tramandate da mamma Tiziana chiudendo con un fantastico secondo posto. Molto bene anche Pietro 13°, all’esordio nella categoria superiore, e Flavio 15°. Sarà poi la volta del Trofeo Italia di Porto Sant’Elpidio, dove era in programma un aquathlon a cronometro la domenica e un triathlon il lunedì festivo del 2 giugno. Le condizioni di mare mosso e decisamente freddino (solo 17°) del sabato esaltano il nostro cavallo pazzo Flavio che chiude al 7° posto, mentre penalizzano decisamente Alice che deve accontentarsi del 20°. La diminuzione del moto ondoso permetterà ad Alice di riscattarsi prontamente nel triathlon dove otterrà il 3° posto ed a Flavio di migliorarsi di una posizione finendo 6°. Assente purtroppo per questa bella trasferta in centro Italia Pietro. Dopo la pausa estiva che vedrà Pietro rompersi il polso e Flavio la clavicola entrambi non in gara bensì giocando a calcio, anche per i “ragazzi”, teatro della chiusura di fine settembre sarà la riserva natu- 8 passodopopassonews55 rale di Campogalliano nei pressi di Modena. Finiremo con un 5° posto che non soddisfa appieno Alice, la quale nonostante la sua solita miglior prestazione ciclistica non riesce però a colmare il distacco accumulato nella lunga frazione di nuoto, mentre Flavio, proprio grazie al secondo tempo parziale del nuoto riuscirà a chiudere 8° limitando i danni nella frazione podistica a lui non congeniale, che vede invece Pietro risalire al 10° posto con una delle sue classiche cavalcate con tanto di bava alla bocca per impressionare gli avversari. Grazie agli ottimi risultati conseguiti, sia Alice che Davide coroneranno l’annata con la convocazione per la rappresentativa regionale che parteciperà alla staffetta mista 2 maschi + 2 femmine della Coppa delle Regioni, ultimo atto della lunga stagione. da fare invece per quest’anno non certo fortunato per Flavio e Pietro, ma certamente hanno stoffa ed avranno modo di rifarsi. Per la cronaca, nella categoria “ragazzi” Alice contribuirà alla conquista del prestigioso secondo posto dietro al fortissimo quartetto Veneto, mentre Davide nella categoria “youth A e B” che comprende ragazzi dai 14 fino ai 17 anni lascerà tutti col fiato sospeso fino alla fine nel tentativo di controllare la rimonta dell’ultimo fortissimo frazionista dell’Emilia Romagna, reduce da un settimo posto alle olimpiadi giovanili, ma sarà bruciato anche questa volta in volata finendo ai piedi del podio dietro Lazio, Veneto e appunto Emilia… questa volta Golia ha avuto la meglio. Alice e Pietro Pozzi Niente Flavio Ingrillì Ma eccoci già arrivati ad ottobre a rispolverare gli skiroll e preparare l’attrezzatura per la nuova sfida che ci attende per l’inverno 2014/2015. Si riparte! passodopopassonews55 9 ALLENAMENTO Andata e ritorno Il nostro maestro Fabio ci propone una sua esperienza valdostana proficua, allenante, salutare e divertente. Andata con skiroll e ritorno sul sentiero. Ma vuoi mettere la pace che si trova a fare skiroll nel bel parcheggio del cimitero di Lambrate? Di Fabio Soresi C ambio di stagione, ripartiamo con gli skiroll. Si avvicina la stagione invernale e dopo un’estate dedicata alle nostre attività estive che ci hanno tenuti in forma fisicamente, cominciamo a sentire la necessità di allenarci per lo sci, giusto per non arrivare troppo arrugginiti tecnicamente. traffico automobilistico. Alcuni di noi si sono trovati a girare come dei criceti in parcheggi ed ex piste di atletica, che rende l’attività dopo poco un po’ alienante, oppure scegliamo di andare a fare una bella salita ma il problema di trovare un’auto per scendere può scoraggiare i meno motivati. Mettere gli skiroll ai piedi è si- A questo punto dobbiamo organizzarci, bisogna trovare un percorso in salita dove si possa scendere per un sentiero, o una strada che possa tagliare parecchio il percorso fatto con gli skiroll e magari trasformare questo allenamento in una gita in montagna.In estate mi capita di allenarmi in Valle d’Aosta ma non curamente la cosa migliore per simulare il gesto tecnico, non sempre però è facile trovare percorsi adatti, divertenti e pratici soprattutto per i tratti in salita, visto che poi non possiamo scendere con gli skiroll ai piedi (anche se qualche temerario lo fa) e non ultimo ostacolo quello del avendo soci mi sono organizzato, basta avere uno zainetto leggero con i cambi dove poter legare gli skrioll e si parte. Guardando bene la cartina si possono trovare parecchi percorsi adatti e anche poco trafficati, basta evitare le strade principali. Io ho scoperto la strada che porta al Gran San Bernardo che viene chiusa al traffico da metà ottobre ai primi di giugno. Parto con gli skiroll da Saint Remi con una salita di 11.5 km e una discesa per il sentiero di 5 km. La salita non è durissima, la pendenza non supera il 9 %, è una strada di alta montagna con il fondo stradale molto buono, in un’oretta si sale e si arriva ai 2400 metri dell’Ospizio. Soprattutto nel periodo di chiusura della strada al traffico vedo altri skirollisti che faticano come me, così come diversi ciclisti. Nella stagione autunnale i colori e il panorama sono meravigliosi, qualche volta già in ottobre si può trovare la neve al passo. Si scende poi a piedi percorrendo l’antico percorso della via Francigena (che porta a Roma), tutta su sentiero, tra torrenti, laghetti e bosco di larici, di tanto in tanto si attraversa la strada asfaltata. Io la faccio di passo in circa 50 minuti, ma non posso chiedere di meglio, arrivo e sono soddisfatto. In attesa della prima neve, buon allenamento a tutti! 10 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 STORIA Sull’Adamello con Giovanni Paolo II 30 anni fa il Papa Santo era salito al Rifugio Lobbie con il Presidente Sandro Pertini per farsi una bella sciata. Era accompagnato da un giovane maestro di sci, Lino Zani, un tipo veramente speciale. K arol Wojtyla era un uomo vero fino in fondo, un grande sacerdote, scriveva poesie, libri, faceva teatro ma non era solo un grande intellettuale, gli piaceva molto anche lo sport. Un uomo incredibilmente attivo e contemplativo. Portava in giro per la Polonia i suoi ragazzi con la canoa, giocava al pallone, faceva grandi escursioni in montagna e belle sciate sui monti Tatra. Diventato Papa non aveva voluto rinunciare a tutto questo, lo chiamavano “l’atleta di Dio” e continuò a praticare sport finchè la salute glielo permise. Un bel giorno del luglio 1984 aveva deciso di concedersi un week end sciistico sulle nevi estive dell’Adamello, ai 3000 metri del Rifugio Lobbie. L’intenzione originale di fare una uscita in sordina era stata vanificata dal focoso Presidente Pertini che, saputolo, ha voluto partecipare (ovviamente solo come spettatore) all’evento dandone però molta pubblicità. Furono tre giorni fantastici, il Papa era accompagnato nelle sue sciate da un giovane maestro di sci e guida alpina, figlio dei gestori del rifugio, Lino Zani con il quale nacque subito uno spontaneo rapporto di simpatia e di amicizia aperto a reciproche confidenze, che continuò per tutta la vita. Il Papa aveva eletto Lino suo accompagnatore speciale, uomo di fiducia sulla montagna, sia d’estate durante le escursioni estive nei luoghi di vacanza, che nel periodo invernale quando di tanto in tanto si concedeva delle “fughe”, di solito il martedì, per andare in gran segreto a farsi qualche bella sciata sulle piste vicine a Roma. Lino non parlò mai con nessuno di questo suo rapporto privilegiato con il Papa che ha trattato con grande riservatezza fino a quando è stato beatificato nel 2011. Poi, ottenute le opportune autorizzazioni dal Vaticano, ha voluto comunicare a tutto il mondo la bellezza di quell’incontro che ha cambiato la sua vita. Ha rac- Il letto di Giovanni Paolo II contato la storia di questa sua lunga amicizia in un libro “Era santo, era uomo” che vi consiglio, si entra nella personalità privata e nella santità di quest’uomo che ha scosso le coscienze del mondo. Sono racconti inediti attraverso i quali Lino racconta del suo privilegio di aver accompagnato il Santo Padre nei suoi momenti di maggiore libertà. E poi un “segreto”, un aspetto inedito di come Giovanni Paolo II, proprio durante quelle giornate, mentre sciava, ha acquisito chiara consapevolezza del Terzo Segreto di Fatima che lo avrebbe visto drammatico protagonista dell’attentato in Piazza S. Pietro.Ma Lino non si è limitato a scrivere il libro, voleva raccontare in prima persona quello che gli è successo tanto è stato grande e decisivo per la sua vita, incontra e parla con tutti, instancabilmente. Inoltre organizza una volta all’anno a metà luglio, proprio a ricordo di quei giorni, un giro sui luoghi dell’Adamello e al Rifugio Lobbie, per parlare, far vedere, testimoniare dal vivo quella sua esperienza così sconvolgente. Ho avuto la fortuna di partecipare con alcuni ami- ci a questo giro, accompagnati “passo dopo passo” da Lino, girando nello splendore del ghiacciaio dell’Adamello e sostando per due notti al Rifugio del Santo Padre. Lui è ancora lì presente e vivo, ogni angolo ne ricorda la presenza, c’è un piccolo museo con gli sci che utilizzava ed è conservata con religiosa cura la stanzetta che occupava, un piccolo locale 3 x 2 senza bagno, con un letto, un inginocchiatoio, un