SHACKLETON e LEADERSHIP Mauro Gavi
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SHACKLETON e LEADERSHIP Mauro Gavi
SHACKLETON e LEADERSHIP Mauro Gavi Le vicende legate alla più famosa delle spedizioni antartiche di Sir Ernest Shackleton costituiscono un sommario ideale di tutti i temi legati a leadership e management. E' il 20 maggio 1916, tre figure avanzano stremate tra la stupore dei presenti sulla banchina della stazione baleniera di Stromness, Georgia Australe, portando giacche di pelle ormai ridotte a brandelli, con barbe e capelli lunghissimi. Chiedono di poter parlare con il direttore della stazione. Uno dei tre uomini scesi dall'entroterra montuoso dell'isola è Ernest Shackleton, l'anglo-irlandese che due anni e mezzo prima, il 5 dicembre del 1914, era partito a bordo della nave Endurance dalla costa orientale di quella stessa isola, a capo della Spedizione Transantartica Imperiale con ventisette membri d'equipaggio, destinazione l'Antartide, e con obiettivo l'attraversamento, da ovest a est, del continente antartico. Da quel giorno, di lui e dei suoi compagni, nessuno aveva saputo più nulla. Dall'irlandese Contea di Kildare ai ghiacci del Polo Ernest Shackleton, nato il 15 febbraio 1874 a Kilkea House nella contea irlandese di Kildare, visse i primi anni dell'infanzia a Dublino, e dopo aver studiato al Dulwich College di Londra, la passione per il mare lo portò, a soli sedici anni, ad imbarcarsi come mozzo su una nave della Marina Mercantile Britannica diretta in Sudamerica; la famiglia non aveva potuto permettersi di iscriverlo all'accademia navale. Ernest, figlio della middle class, si trovava però a meraviglia sulle navi, e il suo carattere esuberante, ben disposto al gioco e allo scherzo, gli permetteva di sopportare i duri lavori di bordo. La prima spedizione in Antartide la compì nel 1901, sotto il comando del capitano Robert Falcon Scott, che lo aveva scelto su raccomandazione del figlio di uno dei finanziatori della stessa spedizione, conosciuto dal ventisettenne Shackleton l'anno prima durante un trasporto navale di truppe in Sudafrica. Shackleton si congedò così dalla Union Castle Line per cui lavorava, diventando assistente dell'allora trentaduenne Scott, nella spedizione al Polo Sud voluta da Sir Clements Markham, presidente della Royal Geographical Society. I primi fondi privati necessari all'impresa, raccolti dalla Geographical Society, venivano dall'industriale Llewellyn Longstaff e dal magnate della stampa fondatore del Daily Mail. Il governo britannico aveva deciso di integrare il finanziamento, in modo da permettere di iniziare la costruzione della nave Discovery e il reclutamento degli uomini. In Voyage of the Discovery, racconto della spedizione, Scott definì il giovane Ernest, così ansioso di partecipare all'impresa, come "sempre traboccante d'entusiasmo e di cameratismo". Tra le sue passioni la poesia, da coltivare anche nei momenti più impensabili: in un glaciale mattino antartico, al momento del cambio, un tasmaniano di origine italiana provato dalla guardia notturna, fu costretto da uno Shackleton armato di cacao caldo e…poesie, a rimandare il ritorno sottocoperta: "Mi tenne lontano dalla mia cuccetta, recitandomi un'infinità di versi con l'intonazione e i modi di un antico aedo. "Aspetta, vecchio mio," mi blandì, "la conosci questa poesia?". 1 Durante l'inverno del 1902, quando la Discovery stazionò nella baia di McMurdo, l'indole ottimista di Shackleton rese più sopportabile la lunga notte antartica; si preoccupò di pubblicare (lui che non aveva dimenticato di portarsi nel viaggio la macchina da scrivere), un giornale-bollettino, il South Polar Times, del quale divenne editore, direttore e fattorino, e sul quale apparivano disegni del naturalista Edward Wilson, articoli scientifici, poesiole, raccontini umoristici. Il 2 novembre 1902 Scott, Shackleton e Wilson lasciarono il Discovery con cinque slitte e diciannove cani per un viaggio verso sud, dalle molte incognite. I primi giorni di marcia risultarono agevoli, con le slitte a viaggiare veloci sulla distesa ghiacciata, ma presto il tempo mutò, costringendoli a rimanere lunghi periodi nelle tende, con il conforto di qualche lettura, tra le quali L'Origine della Specie di Darwin. Dalla metà di novembre la situazione si fece difficile, con la moria dei cani, i disagi agli occhi e al volto provocati dalla luce riflessa dalla neve, l'aggravarsi delle