Allegato A Relazione al Piano _aprile 2011
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Allegato A Relazione al Piano _aprile 2011
PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Allegato A Relazione al Piano allegata alla delibera redatta per la riunione Assembleare del 18 aprile 2011 Servizio Parco Adamello: Dott. Alessandro Ducoli Aprile 2011 1 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 2 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO INQUADRAMENTO TERRITORIALE piano di indirizzo forestale (PIF) interessa il settore nord del Parco Regionale dell’Adamello, in provincia di Brescia, nei comuni di Ponte PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE: AREA DI STUDIO Il presente piano di settore con valenza di di Legno (il 41% del territorio comunale è compreso nel PIF), Temù (48%), Vione (26%), Vezza d'Oglio (20%) e Incudine (44%). La zona interessata dallo studio ha un’estensione di circa 9.000 ha, e i sui limiti corrispondono a nord con il confine del Parco regionale dell’Adamello (Monte Tonale Occidentale, Cima le Sorti, e il fondovalle sulla sinistra idrografica del fiume Oglio), a est con il confine regionale con il Trentino Alto Adige (fino alla cima del Monte Mandrone, 3282 m s.l.m.), a sud e ovest con i confini comunali di Edolo e Saviore dell’Adamello. Il territorio è compresa fra una quota minima di 890 m s.l.m. (confine tra i Comuni di Edolo ed Incudine) a quella massima di 3.323 m s.l.m. della Punta del Venerocolo. L’esposizione prevalente è settentrionale ad esclusione delle pendici poste a nord del tratto della SS 42 (Strada Statale del Tonale e della Mendola) che collega Ponte di Legno al Passo del Tonale in esposizione sud. L’orografia dell’area è fortemente caratterizzata dalla presenza del crinale al confine ovest e sud che, sviluppandosi con andamento NE/SW, è marcato dalle cime del Monticello Superiore (2.608 m s.l.m., presso il Passo Paradiso), della Punta di Castellaccio e dal Monte Mandrone (3.282 m s.l.m.); da qui, proseguendo in direzione E/W, giunge fino alla Bocchetta Del Foppone in Comune di Incudine (sotto il Monte Aviolo, 2.881 m s.l.m.), passando per Monte Venezia (3.289 m s.l.m.), Monte Narcanello (3.250 m s.l.m.), la già citata Punta del Venerocolo e le Cime di Vallaro (2.900 m s.l.m.). Il limite nord dell’area studiata è invece sostanzialmente definito dal fondovalle del Fiume Oglio, con esclusione del tratto a nord della valle del Torrente Oglio Narcanello, dove risale in vario modo il versante NW del Monte Tonale Occidentale. Numerosi crinali secondari circondano le incisioni vallive dei tributari dell’Oglio in gran parte disposti in direzione Sud-Nord. L’insieme di queste pendici in sinistra orografica del Fiume Oglio vengono definite al “vago”, cioè in ombra, mentre sono dette “solive”, cioè soleggiate, le pendici in esposizione meridionale. Queste ultime sono limitate al versante sottostante il crinale che collega il Monte Tonale Occidentale (2.693 m s.l.m.), Cima Bleis (2627 m s.l.m.) e Cima le Sorti (2432 m s.l.m.). Di rilievo la presenza nella zona sud-est del territorio in esame del ghiacciaio del Pisgana da cui si origine il Torrente Oglio Narcanello, tra i principali tributari originari del Fiume Oglio. ASPETTI CLIMATOLOGICI 3 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO L’ambito territoriale cui si riferisce il presente piano di indirizzo forestale, come già accennato, si estende su due versanti ad esposizione opposta, notoriamente identificabili come zona del “vago” e del “solivo”, cui afferiscono condizioni microclimatiche sostanzialmente differenti. Per lo studio e l’interpretazione dei parametri climatici sono stati utilizzati i dati ricavati dalla quinta revisione del Piano di Assestamento delle proprietà silvo-pastorali del Comune di Vione redatto dal tecnico assestatore dott. for.le Riccardo Mariotti, Direttore Tecnico del Consorzio Forestale Due Parchi. I dati in particolare sono stati ricavati dalle: - serie giornaliere elaborate rilevate dalla stazione meteorologica del lago d’Arno nel trentennio 1950-1980; - serie giornaliere elaborate rilevate dalla stazione meteorologica del lago d’Arno nel decennio 1990-2000; - serie giornaliere elaborate rilevate dalla stazione meteorologica di Edolo nel periodo 1992-2003. Le due stazioni di riferimento sono rappresentative delle condizioni climatiche riscontrabili nell’area oggetto dello studio di settore; in particolare, quella del Lago d’Arno, fornisce indicazioni valide per i territori posti alle quote superiori (orizzonte altimontano, subalpino e alpino), quella di Edolo, fornisce dati attendibili per le aree poste alle quote inferiori (orizzonte montano). Di seguito si espongono le elaborazioni mensili ottenute dai dati relativi alle precipitazioni medie, ai giorni di pioggia e alle temperature medie. Stazione Gen. (mm) Feb. (mm) Mar. (mm) Apr. (mm) Mag. (mm) Giu. (mm) Lugl. (mm) Ago. (mm) Sett. (mm) Ott. (mm) Nov. (mm) Dic. (mm) TOTALE (mm) 55 50 94 105 151 149 138 134 133 145 123 71 1.348 67 55 95 87 160 196 155 144 202 263 186 101 1.711 39,9 19 48,2 72,7 77,4 101,8 93,7 124,8 89,6 124,7 136,3 46,8 975 L. Arno (19501980) L. Arno (19902000) Edolo (19922003) Tabella 1 Precipitazioni medie mensili in mm (elaborazione dott. for.le Riccardo Mariotti) La rappresentazione grafica evidenzia i periodi in cui sono concentrate le precipitazioni, siano esse di carattere nevoso o piovoso, ed i relativi picchi: si notano le differenze fra la stazione sita a quote elevate (circa 2.000 metri s.l.m.) e quella inferiore (circa 700 metri s.l.m.), sia in termini di quantità che di distribuzione, oltre che le differenze tra il periodo più remoto e quello più recente a livello della stazione del Lago d’Arno (aumento delle precipitazioni in generale, con presenza di picchi più accentuati a giugno e ottobre: uno nella stagione primaverile ed il secondo in quella autunnale, dovuti probabilmente alla presenza di correnti caldo – umide). PRECIPITAZIONI MEDIE MENSILI in mm PER STAZIONE METEOROLOGICA L. d'Arno(1950-1980) Edolo (1992-2003) L. d'Arno(1990-2000) 300 250 mm 200 150 100 50 0 GEN FEB MAR APR MAG GIU mesi LUG AGO SET 4 OTT NOV DIC PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Per quanto riguarda i giorni caratterizzati da precipitazioni piovose o nevose si osserva che, alle quote inferiori, è minore oltre che la precipitazione caduta, anche il totale dei giorni di pioggia conteggiati mensilmente, come evidenziato in tabella n. 2. Stazione L. Arno (19501980) L. Arno (19902000) Edolo (19922003) Gen. N Feb. N Mar. N Apr. N Mag. N Giu. N Lugl. N Ago. N Sett. N Ott. N Nov. N Dic. N TOTALE N 7 6 8 11 15 13 12 10 10 9 9 7 117 6 4 3 10 15 15 12 10 9 12 9 7 112 4 3 5 9 10 12 10 11 9 8 9 6 96 Tabella 2 Giorni di pioggia mensili: la soglia minima per il giorno piovoso è pari a 0,4 mm (elaborazione dott. for.le Riccardo Mariotti) La temperatura media mensile (media aritmetica della temperatura massima e minima riscontrate mensilmente) rimane sempre positiva nella stazione di Edolo, mentre scende sotto lo zero nella stazione del lago d’Arno. In quest’ultima stazione si registra un aumento dei valori nel più recente periodo di calcolo a seguito del generalizzato innalzamento delle temperature medie dovuto al progressivo riscaldamento dell’atmosfera. Confrontando infatti i dati rilevati al lago d’Arno nell’ultimo decennio con quelli del trentennio precedente, si osserva un generale aumento della temperatura media mensile (tranne che per il mese di febbraio che ha segnato una lieve diminuzione), aumento che raggiunge i 3 gradi centigradi nei mesi di gennaio e agosto. Stazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lugl. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic. Lago D’Arno (1950-1980) -4,7 -0,7 -0,7 2,6 6,2 9,6 11,7 11,1 8,5 4,2 -0,2 -3 Lago D’Arno (1990-2000) -1,67 -0,77 1,29 3,29 8,42 10,58 13,8 14,17 9,67 5,94 1,14 -1,64 Edolo (19922003) 0,8 2,5 6,7 9,4 14,4 17,7 19,3 19,4 14,5 10,3 4,3 1,7 media -1,9 0,3 2,4 5,1 9,7 12,6 14,9 14,9 10,9 6,8 1,7 -1,0 Tabella 3 Temperatura media mensile (elaborazione dott. for.le Riccardo Mariotti) La tabella n.3 è riportata graficamente nel grafico seguente. TEMPERATURA MEDIA MENSILE in gradi C PER STAZIONE METEOROLOGICA L. d'Arno(1950-1980) Edolo (1992-2003) L. d'Arno(1990-2000) 30 25 20 15 °C 10 5 0 -5 -10 GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG mesi 5 AGO SET OTT NOV DIC PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO L’elaborazione stagionale dei dati di piovosità, temperatura e umidità relativa, è stata effettuata assegnando ad ogni singola stagione i seguenti intervalli mensili: - primavera: mesi di aprile, maggio e giugno; - estate: mesi di luglio, agosto, settembre; - autunno: mesi di ottobre, novembre, dicembre; - inverno: gennaio, febbraio, marzo. Le tabelle n. 4 e 5 riassumono, per ogni stagione, le precipitazioni medie ed i giorni di pioggia. STAZIONE L. Arno (1950-1980) L. Arno (1990-2000) Edolo (19922003) PRIMAVERA (apr/mag/giu) mm ESTATE (lug/ago/set) mm AUTUNNO (ott/nov/dic) mm INVERNO (gen/feb/mar) mm TOTALE ANNUO mm 405 405 339 199 1.348 443 501 550 217 1.711 251,9 308,1 307,8 107,1 975 Tabella 4 Precipitazioni medie stagionali in mm (elaborazione dott. for.le Riccardo Mariotti). STAZIONE L. Arno (1950-1980) L. Arno (1990-2000) Edolo (19922003) PRIMAVERA (apr/mag/giu) gg ESTATE (lug/ago/set) gg AUTUNNO (ott/nov/dic) gg INVERNO (gen/feb/mar) gg TOTALE ANNUO gg 21 39 32 25 117 13 40 31 28 112 31 30 23 12 96 Tabella 5 Giorni di pioggia stagionali (elaborazione dott. for.le Riccardo Mariotti). L’analisi dei dati esposti permette di inquadrare il regime climatico nel tipo sublitoraneo alpino, con discreto grado di continentalità, proprio delle vallate più interne e più alte in quota, dove l’influsso delle correnti caldo-umide provenienti dal lago d’Iseo stenta a percepirsi, per progressivo raffreddamento e perdita di umidità delle masse d’aria. Il flusso di aria calda è ostacolato nella risalita anche dall’orientamento delle vallate, perpendicolare a quello principale della Valle Camonica (direttrice principale delle correnti ascensionali calde provenienti dalla pianura). Il clima dell’area inoltre è influenzato anche dalle correnti fredde provenienti da NE dal Passo del Tonale. Le minime sono molto basse d'inverno e il sole riesce a scaldare poco anche di giorno. D'estate le nuvole di carattere locale sono spesso presenti, e i temporali sono violenti. Le vallate laterali, Val Paghera di Vezza, Val d'Avio e la valle Narcanello, presentano una morfologia articolata e stretta; qui il clima risente dell’esposizione Nord ma anche della presenza dei ghiacciai alle quote maggiori: ghiacciai del Pisgana est e ovest, ghiacciaio del Baitone, il ghiacciaio della Calotta e della vedretta d'Avio. Trasferendo al territorio in esame i risultati ottenuti dall’elaborazione dei dati ambientali forniti dalle stazioni di Edolo e del lago d’Arno, va sottolineato che si registrano delle variazioni anche considerevoli dei dati di temperatura e precipitazione. Ciò è dovuto in particolare alla morfologia piuttosto variabile del territorio, oltre che alla notevole escursione altimetrica. In ogni caso, restano valide le seguenti considerazioni generali: 6 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - l’andamento delle temperature varia notevolmente a seconda dell’esposizione dei versanti (versante solivo: temperature invernali più miti e caldo estivo accentuato; versante vago: minimi termici accentuati e temperature estive più fresche), con conseguenti influssi sulla vegetazione forestale (varianti xerofile o mesofile); - l’estensione del territorio in senso altimetrico induce una forte diversità per quanto riguarda le precipitazioni a carattere nevoso e la loro permanenza al suolo, con conseguente abbreviazione del periodo vegetativo alle altitudini più elevate (sopra i 1500 – 1600 m) e ridotte possibilità di sviluppo della vegetazione arborea (sopra i 1900 – 2000 m); - negli ultimi anni si è assistito ad una diminuzione sensibile degli eventi nevosi soprattutto alle quote medio– basse. INQUADRAMENTO GEO-PEDOLOGICO 1 Dal punto di vista geologico il territorio in questione è caratterizzato da una spiccata variabilità dovuta alla presenza del gruppo Adamello-Presanella. Circa 40 - 20 milioni di anni fa (età terziaria eocenico-oligocenica), periodo corrispondente alla fase finale di formazione rocciosa delle Alpi (costituite prevalentemente da rocce metamorfiche e sedimentarie), si introdusse, tra la linea delle Giudicarie e del Tonale, un grande corpo magmatico, cristallizzatosi in profondità (rocce ignee intrusive), denominato “Batolite dell’Adamello”. Il batolite è intruso entro le rocce metamorfiche, indicate come “basamento cristallino sud-alpino” (appartenenti al “dominio delle Alpi Meridionali”) che, in origine, costituivano una continua copertura del batolite. In seguito all'emersione delle Alpi, durante e dopo l'orogenesi, le forze erosive (acqua, vento e ghiaccio) agirono sulla superficie della terra, esponendo le formazioni rocciose del corpo magmatico al contatto con l’atmosfera. I corpi intrusivi, con volume relativamente piccolo, prendono il nome di “plutoni”. Dalle datazioni effettuate sulle rocce intrusive affioranti, si ritiene che la risalita del magma sia avvenuta in almeno cinque fasi e abbia formato i vari blocchi di roccia che costituiscono l'attuale Massiccio dell'Adamello chiamati, dal più antico al più recente, Plutone Re di Castello (42-40 Ma), Plutone Adamello (36-34 Ma), Plutone Avio (34-32 Ma), Plutone Corno Alto e Plutone Presanella(33-29 Ma). Inoltre sono presenti masse eruttive femiche di diversa età e limitata estensione, sparse nel gruppo montuoso. Dal punto di vista geomorfologico risulta ben visibile l'azione di modellamento riconducibile all’azione fluvio-glaciale, con evidenti profili a U delle vallate principali, solo localmente incise con profilo a V dall’azione erosiva dei corsi d’acqua. Le complesse vicende geologiche descritte, che interessano anche l’area in esame, fanno si che nell’area stessa si riscontrino diversi litotipi, o gruppi omogenei di rocce, i quali condizionano in maniera significativa la formazione dei suoli. 1 La principale fonte documentaria per i contenuti del paragrafo è rappresentata dal Piano di Assestamento delle proprietà silvo-pastorali del Comune di Vione redatto dal tecnico assestatore dott. for.le Riccardo Mariotti, Direttore Tecnico del Consorzio Forestale Due Parchi. 7 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO I suoli che si differenziano in corrispondenza delle diverse matrici geolitologiche presentano caratteri pedogenetici quanto mai variabili, nonché differenti attitudini a sopportare le cenosi forestali, mostrando condizioni evolutive sensibilmente diverse in ragione della più o meno pesante interferenza dovuta alle attività esercitate in passato dall'uomo (pascolo, disboscamenti del periodo bellico), comunque sempre riconducibili ai caratteri mineralogici propri della roccia madre da cui derivano. In corrispondenza delle stazioni di basso e medio versante, laddove allignano i soprassuoli afferenti alle classi ecologico-attitudinali a più spiccata vocazione produttiva, i profili pedogenetici presentano caratteristiche fisicochimiche abbastanza comuni, con buona ripartizione delle componenti granulometriche, presenza di abbondante scheletro, tessitura di medio impasto e contenuto in frazione argillosa localmente ottimale, fatto che agevola il mantenimento di un grado di freschezza sempre abbastanza elevato, soprattutto nelle esposizioni settentrionali, reazione da neutra a subacida. Nelle postazioni della fascia boscata più alte in quota, dove ai rigori termici si associano spesso anche condizioni di acclività e di rocciosità superficiale più accentuate, più evidenti risultano anche i danni riconducibili al pascolamento pregresso; i suoli si mostrano spesso superficiali, con bassi tenori di umidità e con locali fenomeni di erosione superficiale piuttosto accentuata. Nel complesso il livello di fertilità dei suoli della fascia boscata é da ritenersi abbastanza buono, localmente molto buono in corrispondenza di alcune aree in cui l’evoluzione del profilo non ha subito limitazioni dovute a pressione antropica. Nei boschi che hanno subito le interferenze più pressanti, legate all'esercizio del pascolamento in bosco la fertilità risulta ridotta. L'orizzonte umifero presenta caratteristiche molto variabili, in ragione dello spessore del terreno, della pendenza, dell'esposizione, della più o meno accentuata pressione antropica, e risulta molto condizionato dal carattere selvicolturale proprio del bosco che su di esso si evolve, in funzione delle variabilità strutturali, di densità e di composizione specifica. In linea di massima si riscontrano più frequentemente terre brune forestali piuttosto lisciviate, con profilo A, B, C, ovunque privo di carbonati, con B difficilmente distinguibile da A ad occhio nudo. Nelle condizioni migliori, in stazioni di basso versante ed esposizione settentrionale, possono essere presenti zone con humus dell’ordine moder (gruppo mormoder), in corrispondenza di soprassuoli a composizione mista di conifere e latifoglie mesofile tra cui acero di monte, frassino e betulla. L'orizzonte A è solitamente costituito da un sottile strato di lettiera (A0) in fase di veloce decomposizione, strati zoogenici (A1), di colore bruno, con reazione tendenzialmente sub-acida (pH 5,5-6,5). In A1 le sostanze umiche sono intimamente legate alla porzione minerale, attraverso complessi aggregati di argilla, humus, ossidi di ferro. Si tratta di terreni di fertilità media, tendenzialmente più elevata su substrati terrigeni-scistosi, almeno nelle condizioni migliori di freschezza. Nella maggior parte dei casi le terre brune forestali presenti entro il territorio d'indagine presentano però forme anche evidenti di lisciviazione, e questo comporta alcune alterazioni rispetto alla successione ed alla tipologia degli orizzonti sopra descritti. Le terre brune lisciviate sono proprie del bosco misto di latifoglie e conifere (specialmente ove prevalgono quest’ultime), presentano profilo A1, A2, B, C, con A2 poco differenziato e più ampio rispetto ad A1 ed a B, di profondità anche notevole, con indice di trasporto di ferro piuttosto ridotto. La lisciviazione risulta ancor più evidente dove la componente a foglia larga tende a scomparire del tutto, soprattutto in corrispondenza di soprassuoli monospecifici di conifere (sia nelle peccete sia nei lariceti), per lo più 8 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO giovani e chiusi, entro i quali gli orizzonti perdono il loro carattere di stabilità, mantengono frequentemente uno spesso orizzonte A0 costituito dalla lettiera indecomposta di aghi, con tendenza all'abbassamento del valore di pH (suoli acidi), evidenziano una netta differenziazione fra A2 (chiaro, limoso) e B (di colore rossastro), e comportano un maggiore trasporto degli ossidi di ferro verso gli strati più profondi del suolo. L’orizzonte umifero, è presente in maniera variabile; l’humus riscontrato appartiene all’ordine mor, dove domina l’attività fungina mentre l’attività della pedofauna resta limitata, il pH è basso ed il rapporto C/N elevato. Sono presenti i gruppi Hemimor e Humimor; il primo rappresenta la quota preponderante, tipico in boschi di conifere e climi freddi; il secondo, tipico in foreste di conifere a clima umido da temperato a subalpino, si riscontra nelle peccete montane dei suoli mesici. Questa situazione, particolarmente diffusa ed accentuantesi man a mano che il soprassuolo coetaneiforme e tendenzialmente puro procede nella fase dell'accrescimento, può comportare nel tempo anche sensibili variazioni nella qualità dei terreni, creando un ostacolo non indifferente per l'affermarsi della rinnovazione, principalmente dovuto alla formazione di un consistente strato di lettiera costituita di aghi, difficilmente degradabili dalla pedofauna presente, con evidenziazione di un orizzonte organico a moder micogenico o a mor. Di qui la necessità di favorire la polispecificità e la disetaneità strutturale dei soprassuoli. Dentro le formazioni chiuse e monostratificate, infatti, la formazione di humus patogenico si evidenzia con la formazione di miceli ben visibili anche a occhio nudo, posti al di sotto della lettiera, che tendono oltretutto ad impermeabilizzare il suolo ed a limitarne lo scambio gassoso con l'esterno, riducendo gravemente la possibilità di mantenere un’adeguata popolazione batterica, di micro e mesofauna terricola in grado di accelerarne i processi di mineralizzazione ed umificazione, con conseguente innalzamento del rapporto C/N. Pur essendo il processo di podsolizzazione da considerarsi generalmente incompiuto e transitorio, prova ne é la mancata differenziazione di un vero e proprio orizzonte A2 di color grigio-chiaro, le linee di tendenza evolutiva di questi suoli procede spesso in questa direzione, provocando un rallentamento nei ritmi di accrescimento e un abbassamento del livello di fertilità del bosco in senso generale. Tale processo può essere bloccato o invertito con interventi selvicolturali di riordino che prevedano riduzione della densità (diradamenti) e diversificazione strutturale che favoriscono i processi trasformativi di degradazione della sostanza organica in eccesso. Quale sintesi dell’inquadramento podologico si elencano di seguito i raggruppamenti di suolo (secondo il sistema tassonomico WRB) presenti sul territorio: RAGGRUPPAMENTO Cambisol Podzol Leptosol Regosol Umbrisol FORMAZIONI FORESTALI DI RIFERIMENTO peccete montane peccete altimontane e subalpine lariceti primitivi lariceti tipici lariceti in successione con pecceta ZONE FITOCLIMATICHE E INQUADRAMENTO VEGETAZIONALE La zona dell’Alta Valle Camonica è caratterizzata dalla presenza di una vegetazione tipica delle aree alpine più 2 continentali; viene inquadrata infatti, nella regione forestale endalpica, caratterizzata principalmente da un clima 2 Con il termine regione forestale si intende la suddivisione del territorio con riferimento alle formazioni forestali; si sostituisce il termine di distretto fitogeografico che riguarda invece la distribuzione di tutta la flora. 9 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 3 continentale. Il distretto geobotanico è definito Alto-Camuno le cui discriminanti sono indicate nella presenza di substrati geolitologici di natura prevalentemente acida e clima di tipo sublitoraneo alpino. Dal punto di vista vegetazionale, si riscontra una sostanziale omogeneità nei caratteri associazionali espressi dalla vegetazione forestale, con presenza di tipologie piuttosto monotone su vaste superfici. Sicuramente anche l’azione antropica del passato (in particolare durante gli eventi bellici) ha contribuito a questa riduzione di biodiversità, attraverso il taglio di specie di latifoglie, in particolare acero di monte e frassino. Secondo le classificazioni associazionali di Schmid, basate sulle condizioni ecologiche descritte dalla presenza di un determinato corredo floristico nello strato erbaceo, oggi confermate dalle più recenti classificazioni fitosociologiche, la zona in esame può essere inquadrata entro i cingoli di vegetazione di seguito descritti. - QTA (Quercus-Tilia-Acer) per le zone più calde, non necessariamente fresche, afferenti ai settori più bassi in quota e più soleggiate, in Orizzonte Montano Inferiore; - FA (Fagus-Abies) in tutto l’Orizzonte Montano Inferiore in corrispondenza delle stazioni più fresche, pur se ridotto in consistenza per le ripetute azioni antropiche dirette e indirette tendenti a un suo drastico ridimensionamento spaziale; - P (Picea), grosso modo corrispondente alla fascia altitudinale del Picetum, Orizzonte Montano e Altimontano, ovunque caratterizzato dalla dominanza dell’abete rosso nelle associazioni; - LxC (Larix-Cembra) corrispondente alle formazioni arboree delle quote più elevate dominate dai radi lariceti, ove il pino cembro sta mostrando una chiara ed inequivocabile tendenza a colonizzare le stazioni più microterme; - a quote superiori l'assetto vegetazionale tende a sfumare nelle serie Vaccinium Loiseleuria (VC) e Carex-Elyna (CE). Secondo l'inquadramento vegetazionale proposto da Sandro Pignatti nel 1978 la vegetazione del territorio in esame interessa le 5 fasce considerate dall'autore per la zona alpina, escludendo quella nivale. La fascia medioeuropea, estendentesi fin verso gli 800-1000 m, in origine principalmente rappresentata da querceti misti di rovere e roverella, oggi caratterizzata in via primaria da cedui misti con frassino maggiore, acero di monte, maggiociondolo, betulla, pioppo tremolo, e nei versanti soleggiati orniello, roverella e carpino nero. La fascia subatlantica, fino a 1400-1500 m, decisamente dominata dal peccio (Picea abies) sia per la continentalità del clima che per le azioni selvicolturali passate che ne hanno favorito la diffusione. La fascia boreale, in grado di estendersi fino a circa 2000-2200 m., tipica dei boschi di conifere con peccio, e subordinatamente larice e anche pino cembro. Appartengono a questa fascia formazioni arbustive, anche progressivamente insediatesi in aree in passato disboscate per l'allargamento degli alpeggi, con i due rododendri (Rhododendron ferrugineum e R. hirsutum), il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), il mirtillo rosso (Vaccinium vitisidaea), il brugo (Calluna vulgaris), e il ginepro nano (Juniperus nana) variamente associati in base alle esigenze edafiche. La fascia alpica, dai 2000-2200 fino ai 2700-2800 m, è caratterizzata su substrato siliceo da consorzi erbacei a Festuca scabriculmis e/o a Carex curvula; ove le praterie sono utilizzate a fini zootecnici sono diffusi Nardus stricta e Deschampsia caespitosa. 3 Andreis C., in “I tipi forestali della Lombardia” a cura di R. Del Favero, CIERRE EDIZIONI, 2002. 10 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La fascia nivale, al di sopra di 2700-2800 m, è caratterizzata da vegetazione pioniera costituita da muschi e licheni ma anche da varie piante superiori capaci di particolari adattamenti per le estreme condizioni ambientali. Un inquadramento maggiormente specifico per i territori in esame, fondato su principi ecologico-forestali, è stato studiato e definito nella “Carta dei boschi comunali” della Comunità Montana di Valle Camonica (Poda A., Hoffmann A, 1978). Di seguito si riportano i raggruppamenti descrittivi delle diverse formazioni forestali presenti. ACERI-FRASSINETO e CORILO-FRASSINETO Formazioni diffuse in alta Valle Camonica, derivanti da processi di ricolonizzazione di coltivi o prati abbandonati gradualmente negli ultimi 40 anni. La colonizzazione dei versanti terrazzati avviene generalmente ad opera di frassino (Fraxinus excelsior) e nocciolo (Corylus avellana). Quest’ultimo è sempre stato favorito dall’uomo per i suoi molteplici usi. Inoltre, si diffonde facilmente grazie alla disseminazione zoocora ed alla elevata capacità pollonifera, dando vita a formazioni pure (es. nei Comuni di Temù e Incudine) o miste a orniello (Fraxinus ornus), frassino e ad altri arbusti quali ligustro e sanguinella (Cornus sanguinea). Il frassino invece prende il sopravvento sulle altre specie forestali grazie alla buona germinabilità del seme ed alla rapida crescita iniziale, laddove i suoli sono dotati di buona disponibilità idrica. Si formano quindi cenosi a dominanza di frassino, con nocciolo ben presto relegato nel piano dominato. Solo in alcuni casi la ricolonizzazione avviene anche ad opera dell’acero di monte (esempi a Ponte di Legno e Temù); più frequentemente l’acero di monte entra in un secondo tempo nel popolamento, grazie ad una maggiore plasticità rispetto al frassino ed alla capacità di sopportare la copertura anche per lungo tempo. Alla colonizzazione partecipano, come specie secondarie, tiglio, pioppo tremolo, ciliegi e betulla; in alcuni casi si riscontra rinnovazione di abete rosso. In prossimità degli impluvi o in aree ripariali lungo il corso del fiume Oglio si trovano soprassuoli più evoluti con frassino associato all’ontano bianco (Alnus incana) e ontano nero (Alnus glutinosa), oltre a salicone, pioppi e robinia. Salendo di quota si trovano formazioni miste che presentano oltre alle specie tipiche dell’acero-frassineto e corilofrassineto anche abete rosso in misura significativa soprattutto lungo impluvi o esposizioni meno favorevoli, e larice, su versanti assolati. Lungo versanti pendenti ed a matrice prevalentemente calcarea gli aceri-frassineti si mescolano con l’orno-ostrieto. BETULETO Formazione ecologica poco diffusa e transitoria a dominanza di betulla colonizzatrice dei versanti a substrato acido, generalmente esposti a settentrione, destinati un tempo al pascolo o allo sfalcio. Si presenta pura, nel comune di Vezza d’Oglio, o mista ad altre specie colonizzatrici come nocciolo, ontano bianco, pioppo tremolo, frassino, maggiociondolo e tiglio. BOSCO IGROFILO Tale formazione è caratterizzata dalla dominanza di specie igrofile in prevalenza di pioppo e salice. E’ caratteristica delle aree golenali e delle sponde del fiume Oglio, caratterizzate da terreno di buono sviluppo, falda superficiale e spesso soggette ad un forte disturbo antropico. 11 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO In tali situazioni si insediano formazioni miste di pioppo, salice (Salix spp.) e robinia, a cui si possono aggiungere ontano nero, ontano bianco e frassino. Sono pure compresi in questa categoria gli impianti di pioppo. PECCETA MONTANA La pecceta montana si colloca lungo tutta la Valle Camonica nel piano montano, pur trovandosi anche negli orizzonti contigui, soprattutto come rimboschimenti a basse quote. L’abete rosso si trova spesso associato con latifoglie. In tali situazioni la presenza di abete rosso è destinata ad incrementarsi rispetto alle latifoglie perché al momento del taglio del ceduo è scelta come matricina. PECCETA SUBALPINA Formazione a stretto contatto con le peccete montane od i lariceti, nei quali sfuma salendo di quota. La formazione in oggetto si differenzia dalla pecceta montana per il minor dinamismo, dovuto alle difficili condizioni stazionali, e per densità dei soggetti arborei che riuniti in piccoli gruppi o in formazioni rade lasciano spazio a larice o a fasce arbustive, prevalentemente costituite da ericacee, ed erbacee. LARICETO MONTANO Formazione diffusa negli orizzonti montano ed altimontano della Valle Camonica, risultato della ricolonizzazione naturale o artificiale su versanti a pascolo. Si possono trovare anche a basse quote formazioni pure di origine artificiale e altre naturali in cui il larice si associa a latifoglie pioniere quali betulla, pioppo tremolo, salicone o all’abete rosso in condizioni edafiche migliori. LARICETO SUBALPINO La formazione è diffusa lungo l’orizzonte subalpino della Valle Camonica su qualunque tipo di substrato e spesso costituisce il limite della vegetazione arborea. Essa rappresenta generalmente il primo stadio nei processi di ricolonizzazione dei pascoli alpini abbandonati, insediandosi dove fenomeni di erosione o franamento interrompono la continuità del cotico erboso o su ceppaie e massi affioranti. Si tratta di un bosco a densità rada, il cui sottobosco è ricco di ontaneti, ericacee, graminacee e juncacee a seconda della notevole variabilità microstazionale. Proprio per le sue caratteristiche di specie colonizzatrice il larice può dare vita a formazioni rade miste ad altre latifoglie anche in orizzonte montano, la cui evoluzione verso altre associazioni vegetali è fortemente limitata dalle difficili condizioni stazionali. CONSORZI RUPICOLI Per consorzi rupicoli si intendono cenosi forestali di varia natura accomunate da una orografia aspra ed accidentata tale da limitare fortemente le possibilità evolutive del soprassuolo. Si incontrano perciò formazioni differenti per composizione specifica, a seconda del substrato geologico, dell’esposizione del versante e delle cenosi forestali limitrofe. 12 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO FAUNA La fauna del Parco Adamello è quella tipica alpina ad eccezione dell'orso bruno (Ursus arctos), di cui oggi esistono segnalazioni per divagazione delle popolazioni del versante trentino del massiccio dell’Adamello. Tra i mammiferi di piccole dimensioni diversi sono quelli appartenenti alla famiglia dei Mustelidi: il tasso (Meles meles), carnivoro dalle abitudini notturne che predilige ambienti boscosi, e ai margini dei coltivi, la faina (Martes foina), la martora (Martes martes), specie arboricola legata alla foresta matura, la donnola (Mustela nivalis) e negli orizzonti superiori l’ermellino (Mustela erminea). Fra i Roditori arboricoli è facile avvistare lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), che predilige i boschi di latifoglie e conifere dai 500 ai 2000 metri di quota, mentre il ghiro (Glis glis), è legato alle foreste mature di caducifoglie. La volpe (Vulpes vulpes), specie ubiquitaria, predilige ambienti selvaggi ricchi di copertura vegetale, anfratti cespugliati e rocce in cui stabilisce le tane, dai 500 fino ai 2000 metri di quota. In ampie radure al margine delle foreste miste di latifoglie e conifere e nelle peccete non troppo dense e chiuse si trova il cervo (Cervus elaphus), appartenente alla famiglia dei Cervidi. Lo stesso habitat è frequentato dal capriolo (Capreolus capreolus), altro ungulato appartenente alla stessa famiglia. Dello stesso ordine degli ungulati, ma con abitudini diverse, sono lo stambecco (Capra ibex) e il camoscio (Rupicapra rupicapra); questi ultimi prediligono vivere negli ambienti oltre il limite della vegetazione arborea, su rocce impervie e pendii scoscesi. Alle stesse quote, nelle praterie alpine e nelle pietraie, si possono osservare altri mammiferi come la lepre variabile (Lepus timidus), la marmotta (Marmota marmota) e l'arvicola delle nevi (Microtus nivalis). Numerosissime sono le specie di avifauna. Caratteristici dei boschi dell'orizzonte submontano sono i Picidi quali il picchio verde (Picus viridis), il picchio rosso maggiore (Picoides major) ed il raro picchio nero (Dryocopus martius), la cui presenza è strettamente legata alla disponibilità di vecchi alberi marcescenti. Durante la primavera e l'estate esso si nutre soprattutto di larve di insetti parassiti degli alberi, che ricerca scavando buchi nel tronco; in autunno ed in inverno si nutre degli insetti svernanti sotto le cortecce e dei semi degli strobili. Tra i rapaci notturni la civetta nana (Glaucidium passerinum), l'allocco (Strix aluco), il gufo comune (Asio otus), e la civetta capogrosso (Aegolius funereus). Fra i rapaci diurni si ricordano il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), lo sparviere (Accipiter nisus), la poiana (Buteo buteo), il gheppio (Falco tinnunculus), l'astore (Accipiter gentilis). Di particolare interesse a causa della loro rarità e delle notevoli esigenze ecologiche sono i Tetraonidi. Nei boschi misti con ricco sottobosco è possibile avvistare il francolino di monte (Bonasia bonasia), mentre il fagiano di monte o gallo forcello (Tetrao tetrix) predilige i lariceti e gli arbusteti alpini tra i 1600 ed i 2200 m di quota. Rarissimo è il gallo cedrone (Tetrao urogallus), specie particolarmente sensibile al disturbo antropico, che vive solo in ambienti naturali integri e che è presente, con consistenze assai limitate, in pochi ambiti boscati della Val Paghera di Vezza d'Oglio. La prateria alpina è abitata dal culbianco (Oenanthe oenanthe), dal sordone (Prunella collaris) e dal fringuello alpino (Montifringilla nivalis). Sui dirupi rocciosi alle alte quote nidifica l'aquila reale (Aquila chrysaëtos): specie territoriale e monogama, durante l'estate si nutre soprattutto di marmotte, giovani ungulati, ricci, volpi, corvidi e passeriformi, mentre in inverno e primavera consuma le carcasse degli erbivori selvatici e anche del bestiame domestico. Nelle acque correnti la specie ittica più frequente è la trota fario (Salmo trutta fario), diffusa anche per le periodiche immissioni di ripopolamento: originariamente autoctona è ampiamente diffusa nell’alta Val Camonica, fino ad oltre 13 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 2000 m di quota. Altri Salmonidi presenti, seppure non autoctoni, sono la trota marmorata (Salmo trutta marmoratus) e la trota iridea (Salmo gairdneri). Legati all'acqua e più in generale agli ambienti umidi almeno nelle prime fasi del ciclo vitale, sono gli Anfibi. Per gli Anfibi Urodeli, la salamandra pezzata (Salamandra salamandra) abita le vallecole umide del bosco misto (nel territorio del Parco è indicata per la Valle dei Re a Niardo, la Val Paghera di Ceto, la Val Saviore, la Val Malga e la Val d'Avio). Il tritone alpino (Triturus alpestris) frequenta laghi e laghetti dei siti alto-montani, e le anse dei torrenti ove la corrente è meno forte; nel territorio del Parco è segnalato esclusivamente in alta Val d'Avio. La rarità dei tritoni in Valle Camonica è ritenuta anche imputabile alle indiscriminate immissioni di trote, vere e proprie predatrici di Urodeli. Per quanto riguarda gli Anfibi Anuri, nel Parco sono presenti rane verdi, rane rosse e rospi propriamente detti. La presenza della rana verde per eccellenza (Rana esculenta) è possibile anche lungo il fondovalle di tutto il medio corso dell'Oglio. Al gruppo delle rane rosse è riferibile la rana temporaria (Rana temporaria), specie montana e subalpina, solo temporaneamente acquatica; è segnalata in numerosissime località, anche oltre i 2000 metri di quota. La natrice dal collare (Natrix natrix) e la natrice tessellata (Natrix tessellata) sono legate alle acque stagnanti tra i 300 e i 1800 metri di quota; sono segnalate nel territorio Vezza d'Oglio e Temù. Gli ambienti secchi con arbusti, ai margini del bosco, nelle radure e negli incolti, sono frequentati dal biacco (Coluber viridiflavus). Fra gli Ofidi, le uniche specie velenose sono la vipera comune (Vipera aspis), ampiamente diffusa fra 500 e 1200 m, e il marasso (Vipera berus) che pare non condivida il territorio con la prima, diffuso fra l'orizzonte montano superiore e quello altoalpino. UNIONE DEI COMUNI DELL’ALTA VALLE E IL CONSORZIO FORESTALE DUE PARCHI I cinque comuni interessati dal PIF fanno parte dell’ Unione Dei Comuni Dell’Alta Valle e del Consorzio Forestale Due Parchi. L'Unione Dei Comuni dell’Alta Valle fa parte del sistema delle autonomie locali della Repubblica Italiana, delle comunità locali della Regione Lombardia e della Provincia di Brescia. Essa è stata costituita, ai sensi dell'art. 26 della Legge 8 giugno 1990. n. 142, modificato dalla Legge 3 agosto 1999 n. 265, a partire dall’ottobre del 2000, e comprende l’insieme dei territori dei comuni di Ponte di Legno, Temù, Vione, Vezza d’Oglio, Incudine e Monno. Tale ente è incaricato della gestione associata di funzioni comunali e di promozione territoriale. Gli obiettivi principali dell'Unione, come previsto dall’art. 2 dello statuto istitutivo dell’Unione, sono: - migliorare la qualità di tutti i servizi erogati nei singoli comuni ed ottimizzare le risorse economicofinanziarie, umane e strumentali impiegandole in forme unificate; - promuovere e concorrere allo sviluppo socio-economico dell’Alta Valle Camonica, favorendo la partecipazione dell'iniziativa economica dei soggetti pubblici e privati alla realizzazione di strutture di interesse generale compatibili con le risorse ambientali: a tal fine essa promuove l'equilibrato assetto del territorio nel rispetto e nella salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini, valorizzando inoltre il patrimonio storico, artistico e le tradizioni culturali; - favorire il miglioramento della qualità della vita della propria popolazione per meglio rispondere alle esigenze occorrenti al completo sviluppo della persona; - armonizzare l'esercizio delle funzioni e dei servizi attribuiti con le esigenze generali dei cittadini, assicurando un uso equo delle risorse; 14 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - esercitare un'efficace influenza sugli organismi sovraccomunali che gestiscono servizi che interessano direttamente od indirettamente l'Unione o i singoli Comuni; ampliare il numero delle funzioni e dei servizi rispetto a quelli prima gestiti dai singoli Comuni, assicurandone l'efficienza e la maggiore economicità a vantaggio della collettività; (art. 2 dello Statuto dell’Unione Dei Comuni Dell’Alta Valle). Il Consorzio Forestale Due Parchi, con sede a Incudine, è stato costituito in data 01/10/2002 e riconosciuto dalla Regione Lombardia con Delibera di Giunta Regionale n° VII/16253 del 6 febbraio 2004; fanno parte del Consorzio i comuni di Monno, Incudine, Vezza d’Oglio, Vione, Temù, Ponte di Legno e la Comunità Montana di Valle Camonica. Si tratta di un Ente di diritto privato senza fine di lucro, che si pone come obiettivo “la costituzione di un’organizzazione comune per la disciplina e lo svolgimento di fasi della produzione agro-silvo-pastorale e per la gestione delle risorse ambientali rientranti nella competenza delle rispettive proprietà e/o imprese. L’organizzazione consortile sarà operante sia con attività di supporto alle funzioni esercitate dai singoli consorziati, sia attraverso la gestione integrata e programmata delle funzioni comuni di tutela, ricerca, sviluppo, valorizzazione e gestione delle risorse ambientali nell’ambito del territorio affidato alla competenza del Consorzio ...” (art. 3 dello Statuto del Consorzio Forestale Due Parchi). La sostanziale differenza tra il neonato organismo ed i Consorzi già presenti in Valle Camonica è rappresentata dalla concessione in gestione (mediante apposite convenzioni) delle proprietà silvo-pastorali comunali, che i Comuni hanno sottoscritto in sede di costituzione del Consorzio. Il Consorzio Forestale Due Parchi è quindi l’Ente che, secondo l’intenzione dei Comuni soci, deve pianificare, programmare e gestire gli interventi da realizzarsi sul territorio, con particolare attenzione al presidio, salvaguardia e corretta gestione (anche in termini di sostenibilità e di economia di scala) dei boschi e delle risorse pastorali, operazioni che difficilmente i singoli Comuni riescono ad effettuare. Il Consorzio Forestale Due Parchi esercita inoltre una intensa attività propositiva verso gli enti Comunali e sovraccomunali (Comunità Montana di Valle Camonica, Provincia di Brescia, Regione Lombardia) per l’attuazione di interventi in ambito territoriale, ambientale, promozionale. PATRIMONIO FORESTALE: MACRODATI E INQUADRAMENTO GENERALE Il territorio dei cinque comuni ricadenti nel PIF è stato oggetto di uno studio di settore all’interno del Piano di Azione Locale PAL – LEADER II – Azione 13, “Studi di mercato dei prodotti silvicoli locali”, realizzato nel 2000 da: dott.ssa Lucia Mondini (Coordinamento progetto e Studio della risorsa forestale) dott. Mauro Benigni (Sistema informatico geografico e cartografia numerica), dott. Stefano Enfissi e dott. Marco Sangalli (Studio del mercato del legno), dott. Aurelio Volpe (Mercato nazionale e internazionale), dott. Davide Pettenella (Direzione scientifica del progetto). Lo studio ha interessato oltre al territorio del PIF, altri 31 comuni della Valle Canonica ed è stato finanziato allo scopo di conoscere in modo puntuale le risorse forestali della Valle e del mercato dei prodotti silvicoli, individuando strumenti e strategie di valorizzazione e sviluppo del settore. Dai dati riportati nella tabella sottostante si evidenzia come solo il 34,29% del territorio (nei 5 comuni) abbia una copertura forestale. Per definire la copertura forestale è stata utilizzata la definizione di bosco dell’Inventario Forestale Nazionale ovvero “si definisce bosco un territorio con copertura arborea maggiore del 20% e una superficie 15 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO minima di 2.000 mq; per le formazioni a prevalente sviluppo unidirezionale, la larghezza minima è di 20 m” (IFNI, 1985). Superficie Comunale Superficie forestale Indice boscosità Incudine Ponte di Legno Temù Vezza d’Oglio Vione (ha) 2023 10075 4304 5405 3563 (ha) 1177,89 2153,42 1847,60 1967,21 1554,02 % 58,22% 21,37% 42,93% 36,40% 43,62% Totale 25370 8700,14 34,29% Comune La superficie forestale si riferisce ai boschi assestati e non assestati delle proprietà comunali, demaniali e private. I dati di riferimento per i boschi assestati sono stati desunti dal software “Catasto Piani di Assestamento della Regione Lombardia” che ha permesso di reperire le informazioni dei Piani di Assestamento redatti in Valle Camonica. La quantificazione della superficie boscata non assestata è stata ottenuta tramite l’individuazione della superficie forestale, attraverso fotointerpretazione a video delle ortofoto georeferenziate dell’AIMA, distinguendo le aree forestali dagli altri usi del territorio. La risorsa forestale non assestata è stata quindi ottenuta come differenza tra l’intera superficie forestale e la superficie forestale della proprietà assestata fornita dal Catasto Piani di Assestamento. I dati di superficie sono stati elaborati anche in base a raggruppamenti descritti nella “Carta dei boschi comunali” 4 della Comunità Montana di Valle Camonica (Poda A., Hoffmann A, 1978) e riassunti nella seguente tabella. Pecceta montana (ha) Pecceta subalpina (ha) Lariceto montano (ha) Lariceto subalpino (ha) Acero e corilo frassineto (ha) Incudine 753,37 61,48 11,88 280,14 71,02 0 Ponte di Legno 367,34 920,74 56,28 383,69 28,77 Temù 760,88 497,82 36,35 349,73 Vezza d’Oglio 700,46 320,43 144,23 Vione 308,14 382,99 187,04 Comune Boschi Consorzi igrofili rupicoli (ha) (ha) Betuleto (ha) Superficie totale (ha) 0 0 1 177,89 3,6 393 0 2 153,42 102,98 0 99,84 0 1 847,60 675,89 47,87 10,1 50,06 18,17 1 967,21 570,8 105,05 0 0 0 1 554,02 Tabella 6 Superficie forestale riferiti ai vari tipi di formazione (anno 2000). Peccete e lariceti sono presenti in tutti i comuni con superfici variabili a seconda delle diverse condizioni climatiche e pedologiche presenti sul territorio mentre il betuleto è presente con una superficie minima (18,17 ha) nel comune di Vezza d’Oglio. Come i boschi di conifera anche la formazione di acero e corilo frassineto è presente in tutti i comuni, con le superfici maggiori presenti nei comuni di Temù e Vione. Dalla seguente tabella si evince come siano le peccete e il lariceto subalpino le formazioni preponderanti di questo territorio mentre le latifoglie (10,69% della superficie forestale) sono relegate ad un ruolo prettamente secondario. 4 Cfr. par. 1.3 . 16 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Superficie ha % Pecceta montana 2890,19 33,22% Pecceta subalpina 2183,46 25,10% Lariceto montano 435,78 5,01% Lariceto subalpino 2260,25 25,98% Acero e corilo frassineto 355,69 4,09% Boschi idrofili 13,7 0,16% Consorzi rupicoli 542,9 6,24% Betuleto 18,17 0,21% Formazioni forestali Boschi Superficie ha % Conifere 7769,68 89,31% Latifoglie 930,46 10,69% Tabella 7 Superficie totale delle diverse formazioni forestali (anno 2000). All’interno dello studio di settore utilizzato per inquadrare la risorsa forestale sono stati elaborati i principali dati dendrometrici desunti dal Catasto Piani di Assestamento della Valle Camonica in modo da poter determinare la produzione forestale in Valle. In particolare di seguito si riportano i principali dati dendrometrici riferiti all’intero territorio della Valle, elaborati ottenendo i dati medi ad ettaro di provvigione, incremento annuo e ripresa riferiti ad ogni formazione forestale. Mancano dati riferiti ai boschi idrofili e ai betuleti in quanto si riferiscono a superfici limitate e di scarso interesse dal punto di vista assestamentale. Tipologia Pecceta montana Pecceta subalpina Lariceto montano Lariceto subalpino Acero e corilo-frassineto Consorzi rupicoli Provvigione Incremento media medio (mc/ha) (mc/ha/anno) 167,02 3,4 102,9 1,7 127,16 2,7 44,9 0,5 57,16 1,1 31,14 0,4 Ripresa prevista media (mc/ha/anno) 1,19 0,45 0,73 0,1 0,24 0,01 Tabella 8 Tabella riassuntiva dei dati dendrometici riferiti alle formazioni forestali. ESAME DELL’ASSETTO TERRITORIALE E FORESTALE IN RIFERIMENTO ALL’ANTROPIZZAZIONE DEI VERSANTI E ALLA PRESENZA DELLE STRUTTURE SCIISTICHE Il territorio studiato ha un estensione di circa 9400 ettari che secondo la prima classe della “Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali” (DUSAF), redatto dall’ERSAF e dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, sono così suddivisi: Superficie ha 408,50.16 1.548,92.28 51,18.91 4.035,08.68 944,28.94 2.411,18.47 Classe Superfici idriche Aree sterili Aree urbanizzate Boschi Prati Vegetazione naturale 17 % 4% 16% 1% 43% 10% 26% PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Totale 9.399,17.43 100% Tabella 9. I dati delle superfici ottenute da elaborazione GIS Dall’analisi della precedente tabella risulta evidente come quasi la metà della superficie (43%) presenti una copertura boscata (copertura di vegetazione arborea superiore al 20%) mentre un quarto della stessa sia da attribuire alla classe “Vegetazione naturale”. In quest’ultima classe sono state inserite quelle superfici che presentano una copertura costituita principalmente da specie erbacee e specie arbustive. In particolare rientrano in questa classe la maggior parte dei territori che si trovano ai limiti della vegetazione, oltre i 2000 m s.l.m., e che costituiscono il passaggio fra le aree boscate (vegetazione arborea) e le formazioni rocciose prive di vegetazione delle zone di maggior quota. All’interno di questa classe rientrano anche parte dei pascoli abbandonati ed invasi da vegetazione che si trovano in fase di evoluzione successionale secondaria. I territori alle quote maggiori, costituiti da roccia affiorante e privi quasi totalmente di vegetazione, costituiscono la classe, definita secondo i criteri DUSAF, delle aree sterili (16% del territorio). Le aree idriche presentano una superficie elevata in considerazione della presenza del ghiacciaio Pisagana che occupa un’area di circa 380 ha (93% della classe Aree idriche). La restante superficie è costituita da bacini, artificiali e non, e dai torrenti e fiumi che solcano le valli del territorio. Il 10% del territorio risulta invece utilizzato a prato; la distribuzione di tale tipologia d’uso non risulta omogenea in quanto è concentrata nelle zone di prateria del passo del Tonale (55% della superficie a prato); la restante superficie si trova intercalata alle aree boscate e lungo i terrazzi fluviali del fondovalle. All’interno di questa classe risultano diversi usi del suolo: sono presenti superfici a prato che svolgono solo la funzione di pascolo, superfici con funzione di pascolo utilizzati nel periodo invernale come piste da sci e superfici a copertura erbacea appositamente realizzate per l’attività sciistica. Le superfici a prato riconducibili alle piste da sci si collocano esclusivamente all’interno dei comuni di Ponte di Legno e Temù. Nei comuni limitrofi a questi, ricadenti nel PIF, non sono presenti strutture sciistiche. Infine, solo l’1% della superficie risulta urbanizzata; le aree appartenenti a questa classe sono localizzate principalmente nel fondovalle e al passo del Tonale e sono costituite da fabbricati ad uso abitativo, agricolo e turistico (parcheggi, stazioni e impianti di risalita). 18 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO PARCO REGIONALE DELL’ADAMELLO Il Parco dell’Adamello è istituito con Legge Regionale n. 79 del 16 settembre 1983, modificata dalla Legge Regionale n. 23 del 1 dicembre 2003. Il territorio del parco, ricadente interamente nella provincia di Brescia, ha una superficie di circa 51.000 ettari di cui circa l’80% è di proprietà pubblica (comunale e demaniale); si estende da una quota minima di 390 m s.l.m. ed una massima di 3539 m s.l.m.. L’Ente di gestione del Parco è rappresentato dalla Comunità Montana di Valle Camonica, con sede a Breno; il Parco comprende al suo interno il territorio di 19 Comuni; si trova al centro della catena alpina, nelle Alpi Retiche, dal Passo del Tonale a quello di Crocedomini. Insieme ai parchi contigui rappresentati dal Parco Nazionale dello Stelvio, dal Parco trentino Adamello-Brenta, e dal non lontano Parco svizzero dell’Engadina, contribuisce alla creazione di un territorio protetto contiguo di circa 250.000 ettari complessivi, il più esteso delle Alpi. Come previsto dalla legge regionale di istituzione, l’Ente Parco, si è dotato di un Piano Territoriale di Coordinamento (PTC), attraverso il quale si intendono perseguire i seguenti obiettivi: - tutela della biodiversità, conservazione e incremento delle potenzialità faunistiche, floristiche, vegetazionali, geologiche, idriche ecosistemiche e paesaggistiche dell'area; - garanzie di un uso del suolo e dei beni compatibile con le qualità naturalistiche; - conservazione e ricostruzione dell'ambiente; - integrazione tra uomo e ambiente naturale mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici, architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; - promuovere e disciplinare la fruizione dell'area a fini scientifici, culturali, educativi e ricreativi. Di seguito si analizzeranno, per la parte del Parco che rientra nel PIF, gli articoli del PTC di interesse per il presente studio. PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DEL PARCO REGIONALE DELL’ADAMELLO Il Piano territoriale di coordinamento del Parco dell’Adamello (PTC) è stato approvato dalla Regione Lombardia con D.G.R. n° VII/6632 in data 29.10.2001 e successiva variante approvata con D.C.R. 22.11.2005 n° 8/74. Il Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) rappresenta il primo e fondamentale strumento di pianificazione del territorio di un'area protetta e racchiude in sé un complesso lavoro di conoscenza e di interpretazione della realtà naturale e sociale del territorio. La protezione della natura e dell'ambiente si colloca al primo posto tra gli obiettivi del PTC del Parco Adamello; essa va perseguita non con l'esclusione dell'uomo, ma "attraverso il recupero di un corretto rapporto, culturale ed economico, dell'uomo con l'ambiente". In stretta coerenza con questo obiettivo primario si collocano gli obiettivi riguardanti la fruizione ricreativa dell'ambiente naturale (valorizzazione del Parco come fattore di promozione di un turismo sostenibile) e la funzione di sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità locali. Tali obiettivi vanno perseguiti attraverso "la ricerca di nuovi comportamenti umani, compatibili con la tutela delle risorse naturali". 19 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La zonizzazione del PTC articola il territorio, ai fini della tutela ambientale e paesistica, in tre orizzonti (art.18): - ORIZZONTE DEL PAESAGGIO ANTROPICO, che comprende le aree d’insediamento urbano, esistenti e d’espansione, le aree tradizionalmente destinate all’agricoltura e alla pastorizia, l’edificato rurale e le aree naturalistiche, in particolare boschive, maggiormente influenzate dalla presenza dell’uomo. In esso è consentita la tradizionale fruizione antropica e la trasformazione controllata dell’ambiente e del paesaggio; - ORIZZONTE DEL PAESAGGIO ALPESTRE, che comprende le aree naturali e d’interesse naturalistico costituite da boschi e prati, da riserve naturali e zone scarsamente edificate tradizionalmente destinate all’agro-selvicoltura, nelle quali va esercitata tutela di carattere conservativo, con trasformazione e fruizione antropica limitata; - ORIZZONTE DEL PAESAGGIO CULMINALE, che comprende le aree di maggior interesse geomorfologico per la presenza di forme modellate dall’azione glaciale e caratterizzate da tipica vegetazione d’alta quota; le trasformazioni devono essere eccezionali e la fruizione antropica limitata. All’interno di queste fasce sono state individuate altre zone che per particolari caratteristiche naturali o socioeconomiche, necessitano di un maggiore e diverso grado di tutela. - (art. 19) ZONA DI PARTICOLARE RILEVANZA PAESISTICA-AMBIENTALE: aree volte al mantenimento, al ripristino e alla valorizzazione delle potenzialità naturali, botaniche, zoologiche, forestali e delle peculiarità morfo-paesistiche, nonché alla prevenzione degli effetti negativi dell’antropizzazione; - (art.22) ZONE DI INIZIATIVA COMUNALE: le aree comprese in questa zona sono destinate agli insediamenti urbani, turistici e produttivi e relativi standard, e all’agricoltura. La disciplina urbanistica è riservata agli strumenti urbanistici comunali, nel rispetto dei criteri previsti nel presente articolo; - (art.23) ZONA ATTREZZATURE E INSEDIAMENTI TURISTICI: la zona è destinata al mantenimento, allo sviluppo, al nuovo insediamento di attrezzature, edifici e impianti per il turismo, nonché dei servizi connessi, in funzione dello sviluppo sociale ed economico della popolazione e della funzione pubblica del Parco; - (art. 24) ZONA PRATI TERRAZZATI: la zona è destinata alla conservazione e sviluppo delle attività agro-silvopastorali tradizionali e al recupero, anche con trasformazione controllata, del patrimonio edilizio esistente, quale risorsa economica della popolazione, in funzione del mantenimento dell’ambiente e del paesaggio montano e in funzione di presidio umano. - (art. 37) ZONE UMIDE E TORBIERE: sono ambienti il cui ecosistema complesso è sottoposto a specifica tutela in funzione scientifica, culturale, educativa. La tutela è estesa alle acque di alimentazione della zona; - (art. 46) AREE SCIABILI: nel quadro degli interessi turistici (art. 45) assumono particolare rilevanza gli impianti, le attrezzature e le piste per l’esercizio dello sci, in funzione di promozione e sviluppo socioeconomico delle popolazioni residenti. Gli interventi, indicati nel piano di settore turismo, devono essere realizzati nel rispetto delle esigenze di tutela ambientale e paesaggistica, fatta salva l’eventuale valutazione di impatto ambientale (previsto dalla normativa vigente). La planimetria generale di Piano individua le aree sciabili esistenti ed ammesse: a) ambiti per l’esercizio dello sci, quali sedi e tracciati di impianti di risalita, piste e attrezzature accessorie b) ambiti per l’apertura di piste da sci, quali zone in cui è consentita solo l’apertura e l’esercizio di piste da sci. 20 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Il PTC prevede, al titolo II bis, una particolare disciplina per il Parco Naturale dell’Adamello; in particolare sono individuate per le aree naturali i seguenti gradi di protezione: - ZONA DI RISERVA NATURALE INTEGRALE; - ZONA DI RISERVA NATURALE ORIENTATA; - ZONA DI RISERVA NATURALE PARZIALE. Nell’area oggetto di studio sono presenti solo aree di riserva naturale parziale che sono state classificate nel seguente modo (art.28): a) zone di riserva naturale parziale biologica, caratterizzate da presenze botaniche e zoologiche di specie rare o divenute tali in conseguenza della riduzione del loro habitat, spesso anche di rilevante valore paesisticoambientale; b) zone di riserva naturale parziale botanica, caratterizzate da tratti di vegetazione di particolare pregio o interesse, sia per la loro rarità all’interno del parco o per le caratteristiche peculiari ambientali e floristiche, sia per la presenza al loro interno di specie rare o minacciate; c) zone di riserva naturale parziale zoologico-forestale, caratterizzate da popolamenti animali particolarmente diversificati o interessanti per la presenza di specie sensibili o sedentarie anche minacciate, inseriti in ambiente vegetazionale climacici o comunque molto maturi da mantenere nell’attuale assetto strutturale; d) zone di riserva naturale parziale morfopaesistica, caratterizzate da mineralogia, litologia o morfologia interessanti per la loro peculiarità sia nel Parco, sia in termini assoluti, derivate da manifestazioni geochimiche (metamorfismo), o tettoniche (strutture di dislocazione), o da eventi paleoclimatici (glacialismo), con conseguente elevato valore paesistico. Le zone di riserva naturale parziale individuate nell’area sono: - zona di riserva naturale parziale morfopaesistica e biologica “Adamello”; - zona di riserva naturale parziale biologica “Torbiere del Tonale”; - zona di riserva naturale parziale zoologico-forestale “Boschi di Vezza e Vione”. RETE NATURA 2000 Rete Natura 2000 trae origine dalla Direttiva dell'Unione Europea n. 92/43/CEE “Habitat” e dalla direttiva n. 79/409/CEE "Uccelli", finalizzate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione Europea, e in particolare, alla tutela di una serie di habitat e di specie animali e vegetali particolarmente rare indicate nei relativi elenchi allegati. La Direttiva in questione prevede che gli Stati, membri dell'Unione Europea, contribuiscano alla costituzione della rete ecologica Natura 2000 in funzione della presenza e della rappresentatività sul proprio territorio di questi ambienti e delle specie, individuando aree di particolare pregio ambientale, denominate Siti di Importanza Comunitaria (SIC) previste dalla direttiva “Habitat”, ai quali vanno aggiunte le Zone di Protezione Speciale (ZPS) previste dalla direttiva “Uccelli”; SIC e ZPS possono avere diverse relazioni spaziali tra loro, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione a seconda dei casi. 21 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO All’interno dell’area indagata sono presenti quattro SIC, riconosciuti e approvati con Decisione della Commissione delle Comunità Europee n. C(2003)4957 del 22 dicembre 2003, e la ZPS IT2070401 del Parco Naturale dell’Adamello, identificabile con la Riserva Parziale “Adamello”, la Riserva Parziale “Torbiere del Tonale” e la Riserva Parziale “Boschi di Vezza e di Vione”. CODICE SIC IT2070001 IT2070002 IT2070009 IT2070013 DENOMINAZIONE SIC TORBIERE DEL TONALE MONTE PICCOLO - MONTE COLMO VERSANTI DELL'AVIO GHIACCIAIO DELL'ADAMELLO SUPERFICIE (ettari ricadenti nel PIF) 56,33.80 98,59.90 76,82.10 558,48.00 COMUNE PONTE DI LEGNO INCUDINE TEMU' PONTE DI LEGNO/TEMU' Di seguito si riportano delle schede sintetiche descrittive degli habitat e delle specie presenti nei sopraelencati SIC. IT2070001 TORBIERE DEL TONALE HABITAT di interesse comunitario (Allegato I, Direttiva92/43/CEE) Codice habitat TIPO DI HABITAT 7140 Torbiere di transizione e instabili SPECIE ANIMALI di interesse comunitario (Direttiva 79/409/CEE) Codice Codice Nome della specie specie specie Uccelli elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE Nome della specie A338 Lanius collurio A409 Tetrao tetrix tetrix Uccelli migratori abituali non elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE A247 A257 A259 A256 A226 A366 A364 A363 A368 A365 A212 A253 A378 A376 A269 A096 A322 A359 A360 A153 Alauda arvensis Anthus pratensis Anthus spinoletta Anthus trivialis Apus apus Carduelis cannabina Carduelis carduelis Carduelis chloris Carduelis flammmea Carduelis spinus Cuculus canorus Delichon urbica Emberiza cia P D Emberiza citrinella Erithacus rubecula Falco tinnunculus Ficedula hypoleuca Fringilla coelebs Fringilla montifringilla Gallinago gallinago A261 A260 A319 A277 A328 A329 A327 A354 A273 A274 A313 A315 A314 A316 A267 A266 A250 A345 A317 A275 22 Motacilla cinerea Motacilla flava Muscicapa striata Oenanthe oenanthe Parus ater Parus caeruleus Parus cristatus Passer domesticus Phoenicurus ochruros Phoenicurus phoenicurus Phylloscopus bonelli Phylloscopus collybita Phylloscopus sibilatrix Phylloscopus trochilus Prunella collaris Prunella modularis Ptyonoprogne rupestris Pyrrochorax graculus Regulus regulus Saxicola rubetra PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO A299 Hippolais icterina A276 A340 Lanius excubitor A311 A369 Loxia curvirostra A310 PIANTE elencate nell'allegato II della Direttiva 92/43/CEE 1499 Saxicola torquata Sylvia atricapilla Sylvia borin Euphydryas aurinia IT2070002 MONTE PICCOLO - MONTE COLMO HABITAT di interesse comunitario (Allegato I, Direttiva92/43/CEE) Codice habitat TIPO DI HABITAT 4060 Lande alpine e boreali Boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron 4070 * hirsutum (mugo-rhododendretum hirsuti) 6150 Formazioni erbose boreo-alpine silicee Codice habitat TIPO DI HABITAT 9410 Foreste acidofile montane e subalpine di peccio (vaccinio-piceetea) 91DO Mughete acidofile con sfagni 9420 Foreste silicicole alpine di Larix decidua e Pinus cembra SPECIE ANIMALI di interesse comunitario (Direttiva 79/409/CEE) Codice Codice Nome della specie specie specie Uccelli elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE Nome della specie A223 Aegolius funereus A236 Dryocopus martius A412 Alectrois graeca A217 Glaucidium passerinum A091 Aquila chrysaetos A338 Lanius collurio A104 Bonasa bonasia A246 Lullula arborea A215 Bubo bubo A072 Pernis apivorus A224 Caprimulgus europaeus A409 Tetrao tetrix A082 Circus cyaneus Uccelli migratori abituali non elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE A085 A086 A324 A247 A257 A259 A256 A226 A228 A221 A263 A087 A366 A368 A365 A350 A348 A212 Accipiter gentilis Accipiter nisus Aegithalos caudatus Alauda arvensis Anthus pratensis Anthus spinoletta Anthus trivialis Apus apus Apus melba Asio otus Bombycilla garrulus Buteo buteo Carduelis cannabina Carduelis flammmea Carduelis spinus Corvus corax Corvus frugilegus Cuculus canorus A328 A327 A330 A326 A273 A274 A313 A315 A314 A316 A237 A235 A267 A266 A250 A372 A345 A318 23 Parus ater Parus cristatus Parus major Parus montanus Phoenicurus ochruros Phoenicurus phoenicurus Phylloscopus bonelli Phylloscopus collybita Phylloscopus sibilatrix Phylloscopus trochilus Picoides major Picus viridis Prunella collaris Prunella modularis Ptyonoprogne rupestris Pyrrhula pyrrhula Pyrrochorax graculus Regulus ignicapillus PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO A253 A378 A376 A269 A096 A322 A359 A342 A233 A369 A280 A358 A262 A261 A344 A277 Delichon urbica Emberiza cia Emberiza citrinella Erithacus rubecula Falco tinnunculus Ficedula hypoleuca Fringilla coelebs Garrulus glandarius Jynx torquilla Loxia curvirostra Monticola saxatilis Montifringilla nivalis Motacilla alba Motacilla cinerea Nucifraga caryocatactes Oenanthe oenanthe A317 A275 A219 A311 A310 A309 A308 A333 A265 A286 A283 A285 A284 A282 A287 Regulus regulus Saxicola rubetra Strix aluco Sylvia atricapilla Sylvia borin Sylvia communis Sylvia curruca Tichodroma muraria Troglodytes troglodytes Turdu iliacus Turdus merula Turdus philomelos Turdus pilaris Turdus torquatus Turdus viscivorus IT2070009 VERSANTI DELL'AVIO HABITAT di interesse comunitario (Allegato I, Direttiva92/43/CEE) Codice habitat TIPO DI HABITAT 4060 Lande alpine e boreali Boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron 4070 * hirsutum (mugo-rhododendretum hirsuti) 6150 Formazioni erbose boreo-alpine silicee Codice habitat TIPO DI HABITAT 7140 Torbiere di transizione e instabili 8110 Ghiaioni silicei dei piani montano fino a nivale 9420 Foreste silicicole alpine di Larix decidua e Pinus cembra SPECIE ANIMALI di interesse comunitario (Direttiva 79/409/CEE) Codice Codice Nome della specie specie specie Uccelli elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE Nome della specie A091 Aquila chrysaetos A409 Tetrao tetrix tetrix A408 Lagopus mutus helveticus Uccelli migratori abituali non elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE A259 A256 A087 A366 A368 A350 A212 A378 A269 A096 A359 A342 Anthus spinoletta Anthus trivialis Buteo buteo Carduelis cannabina Carduelis flammmea Corvus corax Cuculus canorus Emberiza cia Erithacus rubecula Falco tinnunculus Fringilla coelebs Garrulus glandarius A313 A315 A267 A266 A250 A372 A345 A318 A317 A275 A311 A310 24 Phylloscopus bonelli Phylloscopus collybita Prunella collaris Prunella modularis Ptyonoprogne rupestris Pyrrhula pyirrhula Pyrrochorax graculus Regulus ignicapillus Regulus regulus Saxicola rubetra Sylvia atricapilla Sylvia borin PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO A358 A262 A261 A344 A277 A328 A273 Montifringilla nivalis Motacilla alba Motacilla cinerea Nucifraga caryocatactes Oenanthe oenanthe Parus ater Phoenicurus ochruros A308 A333 A265 A283 A285 A282 A287 Sylvia curruca Tichodroma muraria Troglodytes troglodytes Turdus merula Turdus philomelos Turdus torquatus Turdus viscivorus IT2070013 GHIACCIAIO DELL'ADAMELLO HABITAT di interesse comunitario (Allegato I, Direttiva92/43/CEE) Codice habitat 6150 TIPO DI HABITAT Formazioni silicee erbose boreo-alpine Codice habitat 8110 TIPO DI HABITAT Ghiaioni silicei 8340 * Ghiacciai permanenti SPECIE ANIMALI di interesse comunitario (Direttiva 79/409/CEE) Codice Codice Nome della specie specie specie Uccelli elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE Nome della specie A412 Alectoris graeca saxatilis A082 Circus cyaneus A091 Aquila chrysaetos A408 Lagopus mutus helveticus A139 Charadrius morinellus A409 Tetrao tetrix tetrix Uccelli migratori abituali non elencati dell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE A247 A052 A053 A257 A259 A226 A228 A366 A365 A136 A264 A350 A113 A212 A253 A378 A376 A269 A096 A153 A342 Alauda arvensis Anas crecca Anas platyrhynchos Anthus pratensis Anthus spinoletta Apus apus Apus melba Carduelis cannabina Carduelis spinus Charadrius dubius Cinclus cinclus Corvus corax Coturnix coturnix Cuculus canorus Delichon urbica Emberiza cia Emberiza citrinella Erithacus rubecula Falco tinnunculus Gallinago gallinago Garrulus glandarius A280 A358 A262 A261 A277 A273 A315 A316 A267 A266 A250 A345 A275 A310 A308 A333 A265 A283 A282 A287 25 Monticola saxatilis Montifringilla nivalis Motacilla alba Motacilla cinerea Oenanthe oenanthe Phoenicurus ochrurus Phylloscopus collybita Phylloscopus trochilus Prunella collaris Prunella modularis Ptyonoprogne rupestris Pyrrhocorax graculus Saxicola rubetra Sylvia borin Sylvia curruca Tichodroma muraria Troglodytes troglodytes Turdus merula Turdus torquatus Turdus viscivorus PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO I SIC vengono considerati all’interno del Piano di Coordinamento Territoriale (art.17), che li riconosce come tali e prevede particolari disposizioni (comma 4). - IT2070001 “Torbiere del Tonale”: tutti gli interventi previsti all’interno o nelle aree limitrofe sono da sottoporre a valutazione d’incidenza. La scelta delle sementi da impiegare nelle opere di inerbimento del comprensorio sciistico, deve garantire il mantenimento della biodiversità e della ricchezza floristica del territorio. - IT2070002 “Monte Piccolo e Monte Colmo”: per la tutela all’habitat 6150 “Formazioni erbose boreo-alpine silicee” occorre mantenere il cotico erboso. Per la gestione dell’habitat 9410 “Foreste acidofile montane e subalpine di peccio (Vaccino-Piceetea)” sono da applicare le tecniche selvicoltura naturalistica privilegiando l’alto fusto disetaneo a struttura ben articolata composizione arborea mista, mantenendo le radure al fine di favorire la diversità ambientale e la salvaguardia del sottobosco e dei microhabitat che ospitano le specie erbacee più significative a favore della biodiversità specifica. Per la tutela degli habitat 4060 “Lande alpine e boreali”, 4070 “boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron hirsutum (Mugo-Rhododendretum hirsuti) e 9420 “Foreste silicicole alpine di Larix decidua e Pinus cembra” si applicano le tecniche di selvicoltura naturalistica, privilegiando l’alto fusto disetaneo a composizione arborea mista o, in caso di Cembrete pure, alla monospecificità. Gli individui monumentali sono salvaguardati. - IT2070009 “Versanti dell’Avio”: per la tutela dell’habitat 9420 “Foreste silicicole alpine di Larix decidua e Pinus cembra” si applicano le tecniche di selvicoltura naturalistica, privilegiando l’alto fusto disetaneo a composizione arborea mista o, in caso di Cembrete pure alla monospecificità. Gli individui monumentali sono salvaguardati. - IT2070013 “Ghiacciaio dell’Adamello”: regolamentazione della fruizione turistica. La Regione Lombardia ha coordinato e realizzato all’anno 2005 un monitoraggio degli habitat sull’intero territorio regionale organizzato a livello di provinciale. Per la Provincia di Brescia sono state predisposte Relazioni tecniche di monitoraggio degli habitat per ogni singolo SIC che includono anche linee d’indirizzo gestionale per la conservazione degli habitat. IT2070001 “TORBIERE DEL TONALE” Habitat 7140 Torbiere di transizione e instabili (CORINE 54.5) Tipologia: Torbiere basse e torbiere intermedie di transizione instabili Sintaxa rappresentativi: Scheuchzerio-Caricetea fuscae, Sphagnetalia magellanici Fisionomia: Acquitrini, prati torbosi a cyperacee, aggallati, prati torbosi instabili dominati da ciperacee di piccola taglia su tappeti di sfagni, mosaici di prati torbosi con intercalati cumuli di sfagni Ecologia: Acquitrini e stazioni con ristagno di acqua (torbiere montane, subalpine e alpine); Ex; modesti corpi lacustri ormai estinti; Sistemi di depressioni dei terrazzi glaciali subalpini e alpini; Tasche e depressioni fra le morene oloceniche Contenuti floristici significativi: Carex fusca, Carex rostrata, Carex magellanica, Trichophorum alpinum, Trichophorum caespitosum, Eryophorum angustifolium, Eryophorum latifolium, Eryophorum vaginatum, Eryophorum scheuchzeri, Drosera rotundifolia, Drosera anglica, Utricularia minor, Sphagnum magellanicum, Sphagnum fuscum, Sphagnum rubellum, Andromeda polifolia, Vaccinium microcarpum, Majanthemum bifolium, Menyanthes trifoliata 26 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Contatti catenali: Acque libere (pozze di torbiera), praterie più o meno igrofile montane, subalpine e alpine, rupi e macereti Grado di stabilità: Vegetazioni a rapida evoluzione in funzione della velocità di accumulo di torba e/o di interramento e successivo distacco dalla falda con conseguente drenaggio della vegetazione Condizioni di rischio: Gli ambienti di torbiera sono caratterizzati da una rapida dinamica controllata prevalentemente dal fattore disponibilità d’acqua: pericolo di drenaggi soprattutto nell’orizzonte montano. Altri elementi tuttavia entrano in gioco in modo determinante: prime fra tutte le variazioni del chimismo (pH e disponibilità di nutrienti) con conseguenze negative sul sistema quali: -ingresso di specie invasive (differenti a seconda della quota); -diffusione delle vegetazioni ruderali proprie degli ambienti fortemente disturbati (negli orizzonti inferiori) con conseguente banalizzazione delle vegetazioni turficole; -avanzata del bosco o degli arbusteti; eccessiva pressione del pascolo. Indirizzi gestionali: Mantenimento dello stato di fatto: un persistente abbassamento della falda sarebbe esiziale per la vegetazione idro-igrofila così come una persistente sommersione. Monitoraggio della qualità delle acque e del comportamento delle specie invasive. Regolamentare la frequentazione. Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Sono comunque da sottoporre a valutazione di incidenza tutti gli interventi, nessuno escluso, progettati all’interno del SIC, trattandosi di un complesso mosaico di habitat concentrati su una superficie tutto sommato contenuta. Sono comunque da sottoporre a valutazione di incidenza tutti gli interventi previsti nell’ambito del bacino imbrifero del SIC in quanto direttamente o indirettamente hanno inferenza con questo habitat. In particolare sono da tenere in considerazione gli interventi che comportano: variazione del regime dei suoli (variazioni colturali, tagli e/o impianti boschivi, interventi edilizi anche minimi, bonifiche di qualsiasi natura); - modificazioni del bilancio idrologico in termini quantitativi e/o qualitativi IT2070002 “MONTE PICCOLO E MONTE COLMO” Habitat 4060 Lande alpine e boreali (CORINE 31.4) Tipologia: Vegetazioni ad arbusti nani e contorti, soprattutto ericacee, degli orizzonti alpino e subalpino. Sintaxa rappresentativi: Loiseleurio-Vaccinion, Rhododendro-Vaccinion, Empetro-Vaccinietum uliginosi, Juniperion Fisionomia: Le brughiere, delimitate inferiormente dal limite superiore delle foreste e superiormente dal limite degli alberi nani isolati anche se compaiono già come sottobosco dei boschi di conifere, e si spingono ben oltre le praterie di quota, fino anche alla base di pendii detritici. 1) Brughiera ad azalea nana del Loiseleurio-Vaccinion: vegetazione tipica dei dossi e delle creste ventose, con breve permanenza della neve al suolo e quindi esposizione al gelo e al disseccamento. 2) Brughiera a empetro dell’ Empetro-Vaccinietum uliginosi: vegetazione intermedia tra i rododendreti e i loiseleurieti, soprattutto per le condizioni intermedie di permanenza al suolo della neve. Empetrum ermaphroditum è associato al falso mirtillo (Vaccinium gaultherioides) e ai licheni, ben resistenti al gelo. 3) Brughiera a ginepro dello Juniperion nanae: vegetazione caratteristica dei versanti caldi e aridi. Esistono due varianti altitudinali che vedono dominare rispettivamente il ginepro comune (Juniperus communis) alle quote più basse e il ginepro nano (Juniperus nana) a maggiori altitudini, entrambe associati, in proporzioni variabili, a Calluna vulgaris e Arctostaphylos uva-ursi. 4) Brughiera a rododendro ferrugineo del Rhododendro-Vaccinion: vegetazione acidofila distribuita prevalentemente su versanti freschi, esposti a nord, con prolungato innevamento a protezione della specie caratteristica Rhododendron ferrugineum. Al di sotto dei suoi rami, trovano spazio diverse specie di mirtilli e una ricca componente lichenica e briofitica. 