piccolo tavolo e una sedia. Lino che era l’unico a seguire il Papa nelle sue sciate, ci diceva che il Santo Padre (così lo chiamava sempre) era instancabile, sciava mattino e pomeriggio per 2-3 ore, era sicuro sugli sci, non andava veloce ma si divertiva a fare grandi curve con gli sci paralleli. Poi gli piaceva molto il minestrone e lo strudel che gli preparava la mamma di Lino, oltre a un buon bicchiere di vino. Un uomo vero, un santo. Lino indica dove il Papa sciava passodopopassonews55 11 GRANDI VIAGGI Una vacanza indimenticabile E dove se non sulle magiche Dolomiti? Erica se le è gustate fino in fondo senza un attimo di pausa. Ne valeva proprio la pena. Prendiamo nota dei suggerimenti sportivi e culinari. Di E. Camnasio ari soci PdP, come da qualche anno a questa parte, ecco C pronto per voi il resoconto delle mie vacanze estive, sperando che qualcuno di voi possa ricavarne qualche indicazione e suggerimento utile per le proprie vacanze all’insegna dello sport e del movimento in generale. Nell’estate appena trascorsa, io ed Angelo (che ormai si è decisamente avviato, per “colpa” mia, sulla via dello sport), abbiamo deciso di trascorrere le nostre vacanze a Dobbiaco, una perla delle Dolomiti in fondo alla Val Pusteria, una decina di chilometri prima del confine con l’Austria. Dobbiaco è posta alle porte di ben due parchi naturali: il Parco delle Dolomiti di Sesto, che comprende le famosissime Tre Cime di Lavaredo, e il parco di Fanes-Sennes-Braies. Inutile è ribadire l’eccezionale bellezza dei paesaggi dolomitici, con le alte guglie rocciose che si stagliano all’improvviso sopra le numerose vallate che si intrecciano tra loro. Sia gli amanti del trekking, sia gli appassionati di roccia (come la nostra Alessandra, che ormai “è di casa” a Dobbiaco), possono trovare pane per i loro denti e innumerevoli alternative per vivere belle esperienze all’aria aperta. Una nota molto piacevole della vacanza è stata la compagnia di Alessandra, della famiglia Goldwurm e di Walter, i quali stavano alloggiando a Dobbiaco proprio nel nostro stesso periodo, intorno alla metà di agosto. Da quest’ultima informazione, forse avrete già capito che purtroppo il nostro soggiorno non è stato allietato dal bel tempo, come d’altronde è successo un po’ ovunque in questa pazza estate 2014. Le giornate di cielo terso si possono contare sulle dita di una mano, forse anche di meno… però nonostante questo non ci siamo fatti scoraggiare e siamo riusciti a portare a 12 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 termine un bel po’ di “imprese”, sia di trekking, sia in sella alle nostre mountain-bike. In particolare, riguardo alle gite in bici possiamo assolutamente consigliarvi: • La ciclabile Dobbiaco - Cortina che vi porta nel cuore delle Dolomiti, toccando il lago di Dobbiaco e il lago di Landro, sul percorso dell’antica ferrovia (sono ancora presenti due buie gallerie, attraversate proprio dalla ciclabile) che è anche il percorso della famosa granfondo Dobbiaco – Cortina. • La ciclabile Dobbiaco - San Candido - Lienz, che in poco più di 50 km vi conduce nell’austriaca Lienz, costeggiando la spumeggiante Drava. Per il ritorno, che sarebbe costantemente in salita, è possibile salire, con le vostre bici al seguito, su un comodo treno che vi riporta al punto di partenza. Quest’anno io e Angelo abbiamo dovuto ripetere due volte il tentativo di raggiungere Lienz, perché la prima volta abbiamo dovuto desistere a causa della pioggia eccesiva e del freddo (nonostante fossimo equipaggiati). Ci siamo però consolati con qualche dolcetto alla Loacker il cui spaccio di dolciumi è posto proprio lungo la ciclabile per Lienz, poco dopo il confine con l’Austria e merita di sicuro una sosta. • Il percorso Dobbiaco – Monte Rota – Val Casies, fino a S.Martino di Casies. Il ritorno prevede una discesa per la ciclabile della Val Casies fino a Monguelfo e poi un tratto della ciclabile della Val Pusteria (che arriva da Brunico) fino a Dobbiaco. Questo percorso è meno conosciuto dei due famosissimi giri di cui vi ho parlato prima, ma è altrettanto bello e permette di passare in luoghi meno frequentati, dove la pace del bosco regna sovrana. Il primo tratto, fino a monte Rota (un bellissimo balcone panoramico sopra Dobbiaco) è in salita, poi inizia una parte di saliscendi un po’ impegnativi nel bosco, seguiti da una lunghissima discesa che porta nella bellissima Val Casies. In teoria, la ciclabile della Val Casies proseguirebbe anche oltre san Martino, ma per stavolta noi ci siamo accontentati di fermarci lì, visto che ci aspettavano ancora un bel po’ di chilometri di ritorno con la ripida salita finale fino a Santa Maria, frazione di Dobbiaco, e il tempo non prometteva granchè. Fortunatamente, però, fino alla fine della nostra gita il tempo ha retto, nonostante le nuvole. Prendo spunto da qui per par- larvi del bellissimo Garni dove io e Angelo abbiamo soggiornato nella piccola frazione di Santa Maria, sopra Dobbiaco, da dove si può godere di un fantastico panorama sulla piana di Dobbiaco e sulle cime circostanti. Il Garni si chiama Wiesenhof, gestito dalla gentilissima signora Hildegard Oberhammer; la colazione è abbondante e deliziosa, con dei dolci preparati direttamente dalla proprietaria, le camere sono confortevoli e con vista panoramica sulle Dolomiti, l’ambiente tranquillo e c’è addirittura la sauna! Perciò lo consiglio vivamente a quanti di voi vogliano trascorrere un periodo di vacanza nella zona. Uno dei lati positivi di soggiornare in un Garni è quello di poter “testare” alla sera per cena vari ristorantini della zona, come di certo saprete in Alto Adige si mangia benissimo un po’ dovunque e l’ospitalità e la cortesia sono la regola. Durante questa vacanza io e Angelo abbiamo potuto gustare molte specialità, e vi consigliamo soprattutto l’agriturismo Weberhof, il ristorante Winkelkeller, il rifugio Genziana e la pizzeria Da Hans, con la sua famosa pizza ai finferli.Venendo ora a parlare delle nostre gite con scarponi ai piedi, sicuramente la più bella (graziata anche da un cielo terso e lumino- Erica e Angelo; sullo sfondo le Tre cime di Lavaredo so) è stata quella alle Tre Cime di Lavaredo. Per raggiungere le Tre Cime io e Angelo abbiamo scelto di partire dal lago di Landro e percorrere i 1000 metri di dislivello che conducono al rifugio Locatelli, posto in una stupenda posizione di fronte alle tre Cime. Da lì siamo abbiamo compiuto il giro delle Tre Cime, ammirandole da tutte le angolazioni, passando per il rifugio Lavaredo e Auronzo, andando tra l’altro in senso opposto rispetto alla fiumana di gente che percorreva il facile sentiero dall’Auronzo al Locatelli. Dopo una piacevole sosta di ristoro all’alpe Langalm, siamo ridiscesi per la valle della Rienza fino a tornare al lago di Landro. Totale chilometri del giorno: almeno 26, ma sospettiamo che fossero anche di più, 28 o 29…per un totale di 6 ore e 30’ di cammino, comprese le soste fotografiche assolutamente d’obbligo vista la bellezza dei luoghi. Un’altra nota particolare da sottolineare è la temperatura che abbiamo dovuto affrontare all’inizio della gita alle 8 del mattino: 1° C! Abbiamo fatto altre gite, che vi cito solo brevemente per non dilungarmi troppo. Il museo all’aperto della Grande Guerra sul monte Piana (italiano) e monte Piano (austriaco) dove si possono ammirare moltissimi resti della prima guerra mondiale, in particolare le trincee scavate nella roccia dai soldati. La gita al rifugio Bonner, sopra Dobbiaco e al Corno Fana, dalla cui cima la vista spazia a 360°, sia sulle Dolomiti sia sulle Alpi austriache. La Val Fiscalina fino al rifugio Comici e al rifugio Carducci, dove Angelo ha potuto sperimentare per la prima volta l’attraversamento di un nevaio su un pendio abbastanza scosceso. E per finire, l’immancabile gita al pittoresco lago di Braies e a Prato Piazza, luoghi resi ancor più noti ultimamente di quanto non fossero già in passato, a causa della fiction con protagonista Terence Hill. Sicuramente in futuro torneremo volentieri a Dobbiaco, la prossima volta magari in periodo invernale, chissà. Tanti sono ancora i paesaggi nascosti e le belle esperienze che questi luoghi magici potranno offrirci quindi…non ci resta altro che aspettare la prossima volta in Dolomiti! passodopopassonews55 13 GRANDI VIAGGI Sulla Via Lauretana È il tratto che storicamente collegava Assisi a Loreto, un percorso di 160 km dal fascino unico che unisce i luoghi di S. Francesco e la casa dove ha vissuto Maria. che ha fatto crollare l’abside della basilica di S. Francesco ad Assisi. Abbiamo attraversato posti molto belli, alcuni da noi poco conosciuti, Spello, Scanzano, Colfiorito, Tolentino, Macerata, Recanati. Piero e Franca in compagnia di due amici Ovunque passavamo si veni- a quando sono andato in pensione ho scoperto la bellezza D e l’utilità dell’essere pellegrini, non perdo occasione per farlo, se possibile ogni anno, con Franca ed alcuni amici. Le due cose che più mi aiutano e che col tempo ho maturato con questa esperienza sono: affrontare l’imprevisto e chiedermi cos’è essenziale. L’imprevisto per il pellegrino è tutto quello che capita nella giornata che spesso non si può prevedere ma che si impara ad accettare come situazione “normale”, anche