carbonio e inerbimento
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carbonio e inerbimento
USO DI RISORSE DI CARBONIO INTERNE AL FRUTTETO L’inerbimento L’inerbimento prevede la semina di una fascia erbacea, permanente o temporanea, nel sistema arboreo. L’obiettivo è il miglioramento delle prestazioni agroecologiche del frutteto in termini di maggiore autonomia e stabilità, di riduzione degli input esterni e dei rischi ambientali e sanitari. Con particolare riferimento alle problematiche della conservazione del suolo, le colture di copertura possono ridurre l'erosione di oltre 5-6 volte rispetto alle lavorazioni grazie all’attenuazione dell’azione battente della pioggia, alla riduzione della velocità delle acque di ruscellamento, alla limitazione della compattazione del suolo e della formazione della crosta sulla superficie, all’aumento dell'infiltrazione dell'acqua per la presenza dei canali rilasciati dalle radici morte e dai lombrichi la cui attività risulta generalmente migliorata. Inoltre la copertura vegetale è fonte di sostanza organica, fattore determinante per il mantenimento della fertilità del suolo, e di elementi minerali, il cui rilascio dipenderà dalla qualità dei residui vegetali e dal loro destino (rilasciati sul terreno od incorporati ad esso) e andrà necessariamente sincronizzato con i fabbisogni nutrizionali del frutteto. Con l’introduzione del tappeto erboso, il sistema arboreo viene reso più “complesso” e, come tale, di più difficile gestione. Le problematiche da affrontare sono molteplici e riguardano: la scelta delle essenze e la loro gestione intesa come metodi e densità di semina, cure colturali, epoca e modalità di soppressione, irrigazione e concimazione integrativa, ecc. 2.1.1 La copertura vegetale Le essenze utilizzabili per l’inerbimento possono offrire tipologie di sostanza organica di diversa qualità. Se l’obiettivo di tale pratica è quello di arricchire il terreno, nel breve periodo, di elementi minerali per la coltura arborea, la scelta delle specie erbacee ricadrà su piante in grado di fornire residui di “elevata qualità” ovvero caratterizzati da ridotti tenori di prodotti “recalcitranti” alla decomposizione, da elevate percentuali di azoto e da basso rapporto C/N; tali requisiti si traducono nel terreno in una considerevole cessione di azoto minerale e di anidride carbonica. Qualora invece si intenda incrementare o mantenere nel lungo periodo il livello di sostanza organica del terreno, la preferenza ricadrà su piante in 53 grado di fornire materiale di “bassa qualità”, contraddistinto da un elevato contenuto in lignina o polifenoli oppure da basso contenuto di azoto (C/N >25), non favorevole alla decomposizione. Tale tipologia di materiale sequestra nel suolo ingenti quantitativi di carbonio. La corretta gestione di questi residui viene annoverata fra le strategie realistiche per contribuire alla mitigazione dell’effetto serra. Le indicazioni colturali si orientano sull’impiego di mescolanze di essenze a “qualità” intermedia che conseguano, contemporaneamente, l’obiettivo antierosivo, nutrizionale e di conservazione della sostanza organica del suolo utilizzando le combinazioni leguminosa/graminacea (foto 1) o i cambiamenti qualitativi della biomassa delle piante di copertura associati ai differenti stadi di sviluppo (>C/N, >lignificazione). Oliveto inerbito. L’inerbimento con combinazioni leguminosa/graminacea consente di assolvere contemporaneamente le funzioni antierosiva, anticompattazione, nutrizionale e di mantenimento della sostanza organica del suolo (foto Unibas) Generalmente, nella pratica agricola, sono utilizzati miscugli di veccia e orzo o favino e avena: alla funzione antierosiva dei cereali, che si insediano velocemente sul terreno, si associa la capacità azotofissativa delle leguminose. L’associazione leguminosa/cereale garantisce un notevole accumulo di azoto sia nella biomassa aerea che in quella radicale (tabella 1). 54 Tabella 1. Produzione di biomassa, concentrazione in azoto totale ed apporti di azoto di una combinazione di favino e avena Il più elevato rapporto C/N e la maggiore complessità del substrato per la biomassa microbica del terreno, determina una velocità di mineralizzazione dei residui dei miscugli intermedia rispetto alle specie prese singolarmente (figura 1). Figura 1. Relazione tra composizione specifica delle colture di copertura ed entità del rilascio dell’azoto minerale. Oltre che dalla quantità e qualità del materiale vegetale, i processi di degradazione dipendono fortemente dalle condizioni ambientali, dalle tecniche di gestione del suolo e dalle proprietà del terreno (tabella 2). 