27 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Ecologia: L’estensione e la composizione floristica degli arbusteti varia soprattutto in funzione del chimismo del substrato, dell’esposizione e della pendenza dei versanti e delle condizioni microclimatiche, influenzate dalla permanenza di neve al suolo, dall’azione del vento, dall’assolazione, dalla disponibilità idrica. L’attuale distribuzione degli arbusteti non può essere unicamente giustificata dalla naturale successione altitudinale, ma deve anche la propria estensione da un lato all’opera di disboscamento che ha sottratto terreno alle foreste favorendo l’espansione degli arbusti, dall’altro al recente abbandono dei pascoli e degli alpeggi, che in passato invece ne hanno contrastato l’espansione. Falde di detrito silicatiche. Contenuti floristici significativi: Loiseleuria procumbens, Rhododendron ferrugineum, Vaccinium myrtillus, Vaccinium gaultherioides, Empetrum ermaphroditum, Juniperus communis, Juniperus nana , Arctostaphylos uva-ursi, (Arctostaphylos alpina), Lonicera coerulea, Pyrola seconda. Specie arboree più frequenti: Larix decidua, Picea excelsa, Sorbus aucuparia. Contatti catenali: Thlaspietea rotundifolii, Caricetalia curvulae. Grado di stabilità: Cenosi stabile ad evoluzione lenta se non intervengono pesanti alterazioni ambientali. Condizioni di rischio: Fenomeni di degradazione del suolo per compattazione dovuti a calpestio. Fenomeni di erosione (idrica incanalata e di massa). Per quanto riguarda le attività connesse con la presenza dell’uomo, si segnalano il pascolo e il turismo invernale. Indirizzi gestionali: Rallentare l’evoluzione a bosco (dove ne sussiste la potenzialità). Conservare una modesta attività di pascolo (l’abbandono totale è dannoso quanto il sovrappascolo). Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Carico bovino nelle vicinanze Habitat *4070 Boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron hirsutum (Mugo-rhododendretumj hirsuti) (CORINE 31.5) Tipologia: Cespuglieti e boscaglie, in genere molto fitti, rampanti (M.te Colombine, alta Valle del Caffaro; Dosso Alto, Cima Caldoline). Sintaxa di riferimento: Mugo-Rhododendretum irsuti. Ecologia: Detrito calcareo consolidato, a forte drenaggio, con buona disponibilità di calcare libero. Contenuti floristici significativi: Cypripedium calceolus, Rhodotamnus chamaecytisus, Silene elisabethae (nelle aperture su substrati compatti) e differenti elementi del Caricion firmae s.l. Specie arboree più frequenti: Larix decidua e Pinus cembra (sempre rari e di taglia ridotta). Tipologie forestali di riferimento: Differenti tipi di mughete. Contatti seriali: Thlaspion rotundifolii, Caricetum firmae s.l. Contatti catenali: Ghiaioni e macereti calcarei (Habitat 8120).; Pareti rocciose calcaree (Habitat 8210); Praterie calcaree più o meno discontinue. Grado di stabilità: Cenosi stabile (anche in virtù della posizione su conoidi in parte ancora attivi). 28 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Condizioni di rischio: In alcuni casi rapida evoluzione verso formazioni boschive; in altri, processi erosivi spesso conseguenti ad interventi apparentemente insignificanti. Indirizzi gestionali: Arrestare eventuali fenomeni erosivi. Rallentare l’evoluzione verso compagini boschive. Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Interventi, anche modesti, sui coni di detrito (compreso bacino alimentatore e piede della scarpata) (innescano processi destabilizzanti ed erosivi devastanti). Habitat 6150 Formazioni erbose boreo-alpine silicee (CORINE 36.32) Tipologia: Praterie alpine acidofile stabili. Sintaxa rappresentativi: Caricion curvulae, Festucion variae. Fisionomia: Formazioni erbacee sviluppate oltre il limite superiore degli arbusti nani. Le praterie naturali sono oggi intercalate a formazioni seminaturali e secondarie derivanti dalla gestione del territorio che ha favorito l’espansione di aree da destinare al pascolamento del bestiame. Ecologia La variabilità nel chimismo del substrato, nelle condizioni ecologiche e stazionali determina la diversificazione delle seguenti tipologie. Curvuleti: praterie naturali tipiche dei pianori e delle dorsali delle catene montuose centroeuropee, a quote comprese tra i 2500 e i 2700 m. Rappresentano la vegetazione climax dell’orizzonte alpino e prediligono suoli evoluti, a pH acido, ricchi di humus, con buona disponibilità idrica e con discreta copertura nevosa a protezione dal disseccamento e dal gelo invernali. Varieti: praterie delle Alpi meridionali, tipiche dei versanti ripidi esposti a sud, quindi assolati e aridi, su suoli acidificato e ricco di humus. I grandi cespi si dispongono in lunghe file a costituire delle gradinate accentuate anche dal calpestio del bestiame. Contenuti floristici significativi: Carex curvala, Soldanella alpina, Senecio incanus, Gentiana verna, Festuca scabriculmis, Prunella grandiflora, Allium victorialis, Hypochoeris uniflora, Pulsatilla sulphurea. Contatti catenali: Formazioni erbose di Nardus stricta (Habitat 6230); Ghiaioni silicei (Habitat 8110). Grado di stabilità: Vegetazioni climaciche stabili Condizioni di rischio: Fenomeni erosivi gravitativi, soliflussi. Eccesso di frequentazione localizzata. Indirizzi gestionali: Contenere l’eccesso di pascolo (soprattutto sui pendii meno acclivi). Mantenere l’integrità del cotico erboso. Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Per i curvuleti, apertura di piste (vegetazione restia alla cicatrizzazione). Habitat 9410 Foreste acidofile montane e subalpine di peccio (Vaccinio-piceetea) (CORINE 42.21) Tipologia: Sono comprese in questo habitat le foreste di conifere dominate da Picea excelsa sia montane che subalpine Sintaxa rappresentativi: Vaccinio-Piceetea 29 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Fisionomia: Si presentano in genere come foreste a Abete rosso, Larice e Abete bianco. Le peccete montane raramente sono di origine naturale; più spesso sono foreste di Fagus sylvatica o di Abies alba (spesso mantengono individui di queste specie, soprattutto l’abete bianco) trasformate in peccete da interventi selvicolturali o perché impoverite da un eccessivo sfruttamento. Le peccete subalpine hanno un sottobosco più povero a briofite ed ericacee. Ecologia: Molto spesso queste tipologie forestali si estendono in fasce altitudinali che non sono loro proprie ma che hanno conquistato grazie alla gestione forestale ad esse favorevoli. In base alla distribuzione altitudinale si distinguono le peccete montane da quelle subalpine. Le prime si estendono tra gli 800 e i 1500 m di quota dove hanno sostituito boschi misti di abeti e faggio o addirittura pascoli e prati sia per abbandono di questi ultimi che per interventi di riforestazione. Le peccete subalpine si distribuiscono oltre i 1500 m, fino al limite del bosco in associazione al larice e godono in genere di maggiore naturalità. Contenuti floristici significativi: Veronica latifolia, Calamagrostis varia, Hieracium sylvaticum, Orthilia secunda, Sorbus aucuparia, Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitis-idaea, Lonicera nigra, Lycopodium annotinum, Luzula luzulina Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitis-idaea, Matteuccia strutiopteris, Athyrium filix-foemina, Dryopteris filix-mas, Maianthemum bifolium , Oxalis acetosella, Prenanthes purpurea, Saxifraga cuneifolia, Solidago virgaurea, Homogyne alpina, Melampyrum sylvaticum. Specie arboree più frequenti: Picea excelsa, Larix decidua, Abies alba, Acer pseudoplatanus, Sorbus aucuparia. Contatti catenali: Vegetazione delle rupi e dei macereti, praterie montane (prati e prati pascolo). Grado di stabilità: Vegetazioni stabili (climaciche nell’orizzonte montano superiore e subalpino). Condizioni di rischio: Erosione del suolo, idrica incanalata e di massa (frane). Incendi, particolarmente dannosi soprattutto per le formazioni a dominanza di conifere. Eccessiva antropizzazione delle compagini boschive, con sviluppo di boschi coetanei monospecifici. Apertura di linee di penetrazione, quali strade carrozzabili e piste forestali. Tagli a raso su estese superfici. Indirizzi gestionali: Normare i boschi e seguire le tecniche della silvicoltura naturalistica tendendo di regola all’alto fusto disetaneo, a struttura ben articolata, a composizione arborea mista. Rigida salvaguardia dei microhabitat che ospitano le specie erbacee più significative. A scala di sito, la strategia di conservazione deve prevedere: -nelle zone interessate da fenomeni di erosione, la riduzione al minimo delle azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, sovrappascolo, incendi e altre azioni di disturbo (inteso, in senso stretto, come asporto eccessivo di biomassa); -misure di pianificazione antincendio boschivo; -mantenimento di radure al fine di favorire la diversità ambientale e di un abbondante strato del sottobosco a favore della biodiversità specifica; -localmente ed in ambiti circoscritti e costantemente monitorati (rischio bostrico) mantenere alberi vetusti per la nidificazione di Strigiformi e Piciformi; -quando gli habitat forestali ospitano anche specie animali d’interesse comunitario (o comunque d’interesse conservazionistico), possono essere pianificati interventi selvicolturali tesi al miglioramento delle condizioni che le favoriscono; 30 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO -misure di regolamentazione degli accessi e dei flussi turistici e delle attività di fruizione (sentieristica per trekking, mountain bike, ecc.), sulla base delle caratteristiche di vulnerabilità degli habitat (ad esempio, rischio di erosione del suolo); Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza Dovranno essere tenuti sotto controllo, attraverso la valutazione d’incidenza, i progetti e/o le attività che possono comportare sovraccarichi ambientali legati al turismo di massa, invernale e estivo (costruzione di attrezzature e impianti di risalita, proliferazione di seconde case e infrastrutture connesse), la realizzazione d’impianti di produzione energetica e la realizzazione d’infrastrutture di trasporto. Habitat 9420 Foreste silicicole alpine di Larix decidua e Pinus cembra (CORINE 42.31) Tipologia: Formazioni pure a larice o a pino cembro e consorzi misti delle due specie. Sintaxa rappresentativi: Vaccinio-Rhododendretum ferruginei laricetosum. Fisionomia: Nelle alpi continentali si rinvengono boschi misti nei quali dominano alternativamente le due essenze, larice e cembro mentre nel sottobosco dominano ericacee e ginepro. Oggi solo pochissime foreste di larice sono da considerarsi naturali perché molto spesso questa essenza è stata utilizzata nelle opere di rimboschimento. Sono per contro frequenti i “lariceti a parco” in cui i larici si sviluppano distanziati gli uni dagli altri, e ospitano un sottobosco a pascolo. Ecologia: Lariceti e cembrete si estendono rispettivamente dai 1300 e 1500 m fino oltre i 2200 m di quota, costituendo il limite superiore della vegetazione arborea. Sono formazioni per lo più indifferenti alla natura del substrato; alle alte quote raramente acqua e chimismo del suolo rappresentano fattori limitanti la distribuzione delle specie, mentre lo sono di più il calore, la durata del periodo vegetativo, il tempo di permanenza della neve al suolo. Entrambe le specie ben si adattano al clima rigido delle vallate continentali alpine. Contenuti floristici significativi: Linnaea borealis, Listera cordata, Juniperus communis, J. nana, Vaccinium spp., Rhododendron ferrugineum, Calluna vulgaris, Arctostaphylos uva-ursi, Calamagrostis varia, Avenella flexuosa, Galium anysophyllum, Hieracium sylvaticum, Homogyne alpina. Su calcare: Rhododendron hirsutum, Erica herbacea, Sesleria albicans. Specie arboree più frequenti: Larix decidua, Pinus cembra, Pinus mugo. Contatti catenali: Boschi misti di conifere, vegetazione delle rupi e dei macereti, brughiere, pascoli e praterie alpine. Grado di stabilità: Vegetazioni stabili, climaciche. Condizioni di rischio: Incendi, particolarmente dannosi soprattutto per le formazioni a dominanza di conifere. Apertura di linee di penetrazione, quali strade e impianti da sci. Indirizzi gestionali: Normare i boschi e seguire le tecniche della silvicoltura naturalistica tendendo di regola all’alto fusto disetaneo a composizione arborea mista ma in alcuni casi (cembrete pure) alla monospecificità. Salvaguardia individui monumentali. 31 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Rigida salvaguardia dei microhabitat che ospitano le specie erbacee più significative. A scala di sito, la strategia di conservazione deve prevedere: -nelle zone interessate da fenomeni di erosione, la riduzione al minimo delle azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, sovrappascolo, incendi e altre azioni di disturbo (inteso, in senso stretto, come asporto eccessivo di biomassa); -quando gli habitat forestali ospitano anche specie animali d’interesse comunitario (o comunque d’interesse conservazionistico), possono essere pianificati interventi selvicolturali tesi al miglioramento delle condizioni che le favoriscono; -misure di pianificazione antincendio boschivo; -misure di regolamentazione degli accessi e dei flussi turistici e delle attività di fruizione (sentieristica per trekking, mountain bike, ecc.), sulla base delle caratteristiche di vulnerabilità degli habitat (ad esempio, rischio di erosione del suolo). Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Dovranno essere tenuti sotto controllo, attraverso la valutazione d’incidenza, i progetti e/o le attività che possono comportare sovraccarichi ambientali legati al turismo di massa, invernale e estivo (costruzione di attrezzature e impianti di risalita, proliferazione di seconde case e infrastrutture connesse), la realizzazione d’impianti di produzione energetica e la realizzazione d’infrastrutture di trasporto. Habitat 91DO Mughete acidofile con sfagni: Questo habitat rappresenta l’epilogo boschivo delle torbiere alte; tali mughete con sfagni ed elementi boreali sono state descritte al *4070. IT2070009 “VERSANTI DELL’AVIO” Habitat 4060 Lande alpine e boreali (CORINE 31.4) Tipologia: Vegetazioni ad arbusti nani e contorti, soprattutto ericacee, degli orizzonti alpino e subalpino. Sintaxa rappresentativi: Loiseleurio-Vaccinion, Rhododendro-Vaccinion, Empetro-Vaccinietum uliginosi Juniperion Fisionomia: Le brughiere, delimitate inferiormente dal limite superiore delle foreste e superiormente dal limite degli alberi nani isolati anche se compaiono già come sottobosco dei boschi di conifere, e si spingono ben oltre le praterie di quota, fino anche alla base di pendii detritici. 1) Brughiera ad azalea nana del Loiseleurio-Vaccinion: vegetazione tipica dei dossi e delle creste ventose, con breve permanenza della neve al suolo e quindi esposizione al gelo e al disseccamento. 2) Brughiera a empetro dell’ Empetro-Vaccinietum uliginosi: vegetazione intermedia tra i rododendreti e i loiseleurieti, soprattutto per le condizioni intermedie di permanenza al suolo della neve. Empetrum ermaphroditum è associato al falso mirtillo (Vaccinium gaultherioides) e ai licheni, ben resistenti al gelo. 3) Brughiera a ginepro dello Juniperion nanae: vegetazione caratteristica dei versanti caldi e aridi. Esistono due varianti altitudinali che vedono dominare rispettivamente il ginepro comune (Juniperus communis) alle quote più basse e il ginepro nano (Juniperus nana) a maggiori altitudini, entrambe associati, in proporzioni variabili, a Calluna vulgaris e Arctostaphylos uva-ursi. 4) Brughiera a rododendro ferrugineo del Rhododendro-Vaccinion: vegetazione acidofila distribuita prevalentemente su versanti freschi, esposti a nord, con prolungato innevamento a protezione della 32 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO specie caratteristica Rhododendron ferrugineum. Al di sotto dei suoi rami, trovano spazio diverse specie di mirtilli e una ricca componente lichenica e briofitica. Ecologia: L’estensione e la composizione floristica degli arbusteti varia soprattutto in funzione del chimismo del substrato, dell’esposizione e della pendenza dei versanti e delle condizioni microclimatiche, influenzate dalla permanenza di neve al suolo, dall’azione del vento, dall’assolazione, dalla disponibilità idrica. L’attuale distribuzione degli arbusteti non può essere unicamente giustificata dalla naturale successione altitudinale, ma deve anche la propria estensione da un lato all’opera di disboscamento che ha sottratto terreno alle foreste favorendo l’espansione degli arbusti, dall’altro al recente abbandono dei pascoli e degli alpeggi, che in passato invece ne hanno contrastato l’espansione. Falde di detrito silicatiche. Contenuti floristici significativi: Loiseleuria procumbens, Rhododendron ferrugineum, Vaccinium myrtillus, Vaccinium gaultherioides, Empetrum ermaphroditum, Juniperus communis, Juniperus nana, Arctostaphylos uva-ursi, (Arctostaphylos alpina), Lonicera coerulea, Pyrola seconda. Specie arboree più frequenti: Larix decidua, Picea excelsa, Sorbus aucuparia. Contatti catenali: Thlaspietea rotundifolii, Caricetalia curvulae. Grado di stabilità: Cenosi stabile ad evoluzione lenta se non intervengono pesanti alterazioni ambientali. Condizioni di rischio: Fenomeni di degradazione del suolo per compattazione dovuti a calpestio. Fenomeni di erosione (idrica incanalata e di massa). Per quanto riguarda le attività connesse con la presenza dell’uomo, si segnalano il pascolo e il turismo invernale. Indirizzi gestionali: Rallentare l’evoluzione a bosco (dove ne sussiste la potenzialità). Conservare una modesta attività di pascolo (l’abbandono totale è dannoso quanto il sovrappascolo). Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Carico bovino nelle vicinanze Habitat *4070 boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron hirsutum (mugo-rhododendretumj hirsuti) (CORINE 31.5) Tipologia: Cespuglieti e boscaglie, in genere molto fitti, rampanti (M.te Colombine, alta Valle del Caffaro; Dosso Alto, Cima Caldoline). Sintaxa di riferimento: Mugo-Rhododendretum irsuti. Ecologia: Detrito calcareo consolidato, a forte drenaggio, con buona disponibilità di calcare libero. Contenuti floristici significativi: Cypripedium calceolus, Rhodotamnus chamaecytisus, Silene elisabethae (nelle aperture su substrati compatti) e differenti elementi del Caricion firmae s.l. Specie arboree più frequenti: Larix decidua e Pinus cembra (sempre rari e di taglia ridotta). Tipologie forestali di riferimento: Differenti tipi di mughete. Contatti seriali: Thlaspion rotundifolii, Caricetum firmae s.l. 33 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Contatti catenali: Ghiaioni e macereti calcarei (Habitat 8120); Pareti rocciose calcaree (Habitat 8210); Praterie calcaree più o meno discontinue. Grado di stabilità: Cenosi stabile (anche in virtù della posizione su conoidi in parte ancora attivi). Condizioni di rischio: In alcuni casi rapida evoluzione verso formazioni boschive; in altri, processi erosivi spesso conseguenti ad interventi apparentemente insignificanti. Indirizzi gestionali: Arrestare eventuali fenomeni erosivi. Rallentare l’evoluzione verso compagini boschive. Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Interventi, anche modesti, sui coni di detrito (compreso bacino alimentatore e piede della scarpata) (innescano processi destabilizzanti ed erosivi devastanti). Tipologie analoghe o assimilabili: - Formazioni a Pinus uncinata in forma eretta (Habitat 9430); - Mughete su argilloscisti o su suoli decalcificati (a Sorbus chamaemespilus e Rhododendron intermedium) (Sorbo chamaemespilipinetum mugi) (P.sso dei Campelli); - Mughete acidofile con Juniperus nana, Arctostaphylos uva ursi, Polygala chamaebuxus) su substrati cristallini grossolani (gande) (M.te Piccolo-M.te Colmo) ed arenacei (in disfacimento); spesso in contatto seriale e catenale col varieto; - Mughete acidofile con sfagni ed elementi boreo-artici (con sfagni, Betula pubescens, Empetrum) (alta Val Paisco); - Mughete su suoli torbosi (Habitat 91D3) boscaglie di Pino montano su torba (non più attiva) in rilevato e drenata con qualche sporadica presenza di specie relitte degli Sphagnetalia fusci e degli Sphagnetalia magellanici (Pinetum rotundatae); - Mughete microterme (impostate su fomazioni a Carex firma, a Dryas octopetala, a Salix reticulata e S. retusa); - Mughete microterme delle bocche da freddo (c/o Rifugio Iseo, Val Clegna); - Mughete dealpinizzate (Amelanchiero ovalis-pinetum mugo) (Casto); - Mughete secondarie da invasione post-pascolo (M.te Caplone et al.). Habitat 6150 Formazioni erbose boreo-alpine silicee (CORINE 36.32) Tipologia: Praterie alpine acidofile stabili. Sintaxa rappresentativi: Caricion curvulae, Festucion variae. Fisionomia: Formazioni erbacee sviluppate oltre il limite superiore degli arbusti nani. Le praterie naturali sono oggi intercalate a formazioni seminaturali e secondarie derivanti dalla gestione del territorio che ha favorito l’espansione di aree da destinare al pascolamento del bestiame. Ecologia: La variabilità nel chimismo del substrato, nelle condizioni ecologiche e stazionali determina la diversificazione delle seguenti tipologie. Curvuleti: praterie naturali tipiche dei pianori e delle dorsali delle catene montuose centroeuropee, a quote comprese tra i 2500 e i 2700 m. Rappresentano la vegetazione climax dell’orizzonte alpino e prediligono suoli evoluti, a pH acido, ricchi di humus, con buona disponibilità idrica e con discreta copertura nevosa a protezione dal disseccamento e dal gelo invernali. Varieti: praterie delle Alpi meridionali, tipiche dei versanti ripidi esposti a sud, quindi assolati e aridi, su suoli acidificato e ricco di humus. I grandi cespi si dispongono in lunghe file a costituire delle gradinate accentuate anche dal calpestio del bestiame. Contenuti floristici significativi: Carex curvala, Soldanella alpina, Senecio incanus, Gentiana verna, Festuca scabriculmis, Prunella grandiflora, Allium victorialis, Hypochoeris uniflora, Pulsatilla sulphurea. Contatti catenali: Formazioni erbose di Nardus stricta (Habitat 6230); Ghiaioni silicei (Habitat 8110). Grado di stabilità: Vegetazioni climaciche stabili 34 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Condizioni di rischio: Fenomeni erosivi gravitativi, soliflussi. Eccesso di frequentazione localizzata. Indirizzi gestionali: Contenere l’eccesso di pascolo (soprattutto sui pendii meno acclivi). Mantenere l’integrità del cotico erboso. Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Per i curvuleti, apertura di piste (vegetazione restia alla cicatrizzazione). Habitat 7140 Torbiere di transizione e instabili (CORINE 54.5) Tipologia: Torbiere basse e torbiere intermedie di transizione instabili Sintaxa rappresentativi: Scheuchzerio-Caricetea fuscae, Sphagnetalia magellanici Fisionomia: Acquitrini, prati torbosi a cyperacee, aggallati, prati torbosi instabili dominati da ciperacee di piccola taglia su tappeti di sfagni, mosaici di prati torbosi con intercalati cumuli di sfagni Ecologia: Acquitrini e stazioni con ristagno di acqua (torbiere montane, subalpine e alpine). Ex modesti corpi lacustri ormai estinti. Sistemi di depressioni dei terrazzi glaciali subalpini e alpini. Tasche e depressioni fra le morene oloceniche. Contenuti floristici significativi: Carex fusca, Carex rostrata, Carex magelanica, Trichophorum alpinum, Trichophorum caespitosum, Eryophorum angustifolium, Eryophorum latifolium, Eryophorum vaginatum, Eryophorum scheuchzeri, Drosera rotundifolia, Drosera anglica, Utricularia minor, Sphagnum magellanicum, Sphagnum fuscum, Sphagnum rubellum, Andromeda polifolia, Vaccinium microcarpum, Majanthemum bifolium, Menyanthes trifoliata. Contatti catenali: Acque libere (pozze di torbiera), praterie più o meno igrofile montane, subalpine e alpine, rupi e macereti Grado di stabilità: Vegetazioni a rapida evoluzione in funzione della velocità di accumulo di torba e/o di interramento e successivo distacco dalla falda con conseguente drenaggio della vegetazione Condizioni di rischio: Gli ambienti di torbiera sono caratterizzati da una rapida dinamica controllata prevalentemente dal fattore disponibilità d’acqua: pericolo di drenaggi soprattutto nell’orizzonte montano. Altri elementi tuttavia entrano in gioco in modo determinante: prime fra tutte le variazioni del chimismo (pH e disponibilità di nutrienti) con conseguenze negative sul sistema quali: -ingresso di specie invasive (differenti a seconda della quota); -diffusione delle vegetazioni ruderali proprie degli ambienti fortemente disturbati (negli orizzonti inferiori) con conseguente banalizzazione delle vegetazioni turficole; -avanzata del bosco o degli arbusteti; eccessiva pressione del pascolo. Indirizzi gestionali: Mantenimento dello stato di fatto: un persistente abbassamento della falda sarebbe esiziale per la vegetazione idro-igrofila così come una persistente sommersione. Monitoraggio della qualità delle acque e del comportamento delle specie invasive. Regolamentare la frequentazione Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Sono comunque da sottoporre a valutazione di incidenza tutti gli interventi, nessuno escluso, progettati all’interno del SIC, trattandosi di un complesso mosaico di habitat concentrati su una superficie tutto sommato contenuta. Sono comunque da sottoporre a valutazione di incidenza tutti gli interventi previsti nell’ambito del bacino imbrifero del SIC in quanto direttamente o indirettamente hanno inferenza con questo habitat. In particolare sono da tenere in considerazione gli interventi che comportano: variazione del regime dei suoli (variazioni colturali, tagli e/o impianti boschivi, interventi edilizi anche minimi, bonifiche di qualsiasi natura); - modificazioni del bilancio idrologico in termini quantitativi e/o qualitativi 35 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Habitat 9420 foreste silicicole alpine di Larix decidua e Pinus cembra (CORINE 42.31) Tipologia: Formazioni pure a larice o a pino cembro e consorzi misti delle due specie. Sintaxa rappresentativi: Vaccinio-Rhododendretum ferruginei laricetosum. Fisionomia: Nelle alpi continentali si rinvengono boschi misti nei quali dominano alternativamente le due essenze, larice e cembro mentre nel sottobosco dominano ericacee e ginepro. Oggi solo pochissime foreste di larice sono da considerarsi naturali perché molto spesso questa essenza è stata utilizzata nelle opere di rimboschimento. Sono per contro frequenti i “lariceti a parco” in cui i larici si sviluppano distanziati gli uni dagli altri, e ospitano un sottobosco a pascolo. Ecologia: Lariceti e cembrete si estendono rispettivamente dai 1300 e 1500 m fino oltre i 2200 m di quota, costituendo il limite superiore della vegetazione arborea. Sono formazioni per lo più indifferenti alla natura del substrato; alle alte quote raramente acqua e chimismo del suolo rappresentano fattori limitanti la distribuzione delle specie, mentre lo sono di più il calore, la durata del periodo vegetativo, il tempo di permanenza della neve al suolo. Entrambe le specie ben si adattano al clima rigido delle vallate continentali alpine. Contenuti floristici significativi: Linnaea borealis, Listera cordata, Juniperus communis, J. nana, Vaccinium spp., Rhododendron ferrugineum, Calluna vulgaris, Arctostaphylos uva-ursi, Calamagrostis varia, Avenella flexuosa, Galium anysophyllum, Hieracium sylvaticum, Homogyne alpina. Su calcare: Rhododendron hirsutum, Erica herbacea, Sesleria albicans. Specie arboree più frequenti: Larix decidua, Pinus cembra, Pinus mugo. Contatti catenali: Boschi misti di conifere, vegetazione delle rupi e dei macereti, brughiere, pascoli e praterie alpine. Grado di stabilità: Vegetazioni stabili, climaciche. Condizioni di rischio: Incendi, particolarmente dannosi soprattutto per le formazioni a dominanza di conifere. Apertura di linee di penetrazione, quali strade e impianti da sci. Indirizzi gestionali: Normare i boschi e seguire le tecniche della silvicoltura naturalistica tendendo di regola all’alto fusto disetaneo a composizione arborea mista ma in alcuni casi (cembrete pure) alla monospecificità. Salvaguardia individui monumentali. Rigida salvaguardia dei microhabitat che ospitano le specie erbacee più significative. A scala di sito, la strategia di conservazione deve prevedere: -nelle zone interessate da fenomeni di erosione, la riduzione al minimo delle azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, sovrappascolo, incendi e altre azioni di disturbo (inteso, in senso stretto, come asporto eccessivo di biomassa); -quando gli habitat forestali ospitano anche specie animali d’interesse comunitario (o comunque d’interesse conservazionistico), possono essere pianificati interventi selvicolturali tesi al miglioramento delle condizioni che le favoriscono; -misure di pianificazione antincendio boschivo; -misure di regolamentazione degli accessi e dei flussi turistici e delle attività di fruizione (sentieristica per trekking, mountain bike, ecc.), sulla base delle caratteristiche di vulnerabilità degli habitat (ad esempio, rischio di erosione del suolo). 36 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Elementi da tenere in considerazione nelle valutazioni di incidenza: Dovranno essere tenuti sotto controllo, attraverso la valutazione d’incidenza, i progetti e/o le attività che possono comportare sovraccarichi ambientali legati al turismo di massa, invernale e estivo (costruzione di attrezzature e impianti di risalita, proliferazione di seconde case e infrastrutture connesse), la realizzazione d’impianti di produzione energetica e la realizzazione d’infrastrutture di trasporto. Habitat 8110 Ghiaioni silicei dei piani montano fino a nivale (Androsacetalia alpinae e Galeopsietalia ladani) (CORINE 61.10) Tipologia: Ghiaioni dei campi antistanti i ghiacciai o alle morene, detriti che ricoprono i pendii sotto pareti rocciose o che riempiono i canaloni, falde di detrito non stabilizzate e continuamente alimentate. Sintaxa rappresentativi: Androsacetalia alpinae. Fisionomia: Vegetazioni pioniere rade e discontinue dei ghiaioni e delle pietraie silicee. Ecologia: Si tratta di vegetazioni altamente specializzate e adattate alle condizioni proibitive in cui vivono: substrato incoerente, mancanza di un suolo evoluto, forti escursioni termiche diurne, brevità del periodo vegetativo (per quelle di quota più elevata), azione degli agenti atmosferici, disturbo meccanico. Contenuti floristici significativi: Androsace alpina, Ranunculus glacialis, Cryptogramma crispa, Agrostis schraderana, Oxyria digyna, Luzula alpino-pilosa. Contatti catenali: Praterie, cespuglieti e boschi montani, subalpini e alpini; vegetazione delle rupi, vegetazione periglaciale e delle morene, vallette nivali. Grado di stabilità: Rappresentano stadi transitori di colonizzazione di substrati incoerenti o associazioni stabili, a seconda del grado di disturbo a cui sono sottoposte in funzione della distanza del pendio dall’angolo di riposo. Condizioni di rischio: Processi erosivi spesso conseguenti ad interventi apparentemente insignificanti possono avere effetti devastanti. Indirizzi gestionali: Massima cautela negli interventi, soprattutto alla base dei conoidi. IT2070013 “GHIACCIAIO DELL’ADAMELLO” Habitat * 8340 Ghiacciai permanenti (CORINE 53.3) Tipologia: Ambienti glacializzati con presenza di calotte o ghiacciai vallivi. Fisionomia: Presenza di licheni o vegetazione pioniera solo nelle porzioni abbandonate dal ghiaccio. Bassa diversità, trattandosi di un ambiente limite. Contatti seriali: Le vegetazioni della serie di colonizzazione post-ritiro Contatti catenali: Vegetazione delle rupi, delle morene, dei macereti, delle vallette nivali Condizioni di rischio: Cambiamenti climatici, inquinamento atmosferico, pressione antropica per lo sfruttamento turistico. 37 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Indirizzi gestionali: Attenzione nella manutenzione della rete sentieristica per avere il minor impatto possibile. Se presenti gli impianti di risalita devono avere una manutenzione costante per evitare qualsiasi possibilità di inquinamento diretto o indiretto. 38 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO LA GRANDE GUERRA Il territorio in esame è caratterizzato, oltre che dalla presenza di elevati valori naturalistici, ambientali e pedologici, da una notevole rilevanza storica. Nel corso del Primo conflitto mondiale, l'estremità occidentale del fronte italo-austriaco attraversava i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella; su questa linea si sono combattute numerose battaglie anche ad oltre 3000 metri di quota, in condizioni ambientali e climatiche difficilissime. Sull'Adamello tutte le azioni, svoltesi nei diversi anni, tendevano sostanzialmente a scardinare, direttamente o indirettamente, il caposaldo austriaco dei Monticelli, in modo da poter aver via libera sul Passo del Tonale. Gli Austriaci avevano disposto trinceramenti e scavato numerose caverne lungo la linea del fronte che collegava i Monticelli alle alture del Tonale orientale. Inoltre avevano occupato anche i Passi Paradiso, Castellaccio e Lagoscuro che dominavano la conca di Ponte di Legno. L’importanza storica deriva, oltre che dagli eventi che si sono susseguiti, dalla presenza di numerose tracce lasciate dagli uomini che qui vissero combattendo per quasi tre anni e mezzo (il fronte fu quasi immobile per lungo tempo): ricchissima rete di vie di comunicazione (strade, mulattiere, sentieri), elementi specifici di una guerra di posizione (trincee, camminamenti, postazioni per armi leggere, postazioni d'artiglieria, gallerie, casematte, ecc.), ma anche ricoveri per uomini, animali e materiali (caserme, baracche, villaggi, depositi, stalle), nonché manufatti diversi e strutture fortificate di ogni genere (forti, blockhaus, tagliate, ecc.). Questi elementi rappresentano testimonianze storiche e culturali importanti per il mantenimento di una memoria storica di eventi che hanno fortemente segnato il territorio e l’evoluzione culturale e sociale delle comunità locali. Si tratta inoltre di elementi che possono rappresentare fonte di attrazione per una fruizione turistica che associa gli interessi storico-culturali a quelli ambientali. A tal proposito è opportuno rilevare come nel Comune di Temù sia già stato organizzato e reso fruibile il “Museo della Guerra Bianca” in cui sono raccolti ed esposti materiali, documenti e testimonianze della Prima Guerra Mondiale. 39 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO IL SISTEMA BOSCO-LEGNO E GLI OBIETTIVI GESTIONALI PIANI D’ASSESTAMENTO FORESTALE (PAF) I boschi di proprietà dei Comuni di Incudine, Ponte di Legno, Temù, Vezza d’Oglio e Vione si estendono su una superficie complessiva pari a circa 8.700 ha (cfr. cap. 3) che in rapporto ad una superficie totale dei territori comunali di circa 25.370 ha definisce un indice di boscosità corrispondente a 34,29%. Tutte le proprietà comunali sono dotate di Piano di Assestamento Forestale (PAF) in vigore o in corso di revisione. Piani di Assestamento Forestale Comune Temù Vione Vezza d’Oglio Incudine Ponte di Legno Periodo validità 2007-2021 2005-2019 2001-2015 1996-2010 1993-2002 Superficie totale lorda (ha) 4.257,4389 2.982,5754 4.527,1228 1.521,6365 7.373,8977 In una visione di sintesi complessiva i contenuti e/o obiettivi assestamentali riscontrati sono riconducibili ai seguenti: - valorizzazione economica dei boschi con attitudine produttiva secondo i criteri di una selvicoltura ecologicamente sostenibile; - individuazione di trattamenti selvicolturali tendenti principalmente a favorire la rinnovazione naturale, e ad incrementare la complessità strutturale e la biodiversità dei popolamenti; - valorizzazione delle funzioni turistico-ricreative e naturalistico-paesaggistiche; - determinazione delle riprese reali secondo criteri colturali; - prudenzialità delle riprese in riferimento ai tassi d’incremento determinati. E’ riscontrabile inoltre una sostanziale unitarietà di orientamenti selvicolturali derivanti da consolidate esperienze relativamente all’assestamento delle foreste alpine di peccio e larice. Di seguito si riportano in maniera schematica i principali contenuti assestamentali dei Piani dei singoli comuni. 40 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙPONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Comune di Vezza d’Oglio Piano di Assestamento 2001-2015 (Dott. G. Gregorini) CLASSE A - Pecceta montana mesofila (Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici) Superficie ha Superficie produttiva ricadente all'interno del PIF ha Normalità o orientamenti colturali 441,268 420,900 Fustaia mista disetanea per piccoli gruppi; Provvigione normale 280 m3 ha-1 Trattamento o interventi colturali taglio saltuario a gruppi, taglio raso a strisce e a buche 3 Provvigioni mc Provv. Partt. del PIF mc Riprese annue mc Ripresa annua particelle del PIF mc 119.502 119.502 980 980 (117.880 m ) CLASSE B - Pecceta montana xerofila a ericacee (Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli xerici) 178,722 Fustaia mista disetanea per piccoli gruppi; mantenimento aree rinnovazione e spessine CLASSE C – Lariceto montano (Lariceto tipico variante montana, Lariceto in successione con pecceta, Lariceto tipico con frassino) 113,8064 Pecceta mista a larice 208 m3 ha-1 2 3 (35.714 m ) 240 m3 ha-1 3 taglio saltuario a gruppi, taglio raso a strisce e a buche (500-1000 m ) 39.540 320 taglio raso a strisce su superfici non troppo piccole 27.040 240 taglio raso a strisce su superfici non troppo piccole 82.808 35.625 560 taglio saltuario per pedali 17.200 4.540 / Trattamento o interventi colturali Provvigioni mc Provv. Partt. del PIF mc Riprese annue mc Ripresa annua particelle del PIF mc (26.280 m ) Lariceto: fustaia coetaneiforme monoplana nei lariceti. 200 m3 ha-1 CLASSE D – Lariceto tipico e Peccete altimontane e subalpine (Lariceto tipico, Peccete altimontane e subalpine dei substrati silicatici dei suoli sia mesici che xerici 499,774 198,700 CLASSE H – Peccete e lariceti subalpini e dei consorzi rupicoli a picea e larice (Lariceto tipico, Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici, Lariceto primitivo, Alneto di ontano verde, Larici-cembreto primitivo) 595,995 137,000 Fustaia mista disetanea pluristratificata per gruppi Superficie ha Superficie produttiva ricadente all'interno del PIF ha Normalità o orientamenti colturali Provvigione normale 306,3047 214,500 Fustaia disetanea, polistratificata, polispecifica (favorire specie minoritarie soprattutto latifoglie) 268-296 m ha 70,500 Fustaia disetanea, polistratificata, polispecifica (favorire specie minoritarie soprattutto larice) 266-284 m ha Comune di Temù Piano di Assestamento 2007-2021 (Dott. R. Mariotti) CLASSE A - Pecceta montana mesofila (Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici) CLASSE B - Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici 3 Pecceta: fustaia disetanea a gruppi 3 (da 59.599 a 71.519 m ) 111,6881 3 -1 (82.291 m3) 3 -1 (26.733 m3) 3 CLASSE C – Lariceto di produzione (Lariceto tipico variante montana; Lariceto in successione con pecceta) CLASSE H – Fustaia di protezione (Lariceto tipico, Lariceto in successione con pecceta, Pecceta montana, altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici) CLASSE K – Peccete montane e altimontane/subalpine, lariceti in successione con pecceta; funzione turistico-ricreativa (Peccete montane dei substrati silicatici dei suoli mesici, Lariceti in successione con pecceta) Comune di Vione Piano di Assestamento 2005-2019 (Dott. R. Mariotti) CLASSE A - Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici CLASSE B - pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici CLASSE C – Lariceto di produzione (Lariceto tipico variante montana; Lariceto in successione con pecceta) 227 (93.740 m ) 100/120 m3 ha-1 134,17 614,5629 Insediamento del tipo potenziale, o tipo climax 280,500 Fustaia multiplana, disetaneiforme; aumento componente arbustiva, aumento abete rosso e mescolanza specifica Fustaia disetanea, polistratificata, polispecifica (favorire specie minoritarie) 220 m ha -1 (21.525m3) non indicata 3 232/272 m ha Taglio a buche, a strisce e marginale; taglio sgombero, a gruppi, ad orlo; taglio di curazione e saltuario 105.904 79.889 567 417 Taglio a buche, a strisce e marginale; taglio sgombero, a gruppi, ad orlo; taglio di curazione e saltuario 31.629 18.580 153 113 Taglio di sgombero; taglio saltuario per piede d’albero o per gruppi o a strisce o marginale 24.269 Tagli di sgombero, tagli saltuari a gruppi, a strisce, marginali o per piede d’albero 52.508 27.770 147 Tagli colturali puntuali (scopi fitosanitari ed estetici) 76.902 76.995 / 173 Riprese annue mc Ripresa annua particelle del PIF mc 83 87 -1 307,0462 297,500 Superficie ha Superficie produttiva ricadente all'interno del PIF ha Normalità o orientamenti colturali Provvigione normale Trattamento o interventi colturali Provvigioni mc 343,9741 218,100 Fustaia disetanea, polistratificata, polispecifica (favorire specie minoritarie soprattutto latifoglie) 281-312 m3 ha-1 Taglio a buche, a strisce e marginale; taglio sgombero, a gruppi, ad orlo; taglio di curazione e saltuario 121.157 89.192 760 660 Taglio a buche, a strisce e marginale; taglio sgombero, a gruppi, ad orlo; taglio di curazione e saltuario 75.678 36.683 529 289 taglio di sgombero; taglio saltuario per piede d’albero o per gruppi 19.746 41.154 245,4788 109,700 Fustaia disetanea, polistratificata, polispecifica (favorire specie minoritarie soprattutto larice) 94,3704 Insediamento del tipo potenziale, o tipo climax 389,2158 Fustaia multiplana, disetaneiforme; aumento componente arbustiva, aumento abete rosso e mescolanza specifica 3 (78.888 m ) 3 (94.599 m ) 3 -1 248-284 m ha 3 (63.045 m ) 190-256 m3 ha-1 3 Provv. Partt. del PIF mc 60 (21.034 m ) CLASSE H – Fustaia di protezione (Lariceto tipico, Lariceto in successione con pecceta, Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici) CLASSE K – Lariceto tipico e Lariceto primitivo; funzione turistico-ricreativa 161,800 183,0731 non indicata tagli di sgombero, tagli saltuari a gruppi o per piede d’albero Lariceto coetaneiforme a gruppi anche ampi; incremento specie arbustive e arboree non indicata Tagli colturali puntuali (scopi fitosanitari ed estetici) 21.763 Provvigione normale Trattamento o interventi colturali Superficie ha Superficie produttiva ricadente all'interno del PIF ha Normalità o orientamenti colturali CLASSE A - Pecceta montana di produzione (Pecceta montana mesofila, Pecceta montana xerofila a ericacee) 560,1926 393,900 Fustaia mista, disetanea a gruppi, pluristratificata CLASSE B - Pecceta subalpina di produzione 123,919 50,600 non indicati Comune di Incudine Piano di Assestamento 1996-2010 (Dott. E. Zanon) 3 245 m ha 3 3 CLASSE C – Pecceta montana di protezione (Pecceta montana mesofila) 30,751 5,500 non indicati 123,500 non indicati Superficie ha Superficie produttiva ricadente all'interno del PIF ha Normalità o orientamenti colturali Provvigione normale 269,3893 241,200 Fustaia disetanea per gruppi, incremento presenza aree fasi di rinnovazione e spessina (69.700 m ) (5.860 m3) Comune di Ponte di Legno Piano di Assestamento 1993-2002 (Dott. G. Gregorini) CLASSE A - Pecceta montana mesofila di produzione (Pecceta montana mesofila) 165 m ha 270 m3 ha-1 3 240 m3 ha-1 441,8395 347,000 Fustaia disetanea per gruppi CLASSE C – Fustaia ad attitudine produttiva della pecceta subalpina in fase di ricostituzione (Pecceta subalpina fresca) 224,353 196,000 Ricostituzione della pecceta; fustaia mista di picea e larice disetanea per piccoli gruppi Provv. Partt. del PIF mc Riprese annue mc Ripresa annua particelle del PIF mc Taglio marginale, a scelta di piccoli gruppi, di sgombero 134.268 91.919 517 365 non descritti 17.241 5.491 65 27 90 non descritti 900 non descritti 9.359 5.259 / / Trattamento o interventi colturali Provvigioni mc Provv. Partt. del PIF mc Riprese annue mc Ripresa annua particelle del PIF mc Taglio saltuario a gruppi; localmente taglio raso a buche (fino a 500-1000 m2) 71.592 66.249 420 372 Taglio saltuario a gruppi 90.366 76.745 400 346 Taglio soggetti adduggianti; tagli fitosanitari o di diradamento tardivo 9.018 9.044 20 12 -1 (36.712 m3) CLASSE B - Pecceta subalpina fresca Provvigioni mc -1 228,8018 3 CLASSE H – Lariceto subalpino di protezione 73 -1 (21.798 m3) 196 m ha 24 -1 (135.000 m3) 180 m ha 18.010 3 (101.400 m ) CLASSE H – Pecceta subalpina di protezione CLASSE I - Lariceto subalpino (Lariceto subalpino d’alta quota) CLASSE Y – Alneto e consorzi rupicoli 160 m3 ha-1 3 (35.896 m ) 40 m3 ha-1 226,754 Consolidamento biocenosi, assistenza colturale con taglio soggetti secchi o deperienti Tagli fitosanitari 9.359 (9.359 m ) 306,9 Consolidamento biocenosi, assistenza colturale con taglio soggetti secchi o deperienti 120 m ha 3 (34.560 m ) Tagli fitosanitari 30.690 / / / / / / 393 282,000 41 3 3 / -1 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO UTILIZZAZIONI FORESTALI La normativa vigente (art. 50 L.R. 31/2008) prevede che le utilizzazioni boschive siano eseguite in conformità con le Norme Forestali Regionali. Le autorizzazioni sono gestite dagli Enti Locali delegati in materia; nel territorio studiato responsabile della gestione è l’Ufficio gestione delle risorse del Parco dell’Adamello che si occupa delle autorizzazioni all’interno del territorio del Parco. Secondo la L.R. 9/77 (Norme di tutela della vegetazione nei Parchi istituiti con Legge Regionale), chiunque intenda effettuare utilizzazioni boschive è tenuto a presentare apposita denuncia di taglio; le piante di alto fusto che si intende tagliare dovranno essere preventivamente contrassegnate dall’Ente gestore del Parco. Nel periodo 2002-2006, nel territorio oggetto del presente Piano, sono state rilasciate le seguenti autorizzazioni (dati forniti dal Parco dell’Adamello): Autorizzazioni AU ASPR ASPE RTPR RTPE PTPR PTPE AN n° 0 172 55 28 29 2 32 12 AU - autorizzazioni d’ufficio, rilasciate senza alcun contrassegno forestale ASPR - autorizzazioni semplici superfici private ASPE - autorizzazioni semplici superfici pubbliche RTPR - relazione di taglio superfici private RTPE - relazione di taglio superfici pubbliche PTPR - progetto di taglio superfici private PTPE - progetto di taglio superfici pubbliche AN - richiesta alberi di natale In totale, nel territorio in esame, risultano rilasciate 330 autorizzazioni nel periodo 2002-2006; tale numero non si discosta dalla media delle autorizzazioni rilasciate negli anni precedenti a questo periodo. L’analisi di tali dati mostra come circa il 70% delle autorizzazioni rilasciate siano di tipo semplice, cioè per le quali non è necessario presentare alcuna relazione o progetto di taglio; si tratta di singoli tagli che interessano superfici ridotte e scarsi volumi di prelievo. Solo il 10% delle autorizzazioni corrisponde ad utilizzazioni per le quali è necessario un progetto di taglio. Generalmente tali utilizzazioni corrispondono ai tagli ordinari previsti dai Piani di Assestamento Forestale, e sono riferibili a lotti boschivi a fini commerciali. Per il periodo 2002-2006 la maggior parte di tali autorizzazioni è riconducibile ai lavori di ampliamento del demanio sciabile. Una parte considerevole (25%) delle autorizzazioni riguarda l’esercizio dei diritti di uso civico (ASPE, RPTE). Infine, considerando il tipo di proprietà per la quale sono state fatte le denunce di taglio, circa il 60% delle autorizzazioni riguarda superfici forestali di proprietà privata. Autorizzazioni forestali 2002-2006 10% 4% Autorizzazioni semplici 17% Relazione di taglio Progetto di taglio 69% Richiesta alberi di natale Figura 1 - Grafico relativo ai tipi di autorizzazione rilasciate dal Parco dell’Adamello nell’ambito del territorio del Parco stesso. 42 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Di seguito si riporta la tabella riportante i dati diametrici delle piante di alto fusto contrassegnate con martello forestale e i corrispondenti volumi legnosi. I dati sono riferiti al periodo 2002-2006 e al territorio dei comuni di Incudine, Vezza d’Oglio, Vione, Temù, Ponte di Legno ricadente nel Parco. Alberi contrassegnati con martello forestale (proprietà pubbliche e private) Abete rosso Larice Altro tot Classe diametrica 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 Totale n. VCrm* n. VCrm* n. VCrm* n. VCrm* 7562 4178 3266 2788 2266 1927 1374 924 450 236 95 45 12 3 25126 718,54 945,16 1328,47 1818,94 2071,49 2322,5 2109,94 1750,82 1011,21 643,19 302,26 156,29 47,2 15,63 15241,64 514 515 577 655 686 601 392 248 109 51 17 7 2 1 4375 10,48 99,36 199,58 327,23 469,42 523,86 451,31 352,93 192,17 102,02 40,16 20,74 6,1 3,3 2798,66 436 197 78 54 15 13 2 7 1 1 1 1 0 1 807 38,92 41,84 28,25 31,98 13,79 15,58 2,91 14,65 2,98 2,45 3,8 4,42 0 5,78 207,35 8512 4890 3921 3497 2967 2541 1768 1179 560 288 113 53 14 5 30308 767,94 1086,36 1556,3 2178,15 2554,7 2861,94 2564,16 2118,4 1206,36 747,66 346,22 181,45 53,3 24,71 18247,65 3 *valori in m . Il calcolo volumetrico (volumi unitari per classe diametrica) viene effettuato facendo riferimento alle serie diametriche contenute nei Criteri di compilazione dei Piani d’Assestamento attualmente in vigore in Lombardia. Nel caso delle latifoglie, per le quali solo il faggio è stato inserito nelle serie, si è utilizzato il valore attribuito a quest’ultimo., pur ammettendo sovrastime del 30%. 3 Al totale di 18.247,65 m , riferito alle utilizzazioni autorizzate con progetti o relazioni di taglio, che prevedono il contrassegno delle piante con martello forestale, è necessario sommare il dato di prelievo relativo alle utilizzazione cosiddette “forfettarie”, la cui autorizzazione è rilasciata sulla base di stima sintetica del volume asportabile (senza cioè obbligo di preventiva contrassegnatura delle piante). Per il periodo 2002-2006 il volume riferibile alle 3 autorizzazioni “forfettarie” ammonta a 1.655,53 m . La massa legnosa complessivamente utilizzata nel periodo 20023 2006 ammonta così a 19.903,18 m . La parte più considerevole di tale valore, per la quota di circa il 70%, corrisponde alle utilizzazioni per l’ampliamento 3 del demanio sciabile: sono infatti stati asportati a tal fine circa 14.250 m di legname d’alto fusto. USI CIVICI L’intera proprietà pubblica dell’ALTO PARCO è gravata da diritti d’Uso civico la cui gestione amministrativa compete alla singole amministrazioni proprietarie. L’esercizio dell’Uso civico è disciplinato da regolamenti predisposti da ogni singolo Comune. All’interno dei regolamenti vengono indicate le modalità con le quali i soggetti aventi diritto, residenti e domiciliati nei comuni, possono esercitare i diritti d’uso ed accedere ai beni. I diritti tradizionalmente riguardano: 43 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO la raccolta di legna secca e verde lasciata in bosco dopo l’utilizzazione dei lotti messi all’asta dalle Amministrazioni Comunali (ramaglie e cimali); l’assegnazione di legname da opera per rifabbrico (necessità da parte dei residenti di ripristinare o ricostruire fabbricati civili o rurali danneggiati da incendio, valanghe o altre calamità colpose o naturali); il taglio per legna da ardere (focatico); diritto di pascolo; diritto di raccolta dello strame e dei frutti del sottobosco. Nella tabella seguente, sono riassunti in modo sintetico i principali contenuti dei regolamenti riguardanti le assegnazioni di legname e/o legna: soggetti interessati, tempistica di presentazione della domanda, la quantità massima assegnabile, le prescrizioni per le utilizzazioni o raccolta, i criteri di definizione dei prezzi. 44 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙPONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO COMUNE TIPO SOGGETTI INTERESSATI TEMPISTICA DOMANDA QUANTITÀ PRESCRIZIONI PREZZO entro 15 febbraio viene fissato da una commissione legname martellato, sgombero delle che valuta le ramaglie e residui del taglio domande commerciale diminuito del 30% manutenzione ordinaria e del 15% per altri usi residenti e domiciliati chi non ne vuole usufruire entro il mese di febbraio deve comunicarlo al comune stabilita per persona ogni anno non deve impiegarsi per altro uso il prezzo dell’abbonamento viene stabilito dal consiglio comunale ogni anno Legname residenti e domiciliati entro 1 febbraio in base alla domanda e all’utilizzo legname martellato, il comune esegue il taglio allestimento e avvallamento stabilito dall’autorità forestale a cui si aggiunge la spesa del taglio Legna residenti e domiciliati nella zona, al solivo solo abitanti delle frazioni entro il 1 marzo individuata area dove poter raccogliere raccolta dal 1 settembre al 15 maggio corrisponde alla metà di quello indicato per il legname Legname residenti e domiciliati Legna PONTE DI LEGNO VEZZA D’OGLIO legname proprietari fabbricati dal 1 gennaio al 31 marzo massimo 5 m3 taglio, allestimento e trasporto dal 1 aprile al 31 ottobre 1/2 del prezzo commerciale se totale legname < 2 m3 più costo 2/3 del prezzo commerciale se totale martellata legname >2 < 5 m3 prezzo commerciale se totale legname > 5 m3 Legna residenti e domiciliati entro il 31 marzo bisogna dichiarare se si vuole altrimenti si paga uso famigliare taglio allestimento e trasporto dal 1 aprile fino al 31 ottobre tassa fissa Legname residenti e domiciliati richiesta con motivazione di utilizzo 3 m3 per capofamiglia la quantità può essere maggiore in caso di calamità; è a carico dei cittadini la pulitura del bosco nella zona di taglio e della strada nella zona di carico delibera della giunta comunale in base al luogo e tipo di legname legna residenti e domiciliati è a carico dei cittadini la pulitura del bosco nella zona di taglio e della strada nella zona di carico ogni anno indicato dalla giunta comunale TEMU’ INCUDINE dal 1 gennaio al 28 febbraio, nel caso di legna secca con dimensioni < ai 15 cm non è necessaria domanda scritta 3 m3 per capofamiglia Tabella 9 Estratto dei regolamenti comunali per la disciplina degli usi civici (per il Comune di Vione non è risultato reperibile nessun documento regolamentare) 45 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO All’attualità i diritti esercitati sono limitati ai prodotti della legna da ardere (Uso focatico) e del legname da opera (Uso rifabbrico), che oltre ad essere consuetudine e tradizione delle popolazioni residenti, trovano concreta giustificazione sul piano economico e famigliare, sia per il prezzo elevato dei combustibili da riscaldamento alternativi, sia a motivo del fatto che molte abitazioni dei residenti utilizzano anche legna da ardere per il riscaldamento e la cucina. L’esercizio di tali diritti viene riconosciuto ai cittadini residenti sul territorio e concesso agli aventi diritto che ne fanno richiesta attraverso due principali modalità: - utilizzazione dei residui di lavorazione dei prodotti legnosi in bosco al momento dell’allestimento dei lotti di fustaia posti in vendita dall’Amministrazione Comunale; - attraverso l’assegnazione specifica di determinati quantitativi di legna. Per quanto riguarda il taglio delle latifoglie, la cui presenza é piuttosto scarsa su tutto il territorio, vige la consuetudine di considerare libero il taglio delle latifoglie all’interno dei periodi consentiti dalle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale. In assenza o estrema carenza di boschi cedui tale pratica si esercita sulle formazioni di ontano verde (Alnus viridis) nei canaloni ripetutamente percorsi da valanghe, e su popolamenti con frassino (Fraxinus excelsior), ontano bianco (Alnus incana), e con salicone (Salix caprea) e betulla (Betula alba) in prossimità di vallecole o sulle rive dei corsi d’acqua. In ogni caso i quantitativi di legna da ardere richiesti annualmente dalla popolazione avente diritto si attestano ad un 3 massimo di circa 250 m per ogni singolo Comune, mentre risulta inferiore la richiesta di legname da opera che si 3 aggira intorno ai 50 m all’anno per Comune (quest’ultimo valore è però suscettibile di forti variazioni in base alle necessità). Osservando i contenuti della Tabella 9 risulta evidente come i regolamenti siano alquanto diversi da Comune a Comune. L’orientamento dei Comuni in esame, coincidente con la proposta gestionale che emerge dal presente lavoro, prevede 5 che la gestione di tali diritti sia interamente affidata al Consorzio Forestale Due Parchi e pertanto secondo un regolamento di riferimento unitario per tutto il territorio “Regolamento d’Uso Civico dei Comuni dell’Unione dell’Alta Valle Camonica”. Tale condizione sarebbe certamente auspicabile e consentirebbe di valorizzare in maniera concreta le nuove finalità che si ritiene debbano essere affidate agli usi civici: - gestione unitaria degli usi civici per i singoli ambiti territoriali affidata ai consorzi forestali; - assegnazioni prevalenti ad indirizzo fitosanitario (bostrico), idrogeologico (schianti) e di riordino (soprassuoli densi); - esclusione dai programmi di assegnazione di tipologie forestali marginali; - esclusione dai programmi di assegnazione di soprassuoli ad indirizzo protettivo; 5 La definizione di un regolamento unitario di gestione potrebbe opportunamente coinvolgere anche il Comune di Monno, non ricompreso nel presente Piano di settore, ma aderente al Consorzio Forestale Due Parchi. 46 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - esclusione dai programmi di assegnazione di specie accessorie e specie rare quali il faggio, le querce e le latifoglie nobili (vedasi il concetto di Specie obiettivo al capitolo Modello di gestione forestale); - favorire una maggiore rotazione delle superfici assegnate evitando l’utilizzo reiterato delle stesse superfici. Oltre a ricercare una omogeneità e una certa innovazione negli indirizzi tecnici in questa sede si ritiene opportuno proporre al contempo di ricercare una uniformità regolamentare anche per quanto riguarda le modalità e le procedure per la gestione degli assegni di Uso civico in riferimento alla tempistica della presentazione delle domande, alle quantità assegnabili, alla determinazione del prezzo, ecc.. Il Consorzio Forestale Due Parchi è il soggetto con i requisiti e le competenze per la definizione precisa di una proposta di regolamento unitario. Si tratta di individuare i contenuti principali che possono essere condivisi dalle diverse Amministrazioni e dagli utenti aventi diritto. Alcuni contenuti quali la tempistica per le richieste e le quantità massime di legname e/o legna ammesse presumibilmente non presentano particolari difficoltà in merito all’individuazione di parametri unici condivisi; diversamente può essere presumibile per le prescrizioni e le modalità di prelievo, nonché per la determinazione del costo, viste le diversità degli attuali regolamenti e delle consuetudini dei singoli Comuni. In ogni caso è opportuno che siano previsti alcuni momenti di confronto tra Consorzio, Amministrazioni e utenti aventi diritto, per la ricerca delle possibili migliori convergenze su parametri e contenuti di riferimento omogenei per la predisposizione di un unico regolamento degli Usi civici. Una uniformità nelle procedure e nelle modalità di esercizio degli usi civici contribuirebbe ad agevolare le attività di coordinamento e gestione amministrativa e tecnica in carico al Consorzio Forestale Due Parchi. La definizione e l’adozione di un regolamento omogeneo richiede un percorso amministrativo di modifica o superamento dei regolamenti vigenti da parte dei singoli Comuni. Con la Legge Regionale n. 31 del 5 dicembre 2008, Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale, Titolo XI (Disposizioni sugli usi civici), la Regione ha promosso, attraverso l’ERSAF, il riordino degli usi civici per i Comuni della Lombardia, trasferendo alle Province le funzioni amministrative relative ad alienazioni e mutamenti di destinazione. LA FILIERA DEL BOSCO-LEGNO LE PROVVIGIONI LEGNOSE La massa legnosa delle foreste italiane cresce più velocemente del suo utilizzo. In Italia, infatti, il volume di legname utilizzato dai boschi è notevolmente inferiore alla sua produzione biologica, consentendo un aumento costante del 3 volume legnoso in piedi. Le foreste italiane, di fatto, presentano un volume di legname superiore a 1 miliardo di m , 3 3 -1 con una crescita annua pari a 30 milioni di m (34 M m anno nel 1995 dati EUROSTAT). Di questa produzione, in media, circa un decimo viene utilizzato annualmente, coprendo solo in minima parte il fabbisogno di materia prima dell’industria italiana. 47 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO In termini di qualità la produzione italiana non si rivela essere particolarmente elevata. Il 60% della produzione è infatti rappresentato da legna da ardere. Per quanto concerne l’utilizzo in termini di superficie l’Italia ha una percentuale annua di utilizzo pari a circa 1,1% della superficie forestale nazionale totale. Secondo un criterio territoriale si può affermare come la produzione di legname da lavoro sia concentrata per circa il 75% nell’Italia settentrionale alpina ed appenninica, per il 10% nell’Italia centrale e per il restante 15% nell’Italia meridionale. Come riferimento indicativo delle provvigioni legnose relative ai soprassuoli forestali presenti nei territori comunali interessati dal PIF si riportano i dati desunti dai Piani di Assestamento, in vigore o in fase di revisione, che riguardano i boschi di proprietà dei Comuni. I valori dei volumi sono riferiti all’anno di esecuzione dei rilievi e non comprendono gli incrementi maturati nel periodo trascorso fino all’attualità. I valori di superficie sono relativi alla superficie forestale totale (al lordo di improduttivi e produttivi non forestali). Comune di Vezza d’Oglio Piano di Assestamento 2001-2015 (Dott. G. Gregorini) Superficie ha Provvigione reale totale m 3 Ripresa reale 3 annua m CLASSE A - Pecceta montana mesofila 441,2680 119.502 980 CLASSE B - Pecceta montana xerofila a ericacee 178,7220 39.540 320 CLASSE C – Lariceto montano 113,8064 27.040 240 CLASSE C – Lariceto tipico e Peccete altimontane e subalpine 499,7740 82.808 560 CLASSE H – Peccete e lariceti subalpini e dei consorzi rupicoli a picea e larice 595,9950 17.200 TOTALE Comune di Temù Piano di Assestamento 2007-2021 (Dott. R. Mariotti) 1829,5654 Superficie ha 286.090 Provvigione reale totale m 3 2100 Ripresa reale 3 annua m CLASSE A - Pecceta montana mesofila 306,3047 105.904 567 CLASSE B - Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici 111,6881 31.629 153 CLASSE C – Lariceto di produzione 134,1700 24.269 83 CLASSE H – Fustaia di protezione 614,5629 52.508 147 CLASSE K – Peccete montane e altimontane subalpine, lariceti in successione con pecceta; funzione turistico-ricreativa 307,0462 76.902 48 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO TOTALE Comune di Vione Piano di Assestamento 2005-2019 (Dott. R. Mariotti) 1473,7719 Superficie ha 291.212 950 Provvigione reale totale m 3 Ripresa reale 3 annua m CLASSE A - Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici 343,9741 121.157 760 CLASSE B - Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici 245,4788 75.678 529 CLASSE C – Lariceto di produzione 94,3704 19.746 60 CLASSE H – Fustaia di protezione 389,2158 41.154 24 CLASSE K – Lariceto tipico e Lariceto primitivo; funzione turistico-ricreativa 183,0731 21.763 90 TOTALE 1256,1122 279.498 1463 Comune di Incudine Superficie ha Piano di Assestamento 1996-2010 (Dott. E. Zanon) Provvigione reale totale m 3 Ripresa reale 3 annua m CLASSE A - Pecceta montana di produzione 560,1926 134.268 517 CLASSE B - Pecceta subalpina di produzione 123,9190 17.241 65 CLASSE C – Pecceta montana di protezione 30,7510 900 CLASSE H – Lariceto subalpino di protezione 228,8018 9.359 943,6644 268.890 TOTALE Comune di Ponte di Legno Piano di Assestamento 1993-2002 (Dott. G. Gregorini) Superficie ha Provvigione reale totale m 3 582 Ripresa reale 3 annua m CLASSE A - Pecceta montana mesofila di produzione 269,3893 71.592 420 CLASSE B - Pecceta subalpina fresca 441,8395 90.366 400 CLASSE C – Fustaia ad attitudine produttiva della pecceta subalpina in fase di ricostituzione 224,3530 9.018 20 CLASSE H – Pecceta subalpina di protezione 226,7540 9.359 CLASSE I - Lariceto subalpino 306,9000 30.690 CLASSE Y – Alneto e consorzi rupicoli 393,0000 TOTALE 49 1862,2358 211.025 840 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Considerando solo le Classi Colturali con prevalente funzione di produzione legnosa (Classi A, B, C) le proprietà 3 6 3 comunali sono dotate di una provvigione di circa 887.850 m , cui corrisponde una ripresa reale (Rr) annua , 5.114 m , 7 corrispondente ad un Tasso di utilizzazione annuo pari a 0,58%. 3 Considerando tutte le Classi Colturali la Provvigione reale complessiva ammonta a circa 1.336.715 m , cui corrisponde 3 una Ripresa reale di 5.935 m , ed un Tasso di utilizzazione pari a 0,44%. Passando a considerare i dati relativi ai soprassuoli assestati ricadenti nell’area d’indagine risulta una superficie produttiva totale di 3.748,90 ha, una provvigione totale di 761.493,10 mc e una ripresa annua di 4.141 mc. I boschi non assestati, di prevalente proprietà privata, interessano 672,45 ha e presentano una provvigione totale di 109.620 mc. Superficie produttiva ha Provvigione mc Ripresa annua mc CLASSE A - Pecceta montana mesofila (Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici) 420,900 119.502 980 CLASSE D – Lariceto tipico e Peccete altimontane e subalpine (Lariceto tipico, Peccete altimontane e subalpine dei substrati silicatici dei suoli sia mesici che xerici 198,700 35.625 227 CLASSE H – Peccete e lariceti subalpini e dei consorzi rupicoli a picea e larice (Lariceto tipico, Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici, Lariceto primitivo, Alneto di ontano verde, Larici-cembreto primitivo) 137,000 4.540 756,600 159.667,000 1207 Superficie produttiva ha Provvigione mc Ripresa annua mc CLASSE A - Pecceta montana mesofila (Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici) CLASSE B - Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici 214,500 70,500 79.889 18.580 417 113 CLASSE H – Fustaia di protezione (Lariceto tipico, Lariceto in successione con pecceta, Pecceta montana, altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici) 280,500 27.770 87 CLASSE K – Peccete montane e altimontane/subalpine, lariceti in successione con pecceta; funzione turistico-ricreativa (Peccete montane dei substrati silicatici dei suoli mesici, Lariceti in successione con pecceta) 297,500 76.995 173 863,000 203.234,000 790 Superficie produttiva ha Provvigione mc Ripresa annua mc CLASSE A - Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici CLASSE B - pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici 218,100 109,700 89.192 36.683 660 289 CLASSE H – Fustaia di protezione (Lariceto tipico, Lariceto in successione con pecceta, Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici e xerici) 161,800 18.010 73 489,600 143.885,100 1022 Superficie produttiva ha Provvigione mc Ripresa annua mc 393,900 50,600 5,500 123,500 573,500 91.919 5.491 365 27 5.259 102.669,000 392 Superficie produttiva ha Provvigione mc Ripresa annua mc 241,200 347,000 196,000 282,000 1.066,200 66.249 76.745 9.044 372 346 12 152.038,000 730 Comune di Vezza d’Oglio Comune di Temù Comune di Vione Comune di Incudine CLASSE A - Pecceta montana di produzione (Pecceta montana mesofila, Pecceta montana xerofila a ericacee) CLASSE B - Pecceta subalpina di produzione CLASSE C – Pecceta montana di protezione (Pecceta montana mesofila) CLASSE H – Lariceto subalpino di protezione Comune di Ponte di Legno CLASSE A - Pecceta montana mesofila di produzione (Pecceta montana mesofila) CLASSE B - Pecceta subalpina fresca CLASSE C – Fustaia ad attitudine produttiva della pecceta subalpina in fase di ricostituzione (Pecceta subalpina fresca) CLASSE Y – Alneto e consorzi rupicoli 6 7 Per Ripresa reale è da intendersi il prelievo annuo definito in applicazione dei trattamenti selvicolturali previsti nei Piani di Assestamento. Per Tasso di Utilizzazione si intende il rapporto espresso in termini percentuali tra la Ripresa reale (Rr) e la Provvigione reale (Pr). 50 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO IL CONTESTO NAZIONALE, REGIONALE E LOCALE Insieme a Toscana e Lazio la Lombardia è una forte produttrice di legna da ardere, con circa 560 mila metri cubi all’anno. La Lombardia è prima regione produttrice di legname da sega/sfoglia e legname per pasta e per pannelli, principalmente in ragione della rilevante produzione pioppicola nella pianura Padana. Tabella 10: Utilizzazioni legnose per assortimento e regione, 1997. Migliaia di metri cubi. LEGNAME DA LAVORO SPECIE LEGNOSE Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Bolzano - Bozen Trento Veneto Friuli Venezia G. Liguria Emilia - Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna ITALIA Tondame da sega, da trancia e compensati Legname per traverse ferroviarie 264,38 4,92 760,26 413,24 1,39 196,82 246,41 72,41 133,57 17,19 155,41 65,11 18,73 8,38 11,26 16,48 4,56 35,01 3,67 6,13 89,27 8,50 1,46 2089,93 Legname per travame asciato Legname per pasta e pannelli Paleria Minuta 10,09 0,57 5,35 15,44 Grossa (a) 0,00 0,00 1,53 1,70 2,53 44,48 147,28 1,13 330,37 3,67 0,00 0,00 0,00 0,00 0,04 0,10 1,17 3,34 0,08 0,86 0,63 0,46 0,02 0,00 6,84 0,08 0,00 0,00 14,99 0,00 44,48 3,54 3,28 0,12 0,69 1,81 0,01 0,00 3,40 0,00 0,02 0,37 0,00 0,00 0,62 0,11 0,00 64,20 3,67 7,51 45,50 0,00 7,93 12,58 16,89 1,64 1,27 21,91 7,04 0,89 3,83 4,56 5,38 100,29 1,94 1,03 70,31 45,85 21,43 7,80 1,96 2,11 1,07 1,73 0,03 5,20 23,80 40,77 2,84 0,35 0,54 0,57 0,00 0,00 19,22 43,65 7,75 0,14 0,09 0,00 0,25 4,57 3,35 87,10 38,61 35,87 0,00 6,23 5,44 0,24 0,58 0,59 820,10 214,06 195,79 Fonte: Istat (a) Puntellame da miniera è contenuto in paleria grossa 8,39 0,41 2,46 58,08 Altri assortimenti (b) Totale 47,61 480,68 0,96 9,68 37,76 1138,73 142,95 677,85 Legna per combustibili TOTALE 217,54 698,22 17,32 27,00 560,40 1699,13 313,17 991,02 78,73 332,23 120,77 453,00 64,22 345,62 192,40 538,02 2,48 98,23 70,06 168,28 2,06 168,75 124,61 293,37 9,13 40,24 43,34 83,58 3,82 263,29 277,82 541,11 37,10 242,77 1186,50 1429,27 1,90 35,84 320,24 356,08 0,77 12,06 250,66 262,72 15,21 100,50 639,77 740,26 5,10 25,95 124,89 150,84 0,70 6,30 145,21 151,51 29,81 135,82 266,57 402,39 0,00 3,90 68,68 72,58 0,85 21,98 133,88 155,86 48,22 299,77 193,44 493,21 2,51 22,79 42,70 65,49 0,31 3,18 143,04 146,22 389,25 3788,31 5139,84 8928,15 (b) Legname da spacco e doghe è contenuto in altri assortimenti Dal punto di vista occupazionale la provincia di Brescia rappresenta poco più del 2% della occupazione nazionale nel settore delle prime trasformazioni del legno e poco meno dell’1.5% nella occupazione del settore del mobile. 51 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Tabella 11: Occupazione nel settore legno-arredamento per provincia. Legno 1.781 2.465 1.135 1.160 7.060 4.938 3.954 1.437 501 1.573 3.655 29.659 170.235 Varese Como Lecco Sondrio Milano Bergamo Brescia Pavia Lodi Cremona Mantova Lombardia Italia Arredamento 1.611 11.115 874 459 20.240 3.740 2.933 385 231 676 938 43.202 211.481 Fonte: ISTAT, Censimento industria e servizi anno, 1998 DITTE DI UTILIZZAZIONE BOSCHIVA IN VALLE CAMONICA Per l’analisi della filiera bosco-legno è necessario considerare un territorio più vasto rispetto a quello che interessa il Piano di Indirizzo Forestale. L’analisi riportata si avvale dello “Studio di mercato dei prodotti silvicoli locali della Valle Camonica”, realizzato nell’ambito del Piano di Azione Locale – LEADER II – Azione 13 nell’anno 2000 da: dott.ssa Lucia Mondini (Coordinamento progetto e Studio della risorsa forestale) dott. Mauro Benigni (Sistema informatico geografico e cartografia numerica), dott. Stefano Enfissi e dott. Marco Sangalli (Studio del mercato del legno), dott. Aurelio Volpe (Mercato nazionale e internazionale), dott. Davide Pettenella (Direzione scientifica del progetto). Le ditte impiegate nel settore delle utilizzazioni boschive in Val Camonica sono diverse; si concentrano maggiormente nella bassa Valle, nelle vicinanze del lago d’Iseo, mentre nell’Alta Valle Camonica il numero di ditte si riduce notevolmente localizzandosi solo in due paesi, Edolo e Corteno Golgi. Nei cinque comuni interessati dal presente Piano non sono presenti ditte iscritte all’Albo Regionale delle imprese Boschive. Le forme giuridiche prevalenti sono quelle “semplici”, quali la Ditta Individuale e la Società in nome collettivo affiancate da un numero molto esiguo di altre forme societarie (S.a.S., S.r.l.). Oltre a queste ditte sono presenti anche diversi consorzi forestali ma tra questi solo il Consorzio Forestale Alta Valle Camonica si occupa di utilizzazioni forestali. Il settore è ancora molto legato alle tradizioni locali e poco aperto all’ingresso di manodopera straniera. Infatti non è stato riscontrato personale extracomunitario, a differenza della situazione di questo settore in altre regioni d’Italia. 52 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Questo è dovuto, oltre che alla tradizione locale, alla diffidenza dei proprietari delle ditte di utilizzazione ad usufruire di manovalanza non autoctona. Dall’indagine eseguita è risultato che il 46% degli addetti nel settore è costituito dai titolari delle imprese a cui si somma un 5% che corrisponde alla collaborazione dei familiari (presenti solo nelle ditte individuali). Il 21% del personale risulta essere assunto con contratti a tempo indeterminato mentre il 28% degli addetti ha un contratto di tipo stagionale. L’età degli addetti, impiegati in questo settore della filiera, risulta medio-bassa; questo è principalmente dovuto alle caratteristiche proprie del lavoro che risulta fisicamente logorante impedendo di continuare l’attività lavorativa fino ad età avanzata. ADDETTI Età min Età max Età media Titolari /soci 25 62 40,7 Operai a tempo indeterminato 18 68 27,2 Operai stagionali 20 50 38 Collaboratori familiari 19 38 28,6 Il numero di mesi lavorati in azienda non copre quasi mai l’intero arco dell’anno per le caratteristiche proprie del lavoro in bosco; per motivi stagionali e atmosferici è possibile svolgere l’attività lavorativa al massimo per 9 mesi all’anno. 3 -1 Le giornate complessivamente lavorate sono 9.720 e la resa giornaliera è di 3,64 m giorno per singolo addetto, 3 -1 corrispondente ad una resa annua di 627 m giorno per singolo addetto. La tendenza generale delle ditte è quella di mantenere il lavoro all’interno del territorio di Val Camonica, con una parte minoritaria di ditte che si spostano al di fuori dei confini della Valle. Le ditte operano in prevalenza in fustaia, le attività nel ceduo sono spesso solo marginali. L’acquisto di lotti boschivi in fustaia si svolge principalmente con la modalità “in piedi a misura”, sia sulla proprietà pubblica sia su quella privata. Si verifica invece l’opposto per il ceduo, per il quale gli acquisti si effettuano quasi esclusivamente con modalità “in piedi a corpo”. Il prezzo di vendita dei lotti varia notevolmente a seconda delle zone e a seconda che gli stessi siano di proprietà pubblica o privata. I lotti acquistati sulla proprietà pubblica hanno generalmente prezzi superiori a quelli acquistati sulla proprietà privata. Il legname ottenuto dai lotti tagliati subisce assortimentazione solo per una frazione minoritaria: i quantitativi di maggior peso sono infatti venduti come assortimento unico (38%). Le restanti frazioni sono costituite da tondame per imballaggio (27,6%) e tondame da sega per il 17% del totale. Le ditte che posseggono una segheria, effettuando integrazione verticale assorbono tutto il legname da loro tagliato che costituisce il 16% della produzione totale. Risulta quindi evidente che l’assortimentazione del legname ottenuto dal bosco, sia poco diffusa, evidenziando l’arretratezza delle imprese in netto contrasto con l’evoluzione del mercato. Confrontando i dati desunti dallo studio di mercato analizzato fino a questo momento (2000) e lo “Studio del Settore Forestale” per la Comunità Montana di Vallecamonica, riferito all’industria del legno nel 1979, effettuato dal Dott. Alberto Poda, si nota come nell’ultimo ventennio siano avvenute le seguenti variazioni: 53 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO -riduzione del 26% delle imprese di utilizzazione boschiva operanti in Valle Camonica; -incremento del 16% delle imprese che si occupano esclusivamente di utilizzazioni; -si sono ridotte del 55% le imprese integrate verticalmente con segherie; -i quantitativi utilizzati complessivamente dalle imprese si sono ridotti del 39%; -il numero degli addetti delle imprese di utilizzazioni forestali si è drasticamente ridotto del 81%; -il numero complessivo di giornate di lavoro in bosco si è ridotto del 65%, con una media per addetto che è aumentata del 45%; -la resa media giornaliera per addetto è aumentata del 76,5%. Le note d’analisi positive sono l’aumento della specializzazione delle imprese riscontrabile dalla maggiore indipendenza dalle ditte di prima trasformazione, dalle maggiori rese giornaliere di produzione, dal maggior numero di giornate svolte per addetto. Anche l’analisi delle attrezzature e dell’approccio ai problemi della sicurezza denota l’evoluzione in questo senso delle imprese boschive. I dati negativi che emergono dal confronto con i dati del 1979 sono la contrazione generale delle imprese, la riduzione delle giornate di lavoro in bosco e dei quantitativi complessivi di legname lavorato. DITTE DI PRIMA TRASFORMAZIONE La distribuzione delle ditte di prima trasformazione in Valle Camonica si mantiene in linea con quanto osservato per le ditte di utilizzazione boschiva; il numero maggiore di ditte si trova infatti nella bassa Valle mentre rimane assai ridotta la presenza di questo tipo d’attività nei comuni della media Valle e della Alta Valle. Sono assenti nel territorio dei cinque comuni ricadenti nel presente Piano; le più vicine sono localizzate nei Comuni di Edolo, Corteno Golgi e Sonico. La forma giuridica più frequente è quella della “ditta individuale”, mentre le altre forme societarie sono presenti in numero ridotto (S.a.S., S.R.L.). Circa il 30% di queste ditte è iscritta all’albo delle ditte di utilizzazione boschiva, quindi si tratta di ditte ad integrazione verticale. Per quanto riguarda gli addetti del settore è risultato che il 30% del personale è costituito dai titolari dell’impresa con un 4% costituito da collaboratori familiari. A differenza delle ditte di utilizzazione boschiva si evidenzia come nel settore di prima trasformazione del legname sia molte elevato (64%) il numero degli addetti assunti con contratto a tempo indeterminato mentre il numero di operai stagionali è molto inferiore (1%). Sono presenti operai assunti anche con contratti di apprendistato ma questi rappresentano un numero molto esiguo (< 1%). Come per il settore delle utilizzazioni boschive, l’età degli addetti tende ad essere di tipo medio-basso: il 54% presenta età inferiore ai 30 anni, il 36% inferiore ai 50 anni, e solo il 10% ha più di 50 anni. Come per le imprese boschive, il settore è ancora molto legato alle tradizioni locali e poco aperto all’ingresso di manodopera straniera. Nelle ditte è stata infatti rilevata una bassissima incidenza di addetti extracomunitari (due di provenienza della ex Jugoslavia ed uno del Marocco), a motivo soprattutto della diffidenza dei titolari a rivolgersi anche in caso di necessità a manodopera non locale. La materia prima principalmente consumata dalle ditte di prima trasformazione è costituita da legname di conifere in gran parte importato dall’estero (54,4%), affiancato da una parte inferiore di acquisti locali (27,7%) e nazionali (17,9%). 