se non è positiva, è così e va bene così: il tempo atmosferico che fa le bizze, il percorso che c’è e non c’è, gli incontri, alcuni graditi altri meno, i punti di sosta serale, alcuni comodi altri spartani, i “dolorini” vari (vesciche e infiammazioni) che saltano fuori nei momenti meno opportuni e tanti altri. Si accetta quello che capita, fa parte della giornata cioè della vita e si dice sempre “grazie”. E poi si impara che cosa è veramente essenziale a cominciare da quello che si mette nello zaino e che diventa peso sulle spalle. Ti viene spontaneo chiederti, ma questo mi serve proprio? L’esperienza dice che lo zaino pieno non supera gli 8 kg. Inoltre 14 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 ci si rende conto di quante cose siano superflue e se ne possa fare tranquillamente a meno, io per esempio nella settimana di cammino non ho guardato un solo minuto la TV da cui talvolta si rischia di dipendere. Dunque con Franca e due amici siamo arrivati in treno ad Assisi dove è iniziato il nostro pellegrinaggio con una preghiera a S. Francesco perché interceda per la pace nelle nostre famiglie e nel mondo intero. La giornatatipo prevedeva un cammino di 20 – 25 km che si percorreva in 6 – 7 ore incluse alcune soste per rapide visite ai posti più interessanti e ovviamente per il frugale pasto di mezzogiorno, di solito un panino con formaggio e un frutto. Ma è molto più importante bere, che sollievo trovare per strada delle fresche fontanelle! Per lo stomaco di solito ci si rifaceva alla cena quando non mancava mai un bel piatto di pasta, il dolce e il vino. Il percorso attraverso l’Umbria e le Marche era un dolce collinare nel verde ricco di ulivi, anche se purtroppo avevamo diversi tratti di fastidioso e trafficato asfalto, ci si metteva con pazienza in fila indiana sulla sinistra della strada. Di tanto in tanto in campagna si vedevano le casette prefabbricate di legno per accogliere i rifugiati del terremoto del 1997, quello va immediatamente riconosciuti come pellegrini e questo faceva scattare una sorta di solidarietà, la gente si fermava volentieri a chiacchierare, ci offriva generi di conforto, ci dava suggerimenti per la strada oppure ci chiedeva una preghiera davanti alla Madonna. Il pellegrino è visto ovunque come un amico, una persona di cui ti puoi fidare, una persona a cui puoi liberamente dare o chiedere. Tutto quello che ci succedeva nella giornata veniva riportato nel diario personale perché rimanga traccia nel tempo dell’esperienza vissuta. Abbiamo avuto la grossa fortuna, dopo un’estate molto poco estiva, di essere accompagnati dal bel tempo per tutta la settimana, sole non troppo caldo, con solo una “benedizione” dal cielo di una mezz’oretta che ci ha permesso di collaudare la nostra tenuta da pioggia. Siamo quindi arrivati a Loreto, alla Santa Casa, quella dove Maria ha ricevuto dall’Angelo l’annuncio che sarebbe diventata la mamma di Dio. La tradizione raccontava che era stata misteriosamente trasportata da Nazaret a Loreto da “angeli”, in realtà la storia ha appurato che nel 1300 la devota famiglia Angeli, per evitare che la dimora di Maria venisse profanata e distrutta dai mori, si era premurata di salvaguardare la preziosa reliquia smontandola pietra su pietra e trasportandola in un luogo sicuro. Tra queste mura abbiamo pregato, ciascuno portava le proprie intenzioni, abbiamo chiesto a Maria che interceda presso il Signore perché le esaudisca o ci aiuti a dire “sia fatta la Tua volontà”. Il più grande slittinista di ogni tempo ha annunciato il suo ritiro dall’attività agonistica. Un grande campione, un grande maestro. Di Alessandra Panvini ALTRI SPORT Grazie Armin “È arrivato il tempo di annunciare la fine della mia carriera agonistica. Dopo le Olimpiadi di Sochi, mi sono preso tempo per decidere e riflettere assieme alla mia famiglia. Il mio istinto, dopo le Olimpiadi, mi ha detto che è il momento giusto per ritirarmi ma volevo essere sicuro al 100% che ciò non fosse dettato dall’emozione. Ci sono giovani bravi e tecnicamente dotati come Dominik Fischnaller e il doppio Rieder/Rastner che si toglieranno delle soddisfazioni in futuro, la squadra azzurra potrà contare su di loro. Io ho svolto sempre con passione il mio lavoro, non ho mai fatto fatica ad alzarmi presto al mattino per allenarmi. Il mio sogno? Ho molti obiettivi, adesso voglio pensare a creare una squadra che vinca medaglie ai Mondiali e alle Olimpiadi, guardando sempre avanti”. rmin Zoeggeler, in divisa dei Carabinieri, ha annunciato ufficialmente il ritiro agonistico durante A la “FISI in Tour” (manifestazione che apre la stagio- ne invernale 2014/2015 degli Azzurri) all’Expo Gate di Milano. Queste le parole misurate e commosse del più grande slittinista di tutti i tempi. Una carriera iniziata 25 anni fa durante la Coppa del Mondo di Calgary ed era il 1989. Questo il suo medagliere personale: - 1 bronzo a Lillehammer 1994 - 1 argento a Nagano 1998 - 2 ori a Salt Lake 2002 - 1 oro a Torino 2006 - 1 bronzo a Vancouver 2010 - 1 bronzo a Sochi 2014 - 6 ori individuali ai Mondiali - 3 titoli europei - 103 podi individuali - 57 gare vinte in Coppa del Mondo, la prima nel 1995 a Oberhof, l’ultima nel 2014 a Sigulda poco prima delle Olimpiadi. Armin non è sportivo da prime pagine dei giornali ogni lunedì, il suo è uno sport di nicchia soprattutto in un Paese che unisce troppo spesso la parola “sport” alla parola “calcio”. Altoatesino, si racconta che andava a scuola in slitta e che iniziò a gareggiare nelle competizioni regionali. Karl Brugger (tecnico della squadra juniores, a quei tempi) ebbe la vista lunga e propose al giovanissimo Armin di cimentarsi con la pista artificiale. Cosa che Armin fece, dando iniziò alla sua leggenda. La prima vittoria importante fu la CdM Juniores a 15 anni. Ormai scelta la sua strada, si organizzò una palestra in casa, nel maso, per allenarsi con tranquillità e comodità. Non solo, per non essere da meno dei più forti avversari (tedeschi), studiava e perfezionava le modifiche alle slitte e ai materiali. In una recente intervista ha dichiarato che una tra le sue medaglie più belle è l’oro di Torino 2006, e non fatichiamo a credergli! Sapevamo che il suo ritiro era nell’aria. Armin ha quasi 41 anni, non si potrebbe pretendere di più da un atleta che ha dimostrato una continuità di prestazione quasi irreale: quando lui scendeva in pista, gli altri tremavano… sempre. Ci mancheranno le sue gare perfette, le partenze esplosive con i guanti chiodati che aggredivano il ghiaccio, le sue discese a più di 120 km/h in cui diventava un tutt’uno di aerodinamicità con la sua slitta. Ci auguriamo comunque di vederlo “dietro le quinte” per allenare e portare a medaglia i giovani che con lui avranno un Maestro eccezionale. Tra tutti, uno in particolare che già si è distinto: Dominik Fischnaller. Grazie Armin! passodopopassonews55 15 GRANDI VIAGGI Sempre più sù Capo Nord e il sole di mezzanotte sono la meta estiva dei Carcano con il fidatissimo camper e tanta voglia di scoprire novità. Di Silvio Carcano rmai la diagnosi è chiara: la famiglia Carcano soffre del O “mal di Norvegia”. Ci siamo ritornati per la quinta volta questa estate, con il camper fino al punto più settentrionale d’Europa. Dopo le vacanze delle estati 2002 e 2010 e due brevi incursioni invernali per le gare Worldloppet, la scorsa primavera decidiamo di organizzare un ritorno in Norvegia, questa volta percorrendola sia all’andata che al ritorno, visitando luoghi non visti e rivedendo sotto nuove prospettive ciò che ci aveva colpito maggiormente le scorse volte. Partiamo il 21 giugno e dopo il La simpatica pulcinella noioso trasferimento attraverso la Germania, la prima tappa è la cascata Voringfossen, una delle più alte (180 metri di salto) e spettacolari. A seguire carichiamo il camper sul traghetto turistico per percorrere il selvaggio e stretto fiordo Naerøy, con tanto di spiegazioni multilingue essendo un sito Patrimonio dell’Unesco. Tra Flåm e Laerdal 4 anni fa percorremmo la galleria stradale più lunga del mondo (24 km) mentre questa volta, visto il bel tempo, decidiamo per la vecchia strada del passo, molto stretta e dagli incroci difficoltosi (per fortuna il traffico è praticamente 16 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 assente). Si arriva a “soli” 1400 m. ma l’altipiano è quasi tutto ancora innevato e le foto si sprecano. Successivamente ci trasferiamo in fondo ad una vallata per una breve escursione a piedi per vedere il ghiacciaio Briksdalsbreen, oramai anche lui indietreggiato paurosamente rispetto alle foto di qualche decennio fa. Una delle tappe a cui tenevamo di più è la visita dell’Isola di Runde, un paradiso naturale sulla costa Atlantica per osservare varie specie di uccelli marini, tra cui le simpatiche pulcinelle di mare. L’accoglienza dell’unico campeggio è ottima e nel pomeriggio facciamo una gita organizzata in barca, riuscendo a vedere l’aquila di mare, i cormorani, le pulcinelle ancora in acqua e tanti altri uccelli. Alla sera saliamo a piedi in cima alle scogliere per vedere le pulcinelle che dal mare risalgono verso i loro nidi, arrivano talmente vicino a noi che si riescono a fotografare e filmare agevolmente, anche grazie alla luce del sole che