Le novita` sui profili tributari del concordato preventivo e degli

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Le novita` sui profili tributari del concordato preventivo e degli
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Concordato preventivo e accordi
Profili fiscali
Le novità sui profili tributari
del concordato preventivo
e degli accordi
di ristrutturazione
di Lorenzo del Federico
I profili tributari delle procedure di composizione della crisi d’impresa presentano novità significative. Il decreto crescita (n. 83/2012, conv. L. n. 134/2012), ha innovato gli artt. 88 e 101 del TUIR n. 917/1986, detassando, cosı̀ come già previsto per il concordato, le sopravvenienze attive a seguito di accordi di ristrutturazione e piani di risanamento, ed ampliando l’ambito oggettivo della deducibilità delle perdite su crediti in caso di procedure concorsuali. Il decreto fare (n. 69/2013, conv. L. n. 98/2013), ha ampliato il limite massimo
per la rateizzazione dei carichi tributari iscritti a ruolo, da settantadue e centoventi rate mensili, con evidenti
ricadute anche sulla concorsualità. La Corte di Cassazione ha inquadrato la transazione fiscale nel sistema
delle procedure concorsuali, risolvendo pretoriamente alcune problematiche applicative che rischiavano di
paralizzare i concordati preventivi con indebitamento fiscale.
1. Premessa
Come è noto le recenti riforme della legge fallimentare hanno deluso gli operatori per la mancanza
di veri e propri incentivi fiscali per le procedure di
composizione della crisi d’impresa.
Sul piano sostanziale tali procedure hanno conservato il naturale assetto fiscale, a nulla rilevando le
specifiche finalità, gli strumenti concorsuali utilizzati, il favor generale per la salvaguardia dei valori
aziendali ecc.
Sino ad oggi, a prescindere dalle opportunità offerte
dalla nuova transazione fiscale (art. 182 ter l.fall.),
il legislatore era stato gravemente inerte sul piano
della fiscalità sostanziale, basti considerare che erano rimasti invariati sia l’art. 86, quinto comma, del
TUIR 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui «la
cessione dei beni ai creditori in sede di concordato
preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze...», sia il seguente art. 88, quarto comma, che
esclude dal novero delle sopravvenienze attive «la
riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo». Per cui si ritenevano esclusi dall’ambito applicativo di tali norme gli
effetti dei piani di risanamento (art. 67, terzo comma, l.fall.) e degli accordi di ristrutturazione (art.
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182 bis l.fall.), salvi taluni ardui margini interpretativi volti a ricondurre tali istituti al concordato preventivo, quantomeno sul piano del regime tributario (1).
Ben maggiore è risultata la sensibilità del legislatore
sul versante della riscossione, laddove negli ultimi
anni si sono fatte strada significative aperture verso
apprezzabili forme di flessibilità (si intende far riferimento all’evoluzione della dilazione di pagamento
ed alla transazione fiscale).
Ma alcuni recenti interventi legislativi dimostrano
una crescente attenzione per i profili tributari delle
procedure di composizione della crisi, sia pure con
andamento alterno e contraddittorio, a volte ispirato da favor, a volte da radicale rigorismo; si considerino al riguardo:
– l’art. 16, quinto comma, D.Lgs. 12 settembre
2007, n. 169 - emesso in attuazione della legge delega - che ha apportato alcune rilevanti modifiche
Nota:
(1) Sul tema v.: V. Ficari, Riflessioni su ‘‘transazione ‘‘ fiscale e
‘‘ristrutturazione’’ dei debiti tributari, in Rass. trib., 2009, 68; A.
Salvati, Profili fiscali degli accordi di ristrutturazione, ibidem,
1698; A. Contrino, Il trattamento fiscale dei’’ bonus’’ concordatari e da accordi di ristrutturazione, in Corr. Trib., 2010, 291.
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all’art. 182 ter, tra cui spicca l’applicabilità della
transazione fiscale, oltre che nel concordato preventivo, anche negli accordi di ristrutturazione ex
art. 182 bis;
– l’art. 32, quinto comma, D.L. 29 novembre
2008, n. 185, recante «Misure urgenti... anti-crisi...» (conv. in L. 28 gennaio 2009, n. 2), che è intervenuto nuovamente, sostituendo il primo comma dell’art. 182 ter, e prevedendo: l’ammissibilità
della transazione fiscale anche per i contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e
assistenza obbligatorie; la mera dilazione, e non più
anche la falcidia, dell’IVA; il divieto di trattamento
differenziato del credito tributario rispetto a quello
degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di
suddivisione in classi,dei creditori rispetto ai quali è
previsto un trattamento più favorevole;
– il decreto 4 agosto 2009, emesso dal Ministero
del lavoro in attuazione dell’art. 32, quinto comma,
D.L. n. 185/2008, che ha disciplinato le modalità
di applicazione della transazione fiscale per quanto
riguarda i contributi previdenziali, introducendo
anche taluni limiti alla loro falcidiabilità;
– il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure
urgenti di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» (conv. con modif. dalla L. 30 luglio 2010, n. 122), che, mediante l’art. 29, ha apportato variegate modifiche ed integrazioni all’art.
