LA STRANA VICENDA DEL SIGNOR LADISLAO ILIC, FERROVIERE*

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LA STRANA VICENDA DEL SIGNOR LADISLAO ILIC, FERROVIERE*
LA STRANA VICENDA DEL SIGNOR LADISLAO ILIC,
FERROVIERE*
«Io sono le budella annodate di Tizio»**
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Oscuro, vario e screziato
Silente e riottoso arrampicatore di muri
Molle e inerme figurino
Senza scaglie né squame
Né piume
Sferzato da un umido Scirocco
Pauroso dei boschi
Invidioso di foreste e rupi
Per nulla bello
Men che meno gradevole, in verità
Orrendo nell’aspetto e nell’anima
Fredda e profonda, ricca di pesci
Pesci senza occhi.
Ululando, il gufo predatore chiese:
- Cosa sei Tu? Sei forse un diavolo?
- No. Io sono un uomo…
Il signor Ladislao Ilic amava il suo lavoro. Iniziò a fare il ferroviere a diciassette anni
e non lo lasciò più. Cominciò con l’impegno di un figlio di operaio ricco di ideali e pian
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comunista. Anche lì ebbe enorme successo. Il suo segreto, così diceva, era mangiar carne
cruda in grande quantità. Amava il gusto del sangue e l’elasticità un po’ molliccia dei
muscoli, la loro succosa fragranza.
Ne mangiava anche quattro o cinque etti a pasto, e si vantava di giacere con
svariate donne ogni singola volta. I suoi muscoli crebbero sani e forti,e al momenti dei fatti,
era un uomo enorme, alto quasi due metri e pesante un centinaio di chili. Una sera andò
alla casa del popolo, bevve qualche bicchiere di vino, ridendo e bestemmiando coi
compagni. Guardò poi il cipollone che aveva nel taschino e si congedò in fretta e furia.
Aveva un appuntamento galante con una signora trentenne, di origini magiare e dal seno
procace. Per prepararsi aveva ingurgitato, in maniera quasi selvaggia, una grande
quantità di carne cruda.
Il giorno dopo decantò i suoi prodigi amatori con la provocante signora, e dopo
qualche bicchiere di troppo, si esaltò gridando e sbracciandosi come un ossesso. Egli non
aveva bisogno di niente. Niente dio. Niente capi. Niente classi sociali. Niente
sovrastrutture. W il proletariato! W il comunismo! Niente di niente. Lui bastava a se stesso.
Era troppo più forte, troppo più importante di tutto. avrebbe potuto spostare un treno con la
sola forza delle sue mani callose, se solo avesse voluto. E questo lo avrebbero dovuto
fare anche i suoi compagni. In Vino Veritas! Arrivò a tastoni, sbronzo come una spugna,
alla porta di casa. L’aprì, si sedette sul divano e si addormentò quasi sul colpo.
Nelle carni che aveva in corpo, lavorate dallo stomaco, le larve esalante, munite di
sei piccoli uncini, mutavano in tante piccole cisti, Cysticercus Bovis, piccole vescicole
contenenti del liquido. Al loro interno si poteva evidenziare chiaramente lo scolice, con le
sue quattro ventose che avrebbe permesso una perfetta aderenza successivamente
all’intestino.
Il signor Ladislao Ilic si risvegliò lentamente, nient’affatto consapevole di ciò che il
suo corpo, suo tempio sacro, sostitutivo dei vecchi, dei falsi e corrotti, gli stava
prospettando. Passarono diverse settimane e si avvicinava l’inverno. Ma se ne curò poco.
Cambiò solo la sua tuta blu da lavoro, indossando quella più pesante. Ma sotto lasciava
che il suo petto virile e villoso si fortificasse ancora di più.