tarda a tramontare. Di seguito ci fermiamo nella graziosa cittadina di Ålesund, dove saliamo al punto panoramico di Aksla, con un percorso pedonale di oltre 400 scalini, per vedere tutto l’arcipelago. Proseguiamo verso Nord attraversando il Circolo Polare Artico sotto un cielo minaccioso e freddo. Da Narvik facciamo una breve incursione nella vicina Svezia per andare ad Abisko dove prendiamo una seggiovia molto vintage, che viene messa in funzione dalle 22 alla una di “notte”, per poter vedere il sole di mezzanotte dalla cima della montagna, da quì si gode una bellissima vista sul parco naturale e il vasto lago di Abisko. Proseguiamo per Tromsø, dove c’è la famosa cattedrale artica, con le vetrate rivolte giuste per essere illuminate dal sole di mezzanotte ma purtroppo un fronte nuvoloso che sopraggiunge in fretta ci nega lo spettacolo. Transitiamo per Alta, dove la volta precedente avevamo visitato le incisioni rupestri simili alle nostre della Valcamonica, e poi visitiamo Hammerfest, che vanta il titolo di città abitata più a Nord nel Mondo. La sera del primo luglio arriviamo a Capo Nord dove termine la strada con un ampio piazzale per la sosta dei numerosi camper. La prima notte è completamente nuvolosa e quindi niente spettacolo, ma la seconda sera un cielo terso con forte vento e temperatura fissa a +7° ci regalano lo spettacolo naturale del sole di mezzanotte dal famoso mappamondo sulla scogliera di Capo Nord. Eravamo stati fortunati a vederlo nello scorso viaggio del 2002 e poterlo rivedere anche questa volta è stato molto emozionante. Mentre facciamo le foto di rito, notiamo due giovani cicloturisti appena arrivati e scopriamo che sono di Cremona, sono partiti da Rovaniemi in Finlandia (raggiunta in aereo) e riescono anche loro a vedere il sole alto sull’orizzonte del mare. Da sportivi quasi ci vergogniamo di essere arrivati “comodamente” motorizzati, mentre loro hanno faticato pedalando su strade sempre in sali-scendi. Li ospitiamo nel camper per offrire un caffè italiano e ci mettiamo a chiacchierare, ci salutiamo alle due di “notte” e, visto il bel tempo, decidono di non dormire e continuare a pedalare incominciando il ritorno verso Sud. Noi invece chiudiamo le tende per fare buio, perché qui nel Grande Nord, a cavallo del periodo del solstizio d’estate, non esiste tramonto-notte-alba, c’è sempre luce e per andare a dor- mire bisogna guardare l’orologio. Ripartiamo la mattina seguente e con rapidi trasferimenti ci portiamo verso Bodø, qui ripercorriamo la Strada Atlantica dei Fiordi, già fatta nel 2010, ma in senso inverso in modo da vedere i paesaggi sotto una nuova angolazione. Per poterla percorrere è necessario prendere 7 traghetti e tutti gli anni viene stampato un apposito libricino per i turisti con gli orari di tutti gli attraversamenti. Continuiamo verso Sud e poco prima di Åndalsnes prendiamo la Strada dei Troll, un piccolo Stelvio, stretto, trafficato ma davvero spettacolare. In cima c’è anche una piattaforma pedonale a sbalzo per ammirare il panorama. Prendiamo un altro traghetto turistico, questa volta per percorrere il Fiordo Geiranger, Patrimonio dell’Unesco e ricco di cascate tra cui la famosa “Sette sorelle” perché sono 7 cascate affiancate e parallele che si tuffano direttamente nel fiordo. Dopo aver visto il fiordo dall’acqua, saliamo a 1500 m. per vederlo dal punto panoramico Dalsnibba. programma di quest’anno abbiamo incluso molte Strade Turistiche Nazionali e quindi non poteva mancare la n. 258 sull’al- Nel tipiano di Stryn, volutamente lasciata stretta e sterrata, per ricreare il fascino dei viaggi di una volta. Nonostante queste caratteristiche, la strada è aperta a tutti i veicoli e infatti incrociamo ben due pullman turistici svizzeri. Per chiudere in bellezza percorriamo anche la stra- da n. 55 che ci porta sull’altipiano del Sogne ancora abbondantemente innevato e sede di un centro di sci estivo, la pista da fondo è perfettamente battuta, ci sono fondisti norvegesi che si allenano e noi… facciamo i turisti che guardano il panorama perché non abbiamo gli sci, sarà per la prossima volta. Famiglia Carcano al gran completo Il giro Norvegese è finito ma per spezzare il lungo trasferimento verso l’Italia, deviamo per visitare il parco giochi Legoland in Danimarca, dove per un giorno torniamo bambini immersi nei famosi mattoncini. Dopo 3 settimane, più di 10.000 km e 19 traghetti, siamo a casa ma la voglia di tornare è sempre tanta, paesaggi mozzafiato, fiordi selvaggi, cascate ovunque, ghiacciai e altipiani innevati e nuove strade da percorrere: per noi un paradiso dove tutto è ordinato, pulito, accogliente e a pagamento. A presto “cara” (in senso sentimentale ed economico) NORVEGIA! passodopopassonews55 17 GRANDI IMPRESE La mia coppetta Senza alcun timore reverenziale Lorenzo Meciani sfida i lupi nella loro tana e va a cercarsi avversari in due gare di fondo, dove? In Norvegia. Di Lorenzo Meciani orreva l’anno… beh non ricordo con precisione, erano C parecchi anni fa, doveva essere il periodo in cui uscivo spesso con il Carlo, il Carlo Cudega. Vivevo allora in Norvegia e avevo da poco iniziato a fare sci da fondo, con grande entusiasmo e giovanile vigore ma attrezzatura e tecnica ancora da perfezionare. Avevo però acquistato la bellissima tuta della nazionale norvegese, blu e rossa che mi conferiva un aspetto molto agonistico. Detti giovanile entusiasmo e vigore, assieme al mio battagliero spirito competitivo, mi avevano portato sin dalle primissime uscite a cimentarmi in competizioni contro i locals vichinghi. Le sonore legnate prese nelle prime garette serali di 5 km sulla nervosa pista illuminata di Brekko (sempre rigorosamente ultimo) non avevano spento il mio entusiasmo, anzi mi avevano convinto che per far uscire pienamente il mio valore erano necessarie gare di maggior lunghezza. Così quando avevo trovato un fogliettino in norvegese in cui le uniche parole comprensibili erano 10 km e 30 km, oltre alla data e ad un numero di telefono, avevo capito che poteva essere l’occasione dell’atteso riscatto. Era giunto il momento di far valere la mia naturale superiorità sulle lunghe distanze. Al telefono la voce con forte accento norvegese era riluttante ad accettare l’iscrizione di uno sconosciuto italiano (forse ancora memore della sonora legnata avuta alle olimpiadi di Lillehammer, Silvio Fauner che supera Bjorn Delhie nella 4 x 10, davanti a 100.000 bandiere norvegesi…?), ma alla fine ero riuscito a convincerlo e cosi il sabato mattina successivo ero l’unico non norvegese presente al briefing pre-gara, in cui le uniche parole che mi era sembrato di capire erano “International competition” ed “Italian”.Studiando il fo- 18 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 glietto in norvegese ero giunto alla certezza che la 10 km del sabato sarebbe stata in skating, mentre la 30 km del riscatto in alternato, con una classifica cumulata per somma di tempi. La classifica era solo per categorie e nella mia categoria, una delle più numerose, eravamo in 5, cosa che mi aveva subito messo di buon umore, un podio sarebbe stato certamente possibile soprattutto avendo dalla mia la 30 km del secondo giorno. Non ero ancora uso alle finezze della preparazione degli sci e il sabato mattina stesso avevo preparato i miei Rossignol Combi per la prova a skating con l’unica bustina di una specie di cera F a freddo che avevo comprato all’ultimo momento ad una stazione di servizio lungo la strada, e che ero certo mi avrebbe dato un considerevole grosso vantaggio sugli ignari 4 Norvegesi compagni di categoria, certo meno avvezzi alle finezze del pattinato. Detta pseudo-Cera F andava spremuta sulla soletta tipo dentifricio e poi spalmata con apposito fogliettino. Dava l’impressione di durare per pochi chilometri, alla peggio avrei sracchettato un po’ di più negli ultimi chilometri. Mi avvio alla partenza osservan- do le poche decine di concorrenti, sembra più un allegro ritrovo di contadini che consumati agonisti, tutti molto sorridenti. Sono palesemente l’unico con la tuta della nazionale norvegese. Cerco di capire quali erano gli altri miei 4 avversari di categoria. Che strani sci da skating hanno tutti, così lunghi e con le punte ricurve, sarà che i norvegesi non conoscono bene lo skating, sarà che… SARA’ CHE LA 10 km È IN ALTERNATO E NON A SKATING! Aaaagh! Di corsa torno alla borsa, è umido e sgocciola, quanti gradi saranno? Metto un po’ di stick rossa sulla pseudo-Cera F senza ave- re il tempo di tirala bene e corro alla partenza appena in tempo... disastro! La cera F dentifricio si dimostra ottima per le condizioni umide della giornata e repelle come una intrusa la stick rossa, costringendomi a scalciare come un mulo in salita ad ogni passo perso. Dopo un po’ ripiego sulla lisca di pesce sulle salite, anche se grazie alle velocità da lippa che raggiungo nelle discese riseco a contenere i distacchi. Morale, ultimissimo su 5, il primo mi ha dato un quarto d’ora ma il podio è comunque ad una manciata di minuti e con la 30 km che adesso so per esclusione essere sicuramente a skating, e la mia naturale e superiore resistenza, il podio non è ancora del tutto fuori portata. Passo la serata a spremere il dentifricio di Cera F ormai quasi vuoto per tirarne