54 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO PROVENIENZA MATERIE PRIME locale estero nazionale Le specie legnose impiegate hanno una varietà limitata e, in ordine di volume sono: abete rosso (78,5%), abete bianco (11,7%), larice (4,7%) e altre specie (pino, faggio e altre latifoglie). Il legname viene lavorato in prevalenza per la produzione di imballaggio (66%) soprattutto di tipo industriale (palletts), mentre gli altri prodotti destinati alla vendita sono travature (23%) e tavolame (10%). I prodotti vengono destinati in gran parte (68%) a industrie e commercianti le cui attività si collocano al di fuori del territorio di Valle Camonica; frazioni inferiori di prodotto vengono destinate al consumo diretto (22%) e a commercianti e industrie locali (10%). 55 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO IL MERCATO OFFERTA ATTUALE 3 L’offerta attuale dei prodotti legnosi dai boschi della Val Camonica è pari a circa 20.000 m all’anno di tondame di conifere e a circa 950 t di legname di latifoglie ottenuto dal taglio dei cedui. 3 3 Il tondame viene per lo più destinato alle segherie locali: circa 15.000 m commercializzati, e 5.000 m reimpiegati dalle imprese integrate verticalmente con ditte di prima trasformazione. Il tondame commercializzato è frequentemente venduto come assortimento unico (44,8%) e solo in parte assortito in tondame da sega (20,3%), tondo da imballaggio (32,9%) e tondo da triturazione (2%). Il legname ottenuto dai tagli dei cedui 950 t, di cui 710 t di legna da ardere e 240 t di paleria, è venduto quasi esclusivamente sul mercato locale direttamente ai consumatori. Da sottolineare che nel caso dei cedui i tagli effettuati dalle ditte di utilizzazioni boschive rappresentano una esigua percentuale delle effettive utilizzazioni (6,6% circa) in quanto la maggior parte di queste sono effettuate da privati che utilizzano boschi di cui sono proprietari o goduti sotto altre forme, oppure per lotti di uso civico. OFFERTA POTENZIALE La stima dell’offerta potenziale di legname dai boschi della Valle Camonica deve essere operata sulla base della ripresa annua potenziale rapportata alla capacità complessiva di lavoro delle ditte presenti in Valle o comunque operanti o disposte ad operare in Valle. 3 La ripresa annua potenziale dei boschi della Valle Camonica è stimata in 58.000 m , così suddivisi: 3 -conifere: principalmente abete rosso, seguito da larice: 32.000 m ; 3 -latifoglie: prevalentemente castagno, frassino e carpino nero: 26.000 m . 3 Le ditte residenti in Valle Camonica lavorano annualmente circa 25.000 m di legname, mentre il totale di quelle 3 indagate è di circa 32.000 m . Da sottolineare è il fatto che le ditte operanti in Valle lavorano quasi esclusivamente legname di conifere. La ripresa annua potenziale dei boschi ricadenti nell’area d’indagine è di 4.141 mc di legname di conifere. CONSISTENZA DELLA DOMANDA 56 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 3 Il consumo annuo di tondame da parte delle ditte di prima trasformazione indagate è costituito da 72.615 m di cui 3 3 20.082 di provenienza locale, 39.519 m di tondame di provenienza estera e 13.014 m di tondame di provenienza 3 3 3 nazionale. La specie più utilizzata è l’abete rosso (57.030 m ), seguita dall’abete bianco, 8.430 m , dal larice (3.405 m ), 3 3 3 dal pino silvestre (700 m ), dal faggio (500 m ) e dalle altre latifoglie, essenzialmente pioppo, (2550 m ). Nel caso dell’abete rosso, la provenienza è estera per il 51%, locale per il 30% e nazionale per il 18%. All’estero viene 3 3 principalmente acquistato tondo per travature (13.765 m ) e tondo per imballaggio (9.954 m ). Anche per l’abete bianco gli acquisti esteri sono rilevanti (64%), mentre l’approvvigionamento locale è del 22%, con l’assortimento più 3 acquistato all’estero rappresentato dal tondo da sega (3.627 m ). Nel caso del larice gli acquisti esteri rappresentano il 41%, mentre l’approvvigionamento locale è del 24%. L’assortimento maggiormente acquistato all’estero è il tondo per 3 travature con acquisti dell’ordine di 660 m annui. 3 3 Riguardo ai prodotti semilavorati le segherie acquistano 26.017 m di semilavorati di provenienza estera e 2.922 m di semilavorati di provenienza nazionale. PROBLEMATICHE E PROSPETTIVE ELEMENTI DI DEBOLEZZA DELLA FILIERA Sempre con riferimento allo studio realizzato nell’anno 2000 nell’ambito del Piano di Azione Locale – LEADER II – Azione 13, le problematiche maggiormente segnalate dalle ditte operatrici sono rappresentate dalla concorrenza soprattutto di tipo estero, dalla pressione fiscale, dalla viabilità e dai costi di trasporto elevati. Nella tabella che segue si riportano le valutazioni espresse dalle ditte nel corso di inchieste condotte nel sopraccitato studio. Problematiche Pressione fiscale Attività poco remunerativa Concorrenza Costo manodopera % risposte 21% 13% 58% 17% Difficoltà a reperire manodopera 17% Viabilità e costi trasporto 33% La filiera bosco-legno nell’Alta Valle Camonica, come nel resto della Regione Lombardia, presenta diverse problematiche legate sia alla fase di utilizzazione dei boschi che nei successivi passaggi di trasformazione del legname. Nei cinque comuni ricadenti nel presente PIF la superficie forestale di proprietà pubblica risulta dotata di pianificazione assestamentale. Tuttavia la gestione forestale presenta notevoli difficoltà: non di rado le proprietà pubbliche sono caratterizzate da un interesse gestionale limitato, anche quando i piani di assestamento prevedono precisi interventi colturali. Generalmente le utilizzazioni forestali asportano una quantità di legname decisamente inferiore all'incremento corrente determinando oltre che accumuli di biomassa, in certe situazioni da considerarsi positivi, un invecchiamento strutturale dei soprassuoli diffuso in maniera disomogenea, con locali condizioni di indebolimento e di minore stabilità fisica, vegetativa ed ecologica dei popolamenti che risultano così maggiormente vulnerabili alle avversità. 57 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Inoltre sussistono difficoltà infrastrutturali, legate all’orografia del territorio, che ostacolano l’accesso al bosco ed il trasporto a valle del legname, ma soprattutto legate alla mancanza di una rete viaria adeguata che possa essere premessa a valori di macchiatico positivi. Negli ultimi anni sono state realizzate diverse strade con funzione di servizio al bosco; deve tuttavia registrarsi il fatto che frequentemente gli enti locali, deputati alla realizzazione della viabilità, hanno preferito dare priorità all’accesso a nuclei di seconde case piuttosto che migliorare l’accesso al bosco. Per quanto riguarda il mercato del legno, questo è stato in passato fortemente influenzato da un’elevata disponibilità di legname di provenienza estera, a seguito di gravi danni ai soprassuoli causati dagli straordinari eventi meteorici che, verso la fine degli anni 1990, hanno colpito Francia, Svizzera e Germania. Inoltre negli ultimi anni è andata via via affermandosi la convenienza nell’importazione di legname dai paesi dell’est europeo. Di fatto spesso risulta più conveniente importare dall’estero anche se esistono boschi maturi utilizzabili nelle vicinanze delle industrie di trasformazione. Oltre al prezzo anche la qualità del legname stesso non sempre è al medesimo livello di quello importato. A tutto ciò si aggiunge il fatto che i comuni proprietari spesso preferiscono lasciare invenduti i lotti boschivi piuttosto che incassare cifre modeste. PROBLEMATICHE DEL MERCATO A livello mondiale, si registrano condizioni record per produzione e consumo di prodotti legnosi: è prevista un’ulteriore crescita della domanda di legname nei prossimi 5-10 anni. Misure volte al rimboschimento vengono già attuate. In base a dati FAO in Europa le foreste si accrescono- al netto dei prelievi - di 130 milioni di metri cubi all’anno. E’ inoltre ragionevolmente prevedibile un’ulteriore crescita dell’export di legname dei Paesi dell’Europa orientale verso il mercato dei paesi dell’Unione Europea. Per effetto dei finanziamenti europei legati al Piano Regionale di Sviluppo Rurale 2000-2006, misura h, (Reg. CE 1257/1999) e al reg. CE 2080/1992 in Lombardia si è verificato un aumento di oltre 10.000 ettari di superficie boscata (ricostituzione di boschi e impianti di arboricoltura da legno). Riguardo ai prezzi è prevista una instabilità dei prezzi del legname per effetto dei processi di globalizzazione, crisi economiche e problematiche ambientali. Localmente è prevista un’ulteriore riduzione del prezzo del macchiatico, stimata pari a circa -16% al 2010. PROSPETTIVE E PROPOSITIVITÀ Le prospettive di sviluppo della filiera in un contesto di mercato nazionale e internazionale assai poco favorevole alla valorizzazione delle produzioni locali deve essere improntato a migliorare le condizioni di efficienza e integrazione tra le fasi e tra gli attori della filiera locale. 58 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Possono indicarsi alcune linee guida sulle quali fondare i processi di consolidamento e sviluppo. Queste riguardano necessariamente il contesto dell’intero territorio di Valle Camonica mentre in riferimento al territorio interessato dal presente Piano le azioni da intraprendersi andranno opportunamente declinate su criteri di compatibilità con le finalità istitutive del Parco. Miglioramenti gestionali -) Analisi delle procedure burocratiche in essere in merito alle utilizzazioni in funzione della ricerca di possibilità di alleggerimento e snellimento delle stesse per ridurre i tempi e gli oneri in tutte le fasi tra l’acquisto dei lotti e la collocazione mercantile del prodotto trasformato. -) Incentivare lo sviluppo di una razionale rete infrastrutturale (viabilità forestale) a servizio delle attività di gestione del territorio in generale e del patrimonio agro-silvo-pastorale in particolare, in modo da migliorare le condizioni di accessibilità al bosco. -) Incentivare la politica degli interventi di miglioramento, rinaturalizzazione e riordino forestale, innescando un efficace meccanismo di controllo delle quote accantonate dai proprietari forestali per il cofinanziamento delle opere forestali (fondo di accantonamento per Migliorie Boschive). Proprietà pubblica - Valorizzazione dei Consorzi Forestali quali soggetti preposti alla gestione tecnico-operativa, ad esempio istituendo a livello comprensoriale servizi consulenza in materia amministrativa, legale, di sicurezza di supporto alle attività e alla gestione delle proprietà conferite. - Incentivazione dei Contratti pluriennali di utilizzazione forestale tra Consorzi e Ditte boschive locali, anche per offrire un orizzonte temporale di programmazione degli investimenti alle ditte stesse e per garantire il rispetto della tempistica delle utilizzazioni previste dai Piani di Assestamento. - Organizzazione di “Piazzali di Vendita” del legname a livello sovraccomunale per consentire un migliore incontro tra domanda e offerta nonché una maggior valorizzazione del prodotto locale (migliore assortimentazione, migliore risposta alle esigenze del mercato, coinvolgimento di un maggior numero di ditte, contenere logiche di monopolio locale). - Certificazione del Sistema di Gestione Ambientale e dei prodotti derivanti dalle attività di gestione dei Consorzi forestali per l’inserimento nel mercato di prodotti certificati. - Tempestiva revisione dei Piani di Assestamento scaduti, quali strumento principe della pianificazione degli interventi di gestione del patrimonio montano. -) Revisione dei criteri di compilazione dei Piani stessi per una migliore connessione con la pianificazione territoriale e della sempre più complessa multifunzionalità del patrimonio forestale. Proprietà privata -) Incentivare la selvicoltura con la valorizzazione della filiera della legna da ardere a livello locale attraverso politiche di promozione dell’impiego di caldaie ad alta resa termica e di progetti per l’alimentazione di impianti termici per edifici a uso collettivo. -) Incentivare l’associazionismo tra privati per la gestione del patrimonio forestale. 59 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO -) Creazione di servizi di informazione e consulenza in merito a disponibilità di finanziamenti pubblici per la gestione selvicolturale. Ditte boschive Le azioni devono tendere alla riduzione dei rischi di compravendita e alla valorizzazione della qualificazione professionale delle ditte. -) Riduzione delle elevate anticipazioni di capitali richieste prima della disponibilità del legname (tra acquisto e vendita legname passa circa un anno, la ditta paga 30% prima di iniziare a tagliare e deve pagare tutto alla misurazione) sostituendole con forme di cauzione fidejussoria bancarie o assicurative. -) Riorganizzazione dell’Albo regionale delle ditte, con una più attenta selezione delle imprese basata sulle capacità professionali del titolare e le attrezzature disponibili. -) Per le ditte iscritte all’Albo, organizzazione permanente di iniziative di aggiornamento professionale per utilizzazione attrezzature innovative e tradizionali con rilascio di patentino di operatore forestale; -) promuovere iniziative di job creation per l’entrata di giovani imprenditori nel settore. -) maggior vigilanza sul rispetto della normativa anti-infortunistica e sulla regolarità contrattuale delle attività delle ditte boschive. 60 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA. Il Piano Regolatore Generale (P.R.G.) è definito dalla Legge Urbanistica Statale 17 agosto 1942, n. 1150 come strumento pianificatorio che deve considerare la totalità del territorio comunale e deve indicare essenzialmente: 1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti; 2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona; 3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù; 4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale; 5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico; 6) le norme per l'attuazione del piano. Questo documento, che viene redatto da un singolo comune o da più comuni limitrofi (Piano Regolatore Generale Intercomunale). Nella tabella seguente si riporta lo stato dei diversi P.R.G. nei cinque comuni analizzati; in particolare sono indicati la data di approvazione dei diversi piani, l’ultima variante approvata dai consigli comunali e i diversi progettisti che hanno realizzato i diversi elaborati (Fonte: Regione Lombardia). COMUNE STRUMENTO DATA ATTO PROGETTISTI P.R.G. 14/06/1978 DOTT. ARCH. FERDINANDO BELLONI Variante al P.R.G. vigente 16/10/1984 STUDIO JONUTAS PUSCASIU P.R.G. 26/07/1984 ARCH. VALTER FILATONDI Variante ex LR 23/97 26/02/2005 UFFICIO TECNICO COMUNALE P.R.G. 06/10/2000 ARCH. CIGOGNETTI GIOVANNI Variante ex LR 23/97 14/07/2005 ARCH. FAUSTO BIANCHI P.R.G. 24/06/1975 CEPRO S.r.l. Variante ex LR 23/97 28/06/2001 UFFICIO TECNICO COMUNALE P.R.G. 06/11/1984 ARCH. VALTER FILATONDI Variante al P.R.G. vigente 14/11/1997 ING. LANDRINI GEROLAMO Vione Vezza d'Oglio Temù Ponte Di Legno Incudine Con la Legge Regionale n. 12 dell'11/03/2005, in materia di governo del territorio, la Regione Lombardia, in sostituzione del Piano Regolatore Generale, ha introdotto un nuovo strumento di pianificazione urbanistica a livello 61 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO comunale: il Piano di Governo del Territorio (P.G.T.). Questa legge, entrata in vigore a fine marzo del 2005, dispone che tutti i Comuni lombardi deliberino l'avvio del procedimento di adeguamento dei loro Piani Regolatori entro un anno da tale data, procedendo all'approvazione di tutti gli atti del Piano di Governo del Territorio secondo i principi, i contenuti e il procedimento stabiliti nel testo di legge. Nel frattempo i PRG vigenti conserveranno la propria efficacia fino all'approvazione del nuovo PGT che, salvo deroghe, dovrebbe avvenire entro Marzo 2009 (non oltre quattro anni dall'entrata in vigore della nuova LR 12/2005 "Legge per il governo del territorio" come previsto dalla legge stessa). Nei cinque comuni studiati i Piani di Governo del Territorio sono ancora in fase di realizzazione. Ogni P.R.G. suddivide il territorio in aree omogenee indicandone i vincoli e i caratteri da osservare nell’edificazione e nella realizzazione di infrastrutture attraverso l’applicazione di “Norme Tecniche di Attuazione” (N.T.A.) che stabiliscono le caratteristiche delle opere realizzabili nelle varie zone. Le N.T.A. possono definire gli indici massimi di edificabilità, l'altezza dei fabbricati, la distanza dai confini, ecc.; costituiscono in sostanza l’applicazione concreta delle destinazioni e previsioni delle diverse zone. L’analisi dei P.R.G. sui cinque comuni ricadenti all’interno del Parco dell’Adamello ha evidenziato come la parte preponderante della superficie nel territorio osservato, in base alla zonizzazione ricavata dai P.R.G. e dalle successive varianti, ricade all’interno della zona agricola (in cui rientrano anche tutte le aree boscate). Di seguito si riportano, in riferimento ai singoli Comuni, la definizione delle zonizzazioni e un estratto dei contenuti delle N.T.A. in riferimento alle opere di urbanizzazione coinvolgenti trasformazioni di popolamenti arborei, alberature, e formazioni forestali. COMUNE DI INCUDINE - ZONA 1 – RISP “rispetto di strade, fiumi e cimiteri”: in tali aree sono proibiti l’abbattimento di piante ad alto fusto e la costruzione di qualsiasi edificio (solo manutenzione ordinaria e straordinaria con esclusione di aumenti di volume). - ZONA 2 - ZP “zone panoramiche”: è fatto obbligo di conservare le alberature di alto fusto o di essenze pregiate provvedendo alla sostituzione delle piante morte con altre di eguale essenza. Non sono ammessi nuovi insediamenti; sono consentite soltanto opere realizzate in funzione della conduzione agricola del fondo (come individuato nella L.R. 93 del 7.6.1980 “Norme in materia di edificazione nelle zone agricole”). Sono ammessi impianti di trasporto tramite cavo e di risalita per attività sciistiche. - ZONA 3 – E “zona agricola”: questa zona è stata suddivisa a sua volta in: ⇒ E1 a prato; ⇒ E2 a pascolo montano; ⇒ E3 boschiva con piantumazione d’alto fusto; ⇒ E4 boschiva da conservare e valorizzare a protezione; ⇒ E5 terreno roccioso incolto e sterile. 62 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Nelle zone E3, E4 e E5 non è ammessa alcuna edificazione né riguardante opere realizzate in funzione della conduzione del fondo, né destinate alla residenza. Nelle zone E1 ed E2, sono ammesse costruzioni anche residenziali, attinenti alla conduzione del fondo; queste potranno essere realizzate solo in posizioni ove non contrastino con la tutela del paesaggio. La concessione edilizia è subordinata alla presentazione al Sindaco di un atto di impegno che preveda il mantenimento della destinazione d’uso dell’immobile al servizio dell’attività agricola. Negli agglomerati rurali sono ammessi anche ampliamenti. - ZONA 4 - C1 “abitazioni estensive”: sono ammessi insediamenti di tipo residenziale. I tipi ammessi sono le case isolate, doppie o multiple. E’ obbligatoria la predisposizione di un piano di lottizzazione (ove indicati negli elaborati di piano). - ZONA 5 – C2 “abitazioni estensive”: sono ammessi insediamenti di tipo residenziale. I tipi ammessi sono le case isolate, doppie o multiple. E’ obbligatoria la predisposizione di un piano di lottizzazione (ove indicati negli elaborati di piano). Rispetto alla zona C1 gli indici di edificabilità sono maggiori. - ZONA 11 - ZIA “zona di industria agricola destinata all’allevamento in batteria”: è ammessa anche la costruzione residenziale annessa all’attività. Le costruzioni adibite alla conduzione del fondo potranno essere insediate solo nelle posizioni ove non contrastino con la tutela del paesaggio - ZONA 12 - VPS “verde pubblico o sportivo”: zone destinate a parchi, giardini, verde attrezzato, impianti e attrezzature sportive aperti al pubblico. L’utilizzazione di tali zone può aver luogo solo per iniziativa comunale In sintesi si possono individuare tre tipologie di zone in base all’edificabilità/trasformazione della stessa: - zone con divieto assoluto di edificazione/trasformazione: RISP “rispetto di strade, fiumi e cimiteri”, E3 boschiva con piantumazione d’alto fusto, E4 boschiva da conservare e valorizzare a protezione, E5 terreno roccioso incolto e sterile; - zone con limitata possibilità di edificazione/trasformazione legata all’attività agricola: E1 agricola a prato, E2 agricola a pascolo montano, ZP zone panoramiche; - zone con elevata possibilità di edificazione/trasformazione: C1 e C2 abitazioni estensive, VPS verde pubblico o sportivo, zona 11 di industria agricola destinata all’allevamento in batteria. COMUNE DI PONTE DI LEGNO - Zona B2 – “norme particolari per la zona di conservazione e ristrutturazione edilizia” (Art. 18): tale zona comprende tutti quei nuclei già costituiti o gruppi di malghe esistenti sparsi sul territorio comunale (non ricadenti in altre zone); in questa zona sono consentite solo opere di ristrutturazione, risanamento ed adeguamento igienico edilizio, restauro conservativo, nel rispetto dei valori ambientali e delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche esistenti. Sono ammesse opere di trasformazione ed adeguamento degli ambienti esistenti, recuperandoli anche ad altre destinazioni, sempre nel rispetto dei valori volumetrico – dimensionali esistenti, e dei valori ambientali ed architettonici esistenti. 63 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - Zona B2 S – “aree di conservazione edilizia” (art. 18): in dette aree non è ammessa alcuna nuova edificazione ma sono consentiti esclusivamente gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’Art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” (ex art. 31 della Legge n. 457 del 5 Agosto 1978,) al fine di garantire il recupero ad uso residenziale e ricettivo dei fabbricati esistenti o altre destinazioni: a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti; b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio; d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica. - Zona C2 – “norme particolari per le zone di espansione” (Art. 21): questa zona comprende aree già parzialmente edificate, da complementarsi nel loro tessuto edilizio con semplice licenza edilizia. L'edificazione deve avvenire tramite "piano di lottizzazione convenzionato" (art. 5) o mediante licenza singola per le sole strutture pubbliche, di uso o interesse pubblico. - Zona C4 - “norme particolari per le zone di espansione” (Art. 23): questa zone comprendono aree non edificate nelle quali l'edificazione può avvenire solo tramite "piano di lottizzazione convenzionato" nel rispetto delle modalità di cui all'art. 5 delle norme tecniche di attuazione. - Zona E1 – “norme particolari per la zona di tutela ecologica” (Art. 25): sono consentite, nei limiti di sfruttamento e con determinati indici di edificabilità, costruzioni al servizio dell'agricoltura e della pastorizia, attinenti alla produzione, alla trasformazione ed al trasporto dei prodotti agricoli, il tutto commisurato alle normali esigenze del fondo agricolo sul quale i fabbricati stessi devono sorgere e a cui devono servire. Sono esclusi nuovi insediamenti residenziali non al servizio dell'agricoltura. Potranno essere ammesse attrezzature ed impianti sciistici secondo quanto previsto dalle stesse N.T.A. (art. 31 “norme particolari per le aree comprese nella zona dei demani sciabili”). 64 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - Zona E2 – “norme particolari per la zona boschiva” (Art. 26): tali zone dovranno essere sottoposte a particolare tutela, dovranno essere mantenuti i valori ambientali e paesaggistici, dovrà essere salvaguardato il patrimonio boschivo. Tale zona è inedificabile, potranno essere ammesse attrezzature ed impianti sciistici secondo quanto previsto dalle stesse N.T.A. (art. 31“norme particolari per le aree comprese nella zona dei demani sciabili”). - Zona E3 – “norme particolari per la zona di tutela ambientale” (Art. 27): tali zone dovranno essere sottoposte a particolare tutela, dovranno essere mantenuti i valori ambientali e paesaggistici esistenti. Tale zona è inedificabile. Potranno eventualmente essere ammesse attrezzature ad impianti sciistici secondo quanto previsto dall'art. 31 delle N.T.A. (“norme particolari per le aree comprese nella zona dei demani sciabili”). - Zona U.P.S.- “norme particolari per la zona di uso pubblico speciale per impianti tecnici ed attrezzature ricettive” (Art. 29): tale zona è destinata ad attrezzature connesse agli impianti tecnici di risalita, attrezzature sportive ricreative, di ristoro o ricettive. L'edificazione può avvenire tramite "piano di lottizzazione esteso all'intero comparto" (obbligatoriamente nelle aree previste dallo strumento urbanistico) e "singola concessione edilizia" nel rispetto delle modalità di cui agli art. 5 e 7 delle N.T.A.. Il 20% delle aree di comparto sarà destinato a parcheggi pubblici. - Zona U.P. – “norme particolari per la zona di uso pubblico” (Art. 30): l'edificazione è riservata ad utilizzazioni di uso pubblico, ossia ad edifici od impianti appartenenti ad enti pubblici e destinati alle finalità di carattere pubblico, di cui all'art. 3 del D.M. 2 Aprile 1968. L'edificazione degli edifici pubblici può avvenire a "semplice licenza edilizia" nel rispetto delle modalità e delle prescrizioni di cui all'art. 7 delle N.T.A. e di particolari prescrizioni di altre leggi specifiche e nel rispetto degli indici precisati. In sintesi si possono individuare tre tipologie di zone in base all’edificabilità/trasformazione del territorio in relazione alle zone boscate: - zone con divieto assoluto di edificazione/trasformazione: B2 e B2S zona di conservazione e ristrutturazione edilizia - zone con elevata possibilità di edificazione/trasformazione: C2 e C4 zone di espansione, U.P. e U.P.S., zone di uso pubblico, E1, E2 e E3 realizzazione di strutture legate all’attività sciistica. Nel comune di Ponte di Legno sono presenti diversi piani di lottizzazione in corrispondenza delle zone C2, C4, U.P. e U.P.S. Art. 31 - Norme particolari per le aree comprese nella zona dei demani sciabili. Sulle aree comprese nella zone E1, E2 e E3 potranno essere ammessi impianti ed attrezzature tecniche per la pratica dello sci (impianti di risalita a fune o di altro tipo); modificazione, trasformazione, rimozione degli impianti esistenti; apertura di nuove piste da sci e modifica dei tracciati esistenti. Compatibilmente con le caratteristiche e le esigenze degli impianti e delle aree sciabili, possono essere realizzati i seguenti manufatti: - deposito per attrezzature e mezzi per la manutenzione degli impianti e la battitura delle piste; - locali pronto soccorso e servizi igienici; - biglietteria; - uffici o scuole sci e servizi connessi. 65 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Per il rilascio della concessione, è necessario sottoscrivere atto di vincolo permanente relativo alla destinazione d’uso dei locali. Sono stati individuati nelle N.T.A. una serie di indici di edificabilità diversi per ogni tipologia di edificio. COMUNE DI VEZZA D’OGLIO ZONA 1 - “rispetto di strade, fiumi e cimiteri”: in tali aree sono proibiti l’abbattimento di piante ad alto fusto e la costruzione di qualsiasi edificio (solo la manutenzione ordinaria e straordinaria senza aumenti di volume). ZONA 3 – “zone panoramiche”: è fatto obbligo di conservare le alberature di alto fusto o di essenze pregiate provvedendo alla sostituzione delle piante morte con altre di eguale essenza. Non sono ammessi nuovi insediamenti; sono ammesse soltanto opere realizzante in funzione della conduzione agricola del fondo (L.R. 93 del 7.6.1980). Sono ammessi impianti di trasporto tramite cavo e di risalita per attività sciistiche. ZONA 4 – “zona agricola”: - E2 a pascolo montano; - E3 boschiva con piantumazione d’alto fusto; - E4 boschiva da conservare e valorizzare a protezione; - E5 terreno roccioso incolto e sterile. Nelle zone E3, E4 e E5 non sono ammesse nuove opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alla residenza. Nelle altre sono ammesse costruzioni anche residenziali attinenti alla conduzione del fondo; le costruzioni adibite alla conduzione del fondo come fienili, tettoie, stalle ecc. potranno essere insediate solo nelle posizioni ove non contrastino con la tutela del paesaggio. La concessione edilizia è subordinata alla presentazione al Sindaco di un atto di impegno che preveda il mantenimento della destinazione d’uso dell’immobile al servizio dell’attività agricola. ZONA 22 – “zone alberghiere e turistiche di transito”: la concessione edilizia comporta un vincolo di destinazione di almeno 10 anni per alberghi, motel, colonie estive, ristoranti, campeggi con attrezzature annesse (ammessa solo l’edificazione delle strutture a servizio del campeggio). ATTREZZATURE E CENTRI TURISTICI MONTANI BISTAGIONALI: zone destinate ad impianti e servizi per gli sport invernali ed estivi, campeggi e d attrezzature connesse, piste da sci. La possibilità edificatoria è subordinata alla preventiva approvazione di piani regolatori particolareggiati o di piani di lottizzazione, in questa zona si devono prevedere: - attrezzature ricettive; - attrezzature di ristoro; - ed impianti per gli sport invernali (le piste da sci sono equiparate ad opere infrastrutturali); - varie per lo sport e il gioco; - di svago; - commerciali e varie (es. Pro loco); - di pronto intervento sanitario. In sintesi si possono individuare tre tipologie di zone in base all’edificabilità/trasformazione della stessa: 66 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - zone con divieto assoluto di edificazione/trasformazione: ZONA 1 rispetto di strade, fiumi e cimiteri, E3, E4 ed E5 zone boschive e territori rocciosi; - zone con limitata possibilità di edificazione/trasformazione: zone panoramiche, zona E2, edificabili ai fini agricoli; - zone con elevata possibilità di edificazione/trasformazione: ZONA 22, zone alberghiere e turistiche di transito, ZONA per attrezzature e centri turistici montani bistagionali. COMUNE DI VIONE Zone di rispetto di fiumi, strade art. 8.3: non è ammessa alcuna edificazione nonché l’esecuzione di opere di urbanizzazione. Zona B di risanamento conservativo e ristrutturazione art. 4.1: sono da conservare le caratteristiche architettoniche dell’ambiente preesistente. Sono ammesse solo opere di ristrutturazione e manutenzione degli edifici. E’ ammesso il cambio di destinazione nel rispetto delle norme di zona. Zona Agricola art. 3: è ammessa una edificazione sparsa di costruzioni rurali ed attrezzature per l’agricoltura; servizi ed impianti di pubblica utilità di mole modesta, come cabine elettriche, stazioni di sollevamento, servizi ed impianti di pubblica utilità per i quali appaiono convenienti l’allontanamento ed il decentramento dell’aggregato urbano come: mattatoi, impianti di depurazione. Saranno altresì ammessi impianti sportivi che non alterino le caratteristiche agricole, paesaggistiche ed ambientali della zona quali: campi da golf, maneggi per equitazione, ecc. Al servizio di questi impianti saranno ammesse costruzioni che rispettino gli elementi tipo morfologici di zona. La presenza di vani residenziali è ammessa solo se al servizio della conduzione agraria dei fondi Zona sportiva-verde pubblico SVP 5.3: aree per campi da gioco coperti e non, palestre e piscine coperte e non, impianti sportivi in genere. Verde attrezzato. L’edificazione residenziale è ammessa solo per quanto concerne il personale di custodia. Zone destinate a parcheggio pubblico art. 6: non vi è ammessa alcuna edificazione e le aree stesse dovranno essere facilmente accessibili dalla pubblica via. In sintesi si possono individuare tre tipologie di zone in base all’edificabilità/trasformazione della stessa: - zone con divieto assoluto di edificazione/trasformazione: ZONA 1 rispetto di strade, fiumi Zona B di risanamento conservativo e ristrutturazione; - zone con limitata possibilità di edificazione/trasformazione: Zona Agricola; - zone con elevata possibilità di edificazione/trasformazione: Zone destinate a parcheggio pubblico Zona sportiva-verde pubblico. 67 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO COMUNE DI TEMU’ Zona B1 art 27 ristrutturazione residenziale. Zona B2 art 28 edificazione residenziale rada. Zona E1 art 39 attività agricola. Zona E2 art 40 verde ambientale. Zona E3 art 41 ambiente naturale boschivo. Zona SP1 attrezzature di interesse comune/istruzione. Zona SP2 attrezzature tecnologiche. In sintesi si possono individuare tre tipologie di zone in base all’edificabilità/trasformazione della stessa: - zone con divieto assoluto di edificazione/trasformazione: zona B1, B2 ristrutturazione residenziale ed edificazione residenziale rada; zona E2, E3 verde ambientale e ambiente naturale boschivo; - zone con limitata possibilità di edificazione/trasformazione: Zona E1 agricola; - zone con elevata possibilità di edificazione/trasformazione: Zona SP attrezzature di interesse comune/istruzione, attrezzature tecnologiche e per la pratica dello sci. 68 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO INTERAZIONE BOSCO – AMBITI URBANI – AMBITI AGRICOLI Per quanto riguarda il presente Piano, diviene di fondamentale importanza l’analisi dei Piani Regolatori Generali vigenti soprattutto in relazione alle aree boscate presenti. Nei comuni di Incudine, Vezza d’Oglio e Vione, la superficie che risulta ricadere in aree che possono subire un cambiamento di destinazione d’uso, in relazione alla zonizzazione dei P.R.G., è molto limitata e localizzata soprattutto in terreni di fondovalle che si trovano nelle vicinanze del centro abitato. Si tratta di zone di espansione residenziale, realizzazione di aree verdi pubbliche, strutture per il turismo e l’industria (agricola). Questi ambiti urbani e agricoli interessano maggiormente zone prive di copertura forestale in quanto si trovano in corrispondenza di aree agricole o pascoli. La superficie boscata interessata da una possibile trasformazione, è limitata ad una area di circa 0,56 ha nel comune di Incudine (vedi fig. 1), che da P.R.G. risulta destinata alla realizzazione di parchi, giardini, verde attrezzato (ZONA 12) e abitazioni estensive (ZONA 5); la tipologia di bosco che potrebbe essere interessata è l’acero-frassineto. Zonizzazione PRG del Comune di Incudine: nell’immagine sono state evidenziate le aree sottoposte ad una possibile trasformazione. Solo le zone 5 e 12 interessano porzioni di bosco del tipo acero-frassineto. Scala 1:5.000. Nel Comune di Vezza d’Oglio è stata individuata un’area di circa 4,5 ha, localizzata all’incrocio tra la Val Paghera e la valle di Scalvino, che in base al P.R.G. risulta destinata ad attrezzature per il turismo (denominata attrezzature e centri 69 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO turistici montani bistagionali); in quest’area il bosco è rappresentato dalla pecceta montana dei substrati silicatici – suoli mesici. Zonizzazione PRG del Comune di Vezza d’Oglio: nell’immagine è stata evidenziate l’area denominata dal PRG “attrezzature e centri turistici montani bistagionali” che interessa porzioni di bosco del tipo pecceta montana dei substrati silicatici – suoli mesici. Scala 1:5.000 Più importanti risultano invece le trasformazioni degli ambiti boschivi previsti, ed in parte già realizzati, nei comuni di Ponte di Legno e Temù in relazione all’apertura delle nuove piste da sci. In particolare nel Comune di Temù sono stati individuati più di 350 ettari, che costituiscono la zona destinata alle attrezzature per la pratica dello sci (SP5); una parte di questa superficie (circa 110 ha) è già consolidata ed utilizzata per attività sciistiche. Nel Comune di Ponte di Legno, secondo il P.R.G., l’area dove è prevista la possibilità di realizzare impianti per l’attività sciistica corrisponde all’intero territorio comunale. L’apertura di nuove piste e la realizzazione di strutture connesse all’attività sciistica, come già visto, è regolamentato specificatamente nelle N.T.A. del piano regolatore all’art. 31. Oltre alle aree destinate all’attività sciistica, il P.R.G. ha individuato altre zone che interessano l’eventuale trasformazione del bosco in ambito urbano. Si tratta delle zone di uso pubblico e le zone di espansione (C2 e C4) localizzate a ridosso del centro abitato di Ponte di Legno e lungo la statale nelle vicinanze del passo del Tonale. 70 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO INQUADRAMENTO FORESTALE MACROCLASSIFICAZIONE L’analisi di larga scala delle cenosi forestali presenti nel territorio dell’alto Parco dell’Adamello è condotta assumendo come elemento distintivo e caratterizzante la macroclassificazione la successione altitudinale dei diversi ambienti rinvenibili: - I boschi del fondovalle. Le aree di fondovalle, limitate a pochi lembi sub pianeggianti e contigui al corso del fiume Oglio, sono caratterizzate dalla parcellizzazione delle superfici tipica degli ambiti agricoli montani. In queste aree, altimetricamente comprese tra i 900 m s.l.m. e i 1.300 m s.l.m., le formazioni forestali, caratteristiche del piano montano, sono relegate a piccole superfici che, per rarità, assumono rilevante significato ecologico. Si tratta perlopiù di piccoli lembi boscati in cui latifoglie e conifere si alternano e mescolano a seconda della pressione antropica passata. In prevalenza si riscontrano formazioni dominate dal frassino maggiore, dall’acero montano, dall’ontano bianco, dal nocciolo, dall’abete rosso. Una menzione particolare meritano le formazioni presenti a ridosso dei corsi d'acqua dove dominano le specie ripariali (Salix alba, Populus nigra, Salix eleagnos, Salix caprea, Alnus incana e Alnus viridis). - I boschi del basso e medio versante. In quest’area le formazioni forestali interessano la maggior parte del territorio e risultano notevolmente condizionate dall’intenso sfruttamento antropico subito nel passato. Le attività legate all’agricoltura e alla pastorizia (terrazzamenti, maggenghi e coltivi), il trattamento selvicolturale, da sempre finalizzato alla costituzione di boschi coetanei e monospecifici di abete rosso, gli intensi tagli effettuati a seguito degli eventi bellici e, non da ultimo, l’abbandono del territorio verificatosi negli ultimi decenni, hanno determinato profonde alterazioni tipologico-strutturali a carico delle formazioni forestali del basso e medio versante. L’elemento principale che caratterizza questi ambiente è certamente l’affermazione diffusa dell’abete rosso che costituisce la specie forestale “principe” dell’area montana relegando le latifoglie ad ambienti marginali e alle fasi ricostitutive della pecceta. In quest’area possiamo riscontrare le seguenti formazioni: o I boschi puri di Picea excelsa. Dal punto di vista forestale le peccete offrono un tasso di biodiversità inferiore rispetto ad altri ecosistemi, tuttavia si caratterizzano per la significativa variabilità strutturale dei soprassuoli. Alla “picea” dominatrice incontrastata di questi ecosistemi si affiancano soprattutto Larix decidua, Acer pseudoplatanus, Fraxinus excelsior, Salix caprea e Populus tremula). o I boschi misti di Picea excelsa e Larix decidua. In alcune situazioni il dominio della “picea” viene bilanciato dalla convivenza con Larix decidua la cui diffusione anche a basse quote è principalmente dovuta alla sua grande capacità di disseminazione ed al suo carattere frugale. La sua presenza è comunque un fattore positivo per l'economia dell'ecosistema perché ne arricchisce la biodiversità e soprattutto per le sue straordinarie capacità di consolidamento idrogeologico. o I boschi di latifoglie. Si tratta di lembi relitti dei boschi tipici dell’orizzonte montano, caratterizzati dalla mescolanza di frassino maggiore, acero di monte e, spesso, ontano bianco. o I boschi di ricolonizzazione delle aree agricole abbandonate. Trattasi di formazioni giovani, spesso originatesi dalla disseminazione delle piante portaseme presenti nell’intorno e lasciate alla libera evoluzione per abbandono del territorio. La composizione è dominata dal frassino 71 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO maggiore e dal nocciolo a cui si associano con buona frequenza acero montano, ontano bianco, betula pendula oltre ad altre latifoglie. - - I Boschi altimontani. Salendo in quota, lungo il versante, risulta evidente la minor pressione esercitata sulle formazioni forestali che assumono progressivamente i caratteri più naturaliformi tipici dei boschi altimontani, sia per la variabilità compositiva sia per l’articolazione strutturale. La vegetazione diventa meno fitta, la presenza di radure è più abbondante e la partecipazione di latifoglie arboree è sempre minore. Il principale fattore limitante lo sviluppo della vegetazione è la temperatura, ovvero le elevate escursioni termiche giornonotte e estate-inverno; a questo fatto si aggiunge il ruolo fondamentale esercitato dagli agenti atmosferici quali vento, acqua, neve e fulmini che contrastano in continuazione il normale ciclo vegetativo delle piante. Anche in questo caso le specie arboree principali sono Picea excelsa e Larix decidua, ma si osservano anche Pinus cembra e Pinus mugo, ad esse si associano poche altre specie tra cui si possono sicuramente ricordare il Sorbus aria, Sorbus aucuparia e Alnus viridis. Con l'aumento di quota il bosco tende in maniera naturale a trasformarsi in arbusteto e in prateria alpina. o I boschi puri di Picea excelsa. La caratteristica principale di questi boschi rispetto alle analoghe peccete montane è sicuramente osservabile nel portamento degli abeti, che nella maggior parte dei casi presentano chiome che si sviluppano lungo tutto il tronco. Si tratta infatti di soprassuoli tendenzialmente meno chiusi rispetto a quelli montani, per cui il maggior apporto di luce impedisce “l'autopotatura” naturale dei rami inferiori. Il bosco di abete presenta una maggiore biodiversità rispetto all'analogo bosco montano ed è caratterizzato dalla continua alternanza con gli arbusteti e i cespuglieti. o I boschi puri di Larix decidua. Il bosco altimontano di Larix decidua è molto diffuso, soprattutto dove ha incontrato i favori dell’uomo per la sua naturale convivenza con le aree pascolive (“prati a larice”). Si tratta di boschi altimontani radi in cui il larice convive in diversa misura con la Picea excelsa, il Pinus cembra, la Betula pendula, il Pinus mugo e l’Alnus viridis. o Le Cembrete e le mughete. Le formazioni a prevalenza di Pinus cembra e/o di Pinus mugo costituiscono preziosi e residuali ecosistemi del Piano subalpino. La spiccata tendenza ad associarsi delle due specie è riconducibile al fatto che le due specie hanno simili esigenze ecologiche pur essendo tra loro estremamente diverse: Pinus cembra ha un portamento tipicamente arboreo, mentre Pinus mugo si sviluppa in forme pressoché arbustive. Gli arbusteti altimontani. Questi ecosistemi sono caratterizzati dalla continua alternanza fra il bosco e il pascolo. Rappresentano un prezioso “ecosistema di passaggio” tra le formazioni arboree del piano altimontano e quelle erbacee di culmine. Sono molto diffusi gli arbusteti di Alnus viridis che caratterizzano canaloni freschi anche a quote elevate (2.200 m s.l.m.). Insieme all’ontano si possono osservare in diversa misura Juniperus communis (sp. nana), Rhododendron ferrugineum, Vaccinium myrtillus, Vaccinium vitisidaea e Sorbus chamaemespilus. 72 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 73 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO LE TIPOLOGIE FORESTALI L’uniformità dei caratteri ambientali (geopedologici, morfologici, climatici) del territorio dell’alto Parco dell’Adamello, evidenziata nelle analisi introduttive al presente studio, unitamente al comune e intenso sfruttamento subito dai soprassuoli forestali, determinano la generale semplificazione tipologico-forestale di questi ultimi. In linea del tutto generale anche i caratteri fisionomico-strutturali dei soprassuoli risultano poco diversificati a causa della massiva diffusione dell’abete rosso con formazione di soprassuoli coetanei e monospecifici. Le peccete risultano particolarmente diffuse, anche in ambienti in cui le condizioni stazionali appartengono ad altre categorie (nel caso di alcuni soprassuoli dell’abete rosso si utilizza il termine di “formazioni in sovrapposizione”, proprio per significare questa naturale tendenza dell’abete rosso a colonizzare soprassuoli che potrebbero essere occupati da altre specie). Venuti meno gli effetti negativi dell’intenso sfruttamento antropico dei soprassuoli (carbonaie, tagli del periodo bellico, pascolamento in bosco, ecc.), la situazione, particolarmente accentuata sulle superfici assestate di proprieta pubblica, stà lentamente evolvendosi verso condizioni di maggiore naturalità con diversificazione tipologica e articolazione fisionomico-strutturale dei soprassuoli come ben evidenziato dall’ampia varietà di tipologie forestali segnalate, ancorché su superfici cartograficamente irrilevanti. SUPERFICIE TIPOLOGIA FORESTALE Aceri-frassineto tipico Aceri-frassineto con ontano bianco Aceri-tiglieto TOTALE SUPERFICIE % ASSESTATA SUPERFICIE % NON ASSESTATA % Ap-Fr-t 63.12.71 ha 1,1% 1.38.86 ha 0,0% 61.73.85 ha 9,2% Ap-Fr-Ai 42.13.96 ha 0,8% 2.52.02 ha 0,1% 39.61.94 ha 5,9% n.c. A-T n.c. n.c. n.c. n.c. n.c. Betuleto secondario B-s Betuleto primitivo B-p 8.06.01 ha 0,1% 8.06.01 ha 0,2% .. ha Corileto Ca 48.61.61 ha 0,9% 14.51.95 ha 0,3% 34.09.66 ha 5,1% Pm-mc-s 44.74.79 ha 0,8% 44.74.79 ha 0,9% .. ha 0,0% 1044.37.82 ha 21,5% 151.29.37 ha 22,5% Mugheta microterma dei substrati silicatici Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli xerici P-s-mnt-x Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici P-s-mnt-m Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli xerici P-s-ams-x Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici P-s-ams-m n.c. n.c. 1195.67.19 ha 21,6% 161.06.20 ha 2,9% 1545.56.66 ha 28,0% 117.37.22 ha 0,0% n.c. 2,4% 43.68.98 ha 6,5% 1444.67.00 ha 29,8% 100.89.66 ha 15,0% Pecceta azonale su alluvioni P-al 68.24.81 ha 1,2% 32.66.57 ha 0,7% 35.58.24 ha 5,3% Peccete secondaria montana P-sc 410.02.98 ha 7,4% 332.24.40 ha 6,8% 77.78.58 ha 11,6% Peccete di sostituzione P-st Lariceto primitivo L-p 49.61.56 ha 0,9% 49.61.56 ha 1,0% .. ha Lariceto tipico L-t 340.06.26 ha 6,2% 329.82.88 ha 6,8% 10.23.38 ha 1,5% L-t-m 2.18.91 ha 0,0% 1.04.05 ha 0,0% 1.14.86 ha 0,2% Lariceto tipico variante montana n.c. n.c. n.c. 0,0% L-P 48.05.05 ha 0,9% 38.72.61 ha 0,8% 9.32.43 ha 1,4% Larici cembreto primitivo L-Pc-p 45.40.26 ha 0,8% 44.94.33 ha 0,9% .45.93 ha 0,1% Larici cembreto tipico L-Pc-t 0,9% 26.02.08 ha 0,5% 22.04.92 ha 3,3% 1317.95.92 ha 27,2% 84.53.32 ha 12,6% Lariceto in successione con Pecceta Alnete di ontano bianco Al-i Alnete di ontano verde Al-v n.c. 48.07.00 ha n.c. 1402.49.25 ha 25,4% n.c. Saliceto di ripa Sx-r n.c. n.c. n.c. Saliceto di greto Sx-g n.c. n.c. n.c. Saliceto a Salix cinerea n.c. n.c. n.c. Saliceto a Salix caprea n.c. n.c. n.c. Pp-t n.c. n.c. n.c. Formazioni di sorbo degli uccellatori Sb n.c. n.c. n.c. Impianti artificiali di conifere Art n.c. n.c. Formazioni di pioppo tremulo TOTALE SUPERFICIE FORESTALE 5523.15.20 ha 100% 4850.70.07 ha “I tipi forestali della Lombardia” a cura di R. Del Favero, CIERRE EDIZIONI, 2002 74 n.c. 100% 672.45.12 ha 100% PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 900.00.00 ha AF AF con OB 800.00.00 ha ALN OB ALN OV 700.00.00 ha BE 600.00.00 ha CORILET O L in SUCC con P 500.00.00 ha L PRIM LCP e CR 400.00.00 ha LT 300.00.00 ha LT M MMSS 200.00.00 ha P second M PA SU ALL 100.00.00 ha PAMeSUBSS SM PAMeSUBSS SX .. ha INCUDINE VEZZA D'OGLIO VIONE TEMU' PONTE DI LEGNO PMSS SM Distribuzione per Comune delle tipologie forestali cartografabili Le tipologie forestali dei boschi non assestati Per quanto attiene invece le tipologie forestali classificate per l’intero territorio del Parco si rimanda a quanto riportato nelle specifiche schede dei “Modelli di gestione delle tipologie forestali” riportate all’ultimo capitolo. I CUSTODI Già da qualche anno il parco ha attivato un consistente programma di catalogazione e segnalazione di alberi e soprassuoli le cui caratteristiche siano ritenute “monumentali”. L’identificazione di questi “monumenti” trascende gli aspetti esclusivamente morfologici (alberi di dimensioni maggiori) comprendendo altresì valutazioni di carattere storico-culturale e paesaggistiche. Ad esempio nei territori dell’ALTO PARCO oltre a singoli alberi di particolare pregio morfologico, sono stati classificati tra i custodi del parco i soprassuoli del comprensorio di Valbione interessati dai trinceramenti della prima guerra mondiale (il “Bosco degli Alpini”) e i soprassuoli altimontani di grande valore paesaggistico di Santa Giulia. La gestione selvicolturale dei soprassuoli dell’ALTO PARCO dovrà essere orientata alla valorizzazione dei custodi e mirare ad accrescerne la presenza. 75 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO DEFINIZIONE DELL’ATTITUDINE POTENZIALE E DELLA FUNZIONE DEI COMPRENSORI BOSCATI La definizione della funzione prevalente dei complessi boscati è stata condotta con il metodo dell’analisi multicriteriale facendo particolare riferimento alla specificità dell’area parco e quindi alle funzioni istituzionalmente derivanti quali protezione e conservazione della flora e della fauna, fruizione turistico-ricreativa, conservazione del paesaggio, valorizzazione delle risorse. In aggiunta a tali funzioni sono state considerata le necessità di compensazione degli impatti derivanti dalle infrastrutture per lo sci recentemente realizzate. Nella fase di zonizzazione funzionale del territorio, l’analisi multicriteriale ha trovato applicazione nell’identificazione e valutazione delle alternative di pianificazione, permettendo di assegnare ad ogni porzione “omogenea” di territorio la funzione ritenuta maggiormente rispondente agli obbiettivi gestionali. La definizione della destinazione funzionale del territorio rappresenta una delle fasi di contenuto strategico più importante nella definizione del piano, per tale ragione è opportuno che il processo decisionale sia partecipato. Il metodo dell’analisi multicriteriale adottato ha permesso di razionalizzare e semplificare questo processo, consentendo all’Ente Parco di svolgere consapevolmente il ruolo di decisore finale nelle scelte di indirizzo strategico del piano. Il metodo ha permesso di definire per ciascuna tessera di territorio, rappresentata da una cella, da un particella forestale o da una qualsiasi superficie relativamente omogenea, la scelta migliore tra le diverse alternative decisionali, rappresentate dalle diverse funzioni che il bosco potrebbe essere destinato a svolgere in un determinato contesto storico e territoriale. Obiettivo della decisione Scelta della destinazione funzionale (di un’unita di territorio omogenea per caratteristiche stazionali e tipologico forestali) Come primo passo per conseguire l’obiettivo preposto sono stati presi in esame diversi fattori e attributi, sinteticamente riconducibili a due aspetti fondamentali: • “attitudine del sito”, determinato dalle caratteristiche fisiche, topografiche, economiche, del contesto geotopografico e vincolistico del territorio; 76 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO • “vocazione del tipo forestale”, rappresentato dalla realtà biologica ed in particolare dalla formazione forestale che occupa quella determinata tessera di territorio. Entrambi questi due aspetti, con tutti gli attributi che li caratterizzano, sono generalmente presi in esame nel processo di zonizzazione funzionale. Chi effettua questa operazione valuta sinteticamente di volta in volta quali elementi considerare dei due criteri e quali aspetti valutare, sulla base di considerazioni di ordine, economico, estetico, ambientale, funzionale, ecc.. È importante tuttavia, porre l’attenzione al fatto che nel fare tali valutazioni dare maggiore peso al criterio “attitudine del sito” rispetto al criterio “vocazione del tipo forestale” significa accentuare o meno la valenza strategica del piano. Come risulterà più evidente nelle fasi successive del processo di redazione del piano, dare un peso più grande alle attitudini del sito, può presupporre implicitamente un maggiore intento modificatore della realtà, prefigurando un assetto forestale più rispondente alle funzioni individuate. Alternativamente privilegiare l’aspetto relativo alle vocazioni dei tipi forestali può prefigurare, invece, una scelta più conservatrice, più vicina allo status attuale delle cose, che può risultare, in alcuni casi, addirittura priva di contenuto pianificatorio. Criteri con cui valutare le alternative Attitudine del sito sulla base delle caratteristiche stazionali, del contesto geotopografico-ambientale e dei vincoli Vocazione, intesa come la potenzialità di un tipo forestale a svolgere una particolare funzione I pesi rappresentano, quindi, il meccanismo attraverso il quale il decisore, assegnando un’importanza relativa ai criteri, definisce il livello di incisività dell’azione gestionale. ATTITUDINI POTENZIALI DEL SITO Considerata la particolarità del territorio in esame, determinata dalla presenza del Parco, delle Riserve Naturali e dei Siti Natura 2000, del demanio sciabile, dei siti di valore storico-culturale, ecc., le attitudini considerate sono state le seguenti: - attitudine produttiva - attitudine didattico-fruitiva e storico-culturale - attitudine protettiva - attitudine paesaggistica - attitudine naturalistica - attitudine tampone 77 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Ad ogni tessera omogenea di territorio è stato attribuito un valore per ogni attitudine; quando l’attitudine è pienamente espressa il valore è uguale a 1, quando espressa in forma meno rilevante un valore inferiore a 1 e quando assente 0. Il risultato è stata una prima suddivisione del territorio in tessere omogenee rispondenti ad una o più funzioni. Nel software GIS è contenuta una tabella nella quale per ogni tessera è riportato il valore di ciascuna attitudine: ID Tessera 1 2 3 n Produttiva 1 1 1 0 Tampone 1 0 1 0 Funzione Paesaggistica Naturalistica 0 0 1 1 0,8 0 1 1 Didattico-Fruitiva 0 1 0 0 Protettiva 0,33 1 0 0,8 ATTITUDINE PRODUTTIVA Per attitudine produttiva si intende la capacità del bosco di fornire legname e altri prodotti non legnosi. Tale capacità è congenita per ogni soprassuolo forestale ma si fa rilevante solo dove le caratteristiche climatiche, topografiche, dendrometriche e l’assenza di rischi idrogeologici, rendono gli interventi a basso profilo tecnico e creano opportunità di prelievo regolare e conveniente (macchiatico positivo). Tale attitudine riveste un importanza primaria per la valorizzazione dell’economia montana oltre che essere un elemento strategico per la gestione forestale comunque orientata. Nell’area in esame l’attitudine produttiva è rilevante per tutti i boschi, ad esclusione di corileti e betuleti, che poco si prestano alle normali utilizzazioni forestali, posti nella parte basale dei versanti, fino ad una quota variabile compresa tra i 1400 e i 1900 m s.l.m.. Il limite di quota è definito principalmente dal sopraggiungere di una maggiore asperità topografica che riduce le potenzialità produttive a favore di altre attitudini. In particolare le pendici sovrastanti l’abitato di Incudine si coprono di boschi a buona attitudine produttiva, e così sino ad incontrare i lariceti d’alta quota che sfiorano le pendici acclivi della Cresta di S. Vito e del Monte Plazza. A tali quote le formazioni di larice sono rade, spesso composte da individui vecchi ma di dimensioni ridotte (e qualità del legname mediocre). Scarsa e lenta è poi la capacità di rinnovazione venendo quindi a mancare le prerogative per lo sfruttamento dei soprassuoli per la produzione di legname. Sempre a quote elevate sulle pendici delle altre formazioni montuose verso Ponte di Legno, troviamo altre formazioni particolari quali larici-cembreti, mughete e alnete di ontano verde, che per natura non si prestano alla produzione, se non per le occasionali, ma controllate, asportazioni di buoni individui di larice e cembro. In Val Paghera e Val di Vallaro l’attitudine produttiva ha un limite evidente e quasi netto nei versanti più interni segnati da un forte aumento della pendenza e dalla scarsa consistenza dei soprassuoli ivi posti. 78 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Allo stesso modo in Val d’Avio e Val Bione peccete e lariceti progrediscono sui pendii sino a ricoprire suoli a forte pendenza in corrispondenza delle creste del Monte di Mezzodì, del Monte Càsola e del Corno d’Aola. In Val Sozzine i pendii si rendono inadatti su quasi tutto il versante sinistro già a quote attorno ai 1500 m s.l.m., al contrario, salendo verso il Tonale, dove le pendenze si addolciscono, le peccete e i lariceti trovano poca complicazione nelle utilizzazioni forestali elevando il limite dell’attitudine produttiva, anche a quote di 1800 – 1900 m s.l.m.. Per l’assegnazione dell’attitudine ci si è basati sul particellare dei Piani d’Assestamento Forestale dei cinque comuni, considerando le classi funzionali produttive, ad esse sono state aggiunte le superfici boscate delle comprese turisticoricreative definite dai P.A.F., qualora rispondenti alle caratteristiche dell’attitudine e i soprassuoli privati in stazioni con caratteristiche atte alle utilizzazioni. L’area complessivamente coperta dall’attitudine produttiva è di 3.057,42 ha. 79 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO ATTITUDINE DIDATTICO-FRUITIVA E STORICO-CULTURALE L’attitudine didattico-fruitiva e storico-culturale si riscontra nel caso di soprassuoli sottoposti a frequentazione intensive determinate dalla presenza di infrastrutture, manufatti ed edifici per lo svago, la ricreazione, lo sport o di storici, artistici, culturali. Le prerogative che maggiormente caratterizzano i boschi soggetti a tale attitudine sono: • la posizione strategica (vicinanza ai centri turistici, ai luoghi sacri o a tutte le mete ricreative o sportive esistenti); • la struttura adatta all’attrazione e fruizione antropica (alberi adulti e grandi, accessibilità e ricchezza di composizione). Negli ultimi decenni l’aumento demografico e la maggiore mobilità determinata dalle possibilità di trasporto moderne, unitamente al benessere diffuso e alle necessità di svago in luoghi aperti hanno determinato la crescente richiesta di spazi adatti ed attrezzati per la ricreazione. Anche per le foreste si rende indispensabile una gestione finalizzata di alcuni soprassuoli a questi usi, particolarmente in un territorio, come quello dell’alto Parco dell’Adamello, caratterizzato da intense frequentazioni turistiche. Le frequentazioni possono differire per intensità e qualità. Si passa da fruizioni intensive (aree attrezzate, vicinanza ai campeggi o alle stazioni di risalita degli impianti da sci), a fruizioni meno costanti come per boschi posti in vicinanza di infrastrutture culturali (storiche, artistiche, religiose, ecc.) fino a fruizioni di tipo didattico per le attività formative. Nell’area d’indagine tali attitudini si riscontrano in aree a bosco limitrofe alle località di soggiorno, il maggior afflusso turistico è imperniato nei centri sciistici di Ponte di Legno e Tonale, dove la frequenza dei visitatori si fa intensa soprattutto nei pressi delle aree attrezzate e delle stazioni di risalita. Frequentazioni leggermente meno intensive si riscontrano nei Comuni vicini riducendosi progressivamente verso il Comune di Incudine. Nei Comuni di Temù e Vezza d’Oglio questa è legata ancora molto agli sport invernali ed è in aumento grazie alla creazione dei nuovi impianti. In questi Comuni si rileva anche il maggior afflusso di tipo escursionistico, principalmente legato alle due maggiori valli laterali (Val d’Avio e Val Paghera) che offrono molti siti attrezzati per pic-nic, percorsi e sentieri d’accesso alle montagne sovrastanti. Una buona attitudine didattico-fruitiva è stata assegnata anche alle aree prossime ai percorsi e alle aree attrezzate posizionate lungo il confine Nord del Parco, in prossimità della strada principale che collega gli abitati di Vezza d’Oglio e Incudine. 80 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO L’attitudine è stata inoltre assegnata ad aree poste in prossimità delle aree attrezzate esistenti, in modo da iniziare a gestirle in funzione di eventuali necessità future di sostituzioni o manutenzioni prolungate delle aree attrezzate 8 esistenti . Di richiamo storico-culturale, ma con frequentazioni meno intensive, sono stati considerati i luoghi religiosi, con le chiese campestri di S. Giulia e S. Vito, e i siti di interesse storico costituiti dai manufatti della Grande Guerra, presenti in località Casola, presso la chiesetta del Corno d’Aola sopra Valbione, sulla piana dei Morei in Val Paghera e nei pressi del Castellaccio al Passo del Tonale. Per l’assegnazione dell’attitudine fruitiva rivolta alle zone di frequentazione intensiva, sono stati individuati i boschi limitrofi delle stazioni di risalita o delle aree designate dal PTC (Buffer di 150 m). Allo stesso modo sono stati assegnati a tale attitudine i soprassuoli prospicienti i parcheggi e le aree attrezzate per picnic, distribuite sul territorio soprattutto sui margini inferiori del bosco e all’imbocco delle valli principali. 8 Il continuo calpestio del sottobosco in aree circoscritte causa problemi sia a livello di rinnovazione (i semenzali e le giovani piantine sono spesso calpestate), sia a livello edifico causando costipamento del terreno a sfavore della normale attività radicale da parte delle piante adulte esistenti, portando anche a casi di senescenza precoce. 81 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Per quanto riguarda gli ambiti sottoposti ad una frequentazione più dinamica si è ritenuto opportuno assegnare a tale attitudine i boschi direttamente prospicienti i percorsi a maggiore frequentazione (sentieri CAI) per una ristretta fascia di 25m. Ugualmente l’attitudine didattico-fruitiva e storico-culturale è stata assegnata ai soprassuoli che accompagnano la viabilità forestale (VASP) ed i percorsi della grande guerra, principalmente in Val Paghera, Val d’Avio e Valbione. Da ultimo l’attitudine didattico-fruitiva e storico-culturale è stata attribuita ai boschi presenti nell’intorno di manufatti della Grande Guerra, per un raggio variabile da 50 a 150 m. La superficie forestale assegnata a tale attitudine è di 931,6 ha. ATTITUDINE PROTETTIVA Si tratta di una delle principali funzioni congenite a tutte le formazioni forestali. Nel senso più ampio del termine l’attitudine protettiva del bosco si riferisce sia alla capacità indiretta di protezione idrogeologica, contribuendo alla regimazione delle acque e alla difesa dall’erosione, sia alla capacità diretta dei boschi di proteggere attività umane, infrastrutture e altri soprassuoli da pericoli naturali (valanghe, frane, caduta massi, ecc.). Mentre il compito di autoprotezione degli habitat viene meglio espresso dall’attitudine naturalistica, più propriamente designata alla salvaguardia degli ecosistemi sia nell’aspetto faunistico che floristico, l’accezione più usata per attitudine protettiva è quella che svolgono i boschi nei confronti: • della stabilità dei versanti, per l’effetto consolidante degli apparati radicali; • dell’erosione del suolo, causata dagli eventi meteorici, attraverso la regimazione delle acque; • degli abitati e delle opere in genere dai fenomeni valanghivi e dalle frane. La natura del soprassuolo può aumentare o diminuire le capacità protettive a seconda del governo, della struttura e delle caratteristiche dendrologiche. Così ad esempio un bosco altofusto maturo ha maggior capacita di ritenuta di fenomeni valanghivi e franosi di un ceduo o di un arbusteto ed una maggiore ritenzione a livello del suolo delle piogge meteoriche. Tutte le formazioni sia arbustive che d’altofusto, poste in zone di dissesto idrogeologico, zone di potenziale esondazione e in aree soggette a fenomeni valanghivi, così come segnate dalla carta delle valanghe e dall’inventario dei dissesti della R.L., sono chiamate a svolgere funzione di protezione. Lo sono inoltre tutti i boschi ripariali che accompagnano il reticolo idrografico delle incisioni vallive primarie e secondarie. Nel complesso l’area più soggetta ad eventi di dissesto e valanghe è posta a Sud – Est dell’area di studio, dove si fanno più aspre le pendici granitiche delle prime creste che portano ai rilievi principali. Qui aree di crollo e valanghe sulle pareti di roccia e nei canaloni sono tuttora attive e rendono opportuno il costituirsi ed il mantenimento dei soprassuoli che si contrappongono a tali eventi. Trattasi quasi unicamente di consorzi rupicoli cespugliati, con abbondanza di ontano verde, solo più raramente troviamo mughete, lariceti e larici-cembreti. 82 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Sul resto dell’area, sui versanti delle valli e sui rilievi meno acclivi di quelli rocciosi, insistono fenomeni di dissesto antichi più o meno stabili, si tratta di conoidi sia quiescenti che attivi, di nicchie di frane relitte e accumuli di frane e colate detritiche quiescenti o attive, sui quali i soprassuoli sono chiamati ad apportare una maggiore stabilità. Le superfici boscate ricadenti in aree di dissesto sono state desunte dall’inventario delle frane e dei dissesti idrogeologici della Regione Lombardia e dall’integrazione dei rilievi per la L. 267/98 evidenziando i possibili fenomeni d’esondazione. I fenomeni sono distinti nei vari tipi di dissesto (frane, conoidi, ecc.), e in diversi livelli di gravità descritta dall’inventario (pericoloso, attivo, riattivato, quiescente). La superficie forestale a cui è stato attribuito un attitudine protettiva nei confronti dei dissesti è risultata di 2.668,7 ha. I fenomeni valanghivi sono stati desunti dal SIRVAL (Sistema Informativo Regionale Valanghe) della Regione Lombardia. L’attitudine protettiva nei confronti delle valanghe ha interessato complessivamente 2.904 ha. Per la funzione di protezione delle superfici forestali poste a ridosso delle aste torrentizie, si sono considerate fasce di 25m prospicienti il reticolo idrografico come desunto dalla cartografia vettoriale della Provincia, con l’integrazione di alcune incisioni vallive minori note per i problemi legati al deflusso nei periodi piovosi. La superficie boschiva interessata ricopre 721 ha. 83 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO ATTITUDINE PAESAGGISTICA Il paesaggio è l’aspetto visibile di un territorio ed è dato dall’interazione tra le forme naturali e quelle antropiche. La percezione del paesaggio che ha un singolo osservatore è il risultato dato dall’unione della sensazione soggettiva, dei caratteri del territorio e dal senso di identità riconosciuto ad un determinato ambiente dall’intera collettività. Proprio per quest’ultimo aspetto, le foreste sono per la nostra sociètà la colonna portante per l’intero paesaggio montano. Per attitudine paesaggistica si intende la capacità di un soprassuolo o di porzione di esso di contribuire alla 9 costituzione del paesaggio, modificando l’aspetto di un territorio in diversi modi: • direttamente, attraverso la varietà di forme del manto forestale, l’avvicendamento tra presenza e assenza della copertura boschiva e l’alternanza di cromatismi data dalla compartecipazione di diverse specie o dal ciclo stagionale; • indirettamente creando canali visivi che valorizzino alcuni aspetti pregevoli del paesaggio, o creando barriere occultanti aspetti meno graditi. Naturalmente concorrono alla definizione di paesaggio anche diversi elementi quali il profilo orografico, gli specchi d’acqua e le stesse infrastrutture. L’attitudine paesaggistica è di sicura importanza soprattutto se inserita nel contesto di un Parco chiamato a svolgere compiti di tutela nei confronti dei beni ambientali nei loro molteplici aspetti. La funzione quindi di costituzione e salvaguardia del paesaggio si fa rilevante per tutti gli ambiti boscati, ma in modo particolare per i Tipi Forestali che presentano caratteri cromatici rilevanti o alternanza di forme particolari, ancor più espresse dalle formazioni più rare e quindi maggiormente in grado di influenzare l’aspetto di un territorio. L’attitudine è poi attribuita ai boschi di margine, soprattutto a ridosso delle aree più antropizzate, nel sicuro ruolo di contrasto visivo che propongono allo sguardo del panorama percepito dai nuclei abitati, ma anche dalle strade principali percorrenti le valli laterali. Tali boschi costituiscono non solo una prima presentazione a livello visivo di tutto il manto boscato retrostante ma inducono indirettamente alla creazione di coni visivi stabili esaltando aree panoramiche o incanalando l’attenzione su aspetti dell’ambiente circostante di grande pregio (i ghiacci o le creste di fondo valle, ecc.). Allo stesso modo l’alternanza delle forme ottenute dai margini boscati direttamente a ridosso dei prati di mezza costa o dei pascoli di quota è stata ritenuta di alto valore paesaggistico, così da apporre tale attitudine a tutti i soprassuoli direttamente coinvolti nel delimitare tali aperture e nel condizionarne la chiusura o il mantenimento. 9 Dal punto di vista di un singolo osservatore è la capacità del bosco di fungere da elemento caratterizzante di un panorama, inteso questo come visione fisicamente ridotta rispetto al paesaggio. 84 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Infine, per l’alto impatto paesistico causato dalla creazione delle nuove piste da sci e relativi impianti di risalita, tra Temù e Ponte di Legno, si è ritenuto opportuno attribuire un rilevante valore paesaggistico di contrasto ai soprassuoli compresi tra le opere stesse. Le formazioni forestali considerate ad alto valore paesaggistico sono le alnete di ontano bianco, gli aceri-frassineti, le mughete, i lariceti e i larici-cembreti. Per i boschi di margine, delimitanti i prati e i pascoli, e per quelli a ridosso della viabilità principale e secondaria, l’attitudine paesaggistica è stata attribuita a fasce soprassuolo dell’ampiezza di 25-50m. La superficie forestale totale interessata da tale attitudine risulta essere di 1.230,3 ha. ATTITUDINE NATURALISTICA L’attitudine naturalistica rappresenta la capacità congenita ai popolamenti forestali di costituire ecosistemi articolati e complessi, con un alto grado di biodiversità, e che spesso si distinguono per la presenza di particolari pregi floristici o faunistici. L’attitudine si esplica con la capacità di protezione degli habitat naturali e del grado di ricchezza biologica. 85 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO L’attitudine è stata assegnata ai boschi con preminente ruolo di protezione degli habitat e a quelli che, per complessità strutturale e compositiva, presentano caratteri di naturalità elevata. Queste formazioni si trovano poste nelle aree meno accessibili e più interne del Parco, dove gli effetti della pressione antropica passata risultano meno evidenti. In particolare l’attitudine è stata attribuita: • alle cenosi forestali ricadenti negli ambiti delle zone umide, come evidenziate dall’articolo 37 del PTC del Parco. Queste risultano localizzate: sul versante Sud del Monte Plazza in località Plazza, tra le quote 1600 e 1700m s.l.m., nei pressi di Valbione, in corrispondenza dei tratti piani prospicienti il dosso Prepazzone, e sulle prime pendici del versante Sud del Passo del Tonale in aree anche di estesa superficie. • alle superfici forestali ricadenti in zone di Riserva Naturale Parziale evidenziate dall’art. 28 del PTC e localizzate: sul versante destro della parte finale della Val Paghera, passando per il Pian dei Morei e coprendo le pendici ed il fondovalle della Valle di Vallaro, per i boschi e gli arbusteti ricadenti nella riserva dell’Adamello siti al culmine della Val d’Avio, Val Seria e Valle Narcanello. • al sito forestale evidenziato come monumento naturale (art. 20 PTC), in Val Seria. 86 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO • ai soprassuoli ricadenti nei SIC dei Versanti dell’Avio (cod. IT2070009), del Monte Piccolo - Monte Colmo (cod. IT2070002) e delle Torbiere del Tonale (cod. IT2070001) • ai soprassuoli forestali posti in aree subalpine (quota maggiore di 1700m s.l.m.). L’attitudine interessa superfici forestali per complessivi 2.505,9 ha. ATTITUDINE TAMPONE Le particolari trasformazioni subite dal territorio oggetto del PIF, in seguito alla realizzazione dell’ampliamento del demanio sciabile di Ponte di Legno e Temù, hanno reso opportuno considerare la particolare funzione a cui le formazioni forestali, poste in prossimità dei nuovi impianti, devono adempiere. In particolare l’apertura dei tracciati dei nuovi impianti ha comportato la creazione di estesi margini artificiali in soprassuoli con copertura colma e continua. A causa dell’intensa frequentazione delle infrastrutture per lo sci questi soprassuoli di margine risultano d’importanza strategica per la percezione visiva ed emozionale del paesaggio da parte dei fruitori e quindi di primaria importanza per la costituzione del valore paesaggistico collettivo dell’intero comprensorio. Oltre a determinare l’instabilità meccanica dei soprassuoli, i nuovi margini costituiscono un’interruzione artificiale degli ecosistemi naturali, causa di alterazioni microclimatiche ed esposizione degli ecosistemi a perturbazioni esterne, prima fra tutte quella determinata dal disturbo antropico. L’attitudine tampone è definita principalmente dalla localizzazione dei soprassuoli in prossimità delle infrastrutture ad elevata frequentazione. Per essa risulta fondamentale il ruolo complesso che le formazioni forestali devono svolgere, nel quale si fondono aspetti particolari di più funzioni, comprendenti quella protettiva, quella paesaggistica e quella naturalistica. La funzione protettiva deve intendersi rivolta alla costituzione di soprassuoli in grado di resistere all’isolamento laterale e rendere i margini stabili e sicuri per l'esercizio delle attività antropiche e nei confronti delle strutture stesse. Relativamente alla funzione paesaggistica questi soprassuoli partecipano direttamente alla formazione del paesaggio, condizionandone sensibilmente la qualità a causa della loro elevata visibilità, dell’azione di mascheramento delle infrastrutture e del ruolo primario nella costituzione od occlusione dei coni visuali. La funzione naturalistica è data dall’importanza ecologica dei margini che costituiscono ecosistemi cuscinetto tra ambienti diversi con funzione di reciproca protezione. Nel caso specifico risulta importante il ruolo di protezione degli ecosistemi forestali dalle alterazione e destabilizzazioni causate con la creazione dei nuovi margini, che creano fenomeni di instabilità strutturale e di alterazione del microclima forestale. Se opportunamente rinaturalizzati, con formazione del mantello ecotonale, i margini costruiranno importanti componenti di diversificazione ecosistemica e complessità biologica. 87 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO L’attitudine tampone è stata attribuita alle fasce di bosco, con ampiezza di 50m, prospicienti le infrastrutture sciistiche e la viabilità principale. La superficie boscata interessata da tale attitudine è di 249,3 ha 88 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO VOCAZIONE DEI TIPI FORESTALI La relazione tra l’attitudine e la formazione forestale che la esplica è stata chiamata “vocazione del tipo forestale”. La vocazione del tipo forestale esprime la capacità di una formazione di assolvere alle diverse attitudini funzionali esposte nel capitolo precedente: attitudine produttiva, didattico-fruitiva e storico-culturale, protettiva, paesaggistica, naturalistica, tampone. 10 La vocazione è stata espressa in valori (pesi) assegnati secondo la letteratura esistente e l’esperienza acquisita sulla gestione di questi soprassuoli dal personale del Parco. 10 Didattico-Fruitiva Tampone Protettiva Produttiva Aceri-frassineto tipico Aceri-frassineto con ontano bianco Alnete di ontano bianco Alnete di ontano verde Betuleto primitivo Corileto Lariceto in successione con Pecceta Lariceto primitivo Larici cembreto tipico Lariceto tipico Lariceto tipico variante montana Mugheta microterma dei substrati silicatici Peccete secondaria montana Pecceta azonale su alluvioni Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici di suoli mesici Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici di suoli xerici Pecceta montana dei substrati silicatici di suoli Paesaggistica Tipo Forestale Naturalistica La seguente tabella riporta i valori vocazionali assegnati ai tipi forestali cartografati. 0,7 0,8 1,0 0,8 1,0 0,6 0,8 1,0 1,0 0,8 0,7 1,0 0,1 1,0 0,8 1,0 1,0 0,7 1,0 0,5 0,6 1,0 1,0 0,8 0,6 1,0 0,2 1,0 0,7 0,8 0,9 0,2 1,0 0,5 0,6 0,2 0,5 1,0 0,8 0,1 0,5 1,0 0,8 1,0 0,9 0,8 0,6 0,6 0,5 0,4 0,4 0,6 0,6 0,2 0,4 0,6 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 0,5 0,7 1,0 1,0 0,8 0,7 1,0 0,2 1,0 0,7 0,6 0,4 0,2 0,1 0,4 0,6 0,2 0,1 0,7 0,8 0,0 0,8 0,3 0,8 0,9 0,8 0,8 0,8 0,8 0,9 0,9 0,8 0,8 0,9 0,7 0,5 0,7 0,7 0,6 0,6 1,0 Del Favero R. e altri, 2000 - Biodiversità e indicatori nei tipi forestali del Veneto. - Regione Veneto, Direzione Regionale dell’Economia Montana e delle Foreste, Mestre-Venezia. 