Network EMILIA - Arcidiocesi di L`Aquila

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Network EMILIA - Arcidiocesi di L`Aquila
2 | Domenica 31 luglio 2011
| Vita diocesana
VolaL’Aquila
Quella tragica
storia di un
povero clown
“Noi potremmo avere grandi responsabilità se
non sappiamo presentare ilVangelo in tutta la
sua forza e la sua bellezza”.
’è una storiella interessante,
narrata la prima volta da
Kierkegard, ripresa da Harvey Cox
nel suo libro ‘La città secolare’ e
commentata anche, prima che
diventasse Papa, dall’allora teologo
Joseph Ratzinger, nella sua opera
‘Introduzione al Cristianesimo’. «La
storiella – riferisce il teologo Ratzinger –
narra di un circo viaggiante in
Danimarca colpito da un incendio. Il
Direttore mandò subito il clown, già
abbigliato per la recita, a chiamare aiuto
nel villaggio vicino, oltretutto perché
c’era il pericolo che il fuoco,
propagandosi attraverso i campi da poco
mietuti e quindi secchi, s’appiccasse
anche al villaggio. Il clown corse
Importante ed urgente
affannato al villaggio, supplicando gli
è salvare i nostri
abitanti ad accorrere al circo in fiamme,
per dare una mano a spegnere
fratelli dall’inferno
l’incendio. Ma essi presero le grida del
dell’ateismo e aiutarli a
pagliaccio unicamente per un
astutissimo trucco del mestiere,
trovare Gesù Cristo
tendente ad attirare il maggior numero
possibile di persone alla
rappresentazione, per cui lo applaudivano, ridendo sino alle lacrime. Il
povero clown aveva più voglia di piangere che di ridere e tentava inutilmente
di scongiurare gli uomini ad andare, spiegando loro che non si trattava
affatto di una finzione, d’un trucco, bensì di un’amara realtà, giacché il circo
stava bruciando per davvero. Il suo pianto non faceva altro che intensificare
le risate: si pensava che egli recitasse la sua parte in maniera stupenda .…. La
commedia continuò così finché il fuoco s’appiccò realmente al villaggio e
ogni aiuto giunse troppo tardi: villaggio e circo finirono entrambi distrutti
dalle fiamme». Questa storia ha provocato sempre in me due diverse
riflessioni. La prima riguarda coloro (e sono tutti i battezzati) che sentono il
dovere fondamentale di portare al mondo la buona notizia del Vangelo.
Spesso ci lamentiamo di non essere capiti o, addirittura, di non essere
C
neppure ascoltati. Chiediamoci se, per
colpa nostra, rendiamo ridicolo o poco
credibile l’annuncio del Vangelo. Il
povero clown del circo danese non aveva
colpa per il suo vestito strano. Noi,
invece, potremmo avere grandi
responsabilità se non sappiamo
presentare il Vangelo in tutta la sua forza
e la sua bellezza. L’altra riflessione
riguarda i destinatari dell’annuncio.
Nessuno fra gli ascoltatori del clown ha
avuto la saggezza di verificare la verità
della notizia portata da questo
pagliaccio. Il portatore della notizia era
chiaramente ridicolo. Ma ….. e se le sue
parole fossero state vere? E mi vengono
in mente tutti coloro che trovano sempre
mille scuse per non accogliere il Vangelo.
Dicono che non credono a causa delle
colpe e dell’arretratezza della Chiesa e
dei suoi ministri. Ma come quella volta
l’incendio venne veramente e distrusse
sia il circo che il villaggio, così la tragica
storia può ripetersi. Ed a causa della
nostra superficialità rischiamo di perdere
l’appuntamento più importante della
nostra vita: quello con l’ora della nostra
salvezza. Forse, c’è poi, un’ultima
LA CITTÀ DEI RAGAZZI HA
TROVATO UNA SEDE STABILE
L’iniziativa,
attuata da
insegnanti
aquilani, è stata
patrocinata dal
Ministero della
Pubblica
Istruzione.
due anni dall’avvio del progetto “La
Città dei Ragazzi”, l’opera educativa
potrà disporre nel prossimo autunno di
una sede definitiva in Via Alba Fucens, in
contrada Romani. La struttura identificata per
la nuova sede è situata in una zona della città
facilmente raggiungibile con il trasporto
pubblico urbano. Gli studenti saranno accolti
A
riflessione. Anche noi vescovi, preti e
laici, rischiamo di perdere tempo con
questioni marginali e di non affrontare il
problema di fondo: portare Dio a questo
mondo, che ne ha estremo bisogno. Un
piccolo esempio. Qualche quotidiano, in
questi giorni, non è stato proprio
benevolo con il Vescovo. E ringrazio
infinitamente tutti coloro che mi hanno
dimostrato la loro vicinanza affettuosa.