Al momento dei fatti, data la grande considerazione di cui godeva tra i compagni, e
soprattutto data la grande considerazione che aveva di se stesso, la cosa risultò piuttosto
sorprendente. I succhi gastrici, prodotti in grande quantità dal fisico sano di quest’uomo da
cento chili, avevano lentamente sciolto la vescicola e avevano liberato nell’intestino lo
scolice. Questo si era fissato saldamente alla parete intestinale e aveva cominciato a
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produrre i primi sintomi. Una mattina il signor Ladislao Ilic si svegliò tutto gasato dalla sera
precedente, dove un’altra donna era caduta ai suoi piedi. Ma l’entusiasmo durò proprio
poco. Non fece neanche a tempo di alzarsi definitivamente dal letto che subito le venne un
forte dolor addominale e una serie ripetuta di conati di vomito. Si precipitò in bagno, ma ci
arrivò alla bell’e meglio, con le gambe molli e le braccia a penzoloni. Ma lui era un uomo
duro, e non si sarebbe lasciato impressionare da una banale influenza. Non sapeva però
in realtà cosa fosse.
Nel suo corpo, il Taeniarhynchus saginatus cominciava a crescere, assorbendo i
suoi liquidi intestinale con grande voracità.
Il periodo di prepatenza durò, come è solito in molti casi, circa due-tre settimane.
Il lavoro quel giorno cercò di farlo passare senza dare a vedere la sua debolezza.
Non è da veri uomini! Non è da veri comunisti! Evitò con cura le mansioni più usuranti,
senza tuttavia mostrare che non potesse o non avesse voglia di farle. Alla pausa pranzo
non fu un problema mostrare che non stava male. L’appetito le era rimasto intatto, anzi le
era aumentato. Ingurgitò una doppia porzione di polpette, con relativa doppia porzione di
patate, una bistecca, del riso al sugo di carne e non disdegnò una ennesima doppia
razione di dolce.
Tuttavia le cose non migliorarono. I dolori addominali e i conati di vomito
proseguivano con regolarità sempre più frequente. poi, rimettendosi le braghe, si accorse
di essere dimagrito. Tirò fuori una vecchia cintura dall’armadio, di almeno vent’anni prima,
per il semplice motivo che non aveva mai dovuto metterne una. La strinse al primo buco.
Dopo pochi giorni dovette passare subito al secondo. Poi al terzo. Poi al quarto. E così via.
L’appetito però non diminuiva mai, anzi cresceva in maniera inversamente proporzionale
al restringimento della cintura. Il direttore, il signor Dorino Emme, che lo conosceva da più
di vent’anni e non l’aveva mai visto così deperito, cominciò a informarsi della sua
situazione. Il signor Ladislao Ilic ovviamente negò in tutti i modi di avere dei problemi di
salute, e addusse la vana scusa che alle donne non piace più l’uomo muscoloso, ma
quello longilineo. Aveva quindi adottato una dieta speciale in cui avrebbe mangiato solo a
pranzo e niente a cena. Ma in realtà a cena mangiava più che a pranzo, solo che nessuno
poteva vederlo.
La pantomima continuò per diversi giorni, con il direttore e i compagni di lavoro
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Il Taeniarhyncus saginatus cresceva a dismisura e velocemente, favorita dalla
naturale predisposizione del suo ospite a trangugiare grandi quantità di cibo. Dall’ospite
intermedio si era finalmente giunti all’ospite definitivo. Dal piccolo scolice si erano formate
tante piccole proglottidi, di un po’ meno di due centimetri l’una, con al loro interno
entrambe le gonadi, sia quella maschile che quella femminile, molto utile per una vera
autosufficienza. Ogni proglottide gravida poteva rilasciare migliaia di uova. E ormai le
proglottidi erano poco meno di duemila. Il parassita era lungo quasi dieci metri.
Praticamente costretto, il signor Ladislao Ilic, ferroviere, comunista, uomo dalla
grande virilità e ora ridotto a poco più di una larva, si dovette recare da un dottore. Le
prelevò del sangue e le chiese anche un campione di feci e di urina per degli esami più
approfonditi. La settimana seguente arrivarono i risultati. Il referto fu, ovviamente, teniasi
da Taeniarhyncus saginatus, meglio conosciuto come tenia saginata, meglio conosciuta
come verme solitario, riscontrabile per via dei proglottidi e delle uova liberate nella feci. Il
medico, anch’egli comunista e vecchio compagno di scuola del fratello maggiore, le chiese
inizialmente se per caso avesse mai assunto carne cruda o poco cotta, in particolare di
bovino. La risposta fu, con un certo orgoglio, affermativa. Allora le consigliò dei farmaci
specifici per poter staccare lo scolice della tenia dalla parete intestinale, accompagnati da
una potente serie di lassativi che avrebbero, con il tempo, eliminato tutte le proglottidi
gravide di uova. In caso di mancata efficacia dei farmaci, si sarebbe reso necessario un
piccolo intervento chirurgico per l’asportazione meccanica della testa del parassita. Qui il
signor Ladislao Ilic mostrò tutta la sua ostinazione: rifiutò entrambe le soluzioni. Quasi
gridando e prendendo a male parole il medico, compagno di vecchia data, sostenne che i
veri uomini non hanno bisogno di queste cose. Figuriamoci se mi faccio sfottere da uno
schifosissimo verme. Pare che furono queste le esatte parole.
