Generation Three - Transformers Generation 3

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Generation Three - Transformers Generation 3
Transformers
Generation Three
by mentre83
Volume VI – Terza Guerra Mondiale
00 - Prologo
Un giovedì sera di pioggia come tanti altri e uno squallido bar, popolato da soli tre individui: il
barista, un vecchio ispanico al bancone e un uomo curvo su un tavolo. Questi osservava il bicchiere
pieno di liquore che aveva davanti, col capo infossato in un vecchio cappotto e un berretto che ne
celava il volto, mentre la sua mente rievocava gli eventi che lo avevano portato in un simile buco
dimenticato da tutti.
Poi la porta a vetri del locale si spalancò e due uomini fecero il loro ingresso.
Il primo a entrare era un tizio alto e robusto, era vestito con una giacca nera punteggiata da gocce di
pioggia e in mano reggeva un ombrello completamente fradicio; l'uomo al tavolo riconobbe
immediatamente l'andatura tipica del militare.
L'altro invece indossava un abito grigio scuro ed era di corporatura più esile. Portava un paio di
occhiali dall'aria costosa e sul suo abito non c'era una sola goccia d'acqua. Anche con una rapida
occhiata era facile capire chi dei due comandasse.
Il tizio robusto rimase in piedi accanto alla porta, mentre l'altro ordinò al barista due cognac. Questi,
pur riluttante, abbandonò lo sceneggiato che stava seguendo alla televisione per servire il cliente, il
quale pagò e lasciò il resto come mancia. Il barista lo ringraziò con un sorriso sdentato e un rapido
cenno del capo, per poi tornare al suo passatempo; l'individuo con gli occhiali invece afferrò i due
bicchieri e si diresse al tavolo dove sedeva l'uomo, porgendogliene uno e sedendosi di fronte a lui.
L'altro non disse nulla, si limitò a guardare con aria diffidente il nuovo arrivato che vuotava il
bicchiere tutto d'un fiato.
“Pessimo.” sentenziò infine questi posando il bicchiere. La sua voce aveva un accento straniero che
l'uomo al tavolo non riuscì a identificare.
“A cosa devo tanta gentilezza?” chiese infine quest'ultimo. “E lei chi è?”
“Questo non ha importanza, per ora.” rispose il tizio con gli occhiali. “Ora importa solamente se lei
è chi io penso che sia. Sto parlando con Edward Myers, alias Johnatan Bishop, alias Robert Hallo?”
L'altro si irrigidì di colpo e subito si alzò in piedi, afferrando il collo della camicia del suo
interlocutore.
“E lei come fa a saperlo?!” chiese digrignando i denti.
Il tizio grosso in giacca scura fece per avvicinarsi, ma l'uomo con gli occhiali fece un gesto con la
mano, come a significare che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Frattanto Hallo ritrovò il suo
contegno e lentamente lasciò la presa, tornando a sedere. Dopo un istante di silenzio, Hallo ottenne
finalmente una risposta.
“Non è stato facile, lo ammetto.” disse l'altro. “Tuttavia si ottengono buoni risultati quando si hanno
a disposizione ingenti quantità di denaro. Dopo lo scandalo delle Omega Sentinel lei è diventato un
uomo sfuggente... ha dovuto lasciare l'esercito, congedato con disonore se non erro, ma le è stato
evitato un processo pubblico... inoltre le è stata assegnata un'altra identità in virtù dei servizi resi in
passato. Però lei, non contento di ciò, ha usato alcune sue vecchie conoscenze dei servizi segreti per
cambiare ancora nome e sparire... peccato che così non possa accedere alla maggior parte dei suoi
fondi. E, da quanto vedo, quel poco che le era rimasto è quasi finito.”
L'uomo con gli occhiali intanto stava percorrendo col dito indice il bordo del bicchiere e osservava
Hallo. Questi se ne stava come pietrificato dalla rabbia, i pugni chiusi sulle ginocchia, lo sguardo
fisso sul suo drink.
“Cosa vuole da me?!” chiese infine con un ringhio.
L'altro si tolse gli occhiali dal naso e prese a pulirli con un panno, e nel fare ciò rispose:
“Veniamo al dunque allora. Rappresento un paese che sarebbe molto interessato a saperne di più su
quei robot alieni e la loro tecnologia. In quanto ex responsabile del progetto Omega Sentinel,
crediamo che lei possa fornirci le informazioni di cui abbiamo bisogno.”
“Non sono uno scienziato, ma un soldato.” rispose Hallo, scettico. “Non so nulla di come...”
“... e nessuno si aspetta che lei possa fornirci quel di cui abbiamo bisogno in prima persona.” Lo
interruppe l'altro. “Tuttavia pensiamo che nessuno meglio di lei potrebbe indicarci gli ex membri
dello staff del programma Omega Sentinel in cerca di un... lavoro meglio retribuito. E a lei
ovviamente spetterà un'adeguata ricompensa per il servizio reso.”
Nello sguardo di Hallo comparve una vena d'interesse. Per anni aveva servito il suo paese,
anteponendo gli interessi della sua patria ai suoi, tuttavia era stato scaricato al primo insuccesso. Si
guardò intorno: era questo che meritava? Spezzarsi la schiena in un cantiere e stordirsi di alcol in
uno squallido bar? Vivere in un buco pieno di scarafaggi, fianco a fianco con prostitute e drogati?
Hallo inarcò un angolo della bocca in un sorriso e infine disse:
“Dove devo firmare?”
01 – L'invasione delle macchine
Optimus Prime, in compagnia di Ironhide, Ratchet e First Aid osservava la scena con malcelata
preoccupazione.
All'interno della base fornita agli Autobots dall'esercito degli Stati Uniti c'era una vera e propria
officina, che originariamente era stata pensata per permettere la riparazione e l'assemblaggio delle
Omega Sentinel Mk 2. Quella che avevano davanti però era una vera e propria fabbrica che
sfornava armi con un ritmo impressionante.
Tutto era iniziato pochi mesi prima. Negli Stati Uniti si erano tenute le elezioni presidenziali, e
contrariamente ai sondaggi di solo qualche settimana prima, il presidente uscente non ottenne un
nuovo mandato. Ovviamente tutto era da imputarsi all'incidente delle Omega Sentinel, durante il
quale la pubblica amministrazione aveva fatto una pessima figura, poiché la grave situazione era
stata risolta dall'intervento di un gruppo di alieni robot.
Gli Autobots suscitarono così un'immediata simpatia da parte della gente comune, e l'avversario
dell'ex presidente fu abbastanza di larghe vedute da fare un punto fondamentale del suo programma
una maggiore collaborazione con gli eroi giunti dallo spazio.
Non appena venne eletto, fece in modo che i rapporti tra umani e Cybertroniani non si limitassero
alle sole battaglie coi Decepticons, ma che i due gruppi collaborassero anche in svariati altri settori.
Fu così che gli scienziati umani realizzarono il primo space shuttle in grado di attraversare
l'atmosfera come fosse un normale aereo di linea, grazie ovviamente all'apporto di Bumblebee e allo
studio della tecnologia dell'Ark.
In seguito venne sviluppato un mezzo di soccorso anfibio aggiornando il JMC BJ5032, di cui era
prevista l'importazione dalla Cina. Esso era in grado di tramutarsi in un robot controllabile da un
operatore, il cui aiuto si rivelò insostituibile durante alcune operazioni di soccorso; per la sua
caratteristica di trovarsi spesso e volentieri al centro di situazioni pericolose, la stampa finì per
soprannominarlo “Hot Spot”, nome che divenne poi ufficiale.
Fu allora che l'esercito volle la sua parte. Con le Omega Sentinel sotto il diretto controllo degli
Autobots, impiegate dunque nei soli tentativi di cattura dei Decepticons, le forze armate pretesero
qualche nuovo “giocattolo” con cui divertirsi.
Da settimane Prime osservava preoccupato le catene di montaggio sulle quali smettevano
gradualmente di viaggiare le carrozzerie azzurre degli Hot Spot, sostituite dalle linee più minacciose
di aerei da combattimento ed elicotteri da guerra.
Sotto i nomi in codice di “Skydive” e “Vortex” venivano etichettati due nuovi tipi di veicoli
trasformabili, non avanzati come le Omega Sentinel, in quanto semplici versioni aggiornate degli
F-15 Eagle e degli HH-60 Pave Hawk, ma pur sempre in grado di compiere imprese impossibili ai
loro diretti progenitori.
Dopo tutto quale caccia poteva trasformarsi e afferrare al volo un altro aereo?
Quale elicottero poteva scendere sul terreno e avanzare al fianco delle truppe che aveva appena
finito di depositare a terra?
Tuttavia fino al pomeriggio precedente, essi rappresentavano l'ennesimo passo avanti nel campo
dell'industria bellica...