182 ter, volte a garantire radicalmente la salvaguardia degli interessi erariali: le ritenute operate e non
versate vengono assimilate all’IVA; nell’ambito della procedura di ristrutturazione dei debiti, la proposta di transazione fiscale deve essere presentata agli
uffici fiscali unitamente alla documentazione che
l’art. 161 richiede a corredo dell’istanza di concordato preventivo; deve essere allegata anche un’apposita dichiarazione sostitutiva attestante che la documentazione prodotta rappresenti correttamente la
situazione contabile; nell’ambito della procedura di
ristrutturazione, la transazione viene revocata di diritto se il debitore non esegue i pagamenti dovuti
alle Agenzie fiscali ed agli enti previdenziali; il reato previsto e punito dall’art. 11, D.Lgs. 10 marzo
2000, n. 74 - sottrazione fraudolenta al pagamento
di imposte - è esteso ai comportamenti inficianti la
documentazione presentata a corredo della proposta
di transazione fiscale; viene limitata all’ipotesi del
dolo la responsabilità dei pubblici ufficiali (funzionari fiscali) in relazione al reato di corruzione ex
artt. 319 e 319 bis c.p.,per quanto riguarda le valutazioni di diritto e di fatto attinenti alla procedura
di transazione fiscale;
– la legge 27 gennaio 2012, n. 3, come modif. dal
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D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con modif. dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, che ha introdotto
la composizione della crisi da sovraindebitamento,
per i soggetti che non possono essere assoggettati a
procedure concorsuali, da ultimo anche con specifico riferimento al sovraindebitamento fiscale;
– l’art. 33, quinto comma, del D.L. 22 giugno
2012, n. 83, c.d. decreto crescita (conv. L. 7 agosto
2012, n. 134), che ha innovato gli artt. 88 e 101
del TUIR n. 917/1986, detassando, cosı̀ come già
previsto per il concordato preventivo, le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti a seguito di accordi di ristrutturazione, e consentendo, analogamente, la deducibilità delle perdite su crediti;
– l’art. 52 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, c.d. decreto fare, convertito, con modificazioni, dalla L. 9
agosto 2013, n. 98, che, sussistendo taluni peculiari
presupposti, amplia il limite massimo per la rateizzazione dei carichi tributari da settantadue e centoventi rate mensili nell’ambito della normale riscossione
tributaria, a prescindere dai diversi assetti delle eventuali procedure concorsuali.
Per altro verso la giurisprudenza della Corte di Cassazione in alcune recenti pronunce ha inquadrato
la transazione fiscale nel sistema delle procedure
concorsuali, risolvendo talune fondamentali problematiche.
Ci si limiterà ovviamente a focalizzare gli ultimi interventi, particolarmente rilevanti in merito ai profili tributari del concordato preventivo e degli accordi
di ristrutturazione, senza indugiare sui dettagli dell’ormai ben noto regime della transazione fiscale, e
tantomeno sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, eccentrica rispetto al tema in esame.
2. La rateizzazione decennale per i debiti
tributari iscritti a ruolo
L’ultimo intervento legislativo, contenuto nel c.d.
decreto fare, che amplia la rateizzazione dei carichi
tributari sino a centoventi mesi è apparentemente
marginale al tema dei profili fiscali del concordato
preventivo e degli accordi di ristrutturazione, ma
nella sostanza risulta determinante rispetto alle linee
operative dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia.
Infatti con particolare riguardo all’IVA ed alle ritenute per le quali l’art. 182 ter non ammette la falcidia (2), in mancanza di limiti specificamente previNota:
(2) È comunque pacifico che la falcidia possa riguardare gli accessori dell’IVA e delle ritenute, e cioè gli interessi, le sanzioni
ecc. (in tal senso si è pronunciata la stessa Agenzia Entr., circ.
18 aprile 2008, n. 40/E).
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sti dalla legge fallimentare, la dilazione dell’IVA e
delle ritenute (cosı̀ come, se del caso, la dilazione
degli altri tributi) è da ritenersi ammissibile anche
oltre la normale rateizzazione prevista in ambito
esattoriale (3).
Ciò vuol dire che ormai nel concordato preventivo
e negli accordi di ristrutturazione vi è spazio anche
oltre la ‘‘normale’’ rateizzazione decennale consentita dal decreto fare, per cui è opportuno qualche
cenno a tale nuovo regime.
La norma base è l’art. 19, D.P.R. 29 settembre
1973, n. 602.
