Illégal - Nuovo Cineforum Rovereto
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Illégal - Nuovo Cineforum Rovereto
martedì 15 febbraio 2011 Illégal Olivier Masset-Depasse, Fra-Bel 10, 90’ “Un coltello per cancellare il passato. Non serve che sia affilato, basta arroventarlo e passarlo sui polpastrelli. Fa un male cane ma le impronte digitali spariscono, si può ricominciare da capo. E una scelta estrema, ma nella vita di Tania, donna delle pulizie, ex-insegnante di francese, un figlio di 13 anni, tutto è estremo. È russa, ma potrebbe venire da cento altri paesi. (...) Girato come un reportage, costruito come un melodramma, ‘Illegal’ di Olivier MassetDepasse discende dal cinema dei fratelli Dardenne, belgi anche loro; con meno rigore forse, ma con un’energia, una crudezza, uno strazio, che vanno oltre il film-denuncia (malgrado tutto, oggi tocca sempre più spesso al cinema rendere visibile l’invisibile, dar forma all’informe). Tolto il breve prologo siamo sempre nel centro di detenzione e l’intero film passa attraverso Tania, i suoi occhi, il suo corpo. Con lei scopriamo la vita quotidiana del centro, le storie delle altre detenute, i metodi inaccettabili della Legge (...) Se ne esce sgomenti e parzialmente speranzosi. Il Belgio è piccolo, l’Europa è grande. Ci piace immaginare che quell’improvviso gesto di solidarietà, da non anticipare, potrebbe accadere anche in Italia. Ma non ne siamo così certi.” (Fabio Ferzetti, , ‘Il Messaggero’, 19 novembre 2010) “MassetDepasse sceglie un’immagine ‘documentaria’, primi piani, una certa vicinanza ai personaggi, specie la protagonista e le donne che man mano incontra nella sua detenzione. Il cinema dei Dardenne non è però il suo riferimento, penso a un film come ‘Lorna’, magnifico, in cui lo sfruttamento del corpo nell’economia globale è messo a nudo con agghiacciante lucidità. ‘Illegal’ racconta invece una pratica, quella appunto dell’espulsione e insieme a essa un quotidiano che su questo si forma. Fatto dunque di paura, debolezza, che rende ciascuno ricattabile, e facilmente preda dello sfruttamento. Accade tutti i giorni, e giustamente sotto ai nostri occhi, il fatto di iniettare la cronaca in una scommessa emozionale (anche se sappiamo pochissimo o quasi nulla delle donne che compaiono nel film) la rende più ‘vera’. E magari aiuta un po’ a uscire dai luoghi comuni della demagogia.” Cristina Piccino, ‘Il Manifesto’ 19 novembre 2010 «Soy una raya en el mar, fantasma en la ciudad, mi vida va prohibida, dice la autoridad». Una dozzina d’anni fa così cantava Manu Chao, ritraendo ilClandestino. Canzone ritmata da una malinconica rabbia che suscita indignazione, ma mai pietà. Un po’ come nell’opera bella e dolorosa L’ospite inatteso, e non è un caso, forse, che in quel film la musica avesse un ruolo fondamentale. In lllegal Olivier Masset-Depasse, invece, entra a gamba tesa nel problema della (dis)integrazione, nel dramma dei sans papiers. Come in un film dei Dardenne c’è solo una pennellata di serenità nel ménage di Tania (Anne Coesens, perfetta), bie- lorussa da 8 anni clandestina in Belgio con il figlio, poi una lettera la e ci precipita nella tragedia. La catarsi, se c’è, è già nell’interno del carcere in cui la chiudono - bellissima la scena isterica e gioiosa nella sala da pranzo della prigione - ed è comunque cupa, atroce. Violenza, repressione, leggi ingiuste, una burocrazia infame (tra Dublin Case e la geografia delle carte bollate), sono gironi di un inferno che viviamo tutti i giorni. Anzi vivono, tra rimpatri, Cpt e affini. Film rigido, ma non frigido. «Peruano clandestino, Africano clandestino, Algerino clandestino, Nige riano clandestino, Boliviano clandestino, Mano Negra illegal». FilmTv Il mondo sarebbe diverso senza il cinema belga. Un cinema ideologico, spesso, e rigido, ma anche appassionato e coraggioso. Olivier Masset-Depasse è di sicuro allievo meritevole di questa scuola, il suo impegno politico invade Illegal, tanto da far recitare persino suo figlio nella parte del piccolo Ivan. La madre, scopriremo, viene dall’ex Unione Sovietica, e sarà vittima di tutti gli orrori che la società occidentale moderna riserva agli “ospiti inattesi” dalla repressione violenta in divisa alla burocrazia fatta di bolli e cinismo. Anne Coesens, già protagonista de Il segreto, offre il viso alla sofferenza di chi una patria deve conquistarsela. La sua Tania è costretta in prigione, incontra altre donne piegate e spez- zate da una vita nascosta. Si confronta con la crudeltà di un sistema che bada solo alla disintegrazione sociale, che opera nel tessuto delle nazioni moderne con asportazioni chirurgiche di minoranze. Film pensante ma anche pesante, Illegal ci impone un dolore costante, insopportabile, sistematico. Sarà pure schematico, nel suo essere opera di denuncia, ma è efficace. E quando si ricorda di essere anche cinema, come nella scena della mensa della prigione, comicamente tragica, regala anche dei piccoli gioielli. nomination per il premio LUX del Parlamento Europeo. Liberazione
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