il manifesto - quotidiano comunista

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POLITICA & SOCIETÀ
11/11/2007
Dialogo, Fini e Casini dicono
sì
DANIELA PREZIOSI
Roma
«G8, la Cosa rossa ha detto
sì» L'affondo di Sinistra critica
Roma
Segretari regionali Pd, gran
debutto con rissa
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Per Veltroni un proporzionale
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MATTEO BARTOCCI
Roma
«Non fidiamoci del genio del
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ANDREA FABOZZI
Racket, Palermo tenta la
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MASSIMO GIANNETTI
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«Verità e giustizia per
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EMANUELE GIORDANA
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Romena assassinata in una
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M.CA
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Roma, fermato corteo anti-rom
E. MA.
Roma
10/11/2007
Prodi tiene, la destra no
Berlusconi sotto accusa
A. FAB.
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Why not, «no al reclamo del
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SARA MENAFRA
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Veltroni chiama e trova l'Udc
MICAELA BONGI
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Roma
«Meglio lavorare in Romania»
CINZIA GUBBINI
Inviata a Bucarest
«Sono tutti così». Quando il
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ANDREA BAJANI
«Attirati da un'economia in
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CI. GU.
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Bufere eccezionali, nord
Europa sott'acqua
ALBERTO D'ARGENZIO
politica & società
il manifesto del 11 Novembre 2007
PUBBLICITÀ
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Racket, Palermo tenta la rivolta
Nel capoluogo siciliano nasce la prima associazione anti pizzo. Il battesimo al teatro Biondo
tra mille persone in ricordo di Libero Grassi. «Un momento che aspettavamo da sedici anni»
MASSIMO GIANNETTI
Palermo
L'isola che non c'è, come recitano le note della bellissima canzone di Bennato
che rimbombano tra gli stucchi di un Teatro Biondo gremito all'inverosimile, è
forse meno lontana di quanto si creda. Il cammino, sottolineano un po' tutti
quelli che intervengono, è ancora lungo, ma il primo passo, il battesimo di fuoco
della prima associazione antiracket nata a Palermo, non poteva essere accolto
da migliori auspici.
Nello storico teatro di via Roma, dove nel 2005 fallì clamorosamente un altro
simile tentativo, questa volta è rimasta vuota soltanto una poltrona, quella del
sindaco Diego Cammarata. Il primo cittadino di Forza Italia ha dato forfait, ma la
sua assenza, benché grave e dunque salutata da un sacrosanto coro di fischi,
non stata però la cosa più importante della giornata. Una «giornata storica» la
definisce Tano Grasso, presidente onorario della Fai (Associazione antiracket
italiana) promotore dell'iniziativa insieme ai giovani di Addiopizzo. Nel parterre,
tra le sedie delle autorità, ci sono il capo della procura nazionale antimafia
Pietro Grasso, il questore e il prefetto di Palermo, i comandanti provinciali dei
carabinieri e della guardia di finanza, magistrati della Dda, dirigenti di
Confindustria, Confesercenti e Lega delle cooperative, sottosegretari, il
presidente della commissione parlamentare antimafia Forgione e qualche
politico. Ma gli occhi dei mille cittadini comuni (molti giovani) sono puntati
soprattutto verso i veri protagonisti della giornata, ossia quei commercianti e
imprenditori che hanno avuto il coraggio di ribellarsi alla mafia e denunciare i
propri estorsori.
A Palermo sono una quarantina e ora fanno parte della neonata associazione
«Libero Futuro», significativamente dedicata a Libero Grassi, l'imprenditore
palermitano ucciso nel 1991 da Cosa nostra perché non voleva pagare il pizzo.
In prima fila, applauditissima, c'è anche la vedova dell'imprenditore assassinato,
Pina Maisano. Ed è proprio a lei che si rivolge, chiedendole scusa, il neo
presidente della Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, prendendo le distanze dai
suoi predecessori: «Chiedo scusa alla signora Pina Grassi e a tutti i palermitani
per quello che accadde nel '91, quando una pagina buia dell'imprenditoria
siciliana ha avvolto l'omicidio di Libero Grassi - dice Lo Bello, autore della
recente svolta legalitaria di Confindustria -. Oggi le cose sono cambiate e gli
imprenditori non hanno più alibi per non denunciare il pizzo. La società si è
trincerata in passato dietro il fatto che lo Stato era distante. Questo alibi non c'è
più, perché lo Stato adesso è presente. E dunque dobbiamo denunciare,
denunciare...».
Un appello, il suo, lontano anni luce non solo rispetto al '91, quando appunto gli
ex dirigenti di Confindustria denigrarono le denunce di Libero Grassi voltandogli
le spalle, ma è lontanissimo anche soltanto a uno-due anni fa, quando a capo
degli industriali e dei costruttori siciliani c'erano ancora persone che facevano
affari con Cosa nostra. Oggi però, in questo teatro in cui ci sono commercianti e
imprenditori che piangono e si abbracciano per la gioia di non sentirsi più soli,
«si respira un'altra aria». Non è, sia chiaro, la «rivoluzione culturale» di cui
Palermo e la Sicilia avrebbero bisogno, ma potrebbe essere, chissà, l'inizio
della auspicata «ribellione di massa» di cui parla all'inizio Enrico Colajanni,
presidente di Libero Futuro, «necessaria per sconfiggere la mafia».
Il battesimo dell'associazione avviene non a caso a pochi giorni dall'arresto di
Salvatore Lo Piccolo, il boss ritenuto al vertice di Cosa nostra palermitana, ma il
parto è stato lungo e travagliato, preceduto da un lavoro di convincimento
difficilissimo esercitato in questi ultimi anni da un gruppo di giovani, quelli di
Addiopizzo, che una notte del 2004 tappezzarono la città con manifesti che
recitavano «Un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità». E' il
procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, all'epoca a capo della procura di
Palermo, a ricordare, tra lunghissimi applausi, «quello strano fenomeno» che
oggi dà i primi frutti. «Un giorno vennero nel mio ufficio due ragazzi a
comunicarmi il loro progetto. Volevano sapere se potevano contare sul
sostegno della procura. Lo hanno avuto. Oggi Addiopizzo ha fatto strada, fa
parte del comitato nazionale per la legalità istituito dal ministero dell'istruzione, e
in Sicilia è una delle poche speranze di liberazione. Anche se non sono più a
Palermo avrete sempre il mio sostegno», dice commosso Grasso, che poi
aggiunge ottimista: «Se la cupola mafiosa è azzerata, adesso c'è una nuova
cupola, quella dell'associazione antiracket. Speriamo che presto si aggreghino
tante altre associazioni».
Chiude Tano Grasso, che alza le mani facendo il segno di vittoria:
«Aspettavamo questo momento da 16 anni. Oggi ci siamo riusciti». E mille altre
mani, tutto il teatro Biondo, lo seguono tra le note dell'«Isola che non c'è».
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