fuori i miseri avanzi che spalmo tristemente avanti e indrè sulla soletta. Speriamo che basti, non ho mai fatto una gara di 30 km. Il mattino successivo nevica di traverso, tira vento e fa sempre caldo, la neve ricopre la traccia che entra ed esce in un bosco di betulle. Visibilità di pochi metri. Saranno 3 giri da 10 km, mi pare di capire. Essendo una classifica combinata immagino che faranno una partenza secondo l’ordine di arrivo del giorno precedente, come alle olimpiadi, così il pubblico può capire subito chi sta vincendo, immagino. A parte che non c’è nessuno a guardare (non contando i 2 cronometristi imbacuccati seduti di fianco allo striscione START tenuto su da 2 pali provvisori), scopro invece che la mia categoria partirà per ordine inverso cioè l’ultimo del giorno prima - io - per primo e a seguire gli altri 4 (saggiamente hanno fatto partire per primo il più lento – io - per non stare tutto il giorno sotto la neve ad aspettare, ma lì per lì non l’avevo capito…). Pronti, via: i Combi Rossignol sembrano andare inizialmente bene, anche se dopo pochi attimi mi passa a velocità tripla il primo classificato di categoria. Però poi non vengo più sorpassato da nessuno per un bel po’, evidentemente sto andando bene, sto tenendo a distanza gli altri avversari di categoria, bene così… In una grande radura la pista gira e riesco a veder dietro: non c’è nessuno, gli altri 3 non sono partiti! Siamo solo in 2 nella categoria, e io sono l’ultimo. O meglio, il secondo! Ad ogni passaggio nelle vicinanze del traguardo sento nella tormenta lo speaker alzare il tono della voce alle parole “Internazional Competition” e “Italian”, cosa che comincia un po’ ad infastidirmi. A metà del secondo giro smette un po’ di nevicare e si alza un po’ la nebbia, la pista appare deserta, sembra sia rimasto solo un gruppetto di tre, formato da un signore che oggi forse definirei di mezza età ma che allora avevo definito “il vecchio”, un ragazzo con un braccio solo (ma due cosce così) ed il sottoscritto. Con la mia tuta della nazionale sono l’unico ad avere una tuta aderente da gara. Prendo il comando del terzetto vecchio-monobraccio-sottoscritto cercando di fare il vuoto, ma invano. Nelle discese mi metto a uovo ma non riesco a staccare i due che stando in posizione eretta mi superano sorridendo filando su sci velocissimi. Al salitone provo un ultimo allungo, guadagno forse 3 metri sui due ma dopo poco si spegne la luce, complici anche i miei sci ormai lentissimi, e i 2 mi superano e sorridendo se ne vanno scomparendo nella tormenta. L’ultimo giro da 10 km lo com- pio in solitudine, con l’impressione di essere l’unico rimasto in pista – e forse non era solo un’impressione. Finalmente l’arrivo. È ormai tardi e la visibilità è sempre minore, arriva la penombra che alle 3 precede il tramonto in Norvegia d’inverno. Lo speaker non c’è più, sono stravolto. Ci sono solo 2 persone di fianco ai 2 pali che sostengono lo striscione di arrivo. Appena attraverso la riga del traguardo i 2 smontano lo striscione e non resta più nulla, solo nebbia e neve. Raccolgo gli sci e sudato e semicongelato entro con gli sci in mano nella palestra che bisogna attraversare per andare allo spogliatoio. Sono tutti cambiati e docciati, con camicia di flanella a quadrettoni che stanno mangiando salamelle. Riconosco il vecchio, il ragazzo senza un braccio e il vigoroso primo della mia categoria. Tutti sorridono. Voglio cambiarmi ma vengo portato così come sono nella zona premiazione, dove mi affiancano al primo della mia categoria, che riceve una coppa gigantesca. Lui in camicia e io bagnato e con la tuta della nazionale incrostata di neve. Segue un lungo discorso in Norvegese di cui non capisco nulla (International competition, Italian…), alla fine un grande applauso. Compare un signore e mi allunga con un gran sorriso una coppa. Piccolissima. La tengo ancora sul comodino. passodopopassonews55 19 STORIA Sepp, la montagna, la guerra proprio nella zona di “lavoro” di Sepp. Si abbandonano diverse località (fra cui Cortina d’Ampezzo), perché considerate indifendibili o problematiche ma riducendo il fronte a meno di 350 km. Sepp Innerhoffer epp Innerkofler nasce a Sesto di Pusteria nel 1865, da una S famiglia di alpinisti. Nel 1889 di- venta Guida Alpina insieme al fratello Christl. Dopo la scalata della parete nord della Piccola di Lavaredo (28 luglio 1890), ritenuta impossibile, la sua popolarità cresce e diventa la guida più ricercata della zona. Gestisce con la moglie il Rifugio sul Monte Elmo poi il Rifugio Zsigmondy per finire con il Rifugio Drei Zinnen, ora Locatelli - posto ai piedi delle Tre Cime, della Torre Toblin e del Monte Paterno (Paternkofel). L’inizio della Prima Guerra Mon- diale, alla fine di luglio del 1914, sconvolge popoli, nazioni, il mondo intero ed anche le Dolomiti. Sepp, non più giovane, non è richiamato alle armi. Trascorre in apparente tranquillità, nel suo rifugio, il primo inverno di guerra. I clienti però scarseggiano, c’è ben altro cui pensare che a scalar montagne… l’epoca d’oro dell’alpinismo s’interrompe bruscamente. Allo scoppio delle ostilità con l’Italia, nel maggio del 1915, le cose cambiano di punto in bianco costringendo il Comando di difesa del Tirolo a predisporre un fronte, 20 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 Il grosso problema è la mancanza cronica di truppe e di soldati addestrati da impiegare nella zona dolomitica. Nel 1914, infatti, sui campi di battaglia della Galizia, si decimano i reggimenti tirolesi dei Kaiserjäger e dei Landesschützen. Di conseguenza, gli uomini disponibili sono più che altro guardie di confine o reclute in addestramento, di certo non esperte in tecniche militari. Sepp, con il figlio Gottfried e ai fratelli, si arruola fra i volontari. È uno Standschütze. Gli Standschützen - presenti fin dal 15° e 16° secolo come corpo volontario in ogni valle del Tirolo per la difesa del territorio - sono allo stato delle cose, legato agli arruolamenti per la guerra, ragazzi troppo giovani e uomini troppo vecchi compresi gli inabili. Sepp si trova a combattere nel punto cardine del sistema difensivo tirolese: tra il Passo Monte Croce e la Valle di Landro punti di accesso strategici ed importanti che fanno gola agli italiani. Lo sfondamento di questi punti di passaggio è percepito come un disastro perché consentirebbe agli Alpini di interrompere i rifornimenti austriaci, raggiungere il Brennero e arrivare fino a Innsbruck senza trovare resistenza. L’ordine è uno: resistere ad ogni costo lungo le creste delle montagne. Si formano delle pattuglie costituite anche da altre guide alpine della zona. La pattuglia di Sepp inizia la sua attività in guerra il 21 maggio, proprio con la scalata del Monte Paterno. Sepp conosce quelle rocce come le sue tasche e non ha problemi ad affrontare scalate in condizioni difficili; lo ha fatto accompagnando i suoi clienti…lo fa ora per difendere la sua Patria. Compie azioni mirabolanti che fanno ottenere alla squadra promozioni e decorazioni; per lui, che non è nemmeno un vero militare, la cosa è ancor più meritoria. A Sepp è assegnata proprio l’occupazione della cima del Paterno, da dove assiste impotente alla distruzione del suo rifugio, da parte degli italiani che avanzano inesorabilmente. Il 29 maggio 1915, gli italiani riescono tuttavia a conquistarne la cima. I tirolesi cercano di riconquistarla con ripetuti attacchi. Non ci riescono. Infatti, la cima del Paterno è piccola e per riprenderla si deve provare a scalare il monte. Può farlo solo un piccolo gruppo di uomini in modo da sorprendere gli Alpini, appostati saldamente dietro un muretto quasi ridicolo. L’unica cordata che può avere un margine di riuscita è la “Pattuglia Volante” di Innerkofler. Sepp e i suoi iniziano la salita all’una di notte del 4 luglio 1915. Arrivano in cima ma sono scoperti dai nemici che li respingono, con fucilate e lanci di pietre. Sepp muore. “L’uomo caduto durante l’azione di pattuglia sul Monte Paterno è la Guida Alpina Sepp Innerkofler…”. Questo il dispaccio inviato il 4 luglio 1915. Informava della morte di un mito dell’alpinismo. Le versioni della sua morte sono tre, così riportate da articoli dell’epoca e/o libri recenti che trattano la sua storia: 1) Sepp si erge dietro un sasso, lancia tre o quattro bombe a mano, delle quali forse solo una esplode. Viene poi visto dai suoi compagni colpito alla fronte precipitare con un urlo giù per la parete e cadere sulla ghiaia. 2) D’improvviso appare, dritta sul muretto della vedetta della cima, la figura di un soldato alpino - Pietro De Luca del battaglione Val Piave - campeggiante nel tersissimo cielo, alte le mani armate di un sasso, rigata la fronte di rosso della prima bomba. «Ah! No te vol andar Un piccolo contributo alla memoria della Grande Guerra, rivissuto e attualizzato da Alessandra Panvini attraverso il ricordo di un mito dell’alpinismo, apparente “nemico” ma a cui gli stessi alpini riconoscono onore e gloria, e la propria esperienza personale salendo quelle stesse rocce, il monte Paterno. Di Alessandra Panvini via?». Prende giusto la mira, scaglia con le due mani il sasso! Il Sepp alza le braccia al cielo, cade riverso, piomba, s’incastra nel camino Oppel, morto. 