Nella notte che seguì, erano divenuti armi.
In quella notte, un veicolo derivato dalla tecnologia di Cybertron aveva partecipato per la prima
volta a un raid dell'esercito in uno stato sovrano del Medio Oriente.
02 – Interludio
Spike era a disagio.
In poche settimane era passato da soldato semplice a fuggiasco, e poi da fuggiasco a funzionario
governativo, con l'incarico di curare i rapporti fra i Cybertroniani e il governo degli Stati Uniti.
Non avrebbe mai pensato a una carriera così fulminea, né tantomeno che qualcuno gli chiedesse mai
di partecipare a una riunione straordinaria delle Nazioni Unite.
Ovviamente all'ordine del giorno c'era l'attacco preventivo da parte degli Stati Uniti contro la Siria,
sospettata di fornire illegalmente gli armamenti ai guerriglieri iracheni.
Tuttavia sembrava che non fosse la gravità della situazione in sé ad aver smosso gli animi, quanto il
fatto che la presa di Damasco, conclusasi a poche ore dall'inizio delle operazioni, era avvenuta
grazie a un massiccio impiego dei nuovi elicotteri trasformabili Vortex.
Spike era stato convocato con urgenza al meeting per la sua posizione e per la consulenza che
poteva offrire al rappresentante americano, che doveva sostenere le accuse dei delegati stranieri.
Finora se l'era cavata egregiamente da solo, tuttavia il ragazzo tremava all'idea che gli venisse
chiesto di intervenire in prima persona se le cose si fossero fatte difficili.
In quel momento il rappresentante iraniano concluse il suo discorso, nel quale aveva ribadito la
sovranità del paese attaccato e chiesto agli Stati Uniti il ritiro delle proprie forze.
Posizione tutto sommato prevedibile, quel che aveva stupito Spike era stata la parte finale del
discorso:
“Chiediamo inoltre che gli Stati Uniti rendano note ai partecipanti di questa riunione le specifiche
delle nuove armi impiegate!”
Spike si rese conto che il succo della questione era quello. Gli Stati Uniti, grazie al rapporto
privilegiato con i Cybertroniani, avevano assunto una posizione di supremazia sotto il profilo
bellico ancor più schiacciante, e l'impiego delle nuove armi minacciava di spostare verso di essi
l'equilibrio dei poteri in maniera definitiva.
Il delegato americano, un uomo di mezza età quasi calvo e di corporatura massiccia, si alzò
sorridendo. Non pareva affatto turbato da quanto udito finora, anzi, sembrava non aspettare altro.
“Purtroppo in questo caso devo appellarmi al segreto militare.” disse. “Non sono autorizzato a
divulgare le specifiche dei nuovi mezzi... né tantomeno credo che sarei in grado di farlo.” Rise. “E
poi mi pare che alcuni dei paesi qui rappresentati non abbiano avuto bisogno di tali dati per
sviluppare le loro contromisure.”
La sala venne invasa da un acceso clamore mentre il rappresentante americano indicava con lo
sguardo i delegati di Russia, Cina e Israele.
“Se mi è concesso,” disse poi, “Vorrei chiedere al qui presente delegato russo di salutarmi l'ex
generale dell'esercito degli Stati Uniti Robert Hallo, senza il quale credo che il Cremlino non
sarebbe riuscito ad aggiornare in così breve tempo così tanti dei suoi carri armati T-55... chiedo
scusa, credo che ora si chiamino “Warpath”, se non sbaglio. Un simile nome, il colore cremisi...
dobbiamo prepararci al ritorno della Guerra Fredda?”
Poi lo sguardo si posò sul delegato israeliano, e nel mentre il rappresentante statunitense disse:
“Vorrei che mi venisse salutato anche il buon dottor Adam Rook, che ha anteposto la fede nella sua
religione a quella verso la sua bandiera, e ora sta perfezionando un modello di jeep trasformabile in
Israele... Su, non faccia quell'espressione sorpresa!” disse, rivolgendosi direttamente aldelegato del
paese in questione, “Si ricordi che il Mossad potrà essere uno dei migliori servizi segreti al mondo,
ma il nostro non è da meno: “Swindle” tuttavia non ci pare un nome particolarmente adatto per le
vostre nuove M1114GR...”
Infine, lo sguardo dell'americano si posò sul rappresentante cinese.
“Il tempo dei saluti purtroppo è finito,” disse “perché invece pare che i nostri amici cinesi abbiano
fatto tutto da soli. Non posso che complimentarmi per lo sviluppo dei loro caccia “Air Raid”...
anche se qualcuno sospetta che si tratti dello stesso sistema di trasformazione dei nostri Skydive,
applicato ai Sukhoi SU-30MKK cinesi invece che ai nostri F-15...”
In quel momento, il delegato iraniano, furibondo, prese nuovamente la parola:
“Si rifiuta quindi di condividere le informazioni richieste?”
Il suo interlocutore allargò le braccia e inarcò la bocca in un largo sorriso.
“Ebbene sì.”
La risposta suscitò un commento che per fortuna non venne riprodotto nel traduttore di Spike. Il
ragazzo tuttavia ne comprese benissimo il senso, e non poté fare a meno di provare un brivido lungo
la schiena.
03 – Oscure alleanze
Nonostante gli fosse stato imposto il silenzio, Spike non poté fare a meno di confidarsi con Prime
non appena ebbe messo piede ad Autobot City.
Non che il Transformer fosse completamente all'oscuro della situazione, benché gli alti papaveri
dell'esercito avessero fatto il possibile per tenercelo... tuttavia non immaginava quanto in là si fosse
giunti.
Quando gli avevano concesso la base e l'aiuto delle forze armate per la cattura dei Decepticons,
Prime si era soffermato solo sugli aspetti positivi della collaborazione con le autorità statunitensi...
Fornire tecnologia e condividere risorse coi propri alleati gli era parso naturale in principio, ma ora
Prime si malediva per non aver approfondito la situazione in cui versava il pianeta su cui si trovava
prima di farlo.
Ora più che mai, aveva compreso come la Terra non fosse Cybertron... lì tutti gli abitanti
rispondevano al solo Alpha Trion, e aiutare un Cybertroniano era come aiutarli tutti. Prime non
aveva minimamente preso in considerazione la possibilità che la semplice presenza sua e dei suoi
uomini avrebbe minacciato di scatenare una guerra totale sul pianeta.
Frattanto, Megatron era alle prese con problemi che dal suo punto di vista gli apparivano anche più
gravi. L'incidente col Ponte Spaziale aveva privato i Decepticons della loro base e di buona parte
delle scorte di Energon... in più, a causa della precaria condizione in cui si trovavano, non poteva
neppure vendicarsi sul maggior responsabile di tutto, Starscream... purtroppo aveva bisogno di tutti
i guerrieri a sua disposizione.
In seguito alla loro fuga, i Decepticons si erano stabiliti a svariate miglia dalla precedente base, in
un complesso di caverne fra le montagne. Il morale delle truppe era pericolosamente basso, e
Megatron temeva un ammutinamento. Forse di Starscream non c'era da preoccuparsi, dato che la
lezione subita lo aveva rimesso al suo posto e al momento faceva di tutto per non irritare il suo
leader, tuttavia Cyclonus e Shockwave erano tutt'altro che stupidi, mentre gli altri erano facilmente
influenzabili... tranne Soundwave. Neppure Megatron riusciva mai a capire cosa gli passasse per la
testa... da quando era entrato nella sua milizia, oltre a distinguersi per forza e valore sul campo, era
sempre stato un enigma.
Quasi sentisse il filo dei pensieri di Megatron posarsi su di lui, Soundwave si voltò verso il suo
leader. Megatron non poté fare a meno di sussultare, tuttavia subito lo sfidò per non mostrare alcun
segno di debolezza:
“Che c'è?” chiese ad alta voce.
Il colosso blu non disse nulla, si limitò a tramutarsi nella sua forma alternativa di furgone
radiotelevisivo e a a mostrare sugli schermi al proprio interno una trasmissione che aveva appena
captato.
L'inviato di un qualche telegiornale stava documentando l'acquisto da parte di una grande
compagnia russa di una piattaforma per l'estrazione di petrolio al largo delle coste statunitensi. Ciò
che aveva attirato l'interesse della stampa era che il giacimento su cui giaceva era ritenuto esaurito,
mentre la società russa riteneva di poter trovare ancora ingenti quantità di greggio scavando a
maggiore profondità. Il giornalista commentò che l'attuale viavai di petroliere sembrava supportare
la tesi dei geologi russi, per poi ironizzare riguardo all'ottimo affare concluso dalla compagnia
statunitense che aveva ceduto il sito.
Anche Megatron sorrise alla battuta, ma per altri motivi: un raid poteva servire a risollevare il
morale.