condizioni fisiche di Shackleton, colpito dallo scorbuto. Il 30 dicembre 1902 raggiunsero gli 82°17', 400 chilometri più a sud di qualunque altro esploratore, ma pur sempre lontani dalla loro meta. Costretti a ripiegare a nord, con Shackleton incapace di trainare le slitte, fecero ritorno alla base il 3 febbraio 1903. Scott decise di escludere dalla spedizione Shackleton, nonostante le condizioni dell'anglo-irlandese non fossero peggiori di molti altri membri rimasti alla base; la ragione dell'allontanamento andrebbe dunque ricercata nell'inclinazione di Shackleton a discutere i comandi di Scott, un comportamento tale da far nascere tra i due un contrasto non certo ascrivibile ad un'antipatia personale, ma alla ferrea idea di disciplina del capospedizione. Rimane il fatto che tutto questo produsse una rivalità dalle conseguenze anche tragiche sull'esplorazione antartica: alla vigilia della spedizione nella quale Scott troverà la morte insieme ai suoi compagni, non acquisì nessuna informazione diretta da Shackleton, reduce dal fallimento della spedizione con il Nimrod, ma si limitò ad utilizzare sulle pianure glaciali il diario di Frank Wild come una sorta di guida. Nel diario di spedizione, Scott scrisse: "ci confrontavamo continuamente con la media e le date di Shackleton"; un'abitudine che si rivelerà fatale. La spedizione del Discovery comunque proseguì tutto l'inverno successivo, e anche senza raggiungere il grande obiettivo, risultò essere di grande importanza per i 500 chilometri di coste esplorate, per il patrimonio di informazioni raccolto sulla natura della banchisa e per aver preparato il terreno per la conquista del Polo. "Ho pensato che avresti preferito un asino vivo ad un leone morto" Ritornato in patria, Shackleton iniziò un'intensa attività di promozione negli ambienti finanziari della City per organizzare un nuovo tentativo, ottenendo l'interessamento dell'industriale Beardmore. Nel febbraio 1907 annunciò pubblicamente l'intenzione di condurre un'ennesima spedizione antartica. Il Nimrod, piccolo battello per la caccia alla foca con sedici uomini dell'equipaggio, del quale facevano parte i geologi Edgeworth David, Douglas Mawson e Rymond Priestley, aveva come destinazione disbarco McMurdo, un luogo considerato da Scott quasi un feudo personale. Shackleton fu costretto a dirigersi verso la Baia delle Balene, raggiunta alla fine di febbraio del 1908, ma lo sbarco era impossibile per la coltre di ghiaccio che la ingombrava, e dopo un tentativo sulla Terra di Edoardo VII, fu costretto a sbarcare a McMurdo, andando in tal modo ad esasperare ancora una volta la rivalità con Scott. Il programma della spedizione prevedeva che una squadra di quattro uomini, Frank 2 Wild, Eric Marshall, Jamenson Adams e lo stesso Shackleton, si mettesse in marcia alla volta del Polo. Le difficoltà erano però in agguato, e si presentarono da subito con la morte dei cavallini della Manciuria, preferiti ai cani nel traino delle slitte: gli animali faticavano enormemente ad avanzare nella neve alta ed erano sferzati dal blizzard che li ricopriva di ghiaccio. Un'eventualità fatta notare dall'esploratore Nansen ma che non era stata presa in considerazione (lo stesso errore dalle conseguenze fatali verrà commesso in seguito anche da Scott). Alla fine di novembre il gruppo, dove tensioni ed attriti erano frequenti, oltrepassò il limite raggiunto in precedenza da Scott ed arrivò (dopo settanta giorni di marcia), fino a 97 miglia marine dal Polo, quando le precarie condizioni fisiche imposero la resa, e quindi il faticoso ritorno al Nimrod in attesa sulla costa. In una lettera alla moglie Emily Dorman, Shackleton scrisse: "Ho pensato che avresti preferito un asino vivo a un leone morto". Il ritorno in patria, il 14 giugno 1909, fu tuttavia un trionfo per Shackleton, nominato Sir da re Edoardo VII, ricevette decorazioni da molti paesi ed iniziò un ciclo di conferenze in Gran Bretagna, Europa, Stati Uniti e Canada. L'esperienza del Nimrod verrà raccontata in The Heart of the Antarctic, scritto con l'aiuto del giornalista Edward Saunders (e pubblicato in Italia da Treves lo stesso anno con il titolo Alla conquista del Polo Sud, il cuore dell'Antartico. Storia della spedizione antartica inglese 1907-1909). Endurance La conquista del Polo Sud da parte di Amundsen, il 14 dicembre 1911, insieme al dolore degli inglesi per la perdita di Scott, convinsero Shackleton a vedere