89 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO mesici LE FUNZIONI PREVALENTI Dopo aver definito, caratterizzato e pesato i due criteri, “attitudini del sito” e “vocazione del tipo forestale”, il metodo di analisi multicriteriale adottato ha previsto, con l’ausilio di software GIS, la suddivisione del territorio in celle omogenee e la definizione ad opera del decisore del peso da attribuire ai due possibili criteri di attribuzione della funzione prevalente (“attitudine del sito”, “vocazione del tipo forestale”). Ricordando che dare maggiore peso al primo criterio significa accentuare l'intento modificatore della realtà, prefigurando un assetto forestale più rispondente alle funzioni individuate, e che alternativamente privilegiare l’aspetto relativo alle vocazioni dei tipi forestali può prefigurare, una scelta conservatrice, più vicina allo status attuale delle cose, che può risultare, in alcuni casi, addirittura priva di contenuto pianifacatorio. La scelta, operata dai funzionari del Parco, è stata quella di optare per un intento maggiormente strategico attribuendo alle attitudini del sito un valore di 0,70 e alla vocazione forestale il restante 0,30. Nella valutazione dell’ordine d’importanza delle diverse funzioni dei comprensori boscati si è ricorsi al metodo dei confronti a coppie con il quale i pesi vengono assegnati ad ogni alternativa confrontandola con tutte le altre, costruendo, come rappresentato in figura, una matrice quadrata e simmetrica rispetto alla diagonale principale (matrice di Saaty). Anche in questo caso il coinvolgimento dai funzionari del Parco nel confronto tra le varie coppie di funzioni è stato determinante per stabilire gli orientamenti pianificatori dell’ente. IMPORTANZA RELATIVA DEL PARAMETRO PESO Funzione meno importante 1/9 1/7 1/5 uguale importanza 1/3 1 più importante 3 5 7 9 Protezione idrogeologica Naturalistica e di Produzione DidatticoTampone Paesaggistica e di conservazione legnosa Fruitiva conservazione della biodiversità del suolo Produzione legnosa 1 1/4 1/3 1/3 1/2 1/5 Tampone 4 1 3 3 3 1 Protezione idrogeologica e di conservazione del suolo 3 1/3 1 1/2 1/2 1/2 Paesaggistica 3 1/3 2 1 1/2 3 Didattico-Fruitiva 4 1 2 2 1 1/2 90 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Naturalistica e di conservazione della biodiversità 5 1 2 1/3 1 2 L’ordine d’importanza delle diverse funzioni è dato da un algoritmo che, sulla base dei valori riportati dalla matrice di Saaty, restituisce, in termini percentuali, il peso di ogni alternativa funzionale. Tale risultato è supportato da un processo statistico atto a mantenere una “coerenza” di immissione dei valori, 11 attraverso l’indice di consistenza . La teoria dei sistemi relazionali di preferenza dimostra, infatti, che le relazioni di preferenza e di indifferenza che conseguono da un insieme di confronti a coppie possono essere non transitive (ad es., a è preferito a b, b è preferito a c, ma a può essere non preferito a c). La fase finale di definizione della funzione prevalente prevede l’utilizzo di un secondo algoritmo specifico che, applicato per ogni cella omogenea di territorio, determina il valore della funzione considerata: Valore alternativa = Peso criterio x Peso alternativa x Attitudine sito + Peso criterio x Peso alternativa x Vocazione tipo Ad esempio: 0,70*0,05*1 + 0,30*0,05*1 = 0,05 Criterio decisionale Peso del criterio Attitudine del sito 0,70 Vocazione del tipo Peso di ogni forestale alternativa Valore della funzione funzionale 0,30 Produzione 1 1 0,05 0,050 Tampone Protezione idrogeologica e di conservazione del suolo 0 0,8 0,25 ........ 0,33 0,8 0,10 ….. Paesaggistica 1 0,6 0,19 ….. Didattico – Fruitiva Naturalistica e di conservazione della biodiversità 0 0,4 0,20 ….. 1 0,6 0,21 …… 11 L’indice di consistenza (CI, consistency index) permette di misurare la consistenza della matrice tramite lo scarto complessivo tra due insiemi di valori. Nel caso di consistenza perfetta CI è uguale a zero: quando la matrice è perfettamente consistente. Al crescere dell'inconsistenza il valore di CI aumenta. Il metodo AHP prevede che l'indice CI sia confrontato con l'indice RI (random index). Questo secondo indice si calcola effettuando la media dei valori di CI di numerose matrici reciproche dello stesso ordine, i cui coefficienti vengono generati in modo random (cioè casuale) da un computer. Quando il valore di CI della matrice compilata dall'esperto supera una soglia convenzionalmente posta uguale al 10% del valore di RI, la deviazione dalla condizione di consistenza perfetta viene giudicata inaccettabile. Secondo Saaty un valore di CI superiore a tale soglia indica una scarsa coerenza (forse anche una scarsa attenzione) dell'esperto che ha effettuato i confronti, piuttosto che una non transitività strutturale, e come tale accettabile, del suo sistema di preferenze. Quando il valore di CI supera la soglia, l'esperto deve sforzarsi di aumentare la coerenza dei suoi giudizi modificando, totalmente o in parte, le stime poste. 91 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La scelta della alternativa decisionale ricade sulla funzione che ottiene il risultato più grande definendo l’azzonamento funzionale del territorio riportato nella Carta delle Funzioni Prevalenti. 92 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Il metodo utilizzato sottolinea la multifunzionalità delle superfici forestali del Parco; la definizione della funzione prevalente costituisce pertanto l’indirizzo prioritario delle strategie gestionali e programmatorie del territorio che non devono in ogni caso esimersi dall’assolvimento delle altre funzioni. Sup. ha PA ESA GGISTICA 1800,00 1600,00 NA TURA LISTICA 1400,00 1200,00 PRODUTTIVA 1000,00 PROTETTIVA FRUITIV A 800,00 600,00 TA M PONE 400,00 200,00 0,00 TIPO ATTITUDINE PAESAGGISTICA NATURALISTICA PRODUTTIVA PROTETTIVA FRUITIVA TAMPONE SUP. ha 1740,55 1311,83 817,85 706,47 702,08 244,40 L’azzonamento del territorio prevede le seguenti destinazioni funzionali prevalenti: Produzione legnosa. Riservata pressoché esclusivamente al bosco montano di conifere (categoria forestale della Pecceta); tale funzione viene proposta nelle forme proprie della selvicoltura senza tuttavia prevederne l’applicazione intensiva se non per motivate necessità di riqualificazione forestale, fitosanitarie e/o idrogeologiche; gli obiettivi principali in capo alla funzione di produzione legnosa sono i seguenti: - massimizzazione del reddito compatibile con il funzionamento degli ecosistemi forestali e con le finalità istitutive del parco; - valorizzazione dell’offerta di legname locale; - potenziamento del sistema locale di impresa. Tampone. Questa funzione è attribuita alle superfici contigue alla Strada Statale n. 42, alle strade provinciali e di 12 interesse intercomunale, ed alle strutture sciistiche ; si identifica nella necessità di adottare forme puntuali e modulate di gestione dei soprassuoli contigui a tali strutture, in grado di consentire sia il mantenimento delle condizioni ordinarie di sicurezza delle strutture stesse, sia l’ottenimento di maggiori benefici in termini ambientali e paesaggistici; gli obiettivi principali in capo alla funzione prevalente tampone sono i seguenti: - creazione di margini naturaliformi, mantenimento e/o ricostituzione del mantello ecotonale; - valorizzare soprassuoli meccanicamente stabili e autosufficienti nel tempo; - favorire un migliore inserimento paesaggistico delle infrastrutture; 12 Analoga attribuzione potrebbe essere prevista per gli elettrodotti e viadotti di grande e media portata (maggiore di 30.000 volt), tuttavia si è ritenuto rimandare questa trattazione perché è in fase di definizione proprio in questo periodo, uno specifico protocollo d’intesa con TERNA, ENEL ed EDISON, per la definizione delle procedure di intervento forestale in tali ambiti per i quali, tra le altre cose, sussistono necessità tecniche particolari che limitano fortemente la scelta di alternative programmatorie. 93 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - in presenza di percorsi o punti panoramici la continuità dei soprassuoli potrà essere interrotta o mantenuta interrotta per consentire la percezione visiva del paesaggio. Protezione idrogeologica e di conservazione del suolo. In questa categoria sono ricompresi buona parte dei soprassuoli tradizionalmente classificati come “boschi di protezione” (ambiti altimontani e subalpini) oltre ai soprassuoli comunque localizzati in condizioni di elevato rischio idrogeologico (formazioni ripariali e vegetazione ripariale, canaloni da valanghe, ghiaioni e aree inastabili, ecc.); pur evidenziando che per tale funzione le linee di indirizzo proposte si identificano pressoché interamente nella “libera evoluzione naturale”, gli obiettivi principali che la contraddistinguono sono: - mantenere e/o migliorare l'azione di protezione esercitata dalle formazioni forestali (protezione idrogeologica, sanitaria, ecc.); - programmare interventi di monitoraggio delle condizioni di sicurezza della vegetazione (necessità di interventi di svaso di collettori attivi, bonifica di alberi instabili in condizioni di rischio idrogeologico); - favorire la riqualificazione forestale di ambiti degradati per diminuire il rischio di incendi boschivi. Paesaggistica. Comprende i soprassuoli che per tipologia forestale e/o particolare localizzazione topografica, assumono un’elevata rilevanza paesaggistica (lariceti montani e primitivi, larici-cembreti, betuleti, soprassuoli ad elevata affluenza turistica, ecc.); gli obiettivi principali in capo alla funzione prevalente paesaggistica sono i seguenti: - mantenimento di formazioni paesaggisticamente pregevoli e capaci di diversificare gli aspetti cromatici del paesaggio (lariceti tipici e aceri-frassineti); - contrastare la ricolonizzazione degli spazi aperti (prati di mezza costa, pascoli); - creazione e/o mantenimento dei “coni ottici” di percezione del paesaggio. Didattico – Fruitiva. In questa categoria sono stati inseriti soprassuoli particolarmente interessati da afflusso turistico e/o comunque esposti a flussi antropici molto elevati; comprendono anche i soprassuoli contigui ai manufatti della Grande Guerra ai luoghi di culto e spiritualità o scenario di particolari eventi o leggende; gli obiettivi principali in capo alla funzione prevalente didattico-fruitiva sono i seguenti: - valorizzare soprassuoli a significativo impatto emotivo (alberi stramaturi, interesse storico, migliore accessibilità, ecc.); - individuare aree alternative per la fruizione al fine di consentire la rinnovazione dei soprassuoli o il recupero dagli stress dovuti alla intensa frequentazione; - mantenere un elevato livello di stabilità dei soprassuoli ed elevate condizioni di sicurezza per i fruitori; - mantenere e/o migliorare la qualità estetico-paesaggistica dei soprassuoli; 94 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - in corrispondenza di luoghi di culto, spiritualità o scenario di particolari eventi o leggende, conservazione e/o ricostituzione delle particolari scenografie vegetali. Naturalistica e di conservazione della biodiversità. Tale funzione è stata attribuita alle aree a Parco Naturale (ZPS) e ai SIC, oltre a quelle superfici che per particolare configurazione tipologica e topografica suggeriscono regimi di protezione particolari; in questa categoria rientrano altresì le “tipologie forestali di margine” comunque non rilevate cartograficamente quali le Formazioni particolari, i Betuleti primitivi, la Pecceta a sfagni e tutte quelle tipologie per le quali comunque è stata proposta come indicazione gestionale la “libera evoluzione naturale”; gli obiettivi principali in capo alla funzione prevalente naturalistica e di conservazione della biodiversità sono i seguenti: - mantenimento e arricchimento della variabilità e complessità ecosistemica anche in contrasto con la naturale evoluzione dei soprassuoli; - migliorare i soprassuoli in ottiche di valorizzazione faunistica anche con interventi diretti al sostegno di particolari emergenze faunistico-naturalistiche (es. arene di canto del cedrone); - mantenere le formazioni che svolgono azione di protezione degli ecosistemi più delicati (es. mantenimento di una scarsa attrattività turistico-ricreativa delle aree circostanti quelle ad alta vulnerabilità ecologica). 95 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO MODELLO DI GESTIONE SELVICOLTURALE L’analisi pregressa delle autorizzazioni forestali evidenzia la necessità di garantire anche in futuro, una forma coordinata di gestione forestale proseguendo la linea già tracciata nel decennio precedente. I piani di indirizzo forestale possono prevedere forme dedicate di procedura autorizzativa rientranti nei regimi della dichiarazione di conformità (R.R. 5/2007 – art- 13/comma 4); si ritiene adeguato proporne l’applicazione anche nel caso del parco perché consentirebbe, oltre alla possibilità di mantenere l’impostazione consolidata, di rendere più elastica l’applicazione delle disposizioni di indirizzo previste da questo piano e, soprattutto, di favorire il maggior coinvolgimento da parte di professionisti e consorzi forestali. Procedure. Dovrà essere obiettivo di breve periodo la redazione di “protocolli d’intesa” e “disposizioni puntuali” che consentano di consolidare i rapporti operativi tra il parco, le proprietà, i consorzi forestali e le associazioni di categoria. Per quanto attiene invece gli aspetti esclusivamente procedurali, in riferimento a quanto già disposto dal 13 R.R. 5/2007 – art- 13/comma 4 , è previsto quanto segue: 1. Dichiarazione di conformità tecnica. Ogni richiesta di utilizzazione forestale ordinaria riguardante qualsiasi tipologia di bosco e di intervento, dovrà essere accompagnata da specifica Dichiarazione di Conformità Tecnica al presente Piano di Settore, redatta da un dottore forestale o agronomo; nella DCT, oltre ai dati tradizionalmente richiesti in sede di denuncia di taglio, dovrà essere esplicitato in maniera esaustiva il rispetto dei contenuti del modello di gestione forestale del parco; è facoltà del parco rilasciare specifico parere autorizzativo e/o richiedere integrazioni puntuali della DCT. La compilazione della DCT potrà essere anche richiesta direttamente al parco, il quale, a meno di giustificata indisponibilità organizzativa, provvederà in tal senso entro i 60 giorni successivi. 2. Relazioni e progetti di taglio. Le Relazioni di taglio e i Progetti di taglio sono comunque necessari nei casi e nelle modalità previste dal R.R. 5/2007. 3. Autorizzazione per tagli all’interno dei Siti Natura 2000 e nel Parco Naturale. I tagli eseguiti in conformità a quanto disposto dal R.R. 5/2007 e successive modifiche, nonché ai contenuti tecnici del MODELLO DI GESTIONE FORESTALE PER IL PARCO DELL’ADAMELLO, possono essere eseguiti previa Procedura Semplificata di Valutazione d’Incidenza così come prevista dalla Deliberazione del Consiglio Direttivo della Comunità Montana di Valle Camonica n. 263 del 28 novembre 2007. Le norme forestali del Parco dell’Adamello e i Modelli di funzionamento delle Tipologie forestali. Per ogni tipologia forestale presente nel parco, indipendentemente dalla preventiva localizzazione cartografica, viene individuato uno specifico modello di gestione che, prendendo le mosse dai recenti studi tipologici validi per la Regione Lombardia, a loro volta integrati con valutazioni specifiche di Funzione prevalente così come individuata dal presente studio, 13 (…)Il piano di indirizzo forestale può, con riferimento all’intero territorio ad esso assoggettato: - rendere non necessaria la presentazione della dichiarazione di conformità tecnica; - prevedere la dichiarazione di conformità tecnica anche nel caso di comunità montane e parchi; - modificare la soglia oltre la quale vale l’obbligo della presentazione della dichiarazione di conformità tecnica. - 96 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO individua le linee di indirizzo forestale da adottarsi nell’intero territorio forestale del parco (Modelli gestionali delle tipologie forestali – SCHEDE) . Ambito di applicazione delle procedure e dei modelli di funzionamento. Il Modello di gestione forestale per il Parco dell’Adamello, validato in sede di redazione del PIF ALTO PARCO, è da intendersi valido ed applicato all’intero territorio del Parco dell’Adamello. Direttive gestionali di indirizzo del Parco dell’Adamello. La gestione forestale del parco viene attuata secondo le seguenti direttive di indirizzo: - Indirizzi tecnici: - Il governo a fustaia. Il parco promuove la forma di governo a fustaia e nel contempo la conversione a fustaia dei cedui non attivamente gestiti. - Il governo a ceduo. Il parco promuove la gestione a bosco ceduo solo nei casi in cui siano garantiti i dettami tecnici propri di tale forma di governo (cure colturali). - Biodiversità. Il parco promuove la valorizzazione di soprassuoli tra loro diversificati e caratterizzati da maggiori livelli di complessità fisionomico-strutturale. - La libera evoluzione naturale. La libera evoluzione naturale viene dettata per tutte quelle tipologie forestali le cui caratteristiche fisionomico-strutturali ne suggeriscano a priori tale necessità, indipendentemente da considerazioni di carattere idrogeologico e/o topografico (boschi di protezione), ovvero in tutte quelle formazioni la cui importanza forestale predilige interessi bio-ecologici (formazioni particolari, neoformazioni, formazioni ripariali, formazioni primitive, rupicole, di forra, di falda detritica, ecc.). - Selvicoltura modulata. Il parco promuove l’adozione di sistemi di taglio non intensivi ed attenti alla valorizzazione della variabilità compositivo-strutturale dei soprassuoli ed al mantenimento della continuità di copertura (“taglio a scelta”, “taglio di preparazione” e “tagli successivi uniformi”); forme intensive di taglio potranno essere invece essere adottate nelle situazioni di derivazione antropica (rimboschimenti e boschi secondari di conifere) e per motivate necessità fitosanitarie ed idrogeologiche. - Tutela delle specie accessorie. Il parco promuove la tutela delle specie accessorie e di quelle in fase pioniera: Prunus avium, Crataegus monogina, Acer campestre, Betula pendula, Juniperus communis, Laburnum anagyroides, Cornus sanguinea, Cornus mas, Morus alba, Populis tremula, Quercus pubescens, Salix caprea, Taxus baccata, Ulmus glabra, Sambucus nigra, Sambucus racemosa, Sorbus aucuparia e Sorbus aria. - Specie a valenza faunistica. Il parco promuove la tutela di tutti le erbe e arbusti bacciferi , e degli alberi ad elevata valenza faunistica quali: Prunus avium, Crataegus monogina, Acer campestre, Betula pendula, Juniperus communis, Laburnum anagyroides, Mespilus germanica, Malus sylvestris, Morus alba, Prunus sp., Pyrus pyraster, Taxus baccata, Cornus sanguinea, Cornus mas, Sambucus nigra, Sambucus racemosa, Quercus pubescens, Sorbus aucuparia e Sorbus aria. - Specie obiettivo. Il parco promuove il contenimento della banalizzazione tipologica dei soprassuoli ed in particolare la salvaguardia delle specie e delle tipologie meno “competitive”: Quercus sp., Carpinus betulus, 14 14 La tutele delle erbe e arbusti bacciferi viene attuata modulando le operazioni di contrassegno in maniera oculata e attenta ad evitarne il danneggiamento durante i tagli. Tra le specie principali oggetto di salvaguardia possiamo citare le seguenti: Actaea spicata, Amelnachier ovalis, Arctostaphylus sp., Arum sp., Asparagus tenuifolius, Atropa belladonna, Berberis vulgaris, Bryonia dioica, Cotoneaster integerrimus, Euonymus sp., Fragaria vesca, Frangula aluns, Ligustrum vulgare, Lonicera sp., Paris quadrifolia, Polygonatum sp., Ramnus sp., Ribes sp., Rosa sp., Rubus sp., Ruscus aculeatus, Vaccinium sp., Rododendron sp. e Viburnum sp. 97 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Acer pseudoplatanus, Tylia cordata, Fagus sylvatica, Abies alba e Pinus cembra; per tali specie, definite “specie obiettivo”, in particolare dovranno essere adottati regimi di tutela “ad hoc” che possano prevederne anche il divieto di utilizzazione. - Alberi superdominanti. Il parco promuove la tutela e valorizzazione degli alberi superdominanti (anche qualora sia necessario il rilascio di cespi e/o gruppi di alberi a corredo degli stessi). - Alberi monumentali. Il parco promuove la tutela e valorizzazione monumentale di singoli alberi e di soprassuoli boschivi con caratteristiche monumentali (cure colturali, selvicoltura d’educazione, segnalazione puntuale e pubblicità). - Necromassa. Il parco promuove il mantenimento di un buon livello di necromassa adulta in piedi e/o al suolo, prevedendo il rilascio di vecchi alberi morti in piedi in fase di più o meno avanzata colonizzazione biotica (presenza di nidi e tane), e di almeno 10 mc/ha di necromassa adulta durante i tagli. - Stagionalità degli interventi. Gli interventi forestali dovranno essere programmati valutando se le superfici oggetto d’intervento e quelle strettamente contigue siano abitualmente utilizzate da specie particolarmente minacciate (tetraonidi, ungulati, mustelidi, ecc); a livello preventivo viene disposta l’adozione di sistemi di contrassegno puntuale che escludano comunque dall’utilizzazione aree di nidificazione certa (presenza di tane, arene di canto, radure miste e alberi dotati di nido) e/o comunque determinanti per il completamento del ciclo vitale di determinate specie (siti di svernamento, tutela delle aree umide, tane e ricoveri ipogei, ecc.). Non sono previste limitazioni di periodo delle utilizzazioni forestali, ritenendo in tal senso più efficace una maggior attenzione in fase di redazione dei progetti di taglio. Quest’ultimo concetto non è esteso alle aree SIC e ZPS per le quali le singole progettazioni potranno prevedere ulteriori limitazioni operative da sottoporre a specifica valutazione d’incidenza semplificata. - Tutela dei “punti acqua”. Il parco promuove la tutela delle microaree umide all’interno del bosco. - Fasce arborate di protezione. Il parco promuove l’applicazione di forme modulate di intervento nelle porzioni di bosco adiacenti a strade e infrastrutture forestali affinchè siano meglio protette dal disturbo le superfici interne più interne (mantenimento di strati di vegetazione in successione: radura-boscaglia-bosco; tutela degli arbusti). - La lotta antincendi boschivi. Il parco promuove la diminuzione della suscettività dei soprassuoli boschivi nei confronti del fuoco, adottato forme di selvicoltura “ad hoc” che prevedano il contrasto delle situazioni di monospecificità, la conversione in altofusto dei cedui (con particolare riferimento ai castagneti), la valorizzazione di formazioni minori, ecc. - Indirizzi amministrativi: - Il ruolo del Consorzio Forestale. Il parco individua i Consorzi Forestali come principali interlocutori nella gestione attiva del patrimonio forestale pubblico e, mediante protocolli d’intesa dedicati, individua con essi forme condivise d’intervento e di programmazione. - Il ruolo degli Usi civici. Il parco promuove il riordino degli Usi civici e la loro valorizzazione come forma capillare di utilizzazione e manutenzione del territorio. - Il contrassegno forestale. Il parco individua il contrassegno forestale preventivo (sia per la frazione di bosco a fustaia che per quella a bosco ceduo) effettuato da personale tecnico qualificato, come condizione tecnica necessaria per l’attuazione degli obiettivi di gestione e di indirizzo forestale; le operazioni di contrassegno 98 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO potranno essere non necessarie nel caso di tagli di piccola entità (“tagli ad uso familiare” attuati su superfici private inferiori a 1000 mq) e per la bonifica di alberi morti e/o sradicati ed instabili. - Assistenza tecnica. Il parco promuove iniziative atte a garantire ai proprietari la migliore assistenza tecnica (corsi specifici, patentino per il contrassegno e il taglio del bosco, convenzioni con i consorzi forestali e con i professionisti abilitati, ecc.). Viabilità forestale. Il PIF ALTO PARCO rimanda la programmazione e gestione della viabilità agro-silvo-pastorale a quanto già previsto dai Piani d’assestamento, dal PTC ed in particolare dal Catasto della viabilità agro-silvo-pastorale per la Valle Camonica (VASP), approvato con deliberazione del Consiglio Direttivo della Comunità Montana di Valle Camonica n. 42 del 12.03.2008. Per quanto attiene invece la realizzazione di “infrastrutture forestali temporanee” di attinenza selvicolturale (piste forestali, piazzali di deposito) si rimanda a quanto già previsto nel vigente R.R. 5/07 (art. 76). Attività agricola e pastorale. I territori del parco sono utilizzati diffusamente per le attività di attinenza pastorale. L’interazione tra gestione forestale e gestione pastorale viene attuata secondo quanto già disposto dal vigente R.R. 5/07 (art. 57 e Titolo 4). Il PIF ALTO PARCO promuove la valorizzazione degli ambiti pastorali, agevolando il mantenimento delle aree pascolive in attualità di gestione ed il contenimento della ricolonizzazione arboreo-arbustiva dei loro pascoli (facendo riferimento per l’individuazione degli stessi a quanto già contenuto nei PAF e rimandando ulteriori indicazioni a specifici piani di gestione del settore agricoltura nel parco). 99 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 15 Gestione modulata nei SIC e nelle ZPS . In sede di valutazione ambientale strategica del PIF ALTO PARCO, sono state 15 Si riportano alcuni brevi tratti della deliberazione citata, riportante “Criteri per l’applicazione della procedura semplificata di Valutazione di Incidenza o l’esclusione dalla procedura di Valutazione di Incidenza di interventi di limitata entità interessanti i siti di Rete Natura 2000 gestiti dal Parco dell’Adamello-Comunità Montana di Valle Camonica (Ai sensi dell’allegato C della D.G.R. n. 7/14106 del 8 agosto 2003 e succ. mod. ed int.)”: (…) La Valutazione di Incidenza si applica agli interventi all’interno dei siti di Rete Natura 2000 non direttamente connessi o necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti e che possono avere incidenze significative sugli stessi, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi. Si applica inoltre agli interventi che riguardano ambiti esterni ai siti di Rete Natura 2000 qualora, per localizzazione e natura, siano ritenuti suscettibili di produrre incidenze significative sulle specie e sugli habitat presenti nel sito stesso. (…) Sono esclusi dalla procedura di Valutazione di Incidenza gli interventi di opere interne, manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, che non comportino aumento di volumetria, superficie o modifiche di sagoma, a condizione che il soggetto proponente o il tecnico incaricato dichiarino, ai sensi degli artt. 38 e 47 del D.P.R. 445/2000, che gli interventi proposti non abbiano né singolarmente né congiuntamente ad altri interventi, incidenze significative sui siti di Rete Natura 2000, fatte salve eventuali norme di settore più restrittive. (…) Non devono essere sottoposti a procedura di Valutazione di Incidenza gli interventi e le attività previsti e regolamentati dai piani di gestione dei siti di Rete Natura 2000, riconosciuti direttamente connessi o necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nei siti. (…) Non sono infine sottoposti a Valutazione di Incidenza gli interventi, previsti da strumenti di pianificazione già positivamente sottoposti a Valutazione di Incidenza, individuati nel provvedimento di valutazione del piano come non soggetti a ulteriore successiva procedura di valutazione. (…) Possono essere sottoposti a procedura semplificata di Valutazione di Incidenza, interventi di limitata entità riferibili a tipologie esemplificative individuate dagli enti gestori sulla base delle specifiche esigenze di conservazione di ogni sito. (…) L’ente gestore si riserva comunque la possibilità di sottoporre l’intervento alla completa procedura di Valutazione di Incidenza, richiedendo la redazione di uno studio di incidenza, anche nel corso della realizzazione dell’intervento, qualora si verifichi la possibilità di incidenze significative sul sito. La procedura semplificata si può applicare nell’ambito delle tipologie esemplificative di interventi secondo una delle seguenti modalità: Autovalutazione di assenza di incidenza significativa, Valutazione di Incidenza sulla base dell’analisi diretta della documentazione progettuale (…) Tipologie esemplificative di interventi che possono essere sottoposti alla procedura semplificata di Valutazione di Incidenza: interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia di edifici e loro spazi accessori non finalizzati a destinazione produttiva, che comportino aumenti di superficie o di volume non superiori al 20% del preesistente; ampliamento di fabbricati esistenti e loro spazi accessori aventi destinazione produttiva (caseifici, fienili, rimesse, stalle, ecc..) in adeguamento a specifiche norme igienico-sanitarie, contenuti nel 20% della superficie o del volume preesistenti; realizzazione di depositi per acqua o gas per utenze domestiche o agricole, se interrati comportanti scavi di alloggiamento non superiori a 15 mc, e posa delle relative condotte di allacciamento interrate; realizzazione di brevi tratti di condotte interrate per l’allacciamento elettrico, idrico, fognario ecc. di fabbricati, ivi compresa la realizzazione di fosse biologiche; scavi e riporti di entità limitata in aderenza o prossimità dei fabbricati volti al risanamento, ristrutturazione o sistemazione esterna; realizzazione di opere di drenaggio per la regimazione idrica superficiale nell’area di pertinenza degli edifici, finalizzata al consolidamento o alla manutenzione; realizzazione di piccoli fabbricati e/o tettoie di volume massimo 20 m3 e contestuale superficie planimetrica massima 10 m2, quali depositi per gas, acqua, latte, fieno, attrezzature agricole, legnaie, punti di osservazione, con esclusione di uso abitativo anche temporaneo; realizzazione di manufatti accessori agli edifici quali cordoli, muretti, recinzioni di contenuta dimensione, percorsi pedonali, pavimentazioni circostanti gli edifici, pannelli solari, a condizione che non comportino perdita di habitat; Interventi edilizi di qualsiasi natura, compresa la nuova costruzione, purché realizzati all’interno dei centri edificati, così come individuati nelle deliberazioni comunali di riferimento, ai sensi dell'art. 18 della Legge 865/1971, ossia, per ciascun centro o nucleo permanentemente abitato, delimitati dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi. sistemazione di piste forestali ed altre infrastrutture forestali conformi ai piani di assestamento o di indirizzo forestale che abbiano superato positivamente la valutazione d’incidenza; manutenzione ordinaria e straordinaria di strade e sentieri compresa la realizzazione di nuovi brevi tratti di muratura, la realizzazione di piccole opere di regimazione quali cunette laterali, canalette trasversali, caditoie, selciatoni di attraversamento ecc, realizzazione di brevi tratti di protezione laterale, realizzazione di piazzole di scambio e di sosta, posa di segnaletica, ripulitura della sede viaria e delle scarpate dalla vegetazione ostacolante il transito; 100 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO ampiamente discusse ed analizzate le puntuali necessità di adattamento dei modelli di gestione forestale agli ambiti di tutela di interesse comunitario (SIC e ZPS). Occorre in tal senso evidenziare che le finalità stesse di “migliore programmazione e gestione del sistema foresta”, proprie del PIF ALTO PARCO, sono già di per sé garanzia di tutela ambientale anche per SIC e ZPS. In tali ambiti si ritiene tuttavia necessario adottare sistemi di valutazione d’incidenza specifici per ogni singolo intervento, consentendo l’applicazione della PROCEDURA SEMPLIFICATA DI VALUTAZIONE D’INCIDENZA per gli interventi realizzati in sintonia con le disposizioni d’indirizzo del PIF ALTO PARCO e della Deliberazione del Consiglio Direttivo della Comunità Montana di Valle Camonica n. 263 del 28 novembre 2007. limitati allargamenti e/o pavimentazioni della sede viaria; rifacimento e/o nuova realizzazione di muri di sostegno e controripa con tecniche che non prevedano l’uso di cls; interventi di stabilizzazione delle scarpate a monte ed a valle con tecniche di ingegneria naturalistica, con esclusivo impiego di specie autoctone. realizzazione di staccionate in legno e di piccole muracche a secco; realizzazione di recinzioni di vario tipo purché di limitata estensione; realizzazione di siepi e/o filari con esclusivo impiego di specie autoctone; realizzazione di orti o seminativi o coltivazioni di piccoli frutti ecc. per una superficie inferiore a mq 500; interventi di gestione forestale conformi alle Norme Forestali Regionali; utilizzazioni e interventi di gestione forestale, interventi agronomici e di decespugliamento previsti da piani di assestamento e/o di indirizzo forestale e/o pascolo, etc. con valutazione d’incidenza positiva, la cui attuazione sia stata specificatamente rinviata a singole valutazioni d’incidenza; impianti di gru a cavo provvisori per l’esbosco di prodotti forestali; interventi urgenti finalizzati alla difesa fitosanitaria e alla conservazione del bosco; interventi, previsti da Piani antincendio boschivo con valutazione d’incidenza positiva, la cui attuazione sia stata specificatamente rinviata a singole valutazioni d’incidenza; pulizia di canali e rogge; piccole opere provvisorie di attingimento e distribuzione idrica, per uso agricolo e d’alpeggio; piccole sistemazioni di corsi d’acqua con tecniche di ingegneria naturalistica che prevedano l’impiego di specie autoctone e che non determinino limitazioni nei movimenti della fauna; impianti di illuminazione in prossimità delle abitazioni; manutenzione di supporti per il posizionamento di ripetitori, trasmettitori, antenne e simili; sostituzione di elettrodotti tradizionali con cavo aereo isolato, con cavo interrato o con analoghe opere volte al contenimento degli impatti faunistici e paesaggistici; interventi di manutenzione ordinaria ad opere di regimazione idraulica già esistenti; interventi di manutenzione ordinaria di limitata entità ad impianti idroelettrici già esistenti; interventi di manutenzione ordinaria agli impianti sciistici esistenti, alle opere accessorie e alla rete di innevamento; scavi per sondaggi geognostici e simili; prelievo di reperti faunistici, vegetazionali, mineralogici e simili in numero limitato per attività di ricerca scientifica; prelievo di piccoli quantitativi di materiale lapideo per interventi edilizi autorizzati all’interno del sito; restauro di manufatti della Prima Guerra Mondiale purché preventivamente autorizzati ai sensi della normativa in materia; attività di campeggio in aree autorizzate, compresa realizzazione di piccoli manufatti accessori a carattere provvisorio; manifestazioni varie (eventi sportivi, raduni, ecc.) di durata non superiore a giorni 3 realizzati in piazzali e/o presso strutture esistenti o condotti sulla rete stradale e sentieristica. 101 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 16 L’impatto delle utilizzazioni forestali . Le utilizzazioni forestali hanno sempre effetti più o meno significativi sull’ambiente (compattazione e solcature del suolo, erosione diffusa e localizzata, rimescolamento o rimozione degli orizzonti organici, modificazione locale dei regimi di deflusso epidermico, immissione di sostanze inquinanti, disturbo alle popolazioni animali, danneggiamenti degli alberi, ecc.). Gli impatti prodotti si manifestano in maniera diversa a seconda dell’operazione e delle modalità con cui l’operazione è condotta tuttavia occorre considerare che nelle utilizzazioni forestali le diverse attività si concentrano spesso su superfici limitate rispetto l’intera superficie sottoposta al taglio e che i tempi di applicazione prevedono un ritorno delle attività sulla stessa superficie a distanze in genere superiori ai dieci anni. Ciò significa che l’intensità dell’impatto può essere sì elevata, ma sovente contenuta in termini spaziali e che i meccanismi dell’ecosistema hanno spesso tempi sufficienti per assicurare un naturale ripristino delle componenti ambientali influenzate da un determinato impatto: - Abbattimento e allestimento con motosega. L’abbattimento e l’allestimento con motosega produce tre principali impatti: inquinamento diffuso delle acque profonde con oli, immissione in atmosfera di sostanze inquinanti, allontanamento temporaneo o permanente della fauna. L’inquinamento diffuso con oli è dovuto al funzionamento della motosega che prevede la lubrificazione continua della catena (si stima che circa l’85% dell’olio impiegato per la lubrificazione della catena cada a terra con effetti non trascurabili sull’inquinamento di falde più o meno profonde. Tale condizione può essere contenuta in termini minimi adottando per la lubrificazione della catena oli di derivazione vegetale. Per quanto attiene invece l’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti, i quantitativi possono essere validamente ridotti adottando catalizzatori specifici e ricorrendo all’uso di benzine sintetiche. Per quanto attiene invece il terzo aspetto impattante, causato dal rumore prodotto dalla motosega durante il suo funzionamento, non sono obiettivamente individuabili sistemi di controllo e contenimento. - Abbattimento e allestimento con harvester. Il ricorso agli harvester nelle operazioni di abbattimento e di allestimento sta aumentando progressivamente tuttavia incontra notevoli difficoltà ad affermarsi in ambiente alpino a causa delle condizioni topografiche di versante. Tali strumenti possono essere causa di notevole numerosi impatti quali la compattazione e/o solcatura e rimescolamento degli orizzonti organici del terreno, l’inquinamento diffuso delle acque profonde, l’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti, i danneggiamenti degli alberi non tagliati e l’allontanamento temporaneo o permanente della fauna. Trattandosi di strumenti la cui funzionalità assume significati importanti in forme di selvicoltura difficilmente applicabili ai territori in esame per le già citate difficoltà topografiche, si ritiene comunque occasionale la sua possibilità di utilizzo e pertanto minori le contingenze impattanti sul territorio. - Abbattimento e allestimento con processor. I processori hanno avuto maggiore diffusione rispetto agli harvester e consentono una notevole diminuzione degli impatti rispetto ad altre soluzioni. Il processore, infatti, è una macchina che opera prevalentemente all’imposto, di norma a bordo strada, e il materiale abbattuto è esboscato fino al processore per essere allestito. Questo tipo di organizzazione può consentire anche di limitare l’impatto generato dal rumore prodotto dal funzionamento del motore e della sega a catena della testata allestitrice. Il processor staziona sulla strada o comunque ai margini della particella nella quale si stanno effettuando le operazioni di abbattimento e di esbosco; esso è quindi una sorgente di rumore concentrata in un unico luogo e non diffusa 16 “La Gestione Forestale e la Conservazione degli Habitat della Rete Natura 2000” (Masutti, Battisti; 2007). 102 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO attraverso tutto il bosco. tali strumenti sembrano essere i macchinari più indicati per forme di selvicoltura intensiva in ambiente alpino e/o comunque caratterizzato da difficoltà di accesso diretto ai versanti. - Concentramento ed esbosco per via terrestre. I processori hanno avuto maggiore diffusione rispetto agli harvester e consentono una notevole diminuzione degli impatti rispetto ad altre soluzioni. Il processor, infatti, è una macchina che opera prevalentemente all’imposto, di norma a bordo strada, e il materiale abbattuto è esboscato fino al processor per essere allestito. Questo tipo di organizzazione può consentire anche di limitare l’impatto generato dal rumore prodotto dal funzionamento del motore e della sega a catena della testata allestitrice. Il processor staziona sulla strada o comunque ai margini della particella nella quale si stanno effettuando le operazioni di abbattimento e di esbosco; esso è quindi una sorgente di rumore concentrata in un unico luogo e non diffusa attraverso tutto il bosco. tali strumenti sembrano essere i macchinari più indicati per forme di selvicoltura intensiva in ambiente alpino e/o comunque caratterizzato da difficoltà di accesso diretto ai versanti. Il concentramento e l’esbosco per via terrestre avvengono di norma con sistemi che prevedono lo strascico e semistrascico con traino animale e meccanico e il trasporto a carico portato meccanico. Quando si impiegano dei mezzi meccanici, sia per lo strascico e il semistrascico sia per il trasporto a carico portato, gli impatti che possono determinarsi sono: compattazione e/o solcatura e rimescolamento degli orizzonti organici del terreno; inquinamento delle acque profonde con oli; immissione in atmosfera di sostanze inquinanti; allontanamento temporaneo o permanente della fauna; scorticamenti, danni alle ceppaie, danni all’apparato radicale, danni alla rinnovazione. Nel caso, invece, dell’impiego di strascico con traino animale gli impatti sono molto più limitati e consistono in compattazione del terreno, scorticamenti e danni alla rinnovazione. La compattazione e/o la solcatura e il rimescolamento degli orizzonti organici del terreno dipendono dalla massa dei veicoli (incluso il materiale trasportato nel caso di trasporto a carico portato) e dal tipo di organo di propulsione adottato (a ruote, a cingoli). Questi elementi condizionano, infatti, la pressione specifica sul terreno, che è la componente dell’effetto statico di compattamento, e lo slittamento, che è la componente dell’effetto dinamico di compattamento e la causa del disturbo superficiale del terreno. L’intensità con cui si manifestano le azioni sul suolo dipendono poi dalla pendenza della superficie su cui si muovono le macchine, dalla direzione di avanzamento (verso monte o verso valle) e dal tipo di terreno e dalla sua umidità. La riduzione degli effetti prodotti può essere ottenuta con l’adozione di tecniche di lavoro adeguate quali la concentrazione dei passaggi delle macchine e il ripristino della superficie delle piste sui cui si sono concentrati i passaggi, oppure con l’impiego di sistemi di esbosco mediante trasporto a carico (forwarder), capaci di operare in periodi in cui il suolo è meno suscettibile al compattamento (terreno gelato, terreno innevato). Anche per gli impatti connessi all’inquinamento diffuso delle acque profonde con oli; all’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti; all’allontanamento temporaneo o permanente della fauna valgono le medesime valutazioni fatte per l’harvester, poiché, nello strascico e semistrascico con traino meccanico e nel trasporto a carico portato meccanico, si ricorre a mezzi meccanici equipaggiati di motori Diesel e dotati di impianti e dispositivi idraulici. Circa gli impatti sulla vegetazione questi possono risultare particolarmente accentuati nello strascico e semistrascico, causati dal movimento dei carichi piuttosto che da quello dei mezzi meccanici. L’individuazione delle piste di strascico preliminarmente all’effettuazione dell’abbattimento, in modo da direzionare opportunamente la caduta degli alberi favorendo così la loro estrazione, può limitare considerevolmente i danni arrecati alla vegetazione e a piccoli corpi idrici o zone umide eventualmente presenti. Lo strascico con traino animale, eseguito principalmente con cavalli, presenta ridotti impatti, limitati esclusivamente alla compattazione del terreno e ad eventuali scorticamenti e danni alla rinnovazione. Va chiarito che la compattazione è concentrata ai soli sentieri percorsi dagli animali e ha un’estensione minima, se comparata con quella determinata dai mezzi meccanici. Questo fatto può essere utilizzato per organizzare sistemi di esbosco combinati che prevedono il concentramento con cavallo e l’esbosco con trattori equipaggiati con pinza. L’effetto principale che si ottiene è la limitazione sia spaziale sia temporale dell’impiego dei mezzi meccanici con possibili benefici per l’habitat forestale in cui si pratica l’utilizzazione. 103 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - Concentramento ed esbosco per via aerea con gru a cavo. L’utilizzo delle gru a cavo nel concentramento ed esbosco può prevedere il trasporto del materiale completamente sospeso oppure parzialmente sospeso (a teste sollevate). Nel primo caso gli impatti che si possono determinare sono: inquinamento diffuso delle acque profonde con oli; immissione in atmosfera di sostanze inquinanti; allontanamento temporaneo o permanente della fauna; danni all’apparato radicale, danni alla rinnovazione. Nel secondo caso si aggiungono solcatura ed erosione localizzata. Circa l’attenuazione dei fenomeni di inquinamento diffuso delle acque profonde con oli e di immissione in atmosfera di sostanze inquinanti si possono considerare le stesse soluzioni previste per le macchine dotate di motore Diesel ed equipaggiate di dispositivi idraulici, impiegate nelle utilizzazioni forestali. Per quanto concerne l’allontanamento temporaneo o permanente della fauna a causa del rumore prodotto, in particolare dal motore della gru a cavo, vale quanto accennato per il processore. Le gru a cavo, infatti, sono attrezzature stazionarie e costituiscono quindi una sorgente di rumore concentrata in un unico luogo e non diffusa attraverso tutto il bosco. Inoltre, nel funzionamento delle gru a cavo, il motore Diesel è regolato a regimi di rotazione minimi o medi e, di conseguenza, anche la pressione sonora prodotta risulta attenuata. Infine va considerato che per gli argani su slitta sono disponibili dei modelli a elevata insonorizzazione con l’adozione di soluzioni simili a quelle che equipaggiano i compressori mobili da cantiere. I danni all’apparato radicale del soprassuolo residuo e alla rinnovazione, causati durante il concentramento dei carichi sotto la linea, trovano un valido rimedio nel direzionamento della caduta degli alberi in rapporto alla pendenza del terreno, che favorisce il movimento dei carichi verso la linea con limitati spostamenti verso valle. Nel caso del trasporto a teste sollevate gli impatti derivanti dalla solcatura del terreno e dall’innesco di fenomeni di erosione localizzata possono essere attenuati costruendo linee con fune portante più alta possibile; a parità di angolo di inclinazione laterale del carrello, aumentano la distanza di concentramento e la possibilità di strascicare fusti o alberi interi. In questo modo le linee possono essere disposte a maggior distanza l’una dall’altra, riducendo così l’incidenza delle zone solcate rispetto all’intera superficie della particella. Inoltre lo strascico di fusti o di alberi interi mitiga l’azione di solcatura del terreno. - Esbosco per via aerea con elicottero. L’esbosco per via aerea con elicottero costituisce il limite ultimo dei sistemi di esbosco per quanto concerne gli impatti provocati sulle componenti dell’habitat forestale. Con l’elicottero i carichi sono agganciati e sollevati direttamente dal letto di caduta, annullando ogni possibile interferenza con il terreno e la vegetazione. Molto limitati risultano gli impatti connessi all’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti e all’allontanamento della fauna. La permanenza del velivolo al di sopra della zona di carico è contenuta a pochi minuti per ovvie esigenze operative e, di conseguenza, anche i gas di scarico emessi e il rumore generato dal motore a turbina e dai rotori sono prodotti nell’area di carico solo per tempi assai ridotti. Inoltre la possibilità di operare con funi di notevole lunghezza, appese al gancio baricentrico dell’elicottero, permette al velivolo di mantenersi, durante il carico, ad un’altezza di volo stazionario alla quale minime appaiono le interferenze con la superficie. Accorgimenti specifici per la tutela della flora protetta. La necessità di tutela della flora nemorale ed in particolare di quella protetta dalle normative vigenti in materia ambientale è stata ben evidenziata nelle Norme Forestali Regionali che all’art. 32 impongono di evitarne il danneggiamento. Tali disposizioni non vengono integrate in maniera specifica nel PIF ALTO PARCO, rimandando tuttavia ai singoli casi maggiori necessità di tutela (assecondate con operazioni dedicate di contrassegno forestale). Accorgimenti specifici per la tutela della fauna selvatica. La possibilità di modulare gli interventi forestali avendo cura di non interferire in maniera radicale con i bioritmi della fauna selvatica rappresenta uno dei più difficili e complessi obiettivi di un piano d’indirizzo forestale. Occorre in tal senso evidenziare che non esistono forme di intervento di 104 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO utilizzazione forestale a cosiddetto “impatto zero” e soprattutto che ogni limitazione delle stesse rappresenta un’ulteriore variabile negli obiettivi di valorizzazione di filiera propri del PIF. Questo aspetto quindi, soprattutto negli ambiti di tutela speciale quali i SIC-ZPS-ZPRPA, comporta la necessità di individuare un filo comune tra le necessità di programmazione forestale e quelle di salvaguardia e tutela della fauna selvatica. Nel PIF ALTO PARCO ad esempio non si è deciso di identificare a priori un periodo di interruzione delle attività di utilizzazione forestale, privilegiando invece maggiori attenzioni in sede di progettazione e esecuzione dei lavori. Questo fatto certamente non esclude la possibilità, qualora siano verificate presenze faunistiche importanti in periodi delicati della stagione, di concordare con le parti in gioco la sospensione temporanea dei tagli. 17 Nella tabella seguente si riportano alcune indicazioni gestionali di riferimento per la tutela specifica di alcune tra le 18 più delicate specie faunistiche : Specie Habitat Rischi e minacce Indicazioni gestionali Austropotamobius pallipes Acque correnti di torrenti montani o collinari (di solito fino a 1300 m), più raramente nel tratto medio dei fiumi maggiori o in laghi naturali o artificiali; anche in zone di risorgive. Esigente: richiede temperatura dell’acqua relativamente costante, attorno ai 15-18° C, comunque non superiore ai 25° C, acque basiche, elevate concentrazioni di ossigeno disciolto (minimo vitale: 5 mg/l di O2). La scomparsa della specie da molte località, avvenuta massicciamente dagli anni ’70, è stata causata dall’alterazione degli habitat dei corsi d’acqua (rettificazione e cementificazione dei corsi d’acqua, distruzione della vegetazione ripariale, intorbidamento dell’acqua causato da lavori, perturbazioni del regime idraulico e termico), l’inquinamento (metalli pesanti, fitofarmaci, fertilizzanti, rifiuti organici), la pesca di frodo, l’immissione di specie di gamberi non autoctone, i ripopolamenti di salmonidi. Tutelare e conservare le aree idonee alla specie, pianificare interventi di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, controllare le attività che causano un intorbidamento dell’acqua e che alterano l’equilibrio termico e idraulico e minimizzare gli impatti da esse causati, identificare e controllare le attività inquinanti, valutare attentamente l’impatto dei ripopolamenti di salmonidi su questa specie, non introdurre specie esotiche di gamberi. Lucanus cervus Boschi maturi di latifoglie, soprattutto di querce, con presenza di ceppaie e alberi con legno morto; dal fondovalle fino a 800-1000 m. Questa specie è ancora piuttosto diffusa nell’Italia settentrionale; le popolazioni localmente possono essere limitate dalla mancanza di alberi, soprattutto querce di grandi dimensioni con legno marcescente, e dalla rimozione di ceppaie e alberi morenti. Rilasciare, anche in habitat non forestali, ceppaie e alberi (soprattutto querce) di grandi dimensioni con legno marcescente, da destinare all’invecchiamento indefinito. Cerambyx cerdo Soprattutto boschi maturi con querce di grandi dimensioni, ma anche su grandi querce isolate in parchi e zone agrarie. In Italia ha subito una drastica riduzione dell’areale a causa del taglio dei querceti: nonostante ciò è ancora comune nel territorio italiano, ma le Conservare, anche in habitat non forestali, ceppaie e alberi (soprattutto querce) deperienti, in particolare quelli di grandi dimensioni, rilasciare alberi (soprattutto 17 “La Gestione Forestale e la Conservazione degli Habitat della Rete Natura 2000” (Masutti, Battisti; 2007). 18 L’elenco riportato prende le mosse dalle direttive di protezione degli Habitat e dell’avifauna europee; possono essere considerati sufficiente indicativi delle necessità del PIF ALTO PARCO tuttavia vanno intese con le dovute considerazioni: alcune conoscenze sulla distribuzione di determinate categorie (invertebrati e chirotteri) sono scarse e frammentarie per cui si suggeriscono logiche cautelative di protezione (impossibilità pratica di fornire indicazioni puntuali); alcune specie comunque vulnerabili nel nostro paese sono assenti negli elenchi di tutela (Picoides minor, Sylvia hortensis, Salvelinus alpinum, Cinclus cinclus); l’intera categoria dei Mustelidi pur non essendo esposta a minacce rappresenta un riferimento imprescindibile di analisi di qualità dell’ambiente; gli Ungulati pur essendo tendenzialmente versatili rispetto ai cambiamenti territoriali rappresentano un elemento di riferimento importante nella programmazione forestale; la gestione forestale spesso non consente di assecondare appieno le troppo ampie necessità di tutela faunistica. 105 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO popolazioni sono limitate dalla mancanza di alberi di grandi dimensioni, e dalla rimozione di alberi morenti. querce) da destinare all’invecchiamento indefinito, non tagliare alberi dove si riproduce la specie. In ambienti antropici (anche in prossimità di strade) il cerambice della quercia può essere pericoloso per la sicurezza pubblica in quanto accelera il deperimento degli alberi attaccati, che porta alla morte, e quindi può provocarne lo schianto. Rosalia alpina Faggete mature o boschi misti dove prevale il faggio, soprattutto termofili; nelle Alpi orientali ad altitudini comprese fra i 500 ed i 1500 m. Per l’ovideposizione e lo sviluppo delle larve è ideale il legno in decomposizione esposto al sole di faggi morti o deperienti. Sono preferiti i tronchi in piedi di diametro superiore ai 25 cm. La specie è sfavorita dal l’eliminazione delle vecchie piante di faggio, dall’allontanamento dal bosco del legno morto. Rilasciare in bosco legno morto di faggio, di diametro di almeno 25 cm, esposto al sole (ceppaie alte 2 m, faggi morti, faggi vivi con legno marcescente); rilasciare piante di faggio da destinare all’invecchiamento indefinito; esboscare e rimuovere dai piazzali d’esbosco o porre all’ombra prima dell’estate i tronchi tagliati; non tagliare alberi dove si riproduce la specie. Eriogaster catax Siepi e margini dei boschi termofili, fino a circa 1500 m di quota. È una specie localizzata e mai comune, in declino in buona parte dell’Europa per la progressiva distruzione delle siepi in ambito agrario, l’abbandono e la riduzione di prati e pascoli e la conseguente diminuzione delle aree ecotonali. Mantenere prati e pascoli con siepi al margine delle aree boscate confinanti; mantenere e ricostituire le siepi in aree coltivate; ridurre l’impiego di fitofarmaci. Lycaena dispar Zone umide aperte con vegetazione erbacea alta da 40 cm a 1,5 m circa: prati acquitrinosi, zone paludose e margini dei corsi d’acqua periodicamente inondati, magnocariceti, margini di fragmiteti; può essere presente nelle risaie, soprattutto in quelle coltivate con metodi tradizionali. Era comune nella Pianura Padana e nei fondivalle alpini, ma a causa delle bonifiche e dell’impiego dei fitofarmaci Tutelare e mantenere le aree umide aperte, gestire i prati umidi e i bordi dei fossi e dei canali dove è presente la specie con un sistema di sfalci idoneo. Euphydryas aurinia Biotopi umidi, come prati umidi (molinieti), brughiere, torbiere. È in declino in tutta Europa, Italia compresa (distruzione dei biotopi umidi, cambiamenti nelle pratiche agricole) Tutelare e mantenere i prati umidi idonei alla specie. Coenonympha oedippus Ambienti umidi, come praterie acquitrinose a Molinia caerulea, cariceti a Carex e Schoenus, prati umidi, soprattutto se circondati da aree boscate; anche boschi aperti e asciutti con radure; fino a 1000 m. Distruzione e drenaggio delle zone umide, bonifiche e conversione dei biotopi in coltivi; le popolazioni di versante possono essere sfavorite dalla chiusura delle formazioni forestali termofile. Tutelare e mantenere le zone umide, nei prati umidi dove è presente, programmare un sistema di sfalci a rotazione. Erebia calcaria Praterie magre (seslerieti, nardeti) su ripidi pendii con rocce affioranti, tra 1350 e 2000 m. La specie non è considerata minacciata a livello globale, in quanto le popolazioni austriache e slovene sono molto numerose. In Italia è in declino alle quote più basse, a causa dell’abbandono di prati e pascoli e della conseguente naturale evoluzione della vegetazione verso il bosco. Per il mantenimento delle popolazioni di bassa quota di questa specie è indispensabile continuare ad utilizzare delle aree a prato o pascolo. Il pascolamento eccessivo potrebbe però essere sfavorevole. Salmo (trutta) marmoratus Preferisce il tratto medio e medio-superiore dei corsi d’acqua con acque limpide, fresche e con corrente sostenuta o moderata. Si spinge anche a quote elevate, ma nelle acque di montagna solitamente è sostituita dalla trota fario. La popolazione italiana è in diminuzione per le immissioni di esemplari di trota fario, per le alterazioni dei corsi d’acqua (artificializzazione degli alvei, prelievi di ghiaia), le eccessive captazioni idriche, l’inquinamento e la pesca eccessiva. Tutelare la naturalità dei corsi d’acqua, soprattutto nelle zone ancora idonee per la riproduzione di questa specie, e la loro continuità, progettando la costruzione di passaggi per pesci in corrispondenza di briglie e sbarramenti; effettuare interventi di rinaturalizzazione degli alvei; controllare l’inquinamento; garantire il rispetto del minimo deflusso vitale dei fiumi e dei torrenti; regolamentare l’immissione e la pesca dei salmonidi; non effettuare lavori in alveo durante il periodo riproduttivo (novembre-febbraio) nelle aree di riproduzione della specie e in quelle a monte. Cottus gobio Corsi d’acqua fino a quote elevate (800-1200 m) con acque limpide e fresche, corrente da intensa a moderata e fondo di sassi o ciottoli. È presente anche in laghi di montagna, nei grandi laghi prealpini e nella zona delle risorgive. La popolazione italiana ha subito dei decrementi soprattutto nelle aree di pianura (risorgive). Le minacce principali sono le alterazioni dei corsi d’acqua (artificializzazione degli alvei, prelievi di ghiaia, costruzione di briglie e sbarramenti che impediscono ai pesci di risalire il corso d’acqua, provocando una frammentazione dell’habitat ed un isolamento delle popolazioni più a monte), le eccessive captazioni idriche e dell’inquinamento. Tutelare la naturalità dei corsi d’acqua, con attenzione soprattutto alle zone ancora idonee per la riproduzione di questa specie, e la loro continuità, prevedendo la costruzione di passaggi per pesci in corrispondenza di briglie e sbarramenti; effettuare interventi di rinaturalizzazione degli alvei; controllare l’inquinamento; garantire il rispetto del minimo deflusso vitale dei fiumi e dei torrenti; valutare con attenzione le conseguenze di eventuali ripopolamenti di trota fario. Triturus carnifex Principalmente boschi, sia di latifoglie che di conifere, ma anche habitat aperti come prati e pascoli, purché presentino ambienti acquatici adatti alla riproduzione (acque ferme con profondità di solito superiore ai 3050 cm); diffuso dalla costa fino al piano montano (fino a 1.600 m). Il tritone crestato è una specie ancora diffusa e localmente comune, ma verosimilmente negli ultimi decenni ha patito una severa diminuzione, soprattutto negli ambienti di pianura, a causa dell’inquinamento, dell’urbanizzazione e della semplificazione ambientale. Mantenere e ripristinare le pozze esistenti e creare nuovi invasi; si ricorda che sono più idonee alla riproduzione le pozze protette in parte dalla copertura arborea e non eccessivamente distanti dal bosco, minimizzare gli impatti delle attività selvicolturali, non danneggiare le zone umide e i corpi idrici, anche durante le pratiche di utilizzazione boschiva, non introdurre specie ittiche nei piccoli corpi idrici. Aquila chrysaetos In Italia zone di montagna con pareti rocciose adatte alla nidificazione e praterie utilizzate per la caccia. Durante il periodo invernale può spingersi in zone più basse, anche in pianura. In Italia negli ultimi decenni le popolazioni alpine sono in aumento. I principali elementi di minaccia sono: l’antropizzazione dei territori di alta quota (costruzione di nuove strutture, aumentato flusso Mantenere i prati e pascoli montani, tutelare gli habitat di alta quota, sorvegliare e proteggere i nidi durante il periodo riproduttivo (se questi sono collocati in zone regolarmente frequentate da arrampicatori, è è scomparsa da diverse regioni. 106 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO turistico) e il disturbo antropico (attività ricreative come free-climbing, alpinismo, escursionismo, ma anche “caccia fotografica” ai nidi) nei pressi dei siti di nidificazione; l’abbandono e la conseguente diminuzione di prati e pascoli utilizzati per la caccia, che nel lungo periodo potrà portare a cali di popolazione, le uccisioni illegali. auspicabile concordare una sospensione temporanea delle attività). Lagopus mutus helveticus Frequenta ambienti al di sopra del limite della vegetazione arborea: distese povere di vegetazione come macereti e conoidi di deiezione, praterie d’alta quota (cariceti, firmeti), anche con piccoli arbusti, brughiere alpine). Le aree di riproduzione più utilizzate sono comprese tra i 1900 e i 2700 m. In decremento da alcuni decenni e presenta densità inferiori a quelle potenziali; sui rilievi prealpini la pernice bianca è in netta diminuzione e in talune aree è scomparsa. Tra i fattori limitanti di origine antropica si ricordano: la costruzione di infrastrutture turistiche, il degrado degli ambienti di alta quota e il disturbo dovuto al flusso turistico, l’incremento, legato anche alla grande quantità dei rifiuti abbandonati in alta montagna, delle popolazioni di gracchio alpino e corvo imperiale, predatori delle uova di questi uccelli, localmente, la presenza di grandi greggi di ovini e caprini e di cani vaganti nei siti riproduttivi, la pressione venatoria, le uccisioni illegali. Tutelare gli habitat di alta quota, regolamentare i flussi turistici alle alte quote (per esempio, divieto di uscire dai sentieri segnalati e/o di percorrere talune zone in inverno), verificare l’impatto del pascolo di ovini e caprini e eventualmente introdurre delle misure per regolamentarlo; gestire correttamente il prelievo venatorio. Bonasa bonasia Boschi di vario tipo, di preferenza boschi misti di latifoglie e conifere con ricco sottobosco e radure, dalla zona collinare fino al limite della vegetazione arborea. Anche cedui maturi, boscaglie di nocciolo, pinete, lariceti e alnete. Predilige le zone ricche di latifoglie minori, come le radure e le aree adiacenti a piste forestali o corsi d’acqua, le zone di ecotono con prati o pascoli. Progressiva e marcata rarefazione. Attualmente in alcune aree le popolazioni sono stazionarie o in leggera ripresa. Fattori negativi sono: le trasformazioni ambientali derivanti dall’abbandono delle attività pastorali e selvicolturali e la conseguente scarsità di aree ecotonali, le forme di utilizzazione selvicolturali non favorevoli alla specie, il disturbo antropico soprattutto nei siti riproduttivi durante il periodo primaverile, le uccisioni illegali. Impiegare pratiche selvicolturali (tagli saltuari o su piccole superfici: a gruppi, a buche) che portino alla formazione di un habitat adatto alla specie, con radure, zone ricche di cespugli, zone di ecotono; mantenere delle superficie a prato e pascolo in contatto con le aree boscate e quindi le zone ecotonali adatte alla specie. Tetrao tetrix Boschi radi di larice e cembro, peccete con sottobosco ricche di radure o intervallate ad aree aperte anche in via di ricolonizzazione e limite superiore delle faggete; alnete di ontano verde, saliceti e mughete, soprattutto se frammisti ad aree aperte e boschi radi. Nella fascia prealpina zone di ecotono fra prati o pascoli abbandonati e boschi di vario tipo. In declino in buona parte dei paesi europei dove è presente, in alcuni si è estinto di recente. Sulle Alpi la specie è considerata stazionaria o in lieve decremento. Fattori negativi sono: i cambiamenti ambientali, in particolare l’abbandono di prati e pascoli e boschi, che ha provocato la diminuzione degli habitat ecotonali adatti alla specie, il disturbo umano associato alle attività ricreative e sportive soprattutto invernali (in particolare le attività fuori pista), che può comportare un aumento della mortalità invernale-primaverile per la difficoltà a ripararsi ed ad alimentarsi, la modificazione del comportamento riproduttivo e/o un minor successo riproduttivo; l’impatto delle attività selvicolturali nelle zone di riproduzione, in alcune aree l’eccessivo pascolamento, soprattutto ovino, il prelievo eccessivo e la poco attenta pianificazione dell’attività venatoria, le uccisioni illegali, la mortalità causata da impatto con cavi e funi sospesi. Effettuare interventi di miglioramento ambientale volti a conservare o ristabilire una copertura costituita da alberi radi e zone a cespugli intervallate ad aree aperte con vegetazione erbacea; eseguire tagli (tagli a buche, apertura di corridoi) nelle mughete, nelle alnete, nei rodoreti e al margine superiore dei boschi; individuare e valutare se escludere al transito, nelle zone frequentate dal turismo invernale, le aree utilizzate dai fagiani per ripararsi ed alimentarsi durante il periodo invernale, disporre i cavi di funivie, skilift e sistemare dei dispositivi per aumentarne la visibilità in modo da ridurre le morti per impatto con i cavi stessi, evitare interventi selvicolturali nelle arene di canto e nelle zone di riproduzione fino al mese di luglio. Tetrao urogallus Boschi da montani a subalpini maturi di conifere e latifoglie. Predilige formazioni disetanee con radure e ricco sottobosco; per le aree con arene di canto è importante la presenza di alberi maturi e stramaturi. Il gallo cedrone è in forte declino in Europa. Già dalla metà del secolo scorso è in diminuzione su gran parte della zona alpina, e questa tendenza è continuata fino ad oggi. Fattori negativi sono: le pratiche selvicolturali intensive ma anche l’abbandono e la conseguente chiusura delle formazioni forestali; l’aumento dell’antropizzazione del territorio (apertura di strade, costruzione di teleferiche e linee elettriche, queste ultime causa di mortalità per impatto) e il disturbo umano in generale, soprattutto quello associato alle attività ricreative e sportive (con particolare impatto da parte del transito motorizzato su strade forestali), particolarmente dannoso nelle aree con arene di canto durante il periodo riproduttivo, le uccisioni illegali. Adottare forme modulate di selvicoltura privilegiando il taglio a scelta e i tagli successivi uniformi; nelle aree di canto gli interventi devono essere frazionati nel tempo ed interessare superfici ridotte e discontinue; conservare gli alberi maturi e stramaturi; non eseguire interventi selvicolturali nelle arene di canto e nelle zone di riproduzione prima della metà di luglio. Alectoris saxatilis Aree aperte rocciose e aride, di preferenza su pendio: praterie xeriche con basso strato erbaceo (brometi, seslerieti) interrotte da affioramenti rocciosi, pietraie e arbusteti, margini di boschi termofili, prati e pascoli. Non sopporta il prolungato innevamento, per cui d’inverno è localizzata su ripidi pendii esposti a sud. La specie, in notevole declino in gran parte dell’areale, a partire dagli anni ’50 ha subito una forte contrazione, dovuta ad un insieme di cause: cambiamenti ambientali, pressione venatoria eccessiva, bracconaggio, epidemie diffuse da individui liberati a scopo di ripopolamento. I principali fattori di minaccia per questa specie sono: le modificazioni ambientali, in particolare l’abbandono delle attività agro-pastorali in Mantenere i prati e i pascoli adatti alla specie, con lo sfalcio o il pascolo estensivo; programmare un’attenta gestione del prelievo venatorio. graeca 107 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO montagna, con una diminuzione delle aree aperte a favore delle aree boscate o cespugliate, non adatte alla specie; localmente, la meccanizzazione agricola e il pascolo intensivo; la poco attenta pianificazione dell’attività venatoria, le uccisioni illegali e l’eventuale introduzione a scopo venatorio di esemplari appartenenti a razze diverse o a specie ad essa affini; il disturbo antropico e la presenza di cani vaganti. Bubo bubo Nidifica in zone montane e collinari, caratterizzate dalla presenza di versanti rocciosi, forre, calanchi, bordati da alberi e arbusti, e con aree adatte alla caccia (per lo più zone aperte, anche coltivate come vigneti, frutteti, campi, o foreste rade). Negli ultimi decenni in Europa si è assistito ad un calo delle popolazioni di questo uccello, dovuto soprattutto alla persecuzione diretta (caccia ai nocivi, bracconaggio) e all’inquinamento ambientale da mercurio. Attualmente le minacce più gravi sono dovute all’impatto con cavi sospesi (linee elettriche, impianti di risalita, teleferiche) o la folgorazione su strutture di sostegno di linee elettriche o con cavi di linee ferroviarie, agli abbattimenti illegali, all’eventuale utilizzo di rodenticidi in agricoltura; al disturbo al nido durante l’attività riproduttiva, soprattutto durante la cova ed il primo mese di vita dei nidiacei. Ridurre il rischio di folgorazione o di impatto con cavi sospesi, tramite l’installazione di posatoi artificiali sui tralicci o di strutture che impediscano di posarsi sugli elementi a rischio, la disposizione di elementi che rendano maggiormente visibili i cavi, in particolare nelle vicinanze dei siti riproduttivi, la rimozione di cavi e tiranti di teleferiche e funivie non più in uso; limitare i fattori di disturbo in prossimità dei siti riproduttivi dovuti per esempio ad attività sportive (free-climbing), almeno durante il periodo riproduttivo; ridurre l’uso di rodenticidi in campo agricolo. Per questa specie è favorevole il mantenimento di aree adatte alla caccia, come ambienti ad agricoltura estensiva (prati, campi coltivati, frutteti) intervallati a siepi o aree boscose. Glaucidium passerinum Foreste mature, soprattutto di conifere; preferisce boschi disetanei con radure, folto sottobosco e presenza di alberi di grosse dimensioni. Negli ultimi decenni le popolazioni europee di questa specie sono stabili. Il maggiore fattore limitante è la scarsità di piante con cavità di picchio o naturali. Tagli a gruppi o saltuari, che portano alla costituzione di boschi disetaneiformi con radure e zone di sottobosco, adatti alla specie, rilascio di alberi di grosse dimensioni, in particolare quelli con cavità, non tagliare alberi con cavità occupate durante il periodo riproduttivo. Aegolius funereus Boschi di conifere e latifoglie maturi inframmezzati da radure, spesso al margine di ampie aree a pascolo. Caccia lungo i margini dei boschi e nelle radure. Specie stabile, numericamente fluttuante in relazione alla disponibilità di prede ed al conseguente successo riproduttivo. Fattori limitanti per questa specie sono: il taglio di vaste aree di boschi maturi e in generale l’abbattimento di vecchi alberi vivi o morti, che sono causa della mancanza di alberi con cavità idonee alla nidificazione (la specie utilizza con facilità i nidi artificiali, ma nel tempo c’è una tendenza alla riduzione del tasso di occupazione, anche a causa della predazione da parte di mustelidi); le uccisioni illegali. Tagli a gruppi o saltuari, che portano alla costituzione di un bosco disetaneiforme con radure e zone di sottobosco, adatto alla specie, rilasciare alberi di grandi dimensioni, in particolare quelli con cavità, non tagliare alberi con cavità occupate durante il periodo riproduttivo. Dryocopus martius Boschi maturi di alto fusto; fondamentale per la nidificazione è la presenza di alberi con tronco colonnare libero da rami, di diametro sufficientemente elevato per scavare il nido. Per l’alimentazione è importante la presenza di alberi stramaturi, deperienti e marcescenti. Specie stabile, in molte zone di media e bassa quota dell’Europa centrale ha mostrato recenti segni di espansione favorito dall’abbandono di molte aree forestali, il che ha consentito ad alcune piante di raggiungere dimensioni adatte per la nidificazione. Localmente è penalizzato da: scarsità o mancanza di piante di grandi dimensioni, allontanamento dal bosco del legno morto, con la conseguente riduzione delle comunità di insetti di cui si nutre. Lasciare alberi di grosse dimensioni e quelli con cavità, lasciare in bosco alberi morti, non tagliare alberi con cavità occupate durante il periodo riproduttivo. Lanius collurio Frequenta ambienti ecotonali come zone cespugliose, aree aperte intervallate da siepi e alberi, margini di boschi, radure. In declino moderato a livello europeo, dovuto ad alterazione dell’habitat (trasformazioni degli agroecosistemi) e a variazioni climatiche. I principali fattori limitanti sono: agricoltura intensiva, l’eliminazione delle siepi in ambito agrario, la scomparsa dei prati e pascoli nelle zone montane. Mantenere le zone ecotonali, quindi conservare le siepi e le fasce erbose negli ambienti agrari, e le aree boscate, soprattutto quelle ripariali, nelle aree di pianura e di fondovalle; mantenere le aree aperte (prati, pascoli) delle zone collinari e montane; nelle aree coltivate è importante la riduzione dell’impiego di antiparassitari. Rhinolophus euryale, Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus hipposideros, Barbastella barbastellus, Miniopterus schreibersi I chirotteri prediligono zone molto “frastagliate” dove possono ricavare rifugio durante le ore diurne (rupi, grossi alberi cavi, grotte e anfratti naturali, sottotetti di ruderi, ecc.). In generale queste specie stanno progressivamente soffrendo la diminuzione del livello di naturalità dei luoghi ma indicazioni puntuali per il Parco del’Adamello non sono disponibili per la mancanza di dati dedicati. Nel complesso evitare il taglio degli alberi dominanti soprattutto se dotati di cavità interne. Ursus arctos Soprattutto ambienti di foresta, anche se si adatta ad una grande varietà di habitat con elevata copertura boschiva, caratterizzati da un basso disturbo antropico. Le tane dove trascorre il letargo sono situate in grotte o anfratti, in zone di solito lontane da fonti di disturbo umano. L’orso bruno è scomparso in buona parte della catena alpina a seguito della persecuzione e della riduzione e frammentazione degli habitat forestali. In Europa la specie è minacciata, e la situazione italiana è particolarmente critica in quanto le popolazioni sono tra le più piccole ed isolate. Le Anche per questa specie non è ipotizzabile una politica di conservazione ristretta alle sole aree protette. Come per la precedente, studi ed interventi vanno pianificati almeno a livello regionale e coordinati con quelli di regioni e stati confinanti. Misure favorevoli sono: conservare le aree idonee alla specie, in particolare 108 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO recenti reintroduzioni nel confinante Parco dell’Adamello Brenta favoriscono la presenza saltuaria del plantigrado anche nelle foreste del parco. Attualmente le principali minacce provengono da: uccisioni illegali, psicosi pubblica, morti dovute a collisioni con automobili o treni, antropizzazione del territorio, in particolare la presenza di fattori antropici di discontinuità ecologica (insediamenti, vie di comunicazione, coltivazioni intensive). mantenere vasti territori liberi da infrastrutture, promuovere campagne di sensibilizzazione nei confronti dell’orso presso le popolazioni locali, prevedere il risarcimento dei danni provocati agli animali domestici e promuovere l’adozione delle tecniche adatte a prevenirli. LA TRASFORMAZIONE DEL BOSCO Con la D.G.R. 21 settembre 2005 n. 8/675 (pubblicata sul B.U.R.L. 1° Supplemento Straordinario del 4 ottobre 2005) la Regione Lombardia ha approvato le parziali modifiche ai criteri di trasformazione del bosco ed interventi compensativi, di cui all’art. 4 del D.lgs. n. 227/2001 e all’art. 43, comma 8 della l.r. 31/2008, definiti nella D.G.R. 27 luglio 2006 n. 3002 (Allegato 2). Al comma 4 di detta delibera (Interventi compensativi in generale) viene stabilito che il rapporto tra la superficie trasformata e quella oggetto di compensazione deve essere pari a 1:1 per gli interventi in comuni montani o collinari e compreso tra 1:2 e 1:5 per gli interventi in comuni di pianura (secondo la classificazione ISTAT); la variazione del rapporto di compensazione per questi ultimi è determinata dal valore biologico del bosco distrutto. Al comma 7 (Trasformazioni in presenza di Piani di Indirizzo Forestale) della Delibera regionale, così come nella recente legge forestale regionale (L.R. n. 31/2008, all’art. 43 comma 5) viene anche riportato che i PIF permettono di pianificare il territorio forestale in base alle esigenze ed alle peculiarità locali; pertanto il PIF stabilisce i seguenti punti: 1. 2. 