Quattro ore dopo, i Decepticons volanti, capitanati da Starscream, fecero ritorno alla caverna, dove
Megatron li attendeva con impazienza. Lo stormo atterrò e assunse forma di robot, ma subito il
leader dei Decepticons capì che qualcosa non andava: nessuno trasportava un solo cubo di Energon.
Megatron fece per chiedere spiegazioni, ma si fermò quando vide un uomo elegantemente vestito
uscire dall'abitacolo di Cyclonus, ancora in forma di elicottero da guerra. L'individuo,
evidentemente intimorito, si aggiustò l'abito prima di avvicinarsi a Megatron, che urlò:
“Maledetti imbecilli! Cosa significa tutto questo?”
“Megatron, no, ti prego!” disse Scourge. “Lascia che... Starscream?”
Starscream, fulminando con lo sguardo il compagno che lo aveva tirato in ballo, disse rivolto al
furibondo leader:
“La piattaforma era solo un'esca, Megatron... Gli Autobots e l'esercito però non centrano nulla, non
preoccuparti... semplicemente, quest'uomo ha un'offerta da farci. L'ho ascoltata e mi sembra
interessante: se non la penserai come me, ho pensato che avremmo sempre potuto ucciderlo in un
secondo momento.”
L'uomo non riuscì a reprimere un brivido. A peggiorare la situazione, Megatron gli si parò davanti
in tutta la sua imponenza, prima di avvicinare il suo enorme e terribile volto al malcapitato, che
istintivamente si ritrasse.
“Stai giocando col fuoco, piccolo uomo...” disse il Transformer. “Prega che ciò che hai da dire sia
di qualche interesse per me.”
L'uomo ebbe un capogiro, poi però si ricompose e spiegò la sua offerta.
“I-io...” disse, “Io rappresento un gruppo di stati sovrani che non vede di buon occhio alcune recenti
evoluzioni nei rapporti di forze fra i paesi mondiali. La v-vostra venuta, di tutti voi robot, ha portato
gravi sconvolgimenti, e ancor di più l'alleanza dei cosiddetti Autobots col governo statunitense...”
Megatron rimase impassibile, contribuendo a sconvolgere ancor più il suo interlocutore, che si
aspettava un cenno di assenso.
“In particolar modo,” proseguì, “sono state prodotte armi derivate dalla vostra tecnologia, che sono
state impiegate nell'attacco a uno dei paesi che rappresento. Si è così formata un'alleanza segreta,
composta da nazioni che desiderano riequilibrare i rapporti di potere... alcuni membri di tale
coalizione sono già stati in grado di procurarsi i dati necessari a produrre le proprie armi, uh,
trasformabili... ma temiamo non siano sufficienti per i nostri scopi.”
Megatron cominciava a innervosirsi. L'uomo lo notò e arrivò al dunque:
“Vorremmo pertanto assicurarci il vostro aiuto durante l'attacco decisivo agli Stati Uniti. In cambio,
tutti i paesi che io rappresento si sono offerti di soddisfare le vostre necessità in termini di risorse
energetiche, la cui raccolta sembra essere la vostra maggiore priorità.”
Finalmente l'uomo fu libero di tergersi il sudore, mentre il leader dei Decepticons rifletteva sulla
proposta.
“Di qualsiasi entità esse siano?” chiese infine il Transformer.
“Certamente.” rispose l'uomo. “Tra noi ci sono alcuni fra i maggiori produttori mondiali di
petrolio.”
Megatron non disse nulla, si limitò a dirigersi lentamente verso l'ingresso della caverna a passi
misurati. Poi, senza neppure voltarsi, disse:
“Rallegrati, piccolo uomo, perché la tua vita è al sicuro. Che socio in affari sarei, se non conoscessi
le più elementari regole dell'ospitalità?”
04 – La quiete prima della tempesta
Optimus Prime era inquieto.
Nella base si respirava un'aria tranquilla, non c'erano stati ulteriori attacchi dei Decepticons così
tutti ne approfittavano per allenarsi o coltivare i propri passatempi, vecchi o nuovi che fossero.
Bumblebee era alla costante ricerca di un modo per contattare Cybertron, lavorando notte e giorno
con “Chip” Chase e gli altri scienziati terrestri; Ratchet e First Aid approfondivano le proprie
conoscenze di medicina studiando trattati terrestri sull'argomento, mentre Mirage, indagando sulla
sua attuale forma alternativa, una monoposto F1 della scuderia BMW Sauber, aveva scoperto le
corse automobilistiche e non ne perdeva una.
Poi c'erano Ironhide, Kup e Streetwise, che si erano appassionati alla storia della Terra e talvolta
intavolavano delle discussioni cui la maggior parte dei loro compagni tentava invano di sottrarsi...
Insomma, per la prima volta gli Autobots e l'equipaggio dell'Ark potevano quasi affermare di
sentirsi a casa.
Persino Spike aveva preso un periodo di ferie ed era partito insieme a Carly per un “coast to coast”,
un lungo viaggio in automobile da una costa all'altra degli Stati Uniti.
Per quanto tentasse di imitare gli altri, Prime non riusciva a farlo.
L'assenza di ulteriori mosse da parte di Megatron lo innervosiva... Come guerriero, gli era stato
insegnato ad approfittare dei brevi istanti di pace tra una battaglia e l'altra, tuttavia sapere la sua
nemesi a piede libero lo rendeva tutto fuorché tranquillo.
Frattanto Megatron passava in rassegna l'arsenale ammassato dai suoi attuali alleati.
C'erano carri armati russi e caccia cinesi, più una serie di veicoli sottratti o acquistati “sottobanco”
da generali americani e israeliani senza troppi scrupoli... Una forza d'attacco non indifferente,
doveva ammetterlo.
Un mese prima, nel buio di una grotta, Megatron non avrebbe mai pensato di finire in una base
segretissima sull'isola di Cuba, alla testa di un'armata di tali dimensioni.
Ciò che lo faceva fremere era il pensiero delle tonnellate di petrolio che gli erano state offerte per il
suo aiuto, che gli avrebbero permesso di conquistare l'intero pianeta Cybertron. Avrebbe voluto
abbandonare gli umani al loro destino e andare a vincere la sua guerra, ma poiché non poteva fare
ritorno al suo mondo, almeno per il momento, tanto valeva assecondarli, specie se così facendo
avrebbe potuto ottenere l'unica cosa per cui valeva la pena rimanere sulla Terra... la vendetta su
Optimus Prime.
Megatron era stato chiaro coi suoi alleati umani: gli Autobots erano suoi. Voleva per sé il piacere di
stritolarli in una morsa meccanica, di gettarli all'interno di una fonderia, di staccare loro gli arti uno
a uno prima di polverizzarli col suo cannone... e Optimus Prime sarebbe stato l'ultimo.
Avrebbe visto i suoi uomini spegnersi per sempre dopo atroci sofferenze, poi Megatron gli avrebbe
concesso il primo atto di pietà della sua esistenza estinguendo la sua Scintilla... Megatron poteva
quasi sentirla pulsare debolmente mentre la schiacciava fra le sue dita d'acciaio, fino a scomparire
nell'aria con un debole crepitio...
Megatron si riscosse dalle proprie fantasie: se voleva che si avverassero, non poteva permettersi
errori di alcun genere.
Sarebbero stati i Decepticons a guidassero l'attacco, come richiesto dagli altri membri della loro
coalizione: in questo modo nessuno avrebbe potuto accusarli di aver partecipato all'assalto, il cui
scopo era quello di dimostrare che gli Stati Uniti erano tutt'altro che invincibili, ridimensionando
così il loro ruolo nelle politiche internazionali e permettendo ai loro avversari di assumere la
leadership militare del pianeta.
Megatron controllò il grande orologio digitale posto sulla parete dell'hangar in cui si trovava.
Mancavano circa sei ore alla mobilitazione... poco più di sei ore al conseguimento di una vendetta
che attendeva da tempo immemorabile.
In quel mentre, Scourge e Ramjet sbucarono da dietro a un gruppo di carri armati Warpath e
Megatron andò loro incontro. Il leader dei Decepticons non poté trattenere un ghigno nel farlo,
poiché la loro presenza poteva significare solo che l'altra parte del piano era andata a buon fine.
“Rapporto.” disse.
Ramjet sorrise e imitò il saluto militare dei terrestri mettendosi sull'attenti. Perfino Megatron inarcò
un angolo della bocca, divertito dal gesto, poi però si rifece serio e il Minicon subito rispose:
“Signore, l'ultimo carico di petrolio è stato convertito in Energon e depositato nel nuovo rifugio.”
“Nessuno vi ha seguiti?” chiese Megatron.
“Nessuno. Inoltre Ratbat ha disturbato eventuali radar e satelliti. La base è sicura.”