C’è un messaggio che riassume tutti gli
altri: «Se stai sotto la croce per amore è
segno che Lui ti ama tanto. Coraggio!
Elsa». E le prove, qualunque sia il loro
peso, sono anche un’occasione preziosa
per partecipare alla Passione di Cristo e
convertirsi. Ma, alla fine, vale davvero la
pena rispondere a delle accuse ridicole,
anche se ingiuste? Non è forse anche
questo un distogliere l’attenzione da ciò
che è più importante ed urgente?
Importante ed urgente è salvare i nostri
fratelli dall’inferno dell’ateismo e aiutarli
a trovare Gesù Cristo. Il resto è tutta una
perdita di tempo e una colossale fesseria.
+ Giuseppe Molinari
Arcivescovo Metropolita dell’Aquila
per l’aiuto allo studio da volontari,
universitari e adulti, insegnanti e non,
che metteranno a disposizioni dei ragazzi
le proprie competenze nelle varie
discipline. La Città dei Ragazzi ha origine
nell’estate del 2009 grazie ad un progetto
elaborato da insegnanti dell’associazione
Diesse (Didattica e Innovazione
Scolastica) e approvato dal Ministero della
Pubblica Istruzione. Alla prima sede,
localizzata nelle due tensostrutture presso
l’Itis di Collesapone, è seguita quella
messa a disposizione dalla società Consta
in alcuni container modulari a Sant’Elia.
Poter disporre di una struttura definitiva è
un segno importante per l’associazione di
volontariato che continua a far vivere
quest’opera. Il fiore nato dalle macerie del
terremoto continuerà a crescere con
l’impegno e la responsabilità di chi ne
condivide le finalità senza perdere di vista
l’origine che l’ha generata: l’esperienza di
una compagnia accomunata dal percorso
di fede nato dal carisma di Don Giussani.
Angela Alfonsi
Tanti sono gli svaghi per cui i giovani potrebbero stare a casa, ma la gioia dell’oratorio è impagabile
Perchè L’Aquila ha bisogno dei grest?
a un po’ di tempo mi frulla una
domanda per la testa: perché la
città dell’Aquila dovrebbe avere
bisogno dell’Oratorio Salesiano?
Siamo nel 2011, la tecnologia fornisce ai
ragazzi qualsiasi tipo di svago, qualsiasi
gioco può essere simulato con sicurezza
nel salotto di casa propria, con la
televisione a fare da baby-sitter, venerato
residuo del secolo scorso, che
probabilmente resisterà anche alla terribile
profezia dei Maya. È vero, il gioco è uno dei
diritti dell’infanzia, ma qual è il problema? Possiamo sempre mandarli in
qualche squadra a fare sport: si sborsa qualche centinaio di euro, perché devono
essere tutti vestiti uguali, con tuta e borsone, maglia da gioco, maglia da
allenamento, il cappellino da sole e quello per il freddo.
Basta impacchettarli ben bene, mettere un’etichetta e spedirli subito dopo scuola
da un campo ad un circolo, da una palestra ad una piscina. Alla sera si butta tutto
in lavatrice, bambino compreso. E la socializzazione? Forse non mi sono
D
espresso bene: siamo nel 2011, c’è
facebook! Ognuno può fare amicizia con
chiunque, al calduccio della propria
camera da letto, nascosto dietro ad uno
schermo di grandezza variabile. Se poi
vogliono stare da soli basta premere un
pulsante, nulla di più facile. Addirittura si
possono avere migliaia di amici, avete
capito? Migliaia di persone che ci vogliono
bene, con le quali possiamo costruire una
fattoria virtuale, scambiandoci qualche
pollo e due travi di legno.
Perché la città dell’Aquila ne dovrebbe
avere bisogno? E’ complicato da spiegare:
io che non sono un educatore, ma un
semplice volontario, riesco solo a
percepirla. Credo che abbia a che vedere
con le ginocchia sbucciate o qualcosa del
genere. Forse sono i giochi, forse la fantasia
che viene stimolata. Magari è la curiosità di
conoscere altre persone, di vedere qualcosa
di più che il cortile sotto casa. Non so di che
si tratta, ma riesco a vederne gli effetti:
sono i sorrisi dei ragazzi. È il fiume di
persone che ogni giorno supera il cancello
di ferro dell’oratorio. Sono i genitori che
pensavano di trovare un semplice
parcheggio estivo e invece si rendono
conto che i propri figli stanno vivendo
un’esperienza straordinaria. I sorrisi,
quelli non mancano mai, non è roba da
ebeti, stile film di natale, ma espressione
fisica di una serenità naturale, fanciullesca.
Vedo tutto questo e penso: forse c’è
davvero ancora bisogno di un posto come
l’oratorio salesiano.
Fabio Zenadocchio