3. proporre le aree boscate da tutelare, o che non dovrebbero essere trasformate; definisce modalità e limiti, anche quantitativi, per le autorizzazioni alla trasformazione del bosco; stabilisce tipologie, caratteristiche qualitative e quantitative e localizzazione dei relativi interventi di natura compensativa, ovvero il rapporto di compensazione, nonché il tipo di intervento compensativo, le aree da destinare a rimboschimento compensativo, le caratteristiche tecniche ed i criteri di esecuzione degli interventi compensativi. Al fine quindi di rispondere compiutamente a quanto previsto dalla legislazione regionale, nel presente capitolo vengono definiti i criteri con cui eseguire le compensazioni da prevedere nel territorio per cui il presente PIF viene redatto. Sulla base di un criterio impostato sul valore biologico delle tipologie forestali, analizzate e descritte nei capitoli precedenti, sono stati individuati, con riferimento alle tipologie, i “boschi non trasformabili”19. 19 Il concetto di ammissibilità alla trasformazione di una superficie dovrebbe in ogni caso tenere conto della dinamicità delle vegetazione forestale e pertanto si ritiene quantomeno riduttivo esaurirne l’analisi ad uno strumento che abbia validità quindicennale. Si ricordi a tal proposito che la normativa vigente classifica come bosco qualsiasi superficie naturale rimboschitasi naturalmente da almeno 5 anni; è quindi non inverosimile attendersi che nel prossimo quindicennio potranno succedersi modificazioni dinamiche della localizzazione delle superfici oggi non classificate come bosco e pertanto si ritiene necessario rimandarne al caso specifico le valutazioni in termini di trasformazione d’uso. 109 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO TIPO Betuleti primitivi Mugheta microterma dei substrati silicatici Pecceta azonale su alluvioni Lariceto primitivo Lariceto tipico Larici-cembreti Formazioni particolari Saliceti a Salix foetida e Salix nigricans SIC e ZPS Aree tutelate dall’art. 17 del RD 3267/1923 Aree a funzione prevalente protettiva SUPERFICIE CARTOGRAFATA 8,06 44,76 68,25 49,.62 340,06 45.41 752,77 Sono altresì soggetti a non trasformabilità (ancorché non individuati cartograficamente): - - - ì boschi ricadenti nelle aree dei Varchi di interconnessione ecologia (ricompresi all’interno del perimetro del Parco Regionale dell’Adamello), previsti dalla DGR n. 8/10962 del 30/12/2009, nei cui ambiti dovranno essere realizzate prioritariamente le opere forestali e non, atte al mantenimento e potenziamento della permeabilità ambientale riferendosi a specie target cervo e capriolo e a micromammiferi in genere; dovrà essere favorito il mantenimento della copertura forestale di Aceri-Frassineto e di Alneta con ontano bianco, prevedendo la non trasformabilità delle aree forestali in fase climax, ovvero la possibilità di trasformazione delle aree con presenza di tali associazioni in fase evolutiva, con compensazione; i boschi ricadenti negli ambiti interessati da fenomeni di dissesto così come individuati dal PAI vigente. In ogni ambito citato la trasformazione è comunque ammessa nei seguenti casi: - opere la cui utilità assuma rilevanza pubblica; interventi di sistemazione del dissesto idrogeologico attuati prevalentemente secondo gli schemi dell’ingegneria naturalistica; interventi previsti dai Piani d’assestamento, dal Piano della Viabilità Agro-Silvo-Pastorale e dai Piani di gestione dei siti natura 2000; interventi di gestione ordinaria del territorio effettuati dal Parco dell’Adamello (aree di sosta, posa di cartellonistica informativa, manutenzione dei sentieri, ecc.); interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di strutture esistenti (fabbricati rurali e relative pertinenze) da attuarsi nelle direttive del PTC; interventi ricadenti in formazioni forestali di transizione non ancora stabilizzate del lariceto tipico (neoformazioni secondarie del larice, e Aceri-frassineti di neoformazione e/o in fase evolutiva iniziale). Sono da ritenersi altresì ammesse le trasformazioni connesse con quanto previsto dal PTC del Parco all’art. 46 sulle Aree sciabili, negli ambiti di cui all’art. 22 di Zone di iniziativa comunale e all’art. 23 di Zone attrezzature ed insediamenti turistici (cfr. con quanto riportato al punto b del presente documento). Per quanto attiene infine interventi previsti in ambiti di tutela SIC e ZPS sono comunque ammesse le trasformazioni previste dai relativi piani di gestione. L’identificazione delle superfici boscate non ammesse alla trasformazione è stata effettuata cartograficamente su supporto in scala 1: 20.000, e pertanto la loro esatta individuazione dev’essere in ogni caso vincolata alla verifica 20 esatta dei luoghi mediante rilievi di dettaglio delle tipologie forestali e/o dell’effettiva presenza di bosco . Questo 20 Entro la fine quest’anno il parco ha previsto il completamento della “Carta dei boschi del Parco dell’Adamello” mediante l’utilizzo di immagini telerilevate da satellite (progetto approvato con Deliberazione della Giunta esecutiva n. 104 del 25 maggio 2010). La carta avrà un errore cartografico ammesso di 5 m e potrà costituire un elemento di più concreto supporto nell’analisi degli ambiti forestali presenti sul territorio. 110 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO fatto è particolarmente delicato nel caso delle formazioni ad attitudine pioniera (neoformazioni forestali e formazioni secondarie) e nei casi di sovrapposizione delle peccete antropogene con le Peccete azonali su alluvioni. Per tutte le altre superfici boscate non è preclusa la possibilità di trasformazione d’uso, purché giustificata e concordata in relazione alle disposizioni degli altri strumenti di pianificazione del territorio ed in particolare del PTC del Parco. Al fine di differenziare gli oneri di compensazione in funzione della tipologia forestale interessata e della finalità dell’intervento per cui la trasformazione è richiesta è introdotto un sistema di ponderazione per la determinazione del coefficiente di compensazione. Questo risulta infatti definito dal prodotto tra il coefficiente dato dalla tipologia d’intervento e il coefficiente determinato dalla tipologia forestale del bosco interessato. A tal fine gli interventi vengono distinti come segue: 1. Interventi di recupero e valorizzazione di strutture esistenti abbandonate. Il PIF ALTO PARCO favorisce, nel limite delle disposizioni previste dal PTC, il recupero della funzione rurale di aree abbandonate (ruderi abbandonati, malghe, alpeggi, agriturismi e quant’altro) e relative pertinenze (allacciamenti tecnologici e viari), stabilendo una diminuzione del rapporto di compensazione fino a 0,2. 2. Interventi di valorizzazione e potenziamento delle strutture sciistiche. Il PIF ALTO PARCO ammette la trasformazione d’uso nei limiti e dettami già previsti dal PTC, ponderando i rapporti di compensazione in maniera differenziata nei tre casi seguenti: - 1:2 per le piste e gli impianti destinati allo sci alpino e ogni altra nuova struttura ad elevato impatto; - 1:1,5 per le piste destinate allo sci di fondo ricavate ex novo; - 1:0,5 per le piste e gli impianti destinate esclusivamente allo sci di fondo ricavate in corrispondenza di strutture preesistenti senza modificarne in maniera sostanziale la larghezza (strade e piste forestali esistenti). 3. Interventi di espansione residenziale di fondovalle. Come nel caso precedente le trasformazioni d’uso sono ammesse nei limiti e dettami già previsti dal PTC ponderando i rapporti di compensazione in maniera differenziata nei due casi seguenti: - 1:1 per edifici singoli ad uso “prima casa” e interventi di utilità pubblica; - 1:3 per altre tipologie di edificio residenziale; 4. Interventi infrastrutturali per attività produttive (captazioni, linee elettriche, ecc.). Come nel caso precedente le trasformazioni d’uso sono ammesse nei limiti e dettami già previsti dal PTC ponderando il rapporto di compensazione nella misura di 1:2. L’estensione minima per cui è prevista la compensazione è pari a 200 mq elevati a 2.000 mq nel caso di opere di pubblica utilità e, nei limiti tecnici di realizzazione funzionale delle singole opere, potranno essere previste forme di tutela puntuale che prevedano il rilascio e valorizzazione di singoli alberi a carattere monumentale e di lembi circoscritti di soprassuoli ritenuti di particolare pregio. I rapporti di compensazione sopra individuati vanno ulteriormente ponderati a seconda della categoria boschiva che sarà interessata dalla trasformazione, così come sono state individuate nel presente piano; il coefficiente è stato quantificato prendendo in considerazione i seguenti parametri: − − − rarità; unicità; vicinanza al climax stazionale. La rarità indica la maggiore o minore facilità di reperire la tipologia descritta nell’intorno dell’area in esame, in termini di superficie; per unicità si vuole intendere il grado di rarità della fitocenosi, non relativamente al comprensorio in esame, ma riferendosi a peculiarità compositive e strutturali raramente riscontrabili anche nell'intorno. Un grado di unicità non relativo quindi, ma globale, derivato dall'individuazione di particolari caratteri floristici, fisionomici e stazionali delle componenti. La vicinanza al climax stazionale si valuta secondo la maggiore o minore distanza dagli stadi climacici possibili per ciascun raggruppamento individuato. 111 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Categoria Aceri-frassineto Aceri-tiglieti Betuleti Corileti Mughete Peccete Lariceti Larici-cembreti Alnete Formazioni particolari Formazioni antropogene Tipologia forestale Rarità Unicità Climax Punteggio Fattore Aceri-frassineto tipico (Ap-Fr-t) Aceri-frassineto con Ontano bianco (Ap-Fr-Ai) Aceri-tiglieto Betuleti secondari (B-s) Betuleti primitivi (B-p) Corileti (Ca) Mugheta microterma dei substrati silicatici (Pm-mc-s) Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli xerici (P-s-mnt-x) Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-s-mnt-m) Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-s-ams-m) 4 3 5 5 3 1 5 4 3 4 4 4 4 5 2 5 2 5 4 3 4 12 10 15 11 10 6 15 10 7 10 NT; 1:1,2 NT; 1:1,1 NT; 1:1,5 NT; 1:1,2 NT 1:1,1 NT; 1:1,2 1:1,1 1:1,1 1:1,1 Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli xerici (P-s-ams-x) 4 3 5 4 2 3 3 2 1 2 2 4 10 1:1,1 Pecceta azonale su alluvioni (P-al) Pecceta secondaria (P-sc) Pecceta di sostituzione (P-st) Lariceto primitivo (L-p) Lariceto tipico (L-t) Lariceto in successione con pecceta (L-P) Larici cembreto primitivo (L-Pc-p) Larici cembreto tipico (L-Pc-t) Alneto di ontano bianco (Al-i) Alneto di ontano verde (Al-v) Saliceto di ripa (Sx-r) Saliceto di greto (Sx-g) Saliceto a Salix cinerea Saliceto a Salix caprea Formazioni di pioppo tremulo (Pp-t) Formazioni di sorbo degli uccellatori (Sb) Impianti artificiali di conifere (Art) 5 1 1 3 3 3 5 4 2 1 4 4 4 5 4 5 1 5 1 1 5 4 3 5 5 3 3 4 4 4 5 4 5 1 5 2 1 5 4 3 5 5 4 5 3 3 3 3 3 5 1 15 4 3 13 11 9 15 14 9 9 11 11 11 13 11 15 3 NT; 1:1,2 1:1 1:1 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 1:1 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 NT; 1:1,1 NT; 1:1,1 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 NT; 1:1,2 1:1 Il fattore di ponderazione individuato per ogni categoria andrà quindi moltiplicato per il rapporto di compensazione derivante dalla tipologia di trasformazione prevista. Nel caso di trasformazioni all’interno di SIC, ZPS e ZPRPA, sempre se compatibili con il relativo piano di gestione e, così come richiesto dalla normativa vigente, previa valutazione di incidenza, si aggiunge un ulteriore fattore di ponderazione pari a 1:2. Il coefficiente di compensazione non potrà in ogni caso superare il valore di 1:4 LA RELAZIONE TECNICO FORESTALE SEMPLIFICATA Come previsto dalla normativa vigente, il rilascio o il diniego dell’autorizzazione alla trasformazione del bosco nei casi regolamentati da un PIF, è rimandato ai contenuti di specifica “relazione tecnico forestale semplificata” redatta da un dottore forestale o dottore agronomo; la relazione dev’essere sottoposta a specifico parere a cura del parco e dovrà evidenziare in particolare quanto segue: - la compatibilità della trasformazione richiesta con le previsioni e le prescrizioni del Piano di Indirizzo Forestale; la possibilità e opportunità di effettuare la trasformazione su altri boschi di minor valore che il PIF classifica come trasformabili; la compatibilità degli interventi di compensazione proposti dal richiedente con le previsioni e le prescrizioni del PIF; la non difformità della trasformazione con le disposizioni di cui agli strumenti di pianificazione della Rete Ecologica Regionale, del PAI (Quadro dei dissesti), del PTCP e del PPR; la congruità economica degli interventi di compensazione proposti dal richiedente. INTERVENTI AUTOCOMPENSATIVI Sono intesi come trasformazioni autocompensative (non prevedono oneri di compensazione) i seguenti interventi: - Sistemazioni idrauliche e opere di difesa idraulica purché realizzate con tecniche di ingegneria naturalistica. Realizzazione di viabilità agro-silvo-pastorale prevista dall’apposito piano della viabilità della Comunità Montana (VASP). 112 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO - - - Difesa attiva e passiva dalle valanghe. Recupero delle aree ex pascolive e dei maggenghi in fase di rimboschimento (purché ne sia confermata la destinazione agricola con vincolo ventennale). Interventi finalizzati all’esercizio dell’attività primaria, ovvero all’esclusivo riutilizzo agricolo legato all’attività zootecnica e all’agronomia montana; in questo senso vengono anche ricompresi tutti i territori in cui sono presenti terrazzamenti abbandonati, indipendentemente dal tipo ed età di bosco presente; l’autocompensazione viene concessa anche se il richiedente è un privato non agricoltore (purché sia confermata la destinazione agricola con vincolo ventennale). Opere di difesa contro gli incendi boschivi previste in piani e strumenti di gestione dedicati (piazzole di atterraggio elicotteri, vasche antincendio, acquedotti antincendio, viali tagliafuoco, ecc.). Interventi di recupero dei manufatti della Grande Guerra. Interventi puntuali previsti nella programmazione gestionale del parco e nel PTC quali la realizzazione di aree di sosta e di strutture puntuali di servizio, la riqualificazione sentieristica e la posa di cartellonistica normata, gli interventi di recupero e valorizzazione dei manufatti della grande guerra, ecc. Interventi di interramento di linee tecnologiche aeree esistenti. LE MISURE COMPENSATIVE La normativa attuale consente ai richiedenti la possibilità di realizzare in prima persona gli interventi derivanti dalle necessità di compensazione secondo le specifiche disposizioni di chi rilascia l’autorizzazione; in tale normativa è altresì previsto che a livello locale sia possibile stabilire i criteri di gestione dei fondi connessi, ed in particolare che vengano esplicitate all’interno di un piano d’indirizzo forestale i termini e i modi di intervento. Il parco dell’Adamello intende promuovere la gestione coordinata di tali fondi, programmandone il reinvestimento sul territorio in sede concertata con Comuni e Consorzi Forestali, per attuare i seguenti interventi (in ordine di importanza strategica): - Opere di miglioramento boschivo previste dai piani d’assestamento. Interventi di riqualificazione forestale individuati in sede concertata con il parco. Interventi di valorizzazione della viabilità forestale previsti dai PAF e realizzati secondo le disposizioni previste dal PTC. La normativa attuale consente ai richiedenti di realizzare in prima persona gli interventi derivanti dalle necessità di compensazione, secondo le specifiche disposizioni di chi rilascia l’autorizzazione, o, in alternativa, di monetizzare le compensazioni prevedendo una maggiorazione del 20% del “costo di compensazione”. In quest’ultimo caso, le somme introitate devono essere accantonate dall’Ente in un apposito capitolo di spesa e vincolate alla realizzazione di interventi compensativi entro tre anni dall’accertamento dell’entrata finanziaria. Il presente PIF prevede che la gestione di tali fondi avvenga in forma coordinata e concertata tra Parco dell’Adamello, Comuni e Consorzi Forestali, sulla base di programmi pluriennali di reinvestimento, che valorizzino il territorio. DETERMINAZIONE DEI COSTI DI COMPENSAZIONE Il costo degli interventi compensativi, “costo di trasformazione”, è calcolato basandosi sulla superficie trasformata ed è pari alla sommatoria delle seguenti voci, che devono essere sempre considerate, anche qualora siano implicite: • costo del soprassuolo; • costo del suolo. Il costo per la progettazione, la direzione lavori e il collaudo degli interventi è a carico del richiedente. 113 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 2 Per ogni m di terreno trasformato, il “costo del suolo” e il “costo del soprassuolo” (determinati come da paragrafi seguenti) sono sommati e moltiplicati per i metri quadrati di bosco trasformato e per il “coefficiente di compensazione”, come sopra determinato. IL COSTO DEL SOPRASSUOLO 2 Per ogni m di superficie, è dovuto l’importo di € 2,2990 (pari a € 22.990,00/ettaro), già determinato con Decreto 16117 del 19 dicembre 2007 del Direttore della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia e aggiornato ogni tre anni sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei tre anni precedenti. IL COSTO DEL SUOLO Il “costo del suolo” è pari al “valore agricolo medio” del bosco trasformato, facendo riferimento al valore indicato per un bosco di uguale forma di governo (alto fusto, ceduo o misto) di quello trasformato e posto nella medesima regione agraria. Per quanto non specificatamente trattato in questo capitolo, valgono i disposti contenuti nella D.G.R. 21 settembre 2005 n. 8/675, D.G.R. 1 agosto 2003 n. 7/13900, nella L.R. n. 31/2008 e nella D.G.R. 27 luglio 2006 n. 3002 (Allegato 2). 114 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO AZIONI A SOSTEGNO DEL SETTORE FORESTALE Al fine del rilancio delle attività economiche legate al bosco, operano alcuni strumenti normativi che prevedono regimi di sostegno finanziario a sostegno dello sviluppo del settore forestale, con aiuti rivolti sia alle imprese sia ai proprietari forestali. Le principali fonti di sostegno al settore, attualmente operanti in Regione Lombardia, sono il Piano di Sviluppo Rurale 2007 – 2013, che raccoglie e organizza gli interventi finanziari della Comunità Europea, e la L.r. 31/2008. UNIONE EUROPEA Nell’ambito della Politica Agricola Comunitaria (PAC), l’Unione Europea ha messo a punto alcune misure per favorire gli interventi sull’ambiente e lo sviluppo di un’agricoltura ecocompatibile. La Misura i (2.9) [“Altre misure forestali”] consente di aderire ad interventi selvicolturali di miglioramento delle superfici forestali nei comuni con piani di assestamento attivati. Con l’azione a1 permette di ottenere finanziamenti per le cure colturali, con l’azione a2 intende favorire i miglioramenti forestali e con l’azione a3 incentiva le utilizzazioni a macchiatici negativo. L’azione e permette di accedere a finanziamenti pubblici per la realizzazione e la manutenzione delle strade e/o piste forestali previste nei piani di assestamento forestale. L’azione d propone di accedere a contributi pubblici per le aziende forestali che intendono acquistare macchine e/o attrezzature forestali, per la realizzazione di strutture per lo stoccaggio, il trattenimento e la stagionatura del legname e per la produzione di biomassa forestale utile soprattutto ai fini energetici. L’azione f, infine, propone fondi pubblici per favorire la nascita e lo sviluppo di strutture associazionistiche fra proprietari di boschi finalizzate alla gestione forestale (Consorzi forestali). CONTRIBUTI ATTRAVERSO IL PSR LOMBARDIA 2007 - 2013 In Lombardia con il PSR 2007-2013 presentato alla Commissione Europea si prevede il contributo per favorire lo sviluppo sostenibile delle aree rurali in risposta alla crescente domanda di servizi ambientali da parte della società. Il Piano intende inoltre perseguire l’attività, avviata dal PSR 2000 - 2006, a favore dello sviluppo di metodi di produzione compatibili con la salvaguardia dell’ambiente, del paesaggio rurale, delle risorse naturali e della biodiversità. Per il settore forestale le misure attivate sono: MISURA 122: MIGLIORE VALORIZZAZIONE ECONOMICA DELLE FORESTE 115 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La misura 122 cerca d’incrementare la redditività ed il valore economico delle foreste sviluppando e potenziando le funzioni delle foreste dal punto di vista economico, produttivo, ecologico, turistico - ricreativo ed energetico e promuovere l’innovazione delle attrezzature forestali. Cercando di perseguire i seguenti obiettivi: a - Obiettivi specifici del PSR: • promuovere l’innovazione di processo e di prodotto e la riconversione produttiva b - Obiettivi operativi della misura: • promozione della gestione sostenibile e multifunzionale delle foreste attraverso investimenti in operazioni colturali e interventi funzionali • migliorare e recuperare i castagneti ai fini di aumentarne la produttività e la valenza multifunzionale; • migliorare la gestione delle superfici forestali garantendo l’incremento della qualità dei prodotti anche per l’utilizzo, attraverso l’innovazione in termini di qualità ed efficienza della dotazione di macchine ed attrezzature delle imprese della filiera bosco legno. BENEFICIARI: Soggetti proprietari o possessori delle superfici forestali di proprietà di privati o di comuni e loro associazioni. TERRENI AMMISSIBILI E LOCALIZZAZIONI: Il campo d’azione della misura è il miglioramento e la valorizzazione economica delle foreste attraverso il contributo al costo delle operazioni forestali di tipo straordinario in grado di aumentarne il futuro valore economico. Gli interventi ammissibili sono: a) Interventi straordinari di miglioramento dei soprassuoli forestali con finalità produttive, solo per superfici forestali oggetto di pianificazione, ecologiche: diradamenti, rinfoltimenti e conversione dei cedui, e rispettivi interventi funzionali alle operazioni di taglio come piste provvisorie d’esbosco, piazzali di carico e sentieri (manutenzione, ripristino e realizzazione di brevi tratti), aree di sosta ecc.. b) Recupero dei castagneti abbandonati: conversione da ceduo ad alto fusto previo innesto dei polloni di ceppaia, taglio fitosanitario di rimonda - riforma, ecc.. c) Acquisizione di attrezzature di raccolta anche innovative riguardanti le operazioni di taglio, allestimento, esbosco, nonché le iniziative destinate a migliorare la qualità dei prodotti ritraibili dal bosco. AGEVOLAZIONI PREVISTE: 116 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Gli investimenti previsti per gli interventi straordinari di miglioramento dei soprassuoli forestali con finalità produttive devono ricadere in boschi inclusi in piani di gestione forestale; inoltre il recupero dei castagneti abbandonati devono ricadere in boschi inclusi in piani di gestione forestale se interessano superfici maggiori di 2 ettari. Sono previsti investimenti per l’acquisizione di attrezzature di raccolta che devono essere propedeutici alle operazioni a carico di boschi inclusi in piani di gestione forestale. Le attività relative alla rigenerazione successiva al taglio a raso sono escluse dal sostegno. SPESE AMMISSIBILI L’aiuto può essere erogato secondo le seguenti tipologie: • contributo in conto capitale; • contributo in conto interessi sui mutui concessi da Istituti di Credito. Le due forme di erogazione sono mutuamente esclusive. Per questa misura è prevista l’erogazione dell’anticipo con le modalità disposte dall’art. 56 del Regolamento (CE) n. 1974/06 Tipo Realizzazione Indicatore Obiettivo Numero di aziende forestali che hanno ricevuto un sostegno agli investimenti (n) Volume totale di investimenti (€) Risultato 6.032.878 Aumento del valore aggiunto lordo agricolo nelle aziende beneficiarie (%) 10 Numero di aziende che hanno introdotto nuovi prodotti e/o nuove tecniche (n) 30 Aumento del valore aggiunto agricolo netto a parità di potere di acquisto (%) Impatto Note 120 Impatto Creazione netta di posti di lavoro ULA (%) 1) 0,03 0,004 Aumento del valore aggiunto lordo per occupato (€/ULA) 3.585 1) La misura 122, pur essendo prevista alcuna influenza sull'indicatore di impatto dalla fiches di misura, è stata considerata supponendo un suo contributo al mantenimento delle ULA aziendali contro un trand baseline di -2%, MISURA 221: IMBOSCHIMENTO DI TERRENI AGRICOLI La Misura 221 cerca di perseguire degli obiettivi ben precisi e specifici: • realizzare i sistemi verde territoriali per conservare e migliorare l’ambiente ed il paesaggio; • potenziare la produzione di biomasse legnose in pianura al fine di contrastare la produzione di gas effetto serra. 117 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO • Contribuire alla protezione dell’ambiente e alla preservazione delle avversità ambientali, con particolare attenzione alla attenuazione del cambiamento climatico. • Contribuire al miglioramento del paesaggio e della funzionalità degli ecosistemi attraverso la ricostruzione, soprattutto in pianura, di reti ecologiche essenziali per la conservazione della biodiversità. • Incentivazione delle produzioni legnose ecologicamente sostenibili e coerenti con la tutela e la conservazione dell’ambiente e riduzione delle colture agrarie a maggiore impatto ambientale, favorendo la conservazione delle produzioni agricole verso produzioni più sostenibili ecologicamente. BENEFICIARI: • Agricoltori (ossia “imprenditori agricoli professionali” che rientrano nella definizione dell’art. 1 e seguenti del D.Lgs. 99 del 29 marzo 2004 “Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ed e), della legge 7 marzo 2003, n. 38). • Persone fisiche o giuridiche di diritto privato non rientranti nella precedente definizione di “Agricoltori” • Persone giuridiche di diritto pubblico (Enti gestori di parchi e di riserve regionali, Comuni, Province, Ersaf, consorzi di bonifica, consorzi forestali pubblici). TERRENI AMMISSIBILI E LOCALIZZAZIONI: L’aiuto è concesso per realizzare le seguenti tipologie di impianti: A - boschi permanenti, a scopo ambientale, paesaggistico o protettivo, con durata dell’impegno uguale o superiore ad anni 15, ma con vincolo forestale permanente; B - arboricoltura da legno a ciclo medio - lungo, con latifoglie con durata dell’impegno uguale o superiore ad anni 15; C - arboricoltura da legno con ceduazione a turno breve (minimo 5 anni), per la produzione di paleria a fini di opera (es. bancali) e di biomassa a fini energetici, con durata dell’impegno di almeno 8 anni e rotazione inferiore ad anni 15; D - arboricoltura da legno a rapido accrescimento, con durata dell’impegno di almeno 8 anni e rotazione inferiore ad anni 15. Tutti gli interventi devono essere coerenti con le condizioni locali (in particolare, prevedendo l’utilizzo di specie autoctone o di essenze ampiamente adattate all’ambiente). Gli impianti da realizzare devono rientrare nella definizione data dall'articolo 30 del Regolamento. CE 1974/2006. Per tutte le tipologie è prevista l’erogazione di: 118 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO • contributo alle spese d’impianto. Per le tipologie A e B, indipendentemente l’una dall’altra e con durata variabile: • indennità annuale per la manutenzione iniziale dei nuovi impianti, per un periodo di massimo 5 anni; • indennità annuale per il mancato reddito. La misura si applica ai comuni classificati “pianura” dall’ISTAT”. Tuttavia gli impianti di tipologia A (boschi permanenti) e B (arboricoltura da legno a ciclo medio-lungo) sono ammissibili anche in comuni classificati “collina” dall’ISTAT. In tali comuni gli interventi previsti hanno anche una valenza protettiva nei confronti dell’erosione. Saranno considerati prioritari gli interventi: • finalizzati specificatamente al miglioramento delle condizioni ambientali e/o alla tutela della biodiversità (interventi in aree incluse nelle zone Natura 2000, nelle aree protette regionali, nelle zone vulnerabili da nitrati, negli ambiti perifluviali, per la ricostituzione di reti ecologiche e corridoi verdi, per l’ampliamento di aree boschive esistenti). Per la loro individuazione si farà riferimento anche alla pianificazione delle aree protette e delle aree Natura 2000 (art. 17 della l.r. 86/1983) e alla pianificazione forestale (art. 47 della l.r. 31/2008). • realizzati da parte di agricoltori, in quanto si ritiene che questi diano maggiori garanzie di buona riuscita degli impianti. Nel caso degli impianti a rapido accrescimento, saranno incentivati gli impianti realizzati in conformità coi sistemi di certificazione forestale sostenibile FSC (Forest Stewardship Council) o PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes). Non sono ammessi interventi che possono avere conseguenze negative sui siti della rete Natura 2000 oppure sulla conservazione della biodiversità. Nelle aree protette l’intervento è subordinato al parere favorevole dell’ente gestore. Non sono ammessi impianti di alberi di Natale. INTERVENTI Spese ammissibili per l’impianto Aiuti massimi per ettaro in euro/ettaro Premio per mancato reddito Premio per Agricoltori e loro Altre persone di manutenzioni associazioni diritto privato Boschi permanenti, a scopo ambientale, paesaggistico o protettivo 6.500,00 500,00 700,00 terreni di pianura (all’anno, dal 1° 550,00 terreni collina al 5° anno) 150,00 per tutti i terreni Arboricoltura da legno a ciclo medio-lungo 5.000,00 650,00 550,00 terreni di pianura (all’anno, dal 1° 325,00 terreni di collina al 5° anno) 150,00 per tutti i terreni Arboricoltura da legno a 3.500,00 119 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO rapido accrescimento AGEVOLAZIONI PREVISTE: Il contributo per le spese di impianto può coprire fino all’80% delle spese ammissibili: per gli interventi nelle zone incluse nella rete Natura 2000. Negli altri casi il contributo per le spese di impianto è fino al 70%, salvo il caso di boschi permanenti realizzati dalle persone giuridiche di diritto pubblico, ove il contributo è fino al 90% e della tipologia C, ove il contributo è fino al 40% (50% per giovani agricoltori). In tutti i casi, la parte restante è a carico del beneficiario. SPESE AMMISSIBILI: Le spese ammissibili comprendono: • i lavori di preparazione del terreno e di allestimento dell’impianto (arature, fresature, tracciamento filari, apertura buche, concimazione di fondo, pacciamatura, utilizzo di apparati di difesa per le piante e chiudende, ecc.); • l’acquisto del materiale vegetale arbustivo e arboreo, corredato da certificazione d’origine (vivaistica) e fitosanitaria; • le spese generali (oneri di progettazione, direzione lavori, consulenza, assistenza tecnica ai giovani impianti), che possono costituire al massimo il 15% delle spese ammissibili. Non possono accedere alla presente misura gli agricoltori che beneficiano del sostegno al prepensionamento. In riferimento al Piano di protezione delle foreste per imboschimenti ricadenti in aree a medio o alto rischio di fuoco ed elementi in grado di assicurare la conformità della misura proposta con il Piano. In Lombardia, le aree di collina e, soprattutto, quelle di pianura ricadono quasi esclusivamente in aree a basso o bassissimo rischio di incendio forestale. Solo in alcune porzioni dell’alta pianura (Milano, Como, Varese) e della collina i nuovi imboschimenti potrebbero portare alla ricostituzione di boschi distrutti dal fuoco. Non si tratta comunque di un obiettivo prioritario. In ogni caso gli interventi effettuati in zone a medio e alto rischio di incendio saranno conformi ai piani di protezione delle foreste. Gli obiettivi quantificativi per gli indicatori comunitari sono: Tipo Realizzazione Risultato Impatto Indicatore Numero di beneficiari di aiuti all'imboschimento (n) Obiettivo 1.300 Numero di ettari rimboschiti (ha) 11.000 Superficie soggetta a una gestione efficace del territorio* (ha) 11.000 Aumento presenza avifauna in aree agricole (%) 120 4,00 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Note Mantenimento di aree agricole (%) 4,7 Riduzione del surplus di azoto (kg/ha) 1) Aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili (ktoe) 1,4 10 1) Solo la misura 221 contribuisce alla creazione di energia da fonti rinnovabili, anche se nelle schede di misura è ipotizzato un contributo anche da parte delle misure 214, 216, 223, 226 MISURA 223: IMBOSCHIMENTO DI SUPERFICI NON AGRICOLE La Misura 223 cerca di perseguire i seguenti obiettivi: a) Obiettivi specifici del PSR: • realizzare i sistemi verdi territoriali per conservare e migliorare l’ambiente ed il paesaggio. b) Obiettivi operativi della misura: • contribuire alla protezione dell’ambiente e alla prevenzione delle avversità ambientali, con particolare attenzione alla attenuazione del cambiamento climatico; • contribuire al miglioramento del paesaggio e della funzionalità degli ecosistemi attraverso la ricostituzione, soprattutto in pianura, di reti ecologiche essenziali per la conservazione della biodiversità; • evitare l’abbandono e il degrado del territorio a seguito dell’abbandono colturale; • incentivazione diversificazione delle produzioni legnose ecologicamente sostenibili e coerenti con la tutela e la conservazione dell’ambiente. BENEFICIARI • Agricoltori (ossia imprenditori agricoli professionali che rientrano nella definizione dell’art. 1 e seguenti del d. lgs. 99 del 29 marzo 2004 “Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ed e), della legge 7 marzo 2003, n. 38”). • Persone fisiche o giuridiche di diritto privato non rientranti nella precedente definizione di “agricoltori”. • Persone giuridiche di diritto pubblico (Enti gestori di parchi e di riserve regionali, Comuni, Province, Ersaf, consorzi forestali pubblici). 121 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO TERRENI AMMISSIBILI E LOCALIZZAZIONI: La misura si applica nelle zone classificate di pianura dall’ISTAT. Saranno considerati prioritari gli interventi: • finalizzati specificatamente al miglioramento delle condizioni ambientali e/o alla tutela della biodiversità (interventi in aree incluse nelle zone Natura 2000, nelle aree protette regionali, nelle zone vulnerabili da nitrati, negli ambiti perifluviali, per la ricostituzione di reti ecologiche e corridoi verdi, per l’ampliamento di aree boschive esistenti). Per la loro individuazione si farà riferimento anche alla pianificazione delle aree protette e delle aree Natura 2000 (art. 17 della l.r. 86/1983) e alla pianificazione forestale (art. 47 della l.r. 31/2008). • realizzati da parte di agricoltori in quanto si ritiene che questi diano maggiori garanzie di buona riuscita degli impianti. Non sono ammessi interventi che possono avere conseguenze negative sui siti della rete Natura 2000 o sulla conservazione della biodiversità. Nelle aree protette l’intervento è subordinato al parere favorevole dell’ente gestore. Non sono ammessi impianti di alberi di Natale. AGEVOLAZIONI PREVISTE: Gli aiuti previsti consistono in: • un contributo per la copertura parziale dei costi di impianto, calcolato sulle spese ammissibili; • un premio per le manutenzioni dei primi 5 anni (esclusivamente nel caso di terreni agricoli incolti). Spese ammissibili per l’impianto: massimo 7.000 euro/ettaro (il maggior costo rispetto alla misura 221 è legato alla necessità di eliminazione delle vegetazione invadente che normalmente colonizza gli incolti). Eventuale premio per le manutenzioni: fino a 500 euro/ettaro (all’anno, dal 1° al 5° anno) Per gli interventi di questa misura il contributo massimo concedibile per i costi di impianto è di euro 200.000. Il contributo per le spese di impianto può coprire fino all’80% delle spese ammissibili: • nelle zone montane, per i soli interventi in cui i beneficiari sono gli agricoltori o le loro associazioni; • per gli interventi nelle zone incluse nella rete Natura 2000. Negli altri casi il contributo per le spese di impianto è fino al 70%, salvo il caso di interventi realizzati dalle persone giuridiche di diritto pubblico, ove il contributo è fino al 90%. In tutti i casi, la parte restante è a carico del beneficiario. SPESE AMMISSIBILI: • i lavori di preparazione del terreno e di allestimento dell’impianto (eliminazione vegetazione invadente, arature, fresature, tracciamento filari, apertura buche, concimazione di fondo, pacciamatura, utilizzo di apparati di difesa per le piante e chiudende, ecc.); • l’acquisto del materiale vegetale arbustivo e arboreo, corredato da certificazione d’origine (vivaistica) e fitosanitaria; 122 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO • le spese generali (oneri di progettazione, direzione lavori, consulenza, assistenza tecnica ai giovani impianti), che possono costituire al massimo il 15% delle spese ammissibili. Non possono accedere alla presente misura gli agricoltori che beneficiano del sostegno al prepensionamento. In Lombardia, le aree di collina e, soprattutto, quelle di pianura ricadono quasi esclusivamente in aree a basso o bassissimo rischio di incendio forestale. Solo in alcune porzioni dell’alta pianura (Milano, Como, Varese) e della collina i nuovi imboschimenti potrebbero portare alla ricostituzione di boschi distrutti dal fuoco. Non si tratta comunque di un obiettivo prioritario. In ogni caso gli interventi effettuati in zone a medio e alto rischio di incendio saranno conformi ai piani di protezione delle foreste. Gli obiettivi quantificativi per gli indicatori comunitari sono: Tipo Realizzazione Risultato Impatto Note Indicatore Numero di beneficiari di aiuti all'imboschimento (n) Obiettivo 100 Numero di ettari imboschiti (ha) 700 Superficie soggetta a una gestione efficace del territorio* (ha) 700 Mantenimento di aree agricole (%) 3,00 Solo la misura 221 contribuisce alla creazione di energia da fonti rinnovabili, anche se nelle schede di misura è ipotizzato un contributo anche da parte delle misure 214, 216, 223, 226 MISURA 226: RICOSTRUZIONE DEL POTENZIALE FORESTALE E INTERVENTI PREVENTIVI La Misura 226 cerca di perseguire i seguenti obiettivi: a) Obiettivi specifici del PSR: • salvaguardare l’agricoltura nelle aree svantaggiate di montagna b) Obiettivi operativi della misura: • Ricostituzione e ripristino di boschi danneggiati da disastri naturali e da incendi. • Realizzazione e manutenzione di cesse parafuoco. • Miglioramento dei soprassuoli forestali con finalità preventive e con l’obiettivo di salvaguardare la biodiversità. • Stabilizzazione dei versanti potenzialmente instabili e consolidamento del reticolo idrografico minore. BENEFICIARI: 123 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La misura è rivolta ai soggetti proprietari o possessori delle superfici forestali (Enti pubblici, agricoltori, soggetti privati, Consorzi forestali). TERRENI AMMISSIBILI E LOCALIZZAZIONI: I boschi lombardi danneggiati da disastri naturali e da incendi e superfici forestali classificate ad alto o medio rischio di incendio. a) Ripristino e ricostituzione di boschi danneggiati da disastri naturali e da incendi: taglio sgombero del materiale morto o deperente, rimboschimenti e/o rinfoltimenti con specie autoctone ecc.. b) Realizzazione e manutenzione di cesse parafuoco solo su superfici forestali classificate ad alto o medio rischio di incendio: taglio e sgombero del materiale forestale, rinverdimenti localizzati, sfalci successivi (costi ammissibili potranno comprendere, oltre al costo di realizzazione, i successivi costi di manutenzione dell’area interessata). c) Miglioramento dei soprassuoli forestali (solo per superfici forestali oggetto di pianificazione) con finalità preventive e di salvaguardia della biodiversità: diradamenti, rinfoltimento e rimboschimenti, conversione dei cedui, sostituzione di specie fuori areale, contenimento avanzata del bosco al fine di preservare le praterie alpine; d) Sistemazioni idrauliche forestali: interventi di riassetto idrogeologico, regimazione idraulica e consolidamento di versanti in frana con interventi eventualmente realizzati con tecniche di ingegneria naturalistica in aree boscate e sul reticolo idrografico minore. AGEVOLAZIONI PREVISTE: In attuazione a quanto previsto dalla “legge quadro in materia di incendi boschivi” del 21 novembre 2000 n. 353 , la Regione Lombardia si è dotata del “Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi”. Per la tipologia C, il sostegno è concesso solo per superfici forestali oggetto di pianificazione. SPESE AMMISSIBILI: Il contributo è: 60% agli agricoltori delle zone montane, delle aree svantaggiate, e delle zone incluse nella rete Natura 2000. Il sostegno ad Enti pubblici può arrivare fino al 100%. Gli obiettivi quantificativi per gli indicatori comunitari sono: Tipo Indicatore Realizzazione Numero di interventi preventivi/ricostitutivi (n) Superficie forestale danneggiata sovvenzionata (ha) Volume totale di investimenti (€) 124 Obiettivo 35 700 8.750.000 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Risultato Impatto Note Superficie soggetta a una gestione efficace del territorio* (ha) Mantenimento di aree agricole (%) 700 3 Solo la misura 221 contribuisce alla creazione di energia da fonti rinnovabili, anche se nelle schede di misura è ipotizzato un contributo anche da parte delle misure 214, 216, 223 e 226 CONTRIBUTI CON LE LEGGI REGIONALI LEGGE REGIONALE 31/2008 Le aziende agricole, le cooperative, i consorzi e le associazioni costituite tra i proprietari di terreni agricoli, di boschi ed alpeggi, le amministrazioni separate di beni di uso civico, le Comunità Montane, i Comuni, gli enti morali e senza fine di lucro, conformemente ai dettami della politica agraria comunitaria, possono beneficiare dei contributi previsti dalla legge regionale 31/2008. In particolare l’art. 26 intende favorire la protezione e la valorizzazione delle superfici forestali e per la realizzazione degli interventi individua le aziende agricole, nonché i consorzi di proprietari, quali i consorzi forestali come realizzatori prioritari. Sono ammessi a finanziamento interventi finalizzati: 1. alla protezione dei terreni boscati da danni di natura biotica ed abiotica, quali: attacchi di parassiti, danni da interventi climatici eccezionali, danni da incendi. Vengono pertanto finanziate le azioni di lotta ai parassiti, le sistemazioni idraulico forestali, le azioni di difesa e di risanamento dei danni di natura climatica eccezionale e da incendi; 2. alla valorizzazione delle produzioni forestali ed alla difesa dell’occupazione forestale quali: realizzazione di viabilità di servizio forestale, rimboschimenti e miglioramenti delle superfici esistenti qualora questi siano previsti dai piani di assestamento, la realizzazione degli PAF generali e particolari, l’ammodernamento delle dotazioni e delle strutture aziendali delle ditte di utilizzazione boschiva e delle imprese di prima trasformazione del legname, le iniziative di valorizzazione delle produzioni forestali minori (ad es. la castagna). Oltre alla valorizzazione delle superfici forestali la legge, con l’art. 25, sostiene i lavori di pronto intervento in conseguenza a calamità naturali riguardanti il territorio agro-forestale, nonché le sistemazioni idraulico forestali e la loro manutenzione con aiuti alla realizzazione di opere e lavosi necessari a fronteggiare: 1. situazioni di effettivo pericolo a cose o persone causate da eventi calamitosi nel settore idraulico – agrario – forestale; 2. interventi in aree montane per il recupero ed il ripristino dei territori compromessi da eventi eccezionali. 125 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Legge che sostituisce la L.r. 8/1976, la L.r. 80/1989 e la L.r. 27/2004, prevede di tutelare e valorizzare il paesaggio e l’economia forestale, rafforzando il ruolo del PIF. La nuova legge apporta delle novità, tra le principali, troviamo la definizione di bosco e inoltre tratta l’argomento della programmazione attraverso i PIF e i PTC. In tale legge vengono inserite alcuni articoli riguardanti i finanziamento nei confronti della miglioramento e valorizzazione delle aree boscate, sia per soggetti pubblici sia per soggetti privati e qualsiasi fonte di associazione Con l’art.56: la Regione trasferisce fondi per il finanziamento dei servizi ambientali erogati dai consorzi forestali riconosciuti, nonché, per un periodo massimo di cinque anni e decrescenti, per la copertura delle spese di avviamento dei consorzi forestali stessi. Il finanziamento delle spese di avviamento è riservato ai consorzi che dimostrano una soddisfacente e sostenibile condizione amministrativa e finanziaria. Inoltre con l’art.60: La Regione promuove l’ammodernamento delle dotazioni, degli impianti, delle strutture ed infrastrutture, dei dispositivi per la sicurezza degli operatori delle imprese di utilizzazione boschiva e di prima trasformazione del legno, quale contributo allo sviluppo della filiera bosco-legno e di corrette metodologie di lavoro nella foresta. Con lo scopo di promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili provenienti dalla foresta e dall’arboricoltura da legno, incentiva, anche in collaborazione con le province e le comunità montane, la realizzazione di impianti energetici alimentati a biomassa legnosa, dando priorità a quelli realizzati dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, dai consorzi forestali e dai proprietari di superfici boscate. 126 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO AZIONI FITOSANITARIE E PIANIFICAZIONE ANTINCENDIO BOSCHIVO In attuazione delle disposizioni previste dalla L. 353/2000 e del Piano Regionale Antincendi Boschivi (DGR n. VIII/003949/2006), la Comunità Montana di Valle Camonica ha istituito, in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, i Vigili del Fuoco e le Organizzazioni di volontariato di Protezione Civile, il Servizio Antincendi Boschivi che definisce in maniera dettagliata programmi e iniziative per mantenere elevati i livelli di efficacia degli interventi21. In questi ultimi anni sono stati ottenuti significativi passi avanti nel contenimento di tali fenomeni registrando un vero e proprio abbattimento del rischio AIB nelle aree comprese all’interno del parco. Si ritiene pertanto fondamentale proseguire in questa direzione valutando in maniera puntuale eventuali interventi di potenziamento del sistema. PROTEZIONE DAGLI INCENDI DESCRIZIONE E LOTTA CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI Le indicazioni relative alla descrizione e alla lotta contro gli incendi boschivi derivano dal “Piano Regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi – Anno 2003”, realizzato nell’ambito della Convenzione di Ricerca “Linee di impostazione del Piano Regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi” del 14 maggio 2002 tra la Regione Lombardia (Direzione Generale Agricoltura, Unità Organizzativa Sviluppo e Tutela del Territorio Rurale Montano) e il Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio (AGROSELVITER) dell’Università degli Studi di Torino. All’interno del Piano sono individuate, a livello regionale, delle Aree di intervento per la prevenzione degli incendi boschivi: le Aree di Base e i Comuni in cui si sono verificati incendi significativi nella serie storica esaminata (19902001). Le Aree di Base sono unità geografiche di riferimento delineate per la zonizzazione e l’organizzazione del servizio antincendio. Esse risultano essere raggruppamenti di comuni definiti principalmente secondo un criterio amministrativo e pertanto coincidenti con le Comunità Montane, per quanto riguarda l’area montana, e con le province, per il restante territorio regionale. L’area interessata dal PIF è inclusa all’interno dell’Area di Base C.M. della Valcamonica; i Comuni compresi nell’area d’indagine, Incudine, Vezza d’Oglio, Vione, Temù, Pontedilegno, ricadono infatti all’interno della Comunità Montana. Per definire il grado di rischio è necessario procedere ad un’analisi strutturata, che consenta di individuare sul territorio non solo le aree percorse dal fuoco, ma anche le caratteristiche del fenomeno sulla base di specifici indici di pericolosità. La zonizzazione del rischio di incendio permette di individuare e descrivere le unità geografiche attraverso una scala ordinale di priorità. 21 Vedasi al riguardo il Quaderno Tecnico del Parco dell’Adamello Combattere il fuoco nei boschi (Ducoli; 2006). 127 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Attraverso l’analisi della serie storica degli incendi verificatisi dal 2003 al 2006 (4 anni) e considerando il rischio come la risultante di fattori quali la possibilità di insorgenza, la propagazione del fronte di fiamma e la difficoltà di contenimento degli incendi, è stato possibile definire per ciascuna unità territoriale in cui è stato suddiviso il territorio regionale, un profilo pirologico caratteristico. L’analisi dei diversi parametri per la definizione del rischio di incendio boschivo è stata effettuata a due livelli territoriali: comunale e di area di base. I parametri che si sono dimostrati maggiormente efficaci per esprimere la caratterizzazione pirologica di ciascuna unità territoriale (comuni e aree di base) sono i seguenti: • Numero di incendi boschivi verificatesi rapportati alla superficie di 10 Km per ogni anno. Tale carattere esprime la concentrazione - dispersione del fenomeno nel territorio considerato; • Numero di incendi boschivi annui di superficie maggiore a 20 ha, verificatisi nel territorio, che pongono particolari problemi al servizio di lotta e prevenzione; • Percentuale di anni con incendio, espresso sul totale degli anni della serie storica esaminata. Questo parametro esprime il grado di episodicità o al contrario la continuità del fenomeno nel tempo; • Superficie media percorsa dal fuoco da un singolo evento nel territorio considerato; • Superficie massima percorsa dal fuoco, cioè l’estensione corrispondente al livello massimo di rischio nel periodo considerato; • Media dei rapporti superficie percorsa/durata degli interventi. Esprime la diffusibilità media degli eventi verificatesi nel territorio considerato. La durata dell’intervento è intesa come intervallo di tempo espresso in ore tra il momento dell’innesco e la fine dell’intervento; • Superficie percorsa dagli incendi per anno; • Superficie boscata percorsa dagli incendi per anno; • Classe di rischio che esprime il profilo di pericolosità del territorio considerato. 2 E’ stato possibile, ottenendo il dato della Classe di Rischio per ogni Comune, desumere i profili di rischio delle varie aree di base. L’Area C.M. della Valcamonica risulta ricadere all’interno della Classe 2 “Incendi di grande estensione, con frequenza molto ridotta”. Si raggruppano in questa classe di rischio le aree di base in cui il problema degli incendi è di frequenza ridotta ma di dimensioni elevate. Si sottolinea pertanto l’opportunità di rivolgere l’attenzione all’organizzazione delle squadre per le operazioni di estinzione, che potrebbero essere convogliate da aree limitrofe piuttosto che non essere finalizzate al presidio stanziale. La bassa frequenza evidenzia che gli eventi si manifestano solo in condizioni eccezionali, pertanto in queste aree occorre dare particolare importanza alla previsione del pericolo ed al pre-allertaggio in corrispondenza di livelli di soglia medio – alti. Tappa fondamentale della pianificazione antincendi boschivi è la definizione degli interventi e la ripartizione territoriale delle risorse di protezione regionali. I criteri seguiti nel presente piano per definire la distribuzione degli interventi e delle risorse di protezione tra le aree di base, sono i seguenti: • ripartizione della superficie regionale percorsa annualmente dal fuoco, boscata e non boscata, nelle diverse aree di base; • incidenza degli incendi nelle aree di base (frazione di superficie territoriale percorsa annualmente); • estensione del territorio potenzialmente percorribile delle aree di base; • presenza di Parchi, SIC e ZPS. 128 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Sulla base di tali criteri ed in seguito a numerosi test, si sono elaborati quattro coefficienti specifici: • Coefficiente di Ripartizione (CR): esprime la proporzione di superficie percorsa da incendi nell’area di base rispetto al totale di superficie percorsa nella Regione. Tale coefficiente viene utilizzato per mettere a confronto i valori di superficie percorsa di ogni area di base con quelli dell’intero territorio regionale. • Coefficiente di Incidenza del fenomeno incendi boschivi (CI): esprime l’incidenza territoriale degli incendi attraverso il rapporto tra superficie annualmente percorsa dal fuoco e superficie potenzialmente percorribile di ciascuna area di base. Si è introdotto il concetto di superficie percorribile per evitare di includere le estese aree agricole ed urbane che non sono interessate dal fenomeno. • Coefficiente di Estensione Relativa (CER): esprime la dimensione della superficie percorribile di ogni area di base rapportata alla superficie percorribile media di tutte le aree di base. Il coefficiente è stato introdotto per tenere conto delle evidenti differenze di risorse necessarie all’area di base, a parità di altri fattori, in funzione della estensione della superficie da proteggere. • Coefficiente della superficie a Parco (CP): si è considerata la distribuzione dei Parchi naturali regionali e statali, dei SIC e delle ZPS. Si è quindi calcolata la percentuale di territorio di ciascuna area di base, escluse le superfici lacustri, occupata da tali aree. L’Area di base avendo una superficie a parco maggiore del 50% sul totale risulta avere un CP pari a 1,5. Per poter definire una distribuzione delle risorse occorre sintetizzare i quattro coefficienti precedentemente delineati con un unico indicatore. A questo scopo, per ciascuna area di base è stato messo a punto un Coefficiente di Intervento (CDI). Tale formula esprime il rapporto percentuale tra il valore del coefficiente di intervento di una certa area e la somma dei coefficienti di intervento di tutte le aree di base. Si è inoltre stabilita una soglia minima di ripartizione percentuale pari allo 0,5% (ad eccezione delle aree di base in cui non si verificano incendi a cui è stato attribuito valore zero). La ripartizione compensata così ottenuta è stata infine suddivisa in otto classi di intervento secondo la tabella seguente: Classe di Ripartizione percentuale intervento compensata 0 0,0% 1 0,5% 2 0,5 - 1,5% 3 1,5 - 2,5% 4 2,5 - 4% 5 4 - 6% 6 6 - 9% 7 > 9% L’Area C.M. della Valcamonica, come precedentemente accennato, risulta ricadere all’interno della Classe di Rischio 2 “Incendi frequenti, alcuni di grande estensione”, e per questo motivo risulta rientrare nella sesta classe di intervento. 129 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Di seguito riportiamo l’elenco dei Comuni che ricadono all’interno dell’area oggetto del PIF e che hanno avuto incendi nel periodo che va dal 2003 al 2006, desunti dal data base regionale. Comune Località Data Incudine Pigola 01/08/2003 Incudine Mulino 22/01/2004 Incudine Monegà 23/08/2004 Incudine Cimitero 06/01/2005 Incudine Sant 15/02/2004 Incudine Castello 16/02/2005 Incudine Prealp 03/04/2005 Incudine Magrosi 03/04/2006 Incudine Sant'Anna 05/09/2006 Pontedilegno Gavia 01/07/2006 Pontedilegno Santa Apollonia 01/07/2006 Temù Coleazzo 18/03/2005 Vezza d'Oglio Davena 22/06/2003 Vezza d'Oglio Pornina 15/09/2003 LIVELLO DI RISCHIO DI INCENDIO BOSCHIVO DELLA VALCAMONICA Per rischio di incendio boschivo si intende la causalità delle caratteristiche territoriali fisse (Bovio, 2001) ovvero la probabilità che si inneschi un focolaio, tenendo conto dei fattori fisici a lungo termine e dei fattori socio-economici caratterizzanti un contesto territoriale. Il rischio viene calcolato per un periodo medio - lungo ed ha valore soprattutto a scala locale. La valutazione del rischio comporta l’individuazione sul territorio di aree omogenee alle quali viene assegnata una determinata scala di priorità in funzione della differente predisposizione al fuoco. Quest’ultima viene definita in funzione di diversi fattori tra cui hanno peso preponderante la componente di innesco e la propagazione del fronte di fiamma (Bovio e Camia, 2004). Come precedentemente accennato, nell’ambito del piano Regionale antincendi l’area di base C.M. della Valcamonica risulta ricadere all’interno della Classe 2 “Incendi di grande estensione, con frequenza molto ridotta” per le generali condizioni di rischio frequente. 130 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Pur tuttavia, nel territorio in esame, è possibile attuare una zonizzazione di maggior dettaglio, definendo una scala ordinale di priorità risultante dalla considerazione dei principali fattori di rischio di incendio desunti dall’analisi del territorio. In modo particolare le principali componenti di rischio sono state dedotte dall’analisi della distribuzione spaziale e dalla descrizione delle tipologie forestali presenti sul territorio. L’analisi del rischio ha riguardato altresì il territorio coperto da vegetazione erbacea (prato-pascoli). Il livello di rischio determinato allo stato attuale del lavoro, fa capo esclusivamente all'analisi della vegetazione forestale e pascoliva ed è espresso in funzione di innesco e propagazione. Al momento corrente non sono state prese in esame alcune componenti del rischio quali, ad esempio, la pendenza e l’esposizione del terreno. Per una maggior accuratezza del prodotto cartografico finale sarebbe opportuno proseguire l’analisi, integrando il procedimento con lo studio dei dati stazionali in ambiente GIS ed, in particolare appunto, di pendenza ed esposizione derivanti da un Modello Digitale del Terreno (DTM). Il risultato ottimale potrebbe essere raggiunto approfondendo l’analisi storica degli incendi e rilevando altresì le superfici percorse dal fuoco nelle aree boscate e non boscate nell’ultimo decennio. Per quanto sopra riportato la carta tematica che viene presentata è pertanto da considerarsi come una prima indicazione di massima del livello di rischio di incendio di cui di seguito viene descritto il procedimento di valutazione attualmente adottato. PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI INCENDIO BOSCHIVO Per ciascuna delle tipologie forestali e per le aree a vegetazione erbacea, è stato ricavato un profilo pirologico assegnando, ad ogni categoria, rispettivamente una classe di probabilità di innesco ed una di propagazione del fuoco. Considerando le generali condizioni di rischio limitato, indicate dal piano Regionale, si è ritenuto sufficiente un numero di classi pari a 3: Alta (A), Media (M) e Bassa (B) per entrambi i parametri. In funzione di tali classi è stata costruita una matrice di valutazione (Fig.1) per la definizione di un indice sintetico di rischio (sempre alto, medio e basso). B Innesco M A B B B M M B M A A M A A Propagazione Propagazione Ad esempio per una tipologia forestale in cui la componente di innesco è media e quella di propagazione alta, l’indice sintetico di rischio risultante è alto. B Innesco M A B B B M M B M A A M A A Fig. 1: Matrice di valutazione della componente di innesco e propagazione del Rischio di incendio Boschivo (a sinistra) ed esempio del suo utilizzo (a destra). 131 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Nei casi in cui le descrizioni delle tipologie erano mancanti non è stato possibile attribuire un valore di rischio. (Nella carta finale i poligoni ricadenti in questo caso sono indicati come non classificati - NC). Ove possibile invece, l’assegnazione delle classi di innesco e propagazione è stata effettuata a partire dalla descrizione di ciascuna delle tipologie forestali, prendendo in considerazione i seguenti fattori: - Composizione specifica dello strato erbaceo, arboreo ed arbustivo - Grado di infiammabilità delle specie presenti - Presenza di specie indicatrici del passaggio del fuoco - Distribuzione e struttura verticale della vegetazione combustibile - Indicazioni sulle esposizioni dei versanti - Indicazioni edifico - stazionali (es. xericità dei suoli, presenza di rocciosità o alternanza con suolo nudo, accidentalità del terreno) - Piano altitudinale - Forma di governo - Struttura del bosco - Densità del bosco - Estensione, frammentarietà e diffusione rispetto all’intero territorio considerato - Stato fitosanitario - Distribuzione nei Comuni in cui si sono verificati incendi (vedi tabella da dati regionali) Gli indici sintetici di rischio, ricavati dalla matrice ed assegnati alle diverse Tipologie Forestali, sono quindi stati riportati su un livello informativo in cartografia di formato numerico per la realizzazione della carta del livello di rischio di incendio. Per quanto riguarda le aree a vegetazione erbacea, non essendo attualmente disponibili dati di descrizione dettagliata, ci si è limitati ad assegnare per tutte le superfici classificate come “pascolo” un valore di innesco medio ed uno di propagazione basso, che ha portato ad individuare un indice di rischio basso per tutte le aree erbacee. Come già accennato i valori ottenuti sono da considerarsi puramente indicativi e necessitano di un’integrazione almeno con dati puntuali di esposizione e pendenza. 132 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO PROBLEMATICHE SULLA SITUAZIONE FITOSANITARIA Le condizioni dei boschi del comprensorio interessato dal PIF sono generalmente buone, anche se sussistono i problemi tipici dei soprassuoli monospecifici, o dell’andamento climatico nell’arco dell’anno. Il monitoraggio dello status fitosanitario dei soprassuoli viene attuato in collaborazione con i Consorzi Forestali. In questi ultimi anni hanno assunto una rilevanza significativa solo localizzate pullulazioni di Ips typographus (bostrico) (loc. Plazza – Vezza d’Oglio) ma si tratta di situazioni nel complesso ordinarie. Il controllo di tali situazioni viene effettuato attraverso la modulazione dell’esercizio dell’uso civico e dei tagli; nelle situazioni in cui si osservino problematiche maggiori, vengono invece attivati interventi specifici avvalendosi anche 22 della collaborazione di istituti universitari e consulenze specialistiche . In tutti gli altri casi il controllo viene attuato già in sede di effettuazione dei tagli, anche prevedendo prescrizioni puntuali d’intervento (posizionamento di trappole a feromoni, scortecciatura e/o trattamento fitosanitario nei casi di impossibilità di esbosco immediato, ecc.). Si è cercato di descrivere alcune delle malattie e infestazioni che si possono verificare sui territori dell’area in questione. SCOLITIDI CORTICOLI DELL’ABETE ROSSO - Ips typographus L. Gli attacchi di questi insetti a carico per lo più del floema, raramente dello xilema, dell’Abete rosso sono indice di deperimento dello stesso. Sono, dunque, dei parassiti secondari che privilegiano le piante indebolite. Inoltre sono veicolo di infezione di crittogame, generalmente del gen. Ambrosia, che li aiutano a rendere più digeribili i tessuti vegetali, instaurando così con essi un rapporto di simbiosi. Lo scolitide dell’Abete rosso Ips typographus è fra i più temuti insetti delle foreste di conifere della regione paleartica. Anche nelle foreste delle Alpi e Prealpi italiane negli ultimi anni l’insetto ha causato gravi danni. DESCRIZIONE E CICLO In primavera, i maschi attaccano alberi di Abete rosso in gravi condizioni di stress fisiologico determinate da vari fattori di disturbo. I primi insetti giunti su un albero ospite, generalmente detti “pionieri”, scavano una piccola camera sottocorticale chiamata “vestibolo” o “camera nuziale” entro la quale ciascuno viene raggiunto da una o più femmine, con le quali costituirà il nucleo riproduttivo. Le femmine e in parte anche altri maschi sono richiamati da una miscela di sostanze volatili emanate dai pionieri e costituenti il “feromone di aggregazione”. Tale miscela volatile innesca un attacco massale a carico delle piante ospiti che nel giro di pochi giorni vengono intensamente colonizzate. Dopo l’accoppiamento ciascuna femmina scava una galleria longitudinale, nota come “galleria materna”. Le uova vengono deposte su entrambi i lati della galleria materna entro nicchie ovigere dalle quali partono le gallerie larvali che 22 Vedasi al riguardo il Quaderno Tecnico del Parco dell’Adamello Prove di lotta al bostrico in Valle Camonica redatto in collaborazione con l’Istituto di Entomologia dell’Università di Padova (Ducoli e Panteghini; 2005), e Rinaturalizzare i boschi (Ducoli; 2004). 133 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO seguono una direzione tendenzialmente ortogonale alla galleria materna, e presentano dimensioni crescenti in relazione all’età delle larve. Infine i giovani adulti comparsi dopo la metamorfosi sfarfalleranno alla ricerca di altri alberi ospite dove avviare una nuova generazione. In relazione all’andamento climatico lo svernamento può avvenire sia allo stadio larvale sia come adulto, sotto la corteccia degli alberi attaccati o nella lettiera. Il numero di generazioni annuali può variare da 1 a 3. Il primo volo primaverile si verifica quando la temperatura media giornaliera raggiunge circa i 18°C. PIANTE OSPITI: Abete rosso, molto raramente altre conifere (pino silvestre e larice). DANNI E IMPORTANZA: L’attacco del tipografo è sempre decisivo e non concede alla pianta alcuna possibilità di sopravvivenza. Durante le fasi di costruzione della galleria materna il floema e il cambio vengono infatti distrutti dall’attività trofica dell’insetto e contaminati da spore di diversi funghi agenti di azzurramento, trasportati sul corpo degli adulti. Molto spesso, soprattutto in caso di elevata densità di colonizzazione, una percentuale più o meno alta di femmine abbandona il primo sistema riproduttivo per colonizzare un’altra pianta ospite dando così il via a una “generazione sorella”, a volte seguita da una terza. Infine, in caso di forti infestazioni, molti adulti attaccano anche alberi di abete rosso apparentemente sani e vigorosi. CONTROLLO: Gli interventi che possono essere attuati per ridurre la consistenza numerica delle popolazioni di Ips typographus si basano essenzialmente sull’eliminazione di piante morte o in evidente stato di malessere, nel repentino sgombero o scortecciamento del materiale abbattuto e nella riduzione dei fattori capaci di compromettere la stabilità e la vigoria delle piante. Oltre alle pratiche di igiene forestale, è possibile inoltre intervenire monitorando la densità delle popolazioni, ed eventualmente riducendola, mediante l’utilizzo di vari tipi di trappole a feromoni o tronchi esca innescati con i feromoni di aggregazione dello scolitide. In sintesi le azioni di lotta che possono essere intraprese comprendono: • prevenzione basata sul mantenimento di buone condizioni del popolamento, intervenendo con diradamenti che eliminando i soggetti deboli migliorino lo status generale del soprassuolo, aumentando inoltre la disponibilità pro-capite di risorse edafiche ed idriche (intervento fondamentale); • rimozione o distruzione invernale di tutto il materiale infestato nell’estate precedente (intervento fondamentale). L’operazione deve essere compiuta entro la fine di aprile; • rimozione o scortecciamento invernale di tutto il materiale fresco, sia in piedi che a terra, e suscettibile di attacco nella primavera seguente (intervento fondamentale). L’operazione deve essere compiuta entro la fine di aprile; • predisposizione di trappole a feromoni (intervento ausiliare); le trappole dovranno essere collocate in bosco ed innescate con feromoni entro la prima settimana di maggio. I dispenser feromonali dovranno essere sostituiti dopo circa 8 settimane dalla data di esposizione. Le trappole dovranno essere svuotate settimanalmente o ogni 10 giorni, per evitare che gli odori derivati dalla decomposizione degli insetti 134 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO catturati possano ridurre la capacità attrattiva del feromone. Le trappole da impiegare possono essere di tipo a finestra (Theysohn) o a imbuti sovrapposti (Lindgren). • predisposizione di alberi esca (intervento ausiliare); in primavera alcuni alberi sani dovranno essere abbattuti, sramati e depezzati in tronchi di circa 2 metri; in seguito i tronchi verranno innescati con gli stessi erogatori di feromone impiegati con le trappole, e le cortecce dovranno essere trattate in modo omogeneo con insetticidi di contatto (meglio se piretroidi). I dispenser feromonali dovranno essere sostituiti e i trattamenti insetticidi ripetuti dopo circa 8 settimane dalla preparazione degli alberi esca. BLASTOFAGO DISTRUTTORE DEI PINI - Tomicus piniperda L. Comunemente denominato blastofago dei pini, questo insetto determina disseccamento o caduta degli apici vegetativi, la loro mancata differenziazione e la produzione di germogli anticipati. DESCRIZIONE E CICLO Adulti: nero lucenti, con antenne e tarsi rossastri ed elitre brune, su cui si differenziano strie ed interstrie e, nella loro declività, una doccia liscia più marcata nei maschi. La lunghezza varia tra 3,5 e 5,2 mm. Larve: apode, di colore biancastro e capo bruno, a completo sviluppo sono lunghe 8-9 mm. Dal punto di vista biologico, si tratta di una specie monogama che compie da uno a due cicli all'anno in relazione alle condizioni climatiche. In primavera (fine febbraio-marzo) gli adulti svernanti sfarfallano iniziando la ricerca di pini deperienti 135 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO anche per temporanei squilibri fisiologici. Gli adulti giungono sulla corteccia di tronchi o di grosse branche di alberi indeboliti e vi penetrano praticando un foro d’entrata in corrispondenza del quale viene scavata la camera nuziale o vestibolo, in cui di norma avviene l’accoppiamento. L’ingresso dell’insetto è rilevato da un foro circolare e dall’emissione di rosura (fine segatura mista a escrementi) prima fulva e poi biancastra che si accumula intorno al foro d’entrata a formare un piccolo cono solidificato da un cercine di resina. Dopo l’accoppiamento, la femmina scava nel floema la galleria materna (diametro circa 2,5 - 3 mm e lunghezza una decina di centimetri), libera da rosura. La galleria è di tipo longitudinale semplice e procede dal basso verso l’alto, parallela all’asse del tronco, e ai lati della galleria la femmina depone un centinaio di uova in nicchie separate e ricoperte di rosura. Le larve da esse schiuse si nutrono dei tessuti corticali per circa otto settimane scavando a loro volta una galleria di lunghezza variabile tra i 10 e i 15 cm, perpendicolare a quella materna. Raggiunta la maturità, le larve scavano una camera pupale nella quale avviene la metamorfosi. I neo-adulti prima di avviare un nuovo sistema riproduttivo trascorrono un periodo di alimentazione necessario per la maturazione delle gonadi: in giugno gli adulti immaturi si spostano dalle cortecce nelle quali si sono formati verso piante vigorose appartenenti alla stessa specie ospite, dove si nutrono a spese del midollo dei germogli dell’anno. Qui vi restano fino a fine estate per poi spostarsi nella lettiera dove trascorreranno l’inverno. Parte della popolazione sverna anche nei germogli che disseccano o cadono al suolo per azione del vento. PIANTE OSPITI Il blastofago dei pini si diffonde in ambiente montano a carico del pino silvestre e del pino nero e, in maniera occasionale, su altre conifere. DANNI E IMPORTANZA Il periodo di dannosità si concentra tra marzo e gli inizi di ottobre. Durante il ciclo di sviluppo, il blastofago dei pini quindi causa in questo modo un duplice danno alla pianta ospite: durante la fase riproduttiva a carico dei tronchi di alberi indeboliti e durante la fase di maturazione a carico di germogli di piante apparentemente vigorose. I sintomi degli attacchi del blastofago sono: la chioma della pianta colpita in breve tempo diventa rosseggiante a livello del fusto e l’albero muore entro la fine dell’estate per deterioramento fisiologico irreversibile della zona cambiale e floematica, che non concede infatti alla pianta alcuna possibilità di sopravvivenza. L’attacco dei germogli indebolisce invece gli alberi limitando al contempo l’incremento legnoso. In caso di forte attacco decine di nuovi germogli disseccano e cadono a terra assumendo l’aspetto di forte defogliazione. Le piante così indebolite diverranno suscettibili a futuri attacchi protratti a carico del tronco nel periodo riproduttivo. Economicamente le perdite nelle pinete possono essere molto ingenti: i danni alla chioma riducono gli accrescimenti legnosi, mentre gli attacchi ai tronchi determinano sia la morte precoce degli alberi sia l’alterazione cromatica del legno (azzurramenti) causata da ascomiceti simbionti dell’insetto, che riducono in modo sensibile la qualità degli assortimenti legnosi. In ambiente alpino gravi ripercussioni si possono avere sull’assetto idrogeologico. Aspetti negativi non trascurabili possono infine includere conseguenze di tipo estetico, con un intristimento del paesaggio dovuto alla presenza di numerose piante morte in piedi. CONTROLLO La lotta attuata al fine di mitigare gli effetti di tali infestazioni è tuttavia prettamente di tipo preventivo. Non sono infatti per ora noti feromoni attivi contro il blastofago, sebbene siano in commercio dispenser di sostanze attrattive di 136 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO origine vegetale (la capacità di cattura di trappole innescate con tali sostanze è tuttavia limitata e non supporta interventi finalizzati al “mass-trapping” degli insetti in volo). Le azioni di lotta che possono essere intraprese comprendono: prevenzione basata sul mantenimento di buone condizioni del popolamento, intervenendo con diradamenti che eliminando i soggetti deboli migliorino lo status generale del soprassuolo, aumentando inoltre la disponibilità procapite di risorse edafiche ed idriche; rimozione o distruzione primaverile (entro fine maggio) di tutto il materiale infestato in marzo; rimozione o scortecciamento invernale di tutto il materiale fresco, sia in piedi che a terra, e suscettibile di attacco nella primavera seguente. L’operazione deve essere compiuta entro la fine di febbraio; predisposizione di alberi esca; in autunno alcuni alberi sani dovranno essere abbattuti, sramati e pezzati in tronchi di circa 2 metri. Dopo la loro colonizzazione primaverile, i tronchi dovranno essere scortecciati entro fine maggio. MINATRICE DELLE FOGLIE DEL LARICE - Coleophora larice lla Hubner Questo lepidottero defogliatore infesta soprattutto il Larix decidua, ma anche altre specie dello stesso genere, dalla cima ai rami inferiori. DESCRIZIONE E CICLO Adulti: dimorfismo sessuale evidenziato dal fatto che il maschio è più grande con apertura alare tra 8 e 10 mm. Il colore dell’addome è bruno-grigiastro o grigio argento con frange grigio-gialle e il capo è munito di antenne lunghe quanto il corpo. Apertura alare di circa 9 mm. Uova - forma emisferica con base piatta aderente all'ago. Diametro di 0,3 mm. Presenza di 11-15 solchi longitudinali diretti verso la base. Colore giallastro a diventare grigio sporco, arancio, bruno-rossastro per lo sviluppo embrionale. Larve: di colore bruno rossiccio e capo nero. Vivono protette all'interno di un astuccio costituito da una porzione distale di ago svuotata; a maturità raggiungono la lunghezza compresa tra 3 e 6 mm. 137 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Crisalidi - colore bruno-rossatro, lunghe tra 3 e 5 mm. Astucci - costituiti dalle porzioni apicali svuotate e disseccate di 1 o 2 aghi uniti tramite fili di seta. L'insetto compie una generazione all'anno. Il ciclo biologico comprende 4 stadi larvali e gli adulti sfarfallano da fine maggio ai primi di luglio. L'accoppiamento avviene dopo 2-3 giorni dallo farfallamento. Ogni femmina depone da 50 a 60 uova che vengono sistemate sulla pagina inferiore e superiore della porzione apicale della foglia. Lo sviluppo embrionale dura da 7 a 15 giorni, dopo di che l'individuo neonato penetra nella foglia cominciando la sua attività minatrice diretta verso l'apice della foglia. La larva vive per circa 2 mesi all'interno di essa divorandone il mesofillo; dopo di che muta al secondo stadio raggiungendo dimensioni tali da impedirle di continuare la vita endofita. A settembre-ottobre l'insetto utilizza l'ago da cui è uscito per costruirsi un astuccio protettivo, lungo in media 3 mm. Esso viene rivestito interamente con fili di seta secreti dalla larva, dopo essere stato reciso in modo da formare una specie di sacco aperto. Ancorata a questo astuccio la larva va in cerca di altri aghi, assicurandosi ad essi tramite un cercine sericeo, erodendone, quindi, l'epidermide per raggiungere il parenchima di cui si nutre. Così facendo, la larva apre una galleria di lunghezza comunque minore di quella del suo corpo, per poi scavarne un'altra sulla stessa foglia senza abbandonare il proprio rifugio. In inverno le larve si ritirano nel loro astuccio chiudendolo con la seta, ancorandosi ad un ascella del rametto laterale, all'inserzione di una gemma, alla base di una galla o anche a fessurazioni corticali. In primavera, quando germoglia il larice, la larva ricomincia a nutrirsi minando nuove foglie, arrivando a consumarne una cinquantina in 3-4 settimane. In seguito allo sviluppo delle loro dimensioni, le larve costruiscono un nuovo astuccio più capiente, unendo al vecchio fodero la parte apicale di un nuovo ago minato. Le larve giungono a maturità tra fine aprile e giugno e si incrisalidano portandosi alla base di un ago. A seconda del clima lo stato pupale dura da 7 giorni a 3 settimane, dopo di che avviene lo sfarfallamento degli adulti. DANNI E IMPORTANZA Il suo attacco si protrae da aprile a novembre, con esclusione del periodo di farfallamento. In annate siccitose nei larici a media altitudine si hanno i danni maggiori e in taluni casi anche la morte della pianta: la Coleophora provoca perdite di accrescimento, ramificazioni disordinate per lo sviluppo di gemme avventizie, minore produzione di semi e scarsa emissione di foglie. Il principale sintomo è costituito dagli aghi prima di aspetto biancastro e traslucido, poi ingialliti fino a diventare marrone chiaro. PIANTE OSPITI Varie specie del genere Larix, tra cui Larix decidua. CONTROLLO La lotta contro questo insetto viene effettuata mediante insetticidi di ingestione a basso impatto ecologico da applicarsi contro le uova ai primi di giugno quando riprendono a nutrirsi le larve (Bacillus thuringensis e Diflubenzuron). 