Megatron non riuscì nuovamente a trattenere un altro ghigno, poi chiese:
“Shockwave ha terminato il suo incarico?”
“Sì, mio signore.” rispose Scourge. “Shockwave sta eseguendo un ulteriore controllo, solo per
sicurezza, ma tutto sembra a posto.”
“Molto bene!” disse Megatron, battendo le grosse mani d'acciaio. “Raggiungete gli altri ed eseguite
il controllo delle armi e una ricarica: vi voglio a piena potenza. Si parte fra sei ore, destinazione
New York City!”
05 – Attacco
“Dio, credevo che sarei morta in quella scatoletta...”
Carly sorrise mentre diceva queste parole, stiracchiandosi piacevolmente dopo essere uscita dalla
macchina.
“Eh, anche a me piacerebbe avere una Rolls...” le rispose Spike, mentre col telecomando azionava
l'antifurto e chiudeva la macchina.
“Con quel che ti pagheranno potresti anche permettertela..!” ribatté lei.
“Forse tra qualche secolo... intanto però con questa 'scatoletta', come l'hai poco generosamente
apostrofata, possiamo parcheggiare in pieno centro di New York senza timore di multe, ganasce o
rimozioni forzate...”
Carly si avvicinò a Spike, lo abbracciò e gli diede un bacio. Poi sorridendo gli disse:
“Secondo te perché una ragazza bella come me si sarebbe messa con uno come te altrimenti?”
Spike incassò la frecciata fingendosi offeso e fece finta di andarsene. Carly lasciò che si
allontanasse un poco, poi sorridendo lo raggiunse correndo, prendendolo per il braccio.
Poco dopo, i due si trovavano sulla passeggiata ad ammirare il mare. Il tempo purtroppo non era dei
migliori, e una sottile coltre di nuvole copriva il sole. Ai due innamorati tuttavia sembrava non
importare, mentre appoggiati a una ringhiera scrutavano l'orizzonte erano persi nei loro pensieri.
A un certo punto, Carly indicò un punto oltre Liberty Island, in mare aperto.
“Spike.” disse, pensierosa. “Quella nave... ma quanto è grande? Cos'è?”
Il ragazzo tolse gli occhiali da sole e aguzzò la vista. In un primo momento non vide nulla, poi
iniziò a intravedere una sagoma enorme in mare aperto. Non era certo un esperto, tuttavia gli
sembrava troppo grande per il solito traffico di navi da crociera e mercantili.
“Forse è una nave della marina militare...” ipotizzò. “Magari un'esercitazione, parte di qualche
programma anti-terrorismo.”
Il discorso cadde lì. Carly si sedette sulla ringhiera dando le spalle al mare, invitando Spike ad
avvicinarsi prendendolo per mano. Il giovane l'assecondò e la baciò. I suoi occhi tuttavia erano
ancora fissi sull'oceano, e poté così vedere un lampo viola partire dalla nave in lontananza. Pochi
istanti dopo, un potente boato giunse da Liberty Island, e il braccio della Statua della Libertà che
reggeva la fiaccola esplose in mille pezzi: anche da quella distanza, Spike udì le urla dei turisti ai
piedi del monumento che si davano alla fuga.
Immediatamente anche Carly si voltò verso il luogo dell'esplosione, poi guardò Spike con occhi
colmi di terrore.
“Vieni con me.” disse il ragazzo trascinandola via. “Dobbiamo raggiungere la macchina e
andarcene alla svelta!”
Pochi secondi dopo altri colpi di energia demolirono quasi completamente la statua, un pezzo alla
volta. In quel mentre, le forze dell'ordine e l'esercito iniziavano a mobilitarsi, anche se la minaccia
non era stata ancora identificata. Stormi di caccia decollarono dalle basi più vicine, carri armati ed
elicotteri carichi di soldati venivano messi in movimento, mentre la marina si muoveva per
intercettare il misterioso vascello che nessun radar era riuscito a individuare finché non era ormai
troppo tardi...
“Ottimo lavoro, Soundwave.” disse Megatron, raggiungendo il suo taciturno alleato sulla prua della
nave. Il Decepticon era riuscito a far passare inosservata la portaerei per tutto il viaggio da Cuba,
schermandola ai radar e persino ai satelliti spia. Il silenzioso Transformer blu stava ora abbassando
gli schermi, divenuti inutili nel momento in cui il colpo sparato da Blast Off aveva centrato il
monumento alla libertà che tanto lo disturbava. Megatron aveva lasciato correre incurante delle
conseguenze, nonostante i suoi “benefattori” umani gli avessero raccomandato di limitare al
minimo le perdite in termini di vite... ma questo avrebbe fatto capire loro che nessuno dava ordini a
Megatron.
Il leader dei Decepticons passò poi a istruire Ramjet e Thrust, che avrebbero guidato il primo
stormo di caccia Air Raid affinché impedissero all'aviazione statunitense di avvicinarsi alla città
mentre i loro mezzi di terra sbarcavano nella zona del porto.
In breve, i neri caccia furono in volo guidati dalla coppia di Minicons, che intanto ne approfittavano
per seminare lo scompiglio sparando contro gli edifici più alti.
Frattanto lo stato di emergenza venne esteso anche alla base degli Autobots. Dalle prime immagini
che giungevano grazie alle reti televisive e dalle comunicazioni delle forze dell'ordine,
immediatamente Optimus Prime intuì che dietro l'attacco non poteva che esserci Megatron. In breve
Prime e la sua squadra si imbarcarono sui trasporti ad alta velocità messi a disposizione dall'esercito
insieme alle Omega Sentinel.
Mentre saliva a bordo, Prime venne fermato da Ironhide, che lo afferrò per un braccio.
“Prime, stavolta veniamo anche noi.” disse il capitano dell'Ark.
Prime stava per scuotere la testa in cenno di diniego, ma Ironhide lo interruppe stringendo la presa:
“Niente obiezioni.” sentenziò. “Verremo, che tu lo voglia o meno. Avrai bisogno di tutto l'aiuto
disponibile, se quel che ho sentito è vero.”
Suo malgrado, il leader degli Autobots dovette acconsentire, poiché non c'era tempo per discutere.
In breve la forza d'attacco venne assemblata e prese il volo; tempo di arrivo previsto: un'ora.
Ai Decepticons bastò molto meno per ridurre la città all'ombra di ciò che era.
Nonostante l'esercito fosse giunto in tempi brevissimi, venne annientato altrettanto in fretta. I caccia
dell'aviazione, per quanto agili e per quanto grande fosse l'abilità dei loro piloti, erano del tutto
inadeguati per affrontare un nemico in grado di fermarsi a mezz'aria invertendo la direzione dei
reattori grazie a un movimento di gambe spuntate dal nulla e strappare loro le ali dalla fusoliera con
potenti braccia meccaniche.
Soldati mercenari di varie nazionalità scendevano dalle jeep Swindle, mentre i mezzi stessi si
trasformavano e calciavano via le auto e tutto ciò che ostacolava il loro cammino.
Carri armati si contrapponevano ai Warpath, solo per essere annientati dai giganti cremisi in cui si
potevano tramutare, che piegavano le bocche da fuoco dei loro nemici come fossero fatte di carta.
In soli 30 minuti, Manhattan era caduta nelle mani di Megatron, che trionfante sbarcò dalla
portaerei con cui lui e i suoi erano giunti affermando:
“Da oggi, questa città sarà la nuova capitale dell'impero dei Decepticons.”
06 – Una piccola vittoria
Frattanto Spike e Carly cercavano disperatamente di non farsi sommergere dalla folla in preda al
panico che tentava di allontanarsi dalla zona dei combattimenti. Carly stava seguendo il flusso delle
persone in fuga, quand'ecco che Spike la prese per un braccio trascinandola in una via laterale.
I due ripresero fiato, poi la ragazza disse:
“Non possiamo fermarci qui! Dobbiamo..!”
“Da questa parte.” rispose il giovane, indicando un vicolo. “L'auto è per di qua.”
“Ma non ci servirà a niente!” urlò Carly. “Le strade sono nel caos, e poi...”
“Fidati di me. Dobbiamo avvertire i nostri super eroi personali!”
Carly si tranquillizzò subito, intuendo le intenzioni del compagno. Insieme proseguirono fino alla
macchina, che fortunatamente non aveva subito il minimo danno. Spike premette un tasto sul
telecomando e l'aprì, per poi precipitarsi nell'abitacolo e armeggiare con lo stereo. Carly non fece in
tempo a chiedergli cosa stesse facendo, che il frontalino si aprì come un cassetto, rivelando un
telefono satellitare di ultima generazione.
Spike uscì dalla macchina chiudendosi dietro lo sportello, poi premette un grosso tasto rosso e
attese. Dopo qualche secondo, la voce di Bumblebee fuoriuscì dal dispositivo:
“Spike,” disse “siamo nel mezzo di un'emergenza e...”