3) scrive il figlio Sepp Jr: “… Mio padre si mise a maneggiare il fucile e nello stesso tempo la mitragliatrice sulla Torre di Toblin (austriaca) iniziò a sparare. Venne subito messa a tacere, ma era già troppo tardi, perché all’istante vidi mio padre scivolare giù per la parete e giacere presso il camino Oppel. All’esumazione sul Paterno (agosto 1918) non ero presente. Alla seconda esumazione nel camposanto di Sesto ero presente e vidi come la testa fosse perforata diagonalmente dalla fronte verso l’occipite. M’immagino che mio padre si accorse che gli sparavano addosso da dietro e che si voltò. Infatti, ho esattamente accertato che l’uscita della pallottola avvenne da dietro”. Il 9 luglio l’Arciduca Eugenio d’Asburgo conferisce a Sepp Innerkofler la medaglia d’oro al valor militare. Gli Alpini italiani recuperano la salma – esponendosi al tiro nemico – e la seppelliscono in vetta al Paterno come gesto di stima. Egli deve giacere là, sulla cima del Paterno, per la quale e sulla quale è morto. Pongono sulla sua tomba una lapide con la scritta: “Al morto re delle Dolomiti, i suoi nemici!” Alla fine della Guerra, le spoglie di Sepp vengono traslate nella tomba di famiglia, nel cimitero di Sesto. La notizia della morte di Innerkofler addolora intensamente tutti gli ambienti alpinistici del tempo, austriaci, tedeschi e italiani. Pur essendo un fatto storico, diventa subito leggendaria. Il 21 settembre 1997 presso il rifugio Drei Zinnen / Locatelli si inaugura un cippo alla memoria di Sepp Innerkofler, alla presenza di Autorità e convenuti. La storia di Sepp Innerkofler è tragica, come solo una morte in guerra può essere. Fonte Dida d’insegnamento per chi ha ancora un barlume di senso dell’onore e del rispetto. I suoi nemici hanno rischiato anch’essi la vita, pur di recuperarne la salma e onorarlo da morto: per cosa era stato da vivo e per cosa aveva saputo affrontare per tornare sul “suo” Paterno. Se le sorti si fossero capovolte, lui e la sua pattuglia avrebbero compiuto lo stesso gesto. Quando mi reco in Val Pusteria, trovo sempre il tempo per andare a rendergli omaggio nel piccolo e struggente cimitero di Sesto. Quest’anno, centenario dello scoppio della Grande Guerra, ho sentito come un mio personalissimo dovere il salire sul Paterno, seguendo la salita classica, lo spigolo Nord Ovest (Wolf-Bolte). Nel romanticismo dei miei desideri, mi piaceva pensare che fosse l’esatta via percorsa da Sepp nella fatidica notte del 4 luglio. So bene che non è così perché quella via porta la data degli anni ’30 ma, su scalate alpine di gradi relativamente bassi, i passaggi non sono quasi mai così obbligati; perché non lasciarmi il dubbio che Sepp passò, magari per qualche metro, proprio da lì? Telefono quindi al mio amico e Guida Alpina (proprio come Sepp, tirolese doc) Luis Strobl, che da anni sopporta le mie titubanze e i garbugli che solo io riesco a creare sulle corde appena fatte passare… Gli chiedo di allenarsi, ovviamente con ironia: quest’anno potrà portarmi dove vuole a patto che mi accompagni anche sul Paterno. Il secondo da trascinare nell’impresa è già pronto: Jean Luc, un caro amico che da Annecy – regno del granito - viene apposta per arrampicare con noi su calcare. Luis mi chiede il motivo di una richiesta così singolare; sul Paterno porta tanta gente ma dalla via Ferrata delle Gallerie. Non sono molte le guide che fanno vie di roccia su quel monte e ancora meno i “clienti” che le richiedono. Rispondo che posso ormai vantare un bel po’ di passodopopassonews55 21 Rifugio Auronzo saliamo alla forcella Lavaredo. Salutiamo alcuni amici che gireranno a sinistra verso l’attacco dello Spigolo Dibona alla Grande di Lavaredo (per un attimo ci viene la nostalgia!). Proseguiamo verso il Paterno, è ancora l’alba. Gli ultimi 25 minuti per arrivare al vero e proprio attacco sono il solito sentiero per capre ubriache e frana tutto, ah che bello. Superiamo un canalino ancora innevato, con qualche minima difficoltà, siamo all’attacco già belli sudati. La via è a nord, nord-ovest, quindi mentre indossiamo scarpette e tutto il kit da bravo alpinista già capiamo che la sensazione di calore dovuta allo sforzo aerobico durerà il tempo di fare un mezzo barcaiolo. Ok, ci siamo. Luis attacca e se ne sale con maestria invidiabile. Noi lo seguiamo concentrati. Il tiro offre roccia fredda e poco compatta, bisogna stare attenti a ogni appiglio e ogni appoggio. È pericoloso. Io sono tra il taciturno e il meditabondo, sento che nell’aria c’è qualcosa. Dal scalate in queste zone. Lui sa bene che ricerco via classiche, storiche, che non fanno curriculum e i gradi che si misurano sono quelli dell’importanza storica più che degli strapiombi superati. Sono il cliente ideale che dice sempre: “portami dove vuoi - portami dove sai che posso farcela” (come da vecchio insegnamento, in alpinismo i gradi sono solo due: o passi o non passi). Per questa volta, mi dovrà accontentare: quest’anno si sale al Paterno per ricordare tutti i soldati che hanno combattuto su quel fronte - da una parte e dall’altra - e per onorare un suo predecessore: il grande Sepp. Luis accetta, non avevo dubbi. Conosce questi monti meglio di chiunque altro e, forse, il motivo per cui ho posto una tale richiesta lo ha stimolato e anche per lui sarà una scalata di preghiera e memoria. Lui, un tirolese che non potrà mai sentirsi italiano (una cultura non si cancella con un nuovo tratto di penna su una cartina – parole sue e parole giuste) arrampicherà con Jean Luc, francese, che ha avuto un nonno ucciso nella Grande Guerra sul fronte di Francia ed una italiana, che non ha alcun parente legato a quei tragici momenti, ma che vive profondamente il dovere del ricordo. Spiego a Jean Luc (con estrema fatica linguistica) - che mi ha 22 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 raggiunto a Dobbiaco - il perché di questa scelta. racconto la storia di Sepp e lo accompagno sulla sua tomba. Ormai anche lui è entrato nell’onda della rimembranza. Paterno : oui, définitivement. È deciso. Il meteo non è da sotto- valutare quest’anno; bisogna attendere il giorno giusto. Arriva. Sono emozionata. La notte prima dormo poco, scrivo un biglietto che lascerò nel libro di vetta. Preparo i ferri del mestiere e decido che indosserò la mia giubba con distintivo ufficiale di AE del CAI. Non ha alcun valore fuori dal mondo CAI, né io tengo particolarmente a vantarmi dei titoli conseguiti. Non so perché lo faccio, mi voglio vestre bene in segno di rispetto per la simbologia di ciò che sto per compiere. Come se ci fossimo messi d’accordo,Jean Luc si presenta con la giubba del mio stesso colore! Anche lui meglio vestito del solito. Luis è invece sempre impeccabile, porta la giubba con lo stemma di Bergfuhrer. Così, noi tre, sembriamo una piccola pattuglia alpina, se il paragone non risultasse irriverente. Come al solito, partiamo prestissimo. In ambiente e su certe pareti, poco frequentate e quindi sporche, la regola è partire prima per essere i primi (rimarremo comunque gli unici). Quando in certi luoghi sono accadute vicende particolari, resta sospeso ed immanente il soffio del ricordo, il peso opprimente di ciò che è stato, lì. Provate ad andare a Varsavia, dove c’era il ghetto o ad Auschwitz/Birkenau... un disagio nell’aria vi opprimerà fino a farvi avere voglia di scappare via. I tiri si susseguono e arriviamo a un terrazzino poco prima di un camino. Ricordo anche una fettuccia che mi pare si trovi in una posizione che non serve alla progressione. Mi sbaglierò, magari qualcuno abituato alle falesie e alla sicurezza del trovare (anzi, dell’avere) il chiodo sempre ad altezza testa, è arrivato fin qui e poi ha desistito…? Il freddo gradisce la nostra compagnia, non se ne va. Alle soste Jean Luc ed io cerchiamo di parlare, piano… Luis non gradisce che ci si deconcentri. Io mi sento come in “Totò, Peppino e la “Muore soltanto chi viene dimenticato” Malafemmina” nella mitica scena davanti al Duomo di Milano. Jean Luc parla francese, solo quello. Io l’ho studiato anni fa ma non sono praticante. Finisce che mischio inglese, italiano, milanese, francese. La conversazione è delirante, ma ci capiamo lo stesso. Abbiamo imparato almeno i termini di base per un nostro personalissimo dizionario francese – italiano per scalatori. Comunque il “Noio voulevon savuar le barcaiol e me racumandi tu tiens la corde bièn tirèe…” resta un’antologia dell’arte di arrangiarsi. Arriviamo ai tre tiri finali che da soli valgono la salita. Un tiro è strapiombante ma non difficile, un muretto è ostico ma si fa. Dobbiamo spostarci sullo spigolo con un bel traversino con spaccata nel vuoto in discesa (i traversi, la mia passione). Sia- mo ad un tiro lungo; la mia corda è bloccata da qualche parte e Luis non riesce a recuperarla né sente i miei urli per avvisarlo. Jean Luc va avanti fin dove riesce a farsi sentire e, sperando che Luis capisca il suo linguaggio di cui sopra, spiega la situazione. I due liberano la mia corda, bloccata dal solito spuntone ed io, molto ma molto delicatamente, supero il passaggio davvero aereo e delicato. Da lì, mi volto per guardare la Toblin, il Locatelli e il mare di gente che ormai lo assale (dopo 100 anni, in pace). Io non ci credo ma, se dovesse mai esistere un