L’art. 52 del decreto fare modifica tale norma, introducendo, a latere della tradizionale «temporanea
situazione di obiettiva difficoltà» - che continua a
legittimare una dilazione fino a settantadue rate
mensili (ed in caso di peggioramento, una proroga
di pari durata) -, la nuova ipotesi della dilazione fino a centoventi rate mensili, che tuttavia deve essere giustificata da una «comprovata e grave situazione di difficoltà», accompagnata sia da un ulteriore requisito oggettivo, di dipendenza dalla «congiuntura economica», sia da un ulteriore requisito
soggettivo, giacché la difficoltà deve derivare da ragioni estranee alla responsabilità del debitore (4).
Risultano poi attenuate le condizioni che determinano la decadenza dal beneficio per tutti i casi di
rateazione: dal mancato pagamento di due rate consecutive, si passa al mancato pagamento di otto rate
nel corso del periodo di rateazione, anche non consecutive.
Su tali basi, posto che la ‘‘normale’’ dilazione dei
carichi tributari iscritti a ruolo è stata ampliata fino
a centoventi rate mensili, deve ritenersi che nei
concordati preventivi e negli accordi di ristrutturazione la dilazione possa spingersi sino a quindici o
venti anni.
È ben nota l’esigenza di contenere i tempi delle
procedure concorsuali, per cui l’eventualità di dilazioni cosı̀ ampie potrà incontrare le resistenze
dei Tribunali fallimentari, ma è necessario tener
conto della chiara ratio legislativa, delle finalità
della rateizzazione ‘‘ordinaria’’, della necessità di
ponderare la rateizzazione dell’IVA e delle ritenute
con il rigido limite della loro non falcidiabilità
(che spesso pregiudica i concordati preventivi), e
soprattutto si deve tener conto dell’apprezzamento
degli interessi in gioco da parte del ceto creditorio,
e ciò in particolare negli accordi di ristrutturazione. Del resto la prassi degli ultimi anni mostra il
ricorso agli accordi di ristrutturazione in casi in
cui l’unico creditore ‘‘problematico’’ risulta essere
proprio il Fisco.
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3. L’estensione della transazione fiscale
agli accordi di ristrutturazione
Per quanto riguarda i rapporti tributari risulta chiara la centralità della transazione fiscale nell’ambito
del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione. Ma l’istituto è stato ormai adeguatamente indagato, per cui non è il caso di indugiare sui
dettagli applicativi (5).
Sembra però opportuno puntualizzare per un verso
alcuni profili in ordine all’estensione della transazione fiscale agli accordi di ristrutturazione, e per
altro verso l’indirizzo emergente da alcune recenti e
fondamentali pronunce della Corte di Cassazione.
A seguito del decreto correttivo n. 169/2007 la
transazione fiscale può trovare applicazione anche
nella procedura di ristrutturazione dei debiti, che,
come è noto, presenta notevoli tratti di specificità
rispetto al concordato preventivo, consentendo accordi quanto mai ampi ed atipici, ma richiedendo
l’adesione da parte di creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e la possibilità di assicurare il
regolare pagamento dei creditori estranei.
Per il concordato preventivo la domanda di transazione fiscale deve essere proposta come parte del
piano di ristrutturazione dei debiti e/o di attribuzione delle attività all’assuntore ex art. 160, primo
comma, lett. a) e b). Per la ristrutturazione dei debiti la domanda di transazione va presentata, sempre che si intenda ottenere l’adesione delle agenzie
fiscali, nell’ambito delle trattative che precedono la
stipula dell’accordo; ma, di norma, in tal caso il tribunale viene investito soltanto dopo la stipula delNote:
(3) Oltre alla chiara posizione assunta dalla stessa Agenzia Entr.,
circ. 18 aprile 2008, n. 40/E, v.: V. Ficari, Riflessioni su ‘‘transazione’’ fiscale, cit., 71; L. Del Federico, La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, in Riv. Dir. Trib.,
2008, I, 232; M. Pollio, La transazione fiscale, in AA. VV., Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia e
L. Panzani, vol. 3, Torino 2009, 1847.
(4) Su tale nuovo regime v. per tutti M. Basilavecchia, Rateazioni ampliate per le situazioni di grave difficoltà e incertezze irrisolte per la riscossione dei comuni, in Corr. Trib., 2013, 2271.
(5) Comunque, per quanto riguarda i profili più problematici in
merito ai rapporti tra transazione fiscale e procedure concorsuali, si rinvia a: G. Lo Cascio, La disciplina della transazione fiscale:
orientamenti interpretativi innovativi, in questa Rivista, 2008,
338; L. Del Federico, La nuova transazione fiscale secondo il Tribunale di Milano: dal particolarismo tributario alla collocazione
endoconcorsuale, ibidem, 343; Stasi, La transazione fiscale, in
questa Rivista, 2008, 734; La Malfa, Rapporti tra la transazione
fiscale e il concordato preventivo, in Corr. trib., 2009, 706; G.
Gaffuri, Aspetti problematici della transazione fiscale, in Rass.