“Sì, sì...” disse il giovane, interrompendolo. “Anche noi ci siamo dentro fino al collo. Carly e io
siamo a New York.”
Il Minicon comprese immediatamente, e passò la comunicazione a Prime.
“Spike,” disse quest'ultimo, “rifugiatevi in un posto sicuro: manderò una squadra a prendervi
appena atterriamo. Mantieni acceso il comunicatore, così potremo rintracciarvi in qualsiasi
momento.”
“Molto bene.” rispose il ragazzo. “Noi... ah, c@%%o!”
“Spike!” urlò Prime nella sua ricetrasmittente. “Rispondi! Spike!”
Il leader degli Autobots spense l'apparecchio con un gesto di frustrazione. Spike aveva chiuso la
comunicazione all'improvviso, e non c'era modo di sapere cosa gli stesse accadendo. Concentrato
com'era sul destino dei due ragazzi, quasi non si accorse del giovane militare ai suoi piedi, che lo
informava che erano quasi in zona di lancio. I caccia Skydive che li accompagnavano avrebbero
tentato di mantenere impegnati i velivoli nemici quel che bastava perché gli Autobots giungessero a
terra sani e salvi.
Prime fece segno di aver capito, poi si rivolse ai suoi uomini per impartire le ultime
raccomandazioni.
Frattanto, Spike e Carly avevano fatto un brutto incontro: sciacalli, saccheggiatori della peggior
specie, desiderosi di cogliere i frutti di quella situazione di crisi.
Purtroppo in quella strada non c'erano molti negozi, così alcuni di loro avevano messo gli occhi su
Carly.
“Ehi, ehi, ehi...” disse un colossale afroamericano con una bandana sulla testa, “Cos'abbiamo qui?”
“Una vera bellezza, direi.” gli fece eco un tipo viscido con degli occhiali da sole.
“Bella, perché non vieni con noi?” chiese a Carly un terzo individuo, un tipo losco con una cicatrice
su una guancia. “Ti proteggeremo dagli uomini cattivi.”
Carly fece del suo meglio per non apparire spaventata, e rispose:
“Grazie, ma ci penserà il mio fidanzato.”
La sua voce tremava, così come le sue gambe, cui la mente ordinava invano di indietreggiare.
Spike si frappose fra la giovane e il gruppo di teppisti, cui si aggiunsero altri quattro tizi, carichi di
televisori e altri oggetti di discreto valore.
“Non cerchiamo guai.” disse il ragazzo. “Lasciateci stare.”
Il tipo con gli occhiali estrasse un coltello a serramanico dal giubbotto di pelle, puntando poi la
lama verso Carly.
“Oh,” esclamò, “tu puoi fare quello che vuoi, ma la tua bella viene con noi.”
Il tizio enorme si fece avanti, protendendo il braccio muscoloso verso la ragazza.
“Vieni qui, bellezza.” disse, sorridendo con aria ebete. “Lascia che ti mostri com'è un vero uomo.”
Spike non perse tempo e prese Carly per un braccio, trascinandola dietro alla sua piccola utilitaria.
“Andatevene.” disse. “Ultimo avviso.”
Il gruppo di sbruffoni rise, ed estraendo coltelli e tirapugni si fece sotto.
“Come preferite.” disse Spike, sicuro di sé. “L'avete voluto voi.”
Il ragazzo premette un tasto sul telecomando dell'auto e immediatamente la Smart ForTwo Passion
rossa davanti a lui si tramutò in un colosso metallico di tre metri.
“Cliffjumper.” disse Spike. “Attacca le persone che ti stanno di fronte.”
La telecamera che costituiva la testa del robot inquadrò i suoi obbiettivi, mentre le braccia munite di
tenaglia scattavano in avanti e afferravano il tizio di colore, scagliandolo via come una bambola di
pezza. Gli altri, capita l'antifona, fecero dietrofront e fuggirono da dove erano venuti, abbandonando
la refurtiva.
“Cliffjumper, riposo.” disse Spike. Il robot si bloccò, interrompendo l'inseguimento dei suoi
bersagli. Poi Spike, tranquillizzando Carly col suo abbraccio, aggiunse sorridendo:
“Le Rolls non hanno simili antifurto...”
07 – Contrattacco
Gli Autobots, l'equipaggio dell'Ark e alcune Omega Sentinel si paracadutarono alle porte di New
York, pronti all'azione. Subito Prime suddivise il team in tre squadre.
Il primo gruppo, capitanato da lui stesso, avrebbe tentato un assalto frontale lungo la strada più
agevole, per scortare le Omega Sentinel nella zona calda dei combattimenti nel più breve tempo
possibile; il secondo, guidato da Hot Rod, avrebbe tentato di raggiungere le forze armate in arrivo
da nord-ovest per fornire loro supporto; infine, la terza squadra, guidata da Hound, avrebbe
mantenuto un basso profilo e raggiunto Spike e Carly, per poi dedicarsi a fornire aiuto ai civili.
Nessuno contestò la strategia, tuttavia quando fu il momento di decidere chi avrebbe fatto parte di
ciascuna squadra, gli animi si accesero.
Prime infatti assegnò al team di Hound l'intero equipaggio dell'Ark, insieme a Brawn e Roller.
Ironhide in particolar modo ne risultò contrariato, dicendo:
“Non esiste! Io vengo con te nella squadra d'attacco principale!”
A nulla valsero i tentativi di Prime di convincerlo a desistere, così alla fine ottenne quel che voleva.
Non soddisfatto di ciò, pretese anche la presenza di Kup, al quale comunque non dispiaceva affatto
l'idea di menare un po' le mani, una volta tanto.
Così Prime prese con sé il capitano dell'Ark e il suo secondo, oltre che Jazz e Groove; con Hot Rod
andarono invece Wheelie, Prowl, Streetwise, Wheeljack e Bumblebee.
Il tempo di augurarsi vicendevolmente buona fortuna e tutti furono pronti a entrare in azione.
“Nessun nemico in vista, proseguite pure.”
Hot Rod fungeva da avanguardia per il suo team, che avanzava isolato per isolato verso la squadra
dell'esercito regolare in arrivo da ovest.
Non appena venne raggiunto dal resto del suo team, il vice-comandante degli Autobots percorse un
altro isolato, attento a ciò che lo circondava.
Giunto all'incrocio, osservò in tutte le direzioni, senza notare elementi sospetti. Sollevò il braccio
destro per dare il segnale di avanzamento, quand'ecco che con un boato incredibile il muro
dell'edificio cui era appoggiato si animò, e dal suo interno fuoriuscì l'enorme figura di Devastator.
Il Decepticon afferrò Hot Rod e lo strinse in una morsa d'acciaio, trascinandolo nel suo
nascondiglio per impedire ai compagni di aprire il fuoco. Non che questi ne abbiano avuto
l'occasione: Blast Off, Dirge e Scavenger comparvero dal nulla, insieme a un gruppo di Swindle e
un gran numero di soldati, che si erano nascosti in un'officina a breve distanza.
Mentre gli Autobots rispondevano al fuoco dei nemici, Hot Rod veniva sballottato come un
pupazzo all'interno dei sotterranei dell'edificio dove era stato trascinato, disarmato e completamente
in balia del suo avversario. Dopo un colpo a maglio terribilmente pesante, al punto che il suo torace
ne uscì gravemente deformato, entrò in blocco statico.
Devastator uscì allora dal suo nascondiglio, completamente ricoperto di calce e polvere,
compiacendosi di aver tolto dal gioco il suo avversario.
Il comando della squadra Autobot passò così a Prowl, che immediatamente fece rapporto a Prime:
“Prime!” disse nel comunicatore. “Qui Prowl. Hot Rod è fuori gioco, abbiamo incontrato resistenza.
Necessitiamo supporto!”
Ma Prime e il suo team avevano altri grattacapi.
Le Omega Sentinel faticavano a tenere testa alla squadriglia di Air Raid avversari guidati da
Scourge, e cadevano come mosche. In più, Prime e gli altri non potevano aiutarle, poiché impegnati
in uno scontro con Onslaught e una mezza dozzina di Warpath.
“Mantenete la posizione!” gridò Prime nel comunicatore, più concentrato sulla battaglia che sul
dialogo col sottoposto. “Portate Hot Rod via da lì!”
Un Warpath frattanto aveva aggirato Prime muovendosi con rapidità sulle potenti gambe, e si
preparava a far fuoco col suo cannone. Ironhide lo intercettò appena in tempo, afferrandolo per le
braccia e trascinandolo via.
“Sarò anche un civile,” disse il Transformer, “ma sono abbastanza vecchio da aver combattuto la
Guerra Civile di Cybertron!”