paradiso, spero sia esattamente così o anche un po’ meno. Mi fermo un minuto, ad asciugar- mi gli occhi inumiditi o rischio di non vedere gli appigli. La roccia ora è più solida, il sole finalmen- te ci viene a trovare. Mi arrampico bene, lo so… oggi sto andando sull’onda della motivazione interiore. Arriviamo sulla caratteristica cresta orizzontale. Innerkofler ci deve esser passato davvero, per forza, chissà quante volte con i suoi clienti o con amici. Vediamo la Croce, siamo fuori. Luis ci attende con un sorriso che la dice lunga sul perché abbia scelto di diventare una Guida. Io sono sicura che oggi anche lui si sia divertito, abbia pensato e onorato la memoria di chi, qui, ha perso la vita. Nascondo la mia commozione e inserisco il biglietto, scritto la notte prima, nel libro di vetta. Il mio Bergfuhrer approva. Foto, foto e foto… anche con l’immagine di mia nonna Maria, morta da tempo, nata proprio alla fine della Guerra, nel 1917. Su ogni ascensione importante lei è con me. Iniziano ad arrivare le orde di ferratisti dalle gallerie. Meglio tornare giù, chiusi nei nostri pensieri. Il tempo ci ha regalato una finestra di sole e panorami. Il testo del biglietto che si trova nel libro di vetta è questo: “È un dovere, per noi che ammiriamo queste cime spinti da puro spirito estetico ed alpinistico, pensare almeno per un momento a tutti coloro che, 100 anni fa, proprio qui combatterono e spesso non fecero ritorno a valle. Divise diverse ma stesso coraggio, stesse paure, stessa sorte. Nel vento, mi par di ascoltare le loro voci… Un pensiero speciale alla Guida Alpina Sepp Innerkofler, morto sul Paterno il 4.7.1915. Agosto 2014”. Un pensiero sul libro di vetta passodopopassonews55 23 Ciao Camillo È andato avanti un grande dello sport. Tutto il PdP è onorato e grato della sua amicizia. gni volta che il consiglio PdP si riuniva nella sede dell’ AreO na, di solito il giovedì, Camillo Camillo e Luisa nella sede dell’Arena un anno fa veniva sempre a salutarci, cordiale, sorridente, gioviale e scherzoso. Non mancava mai all’appuntamento, ogni volta sempre più curvo e affaticato ma con la sua immancabile battuta milanese ravvivava subito l’atmosfera. Arrivava all’Arena alla guida del suo scooter Scarabeo con lo spirito di un baldanzoso giovincello, l’ultima volta che l’abbiamo visto è stato a settembre. Si era ripreso bene da un brutto incidente in auto di un paio di anni fa da cui era uscito con le ossa rotte ma guardava sempre avanti in modo positivo, ci diceva di aver fatto quest’estate delle belle camminate in montagna e sperava di poter presto riprendere a correre e di farsi anche qualche sciatina quest’inverno. Non mancherà certamente di farle, sulle dolci colline del Paradiso dove le piste sono perfette e la neve è sempre da verde stick. A lui tutto il PdP è grato e ri- conoscente per averci accolto nella sede dell’Arena tre anni fa quando ci siamo trovati in difficoltà, dovevamo lasciare la nostra vecchia sede e non sapevamo dove andare. Grazie a quella sana e profonda amicizia sportiva con Paolo Pozzi e Enzo Vai, Camillo ci ha subito aperto le porte della suggestiva e accogliente sede del Fior di Roccia che stiamo utilizzando per le riunioni del consiglio e per qualche festa conviviale. Quando tre anni fa gli ho telefonato per presentargli la nostra richiesta, mi ha detto “Vediamoci alle 13 al campo XXV Aprile, ne parliamo mentre facciamo una corsetta”. Così è stato e, trotterellando, in due giri di pista abbiamo trovato l’accordo. Grazie, Camillo. Camillo Onesti era un milanese doc, nato nel 1926 a Porta Ticinese. Sempre tirato, scattante, abbronza- 24 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 to come può esserlo chi passa metà del suo tempo al sole dell’alta quota, era l’essenza del moto perpetuo. Si allenava alla Montagnetta, dietro il centro sportivo XXV Aprile, correva le maratone, girava per Milano in motorino e, appena poteva, se la filava in montagna, il suo mondo. L’agonismo ce l’aveva nel sangue. Il primo pettorale l’aveva messo a 5 anni, a Cuveglio, nel Varesotto, dove andava in villeggiatura con i genitori. Una corsetta di paese. Corse campestri nel periodo delle medie inferiori, calcio (stranamente come portiere), finché a 16 anni aveva scoperto la bicicletta e ci ha corso fino a 26, quando ha fatto una scoperta che lo ha poi tenuto legato per tutta la vita, la montagna. Da ciclista era forte in salita ma non aveva sprint non tanto per una questione organica, ma perché tirava sempre alla morte e quando veniva il momento della volata era cotto. Poi conobbe una compagnia di accademici del CAI che se l’erano tirato dietro in montagna. Una folgorazione. Da quel momento basta bici e solo montagna: le Grigne, il Gruppo del Brenta, la Valmasino d’estate, e corsa e sci di fondo in inverno. Diplomato geometra, essendo impossibile trovare lavoro a Milano nell’immediato dopoguerra, si era improvvisato impresario edile. Con mezza città distrutta dai bombardamenti il lavoro non mancava alla squadretta di operai bresciani che aveva messo insieme e nell’edilizia ci sarebbe rimasto fino a 67 anni. Ha imparato a sciare e ha cominciato a sfogare il suo spirito competitivo nelle prime gare con il Fior di Roccia, la società leader a Milano nello sci e nella corsa e la montagna, della quale è stato presidente fino all’ultimo. Ma il meglio Camillo l’ha dato come dirigente sportivo, prima nel Comitato Alpi Centrali poi nella FISI quando Gattai gli offrì nell’86 la direzione agonistica del fondo femminile che guiderà fino al 2000. Onesti costruì la più forte squadra che il fondo azzurro abbia mai avuto facendo coesistere due leonesse come la Di Centa e la Belmondo ma valorizzando anche la Dal Sasso, la Paruzzi, la Vanzetta e portando all’Italia titoli olimpici, mondiali e Coppe del Mondo. Anche l’atletica gli deve molto, fu l’ideatore oltre 40 anni fa insieme a Renato Cepparo, della Stramilano, popolarissima non solo tra i campioni ma che richiama a correre per le strade della città 50.000 persone. Adesso, non c’è dubbio, Camillo starà discutendo con San Pietro come lanciare la Straparadiso. SKIROLL Si fa skiroll a Sesto Da settembre è accessibile per lo skiroll la pista del centro sportivo Manin di Sesto S. Giovanni, frutto di un ottimo lavoro di squadra tra il Gruppo Sportivo Alpini e il PdP. inalmente ce l’abbiamo fatta. Dopo una lunga e paziente trattativa con il Comune di Sesto S. GioF vanni durata almeno un paio d’anni, è stata concessa l’autorizzazione all’utilizzo per gli skirollisti della pista di atletica del Centro Sportivo Manin. Dobbiamo dire grazie al Gruppo Alpini di Sesto, in particolare al suo presidente Luigi Ponti, ad Enrico Gottardi e da parte nostra a Paolo – Dameno Sport e ad Alberto Gandolfi, che si sono prodigati in un lavoro oscuro e non facile per destreggiarsi nei meandri delle carte e delle regole comunali. L’autorizzazione per il momento è concessa il mercoledì dalle 17 alle 19 e il sabato mattina ma l’importante era cominciare, poi da cosa nasce cosa. La pista in tartan, praticamente inutilizzata da anni, fiancheggia il campo di rugby della squadra di Sesto che necessitava di lavori di manutenzione impedendo quindi, per una questione di sicurezza, l’accesso all’ l’impianto. Adesso tutto è a posto. Il fondo in tartan è buono, c’è qualche piccola crepa e qualche ciuffetto d’erba, un ottimo spunto per fare un po’ di cambi di direzione. Lo sviluppo della pista è di 400 metri ma girando larghi se ne fanno 440 e chi l’ha provata assicura che è davvero allenante sia per le braccia che per le gambe, non c’è confronto con l’asfalto, qualcuno dice che equivale a un 3 – 4% di salita. Poi la presa dei puntali è garantita, non si perde un colpo e se per caso, malauguratamente si inciampa (non capita quasi mai ma qualche volta può succedere), si cade su un fondo elastico e non sul duro. sestesi, anche dai milanesi, molto vicina all’uscita Cologno Sud della tangenziale est, in via Manin appunto. Sembra dunque terminato il girovagare degli sparuti skirollisti milanesi negli ultimi anni alla costante ricerca di un luogo decente, sicuro, senza macchine, facilmente accessibile. Siamo passati dal piccolo centro sportivo Sporting del S. Raffaele, al lugubre parcheggio del cimitero di Lambrate, al frequentato (in tutti i sensi) Parco Lambro, l’appuntamento settimanale con gli amici era sempre atteso, ovunque fosse. Ci risulta che qualcuno del PdP sia interessato a questa novità, spargiamo la voce, vi aspettiamo per allenarci insieme e, perché no, anche per fare due chiacchere in compagnia mentre si gira. Adesso, forse, avremo un po’ di pace, abbiamo un punto fermo al centro Manin, con la speranza che duri. Lui e noi. Una condizione molto favorevole è la posizione del centro sportivo, comodo da raggiungere, oltre che dai Skirollisti degli Alpini di Sesto e del PdP passodopopassonews55 25 CONCORSO Fotografondo Grande successo del nostro concorso “Fotografondo estate” con una trentina di scatti e numerosa partecipazione alla votazione. La foto vincente è quella di Fabio Soresi che si merita la copertina del nostro giornalino, salgono sul podio anche “Dalle gallerie Paterno” di Alessandra Panvini e “La stella alpina”, sempre di Fabio. Ad agosto nonostante tutto