55 Tabella 1. Principali fattori che intervengono nel processo di accumulo e di decomposizione dei residui vegetali aggiunti al suolo. La conoscenza dei ritmi di mineralizzazione della sostanza organica e del conseguente rilascio di nutrienti è fondamentale per la sincronizzazione della disponibilità di elementi minerali nel terreno ed i fabbisogni della coltura arborea e per la eventuale necessità di intervenire con fertilizzazioni integrative. Queste ultime devono essere realizzate per superare i possibili fenomeni di immobilizzazione dei nutritivi legati all’incorporamento al terreno di graminacee ad elevato C/N oppure nel caso si ritardi il taglio delle leguminose al fine di ottenere un materiale più maturo (> C/N) e, spesso, più abbondante (tabella 3). Tabella 3. Biomassa epigea (sostanza secca) e rapporto C/N di alcune leguminose annuali autoriseminanti in differenti date. * Valori medi di differenti varietà ** C/N calcolato considerando un contenuto in carbonio pari al 40% della sostanza secca 56 La gestione dell’inerbimento In ambienti caldo-aridi, caratterizzati da scarsa disponibilità d’acqua, considerati gli elevati consumi idrici annuali delle colture da copertura (circa 200 mm), si consiglia di adottare l’inerbimento temporaneo autunno-invernale con graminacee (orzo, avena) o leguminose (favino, veccia) da seminarsi in fasce di diversa ampiezza tra le file o su interfile alternate, in funzione delle precipitazioni e dei processi erosivi. La semina autunnale, effettuata in coincidenza dei primi eventi piovosi della stagione, consente una copertura rapida del suolo ed una dominanza delle cover crops sulle infestanti. La soppressione, tramite sfalcio, dovrebbe essere realizzata nella fase di spigatura per le graminacee, ed alla fioritura per le leguminose, al fine di limitare i consumi idrici ed i fenomeni di competizione con la pianta arborea per l’acqua ed i nutritivi. Un ritardo nel compiere tale operazione può impedire la sincronizzazione fra il rilascio di azoto da parte delle erbacee (effettivo solo dopo un mese dall’interramento) e le esigenze del frutteto. Buoni risultati potrebbero essere ottenuti dall’impiego di specie annuali autoriseminanti tipo il Trifolium subterraneum, la cui tolleranza nei confronti dell’ombra lo rende utilizzabile anche in oliveti intensivi in piena produzione. Questa erbacea, dall’apparato radicale superficiale, prima del periodo siccitoso si autorisemina e muore per ricostituire il cotico con le prime piogge autunnali. L’inerbimento temporaneo può essere realizzato anche assecondando lo sviluppo di certe piante erbacee spontanee nel frutteto, rilasciando, al momento dello sfalcio, alcune “isole” di vegetazione per la produzione di seme ed il conseguente rinnovamento delle specie. Il destino dei residui vegetali dell’inerbimento è duplice: essi possono essere interrati (sovescio) o lasciati in superficie (pacciamatura). Nel primo caso i processi di decomposizione sono più rapidi (tabella Inerbimento per rovescio in azienda biologica Inerbimento in giovane impianto di susino 57 4), soprattutto quando il materiale vegetale è finemente spezzettato e può così offrire una superficie più ampia alla colonizzazione microbica ed all’azione degli enzimi. Inoltre l’interramento dei residui vegetali è fortemente consigliato per evitare il rischio di incendio, frequenti nei nostri climi durante il periodo estivo. Tabella 4. Mineralizzazione dell’azoto in condizioni aerobiche I residui di potatura Gli apporti legati ai residui di potatura, pari a 1000-2500 Kg ha di carbonio, non devono essere trascurati nella gestione globale del sistema produttivo. Tale risorsa, di bassa qualità (rapporto C/N pari a circa 50), potrebbe, se interrata, con le cover crops, materiale vegetale di elevata qualità, fornire l’indispensabile nucleo di umificazione che rende più efficiente il processo di co-compostaggio nel suolo delle due matrici. Uso di risorse di carbonio esterne al frutteto Fra le diverse tipologie di materiale organico disponibile il letame è fra quelle più raccomandabili per la sua simultanea funzione ammendante, correttiva e nutrizionale. D’altra parte il letame stabilizzato microbiologicamente è, allo stato attuale, un bene di difficile reperibilità, sempre più raro e costoso. Ciò a causa di vari fattori quali: la separazione a livello aziendale tra attività zootecnica e frutticoltura; la mancata adozione di tecnologie che riducano i tempi di ottenimento del letame maturo (ad es. compostaggio in trincea); la mancanza di attrezzature aziendali (assenza dello spandiletame). In aree a bassa presenza di aziende zootecniche si può ricorrere al compost. Sono molteplici le sperimentazioni che hanno dimostrato come l’uso del compost abbia indotto positivi effetti produttivi sulle 58 colture in esame ed un incremento della qualità e fertilità del suolo. In continuo aumento sono i compost prodotti dai residui dell’industria agro-alimentare. Ad esempio il compost ottenuto dalla mescolanza di sansa, fogliame di olivo, paglia e pollina, può essere utilizzato per favorire il ritorno al terreno di materia organica umificata ed elementi nutritivi, costituendo anche un esempio di efficace riciclo di carbonio, in questo caso, all’interno della filiera olivicolo-olearia. Non va però trascurata la difficoltà di diffusione del compost di buona qualità dovuta non soltanto agli elevati costi dell’impianto di compostaggio ma anche a quelli di trasporto da questo alle aziende agricole. 59