Così dicendo, sforzando al massimo i motori nelle spalle, strappò via le braccia del suo avversario,
per poi abbatterlo con una sonora testata. Infine, con gli arti del nemico ancora in mano, prese a
farsi strada fra i Warpath, utilizzando le appendici come armi improprie. Il leader Autobot,
sussurrato un grazie all'amico che si stava allontanando, si concentrò sul problema più immediato,
ovvero gli Air Raid che volavano sulle loro teste.
Kup, intuendo i suoi propositi, si avvicinò al Transformer e attirando la sua attenzione bussando
sulla gamba disse:
“Per questo forse potrei esserti d'aiuto io...”
Saltando all'indietro, Kup assunse la sua forma di arma, una sorta di futuristico boomerang verde e
grigio, che si conficcò nel terreno tanto era affilato. Subito Prime lo raccolse, e sentendo i motori
della schiena lavorare al massimo lo scagliò in aria.
Se Scourge ebbe la fortuna di scansare il colpo, non andò altrettanto bene a un buon numero di Air
Raid, che vennero letteralmente troncati di netto al passaggio del Minicon. Mentre il Decepticon si
preparava ad attaccare Prime per vendicare i suoi soldati, Kup era giunto al termine della parabola
di lancio e cominciò a tornare indietro, eliminando altri due nemici e troncando di netto un'ala di
Scourge, che non si aspettava un attacco alle spalle.
Mentre il Minicon si trasformava e atterrava nei pressi del punto dove si trovava Prime, il
Decepticon precipitava a vite producendo un rumore terribile, per poi schiantarsi nel bel mezzo
delle fila delle Omega Sentinel. Quando si ritrasformò, sotto la minaccia di svariati laser ad alta
energia e tenaglie, non ebbe altra scelta che arrendersi.
La squadra di Hound invece era riuscita finora a evitare ogni tipo di resistenza, grazie alla sapiente
guida del suo leader e all'abilità di Mirage di passare inosservato. Il gruppo riuscì ben presto a
riunirsi a Spike e a Carly, che con l'aiuto di Cliffjumper erano rimasti fino a quel momento
incolumi. Completata la prima parte della missione, Hound decise di tentare di riunirsi alla seconda
squadra, in modo da cavare Hot Rod e i suoi fuori dai guai.
Prowl era più a suo agio come guerriero che come leader, ma il suo grado gli imponeva la
responsabilità dei suoi compagni. La situazione per il suo team non faceva che peggiorare, dato che
gli assalitori erano stati raggiunti da un gruppo di Warpath. A complicare il tutto, Blast Off e Dirge
si erano alzati in volo e continuavano a ronzare attorno alle loro teste, colpendo e fuggendo con
estrema rapidità.
Nonostante la consapevolezza che Hound stesse arrivando, Prowl non era sicuro di poter resistere
tanto a lungo. Però, come aveva detto Prime, non potevano andarsene senza recuperare Hot Rod.
“Wheelie.” disse. “Ce la fai a infiltrarti in quel palazzo e a rienergizzare il tuo partner?”
Il Minicon parve dubbioso.
“Con queste macerie non posso muovermi troppo velocemente... Devastator avrebbe vita facile con
me.”
“Ferraglia.” mormorò Prowl, frustrato dalla situazione e incerto sul da farsi.
Quand'ecco il cielo riempirsi di un suono martellante, mentre uno stormo di Vortex sorvolava il
campo di battaglia, seguito da un gruppo di Skydive che in breve divise le forze nemiche, dando
modo agli elicotteri di trasformarsi e atterrare.
La loro comparsa fu sufficiente a spingere alla fuga i Decepticons, che non ci pensarono due volte
ad abbandonare gli alleati mercenari al loro destino. Privati del supporto dei guerrieri di Cybertron,
molti dei soldati in campo gettarono immediatamente le armi, ben presto imitati dai loro compagni.
Il vento iniziava a cambiare.
Le notizie che giungevano ai ricevitori di Megatron lo rendevano tutt'altro che felice.
Gli Autobots erano arrivati come previsto, ma sembrava stessero lentamente e inesorabilmente
neutralizzando ogni forma di opposizione, nonostante la soverchiante superiorità numerica delle
forze a disposizione dei Decepticons.
“Che vengano.” disse infine Megatron. “Soundwave!”
Immediatamente, il taciturno gigante blu fu al fianco del suo leader, pronto a ricevere gli ordini.
“Dai l'ordine di raggrupparsi attorno al porto.” disse Megatron. “Li schiacceremo tutti in una sola
volta con la nostra arma segreta.
08 – L'ultimo ostacolo
L'improvvisa ritirata degli invasori diede modo a Prime e ai suoi di tirare il fiato.
Hound raggiunse Prowl, permettendo a Ratchet e First Aid di rimettere in sesto Hot Rod. Di lì a
poco, il contingente dell'esercito raggiunse gli Autobots, e insieme presero ad avanzare senza
incontrare la benché minima resistenza.
Anche Prime e il suo gruppo non ebbero problemi, e in breve giunsero in vista del porto di New
York.
Fu allora che scoppiò l'inferno.
Decepticons e mercenari spuntarono da ogni dove, opponendo ai nuovi arrivati un volume di fuoco
impressionante. Il contingente di Omega Sentinel venne quasi annientato, tuttavia l'arrivo delle altre
due squadre di Autobots insieme al grosso dell'esercito permise al gruppo di ritirarsi in una
posizione che offrisse maggiore copertura.
Tuttavia questo permise a Starscream, Thrust e Ramjet di effettuare una sortita e aprirsi un varco
per liberare Scourge, insieme al quale fecero immediatamente ritorno dietro alle fila degli invasori.
Onslaught, Devastator e persino Soundwave vennero pesantemente danneggiati dall'assalto del
gruppo di Hot Rod, ma anche gli Autobots subirono danni di eguale entità: Jazz venne raggiunto da
una bordata di Megatron e cadde in blocco statico, mentre Wheelie esaurì improvvisamente le forze,
subendo lo stesso destino. La battaglia sembrava tuttavia volgere inesorabilmente a favore degli
Autobots e dell'esercito, forte del supporto aereo degli Skydive che surclassavano in tutto e per tutto
gli Air Raid e delle Omega Sentinel che, per quanto decimate, potevano vantare una resistenza
superiore alle Swindle e ai Warpath.
Piccoli gruppi di mercenari iniziarono ad abbandonare le posizioni per tornare sulle navi da sbarco e
alla relativa sicurezza della portaerei, ancorata a pochi metri dalla riva. Tuttavia Shockwave si
accorse ben presto del crescente numero di disertori, e riportò l'ordine tramutandosi in un Air
Defense Anti-Tank System e affondando uno dei trasporti, scoraggiando così ulteriori simili
iniziative.
Chiunque però si sarebbe accorto che quella dei Decepticons era un'inutile resistenza. E Prime
conosceva Megatron meglio di chiunque altro: aveva un forte orgoglio che gli impediva talvolta di
riconoscere per tempo una sconfitta, ma non era uno stupido... se non si era ancora ritirato era
perché doveva ancora giocare la sua carta migliore, e Prime pregava di avere ancora forze
sufficienti a contrastarla.
Il leader degli Autobots non dovette attendere a lungo. Megatron stava cercando Prime sul campo di
battaglia, e quando l'ebbe trovato si assicurò che i loro sguardi si incrociassero. Nell'istante in cui si
guardarono negli occhi il tempo parve rallentare, e tutto all'infuori dei due condottieri scomparve.
Fu allora che Prime vide il leader dei Decepticons estrarre da uno scomparto nel fianco sinistro un
grosso comando a distanza e sollevarlo all'altezza del torace. La bocca di Megatron si inarcò in un
terribile sorriso, mentre il pollice nero premeva un tasto sull'apparecchio...
In quell'istante, Prime tornò bruscamente alla realtà. Una potente sirena prese a udirsi nell'aria
percorsa da proiettili e bordate energetiche; in breve tutti ne compresero l'origine, vale a dire la
portaerei di classe Nimitz alle spalle dei Decepticons. La prua si aprì lentamente in due producendo
un frastuono incredibile, e le due metà si allontanarono progressivamente, aprendosi ad angolo
piatto e rivelando due enormi mani metalliche alle loro estremità. La poppa della nave prese poi ad
inabissarsi, mentre il vascello prese a torreggiare sui combattenti paralizzati dalla sorpresa,
rivelando un possente torace rosso e un'enorme testa color acciaio. Due occhi rossi terribili si
illuminarono per un istante, mentre una coppia di colossali cannoni spuntò dalla schiena del gigante,
che incominciò ad avanzare verso la riva sospinto da potenti cingoli fino ad allora nascosti sotto le
acque.
Ma il vero terrore invase il campo di battaglia quando il gigantesco mostro parlò e disse:
“Bruticus distrugge.”