Trib., 2011, 1115; Mauro, La transazione fiscale nel labirinto delle norme e dei principi, in AA.VV., La riscossione dei tributi, a
cura di M. Baslavecchia-S. Cannizzaro-A. Carinci, Milano, 2011,
333 ss.
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l’accordo, affinché decida in merito alle eventuali
opposizioni e proceda all’omologa (ma v. ora la seconda parte del novellato art. 182 bis).
Il contenuto della domanda di transazione è molto
variabile, si può andare dal pagamento in percentuale alla mera dilazione; comunque la disciplina
resta sostanzialmente invariata sia ai fini del concordato preventivo,sia ai fini dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
In ogni caso l’accordo potrà riguardare i soli profili
acquisitivi, con esclusione degli aspetti relativi all’accertamento ed alla determinazione quantitativa
dei tributi.
Dopo le modifiche apportate dall’art. 29, D.L. 78/
2010, nella procedura di ristrutturazione dei debiti
ex art. 182 bis, la proposta di transazione fiscale deve essere presentata unitamente alla documentazione che l’art. 161 richiede a corredo dell’istanza di
concordato preventivo; inoltre deve essere allegata
anche un’apposita dichiarazione sostitutiva, resa dal
debitore, attestante che tale documentazione rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione
contabile aziendale, con particolare riguardo alle
poste attive del patrimonio.
Tali obblighi sono rafforzati e salvaguardati anche
sul piano penale,giacché il reato di «sottrazione
fraudolenta al pagamento di imposte» ex art. 11,
D.Lgs. n. 74/2000, è stato ampliato cosı̀ da ricomprendere i comportamenti inficianti la documentazione presentata a corredo della proposta di transazione fiscale.
Per quanto riguarda specificamente gli accordi di ristrutturazione è stato poi precisato che la transazione fiscale viene revocata di diritto se il debitore
non esegue i pagamenti dovuti alle Agenzie ed agli
enti previdenziali, entro novanta giorni dalle scadenze previste (art. 182 ter, settimo comma, introdotto dall’art. 29, D.L. n. 78/2010) (6).
4. L’orientamento della Corte
di Cassazione sulla transazione fiscale
Sul più generale fronte dei rapporti tra concordato
preventivo e transazione fiscale la Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, affrontando
alcune importanti questioni (7).
La Corte ha chiarito che: -a) nel sistema della legge
fallimentare la transazione fiscale si pone come istituto facoltativo; -b) la norma che impone l’integrale pagamento dell’IVA ha natura sostanziale ed eccezionale, configurando una deroga rispetto all’art.
184 l.fall.; -c) deve escludersi che l’integrale pagamento dell’IVA comporti l’integrale pagamento di
tutti i crediti privilegiati con grado anteriore.
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Già nella giurisprudenza di merito ed in dottrina
prevaleva l’orientamento favorevole alla facoltatività (8), mentre la prassi amministrativa aveva assunto posizione decisa nel senso dell’obbligatorietà (9).
La Cassazione è giunta a dimostrare la facoltatività
della transazione fiscale, dopo aver puntualmente
evidenziato le peculiari variazioni all’ordinario procedimento concordatario, scaturenti dal ricorso al
sub procedimento della transazione fiscale, ma sempre in un’ottica endoconcorsuale (10), in cui le
pretese del Fisco sono subordinate alla logica concorsuale.
Infatti già da tempo giurisprudenza e dottrina avevano evidenziato che nel sistema della riforma fallimentare si vuole assicurare la celere quantificazione
ed il consolidamento del debito fiscale, in modo tale da realizzare un assetto certo e trasparente degli
effetti del concordato.
La Corte di Cassazione ha quindi colto lucidamente che il nucleo qualificante ed innovativo della
Note:
(6) Sulle novità introdotte dal D.L. n. 78/2010 in tema di transazione fiscale v. L. Del Federico, Profili evolutivi della transazione
fiscale, in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare. Novità ed esperienze applicative a cinque anni dalla riforma, a cura di A. Jorio e
M. Fabiani, Bologna, 2010, 1215.
(7) Cass., Sez. I, 4 novembre 2011, n. 22932, in Riv. Dir. Trib.,
2012, con nota di Del Federico, La Corte di Cassazione inquadra
la transazione fiscale nel sistema della procedure concorsuali.
La sentenza risulta sostanzialmente coincidente con la coeva
Cass., Sez. I, 4 novembre 2011 (ud. 12 ottobre 2011), n. 22931;
Pres. Proto, Rel. Zanichelli.