nell'attraversamento dell'Antartide l'unica spedizione ancora possibile e significativa per la nazione britannica: dal Mare di Weddell al Mare di Ross toccando il Polo, centoventi giorni di marcia, 3300 chilometri con slitte trainate dai cani eschimesi. Un'impresa del genere appare però, a molti, difficilmente realizzabile, e per i possibili finanziatori scarsamente appetibile. Shackleton, impegnato nella raccolta dei fondi necessari dall'estate del 1913, è costretto così ad ammantare di scienza quella che nel suo animo vede come un'azione solamente eroica, venata da un'ingenua speranza romantica mai abbandonata dall'anglo-irlandese, di trovare un giorno tra i ghiacci del polo una qualche fonte di favolosa ricchezza. Del gruppo faranno parte un geologo, un fisico, un metereologo e un biologo, uno schieramento scientifico di tutto rispetto. Tra le decisioni più felici, vi è quella di ingaggiare Frank Hurley, un valente fotografo e operatore australiano, sperimentatore appassionato dell'arte fotografica, che aveva già partecipato nel 1911 con l'Aurora alla missione dell'esploratore australiano Douglas Mawson. La scelta di Hurley si rivelerà decisiva nel costruire la dimensione mitica della Spedizione Transantartica Imperiale, questo il nome altisonante regolarmente depositato dall'accorto Shackleton nella previsione di sfruttarne adeguatamente i diritti fotografici e cinematografici; fu difatti girato anche un film, South: Ernest Shackleton and the Endurance Expedition, oggi conservato al British Film Institute di Londra. Il Daily Chronicle ottenne l'esclusiva giornalistica, mentre Heinemann (aveva già pubblicato nel 1909 il fortunato libro di Shackleton), quella editoriale. Si riuscì a raccogliere la considerevole somma di 60.000 sterline. Tra i principali finanziatori vi erano un magnate della juta, un fabbricante di biciclette e l'ereditiera Janet StancombWills, proprietaria di una manifattura di tabacco. Diecimila sterline furono offerte dal 3 governo inglese, mentre un contributo quasi simbolico venne dalla Royal Geographical Society, poco fiduciosa nella riuscita dell'impresa. Conclusa con successo la campagna promozionale, Shackleton poté finalmente dedicarsi agli aspetti più strettamente organizzativi della spedizione, primo fra tutti l'acquisto della nave che avrebbe dovuto trasportare materiali e uomini nel Mare di Weddel. La scelta cadde su una solida goletta tre alberi da 300 tonnellate, varata nel dicembre del 1912 dai cantieri norvegesi Framnaes di Sandefjord, cantieri specializzati nella costruzione di baleniere destinate alla caccia nei mari artici ed antartici. L'Endurance salpò da Londra il 1 agosto 1914, tre giorni prima che la Gran Bretagna dichiarasse guerra alla Germania, un evento tale da mettere in forse l'impresa, ma il governo inglese rimase a fianco della spedizione. Mentre l'Endurance proseguiva il suo viaggio, Shackleton trascorse alcune settimane a Londra per sbrigare le ultime incombenze, raggiungendo poi definitivamente l'equipaggio a Buenos Aires, dove giunse in transatlantico. Il 5 dicembre, con gli uomini preoccupati per l'anomala espansione verso nord della cintura di ghiaccio attorno all'Antartide, l'Endurance salpava dal porto di Grytviken nell'Isola della Georgia Australe, e dopo cinque settimane alla continua ricerca di canali d'acqua navigabili, raggiungeva le scogliere di ghiaccio della Terra di Coats, dove risultò però impossibile sbarcare. Scrive Shackleton: "Dopo il blizzard, ci ritroviamo circondati di colpo dal pack, senza un indizio di acqua libera lungo tutto l'arco dell'orizzonte". Il 16 gennaio 1915, nel pieno dell'estate australe, l'Endurance, che rivelò solo ora l'inadeguatezza dello scafo, inadatto a sfuggire alla morsa dei ghiacci, rimase imprigionata dalla banchisa a 100 chilometri dalla baia di Vahsel, il previsto punto d'approdo, costringendo perciò l'equipaggio a rimanere in balia dei movimenti naturali del pack che porteranno la nave, nei dieci mesi seguenti, alla deriva per centinaia di chilometri. Un lungo inverno antartico attendeva Shackleton e il suo equipaggio, decisi comunque a resistere per rivedere la luce. L'inizio della primavera riaccese le speranze, ma risvegliò anche la pressione distruttiva del pack, che decideva delle vite di un gruppo di uomini abbarbicati su una nave destinata alla distruzione, alla frantumazione, alla scomparsa. Il 27 ottobre 1915 lo scafo, affondato