Il porto venne letteralmente spaccato a metà da un possente colpo di braccia di Bruticus, che scosse
la terra e abbatté due edifici vicini. Dal gigante partì poi una scarica di colpi di mortaio dagli enormi
cannoni sulle spalle, che fece strage indifferentemente di nemici e alleati. Gli unici che non vennero
coinvolti furono i Decepticons, che si erano preventivamente ritirati sulla grossa nave da sbarco con
la quale erano precedentemente sbarcati. Megatron rideva dei patetici sforzi degli umani dell'una e
dell'altra fazione di mettersi al riparo o di contrastare l'immensa potenza di Bruticus, che nel
frattempo aveva iniziato a far fuoco sugli Autobots con le numerose bocche da fuoco presenti sul
suo immenso torace.
Frattanto Prime tentava di riorganizzare le sue truppe, ordinando ai suoi di sparare ai cingoli che
sorreggevano il mostro, nella speranza di arrestarne l'avanzata. Tuttavia i Decepticons avevano fatto
bene il loro lavoro: il colosso sembrava del tutto indifferente di fronte all'attacco dei suoi nemici.
Un nuovo colpo di braccia di Bruticus spaccò la terra, aprendo una voragine dove caddero Mirage e
First Aid, mentre Hound riuscì per miracolo ad afferrarsi al bordo del crepaccio e sfuggire a tale
destino. Frattanto Prowl e Hot Rod tentavano di aggirare il colosso puntando sulla velocità delle
loro forme alternative, ma fu tutto inutile perché il terreno accidentato impedì loro di sfuggire al
fuoco incrociato di Bruticus e dei Decepticons che lo coprivano da lontano.
Optimus Prime diede allora l'ordine di indietreggiare, nella speranza di guadagnare un po' di tempo
per i soldati in difficoltà. Bruticus li inseguì implacabile, abbattendo un edificio usando le pesanti
braccia come fossero magli. La pioggia di detriti che seguì seppellì le ultime Omega Sentinel
insieme ai loro piloti e al corpo inerte di Jazz, ancora in blocco statico. I cingoli del colosso
frattanto macinavano metri su metri, avanzando lentamente verso i malcapitati minacciando di
schiacciarli.
“Roller!” urlò Prime disperato, e il Minicon si agganciò alla schiena del suo compagno, nella
speranza che insieme avessero la forza necessaria a contrastare il mostro. Bruticus tuttavia non sentì
nemmeno il bollente raggio d'energia che partì dal fucile di Prime, che per la prima volta da quando
era iniziato lo scontro avvertì l'inesorabilità della sconfitta.
Fu allora che si accorse di avere nuovamente su di sé lo sguardo di Megatron... tuttavia il leader dei
Decepticons non trovò negli occhi del suo nemico alcun cenno di resa, bensì la scintilla della
tenacia e la speranza che potesse ancora accadere qualcosa che mutasse le sorti della battaglia.
09 – La salvezza viene dal cielo
“Dobbiamo tirare Jazz fuori di lì!” tuonò Wheeljack, mentre scostava macerie e tentava di schivare i
colpi di Bruticus.
“Vieni via di lì!” gli urlò Ironhide, “O farai la sua stessa fine!”
“Invece di spaventarmi più di quanto non lo sia già, vieni qui ad aiutarmi!” gli rispose l'Autobot,
senza distrarsi dal suo compito.
“Ferraglia...” mormorò il comandante dell'Ark, digrignando i lucenti denti d'acciaio. Infine decise di
dare una mano al suo ex ingegnere, e chiamò a sua volta in aiuto Ratchet, Hound e Blurr.
“Sietepazzisietepazzisietepazzi...” mormorava quest'ultimo, mentre veloce come un lampo lanciava
detriti in tutte le direzioni, anche addosso ai compagni.
“Zitto, tu.” gli fece d'improvviso Ratchet. “Pensa a quante volte gli Autobots ci hanno tolto dai
pasticci in passato.”
Il Minicon tacque, concentrandosi sul suo lavoro, benché fosse convinto della sua inutilità.
Finalmente un braccio bianco e grigio fece capolino da sotto le macerie, ma i cingoli di Bruticus
erano così vicini che avrebbero potuto quasi toccarli... fu allora che un coraggioso pilota di Skydive
si lanciò col suo mezzo contro la testa del colosso, lanciandosi un istante prima dell'impatto.
L'esplosione che seguì non ebbe effetti visibili sul mostruoso robot, tuttavia fu sufficiente a farlo
rallentare e a permettere al gruppo di soccorritori di togliere Jazz da sotto le macerie, insieme ai
piloti delle due Omega Sentinel portate alla luce dagli scavi.
Ma l'esitazione di Bruticus durò solo un momento, perché riprese quasi subito la sua avanzata,
accompagnandola con una scarica di mortaio che abbatté tre edifici nelle vicinanze.
Prime scrutava disperatamente il corpo del colosso alla ricerca di un punto debole, e fu quando
ormai le giunture del collo erano al limite e non gli permettevano di sollevare di più il capo che notò
che in alto, oltre la testa del gigante, oltre gli stormi di aerei ed elicotteri che tentavano di abbatterlo
dall'aria, c'era un puntino nero che si faceva sempre più grande e definito ai suoi sensori ottici.
Poi un raggio di sole si riflesse sull'oggetto in avvicinamento, una sagoma bianca, rossa e azzurra
familiare, che aveva visto per l'ultima volta tanto tempo fa...
Ma non ebbe modo di pensarci ulteriormente, perché da essa fuoriuscirono quattro figure altrettanto
familiari, più piccole, due delle quali risalivano a un passato molto più recente.
Lo scafo argentato di Skyfire brillò di luce arancione, riflettendo le scariche di energia dei suoi
cannoni e del suo Minicon Cosmos, che si abbatterono sulle spalle di Bruticus. Frattanto, la sagoma
bianca di un futuristico caccia e di un altrettanto avveniristico bombardiere rosso scarlatto
colpivano con altrettanta ferocia l'altro lato del robot. Ma fu quando i cannoni della possente
astronave da cui erano fuoriusciti i nuovi guerrieri colpirono il bersaglio che l'impenetrabile corazza
del nemico cedette per la prima volta.
“Lasci fare a noi, signore!”
Furono queste parole che Prime udì nel suo comunicatore, alle quali rispose:
“Tempismo perfetto, Skyfire. Lieto di risentirti.”
Proprio in quel mentre, una bordata di Onslaught sfiorò l'esploratore Autobot, che la evitò con una
brusca virata. Nel mentre, Megatron ordinava ai Decepticons in grado di farlo di alzarsi in volo e
contrastare i nuovi arrivati.
“Scusi, signore,” disse ancora Skyfire, “ma sono costretto a chiudere la comunicazione. Pensiamo
noi alla copertura aerea, voi tenete impegnati i nemici di terra.”
Il contatto si chiuse, e Prime diede ordine ai suoi uomini ancora attivi di fare quanto richiesto.
Skyfire, Cosmos e gli altri due misteriosi soccorritori sembravano cavarsela egregiamente contro
Starscream e compagni, mentre Megatron e i suoi ora si trovavano svantaggiati dalla loro posizione
sulla nave da trasporto.
Nel mentre Bruticus spostò la sua attenzione dai soldati di Prime all'astronave in arrivo. I suoi occhi
brillarono per un istante di rosso, mentre battendo le mani tentava di schiacciare lo scafo del mezzo
ormai vicinissimo esclamando:
“Bruticus schiaccia!”
Ma l'astronave non si fece neppure sfiorare dalle pesanti braccia rosse e grigie del colosso, anzi virò
tornando a dirigersi verso il cielo dopo aver messo a segno un'altra scarica di colpi, che distrussero
uno dei cannoni sulla schiena del nemico. Immediatamente Bruticus fece fuoco in aria con l'altro,
ma con un mezzo giro della morte l'astronave schivò il colpo, tornando a dirigersi verso il
mostruoso robot in picchiata.
Fu allora che lo scafo della nave spaziale cominciò a cambiare: da sotto spuntarono quattro potenti
appendici artigliate, mentre le ali si ritiravano e la prua assumeva una posizione più elevata per poi
aprirsi in fauci dai denti d'oro. Come una fiera, quello che poco prima era un vascello spaziale si
scagliò su Bruticus, con una violenza tale da sbilanciarlo all'indietro. E poco dopo i due caddero con
una tale violenza che l'onda d'urto mandò in frantumi vetrate per centinaia di metri e fece cadere a
terra molti dei combattenti presenti sul luogo. La belva meccanica colpiva con ferocia incredibile il
suo avversario, scavando con i potenti artigli dorati nella sua corazza, e bersagliandolo coi laser
montati sul dorso.
Bruticus, incapace di rialzarsi o di reagire efficacemente, stava per soccombere, quando Megatron
ordinò a Cyclonus di prestagli soccorso colpendo il suo assalitore alle spalle.