(8) V. ad es.: Trib. Venezia 27 febbraio 2007; Trib. Milano 13 dicembre 2007; Trib. Pavia 8 ottobre 2008; Trib. Pescara 2 dicembre 2008, Trib. Roma 27 gennaio 2009, Trib. Mantova 26 febbraio 2009, Trib. La Spezia 2 luglio 2009, Trib. Bologna 17 settembre 2009, Appello Genova 19 dicembre 2009; G. Lo Cascio,
La disciplina della transazione fiscale, cit., 338; L. Del Federico,
La nuova transazione fiscale secondo il Tribunale di Milano, cit.,
343; E. Stasi, La transazione fiscale, cit., 734; F. Randazzo, Il
‘‘consolidamento’’ del debito tributario nella transazione fiscale,
in questa Rivista, 2008, I, 837 ss.; M. Mauro, La transazione fiscale, cit., 335
(9) Agenzia Entr., circ. 18 aprile 2008, n. 40/E e risol. 5 gennaio
2009, n. 3/EV; in senso analogo, sia pure con talune varianti, v.:
Trib. Milano 7 maggio 2009, Trib. Roma 16 dicembre 2009, Trib.
Monza 29 dicembre 2009, Trib. Monza 15 ottobre 2010, in questa Rivista, 2011, 83, con nota di E. Stasi, Obbligatorietà o facoltatività della transazione fiscale?; A. La Malfa, Rapporti tra la
transazione fiscale e il concordato, cit., 706; C. Attardi, Inammissibilità del concordato preventivo in assenza di transazione fiscale, in Fisco, 2009, 6435; G. Gaffuri, Aspetti problematici della
transazione fiscale, in Rass. Trib., 2011, 1115-1122.
(10) V. il fondamentale decreto del Tribunale di Milano 13 dicembre 2007, in questa Rivista, 2008, 333, con note di G. Lo
Cascio, La disciplina della transazione fiscale, cit., e di L. Del Federico, La nuova transazione fiscale secondo il Tribunale di Milano, cit., 343; in senso analogo v.: La Croce, Autonomia endoconcorsuale e non obbligatorietà della transazione fiscale nel
concordato preventivo, in questa Rivista, 2010, 142.
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transazione fiscale non è tanto la falcidiabilità dei
crediti tributari -che già prima della riforma scaturiva quale normale effetto del concordato ex art. 184
l.fall. - quanto piuttosto il meccanismo del consolidamento.
Il pilastro resta l’art. 184: il concordato omologato
è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura; restano tuttavia impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori, e gli obbligati in via di regresso, ma, salvo patto
contrario, il concordato della società ha efficacia
nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
Tutti i normali effetti scaturenti dalla procedura di
concordato si produrranno anche per i crediti tributari.
La Corte ha poi colto l’altro effetto peculiare della
transazione fiscale rispetto all’ordinario regime del
concordato preventivo e cioè «l’estinzione dei giudizi in corso aventi ad oggetto i tributi concordati,
effetto, questo, che non si verifica per gli altri creditori i quali quando votano sulla proposta concordataria sostanzialmente formulano il loro consenso
solo in relazione alla percentuale o alle modalità di
soddisfacimento prospettate ma possono non solo
proseguire l’eventuale contenzioso in corso ma iniziarlo anche ex novo se in disaccordo con l’ammontare o la qualità dei crediti indicati nella domanda»
(la chiusura della procedura di concordato ex art.
181 determina la cessazione della materia del contendere nelle liti relative ai tributi ex art. 182 ter,
quinto comma).
Altra questione quantomai controversa, ma ormai
risolta dalla Cassazione, è quella relativa all’ammissibilità della falcidia del credito IVA nell’ambito di
un concordato senza transazione fiscale.
La giurisprudenza di merito aveva ipotizzato che il
limite posto alla falcidia dell’IVA potesse operare
soltanto nell’ambito dell’art. 182 ter, nel quale specificamente è previsto (11).
Secondo la Corte già sul piano meramente logico
non avrebbe alcuna giustificazione lasciare alla scelta discrezionale del debitore l’assoggettarsi all’onere
dell’integrale pagamento dell’IVA, optando per la
transazione fiscale, oppure avvalersi della possibilità
di proporne un pagamento parziale, decidendo per
il concordato senza transazione. Ma «ciò che convince dell’inderogabilità della disposizione, qualunque sia l’opzione del creditore, è la natura della
stessa, in quanto non si tratta di norma processuale,
come tale connessa allo specifico procedimento di
transazione fiscale, ma di norma sostanziale, in
quanto attiene al trattamento dei crediti nell’ambito dell’esecuzione concorsuale dettata da motivazio-
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ni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge
la procedura di crisi».
Infine l’obbligo dell’integrale pagamento dell’IVA
ha dato corpo al problema del rapporto con l’art.
160, secondo comma, che pone il divieto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. Si
trattava di capire se l’art. 182 ter configurava una
deroga all’art. 160, secondo comma, o potesse essere armonizzato con tale norma.
Un significativo filone giurisprudenziale si era già
orientato verso la logica della deroga.
Ai fini del concordato preventivo con transazione
fiscale l’IVA sarebbe avulsa dal normale sistema dei
privilegi. Pertanto risulterebbe legittima e praticabile la presentazione di una proposta di concordato
preventivo con transazione fiscale in cui taluni creditori privilegiati di grado antergato rispetto al credito IVA subiscono la falcidia a fronte di un pagamento integrale dell’IVA.