prima classificata, di Fabio Soresi Stella alpina terza classificata, di Fabio Soresi 26 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 Dalle gallerie Paterno seconda classificata, di Alessandra Panvini Il nostro nuovo coprituta Anche noi finalmente abbiamo uno splendido coprituta sociale, giubbino e pantalone, supertecnico ed elegante da usare per allenamenti e riscaldamento pre gara. Pare che il tessuto utilizzato sia in grado di assorbire la fatica prelevandola dai muscoli, non per niente il nostro fornitore si chiama Energia Pura. Provare per credere. A cura di Paolo Pozzi, “Dameno Sport” Il pantalone è il modello Oslo a salopette, stesso tessuto nella parte anteriore, nella parte posteriore il tessuto è Termo Drytex elasticizzato, idrorepellente. Zip completa su entrambe le gambe per indossare o togliere il pantalone senza togliere le scarpe. Nessun logo. Colore: blu e nero. Il giubbino è il modello Lathi in tessuto Windtex Full elasticizzato, anti vento, idrorepellente, con zip completa sul davanti, due tasche con zip. Logo PdP ricamato sulla schiena e logo Dameno Sport sulla spalla anteriore sinistra. Colori: giallo e blu. passodopopassonews55 27 FISI I nostri punti FISI Il gruppetto dei punteggiati PdP resiste e si fa onore. Perdiamo Alberto Calegari dopo un lungo e onorato servizio in FISI, compensato dalla new entry Alessandra Panvini a cui auguriamo una duratura permanenza. Andando in controtendenza rispetto agli ultimi anni, in diversi si migliorano (BRAVI!). I nostri primi della classe sono i fratellini Mauri con Enrico e Luisa. Lei continua a crescere e occupa la posizione assoluta 35 nel ranking nazionale, niente male. COGNOME NOME COD. ATLETA FISI 2014 FISI 2013 BATTAGLIA Stefano 148RJ 462,65 426,65 BIANCHINI Giorgio 0DMTE 487,17 528,80 CALEGARI Alberto 4HAEF 0 599,80 CALEGARI Sara 4HAEE 257,99 227,99 CAMNASIO Erica 86H0K 444,48 408,48 CARCANO Alessandro 3WHNL 182,49 158,49 CARCANO Silvio 3WMY0 308,03 312,63 CITTERIO Marco 3X35N 513,99 463,99 COCCIOLETTI Piero 81FHX 551,90 578,28 FRIGERIO Ortensio 4H5YF 471.91 496,75 INGRILLI’ Gianluca 3E7H2 328.29 298,29 MAURI Enrico 02KX8 157.65 173,14 MAURI Maria Luisa 4H7DT 85,20 87,64 MECIANI Lorenzo 81FTE 446,58 410,58 PANVINI Alessandra M083A 482,48 0 POZZI Andrea 0DL0C 433,52 397,52 SORESI Fabio 04WRJ 263,39 269,09 VANZAN Roberto 4L78F 580,92 530,92 28 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 In grassetto le gare raccomandate Tipo RQ S - RQ G CR S - CR G CR S - CR G CR S - CR G RQ S - RQ G RQ S - RQ G CI CIT MAS RQ S - RQ G RQ S - RQ G LIBERA RQ S - RQ G RQ S - RQ G RQ S - RQ G RQ S - RQ G RQ S - RQ G RQ S - RQ G CIT MAS CIT MAS CIT MAS LIBERA RQ S - RQ G CI CIT MAS CI CIT MAS LIBERA RQ S - RQ G RQ S - RQ G CI CIT MAS CI CIT MAS RQ S - RQ G RQ S - RQ G GARA SOCIALE Data 28-Dec 4-Jan 5-Jan 6-Jan 11-Jan 11-Jan 11-Jan 18-Jan 18-Jan 18-Jan 24-Jan 25-Jan 25-Jan 1-Feb 1-Feb 1-Feb 1-Feb 7-Feb 8-Feb 8-Feb 8-Feb 21-Feb 22-Feb 22-Feb 1-Mar 1-Mar 7-Mar 8-Mar 15-Mar 29-Mar 22-Mar Km. F 5 5 5 5 5 15 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 10 5 5 5 10 5 5 5 15 5x3 5 7,5 Km. M 10 10 10 10 10 30 10 7,5 10 10 10 10 10 10 10 10 10 15 10 10 10 15 10 10 10 30 7.5 x 3 10 15 Località Devero Valdidentro Valdidentro Valdidentro Roncobello S. Michele Formazza Folgaria Cunardo Schilpario Val Formazza S. Maria Maggiore Conca dell’Alben Piana di Gaver Brinzio Clusone Val Sozzine Ceci le Vallette Folgaria Folgaria Schilpario Ceppo Morelli Vermiglio Vermiglio Val Vigezzo Roncobello Chiesa Valmalenco Passo Coe Passo Coe Piani di Bobbio Piani di Bobbio Riale sc roncobello ski pool brianza sc folgaria sc folgaria sc lissone sc comunita’ montana valsassina passo dopo passo sc valle anzasca sci fondo val di sole sci fondo val di sole sc valle vigezzo sc valserina sc bagolino sci nordico varese sc 13 clusone sc adamello av sc bobbio gronlait orienteering sc terme euganee Organizzazione sc antigorio sc alta valtellina sc alta valtellina sc alta valtellina sc roncobello sc formazza gronlait orienteering sc cunardo sc schilpario Il calendario delle gare FISI 201 - 2015 passodopopassonews55 29 Denominazione memorial attilio giboni campionato regionale campionato regionale campionato regionale trofeo nikolajewka trofeo crosetti camp. it. citt. mas. granfondo trofeo ilop trofeo togni criterium brianza trofeo s. silvestro trofeo angela e maurizio memorial cosi laura memorial ivo baraldi tr. città di clusone trofeo altavalcamonica trofeo reposi trofeo del barba trofeo euganeo criterium brianza trofeo sc valle anzasca camp. it. citt. master camp. it. citt. master criterium brianza tr.veterani sportivi e valerio milesi coppa gigi mariani-coppa Lombardia camp. it. citt. mas. granfondo camp. it. citt. staffetta trofeo mariani-coppa Lombardia coppa valsassina-coppa Lombardia TL TL TL TL in linea TC TC TL TL in linea TC TL TL in linea staffetta mix TL TL staffetta TL TL TL TC TC TC in linea TC TL TL in linea TL hr 15:00 TC Tecnica Gimkana Le nostre Granfondo Il calendario è ricco e vario con qualche novità per renderlo sempre più interessante. Chi avrà modo di collaudarle, ci faccia sapere come è andata, a beneficio degli amici PdP. Data Denominazione Località Distanza Tecnica 12.12.2014 La Sgambeda Marathon Livigno 42 TL 13.12. Pro Team Tempo Livigno 15 TC a squadre 14.12 La Sgambeda Classic Livigno 42 TC 21.12. Turmasi Vermiglio 22 TL 11.1.2015 Pustertaler Ski Marathon Dobbiaco 60 TC 11.1. Monterosalauf Gressoney St. Jean 30 TL 17.1 Millegrobbe Lavarone 10 TC a cronometro 18.1 Millegrobbe Lavarone 40 TC 18.1 Promenade Valle Stura Vinadio 45 TL 4.2 Moonlight Classic Alpe di Siusi 20 - 36 TC 22.1 Lavazeloppet Passo Lavazè 22 TC 25.1 Marcialonga Val Fiemme e Fassa 70 TC 1.2 Comelgo Loppet Padola Comelico 42 TC 1.2 Granfondo Val di Vizze Val di Vizze 25-42 TL 4.2 Moonlight Classic Alpe di Siusi 15-30 TC 7.2 Dobbiaco - Cortina Dobbiaco 30 TL 8.2 Cortina-Dobbiaco Cortina 42 TC 7.2 Marciagranparadiso Cogne 25 - 45 TL 8.2 Marciagranparadiso Cogne 25 - 45 TC 14.2 Granfondo Val Casies Val Casies 30 - 42 TC 15.2 Granfondo Val Casies Val Casies 30 - 42 TL 21.2 Marciabianca Enego 25 - 50 TL 1.3 Granfondo Val Ridanna Val Ridanna 25 - 42 TL 13.3 Campi di Battaglia Gallio 25 TL a squadre 30 p a s s o d o p o p a s s o n e w s 5 5 News ISCRIZIONE ALLE GARE FISI Si devono fare entro il giovedì sera: - con mail a: [email protected] - con SMS o chiamando il 331 7214227. Si ricorda che le iscrizioni per tutti i soci alle gare FISI (escluse le Granfondo) e al Criterium della Brianza sono a carico del PdP. Attenzione! Se ci si iscrive ad una gara e poi non si partecipa, la quota di iscrizione deve essere rimborsata alla società. TESSERAMENTO FISI E PDP Chi è interessato alla tessera FISI deve farne richiesta alla società entro dicembre, sempre via email o cellulare. Dopo la festa del 29 novembre le tessere sono disponibili presso DAMENO SPORT – viale Affori,11 – Milano. Per il versamento della quota sociale è possibile (e raccomandabile) fare un bonifico con IBAN IT 35 W 05428 01602 0000000 19791 intestato al nostro tesoriere Alessandro Carcano. AGENDA DELLO SCIATORE Il link per vederla www.fisi.org/federazione/agenda. WEEK END AD ASIAGO Il Criterium della Brianza il 28 febbraio e 1 marzo organizza un fine settimana sciistico sulle piste di Campomulo, pernottamento ad Asiago. Sul sito del Criterium tutte leinformazioni. MONDIALI MASTER IN RUSSIA Si svolgeranno dal 14 al 20 marzo 2015, a Syktyvkar capitale della Repubblica di komi, 1400 km oltre Mosca. Non sono proprio fuori porta, ma come sempre il PdP sarà presente con qualche suo degno rappresentante che non mancherà di farsi onore. SKIPASS DI MODENA È stato presentato allo Skipass di Modena, tradizionale rassega di inizio stagione dello sci, il nuovo “Manuale di allenamento per lo sci di fondo” scritto dalla Scuola Tecnici Federali Coni. Duecento pagine che coprono tutti gli aspetti dello sci di fondo:dalle caratteristiche della disciplina ai principi dell’adattamento e dell’allenamento, ai principi metodologici, alla determinazione dell’intensità di allenamento e della classificazione dei mezzi di allenamento, allo sviluppo delle capacità motorie fino all’organizzazione e costruzione del processo di allenamento. Il libro costa 50 euro, per informazioni scrivere a [email protected]. Il PdP era ovviamente presente a Modena con una sua inviata speciale e con il nostro giornalino in bella vista. Arena Civica viale Repubblica Cisalpina, 3 20154 Milano Telefono 331 7214227 Fax 02 2629 760 www.pdponline.it [email protected] CONSIGLIO DIRETTIVO Piero Radovan Presidente Fabio Soresi Vice Presidente Alessandro Carcano Luca Ingrillì Luisa Mauri Alessandra Panvini Paolo Pozzi Hanno contribuito a questo pdpnews: Bianchini Giorgio Carcano Silvio Camnasio Erica Ingrillì Luca Meciani Lorenzo Panvini Alessandra Pozzi Paolo Radovan Piero Soresi Fabio Progetto grafico: ’48 Impaginazione: Giulia Bertotti Novembre 2014 “All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una Presenza che accompagna”. Papa Francesco Buon Natale a tutto il PdP! passodopopassonews55 31 Marchi e Loghi - Depliant Modulistica - Cataloghi Pubblicità - Packaging Siti internet - Allestimenti [email protected] - www.quarantotto.it