Il Decepticon obbedì, e assunta la forma di elicottero da guerra si mise dietro al suo bersaglio,
pronto al fuoco. Nessuno degli altri Autobots era in posizione adatta a intervenire, ma non fu
necessario: dalla lunga coda rossa del felino meccanico si staccò una forma affilata e lucente, che
investì Cyclonus, facendolo roteare su se stesso. A una più attenta occhiata, l'oggetto in questione
aveva anch'esso fattezze animali, che ricordavano un uccello preistorico. Fu un solo attimo, perché
in breve si tramutò in una sorta di futuristico caccia leggero, che con una coppia di missili si
sbarazzò definitivamente del nemico, facendolo precipitare rovinosamente a terra.
Nel mentre, il gigantesco felino aveva inflitto il colpo finale al colosso avversario, azzannando lo
spesso collo metallico di Bruticus e facendo rotolare a terra l'immensa testa grigia; gli occhi
brillarono ancora un momento, poi si spensero accompagnati da un cupo ronzio.
Frattanto Megatron era folle d'ira: dopo aver ordinato a Shockwave di unirsi a lui, scagliò un colpo
a piena potenza sul vincitore dello scontro, che ne rimase tuttavia solo lievemente danneggiato. Fu
allora che Devastator e Onslaught, che si trovavano a fianco del loro leader, trovarono il coraggio di
suggerire la ritirata, ma per tutta risposta vennero scagliati in acqua da due pesanti gomitate. Anche
Starscream aveva compreso che non ce l'avrebbero fatta, così compì una virata davanti al felino
meccanico, sfidandolo:
“Preferisci sbranare anche noi o salvare loro?”
Il Decepticon alludeva ovviamente agli Autobots e ai militari nelle vicinanze. Aveva infatti aperto il
fuoco contro la base di un edificio vicino danneggiato durante la battaglia, che iniziò a crollare su
Prime e gli altri. Immediatamente la colossale belva meccanica comprese cosa stava accadendo, e
con un solo balzo frappose la sua schiena alla mole di macerie in caduta riuscendo a sostenerle,
benché a fatica. Skyfire, Cosmos e gli altri soccorritori si disimpegnarono subito dai rispettivi
avversari, trasformandosi e correndo a terra per salvare i compagni in pericolo. Nei minuti che
impiegarono a tirarli fuori dalla difficile situazione, Megatron e i suoi erano spariti insieme alla loro
nave da trasporto.
10 – Ritorno a casa
Quando tornò la calma sul campo di battaglia, Skyfire e Cosmos si avvicinarono a Prime con aria
sommessa.
“Prime,” disse Skyfire, “mi spiace per quanto successo la prima volta che siamo giunti su questo
pianeta... Devi sapere che...”
Ma l'altro lo interruppe con un gesto della grossa mano blu.
“Non devi dire nulla.” rispose. “Credo di aver capito cosa è accaduto la scorsa volta, più o meno. E
poi...”
Alle loro spalle comparve Ironhide, che terminò la frase:
“... e poi con questa volta vi siete fatti perdonare proprio tutto!”
Il comandante dell'Ark cinse Cosmos in un potente abbraccio, lasciandolo con le gambe a
mezz'aria. Prime e Skyfire risero mentre il Minicon lottava per liberarsi dalla morsa di Ironhide, e la
scena attirò l'attenzione degli altri, che si unirono alle risa. In particolare, la voce rauca del colossale
felino meccanico costrinse molti dei soldati umani presenti a tapparsi le orecchie.
Passata l'ilarità, Prime si rivolse alla fiera meccanica:
“Sky-Lynx, è da tempo che non ci vediamo...”
“Già...” rispose l'altro. “Te l'avevo detto che il tuo piano per catturare i Decepticons era da buttare!”
“Non posso proprio darti torto, a posteriori...”
A quel punto intervenne l'altro Transformer giunto insieme a Skyfire, dicendo:
“Megatron è una preda tutt'altro che facile... lei è stato il primo ad arrivare tanto vicino alla sua
cattura, signore.”
Prime squadrò il nuovo arrivato. Era un robot di stazza medio grande, prevalentemente bianco e
argentato, col torace dipinto di un rosso acceso.
“Lascia perdere il 'signore' e tutte le altre formalità.” Rispose Prime. “Posso sapere il tuo nome?”
“Silverbolt, si... uh, Prime. E quello laggiù è il mio partner Minicon, Powerglide.”
Prime allungò lo sguardo oltre il suo interlocutore, scorgendo il Minicon cremisi che lavorava
insieme al partner di Sky-Lynx, Swoop, per rimuovere alcune macerie dalla strada.
“Beh, Silverbolt,” disse Prime, tendendo la mano all'altro, “pare che debba ringraziare anche te.
Ottimo lavoro.”
Il Transformer ricambiò la stretta con un certo imbarazzo, a disagio per i complimenti ricevuti ma al
tempo stesso fiero di essere stato lodato da una leggenda come Optimus Prime.
Giunse poi il momento di tornare alle questioni serie. Skyfire chiese a tutti i Cybertroniani di
radunarsi attorno a lui, dato che aveva un importante annuncio da fare.
“Prime, come puoi notare dalla stazza del nostro amico laggiù,” disse, indicando Sky-Lynx,
“possiamo finalmente riportarvi a casa. Amici, il vostro esilio è terminato.”
All'annuncio seguì un'incontrollata esplosione di gioia, alla quale qualcuno dei soldati umani nelle
vicinanze reagì con un sobbalzo. Anche Prime in un primo momento festeggiò, poi il suo volto
venne attraversato da un'ombra e intimò con un gesto il silenzio ai suoi sottoposti.
“Grazie Skyfire,” disse infine, “tuttavia non possiamo andarcene così. Pur se indirettamente, questa
distruzione è anche colpa nostra. Noi abbiamo portato qui i Decepticons... pertanto la responsabilità
di fermarli è nostra.”
Molti dei presenti sentivano che le parole di Prime erano veritiere, ma non per questo meno
dolorose.
“Tuttavia,” aggiunse il leader degli Autobots, “non c'è motivo perché dei civili cui abbiamo causato
tanti problemi condividano il nostro destino... Equipaggio dell'Ark: tornerete a casa.”
Mirage, Blurr, Ratchet, First Aid e Kup non poterono fare a meno di esultare a quella notizia,
lasciando il solo Ironhide a lamentarsi dicendo che prima avrebbe voluto sistemare i Decepticons
per quanto avevano fatto alla sua nave.
“Partirete domani,” aggiunse Prime, “dopo aver radunato le vostre cose. Portate i nostri saluti a
casa.”
In quel momento, intervenne Skyfire:
“Uh, Prime,” disse, “tu devi rientrare assolutamente. Alpha Trion mi ha chiesto espressamente di
riportarti su Cybertron.”
Prime parve stupito da quella richiesta, e chiese al suo interlocutore il motivo di tanta urgenza, ma
questi non seppe dargli una risposta. Rassegnato, il leader degli Autobots disse:
“Molto bene. Allora partiremo anche Roller e io. Immagino che Alpha Trion voglia un rapporto
dettagliato sulle nostre peripezie... tuttavia prima vorrei fare quanto è in mio potere per sistemare
tutta questa distruzione. Sky-Lynx?”
“Per questo non c'è alcun problema.” rispose il colossale Autobot, “Possiamo pure partire fra
qualche ciclo... sai, noi vecchie carrette dello spazio siamo sempre in ritardo sulla tabella di
marcia... Alpha Trion non avrà nulla da obiettare.”
Prime si voltò allora verso i membri dell'equipaggio dell'Ark, che diedero il loro silenzioso assenso.
“Molto bene,” disse infine Prime, “allora è deciso: partiremo fra una settimana. Hot Rod, avrai tu il
comando fino al mio ritorno: cercate di dare una mano agli umani a sistemare questa città e a
contrastare eventuali ulteriori azioni dei Decepticons... Presto tornerò con dei rinforzi, e porremo
fine alla questione una volta per tutte.”
Epilogo
Frattanto, Megatron contemplava uno dei più stupefacenti spettacoli che avesse mai visto. Nel suo
nuovo nascondiglio, costruito con le risorse sottratte agli umani, nascosto nelle profondità
dell'Oceano Atlantico al riparo da qualsiasi radar o satellite spia, il leader dei Decepticons
ammirava la chiave per la sua vittoria finale. Ovunque guardasse, vedeva solo una distesa cangiante
di cubi di Energon carichi di energia.
Non gli importava di non essere riuscito a distruggere Optimus Prime.
Non gli importava di aver perduto l'ennesima battaglia con gli Autobots.
Non gli importava più di nulla, perché ormai era certo di vincere la guerra.
Continua...