In termini argomentativi le regole sui crediti IVA e
sui tributi costituenti risorse proprie dell’Unione
europea integrano delle eccezioni alla regola generale sul trattamento dei creditori garantiti e dei creditori chirografari stabilita nell’art. 160. Fermi restanti i privilegi, ed i meccanismi, stabiliti nel codice civile e nella legge fallimentare, per il trattamento dei crediti in questione operano criteri derogatori rispondenti ad esigenze di salvaguardia degli interessi comunitari. Peraltro l’eccezione stabilita per i
crediti di rilievo comunitario non spiega nessun effetto sulla graduabilità delle cause di prelazione e
sul trattamento da riservare ai creditori garantiti (12).
La Corte di Cassazione ha optato per tale indirizzo,
escludendo che la necessità dell’integrale pagamento dell’IVA comporti l’integrale pagamento di tutti
i crediti privilegiati con grado anteriore, in base ad
una rigida applicazione del principio secondo cui il
trattamento stabilito per ciascuna classe (13) non
può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione (art. 160, secondo comma,
l.fall.).
L’argomento di base sta nella valorizzazione della
natura sostanziale e derogatoria della norma che
Note:
(11) V. pure Trib. Bologna 17 settembre 2009, Trib. Milano 12
ottobre 2009, Appello Genova 19 dicembre 2009; Appello Bologna 2 febbraio 2010.
(12) In tal senso Trib. Roma 16 dicembre 2009.
(13) Pertanto la questione non potrebbe mai riguardare il concordato senza classi.
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esclude il credito IVA dal’ambito di quelli che possono formare oggetto di falcidia; trattasi di norma
eccezionale che attribuisce all’IVA un trattamento
del tutto peculiare.
Del resto la diversa soluzione dell’integrale pagamento dei crediti antergati rispetto all’IVA, tenuto
conto del basso grado di privilegio riconosciuto a
tale tributo, renderebbe spesso inattuabile il percorso concordatario.
Nel complesso l’indirizzo della Corte di Cassazione
risulta ragionevole per quanto riguarda l’IVA, anche se ci si attendeva (e si attende ancora oggi)
una ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia
(in via pregiudiziale interpretativa ex art. 234 Tratt.
CE, ora art. 267 TFUE), al fine di risolvere una
volta per tutti gli equivoci sulla asserita natura dell’IVA quale tributo costituente risorsa propria dell’Unione Europea (14).
Tuttavia tale indirizzo suscita profonde perplessità
per quanto riguarda le analoghe problematiche in
tema di non falcidiabilità delle ritenute e di alcuni
contributi previdenziali, crediti pubblici per i quali
non possono di certo essere invocati alibi europei.
5. La detassazione delle sopravvenienze
attive derivanti dagli accordi
di ristrutturazione e dai piani attestati
di risanamento
Come è noto l’art. 88, quarto comma, del TUIR n.
917/1986 escludeva dalla tassazione nelle imposte
sui redditi le sopravvenienze attive derivanti dalla
riduzione dei debiti a seguito del concordato preventivo, ma tale norma, alquanto risalente, non era
stata raccordata con le recenti riforme della legge
fallimentare, e quindi sino ad oggi non conteneva
alcun riferimento né agli accordi di ristrutturazione,
né, tantomeno, ai piani di risanamento.
Si concretizzava cosı̀ un notevole ostacolo di carattere fiscale rispetto alla proficua implementazione
di tale nuovi istituti.
L’arduo tentativo della dottrina tributaria (15) che
si basava su un’interpretazione estensiva, ancorata
alla ratio legis, per sostenere l’assimilazione ai fini fiscali tra concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione, era decisamente avversato dall’Agenzia delle Entrate (16).
L’art. 33, quarto comma, del c.d. decreto crescita n.
83/2012 ha risolto il problema; alla originaria formulazione dell’art. 88, quarto comma, secondo cui
«non si considerano sopravvenienze attive... la riduzione dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo...», è stata affiancata
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una nuova disposizione secondo cui «in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato... ovvero di un piano attestato pubblicato nel registro
delle imprese, la riduzione dei debiti dell’impresa
non costituisce sopravvenienza attiva per la parte
che eccede le perdite, pregresse e di periodo...».
Tuttavia l’intervento legislativo ha suscitato le condivisibili critiche della dottrina.
Infatti risulta palese la differenza nel quantum della
detassazione accordata rispetto ai casi di concordato, laddove la sopravvenienza attiva viene esentata
integralmente. Si è criticamente evidenziato come
sia mancata «quella mera estensione del trattamento fiscale riservato alle altre procedure, in punto di
falcidia concordataria, preannunziata nella relazione di accompagnamento al ‘‘decreto crescita’’; né
sono state realizzate, ovviamente, quell’equiparazione e omogeneità di trattamento fiscale..., in grado
di rendere fiscalmente indifferente il ricorso all’accordo di ristrutturazione del debito e al concordato
preventivo» (17).