138 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO TORTRICE DEL LARICE - Zeir apher a diniana Guenée La tortrice del larice è un insetto defogliatore caratterizzato da cicli di invasioni periodiche: ogni otto-dieci anni, i boschi delle Alpi subiscono l'assalto delle larve della tortrice grigia che depone le uova sui rami dei larici. La tortrice grigia è sempre presente sulle Alpi, ma di norma non rappresenta una minaccia per la vegetazione. Periodicamente, però, il numero dei bruchi aumenta a dismisura, e i larici rischiano di soccombere sotto i loro morsi. Ove la situazione per lo sviluppo dell'insetto è migliore (lariceti nella zona subalpina tra 1.800 e 1.900 m) il periodo di defogliazione intensa dura circa 3 anni a intervalli di 8-10. Nemici naturali e clima sono fattori condizionanti ma non determinanti il ciclo: importanti sono anche lo spazio, la nutrizione e la resistenza indotta dalla pianta. DESCRIZIONE E CICLO Adulti - dimorfismo sessuale non evidente; apertura alare tra i 18-22 mm; testa, torace e addome presentano un colore grigiastro. Uova - forma ovoidale appiattita, colore giallastro o arancione. Larve - inizialmente grigio giallastre con capo, pronoto, zampe e placca anale nere. Raggiunta la maturità assumono un colore che va dal grigio molto intenso al nero, di questo colore sono il capo, il pronoto, le zampe e la placca anale. A maturità raggiungono una lunghezza di 10-13 mm. Crisalidi - il colore può variare tra il marrone chiaro, marrone rossastro e marrone; lunghezza tra 7,5 e 12,5 mm; spine rivolte all'indietro presenti sui segmenti addominali. L'insetto compie una sola generazione all'anno e trascorre l’ultima parte dell'estate, autunno e inverno come uovo in diapausa obbligata. Le uova schiudono in primavera in momenti diversi in funzione dell'altitudine: tra 500 e 1.200 m s.l.m. le larve compaiono entro il mese di aprile, mentre tra 1.800 e 2.100 m s.l.m. la schiusa delle uova avviene in maggio. 139 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Le larve di prima età come quelle di seconda e della prima metà della terza si nutrono della parte giovane degli aghi e perciò si mantengono nella zona di accrescimento delle singole foglie del fascetto, interessandone da 3 a 4. Raggiunta la seconda parte della terza età la larva si nutre della parte distale degli aghi organizzati in una sorta di tubulo che la larva costruisce, una volta all'interno del mazzetto, collegando tutto attorno a lei, una serie ordinata di foglie, senza distaccarle dal brachiblasto, mediante una sorta di camicia di seta; tale modalità di nutrirsi si mantiene anche per la quarta e quasi tutta la quinta età, che l’insetto conclude cibandosi solo la parte basale più tenera degli aghi. Durante l'attività la larva rimane protetta sotto una sorte di tela infarcita dei residui disseccati degli aghi serviti da alimento. Questa giunta a maturità, dopo 40-60 giorni dallo sgusciamento, si porta sulla lettiera dove, sprofondatasi per 1-3 cm, costruisce un rifugio di seta e terra entro cui si incrisalida. Dopo 25 a 36 giorni, sfarfallano gli adulti. I voli al di sotto di 1.000 m s.l.m. si prolungano da metà giugno a tutto luglio, mentre alle maggiori altitudini si svolgono dalla metà di luglio a ottobre. Le femmine una volta inseminate si portano su branche di tre o più anni per ovideporre. Le uova, alle quote basse, vengono sistemate in anfratti della corteccia o nei coni, mentre ai livelli più alti sono infilate sotto ai talli del Lichene Parmelia aspidota che vive sulle branche dei larici. Questa manifestazione si verifica nei lariceti sopra i 1300 m s.l.m. dove il clima continentale ha estati secche e calde. L’effetto dell’infestazione è la perdita nella produzione legnosa (negli anni di culmine della gradazione è in media del 20-30% con punte del 50-100%) e del turismo in seguito all’alterazione dell’aspetto estetico dell’ambiente. DANNI E IMPORTANZA Il periodo di dannosità si concentra nel periodo da aprile-maggio agli inizi di luglio. Il danno principale che tale insetto provoca è una distruzione di buona parte dell'apparato fogliare con conseguenti perdite di produzione legnosa: si verifica la differenziazione di un piccolo cono di aghi dall'apice mozzato tenuti assieme da fili sericei; successivamente le piante appaiono più o meno avvolte da un tessuto sericeo che trattiene residui secchi di foglie mangiate ed escrementi larvali. La pianta ospite appare più o meno brunastra come se fosse bruciacchiata. Inoltre si ha una distruzione dei semenzali con conseguente alterazione della produzione dei semi. PIANTE OSPITI Larice e pino cembro. CONTROLLO La serie di provvedimenti che si possono attuare per difendere il lariceto durante i momenti di culmine della gradazione sono oggi limitati all'applicazione di preparati a base di Bacillus thuringiensis var. kurstaki da distribuire prima che le larve abbiano superato la terza età. Inoltre potrebbe essere efficace il Diflubenzuron, del quale, per altro, non si hanno documentazioni di risultati al proposito. 140 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO RUGGINE VESCICOLOSA DELL’ABETE ROSSO - C hrysomy xa rododendri de Bary e Chrys omyx a abietis Wa ller È una malattia crittogama, gli agenti patogeni sono dei basidiomiceti che appartengono al genere Chrysomyxa; caratterizzati da un ciclo molto complesso ed un’elevata specializzazione nei confronti dell’ospite. La forma eteroica (Chrysomyxa rhododendri), per completare il ciclo, ha bisogno del rododendro, è nota sull’arco alpino anche la forma omoica (Chrysomyxa abietis). Quindi, di norma, le basidiospore infettano in primavera i giovani aghi dell’abete rosso sui quali, all’inizio estate compaiono delle macchie gialle (i picnidi), seguite da vescichette biancastre (gli ecidi): da queste fuoriesce la massa ecidioconica che infetta in rododendro, dove si formano uredo e teleutoconidi, che germinano nella primavera successiva. Gli attacchi sono favoriti, da estati fresche e piovose. LOTTA Non esiste alcun sistema di lotta diretta. L’unico modo per contrastarne la diffusione è applicare, fin dagli stadi giovanili, le corrette pratiche selvicolturali atte ad evitare densità eccessive, sinonimo di ristagni idrici e stress delle piante, selezione massale degli individui e, qualora ve ne fosse bisogno, tagli fitosanitari con asporto del materiale di risulta. 141 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO CANCRO DEL LARICE - Lachnellula willkomm ii È un’altra malattia crittogamica, il cui agente è l’ascomicete Lachnellula willkommii, che rappresenta una delle insidie più pericolose del larice. Questo fungo produce delle lesioni fusiformi sui rami o sulla parte bassa del tronco, che si estendono col progredire della malattia. Sulla corteccia morta si formano gli apoteci, che quando sono maturi diventano di color arancio. Il parassita può essere mortale per le giovani piantine, sui soggetti più adulti si manifesta invece con deformazioni permanenti, mentre i soggetti maturi, di solito, accusano soltanto dei disseccamenti localizzati per lo più nelle parti basse della chioma. I fusti e i rami colpiti emettono generalmente resina e con il tempo perdono la loro elasticità rompendosi facilmente. LOTTA Dove le condizioni di accessibilità lo consentano, nei lariceti adulti, sarebbe utile al fine del contenimento del patogeno eseguire dei tagli fitosanitari, o meglio delle periodiche utilizzazioni finalizzate all’eliminazione dei potenziali focolai d’infestazione. Invece dove il bosco è più fitto, com’è di norma nelle giovani spessine o perticaie, conviene diradare per evitare che si creino condizioni microclimatiche di maggior umidità, più idonee allo sviluppo del patogeno. MARCIUMI RADICALI Consistono in necrosi di tutti i tessuti, a cominciare da quelli corticali, che colpiscono l’apparato radicale, di solito accompagnate dallo sviluppo di vegetazioni fungine che si diffondono all’interno o alla superficie degli organi compromessi. Sovente dipendono da anomalie del terreno, quali l’eccesso di umidità o di compattezza, con conseguente scarsa aerazione e quindi limitata ossigenazione degli organi sotterranei. Tra i più noti vi sono i funghi saprofiti del gen. Armillaria, presenti normalmente nei suoli forestali, dove utilizzano di solito residui legnosi morti (ceppaie, ecc.). Si diffondono attraverso il terreno per mezzo di rizomorfe costituite da fasci di ife parallele. Oltre a queste, principali elementi diagnostici sono i copri fruttiferi riuniti in cespi (ad esempio, i 142 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO chiodini) che si sviluppano in autunno alla base di piante morte o di ceppaie ed il denso feltro micelico bianco presente sotto la corteccia alla base delle piante attaccate. Armillaria può diventare in alcuni casi particolarmente virulento, diffondendosi a macchia d’olio nel bosco. Solitamente colpisce piante già indebolite a causa di danni dovuti ad altri parassiti, di danni ambientali (rotolamento massi, morso di ungulati, ecc.), di danni da inquinanti o comunque per condizioni stazionali poco adatte. Probabilmente più pericoloso è il basidiomicete Heterobasidion annosum, polifago (può attaccare circa 200 specie di piante superiori), predilige però le conifere. È presente solitamente nelle ceppaie vive appena tagliate, da queste, preferibilmente tramite le anastomosi radicali, può attaccare le piante circostanti. Partendo dalle radici esso penetra nella parte interna dei fusti causando la carie del legno, spesso senza che vi siano segni evidenti all’esterno. In breve tempo sulle radici attaccate sviluppa i corpi fruttiferi. L’infezione e la relativa perdita di legname si capiscono, solitamente, al momento del taglio, o per lo schianto del tronco coadiuvato da fattori meteorologici (vento, movimenti del manto nevoso). Questo parassita sembra colpire soprattutto gli impianti artificiali di abete o pino, a volte, già allo stadio di novellame. Sembra, inoltre, che nei terreni forestali più evoluti la sua azione sia ostacolata da diversi antagonisti. Vi sono poi forme di marciume che non si accompagnano alla presenza di micelio macroscopicamente percepibile: in questi casi sono probabilmente attacchi di Phytophthora, meno frequenti dei precedenti, almeno ad una prima indagine. LOTTA In bosco non è mai conveniente attuare metodi di lotta diretta a questi patogeni, quanto applicare le corrette pratiche selvicolturali atte ad evitare densità eccessive, sinonimo di ristagni idrici e stress delle piante. TUMORE BATTERICO DEL FRASSINO - Pseudom onas syr ingae Smith Il batterio Pseudomonas syringae sviluppa una proliferazione anormale sul tronco o sui rami del frassino maggiore. Questa raramente porta a morte la pianta, ma costituisce un danno economico, ovvero l’impossibilità di utilizzare il tronco colpito come legna da lavoro, oltre che ad un indebolimento statico della pianta. LOTTA Non si conoscono, a tutt’oggi, metodi di contrasto della malattia applicabili in bosco. Inoltre, il taglio e l’asporto del materiale infetto potrebbe ulteriormente diffondere la malattia. 143 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 144 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO ANALISI DEI COMPARTI PASCOLIVI Il Programma Regionale di Sviluppo della Regione Lombardia ha fra gli obiettivi la redazione del Piano Regionale degli Alpeggi (P.R.A.), strumento di indirizzo e di programmazione per l’alpicoltura regionale, con il quale contribuire a valorizzare le risorse agricole della montagna lombarda. Il Piano Regionale degli Alpeggi vuole essere lo strumento con cui conferire maggiore organicità e razionalità all’azione pubblica per il sostegno dell’alpicoltura; pertanto, con esso vengono elaborati criteri e linee guida necessari ad accompagnare, nel prossimo futuro, sia l’azione regionale sia quella degli Enti locali competenti in materia. Esso rappresenta un complemento del Piano Agricolo Regionale, da considerare come documento settoriale di riferimento anche da parte delle Province nella redazione dei Piani agricoli provinciali L'alpicoltura ha oggi assunto una molteplicità di funzioni di cui beneficia l'intera collettività. All’attività di tipo economico si associano anche funzioni di tipo ecologico e sociale: - funzione paesaggistica: il pascolo rappresenta un ambiente aperto e ordinato dal quale derivano benefici in termini di fruibilità turistica, in virtù dell'aumento del valore estetico del paesaggio, della durata dell'innevamento utile ai fini sciistici e delle opportunità per attività escursionistiche e ricreative estive; - funzione biologica: la presenza dei pascoli amplia il mosaico delle specie e delle comunità che costituiscono il sistema vegetale alpino, favorendo anche la presenza di specie animali, in particolare dell'avifauna selvatica, garantendo alti gradi di biodiversità; - funzione di protezione: il manto erboso pascolato trattiene, meglio di una cotica indisturbata, la coltre nevosa, riducendo i rischi di slavine, sempre elevati su pendii scoscesi. Si può quindi affermare che l’alpicoltura, costituita dai sistemi degli alpeggi e delle aziende zootecniche che stagionalmente vi conferiscono il bestiame, rappresenta un patrimonio economico, sociale, ambientale e storicoculturale dell’intera comunità, da salvaguardare e valorizzare. Il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco (approvato con D.G.R. n. 7/6632 in data 29/10/2001, e successive varianti approvate con D.G.R. 22/11/2005 n. 8/74 e 11/05/2006 n. 8/2488) riconosce e promuove esplicitamente tale rilevanza multifunzionale. L’Art. 41, Attività agro-silvo-pastorale, al comma 1, prevede che “La tutela e lo sviluppo delle attività agro-silvopastorali, esercitate anche a part-time, costituisce primario obiettivo di Piano, subordinatamente alla salvaguardia ambientale, in funzione di risorsa economica e di lavoro per la popolazione e di presidio umano della montagna. Nel 145 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO quadro delle leggi vigenti e del piano di sviluppo socio-economico, l’Ente gestore coordina, sostiene e incentiva le iniziative di natura economica e di servizio idonee alla valorizzazione di ogni risorsa attuale e potenziale per l’esercizio dell’agricoltura e della zootecnia montana.”… Il Piano di Settore, redatto nell’Ottobre 2002 dal Dott. For. G. Gregoriani, come previsto al comma 2 dello stesso Art. 41 di PTC: a) individua e censisce, per comprensori, le malghe, distinguendole in relazione alla loro potenzialità strutturale e produttiva, senza tenere necessariamente conto dei soli aspetti economici; b) promuove il recupero, la continuazione e lo sviluppo delle malghe in base a valutazioni anche naturalistiche, per la loro funzione di presidio umano sul territorio, compensando le condizioni di minore produttività; c) individua le malghe da riconvertire a bosco, favorendo tendenze naturali già in atto, in base a progetti di rimboschimento in connessione con il piano di indirizzo forestale ed i piani di assestamento forestale; d) indica, per ogni comprensorio o singola malga, il carico unitario minimo e massimo idoneo alla migliore conservazione del cotico erboso e tende alla limitazione dell’uso di mangimi integrativi; e) tende alla regolamentazione del pascolo brado ovino e caprino, con limitazione degli ambiti territoriali e determinazione del carico massimo per ciascuna valle o comprensorio, escludendo da tale forma di pascolo la zona di riserva naturale integrale; f) tende a favorire forme di associazionismo di gestione delle malghe o delle attività di trasformazione e lavorazione dei prodotti lattiero-caseari. Dopo aver conseguito le conoscenze di base attraverso l’acquisizione di materiale documentale e bibliografico (in primo luogo il Piano di Settore Agricoltura citato) e alcune indagini speditive sul territorio si è cercato di operare una sintesi propositiva per una migliore gestione delle risorse disponibili e per operare scelte future. ASPETTI STORICI A partire dagli anni cinquanta è in atto un processo di abbandono della pratica alpicolturale in tutto l'arco alpino. Un processo che trae origine dai mutamenti di carattere socio-economico e culturale legati all'industrializzazione postbellica e allo sviluppo del settore terziario dei decenni successivi. http://www.agricoltura.regione.lombardia.it/sito/doc/cdalpeggi/Paesaggi/Abbandono.htm - #Per le alpi italiane, nel quarantennio che va dalla metà del secolo agli inizi degli anni novanta, si stima una riduzione dell'attività pastorale del 50-60%. Nel territorio delle Alpi Lombarde la recessione è stata più contenuta sfiorando il 30% in termini di alpeggi caricati e di bestiame monticato. Gli effetti sul paesaggio vegetale sono stati tuttavia ugualmente profondi. Solamente nell'ultimo trentennio, la superficie pastorale è diminuita del 38%. L'erosione ha riguardato soprattutto le praterie, con indici di decremento del 46% per i pascoli e del 29% per i prati. Al regresso delle superfici pascolive ha fatto riscontro una forte espansione del bosco e delle lande arbustive, la cui estensione si è quadruplicata. 146 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 1971 2000 Diff. % DATI RIASSUNTIVI TERRITORIO ALPEGGI REGIONE LOMBARDIA Superficie produttiva [ha] Foreste e arbusti [ha] Prati Pascoli Incolto Totale 669 107.502 28.651 136.822 15.625 474 58.342 26.008 84.824 61.208 - 29,1 - 45,7 - 9,2 - 38,0 + 291,7 Tabella 12 - Dati desunti dal sistema informativo degli alpeggi della Regione Lombardia L'abbandono è da considerarsi un processo da contrastare per alcuni aspetti negativi che comporta: una riduzione della biodiversità vegetale e animale, una diminuzione del valore estetico del paesaggio, una minore accessibilità e fruibilità turistica dello spazio e un aumento dei rischi d'incendio e di eventi catastrofici. Questa variazione complessiva risulta essere strettamente correlata alla diminuzione del patrimonio zootecnico allevato localmente, e del modificarsi delle condizioni di sviluppo economico che hanno indotto molti alpigiani a lasciare l’attività agricola per impegnarsi in altri settori produttivi. Procedendo nell’analisi della variazione dell’uso degli alpeggi essa appare meno influenzata da fattori esterni e più legata alle caratteristiche proprie dell’alpeggio. Si può osservare infatti come la quasi totalità degli alpeggi che hanno subito il completo abbandono sia costituita da pascoli di ridotte estensioni, privi di viabilità d’accesso adatta ai mezzi agricoli e posti alle quote più elevate. Il fenomeno di maggiore rilievo appare tuttavia non il completo abbandono, bensì il sottoutilizzo degli alpeggi, la cui -1 conseguenza è la riduzione dei carichi unitari di bestiame (UBA ha ), l’abbandono dei fabbricati ed una profonda modificazione della tradizionale pratica d’alpeggio. In particolare, nel secolo scorso si è verificata una trasformazione di molti alpeggi da entità autonome dell’attività pastorale in stazione appartenenti ad un comprensorio pascolivo più ampio. Questi alpeggi, un tempo erano utilizzati singolarmente ed autonomamente da agricoltori residenti per l’intero periodo di alpeggio, mentre attualmente vengono usufruiti, nell’ambito di un raggruppamento, da un unico agricoltore (malgaro) che manda il bestiame al pascolo su quasi tutti le stazioni, ma che frequentemente utilizza unicamente le strutture di un unico alpeggio. Ne è così derivato il completo abbandono di molti fabbricati rurali presenti nelle stazioni divenute secondarie e l’assenza di manutenzione alle infrastrutture (acquedotti, viabilità minore, ecc.) e al cotico erboso, unitamente ad una marcata sottoutilizzazione della produzione foraggera. Gli alpeggi si configurano come aziende rurali temporanee, con forme di conduzione diverse legate alla proprietà e alle consuetudini locali, in cui l’uomo conduce il bestiame al pascolo nel periodo estivo al fine di poterne sfruttare le risorse foraggere lì disponibili. Il bestiame soggiorna sui pascoli nei mesi estivi, mentre al piano le aziende possono ricostruire riserve di foraggio per il resto dell’annata. Il foraggio consumato in alpeggio costituisce spesso l’indispensabile integrazione alla produzione foraggera del fondovalle. La durata dell’alpeggio varia in relazione all’altitudine e all’esposizione del pascolo, alla presenza di infrastrutture, all’andamento stagionale e alla presenza di pascoli o prati-pascolo situati a quote meno elevate su cui mantenere il bestiame prima di salire su quelli montani. L’inalpamento inizia nel mese di giugno terminando in genere nel mese di settembre. 147 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Passando ad esaminare le forme di proprietà e di godimento dei pascoli, occorre rilevare la peculiarità che contraddistingue l’alpeggio da qualsiasi altra azienda o struttura produttiva montana. La forma di proprietà e spesso anche il godimento dei pascoli risente oggi degli influssi dei regolamenti feudali o comunali e addirittura del diritto germanico imposto dalle popolazioni del Nord che al principio del Medioevo invasero la montagna lombarda. Questo diritto, a differenza di quello romano, distingueva la proprietà del suolo da quella del soprassuolo, di cui ammetteva frequentemente il diritto d’uso. Ciò ha provocato il diffondersi nei pascoli alpini di usi che tuttora permangono, quali quelli di pascolo e di legnatico, oppure la formazione di proprietà collettive che prendono consuetudini e denominazioni proprie. I pascoli comunali di un certo valore produttivo e gestionale vengono normalmente affittati; l’affitto viene regolato da un contratto, che ne stabilisce il canone, le norme di utilizzazione del pascolo e la durata dell’alpeggio. La gestione dell’alpe é affidata ad allevatori singoli (o associati in economia, con la ripartizione delle spese e dei ricavi), i quali corrispondono al Comune un canone fisso ad es. per U.B.A. monticata (Vezza d’Oglio). I pascoli di proprietà privata vengono in genere utilizzati dai proprietari o affittati, mentre le proprietà collettive vengono utilizzate dagli aventi diritto in base alla quota di godimento posseduta, trasmissibile ereditariamente o mediante contratto, spesso rappresentata dal numero di capi che possono essere condotti al pascolo. ANALISI DELLO STATO ATTUALE Il Parco Regionale dell’Adamello ha provveduto, nell’anno 2002, alla predisposizione del Piano di Settore Agricoltura, redatto dal Dott. For. Gianfranco Gregorini. In tale Piano veniva analizzato l’intero sistema degli alpeggi all’interno del territorio del Parco, ai fini di una valorizzazione multifunzionale adeguata alle reali esigenze e potenzialità pastorali e zootecniche e soprattutto alle potenzialità funzionali legate al turismo estivo e alla commercializzazione in loco dei prodotti lattiero-caseari. Per ciascun alpeggio o comprensorio di pascolo, inteso come unità gestionale e funzionale spesso composta da più stazioni o comparti, il Piano ne descrive compiutamente le caratteristiche con particolare riferimento alle forme di gestione, alle strutture e infrastrutture di servizio presenti, alla tipologia e produttività del cotico, ai pregi paesistici e naturalistici, e all’interesse turistico; il Piano inoltre analizza le problematiche gestionali e le tendenze evolutive in atto individuando proposte di conservazione e valorizzazione. A titolo esemplificativo si riporta di seguito la prima parte di una scheda descrittiva di un alpeggio tratta dal citato Piano di Settore Agricoltura del Parco regionale dell’Adamello. 148 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 149 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 150 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Per la predisposizione della presente indagine pastorale le informazioni tratte dal Piano di Settore Agricoltura del Parco sono state completate ed integrate con dati desunti dal Piano Regionale degli Alpeggi (P.R.A.) e dai contenuti dei Piani di Assestamento Forestale, in vigore o in fase di revisione, dei Comuni ricompresi nel territorio studiato. Nella tabella seguente si riportano i dati di sintesi degli alpeggi che interessano il territorio studiato. Denominazione Alpeggio o Comprensorio Alpeggio Bruina – Pozzuolo Casa Madre Alpeggio Vescasa Alpeggio Bezzi – Serodine Campello Alpeggio Tonalina Alpeggio Cadì Stazioni o Malghe Malga Bruina, Malga Corno d’Aola, Malga Pozzuolo, Plas de l’Orto, Costa di Casa Madre Malga Vescasa Bassa, Malga Vescasa Alta, Malga Fassi Malga Bezzi, Malga Campello, Malga Serodine di Fuori, Malga Serodine di Dentro Malga Tonalina Malga Cadì Comune Amministrativo Proprietà Superficie (ha) Ponte di Legno Ponte di Legno 1.199,94 Ponte di Legno Privati 145,98 Ponte di Legno Privati (Vicinìa Agraria di ponte di legno) 488,52 Ponte di Legno Ponte di Legno Privati Comune di Edolo 71,23 103,79 Malga del Calvo di Vione Malga del Calvo di Vione Vione Comune di Vione 23,67 Alpeggio Salì Malga Salì, Plana dei Morèi – Cresta Salì e Foppa del Salì Vezza Comune di Vezza 76,03 Malga del Calvo di Temù Malga del Calvo di Temù Temù Comune di Temù 20,86 Di seguito si descrivono, per ciascun alpeggio o comprensorio di pascolo, in forma riassuntiva, le caratteristiche dello stato attuale e le proposte di destinazione futura. MALGA DEL CALVO DI TEMÙ (COMUNE DI TEMÙ) Stazioni o Malghe: Malga del Calvo di Temù (1950 m s.l.m.) Nel territorio del comune di Temù le attività di alpeggio come tradizionalmente intese, correlate cioè alla filiera latteformaggi di montagna, sono del tutto scomparse ormai da tempo, e lo sfruttamento dei pascoli comunali si riduce alla monticazione saltuaria di tipo brado di bovini e/o equini che pascolano spesso in più alpeggi. L’alpeggio della Malga del Calvo di Temù, posto nell’alto versante nord-occidentale del Monte Calvo, è contiguo alla Malga del Calvo di Vione; non viene gestito attivamente (con attività di allevamento e trasformazione del latte) se non mediante il pascolo brado e spesso solo occasionale di bovini giovani o vacche in asciutta; le aree in cui il pascolo non è stato ancora invaso da vegetazione arbustiva si riducono a due ridotte porzioni. 151 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Per questo alpeggio il Piano di Assestamento Forestale (2007-2021) propone la rivalutazione in chiave agrituristica e ricettiva, per lo svolgimento di attività didattiche di educazione ambientale. ALPEGGIO SALÌ (COMUNE DI VEZZA D’OGLIO) Stazioni o Malghe: Malga Salì (1923 m s.l.m.), Plana dei Morèi – Cresta Salì e Foppa del Salì (altitudine media 2150 m s.l.m.) Alpeggio utilizzato solo all’inizio e verso la fine del periodo di alpeggio usualmente condotto su altre malghe o su fondi di proprietà privata; si tratta perciò di un pascolamento di passaggio; l’antico fabbricato d’alpe (Malga Salì) è un rudere non utilizzabile; le condizioni di abbandono risultano ormai generalizzate e incontrovertibili. MALGA DEL CALVO DI VIONE (COMUNE DI VIONE) Stazioni o Malghe: Malga del Calvo di Vione (da 1950 a 2200 m s.l.m.) Alpeggio gestito con conduzione del pascolo brado e senza controllo, progressivamente invaso da specie arbustive; l’uso attuale è legato all’utilizzo delle superfici pascolive limitrofe della Malga Calvo di Temù con le quali, dal punto di vista funzionale, costituisce sostanzialmente un unico comprensorio. L’alpeggio è per buona parte coperta da specie di discreto valore pastorale, pur essendo la superficie a prateria in costante riduzione per la diffusione del rododendro (Rhododendro ferrugineum). L’invadenza del rododendro, che colonizza le superfici partendo da sud-ovest, è stato favorito dal tipo di conduzione del pascolo, brado e senza alcun controllo. I fabbricati dell’alpeggio sono di recente ristrutturazione (2004). E’ auspicabile una ripresa in questo comprensorio dell’attività di allevamento e trasformazione del latte prevedendo lo sviluppo di attività turistiche in alpe. ALPEGGIO BRUINA – POZZUOLO - CASA MADRE (COMUNE DI PONTE DI LEGNO) Stazioni o Malghe: Malga Bruina (1750 m s.l.m.); Malga Corno d’Aola (2.140 m); Malga Pozzuolo (2000 m); Plas de l’Orto (1600 m); Costa di Casa Madre (2300 m) Alpeggio utilizzato quasi esclusivamente con bestiame ovino; non vi è produzione lattiero-casearia, le strutture presenti sono limitate a ruderi e/o baracche utilizzate occasionalmente come ricovero per il personale, e l’abbeverata avviene tramite i ruscelli che solcano la zona. Alpeggio di scarso potenziale zootecnico. La previsione di destinazione del Piano di Settore (Gregorini, 2002) è l’abbandono progressivo, pur indicando la necessità di ristrutturazioni dei fabbricati d’alpe in Malga Corno d’Aola e Malga Pozzuolo. ALPEGGIO VESCASA (COMUNE DI PONTE DI LEGNO) Stazioni o Malghe: Malga Vescasa Bassa (1600 m s.l.m.); Malga Vescasa Alta (1718 m); Malga Fassì (1750 m) 152 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Alpeggio gestito da privati, con utilizzo delle strutture per il ricovero del bestiame e la lavorazione del latte inadeguato (il ciclo produttivo in loco non è completo). Alpeggio di medio potenziale zootecnico. La previsione di destinazione del Piano di Settore (Gregorini, 2002) è la valorizzazione parziale, prevedendo sui fabbricati adeguamenti igienico-sanitari (Malga Vescasa bassa) e manutenzioni straordinarie (Malga Vescasa Alta e Malga Fassì); veniva proposta inoltre la valorizzazione a fini turistici di una delle stazioni principali. Alpeggio Bezzi – Serodine – Campello (Comune di Ponte di Legno) Stazioni o Malghe: Malga Bezzi (1800 m s.l.m.); Malga Campello (2020 m); Malga Serodine di Fuori (2340 m); Malga Serodine di Dentro (2430 m) Alpeggio utilizzato quasi esclusivamente con bestiame ovino, senza produzione lattiero-casearia, nonostante le diverse e alte potenzialità. Alpeggio di buon potenziale zootecnico. La previsione di destinazione del Piano di Settore (Gregorini, 2002) è la valorizzazione dell’intero alpeggio sia negli aspetti propriamente zootecnici che a fini turistici, prevedendo sui fabbricati adeguamenti igienico-sanitari (Malga Serodine di Dentro), manutenzioni ordinarie (Malga Bezzi e Malga Campello) e manutenzioni straordinarie (Malga Serodine di Fuori). ALPEGGIO TONALINA (COMUNE DI PONTE DI LEGNO) Stazioni o Malghe: Malga Tonalina (1728 m s.l.m.) Alpeggio utilizzato anche con carichi piuttosto consistenti con cotico di qualità da discreta a buona. Alpeggio di medio potenziale zootecnico. La previsione di destinazione del Piano di Settore (Gregorini, 2002) è la valorizzazione dell’intero alpeggio negli aspetti propriamente zootecnici, prevedendo adeguamenti igienico-sanitari alla Malga Tonalina. Veniva inoltre proposta la valorizzazione a fini turistici con commercializzazione in loco dei prodotti. ALPEGGIO CADÌ (COMUNE DI PONTE DI LEGNO) Stazioni o Malghe: Malga Cadì (1915 m s.l.m.) Alpeggio interessato dalla presenza della pista da sci del Tonale, caratterizzato da abbondante produzione erbacea e sufficiente disponibilità idrica. Alpeggio di buon potenziale zootecnico. La previsione di destinazione del Piano di Settore (Gregorini, 2002) è la valorizzazione dell’intero alpeggio sia negli aspetti propriamente zootecnici che in quelli turistici, prevedendo adeguamenti igienico-sanitari alla Malga Cadì, e la promozione della commercializzazione in loco dei prodotti. 153 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO FABBRICATI, INFRASTRUTTURE I fabbricati d’alpe sono ascrivibili a due categorie: le strutture di ricovero per il bestiame e le abitazioni/ricovero dei pastori, in alcuni casi con annessi locali adibiti alla lavorazione del latte e alla conservazione del formaggio. Si tratta sempre di costruzioni in muratura generalmente con malta di cemento, talvolta a secco. Nelle peggiori condizioni sono ridotti a ruderi inutilizzabili (es. Alpeggio Salì in Comune di Vezza d’Oglio). Spesso le abitazioni/ricovero del personale, presentano notevoli carenze conservative e/o funzionali in particolare con riferimento alle operazioni di lavorazione del latte e conservazione del formaggio. Tali carenze, in contrasto con la vigente normativa sanitaria, riducono ampiamente la buona pratica d’alpeggio, mortificano le potenzialità legate al turismo in alpe e alla commercializzazione in loco, rendendo inoltre meno agevoli le condizioni di vita e di lavoro degli alpigiani. CONDIZIONI E PRODUTTIVITÀ DEI PASCOLI Nel territorio della Valle Camonica, similmente alla generalità delle vallate alpine, possono essere individuate tre principali tipologie pastorali che trovano definizione in ragione del tipo di gestione praticata e della quota in cui sono ubicate. a) Prati e prati-pascoli di fondovalle o prossimi ai nuclei rurali. Sono collocati lungo il fondovalle e/o in prossimità dei nuclei abitati e hanno in genere favorevoli giaciture. In particolare i cosiddetti prati stabili di fondovalle presentano giaciture pianeggianti e possono essere parzialmente irrigui. I prati migliori sono in genere sottoposti a due tagli estivi e al pascolamento autunnale; in questo caso, nelle migliori situazioni, vengono praticate la concimazione naturale, talvolta l’erpicatura e l’irrigazione. I prati-pascolo, generalmente di minor fertilità e produttività, sono utilizzati meno intensivamente, in genere limitandosi ad un solo sfalcio estivo e al pascolamento. Eccezion fatta per i prati di fondovalle di giacitura migliore le operazioni di fienagione sono scarsamente meccanizzate. La produttività in termini qualitativi e quantitativi è generalmente molto diversa in relazione alle condizioni stazionali e al tipo di cure colturali prestate. Dal punto di vista floristico sono caratterizzati dalla presenza di Lolium perenne, Dactylis glomerata, Festuca gr. Rubra, Trifolium repens. Dal punto di vista fitosociologico sono inquadrabili nell’alleanza Arrehenatherion elatioris (classe Molinio-Arrenatheretea). b) Pascoli di media quota. Sono presenti nella fascia media dei versanti, a quote generalmente comprese fra gli 800 e i 1600 m s.l.m., e sono generalmente dotati di fabbricati di abitazione/ricovero per il personale e di ricovero per gli animali. Sono stazioni intermedie d’alpeggio utilizzate un tempo in tarda primavera-inizio estate durante la salita all’alpe mediante la stabulazione fissa e l’utilizzo del fieno dell’annata precedente. Un secondo periodo di utilizzo era quello autunnale quando, durante la discesa dall’alpeggio, veniva praticato il pascolo successivo alle operazioni di sfalcio estivo. Attualmente solo pochi di questi pascoli montani sono ancora utilizzati quali stazioni intermedie ma comunque quasi sempre esclusivamente per il pascolamento. Le fitocenosi che costituiscono il cotico erboso di questi pascoli si configurano come associazioni secondarie, e quindi caratterizzate da notevole instabilità. A seguito della diminuita utilizzazione dei pascoli si è determinato un progressivo peggioramento della composizione floristica del cotico è l’invasione dello stesso da parte di specie infestanti erbacee e arbustive. Dal punto di vista fitosociologico queste formazioni sono inquadrabili nell’alleanza Triseto-Polygonion bistortae (classe Molinio-Arrhenatheretea). 154 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO c) Pascoli d’alta quota. Sono ubicati nella fascia altimetrica superiore, generalmente oltre il limite superiore della vegetazione arborea e sono almeno in parte costituiti da praterie primarie di origine naturale e quindi da maggiore stabilità del cotico erboso alle variazioni di carico e di utilizzazione. Sono, per contro, quelli più facilmente soggetti all’azione erosiva delle acque meteoriche e all’invasione di pietrame proveniente dai contrafforti rocciosi spesso sovrastanti il pascolo. Sono utilizzati nel periodo estivo centrale. Alle quote meno elevate sono frequentemente presenti superfici di pascolo arborato che vanno soggette all’azione invasiva arbustiva in particolare dell’ontano verde (Alnus viridis) e del rododendro (Rhododendro ferrugineum). Le porzioni di pascolo migliori sono generalmente quelle prossime ai fabbricati, ma a causa delle non adeguate condizioni di sfruttamento e dell’assenza di cure colturali presentano modeste condizioni sia sotto l’aspetto delle produzioni quantitative sia sotto quello qualitativo. La specie erbacea regressiva maggiormente diffusa è il nardo (Nardus stricta) che denota situazioni di sottoutilizzo e irrazionale pascolamento. Il Nardus stricta è specie rifiutata dal bestiame e la sua presenza deprime il valore pastorale del foraggio. In prossimità dei fabbricati, in particolare nei luoghi di smaltimento delle deiezioni; è presente la flora nitrofila tipica (es. generi Rumex e Urtica). Anche l’estirpazione di specie invadenti o la rimozione del pietrame, un tempo regolarmente praticate, oggi è ampiamente trascurata in considerazione del minor fabbisogno foraggero dovuto alla forte riduzione del numero di capi portati al pascolo. Nelle zone molto acclivi prevalgono i festuceti a Festuca varia e i Cariceti a Carex sempervirens e a Carex curvula. d) Praterie rupicole e cespuglieti. Si tratta delle porzioni di pascolo periferiche agli alpeggi ancora utilizzati oppure a quelli totalmente dismessi dove la mancata continuazione del regolare pascolamento e delle cure colturali, hanno favorito una progressiva invasione da parte delle specie arbustive o di specie erbacee di minor valore pabulare. Generalmente presentano acclività notevoli, diffuse accidentalità, presenza di pietrame e di affioramenti rocciosi e pertanto basso valore pastorale. IPOTESI DI DESTINAZIONE E SVILUPPO L’indagine condotta ha consentito una disamina della situazione pastorale nel territorio di studio e l’individuazione di obiettivi di destinazione e sviluppo. Come premessa alle indicazioni di destinazione e sviluppo è opportuno affermare, o confermare, in linea generale, l’importanza di mantenere, o incrementare localmente ove possibile, le attività agropastorali sia per gli aspetti socioeconomici, legati alla permanenza di attività tipiche dell’ambiente rurale alpino, sia per la conservazione di elementi di diversificazione e valorizzazione paesaggistica e biologica, quali sono le praterie, la cui importanza è di estremo rilievo anche considerata la vocazione turistica del territorio. In riferimento alle ipotesi di destinazione e sviluppo sono necessarie due valutazioni preliminari di carattere generale: - il pascolo estivo in alpeggio costituisce un’importante occasione sia di contenimento del deficit di produzione foraggera aziendale sia per il miglioramento delle condizioni di alimentazione e di allevamento del bestiame; - la pratica del pascolo rappresenta un sistema a basso o nullo impatto per la conservazione di agro-ecosistemi sodivi anche di origine secondaria; - in generale i pascoli sono sottoutilizzati per la progressiva riduzione del numero di capi inalpati. 155 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO A partire da queste considerazioni di carattere generale si sono realizzate le opportune sintesi per definire destinazioni e percorsi di sviluppo, e conseguentemente gli interventi necessari. Stante il perdurare del dimensionamento ridotto delle attività zootecniche rispetto ai decenni passati, e non essendo prevedibili mutamenti inversivi della tendenza per il futuro, ci si deve necessariamente indirizzare verso la definizione di priorità in merito agli alpeggi per cui è opportuna la prosecuzione della zootecnia su cui concentrare risorse ed investimenti per la valorizzazione ed il rilancio. La scala delle priorità è determinata da diversi fattori sostanzialmente riconducibili al valore foraggero dei pascoli (quantità e qualità) e alle condizioni di lavoro degli addetti: valore pastorale del pascolo, accessibilità e infrastrutture di servizio, dotazioni strutturali di base (fabbricati, captazioni idriche, abbeveratoi), connessioni funzionali tra più stazioni di pascolo, potenzialità agro-eco-turistiche. In estrema sintesi per alcuni alpeggi va promossa la piena valorizzazione degli aspetti zootecnici, comunque legato a forme di turismo culturale e alla commercializzazione in loco dei prodotti, mentre per altri andrà previsto l’abbandono progressivo delle attività zootecniche e l’eventuale valorizzazione delle strutture per attività ricreative di stampo escursionistico, naturalistico e didattico (bivacchi, ricoveri). SISTEMI FORAGGERI Per la valorizzazione delle attività zootecniche si ritiene necessaria un’impostazione maggiormente professionalizzata e moderna dell’alpicoltura, in riferimento in particolare al dimensionamento dei carichi per unità di superficie, al pascolamento razionale (rotazioni e recinzioni mobili), e alle tecniche igienico-sanitarie di lavorazione e trasformazione del prodotto. Ciò può avvenire attraverso un’adeguata preparazione e formazione professionale degli addetti. Per il mantenimento del patrimonio zootecnico del bestiame attualmente allevato nei comuni dell’alta Valle Camonica è importante garantire il reperimento di adeguate risorse foraggere per l’alimentazione durante il periodo di stabulazione fissa; a tal fine le azioni coordinate devono riguardare la salvaguardia e il miglioramento gestionale delle superfici a prato e a prato-pascolo di fondo valle. La ricerca di una ottimizzazione del carico consente oltre ad un migliore sfruttamento della produzione anche un apporto organico naturale in tutte le aree sottoposte al pascolamento. Il carico ridotto rispetto al potenziale dell’alpeggio, oltre a indurre il bestiame ad utilizzare solo il pascolo più comodo, con il relativo abbandono di superfici marginali che vengono invase in breve tempo da infestanti, cespugli e successivamente dal bosco, consente agli animali di scegliere il foraggio più appetitoso, permettendo la maturazione e la diffusione delle specie meno appetite. FABBRICATI E STRUTTURE Le linee di intervento dovranno sostanzialmente essere indirizzate a consolidare e qualificare le realtà attualmente attive, e suscettibili di prosecuzione e/o sviluppo; per queste realtà andranno previsti interventi di miglioramento dei fabbricati adibiti ad abitazione dei pastori, alla lavorazione del latte, allo stoccaggio, alla conservazione dei prodotti e 156 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO al ricovero del bestiame. In questo senso di particolare priorità risulta essere l’intervento di adeguamento dei fabbricati ad uso abitativo per consentire la trasformazione del prodotto in alpeggio garantendo i requisiti minimi igienico-sanitari richiesti dalle normative vigenti; la lavorazione e conservazione in loco consente forme di commercializzazione in loco in particolare per gli alpeggi più facilmente accessibili al turista. Vanno inoltre previsti miglioramenti alle strutture di approvvigionamento idrico (manutenzioni e/o realizzazioni di captazioni e abbeveratoi) e provvedere alle opportune forme di approvvigionamento energetico (pannelli solari, gruppi elettrogeni o collegamenti a linee elettriche). PRODUZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE Una migliore caratterizzazione dei processi produttivi può in generale consentire di ottenere prodotti di migliore qualità e maggiormente differenziati (non omologati). Il conseguito di una maggiore razionalizzazione dei processi di trasformazione, che potrebbe in futuro attraverso un adeguato progetto avvenire in forma coordinata sull’intero territorio del Parco dell’Adamello, consentirebbe una promozione e migliore commercializzazione dei prodotti zootecnici così da ottenere, anche attraverso una vendita diretta, una maggiore remunerazione dell’attività agricola. VALORIZZAZIONE AMBIENTALE E PAESAGGISTICA La conservazione degli ecosistemi a prateria consente quella diversità biologica e paesaggistica, determinata dalla variegata alternanza tra ecosistemi a prateria fisionomicamente aperti ed ecosistemi forestali fisionomicamente chiusi creatasi in passato con l’esercizio diffuso dell’attività zootecnica-pastorale. Tale diversificazione paesistica è inoltre valorizzata dalla presenza di elementi storici, architettonici e culturali legati all’edilizia rurale (edifici, mulattiere, ecc.). Per gli alpeggi per cui vengono esclusi sviluppi in senso zootecnico si possono ipotizzare interventi conservativi e di valorizzazione del patrimonio architettonico-rurale per finalità turistico-ricreative e culturali. QUADRO RIASSUNTIVO DELLE IPOTESI DI DESTINAZIONE E SVILUPPO Per la definizione delle ipotesi di destinazione e sviluppo è stata operata una sintesi a partire dalle indicazioni presenti nel Piano di Settore Agricolo del Parco Regionale dell’Adamello e nei Piani di Assestamento Forestale dei Comuni in vigore e/o in fase di revisione, validandone e confermandone i contenuti in concertazione con il Parco, i Comuni e il Consorzio Forestale Due Parchi. Le destinazioni che prevedono la valorizzazione zootecnica comprendono, oltre agli interventi direttamente indicati nella tabella sottostante, gli interventi e le forme di valorizzazione poco sopra sommariamente descritte in riferimento a: Sistemi foraggeri, Fabbricati e strutture, Produzione e commercializzazione, Valorizzazione ambientale e paesaggistica. 157 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Denominazione Alpeggio o Comprensorio Stazioni o Malghe Destinazione e sviluppo Alpeggio Bruina – Pozzuolo - Casa Madre Malga Bruina, Malga Corno d’Aola, Malga Pozzuolo, Plas de l’Orto, Costa di Casa Madre Abbandono progressivo attività zootecnica Alpeggio Vescasa Malga Vescasa Bassa, Malga Vescasa Alta, Malga Fassi Valorizzazione zootecnica e turistica Alpeggio Bezzi – Serodine - Campello Malga Bezzi, Malga Campello, Malga Serodine di Fuori, Malga Serodine di Dentro Valorizzazione zootecnica e turistica Alpeggio Tonalina Malga Tonalina Alpeggio Cadì Malga Cadì Malga del Calvo di Vione Malga del Calvo di Vione Alpeggio Salì Malga Salì, Plana dei Morèi – Cresta Salì e Foppa del Salì Valorizzazione zootecnica e turistica Valorizzazione zootecnica e turistica Valorizzazione zootecnica e turistica Abbandono progressivo attività zootecnica Malga del Calvo di Temù Malga del Calvo di Temù Valorizzazione turistica 158 Interventi di valorizzazione Piano Settore indicava ristrutturazioni fabbricati d’alpe in Malga Corno d’Aola e Malga Pozzuolo Adeguamenti igienico-sanitari (Malga Vescasa bassa); manutenzioni straordinarie (Malga Vescasa Alta e Malga Fassì); valorizzazione turistica di una delle stazioni principali Adeguamenti igienico-sanitari (Malga Serodine di Dentro), manutenzioni ordinarie (Malga Bezzi e Malga Campello); manutenzioni straordinarie (Malga Serodine di Fuori). Adeguamenti igienico-sanitari; valorizzazione turistica Adeguamenti igienico-sanitari; valorizzazione turistica Promozione uso zootecnico; valorizzazione turistica Ristrutturazione fabbricati ricezione turistica (bivacco e sosta) PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO VIABILITÀ FORESTALE ANALISI DELLA VIABILITA’ SILVO-PASTORALE. CENSIMENTO DELLA VIABILITÀ ESISTENTE METODOLOGIA UTILIZZATA PER LA REALIZZAZIONE DELLA CARTA DELLA VIABILITÀ Il censimento della viabilità silvo-pastorale esistente è stato condotto attraverso il rilievo cartografico della rete stradale. Operando una classificazione dei tratti viari con criteri parametrici le strade sono state inquadrate in quattro classi di transitabilità: strade camionabili, strade percorribili da trattori con rimorchio, piste percorribili da trattori di piccole dimensioni, mulattiere e piste percorribili con piccoli automezzi (tabella 1). I parametri distintivi considerati per la classificazione sono stati da un lato la tipologia dei mezzi utilizzabili (autocarri, trattori con rimorchio, trattori di piccole dimansioni e piccoli automezzi) e il carico ammissibile, dall’altro il tipo di fondo (stabilizzato o naturale/migliorato), la larghezza minima (metri), la pendenza prevalente e massima (%), il raggio minimo di curvatura (metri). 159 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙPONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Tabella 13 – Classificazione della viabilità secondo i parametri costruttivi e di tracciato Rete viabile Fattore di transitabilità Classe di 23 transitabilità І Mezzi Carico ammissibile 24 (q) Autocarri 250 3,5 3 200 Trattori con rimorchio Trattori piccole dimensioni 90 CV ІІ ІІІ ІV Pendenza (%) Largh. Minima (m) Piccoli automezzi Raggio tornanti (m) Massima Prevalente F. naturale F. stabilizzato <10 12 16 9 2,5 <12 14 20 8 100 2,0 <14 16 25 6 40 1,8 >14 >16 >25 <6 Piste forestali Mezzi forestali Tracciati minori Mulattiere Sentieri Itinerari alpini Tracciati a prevalente uso pedonale con larghezza minima di 1,2 m, pendenza non superiore al 25% con fondo lastricato nei tratti a maggior pendenza. Presenza di piccole opere di regimazione delle acque superficiali (canalette e cunettoni) e di muri di contenimento della scarpata a monte e a valle. Tracciati ad esclusivo uso pedonale con larghezza con larghezza non superiore a 1,2 m e pendenze che,in presenza di gradini, possono raggiungere il 100%. Presenza di elementari opere d’arte per il mantenimento del fondo e della scarpata. Insieme dei tracciati in zona di media e alta montagna ad esclusivo uso pedonale, con sezione ridotta, fondo spessi irregolare e non consolidato emancanza di opere d’arte. In zone impervie possono essre dotati di particolari attrezzature fisse per garantire il passaggio in sicurezza (ferrate). 23 La classe di transitabilità è determinata dal parametro più sfavorevole che ne costituisce il limite di transitabilità Sono consentite delle deroghe indicate nel Regolamento comunale al transito art.13 3 Comprensivo di banchina 0.5 m 24 160 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO SVILUPPO E DISTRIBUZIONE DELLA RETE VIABILE Lo sviluppo lineare della rete viabile rilevata si estende per circa 127 km, distribuendosi in maniera piuttosto uniforme sul territorio dei cinque comuni ricadenti nell’area di indagine, con un minimo di 14,3 km per il comune di Vione e un massimo di 35.7 km di strade ricadenti entro i confini comunali di Ponte di Legno (tabella 2). Pur non essendo presenti all’interno dell’area percorsi autostradali o ferroviari, si rilevano ugualmente, tra le strade classificate come camionabili, tratti stradali che rivestono una certa importanza in termini di collegamento e che fanno parte delle strade statali e provinciali. In particolare, la zona è fiancheggiata a nord, per un lungo tratto, dalla Strada Statale n°42 “via Nazionale” che collega Incudine a Ponte di Legno, passando da Vezza d’Oglio, Vione e Temù. La stessa attraversa la parte settentrionale dal comune di Ponte di legno. Inoltre, in corrispondenza di quest’ultimo, dal percorso della SS42 si diparte la Strada Statale n°300 che conduce al paese di Bormio. Da un punto di vista strutturale la tipologia più diffusa è quella delle strade della II classe di transitabilità che caratterizzano tratti complessivamente di circa 77 km, rappresentanti circa il 62% dell’intera opera infrastrutturale (tabella 2 e figura 1). Le altre tipologie più importanti sono, in ordine, le strade percorribili con trattori di piccole dimensioni (III classe di transitabilità) e le camionabili (I classe di transitabilità), rispettivamente rilevate sul 22% e sul 10% della rete, mentre molto meno frequenti le mulattiere e le piste percorribili con piccoli automezzi (IV classe di transitabilità), che complessivamente, in tutta l’area esaminata, non raggiungono gli 8 km di sviluppo. Tabella 14 - Sviluppo in Km della viabilità ripartito per comune. COMUNE I° CLASSE DI II° CLASSE DI III° CLASSE DI IV° CLASSE DI TRANSITABILITA' TRANSITABILITA' TRANSITABILITA' TRANSITABILITA' Totale Incudine 0,0 4,1 17,2 0,6 21,9 Vezza d'Oglio 2,8 18,3 0,9 0 22,0 Vione Temù 0,0 2,9 14,1 25,0 0,2 0,3 0 4,5 14,3 32,7 Ponte di Legno 7,3 16,0 9,9 2,5 35,7 Totale 13,0 77,6 28,5 7,6 126,6 Figura 1 - Distribuzione percentuale della viabilità per tipologia di strada. 161 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La maggior parte della rete viaria si distribuisce esclusivamente nella fascia altimetrica medio-bassa dell’area, a quote quasi sempre inferiori ai 1500 metri, soprattutto le strade camionabili (I classe di transitabilità) che si ritrovano prevalentemente incorrispondenza delle valli che attraversano da nord a sud l’area di indagine (tabella 3 e figura 2). Tabella 15 - Distribuzione percentuale della viabilità per comune e per tipologia di strada. COMUNE I° CLASSE DI TRANSITABILITA' II° CLASSE DI TRANSITABILITA' III° CLASSE DI TRANSITABILITA' IV° CLASSE DI TRANSITABILITA' Totale Incudine Vezza d'Oglio 0 13 19 83 79 4 3 0 100 100 Vione 0 99 1 0 100 Temù Ponte di Legno 9 20 76 45 1 28 14 7 100 100 Incudine 0 5 60 8 Vezza d'Oglio 22 24 3 0 Vione Temù 0 22 18 32 1 1 0 59 Ponte di Legno 56 21 35 33 Totale 100 100 100 100 La parte più consistente della viabilità è rappresentata dalle strade della II classe di transitabilità, abbastanza uniformemente distribuite su tutto il territorio, ad eccezione del comune di Incudine, in cui questa classe di strade è scarsamente rappresentata (solo 4 km). Questa tipologia di strade, dal confine settentrionale dell’area, si dirama verso sud, spingendosi anche oltre i 2100 m s.l.m., soprattutto nei territori dei comuni di Vezza d’Oglio, Vione e Temù. Figura 2 - Distribuzione percentuale della viabilità per comune e per tipologia di strada. 162 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Le mulattiere e le piste percorribili con piccoli automezzi sono presenti quasi esclusivamente nei comuni di Ponte di Legno e Temù (figura 3). Le strade percorribili con trattori di piccole dimensioni (III classe di transitablità) sono presenti in prevalenza nei territori dei comuni di Incudine e di Ponte di legno e, in corrispondenza di quest’ultimo, questa tipologia di strade si snoda ad altitudini comprese tra i 1900 m e 1 2600 m s.l.m. Figura 3 – Classificazione della viabilità Viabilità I Classe di transitabilità II Classe di transitabilità III Classe di transitabilità IV Classe di transitabilità Viabilità principale Area di indagine Confini comunali INCUDINE PONTE DI LEGNO TEMU' VEZZA D'OGLIO VIONE DENSITÀ VIABILE E CONDIZIONI DI ACCESSIBILITÀ DELL’AREA Il calcolo della densità viabile caratteristica dei territori comunali (tabella 4) mostra, per le aree di Incudine e Vezza d’Oglio, i valori più alti con circa 24 m/ha per il primo e per il secondo di circa 20 m/ha. Il valore più basso si ha invece per il comune di Ponte di Legno con soli 8.2 m/ha. Il dato è ancora più significativo se si considera come il comune di Ponte di Legno risulti il più coinvolto in termini superficiali. Per gli altri comuni si riscontrano condizioni intermedie alle precedenti (intorno ai 15 m/ha). Tabella 4 - Densità viabile per comune (m/ha) COMUNE SUPERFICIE (ha) VIABILITA' (km) DENSITA' VIABILE Incudine Vezza d'Oglio Vione Temù Ponte di Legno 924,1 1078,8 986,2 2053,1 4359,9 21,9 22 14,3 32,7 35,7 23,7 20,4 14,5 15,9 8,2 Totale complessivo 9402,1 126,6 13,5 163 (m/ha) PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Lo stesso indice è stato calcolato anche considerando esclusivamente la viabilità che attraversa le superfici boscate, permettendo quindi valutazioni di ordine prettamente di interesse forestale (tabella 5). Tabella 5 - Valori dell’indice di densità viabile calcolato per le superfici forestali. COMUNE SUPERFICIE FORESTALE (ha) INDICE DI BOSCOSITA' VIABILITA' DI INTERSSE FORESTALE (km) DENSITA' VIABILE DI SERVIZIO AI BOSCHI (m/ha) Incudine 793,9 85,9 18,2 22,9 Vezza d'Oglio 1011,9 93,8 20,0 19,8 Vione 777,1 78,8 10,2 13,2 Temù 1625 79,1 28,2 17,3 Ponte di Legno 2239,2 51,4 18,0 8,0 Totale 6447,1 68,6 94,6 14,7 La media della densità viabile di servizio ai boschi, per l’intera area è di 14.7 m/ha, con il comune di Incudine che presenta l’indice migliore (22,9 m/ha). Da un punto di vista della consistenza della superficie forestale Incudine presenta un valore prossimo a quello di Vione, ma con un indice di boscosità piuttosto elevato del primo (oltre 85%) rispetto al secondo (79%). Il territorio di Vione inoltre, con con il valore più basso in termini di viabilità di interesse forestale, presenta un indice di densità viabile sotto la media. Il comune di Ponte di Legno è invece quello che ha in termini assoluti la maggiore superficie boscata (oltre 2.200ha), ma con solo circa 18 km di strade che l’attraversano, determinanti una densità viabile di 8 m/ha, è risultato il valore in assoluto più basso. Il comune di Vezza d’Oglio, con una superficie forestale di circa 1000 ha, è quello che presenta l’indice di boscosità più elevato ed un valore di densità viabile di servizio ai boschi secondo dopo Incudine (19.8 m/ha). Il territorio comunale di Temù invece presenta la maggiore estensione in termini di viabilità forestale (28.2 km), ma l’indice di boscosità non troppo elevato determina una densità viabile forestale di poco sopra la media. La valutazione dell’accessibilità delle aree forestali è stata effettuata classificando il territorio entro tre classi di accessibilità, secondo il protocollo metodologico elaborato da Hippoliti (1977). La metodologia proposta si distingue per semplicità e facilità applicativa basandosi sul principio secondo il quale un bosco si definisce “ben servito” quando un operaio impiega complessivamente 30 minuti al giorno per percorrere in entrambi i sensi il tragitto che deve essere fatto per raggiungere il cantiere una volta lasciata l’autovettura. Il bosco viene invece considerato “scarsamente servito” se l’operaio impiega tra mezzora ed un ora e “non servito” se il tempo di trasferimento è maggiore di una ora. Il calcolo è calibrato in considerazione di un tempo medio di percorrenza di 15 minuti ogni 100 m di dislivello oppure ogni 1.000 m svolti in condizioni di piano. L’elaborato cartografico relativo alla valutazione dell’accessibilità è stato realizzato classificando il territorio forestale entro le suddette categorie, applicando attorno a tutti i tratti viabili, superfici buffer di ampiezza variabile in funzione della pendenza del terreno. 164 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Figura 4 – Classificazione dell’accessibilità Zona di indagine Viabilità Zonizzazione Zone accessibili Zone non accessibili Zone scarsamente accessibili L’indagine ha quindi evidenziato (figura 4) come risulti in buona parte accessibile la parte settentrionale ed occidentale dell’area di studio, nel disegno indicata con il colore giallo. La zona sud-orientale invece comprende un territorio di circa 2600 ha classificato come “non accessibili” (individuata dal colore rosso) e identifica la parte di territorio altimetricamente più elevato di tutti e cinque i comuni. La stessa classificazione è stata data a due zone situate nella parte sud-occidentale dell’area (per un totale di circa 460 ha) ed una zona situata invece nella parte nord occidentale di estensione di circa 60 ha. Confrontando la carta dell’accessibilità con quella dell’uso del suolo, infine, si osserva una forte corrispondenza delle suddette aree con le classi “rocce affioranti e rupi” e “ghiacciai e nevai” e in minima parte con praterie e pascoli d’alta quota o zone con vegetazione arbustiva o cespuglieti. Tra le zone definite dalle categorie “accessibili” e “non accessibili”, esiste una fascia di territorio indicata in figura con il colore arancione, classificato come “scarsamente accessibile” (circa 1800 ha), così come rientrano in tale categoria una serie di aree dislocate lungo il confine settentrionale dell’area di indagine. LA VIABILITÀ IN RELAZIONE ALLA CARTA DEGLI DEL USI DEL SUOLO E ALLE DESTINAZIONI Una corretta valutazione del grado di accessibilità dei boschi non può prescindere da un’analisi della distribuzione della viabilità tra le varie destinazioni funzionali prevalenti associate alle categorie tipologiche forestali. 165 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La funzione della viabilità diviene infatti essenziale in quei soprassuoli per i quali è stata individuata una funzione produttiva, mentre non lo è in caso di formazioni destinate all’evoluzione libera oppure alla funzione naturalistica. La destinazione produttiva prevalente, individuata sul 42% delle peccete montane dei substrati silicatici su suoli mesici, che che hanno un’estensione di circa 1190 ha, pari al 22% del totale, implica necessariamente un buon grado di densità viabile, in quanto tali condizioni incidono direttamente sui costi di esbosco e trasporto del legname. Allo stesso tempo la presenza di un fitta e capillare rete viabile rappresenta un punto cardine in termini di prevenzione e lotta agli incendi (tabelle 6, 7, 8 e 9). Tabella 6 - Superfici in Ha ripartite per tipo forestale e classe di accessibilità TIPI FORESTALI 1 CLASSI DI ACCESIBILITA' 2 3 Totale Aceri-frassineto 63,3 0,0 0,0 63,3 Aceri-frassineto con ontano bianco 42,3 0,0 0,0 42,3 Alneta di ontano bianco 45,7 2,3 0,0 48 Alneta di ontano verde 292,5 640,6 470 1402,6 Betuleto 8 0,0 0,0 8 Corileto 48,6 0,0 0,0 48,6 Lariceto in successione con pecceta 17,9 15,9 14 47,9 Lariceto primitivo 0,4 29,8 19 49,5 Larici-cembreto primitivo e consorzi rupicoli 13,5 20,8 11 45,4 Lariceto tipico 186 146,3 7 339,6 Lariceto tipico montano 2,1 0,0 0,0 2,1 Mugheta microterma su substrati silicatici 10,2 20,7 14 44,7 Pecceta secondaria montana 402,6 7,4 0,0 410 Pecceta azonale su alluvioni 68,3 0,0 0,0 68,3 Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici suoli mesici 832,6 687,5 26 1545,6 Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici suoli xerici 93,8 67,3 0,0 161,1 Pecceta montana dei substrati silicatici suoli mesici 844,2 351,5 0,0 1195,7 166 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO I 23.3 km di strade che attraversano questi boschi sono prevalentemente costituiti da strade della II classe di transitabilità (15 km). Seguono le strade percorribili da trattori di piccole dimensioni e strade camionabili, III e I classe (rispettivamente con 4.5km e 2.5 km), che complessivamente incidono significativamente determinando un indice di densità viabile piuttosto alto (16.4 m/ha), superiore all’indice viabile forestale medio dell’area (14.7 m/ha). Le strade percorribili da piccoli automezzi (IV classe), sono scarsamente rappresentate con solo 1,2 km. La formazione forestale più estesa è la Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici su suoli mesici, con una superficie di 1545 ha, pari al 28% del totale. Questa è attraversata da circa 21 km di strade, in prevalenza appartenenti alla II classe di transitabilità (16,3 km) che, da sole, determinano una densità viabile di poco sotto la media della zona (circa 11 m/ha). È comunque da ricordare che la destinazione prevalente di questa tipologia di boschi è quella paesaggistica. Lo sviluppo delle strade che attraversano l’altra formazione forestale di rilievo, gli alneti a ontano verde (1.402 ha, oltre il 25% del totale), corrisponde complessivamente a 5.5 Km distribuita abbastanza uniformemente nelle quattro classi di transitabilità. La densità viabile registra quindi un valore (4 m/ha) di gran lunga inferiore alla media complessiva, ma è significativo evidenziare, una prevalente destinazione funzionale di tipo naturalistico e protettivo. In termini assoluti è opportuno rilevare che tra i boschi più serviti ci sono le peccete secondarie montane, interessati da oltre 22 km di strade, distribuiti entro un territorio di soli 410 ha. Tabella 7 – Classi di accessibilità in relazione alle attività prevalenti. ATTIVITA' Accessibile CLASSE Scarsamente accessibile FRUITIVA 638,7 50,0 13,4 702,0 NATURALISTICA 346,5 625,0 340,4 1311,8 PAESAGGISTICA 930,6 710,9 99,1 1740,6 PRODUTTIVA 610,4 207,4 0,0 817,8 PROTETTIVA 219,9 378,9 107,8 706,5 TAMPONE 226,4 18,0 0,0 244,4 Totale complessivo 2972,3 1990,2 560,6 5523,1 167 Non accessibile Totale PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Ha % I° CLASSE DI TRANSITABILITA' II° CLASSE DI TRANSITABILITA' III° CLASSE DI TRANSITABILITA' IV° CLASSE DI TRANSITABILITA' TOTALE Tabella 8 - Viabilità presente per le principali tipologie forestali dell'Area. Aceri-frassineto 63,1 1,1 0,50 2,38 0,48 0,01 3,36 Aceri-frassineto con ontano bianco 42,1 0,8 0,23 2,04 1,45 0,00 3,72 Alneta di ontano bianco 48,1 0,9 0,32 1,14 0,44 0,00 1,90 1402,5 25,4 0,34 2,86 0,35 2,00 5,55 TIPO FORESTALE Alneta di ontano verde Betuleto 8,1 0,1 0,00 0,15 0,00 0,00 0,15 Corileto 48,6 0,9 0,00 0,89 2,47 0,14 3,51 48,1 0,9 0,00 0,33 0,30 0,00 0,63 45,4 0,8 0,00 0,05 0,00 0,00 0,05 Lariceto tipico 340,1 6,2 0,00 3,76 0,83 0,33 4,92 Pecceta secondaria montana 410,0 7,4 3,43 14,93 2,14 1,78 22,28 Pecceta azonale su alluvioni 68,2 1,2 1,27 0,75 0,00 0,00 2,01 1545,7 28,0 0,04 16,31 3,29 1,16 20,80 161,1 2,9 0,00 1,87 0,00 0,00 1,87 1195,7 21,6 2,50 15,14 4,49 1,16 23,29 5426,8 98,3 8,62 62,61 16,22 6,58 94,04 Lariceto in successione con pecceta Larici-cembreto primitivo e consorzi rupicoli Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici suoli mesici Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici suoli xerici Pecceta montana dei substrati silicatici suoli mesici Totale complessivo 168 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Tabella 9 - Classi di accessibilità in relazione alle funzioni delle tipologie forestali. FUNZIONE TIPOLOGIA Aceri-frassineto Aceri-frassineto con ontano bianco Alneta di ontano bianco Alneta di ontano verde Betuleto Corileto Lariceto in successione con pecceta Lariceto primitivo Larici-cembreto primitivo e consorzi rupicoli Lariceto tipico Lariceto tipico montano Mugheta microterma su substrati silicatici Pecceta secondaria montana CLASSE Accessibile Non accessibile Scarsamente accessibile Totale Fruitiva Paesaggistica Tampone 18,7 37,2 7,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 18,7 37,2 7,2 Paesaggistica 41,9 0,0 0,0 41,9 Tampone Fruitiva Paesaggistica Tampone Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Protettiva Tampone Fruitiva Paesaggistica Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Protettiva Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Tampone Naturalistica Paesaggistica 0,3 11,8 32,7 1,3 38,9 126,0 29,5 61,6 36,7 1,6 6,5 17,1 19,1 8,7 3,8 8,5 0,0 3,4 6,1 0,0 0,5 0,0 0,0 0,0 0,0 12,5 323,1 26,2 107,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 0,0 13,9 0,0 0,0 19,3 0,0 0,0 2,3 0,0 23,6 325,8 42,8 243,3 4,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,3 13,9 0,8 0,0 29,9 0,3 11,8 35,0 1,3 74,9 775,0 98,5 412,6 41,5 1,6 6,5 17,1 19,1 8,7 3,8 8,8 1,3 31,2 6,9 0,0 49,6 Naturalistica 0,0 0,5 6,0 6,5 Paesaggistica Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Tampone Fruitiva Paesaggistica Tampone 13,5 42,4 13,2 116,4 14,3 1,0 0,2 1,0 10,6 0,0 0,0 7,3 0,0 0,0 0,0 0,0 14,7 10,3 47,5 87,4 1,3 0,0 0,0 0,0 38,9 52,8 60,6 211,1 15,6 1,0 0,2 1,0 Naturalistica 4,2 5,5 12,2 21,8 Paesaggistica Fruitiva Paesaggistica Produttiva Protettiva 6,0 136,1 64,1 166,4 15,7 8,3 0,0 0,0 0,0 0,0 8,6 0,0 0,4 6,3 0,7 22,9 136,1 64,6 172,7 16,4 169 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Pecceta Azonale su alluvioni Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici suoli mesici Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici suoli xerici Pecceta montana dei substrati silicatici suoli mesici Totale complessivo Tampone Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Protettiva Tampone Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Protettiva Tampone Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Protettiva Tampone Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Produttiva Protettiva Tampone 20,3 39,5 7,9 7,4 6,8 6,6 149,0 145,5 441,1 32,9 64,3 17,8 30,2 25,6 1,0 19,1 156,3 0,5 96,1 444,0 98,1 49,2 2972,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,7 11,3 13,4 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 560,6 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 6,5 189,8 418,5 68,8 3,9 4,1 42,4 18,8 1,6 0,4 5,4 0,0 73,6 201,2 64,5 6,8 1990,2 20,3 39,5 7,9 7,4 6,8 6,6 156,2 346,6 873,0 101,7 68,2 21,8 72,6 44,5 2,6 19,5 161,8 0,5 169,7 645,1 162,6 56,0 5523,1 Proposte operative per il miglioramento della rete stradale forestale Lo studio dei tracciati è stato realizzato in un’ottica sovraccomunale, tenendo in considerazione le esigenze di raccordo tra i settori forestali. Le nuove proposte di viabilità sono direttamente collegate agli interventi di utilizzazione e di miglioramento forestale, al miglioramento dell’accesso ai comprensori sciistici, nonché ad una razionalizzazione della viabilità esistente. In particolare (figura 5), tra la viabilità in progettazione, ci sono 3,5 km di strade della II classe d transitabilità, rientranti nel territorio comunale di Temù, finalizzate al miglioramento del servizio agli impianti di risalita. Ci sono inoltre in fase di progettazione 12,6 km di strade appartenenti alla III classe di transitabilità; di questi, 8.8 km sono dislocati nel territorio del comune di Vezza d’Oglio e i restanti circa 4 km sono suddivisi tra i territori comunali di Vione e Ponte di Legno. La maggior parte di tali strade (quasi 9 km) sono di supporto a zone produttive, mentre i restanti 3.8 km interessano invece zone boscate con prevalenti attività paesaggistica e naturalistica. Sulla base della situazione attuale della viabilità e delle esigenze di servizio rilevate emerge da un lato l’esigenza di adeguare l’attuale rete viabile riqualificando per il transito camionabile gli attuali percorsi, sia di strade che piste, trattorabili. Ad eventuale complemento dell’opera di adeguamento potranno essere realizzate, soprattutto con 170 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO criteri di collegamento e razionalizzazione dell'attuale rete viabile, altre strade e piste, nelle zona non servite, per il miglioramento delle attività selvicolturali, soprattutto nel territorio del comune di Ponte di Legno. Figura 5 – Viabilità esistente e in progettazione in relazione alle funzioni prevalenti Confini comunali Strade in progettazione della III classe Strade in progettazione della II classe Viabilità esistente I classe di transitabilità II classe di transitabilità III classe di transitabilità IV classe di transitabilità Funzioni prevalenti Fruitiva Naturalistica Paesaggistica Produttiva Protettiva Tampone 171 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO 172 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO MODELLI GESTIONALI DELLE TIPOLOGIE FORESTALI (SCHEDE) I Modelli di funzionamento. Nel PIF ALTO PARCO viene proposto il sistema di classificazione gestionale riportato in “I boschi delle Regioni Alpine Italiane” (Roberto del Favero, 2004; CLEUP) che individua cinque modelli di funzionamento: Modello A. Sistemi poco perturbati e caratterizzati da una specie leader. Modello B. Sistemi poco perturbati caratterizzati dalla compartecipazione di due specie leader. Modello C. Situazioni A+B caratterizzate da elementi di stress (condizioni morfologiche particolari, ambienti xerofili, condizionamenti esterni da vento, neve, incendi e avverse condizioni fitosanitarie). Modello D. Situazioni perturbate caratterizzate dall’affermarsi di una specie leader pioniera il cui ciclo precede un sistema di tipo A+B+C. Modello E. Sistemi molto perturbati. Gli indirizzi di gestione forestale. La gestione delle singole tipologie forestali deve essere effettuata nel rispetto delle disposizioni di indirizzo riportate nel MODELLO DI GESTIONE FORESTALE proposto con il PIF (Vedi Parte 3). L’applicazione di tali disposizioni deve essere effettuata a livello puntuale per ogni intervento avendo cura di modularne gli effetti in relazione alle specifiche tipologie rilavate: Categoria Querceti e Carpineti Tiologia forestale Carpineto con ostria Querceto primitivo di rovere su falda detritica Querceto di roverella dei substrati carbonatici Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici Cerreta Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli xerici Orno-Ostrieti Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli mesici Orno-Ostrieto primitivo di forra Orno-Ostrieto primitivo di rupe Orno-Ostrieto primitivo di falda detritica Cerro – Faggio - Pino silvestre - Carpino bianco Tiglio Orno-Ostrieto tipico Castagneti Boschi delle latifoglie nobili Corileti Betuleti Pinete Faggete Piceao-faggeti Abieteti Peccete Varianti Cerro Castagno Cerro – Castagno - Carpino bianco - Faggio Castagno Roverella - Alpina Primitiva – Ostria – Betulla - Pino silvestre – Castagno - Faggio Tiglio - Faggio Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli xerici Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesoxerici Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici Castagneto dei substrati silicatici dei suoli xerici Castagneto dei substrati silicatici dei suoli mesoxerici Castagneto dei substrati silicatici dei suoli mesici Castagneto di falda detritica Castagneto da frutto Aceri-Frassineto tipico Aceri-Frassiento con Ostria Aceri-Frassineto con Faggio Aceri-Frassineto con Ontano bianco Aceri-Tiglieto Corileti Betuleto secondario Betuleto primitivo Pineta di pino silvestre primitiva di rupe Pineta di pino silvestre primitiva di falda detritica Pineta di pino silvestre dei substrati carbonatici Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici submontana Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici montana Faggeta primitiva Faggeta submontana dei substrati silicatici Faggeta montana dei substrati carbonatici dei suoli xerici Faggeta montana dei substrati carbonatici tipica Faggeta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici Faggeta altimontana dei substrati carbonatici Faggeta altimontana dei substrati silicatici Piceo-Faggeto dei substrati silicatici Abieteto dei suoli mesici Abieteto dei substrati silicatici tipico Abieteto dei substrati carbonatici Pecceta altimontana dei substrati carbonatici Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli xerici Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici Pecceta secondaria Pecceta di sostituzione Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli xerici Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli 173 Tigli – Rovere - Larice Mesoidrica – Tiglio - Larice Rovere – Tiglio – Ontano nero – Carpino bianco Tiglio Abete rosso – Faggio - Altimontana Castagno Abete rosso Abete rosso Abete rosso – Larice - Subalpina Suoli xerici - Abete bianco - Larice Subalpina Pino silvestre Altimontana Suoli acidi - Ostria Codice C-O Q-fd Qp-c Q-c-m Qc Q-s-x Q-s-m O-O-f O-O-r O-O-fd O-O-t C-c-x C-c-mx C-c-m C-s-x C-s-mx C-s-m C-fd C-frt BLN BLN BLN BLN BLN Ca B-s B-p Ps-r Ps-fd Ps-c Ps-s-sbm Ps-s-mnt F-p F-s-sbm F-c-mnt-x F-c-mnt-t F-s-mnt-m F-c-atm F-s-atm P-F Ab-s-m Ab-s-t Ab-c P-c-amt P-s-mnt-x P-s-mnt-m P-sc P-st P-s-ams-x Pino cembro - Sfagni P-s-ams-m PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Lariceti Larici-cembreti Alnete Mughete Robinieti Formazioni particolari mesici Pecceta azonale su alluvioni Lariceto in successione con pecceta Lariceto primitivo Lariceto tipico Lariceto in successione con abete bianco Larici-Cembreto primitivo Larici-Cembreto tipico Larici-Cembreto con Abete rosso Cembreta Alneto di ontano verde Alneto di ontano nero d’impluvio Alneto di ontano bianco Mugheta mesoterma Mugheta microterma dei substrati carbonatici Mugheta microterma dei substrati silicatici Robinieto puro Robinieto misto Saliceto di ripa Saliceto di greto (Sx-g) Saliceto a Salix cinerea Saliceto a Salix caprea Formazioni di pioppo tremulo (Pp-t) Formazioni di sorbo degli uccellatori (Sb) Formazioni di maggiociondolo alpino (Mc) Megaforbie – Sfagni - Montana Ontano verde – Abete rosso - Mesalpica Altimontana Suoli decalcificati Sfagni P-al L-P L-p L-t L-Aa L-Pc-p L-Pc-t L-Pc-P Pc Al-v Al-g-i Al-i Pm-ms Pm-mc-c Pm-mc-s R-p R-m Formazioni ripariali Vedi “Formazioni caotiche” Rispetto alla classificazione regionale si è deciso di adottare una forzatura tassonomica funzionale a classificare le situazioni “caotiche” che si osservano nei frequenti 25 casi di sovrapposizione tra diverse tipologie forestali : la variabile gestionale rende infatti la classificazione tipologica molto complicata nelle situazioni di evidente disordine di trattamento e governo del bosco; la ridotta dimensione di alcune tipologie richiede un dettaglio di scala troppo elevato rispetto alle necessità d’indagine (è stata adottata una segmentazione dei poligoni in grado di monitorare situazioni omogenee di almeno 2.500 mq); alcune microformazioni sono riconducibili a situazioni di soprassuoli pionieri difficilmente stabili nel lungo periodo (formazioni particolari di salicone, pioppo tremolo, sorbo degli uccellatori e maggiociondolo). Un ultimo cenno merita infine l’esclusione delle Categorie considerate di “impianti artificiali di conifere” che nel Parco si possono osservare numerosi e pressoché ovunque. Questo tipo di soprassuoli potrebbe infatti avere un proprio inquadramento tipologico (Lariceti artificiali, Peccete artificiali, ecc.), ma trattandosi di superfici poco estese e spesso in sovrapposizione con analoghe tipologie di origine “secondaria” (vedasi ad esempio peccete secondarie e peccete di sostituzione), si è deciso di inserirle comunque nella categoria corrispondente più verosimile26. QUERCETI E CARPINETI Carpineto con ostria (C-O) Querceto primitivo di rovere su falda detritica (Q-fd) Querceto di roverella dei substrati carbonatici (Qp-c) Querceti Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici (Q-c-m) e Cerreta (Qc) Carpineti Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli xerici (Q-s-x) Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli mesici (Q-s-m) MODELLO DI FUNZIONAMENTO Cerro Castagno Cerro – Castagno - Carpino bianco - Faggio Castagno Roverella - Alpina Primitiva – Ostria – Betulla - Pino silvestre – Castagno - Faggio Tiglio - Faggio E Carpineto con ostria Querceti Sono segnalate complessivamente 7 tipologie forestali suddivise tra 6 Querceti ed un Carpineto. Si tratta di superfici frammentarie la cui presenza quantitativa, benché certamente maggiore rispetto a quella descritta in cartografia, è fortemente condizionata dalla sovrapposizione con altre categorie. Indicazioni gestionali Inquadramento tipologico Carpineti: Dove le condizioni generali di versante favoriscono la presenza di Orno-ostrieti e Querceti si possono osservare boschi in cui si ha la contemporanea partecipazione dei due carpini (Carpinus betulus e Ostrya carpinifolia), abitualmente accompagnati da altre latifoglie mesofile (ciliegio, acero di monte, sorbo, rovere, cerro, ecc.). Nel parco i Carpineti rappresentano una vera e propria “formazione relitta” localizzata in microstazioni di grande pregio forestale in Val delle Valli a Prestine. Si tratta di piccoli lembi di Carpineto con ostria (C-O) sia nella sua forma tipica che nella variante con Cerro. Valorizzazione tipologica (contenimento dei soprassuoli di sovrapposizione) ed ecologico-paesaggistica (salvaguardia e tutela degli alberi migliori e di quelli a portamento monumentale; deconiferamento e conversione in altofusto). La gestione ordinaria del soprassuolo è attuabile con forme di selvicoltura non intensive (valorizzazione dei portaseme e riordino fisionomico-strutturale), accompagnata da diradamenti e cure colturali. Il carpino bianco è specie obiettivo. (…) Per quanto riguarda la gestione dei carpineti con ostria, si può segnalare che si tratta di formazioni caratterizzate da una buona stabilità poiché i due carpini riescono a convivere senza che uno prenda decisamente il sopravvento sull'altro. La ceduazione cui sono stati, e lo sono talvolta ancora, sottoposti determina al momento del taglio e nei successivi 3-4 anni condizioni di maggiore aridità edafica che alla lunga possono ridurre l'aliquota di presenza del carpino bianco e delle entità più mesofile. (…) 25 Testo citato in corsivo: Roberto del Favero, 2002 Un’unica eccezione in tal senso potrebbe essere effettuata per un’esteso rimboschimento di Pino strobo in località La Croce in comune di Sonico. Il soprassuolo in questione si estende infatti per oltre un ettaro in una situazione di difficile inquadramento tipologico che è stata inserita nelle tipologie di Formazione caotica montana e submontana. 