Il Taeniarhyncus saginatus non ha nemmeno bisogno di un apparato digerente e di
un sistema nervoso. Assorbe le sostanze nutritive già predigerite dall’intestino. Questo è
chiamata regressione parassitaria. Ma più che di regressione si può tranquillamente
definirla evoluzione.
I buchi della cintura ben presto non bastarono più, e ne dovette fare degli altri nuovi.
Non voleva sentire ragioni. Niente lassativi. Niente intervento. Voleva dimostrare che era
più forte di un fottuto verme. Piatto, oltretutto. Ridusse sensibilmente le portate,
nonostante il suo fisico richiedesse sempre più cibo, fino a che si ritrovò praticamente a
non mangiare quasi più niente, bevevo solo vino. Era sempre sbronzo e di cattivo umore.
Ai continui dolori addominale si aggiunsero anche dei forti attacchi di diarrea.
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Il Taeniarhyncus saginatus ha la capacità di premere sullo sfintere dell’orifizio anale
per liberarsi ancora più velocemente delle proglottidi gravide e per far espandere la
progenie.
Per qualche giorno la situazione parve migliorare, il signor Ladislao Ilic non perse
più peso per circa una settimana, e credette di aver sconfitto l’immonda bestia. Ma
nessuno l’aveva avvertito della straordinaria resistenza dei vermi solitari, tra l’altro capaci
di sopravvivere in uno stato latente per diversi anni. Ricominciò a mangiare e a soddisfare
la sua incessante ingordigia, assumendo anche la tanto bramata carne cruda. E quella
stessa sera ricominciarono i dolori. Lancinanti e continui. La tenia aveva ricominciato a
scavare nelle sue viscere. Riprese allora a non mangiare. Non sia mai che un invertebrato
del cazzo possa sconfiggere il grande Ladislao Ilic, ferroviere, compagno, lavoratore
instancabile e amante appassionato.
La salute lo abbandonò ormai completamente. Fu costretto ad abbandonare il
lavoro. Si prese tre mesi di aspettativa. Le sembrava di tradire la causa. La sua causa.
Non si reggeva più in piedi. Ma non si sarebbe mai dato per vinto. L’uomo è più forte
dell’animale. L’uomo mette l’animale sotto il proprio giogo. L’uomo l’animale se lo mangia.
Una grave complicazione del Taeniarhyncus saginatus è data dalla penetrazione
del suddetto verme nel dotto di Wirsung con successiva necrosi del pancreas.
Ma non succede praticamente mai.
Al signor Ladislao Ilic successe. Ma ormai non si muoveva più dal letto. I suoi
compagni avevano perfin paura ad andarlo a trovare, per le se violente reazioni che egli
aveva nei loro confronti. Non voleva essere visto così. Non poteva apparire debole, egli
era, voleva essere e sarà un uomo forte. Sempre e comunque.
Il verme si depositò anche sulla parete dell’appendice, irritandola. Non ci volle molto
perché l’infiammazione si trasformasse in appendicite e poi in peritonite. Ostinato e ottuso,
il signor Ladislao Ilic, nel pieno dei suoi anni, continuava a rifiutare le cure. O io o lui.
Questo era ormai il suo motto. Pesava quasi cento chili, ormai non raggiungeva i trentotto.
Un pomeriggio di metà maggio, in una radiosa giornata quasi estiva, il signor
Ladislao Ilic, ferroviere e comunista, gran lavoratore e amante appassionato, uomo
ostinato e ottuso, ai limiti della pura idiozia, si spense nel suo letto senza dire niente.
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