Sul piano tecnico tributario risulta infatti evidente
che negli accordi di ristrutturazione (e nei piani attestati di risanamento) la nuova norma detassa la
sola parte della sopravvenienza attiva che eccede le
perdite fiscali, correnti e pregresse. Residua l’imponibilità della porzione complementare di tale sopravvenienza, «sı̀ da assorbire... l’ammontare delle
perdite in questione e impedirne l’utilizzabilità per
l’abbattimento attuale o prospettico del reddito imponibile, con l’effetto finale... di limitare quantitativamente l’agevolazione fiscale riconosciuta» (18).
L’intervento del decreto crescita suscita perplessità
anche sotto altro profilo, giacché, frustrando le
Note:
(14) Invero la quota IVA, cosı̀ come la c.d. quarta risorsa della
quota del Prodotto Nazionale Lordo, assume rilievo come mero
trasferimento finanziario (rispetto al quale la base di calcolo è
convenzionale e macrofinanziaria) e non come tributo costituente risorsa propria (in tal senso fra i tanti: L. Tosi, La transazione
fiscale, in Rass. trib., 2006, 1078-1079; M. Mauro, La problematica appartenenza dell’Iva all’ambito di applicazione della transazione fiscale nelle procedure concorsuali, in Riv. dir. trib., 2009,
861).
(15) Oltre ai contributi indicati alla nota 1 v. anche : E. Belli Contarini, La fiscalità degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui
all’art. 182 bis della legge fallimentare, in Riv. dir. trib., 2010, I,
829; A. Contrino, Procedure concordatarie (vecchie e nuove), riduzioni di debiti e sopravvenienze attive, in Rass. trib., 2011, 36.
(16) Nota 6 marzo 2006, prot. 954-35315; Circ. 13 marzo 2009,
n. 8/E.
(17) Cosı̀ A. Contrino, Accordi di ristrutturazione del debito e
modifiche alla disciplina del reddito d’impresa, in Corr. Trib.,
2012, 2692.
(18) Ancora A. Contrino, Accordi di ristrutturazione del debito,
cit., 2692.
Il Fallimento 9/2013
Forum
Concordato preventivo e accordi
aspettative e disattendendo la relazione di accompagnamento, ha lasciato invariato l’art. 86, quinto
comma, del TUIR, che esclude da tassazione le plusvalenze realizzate nel caso di cessione dei beni ai
creditori (solo) in sede di concordato preventivo.
Infine è stato del tutto ignorato il profilo dell’IRAP, in quanto il vigente D.Lgs. 15 dicembre
1997, n. 446 non contempla alcuna forma di attenuazione della tassazione per le sopravvenienze e
per le plusvalenze, non solo in caso di accordi di ristrutturazione, ma anche in caso di concordato preventivo (19).
6. Le perdite su crediti, ‘‘qualora
il debitore sia assoggettato a procedure
concorsuali’’, competono anche in caso
di accordi di ristrutturazione
Altra questione controversa era quella dell’applicabilità del particolare regime delle perdite su crediti
in caso di procedure concorsuali, anche agli accordi
di ristrutturazione.
Ancora una volta si contrapponevano le interpretazioni estensive della dottrina tributaria alle rigidità
della prassi, secondo percorsi argomentativi del tutto analoghi a quelli sottostanti alla connessa problematica delle sopravvenienze ex art. 88, quarto
comma, TUIR (v. retro).
Il decreto crescita (art. 33, quinto comma) è intervento modificando come l’art. 101, quinto comma,
del TUIR: «le perdite di beni... e le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e
precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il
debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha
concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis...il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla
data della sentenza dichiarativa del fallimento o del
provvedimento che ordina la liquidazione coatta
amministrativa o del decreto di ammissione alla
procedura di concordato preventivo o del decreto di
omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in crisi» (20).
Tuttavia la dottrina ha acutamente evidenziato che
«sciolto il nodo della deducibilità delle perdite su
crediti, non altrettanto può dirsi per quello relativo
alla detraibilità dell’IVA corrispondente alla parte
di credito rimesso dai creditori aderenti all’accordo», in quanto nel decreto crescita manca qualsivoglia intervento sull’art. 26, secondo comma, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di note di
variazione IVA (21).
Il Fallimento 9/2013
Tale norma è infatti formulata in modo simile all’art. 101, quinto comma, TUIR, e pone problemi
analoghi laddove prevede il diritto alla detrazione
dell’IVA, corrispondente ad un’operazione fatturata, quando «viene meno in tutto o in parte, o se ne
riduce l’ammontare imponibile... per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose» (22).