26 174 Località indice Indicazioni puntuali PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Carpineto con ostria (C-O). Interventi di riqualificazione coordinati e rientranti in programmi specifici di miglioramento a favore del carpino bianco. Favorire la conversione per invecchiamento salvaguardando i soggetti migliori e avendo cura di mantenere buoni livelli di mescolanza (il deconiferamento non deve riguardare i soggetti sani di larice e di abete con portamento maestoso; rilascio anche a cespi). Valorizzazione della variante. (…) Le conversioni alla fustaia possono essere realizzate con il semplice invecchiamento o con una matricinatura particolarmente intensa (al momento del taglio d'avviamento all'altofusto rilasciare almeno 1200-1400 soggetti per ettaro). (…) Nel Parco sono rilevabili esclusivamente in Val delle Valli in comune di Prestine (lungo la strada che da Prestine raggiunge località Belvedere). Composizione Carpinus betulus 5, Prunus avium 2, Ostrya carpinifolia 2, Quercus cerris 1 (var.) Carpineto con ostria Alterazioni antropiche e dinamica Le due specie principali (carpino nero e carpino bianco) raramente competono collocandosi in microambienti diversi (dossi o impluvi); carpino nero che è invece sfavorito se si adottano turni lunghi; tagli intensivi favoriscono la sovrapposizione con il castagneto Gestione ed emergenze Valorizzazione tipologica e deconiferamento e conversione in altofusto delle aree più danneggiate del ceduo di castagno (favorita anche dall'abbandono della gestione ordinaria o dall'applicazione di turni più lunghi);divieto di utilizzazione del carpino bianco Inquadramento tipologico Querceti: I Querceti sono soprassuoli caratteristici di “esposizioni calde” di medio bassa quota. Nel parco sono certamente diffusi ma sempre in maniera puntiforme (mosaici vegetazionali). (…) Accanto a querceti di rovere veri e propri si hanno altre formazioni solo potenzialmente ad essi riconducibili e dove, talvolta, la stessa rovere può anche mancare. La categoria dei querceti è sempre molto articolata. In essa, infatti, si sono considerati sia i veri e propri querceti, vale a dire le formazioni in cui le querce sono dominanti, e sia quelle formazioni in cui le querce dovrebbero potenzialmente essere le specie principali, ma non lo sono ancora a causa o dell'eccessivo sfruttamento avvenuto in passato, che ha favorito le altre specie più rustiche, o per la "lentezza" con cui esse ricolonizzano le aree abbandonate dall'agricoltura. (…) Certamente la tipologia più rappresentata è il Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli xerici (Q-s-x), sia nella sua forma tipica che nelle sue varianti Primitiva, con Ostria, con Betulla, con Pino silvestre, con Castagno e con Faggio. A questa tipologia si affiancano in maniera del tutto circoscritta e localizzata altre tipologie tra cui soprattutto il Querceto primitivo di rovere su falda detritica (Q-fd)27, il Querceto di roverella dei substrati carbonatici (Qp-c; nella sua forma tipica e nelle varianti con Cerro, Castagno, Carpino bianco e Faggio), il Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici (Q-c-m; nella sua forma tipica e nella variante con Castagno) e il Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli mesici (Q-s-m; nella sua forma tipica e nelle varianti con Tigli e Faggio). Sono altresì segnalate le Cerrete (Qc; nella forma tipica con variante a Roverella e Alpina). Indicazioni puntuali (…) Per quanto attiene le formazioni di roverella, la conversione alla fustaia, per soli motivi estetici e di maggiore fruibilità, è possibile a condizione che siano presenti alcuni presupposti (ossatura), mentre l'abbandono all'evoluzione naturale non comporta pericoli di regressioni o gravi problemi di stabilità ecologica o meccanica dei soprassuoli. La conversione all'altofusto può avvenire attraverso una matricinatura intensiva, eseguendo un diradamento basso e rilasciando al momento del primo intervento da 800 a 1000 allievi per ettaro, al fine di limitare il riscoppio delle ceppaie. Il taglio di avviamento all'altofusto non dovrà comunque essere eseguito in assenza di un'ossatura della futura fustaia, vale a dire là dove gli allievi da rilasciare non abbiano mediamente raggiunto 10-12 cm di diametro e 12-15 m di altezza. Per quanto attiene ai querceti di rovere, siano essi su substrati carbonatici o su substrati silicatici, è da ricordare che si tratta o di formazioni primitive da lasciare alla libera evoluzione o di neoformazioni non ancora stabilizzate, o ancora, di frammentari cespi non ordinariamente gestiti. La costante presenza della rinnovazione delle varie specie che partecipano caso per caso ai consorzi e, in particolare, di quella affermata di rovere, fanno ben sperare sulla possibilità di un futuro miglioramento dello stato di questi soprassuoli, per lo meno a livello strutturale, a condizione che la ormai abbandonata ceduazione non sia ripresa. Quest'ultima pratica, infatti, potrebbe ridurre drasticamente l'aliquota di presenza della rovere per carenze nella "rimonta" da seme soprattutto in presenza della robinia o del castagno. Le attuali cerrete lombarde non sono comunque solitamente ordinariamente gestite. Affianco ad alcuni soprassuoli governati a ceduo, ve ne sono altri abbandonati ed invecchiati o anche fustaie che non seguono un'ordinata programmazione degli interventi. Entrambe le forme di governo sono comunque possibili. Il cerro ha, infatti, una buona facoltà pollonifera che però va diminuendo con l'avanzare dell'età dei polloni (quando hanno superato i 40 anni o i 15 cm di diametro), condizione che sconsiglia il ripristino della ceduazione nei soprassuoli da troppo tempo abbandonati. La conversione alla fustaia non presenta particolari difficoltà, se condotta attraverso una matricinatura intensiva, in cui il taglio d'avviamento sia fatto quando siano trascorsi un numero di anni almeno pari a 1,25-1,5 (anche 2) volte il turno del ceduo, eliminando il piano dominato e rilasciando 1-2 polloni per ogni ceppaia. (…) Libera evoluziona naturale se non interessata da interventi di valorizzazione tipologica dei tipi e delle varianti. Tutela delle specie accessorie (Sorbus aria, Prunus avium, Acer campestre e Crataegus monogyna). Località indice Indicazioni gestionali Le difficoltà di rinnovazione del genere Quercus, unitamente alla regressione dei Querceti a favore di altre categorie forestali (Castagneti, Orno-Ostrieti e Robinieti), impongono forme di gestione che ne favoriscano il recupero e la valorizzazione tipologica (Quercus cerris-petrae-pubescens, sono specie specie obiettivo). Le linee di indirizzo gestionali dei querceti valgono anche nei casi di “querceto potenziale” (percentuali di querce molto basse se non ridotte ai minimi termini). I querceti più interessanti del Parco sono osservabili in località Sarét a Ceto, in località Val delle Valli a Prestine e sulle rupi di Forno d’Allione a Berzo Demo. 27 Tipologia potenziale in sovrapposizione con i Castagneti di Falda detritica (località Pedemonte a Sonico e località Deria a Paspardo). 175 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Querceto primitivo di rovere su falda detritica Alterazioni antropiche e dinamica Stabile, limitata nell'evoluzione da condizionamenti edafici. Variamente sovrapposta ai castagneti Composizione Quercus petraea 4 Composizione Quercus pubescens 3, Quercus petraea 2, Ostrya carpinifolia 2, Fraxinus ornus 2, Carpinus betulus + (var.), Castanea sativa 2 (var.), Erica arborea 1 (var.), Fagus sylvatica 2 (var.), Quercus cerris 1 (var.) Composizione Quercus petraea 4, Quercus pubescens 3, Carpinus betulus 2, Fraxinus ornus 2, Quercus cerris 2, Castanea sativa 1 (var.) Composizione Quercus petraea 3, Quercus pubescens 3, Fraxinus ornus 2, Robinia pseudacacia 2, Betula pendula 1 (var.), Castanea sativa 2 (var.), Celtis australis 5 (var.), Erica arborea 1 (var.), Fagus sylvatica 2 (var.), Ostrya carpinifolia 2 (var.), Pinus sylvestris 2 (var.), Populus tremula 2 (var.) Composizione Quercus petraea 3, Castanea sativa 3, Corylus avellana 3, Betula pendula 2, Fraxinus excelsior 2, Acer pseudoplatanus 2, Fagus sylvatica 2 (var.), Tilia cordata 3 (var.), Tilia platyphyllos 3 (var.) Querceto di roverella dei substrati carbonatici Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; nel lungo periodo è possibile una maggiore presenza della roverella; spesso molto disordinati a causa di incendi e rimboschimenti di pino Gestione ed emergenze Cs Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Ridotta in piccoli lembi o sostituita dalle colture agrarie Formazione potenzialmente dotata di pregio e del castagno; frequenti contaminazioni di robinia tipologico-vegetazionale che può essere recuperata o valorizzata con specifici interventi di cura Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli xerici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Utilizzazione intensiva in passato e sovrapposizione con Pregio tipologico-vegetazionale; la conservazione è i terrazzamenti agrari favorita dal mantenimento di un'ordinaria gestione selvicolturale non intensiva; interventi i contenimento della sovrapposizione con il castagneto (attuabile previa conversione in altofusto del ceduo invecchiato) Querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli mesici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Profondamente alterata per ceduazione intensiva; Cs variamente sovrapposta con il castagneti ORNO-OSTRIETI Orno-ostrieti Gestione ed emergenze Formazione con elevato valore pirologico; sono consigliati interventi colturali di prevenzione dagli incendi boschivi; da lasciare alla libera evoluzione naturale; tagli di contenimento della sovrapposizione con il castagneto (attuabile previa conversione in altofusto del ceduo invecchiato) MODELLO DI FUNZIONAMENTO Orno-Ostrieto primitivo di forra (O-O-f) Orno-Ostrieto primitivo di rupe (O-O-r) Orno-Ostrieto primitivo di falda detritica (O-O-fd) Orno-Ostrieto tipico (O-O–t) A-B-C-D-E Orno-Ostrieti primitivi Cerro – Faggio - Pino silvestre - Carpino bianco - Tiglio Orno-Ostrieto tipico Sono segnalati tutti i 5 tipi di Orno-Ostrieto rilevabili in Lombardia, suddivisi nei sottotipi “primitivi” e “tipico” con caratteri distintivi esclusivamente orografici. Indicazioni gestionali Inquadramento tipologico Nel territorio del parco si possono rilevare diffusamente l’Orno-ostrieto primitivo di forra (O-O-f) e l’Orno-ostrieto primitivo di rupe (O-O-r); raro e frammentario è invece l’Orno-ostrieto primitivo di falda detritica (O-O-fd). (…) In Lombardia, sotto il profilo floristico-ecologico si distinguono due principali gruppi di orno-ostrieti: uno rappresenta una fase di degradazione dei boschi mesofili inquadrabili nei Fagetalia, l'altro mostra uno spiccato carattere termo-xerofilo ed è legato allo sfruttamento dei querceti del Quercion pubescentis. Formazioni tipiche dei medio-basso versanti, a quote variabili dai 300 ai 1000 m, o di ambienti di forra, rupe o falda detritica. Sono proprio queste ultime forme che caratterizzano gli orno-ostrieti primitivi che, appunto, in relazione alla loro posizione assumono questa specifica denominazione. Si ha così l’Ornoostrieto primitivo di forra, che si incontra nella parte orientale della Regione, lungo le forre di alcuni fiumi. In questi ambienti il carpino nero si può mantenere grazie all’elevata umidità atmosferica e all’alternanza di zone sottoposte a continuo stillicidio con altre più aride dove prevalgono entità di pinete. (…) Molto diffusi sono inoltre i soprassuoli dell’Orno-ostrieto tipico (O-O–t) sia nella sua forma tipica che nelle sue varianti con Cerro, con Faggio, con Pino silvestre, con Tigli e con Carpino bianco. Si tratta di soprassuoli frugali tradizionalmente a gestione più o meno intensiva per la produzione di legna da ardere (boschi cedui). Nelle forme primitive è da prevedersi la salvaguardia e tutela (laddove non siano già lasciati alla libera evoluzione naturale per condizionamento orografico). Nel caso invece della forma tipica la gestione può rientrare nelle classiche forme di utilizzazione e gestione del ceduo (valorizzazione delle varianti e valorizzazione delle specie accessorie). (…) L'orno-ostrieto nella sua espressione più tipica, ma anche nella maggior parte delle sue varianti ad eccezione di quelle rupestri o delle neoformazioni, è da sempre stato governato a ceduo per la produzione di legna da ardere. Sottoposto a tale forma di governo, esso non presenta problemi di conservazione o di regressione, data l'elevata facoltà pollonifera di cui sono dotate le specie che lo compongono. Certamente la ceduazione può determinare una semplificazione della composizione perché, dopo ogni intervento, risulteranno favorite le specie dotate di maggiore rusticità (castagno, orniello e carpino nero), mentre la sospensione delle utilizzazioni favorirà l'ingresso nel consorzio di altre specie. Sono abbastanza frequenti le situazioni d'abbandono colturale, soprattutto in ambienti in passato pesantemente utilizzati con turni del ceduo molto brevi (7-8 anni). Si tratta di situazioni in cui l'abbandono deve essere visto positivamente, come momento di "recupero" da un eccessivo sfruttamento, peraltro in ambienti già di per sé difficili per la vita delle piante. In tal senso è anche consigliabile lasciare alla libera evoluzione le situazioni più primitive. (…) 176 Località indice Indicazioni puntuali PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Orno-ostrieto primitivo di forra (O-O–f), Orno-ostrieto primitivo di rupe (O-O–r) e Orno-ostrieto primitivo di falda detritica (O-O–fd). Libera evoluzione naturale. Orno-ostrieto tipico (O-O–t). Ceduazione (non intensiva) e valorizzazione compositiva (rilascio dei soggetti migliori di carpino nero; l’orniello mal sopporta l’isolamento successivo al taglio e pertanto andrebbe rilasciato a gruppi o in una logica di continuità di copertura). Qualora non sussistano situazioni evidenti di abbandono e degrado, può essere comunque gestito per fini prevalentemente produttivi, purché siano considerati con attenzione fattori tecnici quali la salvaguardia delle specie accessorie (Quercus sp., Sorbus aria, Prunus avium, Acer campestre e Laburnum anagyroides) e il controllo della pirosuscettività. Forra delle torrente Re a Cimbergo e Paspardo; località Solivi a Ceto. Orno-ostrieto primitivo di forra Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; stadio durevole per condizionamento edafico Composizione Ostrya carpinifolia 3 Composizione Ostrya carpinifolia 3, Fraxinus ornus 2, Quercus pubescens 2 Composizione Ostrya carpinifolia 3, Fraxinus ornus 2, Quercus pubescens 2 Composizione Ostrya carpinifolia 4, Corylus avellana 3, Fraxinus excelsior 2, Fraxinus ornus 2, Quercus pubescens 2, Carpinus betulus 1 (var.), Fagus sylvatica 2 (var.), Pinus sylvestris 2 (var.), Quercus cerris 2 (var.), Tilia cordata 2 (var.), Tilia platyphyllos 2 (var.) Orno-ostrieto primitivo di rupe Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; stadio durevole per condizionamento edafico Gestione ed emergenze Lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali; formazione con elevato valore pirologico Orno-ostrieto primitivo di falda detritica Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; stadio durevole per condizionamento edafico Gestione ed emergenze Non ordinariamente gestita; formazione con elevato valore pirologico Orno-ostrieto tipico Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; stadio durevole per condizionamenti edafici anche se la sospensione della ceduazione facilita l’arricchimento con altre specie CASTAGNETI Castagneti Gestione ed emergenze Lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali; nessuna emergenza significativa; di un certo pregio la presenza di esemplari di tasso Gestione ed emergenze Ordinariamente governata a ceduo; formazione con elevato valore pirologico; sono consigliati interventi colturali di prevenzione dagli incendi boschivi; var. con cerro, tiglio e carpino bianco: pregio tipologicovegetazionale; la conservazione è favorita dal mantenimento di un'ordinaria gestione selvicolturale MODELLO DI FUNZIONAMENTO Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli xerici (C-c-x) Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesoxerici (C-c-mx) Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici (C-c-m) Castagneto dei substrati silicatici dei suoli xerici (C-s-x) Castagneto dei substrati silicatici dei suoli mesoxerici (C-s-mx) Castagneto dei substrati silicatici dei suoli mesici (C-s-m) Castagneto di falda detritica (C-fd) Castagneto da frutto (C-frt) A-B-C-D-E Castagneti dei suoli carbonatici Tiglio – Rovere - Larice Mesoidrica – Tiglio Larice Castagneti dei suoli silicatici Castagneto di falda detritica Castagneto da frutto L’inquadramento tipologico del castagno presenta non poche difficoltà: (…) Se è innegabile che l'attuale ampia diffusione del castagno sia soprattutto legata all'azione dell'uomo, vi è d'altra parte ancora da chiarire il suo indigenato in Lombardia. In Valtellina è certamente una coltura molto vecchia, occupando l'area d'altre latifoglie e soprattutto dei querceti (HOFMANN, 1965; CREDARO e PIROLA, 1975). In altre zone i castagneti sono stati introdotti e favoriti in aree potenziali dei querco-carpineti, degli aceri-frassineti, dei querceti e talora addirittura degli orno-ostrieti. Si tratta quindi di formazioni di "sovrapposizione" che, dal punto di vista dell'inquadramento tipologico, dovrebbero essere descritte come castagneti su altre unità. Dal momento però che costituiscono da secoli elemento caratteristico del paesaggio forestale, non solo della Lombardia, si è ritenuto opportuno inquadrarli tipologicamente al pari delle formazioni naturali. (…) Quanto appena citato è rappresentativo anche della situazione generale del Parco dell’Adamello dove i castagneti sono senz’ombra di dubbio la categoria di latifoglie dominante. La loro analisi cartografica ha rivelato appieno le problematiche di cui si è appena accennato trovando non poche ed ulteriori difficoltà in quelle situazioni diffuse di evidente disordine gestionale. In questi casi infatti si sono spesso generate situazioni “caotiche” che hanno reso estremamente difficoltosa la classificazione tipologica dei soprassuoli sia nei tipi di Castagneto che in qualsiasi altra categoria. Per tali motivi si è deciso di classificare come Castagneti solo i soprassuoli le cui caratteristiche fisionomico-strutturali siano tipiche di tale categoria. In tutti gli altri casi si è invece deciso di adottare una classificazione tipologia, non codificata in quella regionale, racchiusa nell’acronimo Formazioni caotiche (cfr. con le pagine seguenti). 177 Inquadramento tipologico PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO I Castagneti sono ampiamente diffusi su tutti i versanti montani e submontani del parco dove, sia per le caratteristiche fisiologiche proprie del castagno (grande capacità di rinnovazione e spiccata mesofilia), sia per l’azione dell’uomo che ne ha favorito la diffusione per l’ottenimento del frutto e del legname, si sovrappongono in maniera sostanziale ad altri soprassuoli. (…) un albero fondamentale per la vita di molte popolazioni rurali che ne ricavavano paleria per l’azienda agricola, lettiera per il bestiame, legname da lavoro e strutturale e soprattutto, la castagna, alimento che non mancava mai nella dieta popolare, almeno fino agli anni trenta del ventesimo secolo e durante l’ultima guerra mondiale (…) La tipologia dominante è senza dubbio il Castagneto dei substrati silicatici dei suoli mesici (C-s-m), sia nella sua forma tipica che nelle sue varianti Mesoidrica, con Tigli e con Larice; nelle situazioni più calde questa tipologia si compenetra con le equivalenti Castagneto dei substrati silicatici dei suoli xerici (C-s-x) e Castagneto dei substrati silicatici dei suoli mesoxerici (C-s-xm; sia nella sua forma tipica che nelle varianti con Tigli, Rovere e Larice). Altre tipologie certamente rilevabili sono le equivalenti dei substrati carbonatici Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici (C-c-m), Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli xerici (C-c-x) e Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesoxerici (C-c-xm). È inoltre rilevabile anche la tipologia del Castagneto di falda detritica (C-fd) che colonizza i margini di depositi morenici di medio basso versante in fase di più o meno avanzata stabilizzazione (mosaici vegetazionali anche molto frastagliati e disordinati). In tutto il territorio del parco si osservano infine numerosi Castagneti da frutto sia di proprietà privata, sia di proprietà pubblica (Jus plantandi)28. 28 Nella stragrande maggioranza dei casi, i Castagneti da frutto di proprietà pubblica, sono gravati da diritto di uso civico di Jus plantandi. Recentemente il Parco dell’Adamello ha attivato un consistente programma di recupero e valorizzazione di questi soprassuoli che presentano caratteristiche uniche nel paesaggio forestale alpino. 178 Indicazioni gestionali PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Vengono distinti quattro casi principali: 1. Gestione di castagneti abbandonati. La stragrande maggioranza dei castagneti del Parco è caratterizzata da evidenti segnali di abbandono e regressione fisionomico-strutturale (cedui invecchiati). In questi casi il castagno è comunque la specie dominante ma la compartecipazione di altre specie assume rilevanti significati. Per questo tipo di soprassuoli non vale l’applicazione “tout court” dei metodi di cui al punto successivo, ma sono richieste valutazioni puntuali che possiamo semplicemente standardizzare nelle seguenti linee di indirizzo: - evitare per quanto possibile il taglio delle latifoglie diverse dal castagno; - qualora le diverse ipotesi gestionali suggeriscano la non sostenibilità del governo a ceduo, favorire l’avviamento verso le forme dell’altofusto procedendo non tanto nell’ottica del rilascio intensivo (comunque concentrato sui soggetti nati da seme), ma secondo gli schemi dei diradamenti misti (i rilasci devono fornire buone garanzie di stabilità e pertanto è consigliabile agire mantendo buone densità e adottando il criterio del rilascio per gruppi); - evitare di isolare eccessivamente rilasci adulti che potrebbero reagire con il massivo riscoppio di rami epicormici e il progressivo indebolimento nei confronti del vento e del gelo; - alle quote inferiori favorire il deconiferamento dei pini esotici e dell’abete rosso; il taglio del larice è ugualmente consigliato ma non assume gli stessi valori d’urgenza delle altre conifere (il larice è una buona riserva di legname, ha grosse capacità idrogeologiche e può costituire un prezioso volano di stabilità per il soprassuolo di latifoglie); - evitare di effettuare la ceduazione degli alberi di castagno nati da seme e favorire l’invecchiamento delle singole ceppaie (rilascio di 3-4 polloni scelti 29 tra quelli più grossi e stabili) . 2. Gestione ordinaria di castagneti in attualità di produzione. Da attuarsi secondo le regole classiche della selvicoltura, evitando in ogni caso di intervenire in maniera occasionale e sbrigativa. (…) Il castagno è una specie dotata di una fortissima capacità pollonifera caulinare, mentre è assente quella radicale. I forti accrescimenti giovanili e la facilità della rinnovazione agamica hanno portato nei secoli a privilegiare il governo a ceduo. Il governo a ceduo del castagneto è fra i più semplici. Nella tradizione, infatti, il trattamento consiste in un taglio a raso con o senza rilascio di matricine. I polloni che raggiungono la maturità sono generalmente coetanei, mentre le ceppaie sono disetanee; la loro continua morte, infatti, crea spazi liberi che, al momento del taglio del ceduo, sono occupati da nuove ceppaie. La mortalità delle ceppaie non sarebbe però dovuta tanto all'invecchiamento, quanto alla competizione. Con il taglio del ceduo, infatti, anche l'apparato radicale si rinnova, ricostruendosi in 4-5 anni (AYMARD e FREDON, 1986). Per avere buoni risultati produttivi sarebbe opportuno che il numero delle ceppaie per ettaro fosse compreso tra 400 e 600-800. Con valori inferiori a 400 si hanno molti spazi liberi dopo il taglio che vengono occupati dalla rinnovazione da seme del castagno e di altre specie. Valori superiori a 800 comportano, invece, una forte competizione e, di conseguenza, un'altrettanta forte mortalità. Queste considerazioni sono da tener presenti quando si stabilisce il turno del ceduo: infatti, quanto più è lungo, tanto più forte è la competizione tra ceppaie vicine. In tutti i casi, nel ceduo di castagno si applica solitamente un turno tecnico da fissare in relazione al tipo d'assortimento desiderato. Le matricine, se di specie diverse dal castagno, possono comunque essere utili per conservare le minoranze specifiche entro il monotono castagneto (aumento della biodiversità inter specifica) e assieme con quelle di castagno, se lasciate crescere in numero opportuno, possono favorire la vita di alcune importanti specie ornitiche (DEL FAVERO, 2001). In ogni caso, il rilascio delle matricine deve essere contenuto (non più di 100 per ettaro), per non deprimere eccessivamente la già povera produzione del ceduo. Nel caso s'adottino turni superiori ai 20 anni, sarebbe opportuno intervenire con sfolli e diradamenti per mantenere massimo e costante l'incremento, al fine di ridurre al minimo il turno e con esso il rischio di cipollatura. Ad esempio, data l'elevata mortalità iniziale dei polloni, si può eseguire un primo sfollo a circa 5-6 anni dal taglio, rilasciando i soggetti migliori e portando il numero di polloni ad un valore circa doppio (20003000/ha) di quello definitivo (1500-2000/ha) che sarà raggiunto dopo un successivo diradamento, da fare verso i 14-16 anni. Un caso assai frequente è costituito, invece, dalla volontà o dalla necessità d'intervenire con diradamenti in soprassuoli con più di 20 anni d'età. In queste circostanze l'intervento è decisamente sconsigliabile perché i polloni, soprattutto se cresciuti senza cure, non reagiscono al taglio (OTT e altri, 2000), aumenta il rischio di cipollatura e vi è spesso una forte emissione di rami epicormici, il che costituisce un danno tecnologico. Conviene piuttosto procedere con la ceduazione e avviare una gestione produttiva con la nuova generazione di polloni. Nel caso si voglia produrre assortimenti di grandi dimensioni (diametro maggiore di 40 cm) con turni più lunghi (40-50 anni), BOURGEOIS (1992) consiglia di operare una serie di due-tre diradamenti con criteri selettivi, da concentrarsi nei primi 25 anni. Il modulo colturale consiste nel considerare il ceduo alla stregua di una fustaia, scegliendo 100-150 candidati all'ettaro, concentrando su di essi gli interventi liberandoli gradatamente dalla competizione degli altri polloni e lasciando il resto del popolamento alla libera evoluzione. Per quanto concerne le conversioni, data la capacità pollonifera praticamente illimitata delle ceppaie di castagno, è molto difficile se non impossibile realizzare il cambiamento della forma di governo senza modificare anche la composizione del bosco. Un taglio d'avviamento all'alto fusto con matricinatura intensiva, la tecnica di conversione oggi più frequente, porterà comunque, al momento del taglio finale di sementazione, ad una nuova generazione a prevalenza di soggetti d'origine agamica, soprattutto se la densità delle ceppaie è superiore a 500-600 ad ettaro, essendo pochissimo lo spazio a disposizione per l'eventuale rinnovazione da seme. (…) 3. Gestione di castagneti da frutto gravati da Jus plantandi. Favorire le cure colturali non intensive e la valorizzazione paesaggistica delle situazioni più degradate. Non isolare eccessivamente gli alberi più vecchi ed evitare di proporre interventi di recupero della produzione non valutati con la dovuta attenzione (si tratta di castagneti plurisecolari, ormai esausti, il cui valore paesaggistico assume rilevanza dominante rispetto ad ogni altra ipotesi gestionale). 4. Gestione ordinaria di castagneti da frutto privati in attualità di coltura. Favorire la presenza dei castagni da frutto eliminando il soprassuolo accessorio che possa costituire ostacolo alla libera attività fisiologica dei singoli alberi da frutto (eliminare le spcie concorrenti). In alcuni casi si consiglia di lasciare comunque specie come la betulla e il ciliegio, o specie arbustive come il sambuco e il ginepro che, oltre a non porsi mai in fase antagonista del castagno, accrescono il valore paesaggistico del castagneto. 29 Una situazione molto diffusa ma assolutamente sconsigliata, riguarda il rilascio di un solo pollone su singole ceppaie; tale situazione, che in genere ha come unica funzione quella di raggiungere il numero minimo di rilasci previsti a norma di regolamento, allontana il soprassuolo dalle migliori condizioni produttive (regressione fisiologica) ed altresì non produce alcun beneficio di sorta. 179 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Castagneto di falda detritica (C-fd). Da lasciare alla libera evoluzione naturale. Nel caso di sovrapposizione con aree di Querceto o Orno-Ostrieto favorire le specie accessorie. Interventi di tutela e valorizzazione. Evitare la ceduazione. Deconiferamento. Valore ecologico. Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici (C-c-m). Deconifermento. Indicazioni puntuali Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli xerici (C-c-x). Tendenzialmente da lasciare alla libera evoluzione naturale. Deconiferamento. Intereventi di riequilibrio a favore delle specie antagoniste (carpino nero, querce, ecc.). Castagneti dei substrati silicatici (C-s-m; C-s-xm; C-s-x). I castagneti dei substrati silicatici sono gestiti per fini pressoché esclusivamente produttivi; il castagno infatti ben si presta alla produzione di paleria e di legna da ardere. La sua capacità pollonifera praticamente perenne, ne favorisce il governo a ceduo rispetto alla fustaia; tale peculiarità tuttavia, che dovrebbe costituire un elemento gestionale di riferimento certo, viene spesso trascurata a favore di forme occasionali ed intensive di utilizzo che si traducono quasi sempre nel degrado generalizzato dei soprassuoli. Nel medio periodo occorre prevedere una gestione capillare di queste situazioni programmando le necessarie cure colturali; sono in ogni caso sconsigliate forme gestionali di utilizzazione intensiva30. (…) Nel caso si adottino turni superiori ai 20 anni, sarebbe opportuno intervenire con sfolli e diradamenti per mantenere massimo e costante l’incremento. Data l’elevata mortalità iniziale dei polloni, si può eseguire un primo sfollo a circa 5-6 anni dal taglio, rilasciando i soggetti migliori e portando il numero dei polloni ad un valore circa doppio (2000-3000/ha) di quello definitivo (1500-2000/ha) che sarà raggiunto dopo un successivo diradamento, dopo circa 14-16 anni. Zagas ha ottenuto i migliori risultati in termini di risposta incrementale e di conservazione della vitalità adottando un intervento di selezione positiva di forte intensità (30%) da compiersi verso il tredicesimo anno dopo il taglio. (…) Località indice Castagneti da frutto (C-frt). Grande valore paesaggistico e storico-culturale; evitare il taglio delle latifoglie non antagoniste del castagno (querce, betulla, 31 ciliegio, pioppo tremolo, ecc.); favorire il deconiferamento . ns Composizione Castanea sativa 3, Quercus petraea 3, Corylus avellana 2, Pinus sylvestris 2 Composizione Castanea sativa 5, Quercus petraea 2, Carpinus betulus 2, Corylus avellana 2, Robinia pseudacacia 2, Acer pseudoplatanus 2, Fagus sylvatica 2, Fraxinus excelsior 2, Ostrya carpinifolia 2, Ilex aquifolium 1 (var.) Composizione ns Composizione ns Composizione Castanea sativa 5, Acer pseudoplatanus 2, Corylus avellana 2, Fagus sylvatica 2, Fraxinus excelsior 2, Prunus avium 2, Quercus cerris 2, Robinia pseudacacia 2, Alnus glutinosa 2 (var.), Carpinus betulus 2 (var.), Tilia cordata 2 (var.), Tilia platyphyllos 2 (var.), Larix decidua 1 (var.) Castagneto di falda detritica Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Stabile; lenta evoluzione verso varianti primitive del Formazione con elevato valore pirologico; evitare la querceto di rovere dei substrati silicatici dei suoli xerici; ceduazione non ordinariamente gestita Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Introduzione di robinia e di altre specie esotiche; tagli Ordinariamente governata a ceduo; conversione in irrazionali; soprattutto a causa delle fitopatie che altofusto riducono progressivamente la copertura, si ha una rapida evoluzione verso formazioni ricche in acero e frassino o, più raramente, rovere Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli xerici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze ns Evitare la ceduazione Castagneti dei substrati silicatici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze ns Evitare la ceduazione Castagneti dei substrati silicatici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Tagli intensivi favoriscono una lunga fase di rovo Ordinariamente governata a ceduo; conversione dei cedui invecchiati oltre i 40 anni e di quelli in visibile disordine fisionomico-strutturale; evitare il taglio delle specie diverse dal castagno; deconiferamento ACERI-FRASSINETI E ACERI-TIGLIETI (BLN) Aceri-Frassineto tipico (Ap-Fe-t) Aceri-Frassiento con Ostria (Ap-Fe-O) Aceri-frassineto Aceri-Frassineto con Faggio (Ap-Fe-F) Aceri-Frassineto con Ontano bianco (Ap-Fe-Ai) Aceri-tiglieti Aceri-Tiglieto (Ap-Tc) MODELLO DI FUNZIONAMENTO Rovere – Tiglio – Ontano nero – Carpino bianco Tiglio B-C-D-E Boschi delle latifoglie nobili (BLN) Sono segnalati pressoché tutti i tipi di Aceri-Frassineti e Aceri-Tiglieti presenti in Lombardia ma per semplificarne la “lettura” cartografica, si è deciso di raggrupparli in un’unica categori, identificabile nell’acronimo d’uso tradizionale Boschi delle latifoglie nobili (BLN). (…) In linea generale, la distribuzione del frassino maggiore, dell'acero di monte e dei tigli (Tilia cordata e Tilia platyphyllos), considerate dalla letteratura forestale come "latifoglie nobili", è determinata dalla presenza d'abbondanti precipitazioni (sopra i 1500 mm medi annui) e da una buona e continua disponibilità idrica al suolo. Gli aceri-frassineti e gli aceri-tiglieti, consorzi diffusi in molte parti dell'Europa Centrale, solo recentemente stanno assumendo una notevole rilevanza territoriale anche 30 La pianificazione forestale attuale ancora non si esprime in maniera concreta sul tema della migliore possibilità di gestire il castagneto, tuttavia appare opportuna una significativa rivalutazione di certi aspetti che li riguardano, soprattutto per quanto attiene la possibilità di individuare forme nuove di governo più vicine all’altofusto che al ceduo. 31 Alla luce delle esperienze maturate in questi ultimi anni, sembrerebbe auspicabile un significativo riordino degli usi consuetudinari quali lo Jus plantandi, anche finalizzato all’alienazione degli stessi nelle aree in cui siano caduti in disuso o si renda necessaria una politica di maggiore tutela dei soprassuoli. 180 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO nel versante meridionale delle Alpi. Si tratta, infatti, di formazioni che si stanno diffondendo nei terreni agricoli abbandonati, grazie alla loro elevata capacità colonizzatrice e alla presenza negli ex coltivi, magari terrazzati, di condizioni favorevoli alla loro vita (GHIDOTTI e PIUSSI, 2000). I luoghi preferenziali in cui si localizzano gli aceri-frassineti e gli aceri-tiglieti sono: i ripidi pendii o le forre, in esposizioni fresche, su terreni poveri in terra fine, ma ricchi in humus, derivati da sfaldamenti di rupi o da accumuli di detriti calcarei; i depositi alluvionali, allo sbocco di valli laterali, in corrispondenza di profonde incisioni vallive, su suoli poveri in calcio, ma generalmente fertili; la base di ripidi pendii, su suoli colluviali caratterizzati da un consistente accumulo di nutrienti e dove, specie all'inizio della ripresa vegetativa, vi è un'elevata umidità atmosferica e un forte apporto di precipitazioni; i margine dei ruscelli, su versanti poco acclivi, non inondati, ma dilavati e spesso ringiovaniti da deboli smottamenti. (…) Inquadramento tipologico Formazioni di grande pregio forestale rilevabili in ambienti con buona disponibilità idrica. La loro diffusione risente in maniera sostanziale delle utilizzazioni intensive che favoriscono specie più competitive quali il castagno e l’abete rosso. Tipicamente si possono osservare allo stadio di neoformazioni derivanti da processi di ricolonizzazione di ambiti agricoli abbandonati (prati terrazzati). (…) Si tratta in ogni modo di formazioni ancora "giovani", poco conosciute anche dal punto di vista selvicolturale, non essendo ancora maturata una tradizione nella loro gestione. Certamente un limite alla diffusione del frassino si ha alle quote più elevate dove vi è un aumento della frequenza delle gelate tardive, cui è particolarmente sensibile a livello della gemma apicale. In vicinanza di questo limite superiore si osservano, infatti, molti soggetti biforcati a partire anche da pochi metri da terra. L'acero di monte può considerarsi invece più plastico rispetto al frassino maggiore dato che sopporta meglio sia gli stress idrici che le gelate (BERNETTI, 1995). (…) In tutto il territorio del parco sono ben rappresentati i tipi Aceri-frassineto tipico (Ap-Fe-t), Aceri-Frassineto con Ostria (Ap-Fe-O), Aceri-Frassineto con faggio (Ap-Fe-F), Aceri-frassineto con Ontano bianco (Ap-Fe-Ai; fondovalle di Incudine, Vezza d’Oglio, Temù e Pontedilegno); in alcune zone sono inoltre rilevabili lembi circoscritti di Aceri-tiglieto (Ap-Tc; variante con tigli dell’Ap-Fe-t) ma si tratta perlopiù di formazioni giovani i cui caratteri strutturali principali risultano ancora condizionati dalla presenza del castagno (Gnecco, Sonico; Boà, Cimbergo; Val delle Valli, Prestine). Indicazioni gestionali Valorizzazione tipologica (contenimento dei soprassuoli di sovrapposizione) ed ecologico-paesaggistica; acero e tiglio sono specie obiettivo; la gestione è attuabile con forme di selvicoltura non intensiva (valorizzazione dei portaseme e riordino fisionomico-strutturale da attuarsi mediante diradamenti misti, deconiferamento e conversione in altofusto delle porzioni a ceduo). Nella loro forma più evoluta possono essere gestiti anche a fini commerciali ma non sembra tuttavia un’ipotesi verosimile nel contesto esaminato. In questi ultimi anni si è rilevato un sensibile deperimento del frassino che occorre monitorare con le dovute attenzioni nel medio decennio. Indicazioni puntuali Aceri-frassineto tipico (Ap-Fe-t). Valorizzazione paesaggistica mediante “taglio a scelta” e “taglio di curazione”; rilascio dei migliori portaseme e delle specie accessorie (rilascio degli più forti e non necessariamente dei più belli); deconiferamento con rilascio delle sole conifere più sane a carattere monumentale e/o di buon portamento. Nel caso di finalità commerciali potranno invece essere adottati, con le dovute riserve tecniche, i dettami propri della Selvicoltura d’educazione. (…) Gli aceri-frassineti e, in parte, anche gli aceri-tiglieti, come si è più volte segnalato, sono spesso delle neoformazioni derivanti da processi di ricolonizzazione di coltivi o prati abbandonati gradualmente nell'ultimo cinquantennio. I soprassuoli che si sono così formati non hanno ancora destato particolari interessi selvicolturali, data anche la loro giovane età (ECCHER e PICCINI, 1985). In un prossimo futuro si porrà, quindi, il problema di una loro gestione, considerando anche il fatto che si tratta di specie il cui legno è assai apprezzato dal mercato. Questa interessante possibilità è però fortemente condizionata dalla presenza di soggetti di ottima qualità che si possono ottenere solo da alcuni degli aceri-frassineti lombardi e a condizione che, fin da ora, si attuino in questi popolamenti interventi di cura e di selezione. DUFLOT (1995) ricorda, infatti, come vedremo meglio in seguito, che il mancato rendez-vous fra il selvicoltore e il frassino o l'acero determina in queste specie un rapido declino che può concludersi in una sorta di suicidio. Dal punto di vista selvicolturale gli aceri-frassineti pongono delle interessanti problematiche specifiche di queste formazioni. Infatti, vi è da un lato la possibilità e la convenienza economica di attuare una coltura che consenta di allevare soggetti con buone caratteristiche tecnologiche e che risultino adatti ai vari impieghi cui si presta il legno di questa specie (segagione, tranciatura, ecc.) e, dall'altro, vi è la necessità nella coltura di interventi intercalari frequenti, richiesti sia da esigenze di selezione e sia dalla rapida crescita dei soggetti.Per la produzione di individui di buona qualità è oramai ovunque applicato il governo a fustaia. Il ceduo composto, attuato in passato soprattutto in Francia, si è dimostrato poco adatto a questo scopo, poiché consente di allevare solo soggetti molto ramosi, poco sviluppati in altezza e con anelli di spessore irregolare. Nel governo a fustaia è applicata la cosiddetta selvicoltura d'educazione (detta anche dei tagli d'educazione o selvicoltura puntuale, secondo DUFLOT, 1995), d'impostazione svizzera, ma che, in linea generale, è seguita anche negli altri Paesi centro-europei. (…) Aceri-frassineto con Ontano bianco (Ap-Fe-Ai). Il grande valore ecotonale ne suggerisce la salvaguardia e valorizzazione tipologica, da attuarsi con forme di utilizzazione non intensiva (prelievi per la messa in sicurezza di piante instabili e degli ontani deperenti; tagli di valorizzazione di alberi a miglior portamento). Aceri-tiglieto (variante con tiglio dell’Ap-Fe-t). Valorizzazione tipologia (taglio del castagno avendo cura di evitare di aprire troppo il soprassuolo perché si favorirebbe il coniferamento o l’affermazione a bosco ceduo del castagno). Località indice Prima di entrare nel dettaglio delle singole tipologie, occorre effettuare una doverosa precisazione: i Boschi delle latifoglie nobili presenti nel Parco sono pressoché interamente dominati dalla presenza di frassino maggiore, mentre il tiglio e l’acero sono pressoché assenti se non relegati al ruolo di specie accessorie. Per tale motivo, nei programmi di indirizzo forestale, sia il tiglio che l’acero sono stati inseriti tra le specie obiettivo per le quali sono previsti specifici accorgimenti di tutela e valorizzazione. Si ritiene infatti verosimile, anche alla luce dell’incoraggiante aumento delle superfici di Aceri-Tiglieto rilevate in questi ultimi anni (località Gnecco in comune di Sonico e località Redola in comune di Cimbergo), una loro concreta riaffermazione a scapito dei soprassuoli secondari dell’abete rosso e del castagno. Versante basso della Valle di Campolaro in Comune di Prestine. Località Boà e Racola in comune di Cimbergo. Versanti bassi della Val Malga in comune di Sonico. Composizione Acer pseudoplatanus 3, Fraxinus excelsior 3, Tilia cordata 2 (var.), Ulmus glabra 2, Ilex aquifolium 1 (var.); Alnus glutinosa 1 (var.), Carpinus betulus 1 (var.), Quercus petraea 1 (var.) Aceri-frassineto tipico Alterazioni antropiche e dinamica I tagli intensivi provocano la regressione fisionomica della tipologia a favore dell’abete rosso e del castagno. La valorizzazione tipologica, attuabile mediante programmi attenti di riordino, consente di ottenere soprassuoli maturi che garantiscono maggiori prospettive di filiera e grandi benefici paesaggistici. 181 Gestione ed emergenze Valorizzazione tipologica (deconiferamento e conversione in altofusto delle aree più danneggiate). Selezione dei soggetti migliori per la loro valorizzazione monumentale. Ipotesi di lungo periodo per la valorizzazione commerciale del frassino. Il deconiferamento deve essere attuato privilegiando il taglio dell’abete rosso in evidente regressione fisiologica; nei casi in cui l’aliquota di abete rosso (rilasciando solo eventuali soggetti a carattere monumentale) sia elevata occorre procedere gradualmente per contenere il massivo ingresso del nocciolo; il larice non rappresenta un’urgenza nell’ordinaria gestione e pertanto può essere tagliato per ultimo. PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Composizione Acer pseudoplatanus 4, Fraxinus excelsior 3, Alnus incana 2 Composizione ns Composizione ns Aceri-frassineto con Ontano bianco Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze SI tratta perlopiù di aree di frizione con il Valorizzazione tipologica (deconifermento, conversione in paesaggio agrario (prati di fondovalle) che altofusto delle aree più danneggiate). Salvaguardia dei lembi di possono in alcuni casi evolvere verso forme ApAp-Fr-Ai localizzati ai margini dei torrenti (corridoi ecologici). Ff-t. Selezione dei soggetti migliori di frassino per la loro valorizzazione monumentale. Interventi di stabilizzazione nei casi di minore stabilità meccanica (taglio degli ontani non differenziati ed in fase di regressione fisiologica). Aceri-frassineto tipico Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze ns Valorizzazione tipologica; salvaguardia delle specie obiettivo Aceri-Tiglieto Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze ns Valorizzazione tipologica; salvaguardia delle specie obiettivo BETULETI CORILETI Betuleti Corileti MODELLO DI FUNZIONAMENTO MODELLO DI FUNZIONAMENTO Betuleto secondario (B-s) Betuleto primitivo (B-p) Corileti (Ca) A-B-C-D-E D-E Betuleti Corileti (…) La categoria dei betuleti e dei corileti comprende quelle formazioni in cui rispettivamente la betulla o il nocciolo dominano, anche se spesso solo per un breve periodo. Si tratta, infatti, nella maggior parte dei casi, di consorzi che compaiono durante alcuni processi di ricolonizzazione forestale di aree abbandonate dalle colture agrarie. Fa eccezione il solo betuleto primitivo che costituisce una formazione durevole su macereti derivati solitamente da substrati silicatici. Per quanto riguarda i betuleti, si può segnalare, che si tratta di formazioni "preforestali" che solo localmente hanno l'aspetto e la rilevanza dei veri e propri betuleti, che s'incontrano, seppur in modo non diffuso, nel vicino Piemonte. I betuleti lombardi assumono comunque una notevole rilevanza nella ricostituzione dei suoli degradati e contribuiscono ad aumentare la variabilità del paesaggio forestale della Regione. Per essi si può solo consigliare di lasciar spazio all'evoluzione naturale, data anche la loro limitata estensione. (…) Inquadramento tipologico I Betuleti (B) sono formazioni forestali tipicamente pioniere che possono derivare da processi di ricolonizzazione secondaria di prati e pascoli abbandonati o di versanti detritici “poveri”. Un primo caso riguarda i cosiddetti Betuleti secondari (B-s) ovvero quelle formazioni transitorie a netta prevalenza di betulla che precedono l’affermazione, proporzionale al livello di maturazione del suolo, di soprassuoli di altro tipo quali ad esempio le Peccete. Un secondo caso invece riguarda i Betuleti primitivi (B-p), ovvero formazioni durevoli che si formano su falde detritiche e versanti rupicoli. Alla betulla si affiancano nella composizione del soprassuolo altre specie pioniere determinando l’affermarsi di consorzi forestali di assoluto valore ecologico-paesaggistico. Nel caso specifico del territorio in esame i B-p sono molto diffusi ancorché rilevabili in aree marginali e frastagliate (spesso in lembi molto circoscritti in corrispondenza di microaperture dei soprassuoli). In alcuni casi sono invece osservabili B-s di una certa estensione (Bosco delle Ampirie a Berzo Demo, località Pià de Deghen a Cedegolo). Indicazioni gestionali Questi boschi in generale assumono una notevole rilevanza nella ricostituzione dei suoli degradati e contribuiscono in maniera significativa ad aumentare la variabilità del paesaggio forestale montano. Operazioni di taglio, non valutate con la dovuta attenzione, possono accelerarne il processo di “sostituzione“ con formazioni più mature, ovvero favorirne la regressione verso arbusteti e garighe. La grande importanza ecologico-paesaggistica dei B suggerisce l’adozione di forme gestionali attente e calibrate, anche finalizzate al contenimento della naturale evoluzione verso altri soprassuoli (deconiferamento); in nessun caso appare indicato effettuare tagli di ceduazione della betulla (ha una bassissima capacità pollonifera pressoché già esaurita al secondo taglio); auspicabile invece la convivenza con il pascolo nelle situazioni altimontane più mature. Indicazioni puntuali Betuleto primitivo (B-p). Da lasciare alla libera evoluzione naturale. Betuleto secondario (B-s). I B-s rappresentano quasi sempre una fase preclimax di soprassuoli più evoluti: Querceti, Aceri-Frassineti; Castagneti, Faggete e Peccete; possono essere programmati interventi di deconiferamento per ritardare la fase secondaria, con finalità paesaggistiche e/o didattico-ricreative (rilascio dei soggetti monumentali di abete rosso e larice). In nessun caso si dovranno prevedere forme di taglio orientate verso il governo a ceduo. Localià indice Betuleti: Il Bosco delle Ampirie in comune di Berzo Demo e località Pià de Deghen e Mezzoclevo in comune di Cedegolo. Composizione Betula pendula 3, Acer pseudoplatanus 2, Alnus viridis 2, Corylus avellana 2, Fraxinus excelsior 2, Pinus sylvestris 2, Populus tremula 2 Composizione Betula pendula 5, Corylus avellana 3, Castanea sativa 2, Larix decidua 2, Picea excelsa 2, Populus tremula 2, Salix caprea 2, Sorbus aucuparia 2 Betuleto primitivo Alterazioni antropiche e dinamica Le condizioni stazionali avverse rendono pressoché stabili questi boschi. Betuleto secondario Alterazioni antropiche e dinamica I tagli intensivi favoriscono i processi di secondarizzazione del soprassuolo. La ceduazione si esaurisce gia al secondo turno per la ridotta capacità pollonifera della betulla. 182 Gestione ed emergenze Da lasciare alla libera evoluzione naturale per limiti stazionali. Gestione ed emergenze Valorizzazione tipologica e paesaggistica. Rallentamento dei processi evolutivi verso altre categorie nelle situazioni che si prestano alla valorizzazione a scopo turistico-ricreativo (deconifermanto e valorizzazione di alberi monumentali). Salvaguardia delle querce e del biancospino. Formazione con elevato valore pirologico. PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Indicazioni puntuali Nei naturali processi di evoluzione forestale dei versanti si formano spesso soprassuoli transitori puri di nocciolo: Corileti (Ca). Tipicamente il nocciolo partecipa ai processi di ricolonizzazione dei pascoli e dei prati abbandonati in situazioni di significativa ricchezza edafica (in condizioni meno favorevoli la ricolonizzazione avviene invece ad opera di altre specie più rustiche quali la betulla, il larice, il pioppo tremolo, ecc.). In altri casi, quando si afferma sottocopertura in situazioni chiuse quali ad esempio le Peccete secondarie e i castagneti puri, il nocciolo è invece specie preziosa per il contenimento dei livelli di acidificazione del suolo. (…) Si può così osservare, in accordo con COLAONE e PIUSSI (1975), le cui considerazioni possono essere estese anche alle seppur rare situazioni simili presenti in Lombardia, che la zona di contatto tra boscaglia mista e faggeta è quella in cui la vegetazione del piano inferiore trova un limite alla sua diffusione, di natura termica, e quella del piano superiore trova un limite inferiore probabilmente di natura idrica. L'azione antropica ha qui distrutto più facilmente la copertura vegetale e, attualmente, la rinnovazione nei prati è praticamente mancante. La via è aperta solo a specie che ricaccino facilmente da polloni dopo il passaggio del fuoco - cosa che il faggio non fa' - e fruttifichino precocemente. Il nocciolo ed il farinaccio sembrano essere le sole che, in queste condizioni, possono affermarsi. Per tali motivi i corileti si sarebbero diffusi e si conserverebbero per lungo tempo tanto da poterli considerare dei “piroclimax”. Il nocciolo, come anche il rovo, costituisce poi una sorta di "medicina" che la Natura "somministra" a seguito di alterazioni (patologie) a livello edafico, soprattutto in relazione al turn over della sostanza organica. Così sono da interpretare gli estesi corileti che si sono formati a seguito di ampie tagliate o anche solo di diradamenti condotti in formazioni non sintoniche con l'ambiente (in particolare, quelle di conifere in ambienti propri delle latifoglie). Si tratta di un'ottima "terapia", in cui il "principio attivo" sta nella lettiera del nocciolo, facilmente aggredibile da varie componenti della pedofauna, terapia di cui è necessario attendere lo spontaneo esaurimento consentendo la piena "guarigione" del sistema. (…) Interventi colturali sono del tutto sconsigliati se non per giustificare l’eventuale approvvigionamento di legna da ardere. In particolare, dove non c’è urgenza d’intervento, sarebbe auspicabile evitare il “taglio a raso sulla ceppaia” che rallenta i processi dinamici del soprassuolo, rendendo i corileti formazioni durevoli. I programmi gestionali di medio periodo dovranno prevedere il controllo dei tagli di questa specie, sia in ragione delle citate peculiarità dinamiche, sia per il valore ecologico-paesaggistico che li contraddistingue (corridoi ecologici del paesaggio agrario e valore faunistico). In questi ultimi anni nel Parco è stato proposto un “modello colturale” di tutela delle siepi a nocciolo e di alcuni corileti stabili (località Morti di Boà a Cimbergo). Questo modello, che ha il principale scopo di contentere la ceduazione a priori del nocciolo (rilascio dei noccioli più sani e cura delle ceppaie con maggior vigore vegetativo), è tutt’ora in fase di taratura e necessita comunque di adeguata verifica nel medio periodo. ns Località indice Indicazioni gestionali Inquadramento tipologico Corileti: Sinistra orografica del torrente Poglia in comune di Cedegolo; prati di Cimbergo; prati di Paspardo; località Morti di Boà in comune di Cimbergo. Composizione Corylus avellana 5, Betula pendula 2, Fraxinus excelsior 2, Tilia cordata 2, Fraxinus ornus 2 (var.), Quercus pubescens 2 (var.) Corileto Alterazioni antropiche e dinamica I tagli intensivi non valorizzano le peculiarità dinamiche e curative del nocciolo. Il superamento della sere a nocciolo avviene in tempi brevi a condizione che non si eseguano interventi diretti (impianti, taglio ripetuto, trattamenti chimici di devitalizzazione, imbrigliamento della chioma con legacci in filo di ferro). PINETE Pinete Gestione ed emergenze Gestione attenta con possibilità di taglio selettivo. Salvaguardia del nocciolo in fase accessoria. Rilascio dei tre polloni migliori per ogni ceppaia in ipotesi di valorizzazione stazionale. Valore faunistico. MODELLO DI FUNZIONAMENTO A-B-C-D-E Pineta di pino silvestre primitiva di rupe (Ps-r) Pineta di pino silvestre primitiva di falda detritica (Ps-fd) Pineta di pino silvestre dei substrati carbonatici (Ps-c) Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici submontana (Ps-s-sbm) Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici montana (Ps-s-mnt) Abete rosso – Faggio Altimontana (…) Nella categoria delle pinete di pino silvestre sono inquadrate quelle formazioni in cui il pino silvestre è prevalente, anche se difficilmente raggiunge la purezza. La competitività di questa specie si manifesta soprattutto negli ambienti caratterizzati da una limitata disponibilità idrica, dovuta o alla "primitività del suolo" o, su suoli più maturi, al forte drenaggio, magari accompagnato da un'altrettanto elevata acidificazione. I processi dinamici con le peccete sono comunque sempre assai frequenti creando una sorta di mosaico dove s'alternano tratti a pineta negli espluvi e a pecceta negli impluvi (CREDARO e PIROLA, 1975). Il pino silvestre, in questi ambienti, costituisce poi spesso il primo ricolonizzatore dei pascoli (CREDARO e PIROLA, 1975) o anche delle aree percorse dal fuoco innescando un processo evolutivo che conduce, seppur molto lentamente, alla pecceta. I ricorrenti schianti che colpiscono queste formazioni potranno determinare "fratte", più o meno ampie, che saranno più facilmente ricolonizzate se vi è la presenza di qualche albero portaseme di pino silvestre. (…) Roberto del Favero, 2002 Nel Parco sono state segnalate 5 tipologie di Pineta diffuse negli stessi ambienti di Querceti e Orno-Ostrieti (Capitello dei due pini a Paspardo, Stablo a Sonico e Bulì a Edolo). Si tratta perlopiù di formazioni frastagliate che colonizzano ambienti “magri” dove il pino silvestre riesce ad esercitare una maggior concorrenza con il castagno e l’abete rosso 183 Località indice Indicazioni puntuali Indicazioni gestionali Inquadramento tipologico PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO La presenza di suoli superficiali, con abbondante scheletro, caratterizzati da una sensibile disponibilità idrica ma sempre accompagnata da prolungati periodi siccitosi, determina le condizioni ideali per l’affermarsi di soprassuoli rustici come le Pinete32. Nel territorio del parco sono presenti in maniera diffusa la Pineta di pino silvestre primitiva di rupe (Ps-r), cui si affianca in aree molto circoscritte e spesso in compenetrazione con i Querceti la Pineta di pino silvestre primitiva di falda detritica (Ps-fd). Si tratta di boschi frugali in cui il pino convive con latifoglie rustiche quali la betulla, il sorbo degli uccellatori, l’orniello, il sorbo montano, il salicone, il pioppo tremulo, il ciliegio, la rovere e la roverella. Nel Parco sono altrettanto diffuse la Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici submontanta (Ps-s-sbm) e la sua equivalente montana (Ps-s-mnt), sia nella sua forma tipica che con la variante con Abete rosso, con Faggio e Altimontana; si tratta di formazioni multiplane più o meno stabili che spesso assumono valenze transitorie in successione dinamica verso i soprassuoli montani dell’abete rosso o in quelli submontani del castagno. Più rara e frammentaria è infine la Pineta di pino silvestre dei substrati carbonatici (Ps-c). (…) In passato a queste formazioni era applicato sia il taglio a raso sia quello a scelta, prevedendo, in quest'ultimo caso, periodi di curazione anche molto brevi (5 anni). Lo stato dei boschi era comunque sempre precario anche per i consistenti attacchi di vari parassiti e per il ricorrere degli incendi (FEDERICO, 1939; SULLI, 1985). Constatato che questi eventi di "disturbo" continuano a persistere nel tempo e ricordando le circostanze che consentono una buona e facile rinnovazione naturale del pino silvestre, si può ritenere che vi sia un'elevata probabilità che si creino, con una certa facilità, le condizioni per la conservazione spontanea di questa pineta, salvo i casi in cui vi sia già un'abbondante presenza della robinia. Se tali circostanze non si dovessero verificare e comunque si volesse conservare la pineta, la via da seguire non potrebbe essere che quella di provocare "artificialmente" le condizioni di disturbo. Questo potrebbe avvenire con minimo impatto attuando, nei soprassuoli maturi, un taglio a strisce anche di limitata ampiezza (ma almeno 20-30 m di larghezza). La leggera lavorazione del suolo conseguente all'esbosco è, in genere, sufficiente per innescare i processi di rinnovazione naturale del pino. Se invece, come d'altra parte è consigliabile, si optasse per lasciare che i processi evolutivi portino verso altre formazioni, il più delle volte non è necessario fare alcun specifico intervento. Infatti, la leggerezza della chioma del pino non pregiudica quasi mai l'affermazione e la crescita delle querce. Il taglio del pino, se il soprassuolo non è troppo fitto, non è quindi necessario per favorire la rinnovazione (DOTTA e MOTTA, 2000); quest'ultima, infatti, nel giro di poco tempo riuscirà a raggiungere il piano dominante. Il mancato intervento sul pino può, invece, avere alcuni effetti positivi: aumento della biodiversità soprattutto nei confronti di popolazioni d'insetti e di varie specie ornitiche, conservazione di un elemento caratteristico del paesaggio, ecc. Ma, soprattutto, la presenza dei residui soggetti di pino può essere una garanzia che, qualora di verificassero nuovi eventi di disturbo, il processo di rinnovazione s'innescherebbe rapidamente, grazie alla presenza di soggetti portaseme. (…) Per quanto attiene il caso specifico del Parco si è ritenuto comunque fondamentale, in ragione della marcata parcellizzazione delle pinete, adottare sistemi gestionali di valorizzazione fisionomico-strutturale delle stesse (tagli di minima entità). Tali interventi dovranno essere programmati prioritariamente nei confronti degli alberi sottomessi e deperenti, ma altresì anche nei confronti di quelli instabili e più suscettibili ai danni da vento (ancorchè di discrete dimensioni), e nelle situazioni in cui sia necessario attuare il controllo fitosanitario (contenimento delle pullulazioni di scolitidi dei generi Tomicus piniperda e Ips acuminatus). Un ulteriore aspetto di grande rilevanza gestionale riguarda infine il notevole valore pirologico di queste formazioni. Il fuoco contribuisce infatti a rendere meno stabili le piante sopravvissute (bruciatura delle branche radicali) e a rallentare notevolmente gli eventuali processi evolutivi. In genere il pino silvestre giova del passaggio del fuoco perché riesce a rinnovarsi con maggiore prontezza delle altre specie, tuttavia l’impoverimento della stazione forestale può innescare processi involutivi verso arbusteti e garighe che si ritiene opportuno evitare a priori. Pineta di pino silvestre primitive (Ps-r; Ps-fd). Da lasciare alla libera evoluzione naturale. Si tratta infatti di boschi il cui l’autoperpetuamento è comunque garantito dalla possibilità di vegetare in condizioni “difficili” (condizionamento morfologico) Accorgimenti particolari possono essere adottati per garantire la presenza di portaseme stabili (interventi localizzati di diradamento basso per favorire l’ampliamento delle chiome dei portaseme). Interventi puntuali sono inoltre ben indicati qualora sia necessario interveniere a scopo fitosanitario (bonifica successiva a incendi e danni da neve e/o vento, interventi di contenimento delle pullulazioni di scolitidi) e di riqualificazione attuati in situazioni di regressione fisionomica o “aggressione” da parte del castagno o dell’abete rosso. Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici (Ps-s-mnt; Ps-s-sbm). Interventi coordinati di riequilibrio per contenere la “chiusura” del ceduo di castagno e il coniferamento ad opera dell’abete rosso, da attuarsi anche favorendo l’esecuzione di cure colturali e diradamenti a favore del pino. Potranno essere previsti interventi, anche intensi, qualora sia necessario procedere al controllo fitosanitario del pino silvestre sempre minacciato da scolitidi (Ips sp., Thomicus sp.). Capitello dei Due Pini e recinto faunistico in comune di Paspardo. Bulì in comune di Edolo. Stablo in comune di Sonico. In località Disì tra Breno e Niardo è presente un’esteesa pineta artificiale di pino silvestre con caratteristiche monumentali. Composizione Pinus sylvestris 4, Betula pendula 2. Pinus sylvestris 3 Composizione Pinus sylvestris 4, Corylus avellana 3, Quercus petraea 2 Composizione Pinus sylvestris 5, Larix decidua 3, Fagus sylvatica 3 (var.), Picea excelsa 2 (var.), Abies alba 1 (var.) Pineta di pino silvestre primitive Alterazioni antropiche e dinamica Stadio durevole per condizionamento edafico Gestione ed emergenze Lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali; formazione con elevato valore pirologico Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici submontana Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze D'origine dubbia dato che in passato Interventi su superfici limitate accelerano i processi frequentemente si piantava il pino in ambienti evolutivi; tuttavia, è opportuno conservare una certa submontani per migliorare le caratteristiche aliquota di pino; in presenza di invasioni di rovi o di nocciolo qualitative e quantitative delle formazioni naturali; è consigliabile non intervenire per contenerlo; formazione lenta evoluzione verso uno dei Q-s con elevato valore pirologico; sono consigliati interventi colturali di prevenzione dagli incendi boschivi; formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione Pineta di pino silvestre dei substrati silicatici montana Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Lenta evoluzione o verso una faggeta o verso una Ordinariamente governata a fustaia; interventi su superfici pecceta limitate accelerano i processi evolutivi; tuttavia, è opportuno conservare una certa aliquota di pino; formazione con elevato valore pirologico; sono consigliati interventi colturali 32 (…) si tratta di situazioni veramente povere, bloccate nei processi evolutivi dal continuo ripetersi di fenomeni franosi o comunque dall’impossibile evoluzione del suolo per l’eccessiva pendenza. In queste situazioni il pino silvestre è nettamente dominante, anche se è spesso accompagnato da altre specie fra cui soprattutto la betulla, l’orniello (…). 184 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Composizione Pinus sylvestris 5, Quercus pubescens 3, Fraxinus ornus 2 di prevenzione dagli incendi boschivi; formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione Pineta di pino silvestre dei substrati carbonatici Alterazioni antropiche e dinamica Gestione ed emergenze Possibile presenza in passato di pascolo Ordinariamente governata a fustaia. Interventi tesi a portare soprattutto ovi-caprino un cambiamento della composizione a favore delle latifoglie hanno spesso scarsi risultati per la loro ridotta capacità di reazione; in tutti i casi, là dove la quantità di latifoglie è elevata è opportuno conservare i soggetti di pino presenti. Formazione con elevato valore pirologico; sono consigliati interventi colturali di prevenzione dagli incendi boschivi; formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione FAGGETE E PICEO FAGGETI Faggeta primitiva (F-p) Faggeta submontana dei substrati silicatici (F-s-sbm) Faggeta montana dei substrati carbonatici dei suoli xerici (F--c-mnt-x) Faggeta montana dei substrati carbonatici tipica (F-c-mnt-t) Faggete Faggeta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici (F-s-mnt-m) Faggeta altimontana dei substrati carbonatici (F-c-atm) MODELLO DI FUNZIONAMENTO A-B-C-D-E Castagno Abete rosso Abete rosso Abete rosso – Larice Subalpina Faggete Faggeta altimontana dei substrati silicatici (F-s-atm) Piceao-faggeti Suoli xerici - Abete bianco Larice Piceo-Faggeto dei substrati silicatici (P-F) Piceo-Faggeti (…) I piceo-faggeti sono delle formazioni miste d'abete rosso e faggio, con poca o nulla partecipazione di abete bianco. In realtà, la loro composizione può essere quanto mai varia passando dalla pecceta quasi pura con residui di faggio alla faggeta molto ricca in peccio. Ciò che caratterizza i piceo-faggeti è comunque la collocazione, prevalentemente nella regione mesalpica, ma anche nelle aree più interne di quella esalpica, quasi a configurare una subregione di transizione (esomesalpica) fra quella propria delle latifoglie (esalpica) e quella delle conifere e latifoglie (mesalpica). I piceo-faggeti sono stati considerati spesso il risultato dell'attività antropica che ha favorito la diffusione dell'abete rosso, specie sicuramente interessante dal punto di vista economico e di facile propagazione negli impianti. Tuttavia, la lacunosità della distribuzione dell'abete bianco, non solo dovuta all'azione dell'uomo, e la presenza, soprattutto su substrati carbonatici, di condizioni favorevoli sia al faggio e sia all'abete rosso consentono una convivenza, seppure "in continua tensione", fra due specie al limite delle rispettive zone ottimali, all'interno delle quali risultano nettamente dominanti. (…) Inquadramento tipologico Il faggio è tra le specie più “sacrificate” nei territori del Parco dell’Adamello33; il suo diffuso utilizzo per l’approvvigionamento di legna da ardere e per la produzione del carbone non sembra essere stato infatti accompagnato da una adeguata “selvicoltura di faggeta”, determinandone di fatto una lenta e progressiva regressione a favore di specie più competitive quali il castagno e l’abete rosso. Oggi le formazioni del faggio sono relate in piccolissimi lembi di esigua rilevanza cartografica, tuttavia in questa sede si è voluto comunque attribuire l’importanza dovuta a questa categoria, segnalando comunque le tipologie potenzialmente presenti nel Parco. Si ricorda a tal proposito che in comune di Sonico si trovano i due monumenti naturali inseriti negli elenchi nazionali Faggio di Malga Boiana e Faggio di Malga Montoffo. Nel parco sono segnalabili la Faggeta primitiva (F-p), la Faggeta submontana dei substrati silicatici (F-s-sbm), sia nella sua forma tipica che nella variante con Castagno; la Faggeta montana dei substrati carbonatici dei suoli xerici (F--c-mnt-x), Faggeta montana dei substrati carbonatici tipica (F-c-mnt-t), nella sua forma tipica e nella sua variante con Abete rosso; la Faggeta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici (F-s-mnt-m), nella sua forma tipica e 34 nella variante con Abete rosso; la Faggeta altimontana dei substrati carbonatici (F-c-atm) , nella sua forma tipica e nella variante con Abete rosso, variante con Larice e variante Subalpina, Faggeta altimontana dei substrati silicatici (F-s-atm). Con buona probabilità potrebbero essere rilevabili microaree con altri tipi di faggeta, tra cui possiamo citare la Faggeta montana dei substrati silicatici dei suoli acidi (F- s mtn--ac; var. con Pino silvestre). Per quanto riguarda invece i PICEO-FAGGETI si tratta di formazioni forestali non molto diffuse nel parco dove si possono tuttavia osservare la tipologia di Piceo-faggeto dei substrati silicatici (P-F), nella sua forma tipica e con le sue variante dei Suoli xerici, variante con Abete bianco e variante con Larice. Questa categoria, si caratterizza per la compartecipazione di abete rosso e faggio, cui si associano in misura pressoché accessoria diverse altre specie forestali (la presenza del larice in genere è sporadica e principalmente correlata ad eventi calamitosi e/o gestioni irrazionali). Benché a causa della reiterata ceduazione del faggio la conifera eserciti una diffusa dominanza, la convivenza tra le due specie è generalmente buona (formazioni in continua tensione il cui auotoperpetuarsi avviene secondo il meccanismo della ”rinnovazione per piede d’albero”). 33 (…) Certamente il faggio costituì per molto tempo una delle risorse fondamentali per l'economia della montagna lombarda. Secondo Hofmann (1991), le faggete lombarde sono quelle che hanno subito più vicissitudini. Credaro e Pirola (1975) evidenziano come in Valtellina le faggete appaiano un po' immiserite e diradate forse più per l'opera dell'uomo. Anche risalendo indietro nel tempo, rispettivamente Hofmann (1938) per la Valtellina e Federico (1938, 1941) per il Comasco, il Lario e il Varesotto segnalano che il faggio doveva essere maggiormente diffuso, ma il ceduo e il pascolo lo hanno ridotto ad una sottile striscia. Le formazioni governate a fustaia sono, infatti, esigue, mentre frequenti sono i cedui matricinati. (…) 34 Di grande valore forestale per questa tipologia è l’intero comprensorio delle Biurche e del Pian del Zuff nei comuni di Breno e Prestine. Questa faggeta, benché non nella sua più esatta “espressione carbonatica”, è infatti ben rappresentata e si rilevano i tratti di ben tre varianti: con Abete rosso, con Larice e Subalpina. 185 Indicazioni puntuali I boschi di faggio possiedono una spiccata tendenza a formare soprassuoli a distribuzione verticale monoplana con coperture regolari colme e ben si prestano ai metodi classici della selvicoltura da produzione. Per le ragioni già accennate in precedenza tuttavia, si ritiene non adeguato sottoporre gli ultimi lembi di faggeta presenti nel Parco a programmi gestionali intensivi, sia perchè la sua ormai esigua presenza vanifica a priori gli schemi propri della selvicoltura citata, sia perché si ritiene opportuno favorire una sua maggiore diffusione nelle aree ormai occupate da altre categorie; specie obiettivo: sarebbe ben auspicabile evitare l’utilizzo del faggio fino a una sua maggiore partecipazione nella composizione media di versante. Per quanto attiene invece più nel dettaglio i PICEO-FAGGETI, dal punto di vista gestionale si suggerisce di rallentare la “fase dell’abete rosso” evitando l’utilizzazione del faggio almeno fino all’affermazione di sufficienti portaseme35. ns Località indice Indicazioni gestionali PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Boschi delle Ciodere a Breno, Val Malga a Sonico. Composizione Fagus sylvatica 4, Betula pendula 2, Larix decidua 2, Sorbus aria 2 Composizione Fagus sylvatica 5, Betula pendula 2, Castanea sativa 2 (var.) Composizione Fagus sylvatica 5 Composizione Fagus sylvatica 5, Acer pseudoplatanus 2, Fraxinus excelsior 2, Picea excelsa 2 (var.) Composizione Fagus sylvatica 5, Abies alba 2, Betula pendula 2, Picea excelsa 2 (var.) Composizione Fagus sylvatica 5, Populus tremula 2, Larix decidua 2 (var.), Picea excelsa 2 (var.) Composizione Fagus sylvatica 4, Larix decidua 3, Betula pendula 2 Composizione Fagus sylvatica 3, Picea excelsa 3, Pinus sylvestris 2 (var.), Alnus viridis 2, Abies alba 1 (var.), Larix decidua 1 (var.) Faggeta primitiva Alterazioni antropiche e dinamica Stadio durevole per condizionamento edafico Faggeta submontana dei substrati silicatici Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; possibile una maggior copertura da parte del faggio a scapito soprattutto del castagno ma anche delle altre specie Faggeta montana dei substrati carbonatici dei suoli xerici Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; scarse possibilità evolutive per condizionamenti edafici Faggeta montana dei substrati carbonatici tipica Alterazioni antropiche e dinamica Stabile in condizioni di optimum Faggeta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici Alterazioni antropiche e dinamica Stabile in condizioni di optimum Faggeta altimontana dei substrati carbonatici Alterazioni antropiche e dinamica Nessuna; nella variante subalpina consistente modificazione della struttura a causa del pascolo; stabile; nella regione esalpica la ricolonizzazione dei terreni abbandonati dall'agricoltura avviene dapprima per opera del larice; solo in un momento successivo compare il faggio che alla lunga prende il sopravvento Faggeta altimontana dei substrati silcatici Alterazioni antropiche e dinamica Stabile Piceo-faggeto dei substrati silicatici Alterazioni antropiche e dinamica La massiccia presenza del larice (variante) indica passate utilizzazioni pascolive e tagli su ampie superfici; frequente alternanza fra le due specie principali (ad una fase a prevalenza del faggio segue una in cui prevale l’abete rosso e così via) ABIETETI Abieteti Gestione ed emergenze Libera evoluzione naturale Gestione ed emergenze Valorizzazione fisionomico.strutturale Gestione ed emergenze Valorizzazione fisionomico.strutturale Gestione ed emergenze Valorizzazione fisionomico.strutturale Gestione ed emergenze Valorizzazione fisionomico.strutturale Gestione ed emergenze Libera evoluzione naturale Gestione ed emergenze Libera evoluzione naturale Gestione ed emergenze Valorizzazione fisionomico-strutturale; tutela del faggio MODELLO DI FUNZIONAMENTO Abieteto dei substrati carbonatici(Ab-c) Abieteto dei suoli mesici (Ab-m) Abieteto dei substrati silicatici tipico (Ab-t) A-B-C-D-E Abieteti (…) Nella categoria degli abieteti rientrano quelle formazioni in cui vi è una buona partecipazione dell'abete bianco, raramente puro e non sempre dominante, cui si affiancano l'abete rosso e, talvolta, anche il faggio. L'inquadramento tipologico degli abieteti ha da sempre creato notevoli difficoltà. Infatti, l'articolazione tassonomica di queste formazioni può assumere connotazioni notevolmente diverse in relazione al diverso significato attribuito all'abete bianco, rispetto alle altre due specie con le quali più frequentemente si consocia, il faggio e l'abete rosso. Così, come spesso avviene soprattutto nel mondo forestale, molti autori sono propensi a far rientrare negli abieteti un numero considerevole di situazioni, fra le quali anche quelle in cui l'abete bianco addirittura manca, attribuendo tale assenza all'azione dell'uomo che notoriamente ha avversato questa specie. Dal lato opposto, vi è chi, soprattutto tra i fitosociologi, osservando la mancanza negli abieteti di uno specifico corredo floristico, non ritiene di attribuire a queste formazioni specifiche unità d'ordine superiore. Di conseguenza, molti degli studi condotti sugli abieteti o sono limitati ai casi 35 (…) dove i tagli mancano da lungo da tempo, vi è una maggior presenza del faggio mentre dove in passato sono stati eseguiti tagli su ampie superfici è netta la prevalenza dell'abete rosso che tende a perdurare per lungo tempo (…) Viceversa, se nella pecceta la copertura tende progressivamente a diminuire, in modo spontaneo o a seguito di diradamenti, compare la rinnovazione del faggio, mentre quella dell'abete rosso intristisce mal sopportando la copertura. Dove i tagli sono stati eseguiti in modo regolare e su piccola superficie (tagli a gruppi o tagli a buche) la composizione è più varia e in brevi spazi s'alternano tratti di faggeta e di pecceta (…) La rinnovazione di faggio si insedia diffusamente sottocopertura nelle annate di pasciona, purché vi sia un numero sufficiente di alberi portaseme (…) Sempre consigliabile procedere con cure colturali che, rilasciando uno o due fra gli individui migliori per ogni ceppaia, consentano di avere a disposizione delle matricine da riproduzione (…). 