quattro settimane dopo, deve essere abbandonato, e per l'equipaggio questo significava l'inizio di una terribile battaglia per sfuggire alla morte nella terra bianca. Shackleton decise di raggiungere l'Isola di Paulet, 600 chilometri a nordovest, dove sapeva dell'esistenza di un piccolo rifugio, ciò che restava di una spedizione svedese di una decina d'anni prima. Gli enormi blocchi di ghiaccio e i crepacci che potevano risultare fatali ad ogni passo, resero la marcia da subito impossibile. Costretti a rinunciare dopo nemmeno venti chilometri, il gruppo approntò un campo sopra una grossa lastra di ghiaccio, nella speranza che il progressivo liberarsi del mare, nel suo continuo movimento, li conducesse verso l'Isola della Georgia Australe. Quando all'inizio d'aprile sulla lastra di ghiaccio non era più possibile rimanere, le scialuppe vennero gettate in acqua per prendere la direzione dell'Isola degli Elefanti, lontana un centinaio di chilometri. Sotto la guida dell'esperto capitano Frank Worsley le scialuppe riuscirono il 14 aprile a sbarcare sull'isola, e approdare finalmente, dopo un anno e mezzo, sulla terraferma. Non vi però nessuna possibilità che qualcuno li potesse soccorrere, ed allora l'esploratore anglo-irlandese ordinò di lasciare la maggior parte dei componenti della spedizione sull'isola, per tentare insieme ad altri cinque uomini, tra i quali Worsley, di raggiungere la Georgia Australe a bordo della James Caird. Ancora una volta 4 Shackleton si proponeva di fare l'impossibile: navigare per 1200 chilometri, attraversando le onde oceaniche con una scialuppa lunga sei metri e mezzo e larga due. Seguiranno diciassette giorni che daranno consistenza al peggiore degli incubi oceanici; sferzati dal vento, dalla pioggia gelida e dalla neve, sotto la continua minaccia notturna di affondare a causa di uno impatto con i blocchi di ghiaccio vaganti, lo scarno equipaggio sostenne turni di guardia massacranti, confrontandosi tenacemente con la violenza del mare australe. In un passo del suo avvincente libro, Alfred Lansing descrive sulla base di diari e testimonianze dirette le prime ore del 30 aprile 1916, quando erano trascorsi sei giorni dalla partenza della James Caird: "La temperatura era scesa molto vicino allo zero, con un vento freddo che proveniva probabilmente da una banchisa di ghiaccio non molto lontana. Col passare delle ore mattutine, divenne sempre più difficile governare la barca. Un vento a sessanta nodi la spingeva contro le onde di prua, e poi i marosi la sollevavano di poppa minacciando di sbatterla di traverso. A metà mattino, più che procedere, era sballottata da un'onda all'altra. La pompa a mano non bastava a prosciugare tutta l'acqua che la Caird imbarcava. Verso mezzogiorno avvistarono le prime incrostazioni di ghiaccio". Il 9 maggio le capacità di Worsley conducevano la James Caird ad approdare su una spiaggia, alla foce di un ruscello la cui acqua fangosa proveniente dalle paludi apparve ai sei uomini assetati quasi miracolosa. Non è tuttavia ancora la salvezza: la Georgia Australe è tagliata da una catena montuosa che nessuno fino ad allora ha mai tentato di superare e che da sola avrebbe giustificato una spedizione. Shackleton, insieme a Worsley e al secondo ufficiale Thomas Crean, si prepararono ad affrontare l'ultimo viaggio, stremati da mesi di privazioni, reduci da una navigazione di centinaia di chilometri, ma animati ancora da un'incredibile tenacia: li attendevano trentacinque ore di cammino, dalla costa occidentale a quella orientale, con crepacci e ghiacciai da superare, sotto la continua minaccia delle terribili bufere australi. "Il rammarico non sta tanto nel dover morire, ma nel fatto che nessuno saprà mai quanto vicini siamo stati a salvarci", scriveva Shackleton alla vigilia della traversata. Gli ultimi passi condussero i tre uomini alla casa del direttore della fabbrica di lavorazione baleniera di Stromness, di fronte agli occhi stupefatti del norvegese signor Sorlle. Non fu, quella dell'Endurance, l'ultima avventura di Ernest Shackleton. Alla metà di settembre del 1921, con alcuni dei più fidati compagni, tra i quali Wild e Worsley, tentò l'esplorazione della Terra di Graham, ma morì improvvisamente a bordo della nave Quest il 5 gennaio 1922, a soli 47 anni. Il suo corpo venne sepolto per volere della moglie Emily nell'Isola della Georgia Australe. 5
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