Nonostante la lettera dell’art. 26 cit., che parla di
procedure concorsuali, ma, per l’appunto, non
menziona gli accordi di ristrutturazione, la dottrina
tributaria tende a riconoscere il diritto alla detrazione dell’IVA anche nel caso di accordi, a volte (discutibilmente) qualificandoli come procedure concorsuali, altre volte (più correttamente) valorizzando in chiave ermeneutica il quadro comunitario
dell’IVA e soprattutto il principio di neutralità (23).
7. Conclusioni
Come è noto le riforme della legge fallimentare
hanno dedicato scarsa attenzione alla fiscalità, limitandosi a prevedere qualche novità in tema di
crediti tributari (artt. 106 e 117 l.fall.) e l’introduzione del nuovo istituto della transazione, ma le
aspettative di più corposi interventi nell’area dei
rapporti tra procedure concorsuali e Fisco sono andate deluse.
Le esigenze di ricondurre il Fisco sullo stesso piano
dei normali creditori commerciali, ovvero di far
prevalere l’interesse della procedura sull’interesse fiscale, sono state frustrate.
Note:
(19) G. Andreani- A. Tubelli, Plusvalenze e sopravvenienze attive
ai fini IRAP nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, in Corr. Trib., 2013, 1119.
(20) Per una compiuta analisi dei molteplici problemi applicativi
v. F. Ghiselli, Deducibilità delle perdite su crediti negli accordi di
ristrutturazione e nelle altre procedure concorsuali, in Corr. Trib.,
2013, 1801.
(21) Cosı̀ A. Contrino, Accordi di ristrutturazione del debito, cit.,
2694, v. poi dello stesso autore, Accordi di ristrutturazione, note
di variazione Iva e decorrenza delle novità fiscali, in Corr. Trib.,
2012, 2776.
(22) Per un quadro sistematico sul tema delle note di variazione
nell’IVA v. per tutti M. Basilavecchia, Le note di variazione, in
AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto, Giur. sist. dir. trib., diretta
da F. Tesauro, Torino, 2001, 633.
(23) Per l’applicabilità dell’art. 26, secondo comma, cit., agli accordi di ristrutturazione v. E. Belli Contarini, La fiscalità degli accordi di ristrutturazione, cit., 824; contra G. Zizzo, Le perdite su
crediti verso debitori assoggettati a procedure concorsuali, in
Corr. Trib., 2010, 2344, nota 10. A favore dell’applicabilità dell’art. 26 sulla base del principio di neutralità dell’IVA v. A. Contrino, Accordi di ristrutturazione, note di variazione Iva, cit., 2778.
1201
Forum
Concordato preventivo e accordi
Alcuni recenti interventi legislativi mostrano una
crescente attenzione per i profili tributari delle procedure di composizione della crisi, ma con andamento alterno e contraddittorio.
L’azione del legislatore si è incentrata per un verso
sul ridimensionamento della transazione fiscale,
spingendosi addirittura ad escludere la falcidiabilità
dell’IVA, delle ritenute e di alcuni contributi previdenziali; per altro verso ha riguardato singole norme
tributarie che riconoscono specifici vantaggi in presenza di procedure concorsuali, estendendoli ai piani attestati di risanamento ed agli accordi di ristrutturazione.
Si è però trattato di interventi occasionali, frammentari, privi di una visione d’insieme, che hanno
lasciato irrisolte molteplici questioni interpretative
ed applicative.
Del resto l’impasse blocca anche l’interprete, giacché le norme tributarie che riconoscono vantaggi
in presenza di procedure concorsuali sono riconducibili per lo più all’area delle esenzioni, e quindi risultano insuscettibili di integrazione analogica.
Il diverso percorso di un’interpretazione estensiva,
volta a ricondurre i piani attestati e gli accordi di
ristrutturazione al concordato preventivo, o alla alla
1202
categoria delle procedure concorsuali tout court, si
infrange sulla dubbia qualificazione di tali istituti e
sulle tensioni tipiche della prassi e del dibattito
concorsuale.
Più in generale l’ipotesi di un intervento organico
sulla fiscalità delle procedure concorsuali resta velleitaria, in ragione delle resistenze opposte dal fronte della finanza pubblica, in cui ormai da tempo l’Esecutivo e le Agenzie hanno esautorato di fatto il
Parlamento, dando corpo ad una legislazione che risulta troppo spesso caratterizzata dall’interesse fiscale, non filtrato, non ponderato e non armonizzato
con gli altri valori costituzionali e con gli altri interessi meritevoli di tutela.
In tale quadro sconfortante emergono però segnali
di sensibilità per l’ormai endemico problema del sovraindebitamento fiscale, di cui è sintomatica la
scelta del c.d. decreto fare, che estende a centoventi rate mensili la dilazione per i carichi tributari
iscritti a ruolo.
È auspicabile che la pratica concorsuale sappia valorizzare aperture del genere, lavorando sul difficile,
ma invitabile, percorso di integrazione tra normativa tributaria e legge fallimentare.
Il Fallimento 9/2013