186 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO in cui la specie appare in purezza, e perciò sono incompleti o, dal lato opposto, considerano una casistica troppo ampia, comprendendo anche quelle situazioni in cui la specie è presente magari anche solo allo stadio di plantula. L'abete bianco ha il suo optimum ecologico negli ambienti montano e altimontano della regione mesalpica, su suoli mesici derivanti da substrati silicatici (terrigeno-scistosi, conglomeratico-arenacei) e in versanti esposti prevalentemente a nord. (…) Inquadramento tipologico Indicazioni puntuali (…) Negli abieteti la struttura è quanto mai varia, essendo legata soprattutto al tipo d'interventi attuati e alla presenza di una buona viabilità. Se quest'ultima è sufficiente e il periodo di curazione previsto (di 8-10 anni) è generalmente rispettato, la distribuzione verticale appare multiplana con copertura regolare da scarsa a colma e tessitura da grossolana a fine. Viceversa, se manca la viabilità, si tende ad allungare il periodo di curazione e ad intervenire con maggiore intensità, cosicché la distribuzione verticale tende a divenire monoplana e la copertura regolare colma. Infatti, la conservazione della distribuzione verticale multiplana, soprattutto se a tessitura fine che, come vedremo in seguito, manifesta meno problemi gestionali rispetto a quella monoplana, può avvenire solo mantenendo il livello provvigionale non troppo elevato (300-350 mc/ha) ed intervenendo con il taglio di curazione ad intervalli di tempo abbastanza ravvicinati (8-10 anni). Se ciò non accade, ad esempio perché sono applicati periodi di curazione troppo lunghi, in genere a causa di carenze nella viabilità, si può notare, data la notevole capacità di crescita di questi popolamenti, una tendenza alla monostratificazione "dall'alto", con aumento delle masse unitarie e temporanea riduzione della rinnovazione. Viceversa l'applicazione del taglio a buche (od anche a gruppi) su superfici relativamente ampie, in alternativa al classico taglio di curazione, può in molti casi determinare, grazie all'abbondanza della rinnovazione, una monostratificazione "dal basso". Quindi, per la conservazione di un'equilibrata distribuzione verticale multiplana di questi soprassuoli sono richiesti interventi frequenti e di limitata intensità, applicando il taglio di curazione e badando che vi sia un giusto equilibrio fra le diverse classi diametriche, interventi che, come si è più volte detto, sono economicamente sostenibili solo negli ambienti in cui la viabilità è ottimale. Nei casi in cui questa manchi, sarà opportuno badare che la tendenza alla monostratificazione avvenga per piccole superfici piuttosto che su ampi comparti. Così, se la monostratificazione non è troppo marcata, si potrà cercare d'intervenire soprattutto sulle classi diametriche maggiori, dando spazio ai soggetti delle classi intermedie che potranno, ricevendo con il taglio dei concorrenti una “frustata” incrementale, movimentare la distribuzione verticale, che però ben presto tenderà a divenire nuovamente monoplana. Viceversa, se la monostratificazione è molto spinta, con prevalenza di soggetti poco diversificati nelle classi diametriche e con presenza, magari, di molte piante dominate, è necessario valutare se queste ultime riusciranno, una volta liberate, a riprendersi e ad andare a costituire il nuovo contingente degli individui di grosso diametro. Se esse saranno capaci di questo, si potrà ridurre la copertura del piano dominante e selezionare le migliori fra quelle dominate. Al contrario, se si ritiene che gli individui del piano dominato non riescano a riprendersi, è meglio orientarsi verso i tagli successi a gruppi (magari dopo aver fatto un taglio di preparazione) o, localmente, verso il taglio a buche e cercare di allevare correttamente la nuova generazione. Quanto esposto costituisce solo un esempio delle problematiche che si possono porre al selvicoltore nella gestione degli abieteti. In generale, è in ogni caso opportuno ricordare che queste formazioni richiedono una gestione oculata e di dettaglio e una duttilità nella scelta del tipo d'intervento e della sua intensità, elementi che vanno valutati caso per caso, non trascurando anche gli aspetti economici. (…) L’abete bianco è “specie obiettivo” ma consente alcuni margini di intervento, soprattutto nei casi in cui il riordino dei soprassuoli richieda l’effettuazione di diradamenti. ns Località indice Formazioni caratterizzate dalla presenza di aliquote rilevanti di abete bianco cui si associa in massima parte l’abete rosso (spesso favorito da gestioni irrazionali e/o intensive) e il faggio (con aliquote molto contenute). Nel parco si osserva soprattutto l’Abieteto dei substrati silicatici tipico (Ab-t) ma non mancano espressioni puntuali dell’Abieteto dei suoli mesici (Ab-m)36 e brevi lembi dell’Abieteto dei substrati carbonatici (Ab-c). (…) L'abete bianco è particolarmente competitivo sui suoli profondi e dotati di buona disponibilità idrica, condizioni che, pur essendo la specie indifferente alla natura del substrato (LINGG, 1986), s'incontrano con maggior frequenza nei suoli derivati da substrati silicatici, piuttosto che in quelli formatisi da substrati carbonatici. Su quest'ultimi, infatti, l'abete bianco è presente in modo massiccio solo nelle situazioni più favorevoli e a clima subcontinentale. (…) Indicazioni gestionali Gli Abieteti sono molto diffusi nelle aree più a sud della Valle Camonica, e nel Parco si possono osservare in superfici non trascurabili nei comuni di Prestine e Niardo. Benché siano presenti anche brevi tratti della forma mesica e di quella del tipo dei substrati carbonatici, gli Abieteti del Parco sono pressoché esclusivamente inclusi nella categoria dell’Abieteto dei substrati silicatici tipico. Per tale motivo si è deciso di semplificarne la lettura riportando in cartografia solo la Categoria. A Prestine, in località Fontaneto, e a Niardo nelle località Bisone e Madonnina si trovano le uniche espressioni di Abieteto presenti nel parco. Composizione Abies alba 3, Picea excelsa 3, Fagus sylvatica 1 Composizione Abies alba 3, Picea excelsa 3 Composizione Abieteto dei substrati carbonatici Alterazioni antropiche e dinamica Talora riduzione della copertura a causa di interventi drastici risalenti alla prima guerra mondiale. La gestione del passato ha favorito soprattutto l’abete rosso agevolato anche dai tagli su ampie superfici; opportuni gli interventi che tendono a portare nel piano dominante il faggio. Abieteto dei suoli mesici Alterazioni antropiche e dinamica Possibile una maggior partecipazione del faggio; la gestione del passato ha favorito soprattutto l’abete rosso agevolato anche dai tagli su ampie superfici; opportuni gli interventi che tendono a portare nel piano dominante il faggio; tagli a buche o a gruppi su piccole superfici Abieteto dei substrati silicatici tipico Alterazioni antropiche e dinamica 36 Gestione ed emergenze Tagli a buche o a gruppi su piccole superfici; facilitare l’ingresso del faggio nel piano dominante. Gestione ed emergenze Gestione puntuale e valorizzazione compositiva; interventi di valorizzazione compositiva nei casi di regressione dell’abete bianco causata da tagli intensivi Gestione ed emergenze (…) Su substrati caratterizzati da un elevato valore pedogenetico (arenaceo-marnosi e terrigeno-scistosi), siano essi carbonatici o silicatici, in stazioni poco pendenti, dove si hanno suoli con buona disponibilità idrica, si formano degli abieteti a netta prevalenza dei due abeti (piceo-abieteti), mentre il faggio, anche se potenzialmente dovrebbe essere presente è solo sporadico (abieteto dei suoli mesici). (…) 187 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Abies alba 3, Picea excelsa 3 Stabile; frequente alternanza fra i due abeti Gestione puntuale e valorizzazione compositiva; in presenza di strutture monoplane ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione PECCETE Pecceta altimontana dei substrati carbonatici (P-c-amt) Peccete MODELLO DI FUNZIONAMENTO A-B-C-D-E Pecceta altimontana dei substrati cartonatici Pino silvestre Peccete montane dei substrati silicatici Altimontana Suoli acidi - Ostria Peccete altimontane e subalpine dei substrati silicatici Pino cembro - Sfagni Pecceta azonale su alluvioni Subalpina Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli xerici (P-s-mnt-x) Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-s-mnt-m) Pecceta secondaria (P-sc) Pecceta di sostituzione (P-st) Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli xerici (P-s-ams-x) Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-s-ams-m) Pecceta azonale su alluvioni (P-al) (…) L'abete rosso costituisce la specie più importante della regione mesalpica, avendo l'optimum negli orizzonti altimontano e subalpino. Lo s'incontra perciò soprattutto nel Valtellinese e nei distretti Sud-Orobico e Camuno-Caffarense, mentre è solo marginale nell'endalpico Bormiese-Livignasco o nell'alto Chiavennasco, dove prevalgono i lariceti o le praterie. Esso scende anche nell'orizzonte montano costituendo sia delle peccete, ma anche mescolandosi al faggio (piceo-faggeti) e/o all'abete bianco (abieteti), rimanendo invece solo marginale alle formazioni con pino silvestre, dove entra solo nelle situazioni più mature quando l'aridità edifica si fa sentire meno. Altro elemento che facilita l'ampia diffusione dell'abete rosso è la sua adattabilità a diversi tipi di suoli indipendentemente dalla natura del substrato, cosicché lo s'incontra sia su substrati carbonatici e sia su quelli silicatici. Tuttavia, è su quest'ultimi che vi è una maggiore probabilità che si creino condizioni ad esso favorevoli anche nell'orizzonte montano. Risulta, invece, scarsamente competitivo su suoli con carenze idriche troppo spinte, avendo un apparato radicale superficiale e non essendo efficiente quanto il faggio nello sfruttamento dell'umidità atmosferica. Il comportamento dell'abete rosso e la fisionomia delle peccete cambiano poi notevolmente al variare della quota, cosicché è fondamentale disporre di un criterio che consenta di attribuirle ai diversi orizzonti altitudinali. (…) L’abete rosso è di gran lunga la specie forestale più diffusa nel Parco, sia in termini di superficie (occupa quasi la metà dell’intera superficie forestale), sia in termini volumetrici (sono stimati oltre 1.000.000 di mc corrispondenti a quasi la metà della risorsa forestale del Parco). Nel Parco sono rilevabili, con netta prevalenza delle forme legate ai substrati silicatici, tutte le tipologie classificate in Lombaridia: si tratta di 8 tipi diversi di bosco, i quali, spesso si sovrappongono gli uni algli altri rendendo difficoltosa la loro stessa classificazione. La discriminazione dei tipi dell’abete rosso si complica ulteriormente in relazione alla notevole diffusione dell’abete rosso “guidata” dall’uomo che, in maniera diretta con rimboschimenti su larga scala, ed in maniera indiretta con politiche forestali che hanno favorito l’abete rosso rispetto ad ogni altra specie, dal 1.800 ad oggi ne ha favorito la dominanza rispetto ad ogni altra specie. Le citate difficoltà di classficazione delle peccete hanno suggerito di semplificarne la rappresentazione cartografica in termini di Categoria, evidenziando in maniera puntuale solo le Peccete azonali su alluvioni in ragione delle loro peculiarità naturalistico-paesaggistiche. Per quanto attiene le singole tipologie, qualora sia richiesto un maggior dettaglio, si ritiene consigliabile standardizzarne l’individuazione facendo riferimento semplicemente a parametri topografici per distinguere ad esempio le peccete montane da quelle altimontane (in base alla quota di 1.850 m), oppure in secondo parametri geo-morfologici che distinguano i sottotipi dei “substrati silicatici” da quelli dei “subtrati carbonatici”. Tale semplificazione trova tuttavia notevoli difficoltà nella facile sovrapposizione con il tipo di Pecceta secondaria. In molti casi infatti, le peccete secondarie si sono inserite in maniera così radicata nella composizione forestale di versante da assumere caratteri naturaliformi propri di altri tipi. Più facile appare invece l’individuazione delle Peccete di sostituzione che si collocano alle quote più basse al di fuori dell’areale locale dell’abete rosso (sotto i 600700 m). (…) Il comportamento dell'abete rosso e la fisionomia delle peccete cambiano poi notevolmente al variare della quota, cosicché è fondamentale disporre di un criterio che consenta di attribuirle ai diversi orizzonti altitudinali. Al variare di queste ultime, infatti, l'abete rosso, mostra comportamenti alquanto diversi e tali da indurre scelte gestionali altrettanto diversificate. La difficoltà d'inquadrare le peccete nei diversi orizzonti sta nel fatto che il criterio altitudinale non è sempre adeguato. Infatti, la quota limite fra la pecceta montana e quella subalpina può collocarsi, in relazione alle caratteristiche climatiche e morfologiche, all'interno di un ampio range compreso fra 1300 e 1600-1800 m. (…) Carattere Habitus Crescita Rinnovazione Mortalità Struttura Strato arbustivo Strato erbaceo Degradazione lettiera Pecceta subalpina caratteri individuali propri di alberi isolati; chiome lunghe fino a 1/2-3/4 del fusto, strette ed appuntite; sistema dei rami denso, proteso verso il basso; rami spesso ricoperti da licheni crescita lenta, specialmente in gioventù; culminazione tardiva dell'incremento in altezza (50-100 anni); termine della crescita ad età avanzate (150-250/300 anni) distribuzione irregolare a nuclei e a gruppi in corrispondenza di lacune del soprassuolo differenziazione lenta nelle classi sociali con mortalità rallentata del piano dominato; spesso presenza di uno stadio transitorio a struttura multiplana soprassuoli poco densi, in parte multiplani; frequente copertura per collettivi o cespi quasi assente o in ogni caso con crescita molto stentata ridotta varietà floristica, alcune specie sono però dotate di forte di competizione come: Calamagrostis villosa, Adenostyles alliariae, mirtillo nero, rododendri, felci molto lenta Pecceta montana caratteri individuali propri di alberi cresciuti in collettivi a copertura chiusa; chiome corte (1/3), spesso larghe; rami bassi dotati di maggior curvatura ed in vecchiaia mancanti nel toppo basale crescita veloce con precoce culminazione dell'incremento in altezza (prima di 50 anni) e conclusione della crescita verso i 100-150 anni distribuzione più regolare; insediamento anche sotto copertura in soprassuoli diradati veloce differenziazione in classi sociali con elevata mortalità nel piano dominato soprassuoli densi, uniformi, tendenzialmente monoplani presente sotto copertura diviene esuberante dopo il taglio (in particolare abbonda il nocciolo) notevole varietà floristica con presenza di un consistente contingente di specie delle faggete rapida, salvo accumuli per eccessiva copertura Caratteri differenzianti le peccete subalpine da quelle montane, secondo MAYER e OTT (1991) e OTT (1994). 188 Inquadramento tipologico PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO L’abete rosso è la conifera più diffusa negli ambienti montani e subalpini delle regioni mesalpiche della Lombardia. La sua presenza in ambiente submontano è invece meno evidente se non nelle situazioni in cui l’uomo ne abbia favorito la diffusione a scapito di altre specie. Nel parco i boschi dell’abete rosso rappresentano la stragrande maggioranza del patrimonio forestale e sono rappresentati dalle seguenti tipologie forestali: la Pecceta montana dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-s-mnt-m) e la sua equivalente altimontana Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-s-ams-m), nella sua forma tipica e nella variante a Sfagni, e la Pecceta altimontana e subalpina dei substrati silicatici dei suoli mesici (P-sams-x). Si tratta nel complesso di boschi nettamente dominati dall’abete rosso cui si affiancano soprattutto il larice, l’abete bianco (nelle aree più umide), il pino silvestre (nelle situazioni più calde) e il castagno (nelle situazioni di passaggio tra piano submontano a montano). Altre specie possono partecipare al consorzio vegetazionale ma in maniera del tutto accessoria e spesso relegate ai margini del bosco o nelle chiarie più interne. Accanto a queste formazioni “naturali” si osservano, in maniera anche molto diffusa, le formazioni dell’abete rosso di derivazione antropogena: alle quote più basse la Pecceta di sostituzione (P-st), sia nella forma tipica che nelle variante dei Ostria e variante dei Suoli acidi, mentre più in alto è molto diffusa la Pecceta secondaria (Psc), sia nella sua forma tipica che nella variante Altimontana. Si tratta di forme differenti di affermazione dell’abete rosso accomunate dalla forte connotazione “antropica” (rimboschimenti artificiali di abete rosso e affermazione massiva di abete rosso per tagli intensivi). (…) Quando gli impianti (o comunque la diffusione spontanea da impianti) sono invece stati fatti in ambienti potenzialmente adatti all'abete rosso, si ricorre, per l'inquadramento tipologico, ad una specifica unità, la pecceta secondaria che è per lo più montana (pecceta secondaria montana) e solo raramente altimontana (variante altimontana). Altre volte, indipendentemente, o solo parzialmente in relazione all'azione dell'uomo, l'abete rosso, grazie anche a favorevoli condizioni climatiche, si spinge fino all'orizzonte submontano costituendo delle “bizzarre” consociazioni, dotate di un certo equilibrio, esempio di una perfetta “integrazione interspecifica” (pecceta di sostituzione), anche se, alcune volte si formano dei consorzi “caotici” di problematica interpretazione dinamica. Il più delle volte, in queste ultime situazioni, così come avviene nella regione esalpica, l'abete rosso manifesta stati di deperimento dovuti al precoce esaurimento dello sviluppo, alla senescenza anticipata e, soprattutto, alla suscettibilità ai parassiti (bernetti, 1995). (…) Di grande valore forestale è infine la presenza in diverse località del parco (Valbione, Gaver, Valsozzine, , Val d’Avio, Val Paghera di Vezza d’Oglio e Val Vallaro) della Peccete azonali su alluvioni (P-al). Questa formazione rappresenta certamente un elemento di grande pregio “forestale” sia per la rarità con cui la si può rilevare in Lombardia, sia per le intrinseche peculiarità ecologico-paesaggistiche che la caratterizzano. (…) Fra le peccete piuttosto rare in Lombardia si può citare anche quella azonale su alluvioni, sporadicamente presente nei distretti Valtellinese, Alto Camuno, Chiavennasco, Sud-Orobico e Prealpino orientale. Si tratta di formazioni che s'incontrano lungo alcuni alvei fluviali o torrentizi larghi, posti in fondovalle interessati da fenomeni d'inversione termica e da una generale freschezza anche edafica. Affianco al dominante abete rosso è presente, con consistenti coperture, il frassino maggiore ad indicare una probabile potenzialità verso gli aceri-frassineti. (…) 189 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Indicazioni gestionali Peccete montane (A-B-C). La pecceta montana rappresenta l’ossatura della filiera bosco-legno della Valle Camonica; tra le sue tipologie infatti sono concentrate le maggiori superfici forestali ad indirizzo produttivo. La notevole plasticità dell’abete rosso rende di fatto applicabili pressoché in maniera diffusa tutte le tipologie di intervento proprie della fustaia (tagli a buche, a strisce, marginali, ad orlo, successivi uniformi, a scelta, ecc.). (…) Qualora non si sia potuto intervenire per tempo con i diradamenti e gli alberi mostrino chiome estese per meno di metà della lunghezza del fusto è opportuno puntare, piuttosto che sulla stabilità individuale, su quella di collettivo, inteso come insieme di alberi la cui estensione dovrebbe essere pari a un'area avente per diametro l'altezza degli alberi a maturità. E' bene ricordare che la continuità nell'esecuzione dei diradamenti consente di evitare eccessivi squilibri a livello edafico, riducendo la durata della spesso indesiderata “fase della flora nitrofila o d'invasione” (in cui entrano soprattutto il nocciolo, l'epilobio ed i rovi) che compare sempre, in seguito ai tagli finali, nelle peccete montane dotate d'eccessiva copertura. Circa il tipo di trattamento da applicare alle peccete montane, sono adatti i tagli marginali, quelli a buche od a gruppi. In particolare, i tagli marginali risultano consigliabili nelle peccete dei suoli xerici, in quanto garantiscono, più degli altri due, quella protezione laterale alle giovani piantine necessaria per ridurre gli effetti d'eventuali stress idrici prolungati. D'altra parte, una volta insediatasi la rinnovazione, è necessario ricordare che, in queste formazioni, essa sopporta solo per breve tempo la copertura. Di conseguenza, se è presente lungo il margine del bosco e s'avvale della protezione laterale per svilupparsi regolarmente e per contrastare la competizione delle graminacee e degli arbusti, si procederà con tagli ad orlo, se invece è diffusa sotto copertura si potrà procedere con tagli successivi ad orlo anche di una certa intensità. Nelle peccete è poi importante che i tagli di rinnovazione avvengano nel giusto momento e che soprattutto non siano anticipati. Infatti, se il bosco non è "maturo", non tanto in termini economici ma ecologici, i processi di rinnovazione o sono molto rallentati o addirittura non avvengono. Questo può dipendere da vari aspetti (luce, competizione specie erbacee che cambiano quando il bosco è maturo, ecc.) fra cui il tipo di humus (…) Peccete altimontane e subalpine (A-B-C-E). La plasticità dell’abete rosso diminuisce con l’aumentare della quota rendendo questo tipo soprassuoli meno adatti dei precedenti ad essere indirizzati verso forme intensive di utilizzazione forestale. I modelli di selvicoltura proposti pur essendo gli stessi già osservati per le peccete montane dovranno essere applicati in maniera non intensiva. In ogni caso si ritiene inopportuno intervenire in situazioni subalpine e/o comunque in soprassuoli la cui configurazione fisionomico-strutturale non consenta l’applicazione “tout court” dei metodi della selvicoltura (forme altimontane). Peccete di derivazione antropica (F). La diffusione massiva dell’abete rosso, benché riconducibile per ampi tratti alla sua naturale tendenza a formare soprassuoli estesi e monospecifici, è certamente stata agevolata dall’azione dell’uomo (rimboschimenti e tagli intensivi)37; i caratteri “secondari” dell’abete rosso suggeriscono di indirizzare questi soprassuoli verso ottiche di “riordino forestale” da attuarsi anche con interventi intensivi (tagli a raso). (…) Un discorso a parte deve essere fatto per le peccete secondarie. Si tratta di formazioni transitorie, notevolmente alterate dagli interventi selvicolturali, in atto o pregressi, o dal pascolo. Sarà quindi sempre necessario, per delineare una corretta strategia gestionale, cercare di ricostruire la loro storia e riconoscere il "tipo potenziale" al fine di comprenderne le tendenze evolutive. Tali peccete, infatti, si collocano spesso in ambienti potenzialmente occupati dalla faggeta montana od anche dai piceo-faggeti o, più raramente, dagli abieteti. I processi evolutivi verso queste cenosi avvengono però in modo lento o possono anche essere impediti, poiché l'abbondante rinnovazione dell'abete rosso esercita un'elevata competizione nei confronti delle altre specie. (…) Peccete azonali (E). Da sottoporre a tutela. Indicazioni gestionali d’indirizzo38: - nei casi più evidenti di regressione fisiologica (soprassuoli stramaturi delle Peccete di sostituzione e Peccete secondarie), valutare la possibilità sgombero (tagli a buche di dimensione anche maggiore rispetto alla norma, purchè siano attentamente calcolati i rischi di regressione ulteriore della stazione forestale: l’ampiezza delle buche dipende da quota-esposizione-acidificazione del suolo, e dev’essere sempre riferita all’obiettivo di rinnovazione naturale del soprassuolo (anche ad opera di altre specie rispetto all’abete rosso). - in misura tanto maggiore quanto minore è il livello di secondarizzazione del soprassuolo, intervenire con forme di taglio che consentano il graduale riequilibrio della stazione forestale aumentando i livelli di complessità strutturale del bosco (tagli di preparazione e diradamenti misti); - la valorizzazione paesaggistica, da adottarsi nei soprassuoli con maggiore grado di naturalità, deve necessariamente essere attuata evitando tagli intesivi e soprattutto a carico delle specie diverse dall’abete rosso (tagli a scelta, diradamenti bassi, cure colturali, ecc); nelle situazioni migliori, valutare la possibilità di invecchiamento indefinito a scopo monumentale (selvicoltura per “Piede d’albero” ed eventuali cure); - i tagli devono sempre essere effettuati considerando la fragilità dell’abete rosso nei confronti del vento e della neve (valutazione attenta della densità) e spratutto la marcata suscettibilità dell’abete nei confronti di attacchi patogeni; 37 - devono in maniera sistematica e continuativa i diradamenti, anche avvalendosi dellainpratica di uso civico,con al fine di allontanare Nelle analisi effettuateessere spessoprogrammati si adotta una forzatura tassonomica identificando queste peccete in “falsi boschi”, ovvero in soprassuoli cui è difficile definirne certezza il reale grado idi soprassuoli dalper rischio di decadimento e nel per di favorirne la valorizzazione fisionomico-strutturale; naturalità nonostante abbiano tratti più o meno estesi lefisiologico caratteristiche delcontempo bosco naturale abete rosso. - una condizione necessaria per la gestione delle peccete riguarda infine il mantenimento di margini arborati stabili, ovvero quelli in cui gli alberi hanno 38 chiome distribuite lungo tutto il fusto; il taglio di questi margini determina infatti l’apertura di varchi di luce che spesso non vengono sopportati dagli Stadio Pecceta subalpina Pecceta montana alberi(tipo più interni con conseguente indebolimento progressivo e aumento della suscettibilità ai danni biotici e abiotici. strutturale) Novelleto-spessina Perticaia rinnovazione che s'insedia lentamente e in limitata quantità, ma sufficiente per l'autoperpetuazione; essa si localizza solo in alcuni ambienti favorevoli (dossi, sopra od ai margini di massi, entro cespugli di ginepro, ecc.); limiti d'insediamento sono dovuti soprattutto a mancanza di calore (almeno 2 ore di sole in giugno-luglio) e alla competizione della vegetazione spontanea (flora di tagliata, megaforbie) e al pascolo pregresso; sopporta per lungo tempo la copertura limitati problemi di stabilità meccanica grazie alla distribuzione multiplana o alla marcata selezione naturale con formazione di collettivi condizioni favorevoli per l'insediamento futuro della rinnovazione si avranno evitando accumuli di sostanza indecomposta (eccessi anche se solo localizzati di copertura) e creando condizioni di margine rinnovazione abbondante a gruppi nelle chiarie, ai margini o anche sotto copertura; difficoltà d'insediamento per competizione del nocciolo (soprattutto verso il limite inferiore in situazioni di maggior apporto termico); non sopporta a lungo la copertura gravi problemi di stabilità meccanica a causa della distribuzione verticale monoplana con copertura regolare-colma Fustaia matura condizioni favorevoli per l'insediamento futuro della rinnovazione si avranno evitando accumuli di sostanza indecomposta (estesi eccessi nella copertura) e creando condizioni di margine Tabella. Problematiche colturali che insorgono nelle peccete subalpine e in quelle montane durante i diversi stadi della crescita Fase di sviluppo-intervento Rinnovazione - tagli di accompagnamento alla crescita della rinnovazione Pecceta subalpina conservare protezione laterale alla rinnovazione per lungo tempo (possibili brevi periodi di aridità estiva poco tollerati dalla rinnovazione); evitare pascolo e brucamento di selvatici Perticaia - diradamenti in genere non sono richiesti diradamenti; in caso di localizzati eccessi di copertura comportarsi come nella pecceta montana favorendo piuttosto che i soggetti più belli quelli più forti; se necessario, in presenza di movimenti gravitazionali del manto nevoso, lasciare canali di sfogo Fustaia matura - taglio finale di rinnovazione Pecceta montana necessità di protezione laterale (maggiormente richiesta nei tipi dei suoli xerici); una volta che la rinnovazione si è affermata va prontamente liberata; evitare inutili interventi di contenimento del nocciolo o del rovo necessità di diradamenti per conferire stabilità meccanica; se chiome estese da 2/3 a 1/2 h cercare la stabilità individuale con diradamenti selettivi; se chiome comprese fra 1/2 e 1/3 h puntare sulla stabilità per collettivi (estesi su una superficie avente diametro pari a h e separati da corridoi ampi oltre 2 volte la lunghezza dei rami a maturità); se chioma limitata a 1/3 h evitare di eseguire diradamenti tagli marginali o ad orlo o successivi a gruppi; taglio a buche od a gruppi d'estensione variabile, tenendo in considerazione anche le esigenze economiche, mai comunque oltre 2000 m2; in ambiente basso-montano, se il soprassuolo è ben preparato con i diradamenti si ha una limitata comparsa di nocciolo o di rovi in presenza di distribuzione verticale multiplana eseguire il taglio saltuario; se piccoli collettivi (6-10 alberi), o cespi, asportare l'intero aggregato; se collettivi ampi: taglio marginale iniziando con un taglio di sementazione e proseguendo con tagli secondari durante l'intero periodo di rinnovazione (durata 40-60 anni); oppure taglio ad orlo; oppure taglio a strisce inclinate in direzione del sole, oblique rispetto alla linea di massima pendenza, larghe 1/2 h e lunghe fino a 2 h Tabella. Modalità di esecuzione degli interventi in corrispondenza delle diverse fasi di sviluppo dei popolamenti rispettivamente nelle peccete subalpine e in quelle montane. Roberto del Favero, 2002. 190 Località Indicazioni indice puntuali PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO ns ns Composizione Picea excelsa 5 Composizione Picea excelsa 5 Composizione Picea excelsa 5, Pinus cembra 2 (var.) Composizione Picea excelsa 4, Fraxinus excelsior 2 Composizione Picea excelsa 5 Composizione Picea excelsa 5, Castanea sativa 3, Corylus avellana 2, Fraxinus excelsior 2, Ostrya carpinifolia 2 (var.), Quercus petraea 1 (var.), Tilia cordata 1 (var.), Tilia platyphyllos 1 (var.) (P-s-mnt-m) Alterazioni antropiche e dinamica Nessuna. Stabile mantenendo un’ordinaria gestione. (P-s-ams-x) Alterazioni antropiche e dinamica Nessuna; talvolta pascolo bovino pregresso in genere localizzato. Stabile; possibile una maggiore partecipazione del larice. (P-s-ams-m); P-s-ams-m var. a Sfagni P-s-ams-m var. Pino cembro Alterazioni antropiche e dinamica Nessuna; talvolta pascolo bovino pregresso in genere localizzato. Stabile; possibile una maggiore partecipazione del larice in caso di accidenti. (P--al) Alterazioni antropiche e dinamica Di origine non sempre certa potrebbe essere frutto d'impianti. Possibile evoluzione verso un aceri-frassineto in mancanza di disturbi dovuti ad alluvioni. (P-sc) 39 P-sc var. Altimontana Alterazioni antropiche e dinamica Derivante da interventi di rimboschimento anche se successivamente diffusasi spontaneamente. In linea teorica possibili evoluzioni verso faggete o abieteti (tipo potenziale), in concreto tende a essere bloccata per la facilità con cui si rinnova l’abete rosso rispetto alle altre specie. (P-st) P-sc var. con Ostria P-sc var. dei Suoli acidi Alterazioni antropiche e dinamica L’uomo ha favorito le conifere, in parte spontaneamente presenti, attraverso cure colturali tese ad allontanare le latifoglie. Stabile per presenza di rinnovazione anche dell’abete rosso; possibili contatti o evoluzioni lente verso altre unità sintoniche con le caratteristiche delle stazioni. 39 Gestione ed emergenze Ordinaria gestione; non intensiva nelle aree caratterizzate da maggiore pressione antropica e nelle aree ad elevato valore faunistico. Tagli a scelta e leggeri tagli di sementazione per aumentare i livelli di complessità, regolare il tasso di densità e identificare soggetti da lasciare a invecchiamento indefinito; taglio marginale, ad orlo, a strisce e tagli successivi uniformi. Formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione nei casi di “secondarizzazione” evidente. Gestione ed emergenze Ordinaria gestione ma non intensiva; valorizzazione paesaggistica; pregio faunistico; taglio marginale, ad orlo, a strisce e tagli successivi uniformi; l’attenta gestione dei livelli di densità allontana il soprassuolo dai rischi di shock idrici e rischi fitosanitari. Pregio faunistico. Gestione ed emergenze Ordinaria gestione ma non intensiva; valorizzazione paesaggistica; pregio faunistico; ordinariamente governata a fustaia; taglio marginale, ad orlo, a strisce e tagli successivi uniformi. Pregio faunistico e floristico. Di assoluto valore ecologico le varianti. Gestione ed emergenze Tutela. Valorizzazione paesaggistica; data la limitata superficie dei singoli soprassuoli gli interventi a carico dell'abete rosso non possono che essere su piccola superficie e quindi non influire sul dinamismo naturale. Formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione. Di grande pregio ecologico. Gestione ed emergenze Riqualificazione forestale; ordinariamente governata a fustaia; la riduzione eccessiva della copertura determina l’ingresso di una fase a rovi e nocciolo; scarsi risultati hanno gli interventi d’introduzione artificiale del faggio e soprattutto dell’abete bianco (danni da ungulati) così come quelli di contenimento del nocciolo. Formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione; riqualificazione forestale. Gestione ed emergenze Gestione intensiva finalizzata alla riqualificazione forestale; i tagli d'eliminazione dell'abete rosso se condotti su superfici relativamente ampie facilitano la rinnovazione della conifera, mentre tagli che eliminano lentamente e solo in parte l'abete rosso rischiano di compromettere la crescita delle latifoglie; sconsigliati gli interventi di contenimento del rovo e del nocciolo. Formazione con ridotta stabilità meccanica La gestione di questi soprassuoli in molti casi può risultare molto complessa. Spesso si presentano infatti situazioni con strutture semplificate e densità fuori dalla norma, accompagnate da una marcata acidificazione del substrati. Recenti interventi attuati a Pontedilegno e Temù sono stati indirizzati nella direzione del diradamento basso modulato a seconda delle diverse situazioni in diradamento misto, taglio di sementazione e/o taglio di preparazione. Sono stati tagliati tutti i soggetti “indifferenziati” (alberi che pur avendo la stessa età stadiale del soprassuolo dominante mostrano chiari segni di senescenza precoce), favorendo invece gli alberi migliori e i più stabili. In taluni casi, soprattutto dove è chiaramente necessario intervenire a favore della “stabilità del collettivo”, gli interventi hanno assunto il vero e proprio valore della selvicoltura di qualità adottata negli aceri-frassineti: sono stati infatti scelti dei veri e propri “candidati” da rilasciare all’invecchiamento indefinito (alberi dominanti) cercando di ottenere nel contempo una densità di copertura regolare per favorire il graduale riequilibrio dei substrati verso forme meno acidificate. A tutti gli effetti si tratta di una sorta di leggero taglio di sementazione-preparazione in cui la densità finale dopo il taglio configura un numero di alberi compreso tra 250350/ha. Si ritiene che questo metodo abbia sia benefici economici, perché consente il prelievo di notevoli quantità di legname e non preclude l’eventualità di un taglio finale a fini commerciali, sia benefici ecologico-paesaggistici perché consente la valorizzazione degli alberi a miglior portamento e il mantenimento di un comunque elevato livello di copertura. 191 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione. LARICETI E LARICI CEMBRETI Lariceto primitivo (L-p) Lariceto tipico (L-t) Lariceti Lariceto in successione con abete bianco (L-Aa) Lariceto in successione con pecceta (L-P) Larici-Cembreto primitivo (L-Pc-p) Larici-Cembreto tipico (L-Pc-t) Larici-cembreti Larici-Cembreto con Abete rosso (L-Pc-P) Cembreta (Pc) MODELLO DI FUNZIONAMENTO Megaforbie – Sfagni - Montana A-B-C-D-E Lariceti L-P Ontano verde – Abete rosso - Mesalpica Larici-Cembreti Altimontana (…) I lariceti si presentano con fisionomie differenti: lo strato arboreo è sempre presente ed è sempre dominato dal larice, mentre nel sottobosco si possono avere situazioni molto diverse, quali praterie, formazioni a megaforbie, arbusteti a rododendro e mirtillo ecc. I consorzi forestali che vedono la compartecipazione di larice e cembro sono propri dei distretti ad elevata continentalità (regione endalpica) e a quote comprese tra i 1800 e i 2200 metri (pignatti, 1998). Vegetazioni particolari, spesso relittuali, legate a condizioni bioclimatiche non ottimali, si riscontrano in Valtellina e in Valcamonica. Qui il cembro, spesso confinato in aree impervie difficilmente accessibili, è accompagnato da specie caratteristiche dei loiseleurieti, degli juniperoarctostaphyleti e dei varieti. Cembrete atipiche, con Nardus stricta, sono invece interpretabili come ricolonizzazione in corso di aree pascolate o di recente abbandono. (…) Il larice ha trovato una notevole diffusione rispetto ai suoi ritmi naturali, contestualmente alle cospicue operazioni di rimboschimento ed imboschimento effettuate dall’uomo dal primo dopoguerra fino agli ultimi anni 80 (specie vicariante nei dell’abete rosso). La sua successiva ulteriore diffusione si è inoltre fortemente accentuata grazie alle capacità pioniere del larice che, soprattutto nel caso dei boschi cedui a gestione intensiva, si è rinnovato con ritmi sostenuti. Per tali motivi non di rado si oservano situazioni in cui il larice si presenta con aliquote dominante in ambiti dove in condizioni naturali nemmeno si sarebbe rinnovato. Questo fatto ha causato non pochi problemi nell’attribuzione del tipo di numerosi ambiti soprattutto in ambito submontano (cedui coniferati), ma anche a quote più elevate (Lariceto in successione con pecceta). Nel Parco sono segnalati pressoché tutti i tipi segnalati in regione Lombarda ma per quanto attiene i tipi del Larici-Cembreto si tratta spesso di soprassuoli relitti la cui fisionomia non sempre rispecchia quella tipica di tali boschi. Dal punto di vista cartografico si è fatto riferimento alla Categoria, mantenendo comunque distinto il tipo Lariceto in successione con pecceta per le sue puntuali caratteristiche. Inquadramento tipologico Quest’ampia categoria forestale comprende boschi prevalentemente altimontani e subalpini molto diffusi in ambiente esalpico-endalpico. Il larice, e in misura più contenuta il cembro, rappresentano infatti i naturali vicarianti dell’abete rosso alle quote più elevate. Nel territorio del parco la formazione più rappresentata è il Lariceto tipico (L-t) sia nella sua forma tipica, sia nelle sue variante a Megaforbie, a Sfagni, e Montana. Spesso si tratta di soprassuoli naturali e naturaliformi derivanti da ricolonizzazione arborea di pascoli abbandonati o aree tradizionalmente destinate alla produzione di carbone vegetale; non mancano però espressioni climax di ambiente altimontano. Altrettanto diffusi, alle quote più elevate ed in corrispondenza delle superfici ad orografia mossa, sono i Lariceti primitivi (L-p); si tratta di soprassuoli del tutto analoghi ai precedenti ma caratterizzati da strutture marcatamente irregolari e ritmi di crescita estremamente più lenti (condizionamento topografico-climatico). A quote minori (sotto i 1.800 m) il larice è stato ampiamente diffuso ad opera dell’uomo che, da sempre, ne apprezza le qualità (chioma leggera che non impedisce il pascolo, straordinaria lavorabilità, qualità tecnologiche, ecc.) In questi casi, soprattutto laddove il versante ha subito un sensibile abbandono, si è diffusa la tipologia di Lariceto in successione con Pecceta (L-P), ovvero un’espressione pregressa di ambiente di pecceta. La struttura di questa formazione è decisamente biplana, ma in un tempo relativamente breve tende a divenire "transitoriamente" multiplana a causa della diversa crescita dei soggetti di abete, per poi tornare più marcatamente monoplana, quando l'abete rosso prende decisamente il sopravvento. Quando questi meccanismi avvengono a favore dell’abete bianco, la tipologia descritta è il Lariceto in successione con Abete bianco (L-Aa), assai meno diffusa ma di grande rilevanza forestale. Sotto i 1300 m di quota, fino alla fascia propria di Castagneto (700-900 m), è osservabile la variante montana del lariceto tipico in cui possono essere presenti anche alcune latifoglie, fra cui soprattutto il frassino maggiore e il tiglio. Si tratta di formazioni transitorie, formatesi in condizioni particolari quali: estese frane, aree percorse dal fuoco e da ampi tagli eseguiti in passato. Il confine tassonomico tra i diversi tipi di lariceto è spesso di difficile individuazione perché sono frequenti numerose “formule intermedie”, e soprattutto perché il larice tende a subire l’aggressione da parte di quasi tutte le altre specie forestali (latifoglie e conifere). Quest’ultimo aspetto è particolarmente evidente nei casi in cui il larice sia riconducibile agli impianti artificiali di conifere che interessano ampie porzioni di basso versante o alla consistente diffusione che se ne osserva in molti cedui invecchiati. In questi casi, contrariamente a quanto già osservato per le peccete, dove sono ben indicate espressioni antropogene di soprassuolo, per quanto riguarda i lariceti artificiali non sono state definite tipologie specifiche (vengono classificati come L-t var. Montana). Le formazioni forestali che vedono la partecipazione del cembro nel parco sono meno diffuse rispetto ai lariceti (sono osservabili in maniera pressoché “puntiforme” nella conca dell’Aviolo in comune di Edolo); questo fatto, in ragione dell’elevato valore ecologico-paesaggistico legato al pino cembro, rende il Larici-cembreto primitivo (L-Pc-p), il Larici-Cembreto tipico (L-Pc-t) nella sua forma tipica e nelle sue variante con Ontano verde e Mesalpica, il LariciCembreto con Abete rosso (L-Pc-P) e la Cembreta (Pc), formazioni di assoluto valore naturalistico. Indicazioni gestionali (…) Una volta abbandanato il pascolo si può osservare un abbastanza rapido ingresso di altre specie, diverse soprattutto in relazione alla regione forestale. Così, in quella mesalpica, sotto il larice si insedia e s’afferma facilmente la rinnovazione di abete rosso non essendo limitata, almeno per quanto attiene alla luce, dal piano dominante costituito dal larice (Lariceto in successione con pecceta). La struttura di questa formazione è decisamente biplana, ma in un tempo relativamente breve tende a divenire “transitoriamente” multiplana a causa della diversa crescita dei soggettivi abete, per poi tornare più marcatamente monoplana, quando l’abete rosso prende decisamente il sopravvento. Quando questa successione avviene, invece che con l'abete rosso, con l'abete bianco sia ha la variante in successione con abete bianco del lariceto tipico. (…) In linea del tutto generale possiamo osservare che, trattandosi perlopiù di soprassuoli altimontani e subalpini ad elevato valore paesaggistico-ecologicoidrogeologico, la loro gestione deve rispondere a schemi prevalentemente conservativi e/o comunque a forme di selvicoltura che non ne alterino i delicati processi dinamici40. Nel caso specifico delle L-P, la gestione forestale è certamente condizionata da ritmi evolutivi che prevedono una più o meno repentina progressione verso la categoria della Peccete. Si può tuttavia osservare che, in riferimento ai pregi ecologico-ambientali derivanti dalla mescolanza tra larice e abete rosso (soprattutto in termini idrogeologici per le note peculiarità consolidanti del larice, ma anche in termini ecologico-paesaggistici), non sono da suggerire interventi intensivi. Nel caso infine dei L-C, occorre prevedere regimi di tutela puntuale, ricordando a tal proposito che il cembro è “specie obiettivo”. 40 Molti lariceti del Parco dell’Adamello rappresentano una sorta di lunga fase di ricolonizzazione arborea di aree degradate (ambiti franosi, pascoli, ecc). Pertanto la loro apparente stabilità è riconducibile ai lunghi cicli del larice stesso ma non è identificabile in una sostanziale fase climax. Nei programmi di gestione dei lariceti quindi occorre avere la giusta cautela per evitare che i delicati meccanismi di evoluzione vengano alterati sia in senso regressivo (ritorno a condizioni degradate), sia in senso progressivo (taglio intensivo del larice a favore di altre specie: abete rosso, pino silvestre, ecc). 192 Località indice Indicazioni puntuali PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Lariceto tipico (L-t). Gestione ordinaria non intensiva, valorizzazione paesaggistica, tutela delle varianti. Lariceto primitivo (L-p). Libera evoluzione naturale. Lariceto in successione con Pecceta (L-P). Favorire interventi di rallentamento della progressione verso la pecceta. (…) Nelle situazioni in cui vi è una maggiore partecipazione dell'abete rosso sembrano, invece, sconsigliabili gli interventi tesi ad accelerare i processi evolutivi, attraverso tagli di sgombero del larice per creare spazio alla rinnovazione di abete rosso (CROSIGNANI e MAZZUCCHI, 1996).La conservazione del larice sembra, infatti, opportuna per motivi di ordine economico (il legname di larice è spesso preferito a quello di abete rosso), per esigenze paesaggistiche e, infine, secondo ott (in verbis), per conservare una certa libertà decisionale. Infatti, favorendo la pecceta difficilmente si potrà ritornare ad un lariceto, mentre conservando quest'ultimo sarà sempre possibile decidere di optare a favore della pecceta che, fra l'altro, presenta maggiori problemi di stabilità meccanica. Lo stesso Ott, come unico intervento di cura, consiglia di eliminare gli individui di abete rosso troppo sviluppati che tendono a far innalzare la chioma dei sovrastanti larici. Infatti, affinché quest'ultimi abbiano una buona stabilità ed elevate produzioni, sia di legno e sia di seme, devono conservare la chioma da metà ad almeno un terzo della lunghezza del fusto (…) Larici-Cembreti. Libera evoluzione naturale. L’intera cornice arborea altimontana che dall’Adamello percorre il perimetro del Parco fino alla Valle del Gaver a Breno, è caratterizzata dalla presenza di larici secolari di aspetto monumentale. Lariceto monumentale di località Conca Zumella-Volano a Paspardo e Cimbergo. Lariceto monumentale di località Foppe a Braone. In località Madonnina a Niardo, nella parte più alta del versante, è osservabile un soprassuolo che presenta le caratteristiche proprie di Lariceto in successione con abete bianco. Di grande interesse storico-culturale sono inoltre i numerosi lariceti di origine artificiale risalenti agli anni 30 in piena epoca fascista e spesso contraddistinti dall’acronimo “Bosco dell’Impero” (località Pezzo a Pontedilegno e località Bazena a Breno). I lariceti artificiali sono stati molto diffusi anche nel secondo dopoguerra, e soprattutto a quote inferiori sia a scopo protettivo (lariceto del Dosso Croce a Berzo Demo), sia a scopo produttivo (arboricoltura da legno lariceto delle Campanine a Cimbergo). Nella Conca dell’Aviolo in comune di Edolo, sono osservabili le uniche espressioni di Larici-Cembreto del Parco. Composizione Larix decidua 3, Betula pendula 2, Picea excelsa 2 Composizione Larix decidua 5, Corylus avellana 4, Betula pendula 2, Populus tremula 2, Abies alba 3 (var.), Castanea sativa 1 (var.), Fraxinus excelsior 1 (var.), Quercus petraea 1 (var.) Composizione Larix decidua 4, Picea excelsa 2 Composizione Larix decidua 3, Pinus cembra 3 Composizione Larix decidua 4, Pinus cembra 3, Alnus viridis 2 (var.) Composizione Pinus cembra 4, Larix decidua 3, Picea excelsa 3 Composizione Pinus cembra 4 Lariceto primitivo (L-p) Alterazioni antropiche e dinamica Nessuna. Stadio durevole per condizionamenti edafici. Lariceto tipico (L-t) L-t var. Montana L-t var. a Megaforbie L-t var. a Sfagni Alterazioni antropiche e dinamica In passato spesso conservata artificiosamente in purezza per consentire un uso multiplo (pascolo e produzione di legno). Stabile, nel breve periodo, raramente evolve verso la pecceta. Lariceto in successione con Pecceta (L-P) Alterazioni antropiche e dinamica Spesso attività pregresse di pascolo o di sfalcio dell’erba. Rapida evoluzione verso uno dei tipi di pecceta. Larici-cembreto primitivo (L- Pc -p) Alterazioni antropiche e dinamica Stabile Larici-Cembreto tipico (L- Pc -t)41 L-t var. con Ontano verde L-t var. a Mesalpica Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; possibile futura espansione per ricolonizzazione dei pascoli Larici-Cembreto con Abete rosso (L- Pc -P) Alterazioni antropiche e dinamica Progressiva evoluzione verso una pecceta Cembreta (Pc) Alterazioni antropiche e dinamica Stabile; possibile ingresso lento del larice Gestione ed emergenze Libera evoluzione naturale.. Gestione ed emergenze La gestione forestale, prevalentemente nei lariceti di medio versante può essere attuata secondo gli schemi classici della selvicoltura purché attuati in forme non intensive (valorizzazione paesaggistica). Formazione di pregio paesistico; la conservazione è favorita dall'abbandono della gestione ordinaria e dall'adozione di particolari accorgimenti di cura volti a migliorare le caratteristiche dei larici (allontanamento degli abeti vicini ai larici migliori e cure nelle situazioni troppo dense). Gestione attenta dei lariceti artificiali evitando di accelerare i processi evolutivi del soprassuolo; pregio floristico delle varianti Gestione ed emergenze Gestione produttiva secondo gli schemi classici della selvicoltura; sconsigliabili gli interventi di eliminazione del larice (conservazione di elementi stabilizzanti, possibilità di rimandare ad un successivo momento la scelta di accelerare l’evoluzione); nessuna emergenza significativa. Gestione ed emergenze Libera evoluzione naturale (pregio tipologico) Gestione ed emergenze Libera evoluzione naturale (pregio tipologico; pregio faunistico per la var. con Ontano verde) Gestione ed emergenze Lasciare alla libera evoluzione tipologico) naturale (pregio Gestione ed emergenze Lasciare alla libera evoluzione tipologico) naturale (pregio MODELLO DI FUNZIONAMENTO ALNETI 41 A-B-C-D-E Questa tipologia è rilevabile solo in aree puntiformi a ridosso dei Laghi d’Avio, soprattutto nella sua Variante con Ontano verde, i parametri biometrici e gestionali riportati assumono pertanto significato unicamente informativo. 193 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Alneto di ontano verde (Al-v) Alneto di ontano nero d’impluvio (Al-g-i) Alneto di ontano bianco (Al-i) Alnete Alneto di ontano verde Alneto di ontano nero d’impluvio Alneto di ontano bianco Inquadramento tipologico Indicazioni gestionali La gestione di questi soprassuoli risponde pressoché esclusivamente a necessità di tutela e valorizzazione. (…) Nel complesso gli alneti costituiscono delle formazioni forestali di elevato valore naturalistico e di particolare interesse storico-paessagistico, in quanto lembi residuali di ben più vaste superfici forestali ridotte nell'ultimo secolo dall'espansione delle colture agrarie intensive. Diviene, quindi, prioritario nella loro gestione conservarne la presenza che d'altra parte non è difficile grazie alla generale facilità con cui avviene la rinnovazione sia agamica sia gamica. Da sconsigliare sono gli eventuali interventi, peraltro spesso fallimentari, tesi ad eliminare gli ontani per recuperare, anche solo a fini paesaggistici, i pascoli di bassa quota (MENGUZZATO, 1976). Da ben valutare sono anche gli eventuali interventi d'eliminazione degli alneti in aree ad alto rischio idraulico, mentre in queste zone sono sempre opportuni i tagli per allontanare i soggetti di abete rosso che talvolta entrano in queste formazioni Anche gli alneti di ontano verde pongono alcuni particolari problemi gestionali. In primo luogo si può segnalare che, in generale, nessun affidamento in termini evolutivi può essere riposto sui soggetti sparsi di larice, talvolta presenti. Viceversa, alle quote inferiori e nelle situazioni più favorevoli, dove l'alneto è presente da lungo tempo e i soggetti risultano “spogliati” nella parte basale a causa dell'eccessiva copertura, si può notare un limitato ingresso del larice e dell'abete rosso che fa supporre una certa propensione evolutiva della formazione, almeno là dove cessino o non sussistano i fenomeni valanghivi, anche su piccola superficie. Considerando la spontanea capacità ricolonizzatrice dell'ontano verde, non sono consigliabili i tentativi di allargare artificialmente la sua area di diffusione. Poco opportuni appaiono anche gli interventi tesi ad introdurre artificialmente nell'alneto le conifere, operazioni spesso destinate al fallimento, sia per la scarsa attitudine dei siti al rimboschimento e sia per l'elevata capacità competitiva dell'ontano. Inoltre, è opportuno ricordare che quest'alneto contribuisce a movimentare il paesaggio e ad ospitare interessanti entità floristiche e faunistiche (COLPI e MASUTTI, 1984; BOTTAZZO e DE FRANCESCHI, 1996), per cui il suo "coniferamento" non risulta auspicabile (…) ns Località indice Le formazioni caratterizzate dalla significativa presenza di specie del gen. Alnus sono molto diffuse nel Parco e la tipologia certamente più rappresentata è l’Alneto di ontano verde (Al-v), i cui arbusteti rappresentano la formazione forestale dominante in ambiente subalpino; ben rappresentate ma sempre relegati in piccoli lembi boscati a margine di aste fluviali e di prati umidi di fondovalle, sono inoltre le formazioni dell’Alneto di ontano nero d’impluvio (Alg-i), dell’Alneto di ontano nero tipico (Al-g-t) e dell’Alneto di ontano bianco (Al-i). (…) Esse, in buona parte, derivano da processi di ricolonizzazione di prati e pascoli di bassa quota in cui l'attività alpicolturale avveniva solitamente prima e dopo la monticazione. Si tratta per lo più di ambienti non interessati da ristagni idrici, ma dove l'acqua corrente è molta, sia in superficie e sia nei primi strati del suolo. Nello strato arboreo, oltre all'ontano bianco, sono presenti occasionalmente il frassino maggiore, l'acero di monte, il faggio e, soprattutto nella regione endalpica, l'abete rosso. Quest'ultimo tende a diffondersi sotto la copertura dell'ontano e alla lunga potrebbe prendere il sopravvento, creando, qualora l'invasione avvenisse in vicinanza di alvei, non pochi problemi all'efficienza idraulica di queste zone. In generale, l'alneto di ontano bianco può ritenersi, a meno del ripetersi di frequenti ringiovanimenti del suolo, una fase transitoria verso l'aceri-frassineto o verso la pecceta azonale su alluvioni (…) Tipologie Gli ontani sono molto diffusi sull’intero territorio del Parco e, oltre alle diffuse ed estese Alnete di verde, sono rilevabili anche più o meno circoscritti tipi di Alneta di ontano bianco e Alneta di ontano nero. Alnete di ontano nero di Loa a Berzo Demo. Composizione Alnus viridis 5 Composizione Alnus incana 5, Acer pseudoplatanus 2, Fraxinus excelsior 2 Composizione Alnus glutinosa 5, Corylus avellana 2 Composizione Alnus glutinosa 5, Corylus avellana 2 Alneto di ontano verde Alterazioni antropiche e dinamica Pregressa attività pascoliva. Evoluzione verso cenosi boschive più mature (lariceti, peccete, cembrete) impedita dai ricorrenti fenomeni valanghivi. Alneto di ontano bianco Alterazioni antropiche e dinamica Spesso sostituito da aree destinate al pascolo nelle stagioni intermedie. Quelli esalpici e mesalpici tendono lentamente ad evolvere verso gli aceri-frassineti; quelli endalpici sono lentamente invasi da singoli soggetti di abete rosso. Alneto di ontano nero d’impluvio Alterazioni antropiche e dinamica Spesso sostituito da prati e pascoli di bassa quota; relativamente stabile con possibili lente evoluzioni a seconda della quantità di specie minoritarie presenti. Alneto di ontano nero tipico Alterazioni antropiche e dinamica Stabile. MUGHETE Gestione ed emergenze Da lasciare alla libera evoluzione naturale (da sconsigliare interventi di taglio dell’ontano per il recupero di aree pascolive e radure a favore della fauna). Pregio faunistico; lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali. Pregio tipologicovegetazionale; la conservazione è favorita dall'abbandono Gestione ed emergenze Interventi di valorizzazione tipologica; non ordinariamente gestita. Pregio tipologico-vegetazionale; la conservazione è favorita dall'abbandono. Valorizzazione paesaggistica Gestione ed emergenze Pregio tipologico-vegetazionale; la conservazione è favorita dal mantenimento di un'ordinaria gestione selvicolturale Gestione ed emergenze Pregio tipologico-vegetazionale; la conservazione è favorita dal mantenimento di un'ordinaria gestione selvicolturale; formazione con ridotta stabilità meccanica potenziale; sono consigliati interventi di stabilizzazione; in aree di pregio faunistico (garzaie) può essere adottata una matricinatura del ceduo intensa, fino a 200 soggetti per ettaro e/o impiegato un approccio planimetrico-spartitivo con alcune varianti MODELLO DI FUNZIONAMENTO 194 ns PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Mughete Mugheta mesoterma (Pm-ms) Mugheta microterma dei substrati carbonatici (Pm-mc-c) Mugheta microterma dei substrati silicatici (Pm-mc-s) Suoli decalcificati Sfagni Mughete (…) Le mughete in Lombardia sono relativamente diffuse andando ad occupare ambienti anche notevolmente diversi dal punto di vista climatico, ma non edafico. Si tratta, infatti, in tutti i casi di formazioni tipiche di suoli superficiali formatisi su alluvioni e/o detriti di falda lungo versanti più o meno acclivi (regosol e leptosol). (…) Nel Parco le mughete si localizzano a quote molto elevate (ai limiti della vegetazione arborea), in situazioni marcatamente detritiche e/o comunque caratterizzate da una sostanziale variabilità geolitologica (conoidi e porzioni basali delle rupi). Per tale motivo si è deciso di adottare anche in questo caso una rappresentazione cartografica riferita alla Categoria. Si possono osservare Mugheta microterma dei substrati carbonatici (Pm-mc-c), sia nella sua forma tipica che nella variante dei Suoli decalcificati, e la Mugheta microterma dei substrati silicatici (Pm-mc-s) che nella sua forma tipica che nella preziosa variante a Sfagni. A quote comprese tra i 1.300-1.700 m è presente e sporadica la Mugheta mesoterma (Pm-ms). Per ovvi motivi la gestione di questi soprassuoli deve rispondere alle logiche della libera evoluzione naturale, rafforzata da indirizzi di gestione volti all’assoluta protezione e tutela per motivi naturalistici. Composizione Pinus mugo 5, Larix decidua 2 Composizione Pinus mugo 5 Composizione Pinus mugo 5, Larix decidua 2 Mugheta mesoterma Alterazioni antropiche e dinamica Stadio durevole per condizionamento edafico Mugheta microterma dei substrat silicatici Alterazioni antropiche e dinamica Pregressa attività pascoliva. Evoluzione verso cenosi boschive più mature (lariceti, peccete, cembrete) impedita dai ricorrenti fenomeni valanghivi. Mugheta microterma dei substrati carbonatici Alterazioni antropiche e dinamica Stadio durevole per condizionamento edafico FORMAZIONI PARTICOLARI Saliceto di ripa Saliceto di greto Saliceto a Salix cinerea Formazioni Saliceto a Salix caprea particolari Formazioni di pioppo tremulo Formazioni di sorbo degli uccellatori Formazioni di maggiociondolo alpino Gestione ed emergenze Lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali; formazione con elevato valore pirologico Gestione ed emergenze Lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali. Formazione con elevato valore pirologico; var. a sfagni: pregio tipologico-vegetazionale. Gestione ed emergenze Lasciata all’evoluzione naturale per limiti stazionali; formazione con elevato valore pirologico MODELLO DI FUNZIONAMENTO ns Formazioni ripariali Vedi “Formazioni caotiche” In questa categoria sono inclusi piccoli lembi boscati stabili perlopiù costituiti da specie del genere Salix. Nel territorio in esame si tratta di formazioni più o meno frastagliate la cui importanza assume connotati preziosi per il mantenimento dei cosiddetti “corridoi ecologici” (formazioni di margine). Questi soprassuoli raramente superano estensioni di 1000-2000 mq e pertanto la loro gestione cartografica è risultata estremamente difficoltosa, tanto da suggerire di includere queste formazioni nella categoria delle Formazioni caotiche. Tale semplificazione non dev’essere tuttavia interpretata nell’ottica di una sorta di declassamento di tali soprassuoli, ricordanto a tal propostico che si tratta di ambiti per i quali le linee di indirizzo gestionale del Parco prevedono regimi di tutela e salvaguardia pressoché assoluti. Saliceto di ripa (Sx-r) Saliceto di greto (Sx-g) Saliceto a Salix cinerea Saliceto a Salix caprea Formazioni di pioppo tremulo (Pp-t) Formazioni di sorbo degli uccellatori (Sb) Descrizione. Si tratta di consorzi vegetazionali più o meno stabili in cui l’elemento arboreo di maggior rilievo e certamente identificabile nella presenza di Salix alba e Populus nigra. La loro importanza forestale si può riassumere in tre punti principali: - Valore ecologico. Formazioni riparie di grande valore floristico (stazioni di Equisetum e Arundeti) e faunistico (anfibi, fauna ittica, avifauna acquatica e migratoria, ecc.). - Valore idrogeologico. Trattandosi di formazioni durevoli inserite nel sistema dinamico dell’asta fluviale costituiscono un elemento certo di stabilizzazione dell’alveo. - Valore paesaggistico. Si tratta di “boschi di fondovalle” cresciuti a ridosso delle aree artigianali e degli insediamenti abitativi per cui assumono un importante significato di “tamponi verdi”. Modello di funzionamento (B+C+D). Libera evoluzione naturale (pregio paesaggistico, idrogeologico e faunistico; tutela e valorizzazione). Interventi di riqualificazione a scopo paesaggistico (creazione di “percorsi verdi”) e di riqualificazione fisionomico-strutturale per il contenimento dell’eventuale sovrapposizione con i robinieti e l’allontanamento di piante esotiche invasive (Ailantus altissima, Buddleja Davidii). Descrizione. Formazioni arbustive riparie molo diffuse lungo gli argini fluviali e caratterizzate dalla pressoché dominante presenza di Salix eleagnos e Salix purpurea. Sono inclusi anche in questa tipologia anche i preziosi microlembi di saliceto a Salix foetida delle torbiere del Tonale. Modello di funzionamento (B+C+D). Libera evoluzione naturale (pregio idrogeologico, tamponi verdi); di enorme rilevanza ambientale sono i lembi residui di saliceti (salix fetida, Salix nigricans e Salix appendiculata nelle Torbiere del Tonale). ns Descrizione. Il salicone è una specie tipica nei processi di ricolonizzazione delle superfici forestali “nude” ma può anche costituire formazioni a maggior durata (impluvi con falde freatiche superficiali ma non affioranti). Il saliceto rappresenta in ogni caso una fase determinante nell’evoluzione dell’ecosistema forestale per cui dev’essere oggetto di particolare tutela. Nell’area in esame questa formazione è variamente presente su tutto il territorio ma si segnala anche in forma estesa a ridosso delle malghe Campadelli e Ferone. Modello di funzionamento (B+C+D). Libera evoluzione naturale (pregio idrogeologico, ecologico, faunistico, forestale, ecc). Descrizione. Il pioppo tremulo, così come il salicone e la betulla, assume un’importanza primaria nei processi di ricolonizzazione delle superfici forestali “nude” per le notevoli qualità della lettiera che produce (ricca di azoto e facilmente degradabile). Si tratta di formazioni tipicamente poco durevoli e mai estese per le quali occorre prevedere assoluta salvaguardia. Modello di funzionamento (D). Libera evoluzione naturale (elevata resistenza al fuoco, pregio paesaggistico e floristico; salvaguardia del pioppo nelle situazioni in cui partecipa come specie accessoria nelle altre formazioni). Molto fragile al vento. Descrizione. Il sorbo degli uccellatori, spesso accompagnato dal suo equivalente montano (Sorbus aria) e da altre specie ad attitudine prevalentemente pioniera (Betula pendula, Larix decidua, Rosa canina, Populus tremula, ecc.), si può trovare 195 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO Formazioni di maggiociondolo alpino (Mc) anche in “microformazioni forestali” stabili (in alcuni casi anche estese). Si tratta di soprassuoli molto rari per i quali occorre prevedere rigidi regimi di salvaguardia e tutela (enorme valore paesaggistico ed ecologico). Modello di funzionamento (A+D). Libera evoluzione naturale (pregio paesaggistico e faunistico; salvaguardia del sorbo nelle situazioni in cui partecipa come specie accessoria nelle altre formazioni). Descrizione. Sporadica nelle aree più a sud del parco. Modello di funzionamento. ns. FORMAZIONI ANTROPOGENE E IMPIANTI ARTIFICIALI DI CONIFERE A questa categoria appartengono tutti quei tipi di bosco la cui origine è strettamente legata all’azione dell’uomo che ha favorito, soprattutto attraverso operazioni di rimboschimento localizzate e/o irrazionali operazioni di taglio, l’affermarsi di specie esotiche e/o specie forestali al di fuori del proprio areale vegetativo. Nel territorio in esame sono rilevabili numerosi tipi di derivazione antropogena tra cui il Robinieto misto (R-m) e il Robinieto puro (R-p), oltre agli Impianti artificiali di conifere (Art). ROBINIETI Formazioni antropogene MODELLO DI FUNZIONAMENTO Robinieto puro (R-p) Robinieto misto (R-m) Robinieto Laddove nelle situazioni di versante si sono osservate forme di gestione intensiva del bosco ceduo, si assiste a non infrequenti ingressi di robinia che, sfruttando la propria capacità di diffusione agamica tende progressivamente ad imporre la propria dominanza. Qualora non si preveda il recupero dei vecchi terrazzi dell’agricoltura tradizionale per finalità paesaggistiche, queste formazioni dovranno essere gestite prevedendo il progressivo invecchiamento della robinia che solo dopo i 30 anni esaurisce la propria facoltà di riproduzione agamica (polloni radicali) lasciando spazio alle latifoglie autoctone. Particolare attenzione inoltre dovrà essere comunque adottata per la gestione forestale delle tipologie contigue a queste superfici in quanto la robinia spesso giova in maniera determinante di tagli intensivi anche per piccole superfici (oltre al carattere fortemente pioniero, la robinia è spiccatamente eliofila). I tagli dei castagneti, dei querceti e delle atre formazioni a contatto con il robinieto dovranno quindi essere sempre effettuati prevedendo di mantenere un buon tasso di copertura. La robinia – Robinia pseudoacacia rappresenta una tra le specie esotiche attualmente più diffuse nelle aree agricole abbandonate di fondovalle. Questo fatto è ben osservabile anche nel territorio del parco dove, sta “invadendo” sempre maggiori lembi di superfici soprattutto marginali agli ambiti agrari (terrazzamenti). (…) Per quanto concerne la gestione dei robinieti, la capacità di questa specie di formare boschi puri è legata ad un regime di tagli frequenti e a raso, condizione che è verificata appunto nel governo a ceduo. Se il taglio non è effettuato troppo oltre il turno consuetudinario (non più di 20-25 anni), viene mantenuta la vitalità e la sua aggressività nei confronti delle altre specie arboree nonché la sua capacità d'espandersi. Nel caso il robinieto abbia un'età superiore si assiste ad una forte competizione intraspecifica che porta ad una riduzione del numero di individui a 300-800 soggetti a ettaro e alla formazione, nelle situazioni migliori, di una sorta di fustaia da polloni oppure, in quelle peggiori, al collasso del popolamento. In questa fase, se vi è la disponibilità del seme, si verifica l'ingresso con possibilità di sviluppo delle specie autoctone. BERNETTI (1995), MONDINO e SCOTTA (1987) e MONDINO e altri (1997) segnalano, in popolamenti anche non troppo invecchiati della Collina di Torino (oltre 20 anni, se vi sono più di 2000 soggetti per ettaro con diametro medio superiore a 15 cm), la comparsa sotto copertura dell'acero montano, di quello riccio e dell'olmo montano. (…) Robinieto misto (R-m) Robinieto puro (R-p) Composizione Robinia pseudacacia 5, Sambucus nigra 2 Composizione Robinia pseudacacia Quercus pubescens Corylus avellana Celtis australis Fraxinus excelsior Carpinus betulus Quercus petraea Castanea sativa 2 A-B-C-D-E 4, 3, 3, 2, 2, 2, 2, Alterazioni antropiche formazione di origine antropica anche se successivamente diffusasi spontaneamente Alterazioni antropiche formazione di origine antropica anche se successivamente diffusasi spontaneamente Robinieti Dinamica stabile, almeno nel medio periodo Dinamica lenta evoluzione verso l’ornoostrieto IMPIANTI ARTIFICIALI DI CONIFERE Gestione la ceduazione favorisce l’attuale composizione tendendo ad espandere spazialmente la formazione; Emergenze ns Gestione la ceduazione ristabilisce la netta prevalenza della robinia pregiudicando la sua sostituzione; inutili sono anche gli interventi di cercinatura Emergenze ns MODELLO DI FUNZIONAMENTO ns Per quanto attiene infine gli Impianti Artificiali di Conifere, vale invece quanto già citato in precedenza in merito alla decisione di attribuirli comunque alla categoria corrispondente più verosimile (vedasi il tipo Peccete di sostituzione). Occorre inoltre sottolinerare che nel Parco sono assai rari e circoscritti gli impianti effettuati con conifere esotiche (ad eccezione della Pineta di pino strobo della Croce di Sonico). FORMAZIONI CAOTICHE Formazioni caotiche MODELLO DI FUNZIONAMENTO E Formazioni caotiche montane e submontane Formazioni caotiche altimontane e subalpine Formazioni caotiche montane e submontane Formazioni caotiche altimontane e subalpine Come abbiamo già più volte osservato in precedenza, nel Parco sono molto diffusi soprassuoli caratterizzati da marcato disordine fisionomico-strutturale di difficile classificazione tipologica. Al fine di evitare attribuzioni forzose, basate più su valutazioni di merito della tipologia “potenziale” che non sul dato reale, si è preferito inserire questi soprassuoli in un’unica grande categoria denominata Formazioni caotiche. Dal punto di vista cartografico sono state distinte due grandi tipologie in relazione alla fascia altitudinale in cui si collocano: Formazioni caotiche montane e submontane (a quote inferiori a 1.350 m) e Formazioni caotiche altimontane e subalpine (a quote superiori a 1.350 m). In questo modo si è ritenuto di rendere più agevole la lettura gestionale dei due tipi di bosco distinguendo in maniera sostanziale due situazioni tra loro estremamente diversificate: nel primo caso si tratta infatti 196 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO di soprassuoli il cui “disordine” tipologico è prevalentemente attribuibile a cause di tipo gestionale (tagli irrazionali del medio basso versante), mentre nel secondo caso il disordine può essere invece più verosimilmente ricondotto a condizionamenti di tipo naturale (difficoltà climatiche ed orografiche). Vediamo alcune situazioni tipiche di entrambe le tipologie: - Cedui a gestione occasionale. Abbiamo già più volte osservato come, nei casi di gestione occasionale e/o intesiva dei boschi cedui del Castagneto o dell’OrnoOstrieto, molte formazioni montane e submontane di latifoglie siano spesso caratterizzate da marcato disordine fisionomico-strutturale, spesso accentuato da fenomeni consistenti di coniferamento. Possiamo generalizzare alcuni esempi: - - - Soprassuoli giovani con porzione del ceduo in fase attiva. È possibile ipotizzare una valorizzazione del bosco ceduo ma subordinata a: - deconifermento a scapito dell’abete rosso e dei pini esotici (lo sgombero del larice, non essendo questi una specie antagonista e costituendo altresì un prezioso volano di stabilità, assume caratteri meno urgenti); - rilascio delle latifoglie diverse dal castagno; - valorizzazione delle specie accessorie (ginepro, pino silvestre, arbusti bacciferi, ecc.); - interventi di taglio e cura del castagno in regressione (taglio sul nuovo). Soprassuoli invecchiati con porzione del ceduo in regressione. Il mantenimento di buoni livelli di copertura è una condizione necessaria per invertire la fase di regressione e scongiurare lo stabilizzarsi dei rovi (evitare di aprire troppo il soprassuolo con la scusa di asportare le conifere). Nei casi di buona densità di latifoglie a discreto portamento (cedui invecchiati), rilascio delle sole conifere a portamento migliore possibilmente a piccoli cespi. Garighe e aree invase dal rovo. Le situazioni più degradate, soprattutto dove si sono ripetuti successivi incendi, si consolidano in garighe e/o superfici nettamente dominate dai rovi. In questi casi è molto difficile proporre una standardizzazione di indirizzo gestionale almeno fino a quando non siano osservabili i primi segnali di reingresso naturale di specie arboree. - Ricolonizzazione arborea di ambiti agricoli abbandonati. Sono stati inclusi in questa categoria anche i soprassuoli caotici formatisi a seguito di ricolonizzazione arborea dei numerosi ambiti agrari abbandonati (prati terrazzati, segaboli, ecc.). Si tratta di una situazione molto diffusa soprattutto nel medio basso versante del Parco nettamente distinta dalle situazioni meglio definite di ricolonizzazione arborea in Corileti, Robinieti e Aceri-Frasssineti. In molti casi infatti la ricolonizzazione di queste aree è casuale e confusa e non riesce ad indirizzarsi in nessuna forma riconoscibile di soprassuolo 42. La gestione forestale di queste situazioni deve tener conto ovviamente delle eventuali necessità di recupero della produzione agricola e/o dei terrazzamenti in genere e, pertanto, può anche prevedere operazioni di taglio a raso e decespugliamento, rilasciando eventualmente solo gli alberi con elevata funzione paesaggistica quali il ciliegio, l’acero campestre, l’olmo e le specie fruttifere a portamento arbustivo. Negli altri casi sarebbe invece opportuno prevedere la libera evoluzione naturale almeno fino a quando non sia riconoscibile l’ossatura di un eventuale tipologia meglio codificata. Tale necessità è particolarmente indicata soprattutto dove sussiste il rischio di ingresso massivo di ailanto o il consolidamento in robinieto. - Formazioni altimontane. Alle quote più elevate a causa dei naturali condizionamenti orografici ed edafici, ed in corrispondenza di numerose aree pascolive abbandonate, i soprassuoli assumono forme estremamente variabili e non di rado si osservano sovrapposizioni marcate tra le formazioni proprie delle conifere e quelle delle latifoglie. La gestione forestale di queste situazioni ovviamente dev’essere orientata perlopiù in ottiche di tipo conservativo (libera evoluzione naturale), fatta eccezione per quegli interventi pianificati di recupero e valorizzazione delle aree a pascolo attivo. - In questa categoria, sono state inserite anche le Formazioni particolari del pioppo tremolo, del salicone, del maggiociondolo e del sorbo degli uccellatori che sono presenti sul territorio del Parco con formazioni diffuse ma estremamente circoscritte (raramente superiori ai 1.000 mq). Anche in questo caso la gestione forestale è orientata in ottiche di pressoché esclusiva valorizzazione (libera evoluzione naturale). 42 Una situazione molto interessante ma ancora poco conosciuta in bibliografia, riguarda l’attitudine dell’olmo montano a ricolonizzare i prati terrazzati abbandonati fino a formare microsoprassuoli anche di una certa estensione. Nel parco tale situazione è facilmente osservabile nei comuni di Paspardo, Ceto e Cimbergo. 197 PIANO DI SETTORE CON VALENZA DI PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE PER LE FORESTE DEI COMUNI DI INCUDINE-VEZZA D’OGLIO-VIONE-TEMÙ-PONTEDILEGNO COMPRESE NEL PARCO DELL’ADAMELLO CARTOGRAFIA 1. Carta degli elementi Antropici e degli Alpeggi (scala 1:20.000) 2. Carta dell’Uso del Suolo (scala 1:20.000) 3. Carta delle tipologie Forestali (scala 1:20.000) 4. Carta delle Attitudini e Funzioni Prevalenti (scala 1:20.000) 5. Carta delle Trasformazioni e delle aree trasformabili(scala 1:20.000) 6. Carta del Rischio d’Incendio (scala 1:20.000) 7. Carta della rete ecologica locale (scala 1:20.00) 198